PROPOSTA DI DOCUMENTO UNITARIO 2019
Rimini Holding S.p.A.
PROT. N.171/A MANO DEL 05/12/2019
PROPOSTA DI DOCUMENTO UNITARIO 2019
COMPOSTA DA:
1) PROPOSTA DI RELAZIONE SULL’ATTUAZIONE DEL P.D.R.P. 2018
(PIANO DI RAZIONALIZZAZIONE PERIODICA 2018 DELLE PARTECIPAZIONI SOCIETARIE INDIRETTAMENTE POSSEDUTE
DAL COMUNE DI RIMINI, ATTRAVERSO RIMINI HOLDING S.P.A., AL 31/12/2017)
E
2) PROPOSTA DI RICOGNIZIONE 2019 DELLE PARTECIPAZIONI SOCIETARIE INDIRETTAMENTE POSSEDUTE
DAL COMUNE DI RIMINI, ATTRAVERSO RIMINI HOLDING S.P.A., AL 31/12/2018
E
PROPOSTA DI P.D.R.P. 2019
(PIANO DI RAZIONALIZZAZIONE PERIODICA 2019) DI ALCUNE DI ESSE
SOMMARIO
A) PREMESSE 3
A.1) IL “PIANO OPERATIVO DI RAZIONALIZZAZIONE 2015” (“P.O.R. 2015”) IMPOSTO DALLA L.190/2014 3
A.2) IL “PIANO DI REVISIONE STRAORDINARIA 2017” (“P.D.R.S. 2017”) IMPOSTO DAL D.LGS.175/2016 3
A.3) IL “XXXXX XX XXXXXXXXXXXXXXXXX XXXXXXXXX 0000” (“P.D.R.P. 2018”) IMPOSTO DAL D.LGS.175/2016 6
B) PROPOSTA DI RELAZIONE SULL’ATTUAZIONE DEL “P.D.R.P. 2018” (“PIANO DI RAZIONALIZZAZIONE PERIODICA 2018”) AI SENSI DELL’ARTICOLO 20, COMMA 4, DEL D.LGS.175/2016 8
C) PROPOSTA DI RICOGNIZIONE 2019 E PROPOSTA DI P.D.R.P. 2019 (“PIANO DI RAZIONALIZZAZIONE PERIODICA 2019”) 14
C.1) GLI ORIENTAMENTI E I RILIEVI DELLA “STRUTTURA DI MONITORAGGIO E CONTROLLO” DEL M.E.F. E LE PRESCRIZIONI DELLA CORTE DEI CONTI RELATIVAMENTE AI VARI “PIANI DI REVISIONE/RAZIONALIZZAZIONE” 14
C.2) AMBITO DI RIFERIMENTO (O “PERIMETRO OGGETTIVO”) DELLA RICOGNIZIONE 2019 E DELL’EVENTUALE PIANO DI RAZIONALIZZAZIONE PERIODICA 2019 AD ESSA CONSEGUENTE 23
C.3) CRITERI DI RICOGNIZIONE 2019 24
C.4) NOTE DI LETTURA DEI DATI CONTENUTI NELLE SCHEDE DI CIASCUNA SOCIETA’ PARTECIPATA 25
C.5) LA RICOGNIZIONE 2019 DELLE SOCIETA’ PARTECIPATE E LA RAZIONALIZZAZIONE DI ALCUNE DI ESSE 27
1 - Aeradria s.p.a. in fallimento 27
2 - Amir s.p.a 28
3 - Amir Onoranze Funebri (O.F.) s.r.l 30
4 - Anthea s.r.l 32
5 - Centro Agro Alimentare Riminese - C.A.A.R. s.p.a. consortile 34
6 - Rimini Xxxxxxxxx x.x.x 00
0 - Xxxxxx Reservation s.r.l. in liquidazione 42
8 - Riminiterme s.p.a 45
9 - Romagna Acque - Società delle Fonti s.p.a 48
10 - Start Romagna s.p.a 50
ALLEGATI 52
A) PREMESSE
A.1) IL “PIANO OPERATIVO DI RAZIONALIZZAZIONE 2015” (“P.O.R. 2015”) IMPOSTO DALLA L.190/2014
L’articolo 1, commi 611 e seguenti, della L.23.12.2014, n.190 (c.d. “legge di stabilità per l’anno 2015”), prevedeva che diversi soggetti pubblici, tra i quali anche le regioni e gli enti locali (province e comuni), “al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, il contenimento della spesa, il buon andamento dell’azione amministrativa e la tutela della concorrenza e del mercato”, avviassero un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie da essi direttamente e indirettamente possedute, finalizzato alla riduzione del loro numero entro il 31/12/2015, anche tenendo conto dei seguenti (5) criteri (c.d. “criteri di razionalizzazione”):
a) eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche mediante messa in liquidazione o cessione (eliminazione delle società “non indispensabili” - alias “vietate”);
b) soppressione delle società che risultassero composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti (soppressione delle c.d. “scatole vuote improduttive”);
c) eliminazione delle partecipazioni detenute in società che svolgevano attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali, anche mediante operazioni di fusione o di internalizzazione delle funzioni (eliminazione delle “partecipazioni doppioni”);
d) aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica (aggregazione delle società di servizio pubblico locale);
e) contenimento dei costi di funzionamento, anche mediante riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture aziendali, nonché attraverso la riduzione delle relative remunerazioni (riduzione dei costi di funzionamento).
Per perseguire il duplice fine (di riduzione delle partecipazioni detenute e di riduzione dei costi di quelle da mantenere) la norma prevedeva che:
- entro il 31/03/2015 i legali rappresentanti degli enti (Presidente della Regione, Presidente della Provincia, Sindaco, ecc.) definissero, approvassero, pubblicassero sul sito internet dell’ente ed inviassero alla Corte dei Conti, un “piano operativo di razionalizzazione” delle partecipazioni dell’ente, corredato da apposita “relazione tecnica”, che individuasse precisamente le azioni che l’ente intendeva porre in essere per conseguire, entro il 31/12/2015, gli scopi della norma, con indicazione dei relativi tempi, modalità e dei risparmi che l’ente prevedeva di realizzare con esse;
- entro il 31/12/2015 gli enti locali attuassero le azioni di razionalizzazione prefigurate nei rispettivi piani;
- entro il 31/03/2016 i legali rappresentanti degli enti inviassero alla Corte dei Conti apposita relazione su quanto effettivamente realizzato dai propri enti (e sui risparmi effettivamente conseguiti) in attuazione del piano stesso.
Pertanto, in attuazione delle disposizioni di legge sopra richiamate, con decreto del Sindaco prot. n.61342 del 31/03/2015 - pubblicato sul sito internet dell’ente in pari data ed inviato alla Corte dei Conti, sezione regionale di Controllo per l’Xxxxxx-Romagna, in data 03/04/2015 - il Comune di Rimini ha approvato il “piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente ed indirettamente possedute del Comune di Rimini al 31/03/2015” (nel prosieguo del presente atto definito, per praticità, anche “p.o.r. 2015”), che peraltro elencava anche tutte le operazioni di razionalizzazione già attuate dal Comune nel recente passato, quantificandone analiticamente i relativi risparmi e/o benefici già conseguiti dalle società partecipate e/o dall’ente.
Tutte le operazioni di razionalizzazione di tipo “dismissivo” (liquidazione, fusione, ecc.), totale o parziale, previste dal piano (con l’unica eccezione di quella relativa alla vendita parziale della partecipazione indiretta detenuta in Hera s.p.a., di fatto inizialmente sospesa e poi specificamente ed autonomamente approvata, sia pure in termini diversi, nell’aprile 2017) sono state successivamente espressamente approvate dal Consiglio Comunale del citato Ente (competente per esse, in base alle disposizioni dell’articolo 42 del D.L.gs.267/2000 ed anche del vigente “Regolamento per la gestione delle partecipazioni societarie del Comune di Rimini”) con propria deliberazione n.48 del 11/06/2015 e, per quelle che coinvolgevano la scrivente controllata Rimini Holding s.p.a., dalla relativa assemblea ordinaria dei soci del 29/06/2015.
Da luglio 2015 in poi il Comune di Rimini (anche attraverso Rimini Holding s.p.a.) ha poi attuato (o in alcuni casi ha tentato di dare attuazione a) quanto previsto nel proprio “p.o.r. 2015”, rendicontando analiticamente e puntualmente (con apposita articolata e motivata relazione, inviata a mezzo pec il 31/03/2016, come previsto espressamente dalla norma), l’esito di tale attuazione alla Corte dei Conti - sezione regionale di controllo per l’Xxxxxx-Romagna, con cui ha formalmente “dialogato” più volte (anche in risposta ad alcuni rilievi da questa formulati, talvolta non condivisi dall’amministrazione).
A.2) IL “PIANO DI REVISIONE STRAORDINARIA 2017” (“P.D.R.S. 2017”) IMPOSTO DAL D.LGS.175/2016
L’articolo 24 (“revisione straordinaria delle partecipazioni”) del D.Lgs.175/2016 - c.d. “T.U.S.P.P. - Testo Unico delle Società a Partecipazione Pubblica”, o anche, più semplicemente “T.U.S.P.” - Testo Unico delle Società Pubbliche”, in vigore dal 23/09/2016 e parzialmente modificato ed integrato dal D.Lgs.100/2017 (in vigore dal 27/06/2017), le cui disposizioni, ai sensi dell’articolo 1 (“oggetto”), comma 2, “sono applicate avendo riguardo all’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, alla tutela e alla promozione della concorrenza e del mercato, nonché alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica” - prevedeva che:
- diversi soggetti pubblici, tra i quali anche gli enti locali (province e comuni), entro il 30/09/2017 effettuassero, “con provvedimento motivato”, la ricognizione (definita “straordinaria” per distinguerla da quella ulteriore, “periodica”, imposta dall’articolo 20 del medesimo decreto ai medesimi soggetti, a partire dal dicembre 2018, ogni anno, con riferimento all’anno precedente) delle partecipazioni (societarie) possedute alla data di entrata in vigore del decreto (23/09/2016);
- nell’ambito di tale ricognizione tali soggetti individuassero le partecipazioni societarie che,
a) non essendo riconducibili ad alcuna delle categorie di cui all’articolo 4 (ovvero non soddisfacendo il c.d. “vincolo di scopo” - che consente a tali soggetti pubblici di detenere partecipazioni societarie solamente se tale mantenimento sia strettamente necessario per il perseguimento dei propri fini istituzionali, che, in base alle disposizioni dell’articolo 131 del D.Lgs.18.08.2000, n.267, paiono sintetizzabili, per il comune, “nella cura e nella promozione dello sviluppo sociale, economico e culturale della propria popolazione”);
b) non soddisfacendo i requisiti di cui all’articolo 5, commi 1 e 2 (“oneri di motivazione analitica” per l’acquisizione di partecipazioni) o
c) ricadendo in una delle ipotesi di cui all’articolo 20, comma 2 (ricorrenza delle c.d. “ipotesi specifiche” ),
1 L’articolo 13 del D.Lgs.18.08.2000, n,.267, recita: “Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell’assetto e dell’utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.”
dovevano essere fatte oggetto di “revisione straordinaria”, ovvero “revisionate”, mediante alienazione della partecipazione oppure mediante fusione, soppressione, liquidazione della società partecipata, entro un anno dalla data di effettuazione della ricognizione e della contestuale adozione del conseguente “piano di revisione straordinaria”;
- in caso di mancata adozione dell’atto ricognitivo ovvero di mancata alienazione entro i termini previsti dal comma 4, il socio pubblico non potesse esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima fosse liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti dall’articolo 2347-ter, secondo comma, e seguendo il procedimento di cui all’articolo 2437-quater del codice civile2.
Si evidenzia che l’articolo 4, comma 2, del D.Lgs.175/2016 consente agli enti locali di partecipare solamente a società che svolgano attività (strettamente necessarie per il perseguimento degli scopi istituzionali dell’ente, come sopra già detto) rientranti in una o più delle categorie di “attività consentite” ivi espressamente previste3 e di seguito sintetizzate:
a) produzione di un “servizio di interesse generale” (come definito dall’articolo 2, comma 1, lettera “h”4, ovvero come <<attività - necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento - che non sarebbero svolte dal mercato o comunque non sarebbero svolte a condizioni “accettabili” per la collettività locale>>), ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai medesimi servizi (c.d. “realizzazione e gestione di beni funzionali ad un servizio di interesse generale”);
b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 193 del D.Lgs. n.50 del 2016 (c.d. “progettazione e realizzazione di un’opera pubblica”);
c) realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio di interesse generale in partnerariato con un imprenditore privato, individuato con gara (c.d. “società mista a doppio oggetto, con socio privato scelto con gara”);
d) autoproduzione di beni e servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni (c.d. “attività strumentale”);
e) servizi di committenza, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatici (c.d. “attività di committenza”).
Le c.d. “ipotesi specifiche” (che la Corte dei Conti, Sezione Autonomie, nella propria deliberazione n.19 del 19/07/2017 di seguito indicata ha definito “situazioni di criticità”) dell’articolo 20, comma 2, del D.Lgs.175/2016, erano (e sono), invece, le seguenti:
a) partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all'articolo 4 (ovvero in società che non svolgano una delle c.d. “attività ammesse” - si tratta, sostanzialmente, di una sorta di ripetizione, conferma ed ulteriore specificazione del c.d. “vincolo di scopo”, sopra già indicato);
b) società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti (c.d. “società scatole vuote improduttive”);
c) partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali (c.d.
“società doppioni”);
d) partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio (annuo) non superiore a un milione di euro (da applicare solamente a partire dal 2020 con riferimento a triennio 2017-2019 e da sostituire, fino al 2019, con riferimento ai trienni precedenti, con l’importo medio annuo di €.500.000,00) (c.d. “società irrilevanti”);
e) partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d'interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti (c.d. “società in perdita reiterata”);
f) necessità di contenimento dei costi di funzionamento (c.d. “società di cui contenere i costi”);
g) necessità di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività consentite all'articolo 4 (c.d. “società da aggregare”).
Mentre i primi 5 criteri (lettere da “a” ad “e”) erano veri e propri “criteri di revisione/soppressione delle partecipazioni societarie”, il sesto e il settimo (lettere “f” e “g”) sembravano invece essere due “criteri di riduzione dei costi e di aggregazione delle società partecipate” a cui l’ente, potendo, avesse deciso di continuare a partecipare.
L’esito della ricognizione in questione, anche in caso negativo, doveva poi essere comunicato
- all’apposita “struttura di monitoraggio e controllo” istituita presso il M.E.F. (Ministero Economia e Finanze) dall’articolo 15 dello stesso X.Xxx.175/2016 (che le ha attribuito il controllo e il monitoraggio sull’attuazione delle disposizioni del D.Lgs.175/2016 ed anche il compito di fornire orientamenti e indicazioni in materia di applicazione del decreto e di promuovere le migliori pratiche presso le società a partecipazione pubblica) e
- alla Corte dei Conti (per gli enti locali alla sezione regionale di controllo),
con modalità informatizzate, stabilite, da entrambi gli enti, con propri specifici documenti: si tratta delle “Istruzioni per la comunicazione della revisione straordinaria delle partecipazioni pubbliche” pubblicate dal M.E.F. - Dipartimento del Tesoro, sul proprio sito internet in data 27/06/2017, dette anche, sinteticamente, “Istruzioni M.E.F. 2017”, con le quali il Ministero ha stabilito che la comunicazione venisse fatta attraverso la compilazione di un’apposita nuova sezione dell’applicativo “Partecipazioni” già esistente, dedicato al censimento delle partecipazioni societarie pubbliche e delle “Linee di indirizzo per la revisione straordinaria delle partecipazioni di cui all’art.24, D.Lgs. n.175/2016” - dette anche, sinteticamente, “Linee guida Corte dei Conti 2017”, approvate dalla Corte dei Conti, Sezione Autonomie, con propria deliberazione n.19 del 19 luglio 2017.
Per le amministrazioni (come le province e i comuni) già tenute, entro il 31/03/2015, alla predisposizione ed approvazione del “piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie”, il (nuovo, secondo) provvedimento (di ricognizione e revisione straordinaria) costituiva aggiornamento dello stesso “piano operativo di razionalizzazione” già precedentemente approvato ed (auspicabilmente) attuato.
2 Infatti la sanzione pecuniaria (da un minimo di €.5.000,00 fino ad un massimo di €.500.000,00) era ed è prevista solo per la mancata adozione del “piano di razionalizzazione periodica” contemplata dall’articolo 20 del D.Lgs.175/2016.
3 L’articolo 4, ai commi successivi al 2, consente, inoltre, la detenzione di partecipazioni in società specifiche, aventi per oggetto le seguenti attività:
- valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni pubbliche socie, secondo criteri imprenditoriali di mercato;
- gestione di spazi fieristici e organizzazione di eventi fieristici;
- realizzazione e gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane;
- produzione di energia da fonti rinnovabili;
- spin off o start up universitari ex art.6, comma 9, della L.240/2010 nonchè quelle con caratteristiche analoghe agli enti di ricerca;
- bancarie di finanza etica sostenibile;
4 La norma citata definisce i “servizi di interesse generale” come “attività di produzione di beni e servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell’ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale”.
In attuazione delle disposizioni dell’articolo 24 del D.Lgs.175/2016 sopra indicate, la “U.O. Organismi Partecipati” dell’ente ha predisposto - nel rispetto degli indirizzi espressi dall’amministrazione comunale attraverso l’ “assessore agli organismi partecipati” - il “piano di revisione straordinaria delle partecipazioni societarie direttamente ed indirettamente possedute dal Comune di Rimini al 23/09/2016” (nel prosieguo del presente atto definito, per brevità, anche “p.d.r.s. 2017”, contenente la ricognizione delle partecipazioni detenute dal Comune di Rimini, con la contestuale identificazione della “detenibilità” o, viceversa, della necessità di loro "revisione"), “piano” che, relativamente alle sole partecipazioni societarie detenute dall’ente attraverso la scrivente controllata (al 100%) “Rimini Holding s.p.a.”, ha recepito integralmente (senza alcuna modifica sostanziale) l’apposito analogo documento (“proposta di piano di revisione straordinaria delle partecipazioni societarie indirettamente possedute dal Comune di Rimini, attraverso Rimini Holding s.p.a., al 23/09/2016”) preventivamente predisposto, approvato - con propria determinazione - e fornitole dal sottoscritto amministratore unico, nell’ambito dell’attività (di gestione coordinata ed unitaria dei diritti di socio del Comune in seno alle società partecipate dall’ente) svolta dalla Rimini Holding s.p.a. a favore del proprio socio unico Comune ed in attuazione di uno specifico obiettivo strategico (<<supportare il Comune di Rimini nella predisposizione e nell’attuazione del “Piano di revisione straordinaria delle partecipazioni societarie ex X.Xxx. 175/2016”>>) formalmente assegnato alla società dal Comune, per l’anno 2017, nel proprio d.u.p. (documento unico di programmazione) del periodo 2017-2021.
Nei casi in cui la società non rispettava anche solo uno dei tre requisiti sopra indicati (“vincolo di scopo”, “oneri di motivazione analitica” e non ricorrenza delle c.d. “ipotesi specifiche”), sono state valutate le possibili azioni (di “revisione straordinaria”) da intraprendere per superare tale situazione (in alcuni casi), oppure (in altri) è stata spiegata e motivata la scelta di mantenere ugualmente la partecipazione, con riferimento ai fini (“prevalenti” rispetto al puntuale e formale rispetto della norma) della “efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche” e della “razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica” che, secondo le disposizioni dell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs.175/2016, dovevano (e devono) guidare ed orientare i soggetti pubblici nella concreta applicazione delle norme del medesimo decreto (tra le quali anche quella che imponeva la ricognizione e la predisposizione del “piano di revisione” in questione), consentendo ed anzi imponendo loro di compiere una valutazione “discrezionale” (per quanto non arbitraria) della situazione delle proprie partecipazioni, contemperando il puntuale rispetto dei relativi obblighi (di revisione straordinaria, nel caso specifico), con i due obiettivi appena indicati, o con riferimento ad una interpretazione “coordinata” e “sostanzialistica” della norma, invece che “meramente letterale e formale” (in altri casi ancora).
Nel caso, contrario, in cui la società partecipata non ricadeva in nessuna delle casistiche (di revisione obbligatoria) sopra indicate, sono state invece evidenziate le motivazioni che inducevano l’ente, in relazione ai propri obiettivi, a mantenere o meno la partecipazione detenuta.
Il “p.d.r.s. 2017” è stato poi approvato dal Comune con deliberazione del Consiglio Comunale n.52 del 28/09/2017 e successivamente, trasmesso alla “struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F. (informaticamente) e alla Corte dei Conti - Sezione Regionale di Controllo per l’Xxxxxx- Romagna (a mezzo pec) in data 06/10/2017; il medesimo “piano”, per la parte relativa alle partecipazioni societarie detenute attraverso la Holding (contenuta nella suddetta “proposta di piano di revisione straordinaria delle partecipazioni societarie indirettamente possedute dal Comune di Rimini, attraverso Rimini Holding s.p.a., al 23/09/2016”) è stato poi formalmente approvato anche dell’assemblea ordinaria dei soci della società. del 24/10/2018.
Successivamente, in data 11/06/2018 la “struttura di monitoraggio e controllo del M.E.F.” ha rilevato profili di mancata conformità (alle disposizioni dell’art.24 del D.Lgs.175/2016) della ricognizione compiuta dal Comune, relativamente al previsto mantenimento “tal quale” (senza previsione di azioni di razionalizzazione - rectius “revisione straordinaria”) delle partecipazioni detenute in “Rimini Congressi s.r.l.” e “Rimini Holding s.p.a.”, pur a fronte della totale assenza di dipendenti da parte di entrambe queste società, chiedendo contestualmente al Comune di esprimere le proprie considerazioni in merito ai segnalati profili.
In data 14/06/2018 il Comune ha risposto, a mezzo pec, ai rilievi della struttura di controllo del M.E.F. riportando letteralmente e precisamente le considerazioni e le motivazioni (per il mantenimento “tal quale” di ciascuna delle due partecipazioni societarie in questione) già analiticamente formulate nel “p.d.r.s. 2017”. A tale risposta non è poi seguito, fino ad oggi, alcun ulteriore riscontro da parte della “struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F.
Poiché - differentemente da quanto stabilito dalla L.190/2014 per l’attuazione del precedente “piano operativo di razionalizzazione” - l’art.24 del D.Lgs.175/2016 in questione non prevedeva una rendicontazione delle operazioni di “revisione straordinaria” effettivamente compiute dall’ente, rispetto a quelle dallo stesso previste nel proprio “piano di revisione straordinaria”, a metà novembre 2018 la “struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F. ha chiesto espressamente ai vari enti che nei rispettivi “piani di revisione straordinaria” avevano previsto, ai sensi delle disposizioni dell’art.24, commi 4 e 5 del T.U.S.P.P., delle alienazioni di partecipazioni (o il recesso da alcune società), di dare conto dell’effettiva attuazione di tali previste operazioni; pertanto in data 15/11/2018 il M.E.F. ha chiesto al Comune di Rimini di dare conto dell’esito della prevista alienazione dell’intera partecipazione societaria indirettamente (attraverso la scrivente Rimini Holding s.p.a.) detenuta in Amfa s.p.a. e l’ente ha risposto in data 30/11/2018, comunicando l’avvenuta vendita, ad un soggetto individuato con gara, della partecipazione e tutti i relativi dati (data di cessione
- 29/11/2018; prezzo di cessione - €.2.356.000,00; acquirente - “Alliance Healthcare Italia s.p.a.”).
Infine, in data 08/11/2018, la Corte dei Conti - sezione Regionale di Controllo per l’Xxxxxx-Romagna, con propria delibera n.126/2018/VSGO, trasmessa a mezzo pec in data 12/11/2018 al Comune di Rimini e da questo tempestivamente inoltrata al “collegio dei revisori dei conti” dell’ente e pubblicata sul proprio sito internet, come ivi prescritto dalla Corte, ha rilevato, relativamente al “p.d.r.s. 2017” del citato Comune, in sintesi, le seguenti criticità, analiticamente esaminate e motivatamente “contro-dedotte” in gran parte (in pratica per tutti i rilievi di seguito indicati, con l’unica eccezione di quello della lettera “c”) nel paragrafo <<B) Gli orientamenti e i rilievi della “struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F. e le prescrizioni della Corte dei Conti>>, in parte (relativamente al rilievo della lettera “c”) nelle schede relative alle singole società partecipate oggetto di rilievo contenuti (paragrafo e schede) nel “piano di razionalizzazione periodica 2018 delle partecipazioni societarie direttamente ed indirettamente detenute dal Comune di Rimini al 31/12/2017” (nel prosieguo del presente atto definito, per praticità, anche “p.d.r.p. 2018”) di seguito indicato:
a) opportunità del parere dell’organo di revisione dell’ente con riferimento alla coerenza degli atti di razionalizzazione rispetto al D.Lgs.175/2016;
b) mancata considerazione, nel piano, delle “partecipazioni indirette” detenute dall’ente per il tramite di società o di organismi controllati congiuntamente, quali, a parere della Corte, quelle detenute in “I.E.G. s.p.a.” (partecipata di terzo livello, attraverso la scrivente “Rimini Holding s.p.a.” e “Rimini Congressi s.r.l.”) e “Plurima s.p.a.” (partecipata di terzo livello, attraverso “Rimini Holding s.p.a.” e “Romagna Acque - Società delle Fonti s.p.a.”);
c) mantenimento “tal quale” (senza previsione di alcuna azione di “revisione straordinaria”) della partecipazione societaria direttamente detenuta in “Rimini Holding s.p.a.”, pur a fronte del fatto che la società scrivente sarebbe ricaduta, secondo la Corte, nella “ipotesi specifica di revisione straordinaria” di cui alla lettera “e” del D.Lgs.175/2016 (in quanto il relativo bilancio consolidato si era chiuso in perdita per almeno 4 degli ultimi 5 anni, precisamente sempre, da 2011 al 2016) e, quindi, in violazione di quanto previsto dall’articolo 24, comma 1 del medesimo T.U.S.P.P.;
d) errata qualificazione di “società partecipate NON a controllo pubblico” attribuita dall’ente a società a capitale pubblico totalitario, ma senza un socio di maggioranza assoluta, quali “Rimini Congressi s.r.l.” e “Start Romagna s.p.a.”;
e) sussistenza, per la “Società del Palazzo dei Congressi s.p.a.”, delle “ipotesi specifiche di revisione straordinaria” di cui alle lettere “b” ed “e” dell’art.20, comma 2, del D.Lgs.175, essendo la società priva di dipendenti ed avendo registrato risultati di esercizio negativi fin dalla sua costituzione;
f) mancato adeguamento delle disposizioni statutarie concernenti l’organo amministrativo alle disposizioni dell’articolo 11, commi 2 e 3 del D.Lgs.175/2016, per le società ritenute, dalla Corte, “a controllo pubblico”, ovvero “Rimini Holding s.p.a.”, “Xxxx “Onoranze Funebri s.r.l.”, “C.A.A.R. s.p.a. consortile”, “I.E.G. s.p.a., “Romagna Acque - Società delle Fonti s.p.a.”, “Start Romagna s.p.a.”.
Al termine della suddetta delibera la Corte ha richiamato l’ente:
a) ad assumere, nel caso di società con capitale prevalentemente pubblico, le iniziative necessarie a formalizzare l’eventuale esistenza del controllo pubblico congiunto o a valorizzare la partecipazione, raggiungendo i necessari accordi con gli altri soci pubblici;
b) a tenere conto delle partecipazioni indirette detenute per il tramite di società o organismi controllati congiuntamente nell’ambito dell’analisi delle partecipazioni pubbliche da effettuarsi ai sensi dell’articolo 20 del D.Lgs.175/2016 (ovvero nel “piano di razionalizzazione periodica 2018”), adottando le conseguenti eventuali iniziative di razionalizzazione;
c) ad assumere le iniziative necessarie per l’adeguamento degli statuti e superare le altre criticità evidenziate nell’ambito del successivo provvedimento di razionalizzazione (ovvero nel “piano di razionalizzazione periodica 2018”).
A.3) IL “XXXXX XX XXXXXXXXXXXXXXXXX XXXXXXXXX 0000” (“P.D.R.P. 2018”) IMPOSTO DAL D.LGS.175/2016
L’articolo 20 (“razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche”) del D.Lgs.175/2016 - c.d. “T.U.S.P.P. - Testo Unico delle Società a Partecipazione Pubblica” - come sopra già detto, in vigore dal 23/09/2016 e parzialmente modificato ed integrato dal D.Lgs.100/2017 (in vigore dal 27/06/2017), le cui disposizioni, ai sensi dell’articolo 1 (“oggetto”), comma 2, “sono applicate avendo riguardo all’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, alla tutela e alla promozione della concorrenza e del mercato, nonché alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica” - prevede che:
- diversi soggetti pubblici, tra i quali anche gli enti locali (province e comuni), a partire dall’anno 2018, ogni anno, entro il 31 dicembre, effettuino, “con proprio provvedimento”, la “ricognizione” (definita appunto “periodica”, alias “ricorrente”, per distinguerla da quella precedente, “una tantum”, definita “straordinaria” ed imposta dall’articolo 24 del medesimo decreto ai medesimi soggetti, sopra già esaminata) delle partecipazioni (societarie) possedute con riferimento alla data del 31 dicembre dell’anno precedente (cfr. art.26, comma 11 del T.U.S.P.P.);
- nell’ambito di tale ricognizione, analogamente a quanto già fatto nella precedente ricognizione del “p.d.r.s. 2017” sopra indicato, tali soggetti individuino le partecipazioni societarie che, ricadendo in una delle ipotesi di cui all’articolo 20, comma 2 (ricorrenza delle c.d. “ipotesi specifiche” ), devono essere fatte oggetto di “razionalizzazione periodica”, ovvero “razionalizzate”, mediante predisposizione ed adozione di apposito “piano di riassetto” (alias “di razionalizzazione”) - corredato da apposita relazione tecnica, con specifica indicazione di modalità e tempi di attuazione - che preveda la fusione, soppressione, messa in liquidazione o cessione della società o della partecipazione in questione;
- il “piano di razionalizzazione periodica” (nel prosieguo del presente atto, definito, per praticità, anche “p.d.r.p.”) eventualmente redatto sia trasmesso alla Corte dei Conti (per gli enti locali alla competente sezione regionale di controllo) e alla “struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F., perché verifichi il puntuale adempimento degli obblighi previsti dal medesimo articolo 20;
- in caso di adozione del “piano”, entro il 31 dicembre dell’anno successivo le pubbliche amministrazioni approvino una relazione sull’attuazione del piano stesso, evidenziando i risultati conseguiti e la trasmettano ai medesimi due soggetti sopra indicati (obbligo non previsto per il precedente “p.d.r.s. 2017”);
- la mancata adozione della ricognizione e, qualora occorrente, del “p.d.r.p.” e della conseguente “relazione sullo stato di relativa attuazione” comporti la sanzione amministrativa del pagamento di una somma compresa tra un minimo di €.5.000,00 ed un massimo di €.500.000,00, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile, comminata dalla competente sezione giurisdizionale regionale della Corte dei Conti (sanzione non prevista per gli eventuali inadempimenti connessi al precedente “piano di revisione straordinaria”);
- si applichi l’articolo 24, commi 5, 6, 7, 8 e 9 del D.Lgs.175/2016, in base al quale, in caso di mancata adozione dell’atto ricognitivo, ovvero di mancata alienazione entro il termine previsto dal comma 4 dell’articolo 24 (ovvero un anno dalla data di adozione del ”piano”), il socio pubblico non possa esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima sia liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti dall’articolo 2347-ter, secondo comma, e seguendo il procedimento di cui all’articolo 2437-quater del codice civile5.
Si noti che, differentemente da quanto previsto dall’articolo 24 del medesimo T.U.S.P.P., che imponeva la redazione del piano di “revisione straordinaria” qualora dalla ricognizione delle partecipazioni societarie detenute ne emergesse qualcuna che non soddisfacesse contemporaneamente i tre requisiti sopra già indicati, ovvero
a) “vincolo di scopo” (ex art.4);
b) “oneri di motivazione analitica” (ex art.5, commi 1 e 2);
c) non ricorrenza delle “ipotesi specifiche” (ex art.20, comma 2);
l’art.20 sopra indicato impone la predisposizione del “piano di razionalizzazione periodica” solamente qualora dalla (nuova) ricognizione delle partecipazioni societarie detenute ne emerga qualcuna che non soddisfi unicamente il requisito della “non ricorrenza delle ipotesi specifiche” del medesimo articolo, non anche gli altri due requisiti, il primo dei quali (“vincolo di scopo”) è, comunque, di fatto, “assorbito” dalla “ipotesi specifica” della lettera “a”. Ciò nonostante, sia nel precedente “p.d.r.p. 2018”, sia nell’odierno “p.d.r.p. 2019”, per completezza ed analogia con il contenuto del precedente “p.d.r.s. 2017””, è stato ugualmente verificato, volontariamente, per ogni partecipazione esaminata, anche il rispetto del “vincolo di scopo” e dei c.d. “oneri di motivazione analitica”.
In attuazione delle disposizioni dell’articolo 20 del D.Lgs.175/2016 sopra indicate, nel mese di novembre 2018 la “U.O. Organismi Partecipati” dell’ente ha predisposto - nel rispetto degli indirizzi espressi dall’amministrazione comunale attraverso l’ “assessore agli organismi partecipati” - il “piano di razionalizzazione periodica 2018 delle partecipazioni societarie direttamente ed indirettamente possedute dal Comune di Rimini al
5 L’effettiva applicabilità di queste disposizioni, già dubbia relativamente al “piano di revisione straordinaria” del 2017, in realtà appare ancora più dubbia in relazione al “piano di razionalizzazione periodica”. Peraltro su questo tema va comunque rilevato che la “legge di bilancio 2019” ha introdotto, all’articolo 20 del D.Lgs.19.08.2016, n.175, il comma 5 bis, il quale prevede che non si applichi, fino al 31 dicembre 2021, l'obbligo, previsto dall’articolo 24, comma 4, del Tusp, di alienazione delle partecipazioni entro un anno (con la connessa sospensione dei diritti sociali e il connesso obbligo di liquidazione della quota), nel caso di società partecipate con un risultato medio in utile nel triennio precedente alla data (23/09/2016) di entrata in vigore della norma stessa (nel caso specifico si tratterebbe del triennio 2013-2015).
31/12/2017” (nel prosieguo del presente atto definito, per brevità, anche “p.d.r.p. 2018”, contenente la ricognizione delle partecipazioni detenute dal Comune di Rimini, con la contestuale identificazione della “detenibilità” o, viceversa, della necessità di loro "razionalizzazione"), “piano” che, relativamente alle sole partecipazioni societarie detenute dall’ente attraverso la scrivente controllata (al 100) “Rimini Holding s.p.a.”, ha recepito integralmente (senza alcuna modifica sostanziale) l’apposito analogo documento (“proposta di piano di razionalizzazione periodica 2018 delle partecipazioni societarie indirettamente possedute dal Comune di Rimini, attraverso Rimini Holding s.p.a., al 31/12/2017”) preventivamente predisposto, approvato - con propria determinazione - e fornitole dal sottoscritto amministratore unico, nell’ambito dell’attività (di gestione coordinata ed unitaria dei diritti di socio del Comune in seno alle società partecipate dall’ente) svolta dalla Rimini Holding s.p.a. a favore del proprio socio unico Comune ed in attuazione di uno specifico obiettivo strategico (<<supportare il Comune di Rimini nella predisposizione e nell’attuazione del “Piano di razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie ex X.Xxx. 175/2016”>>) formalmente assegnato alla società dal Comune, per l’anno 2018, nel proprio d.u.p. (documento unico di programmazione) del periodo 2018-2021.
Nei paragrafi iniziali del suddetto “p.d.r.p. 2018”, in particolare nel paragrafo “B” (<<Gli orientamenti e i rilievi della “struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F. e le prescrizioni della Corte dei Conti>> e “C” [“Ambito di riferimento (o “perimetro oggettivo”) del piano”], l’ente (Comune di Rimini) ha esaminato i vari orientamenti e/o rilievi dei due organi di controllo, evidenziandone, in diversi casi, gli aspetti di difformità dalle disposizioni di legge (a cui essi si riferivano) e controdeducendoli analiticamente, in modo ampiamente argomentato e motivato e riconfermando, pertanto, le proprie posizioni già assunte nel precedente “p.d.r.s. 2017”, ritenendole rispettose delle norme e ragionevoli, per quanto non condivise da detti organi.
Nel suddetto “p.d.r.p. 2018”, nei casi in cui la società non rispettava anche solo uno dei tre requisiti sopra indicati (“vincolo di scopo”, “oneri di motivazione analitica” e non ricorrenza delle c.d. “ipotesi specifiche”), sono state individuate le possibili azioni (di “razionalizzazione periodica”) da intraprendere per superare tale situazione (in alcuni casi), oppure (in altri) è stata spiegata e motivata la scelta di mantenere ugualmente la partecipazione, senza sottoporla ad alcun intervento (c.d. “mantenimento tal quale”), con riferimento ai fini (“prevalenti” rispetto al puntuale e formale rispetto della norma) della “efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche” e della “razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica” che, secondo le disposizioni dell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs.175/2016, dovevano (e devono) guidare ed orientare i soggetti pubblici nella concreta applicazione delle norme del medesimo decreto (tra le quali anche quella che imponeva la ricognizione e la predisposizione del “piano di razionalizzazione” in questione), consentendo ed anzi imponendo loro di compiere una valutazione “discrezionale” (per quanto non arbitraria) della situazione delle proprie partecipazioni, contemperando il puntuale rispetto dei relativi obblighi (di razionalizzazione periodica, nel caso specifico), con i due obiettivi appena indicati, o con riferimento ad una interpretazione “coordinata” e “sostanzialistica” della norma, invece che “meramente letterale e formale” (in altri casi ancora).
Nel caso, contrario, in cui la società partecipata non ricadeva in nessuna delle casistiche (di razionalizzazione obbligatoria) sopra indicate, sono state invece evidenziate le motivazioni che inducevano l’ente, in relazione ai propri obiettivi, a mantenere o meno la partecipazione detenuta.
Inoltre, pur ritenendo che, in base alle vigenti disposizioni di legge, il proprio “collegio dei revisori dei conti” non dovesse esprimersi in merito ad esso, in adesione all’invito formulato dalla Corte dei Conti - Sezione Regionale di Controllo per l’Xxxxxx-Romagna, l’ente Comune di Rimini, in data 07/12/2018, ha trasmesso il “p.d.r.p. 2018” (con la relativa proposta deliberativa di Consiglio Comunale - p.d.c.c. - di approvazione), per gli eventuali provvedimenti di competenza, al suddetto organo di controllo. In data 12/12/2018, quest’ultimo ha inviato all’ente un proprio “documento”, nel quale ha confermato che (nella p.d.c.c. in questione e nel “piano” oggetto di relativa approvazione) non sussistevano fattispecie che richiedessero il rilascio del parere dell’organo stesso ai sensi dell’art.239, comma 1, lettera “b”, del D.Lgs.267/2000, ma ha contestualmente formulato una “raccomandazione” ed alcuni “inviti” (tra i quali quello ad “attivarsi in modo costruttivo con la Corte dei Conti”), che, essendo stati ritenuti non pertinenti (in alcuni casi) o non corretti (in altri), sono stati immediatamente riscontrati e “controdedotti”, sia nel metodo che nel merito, dalla U.O. Organismi Partecipati, con propria nota del 13/12/2018, senza modifica del “piano” predisposto.
Il “p.d.r.p. 2018” in questione è stato poi:
a) approvato dal Comune con deliberazione del Consiglio Comunale n.79 del 13/12/2018;
b) per la parte relativa alle partecipazioni societarie detenute attraverso la società scrivente (contenuta nella suddetta “proposta di piano di razionalizzazione periodica 2018 delle partecipazioni societarie indirettamente possedute dal Comune di Rimini, attraverso Rimini Holding s.p.a., al 31/12/2017”), formalmente approvato dall’assemblea ordinaria dei soci di Rimini Holding s.p.a. del 21/12/2018;
c) trasmesso alla Corte dei Conti - Sezione Regionale di Controllo per l’Xxxxxx-Romagna (a mezzo pec) in data 28/12/2018, unitamente all’intera corrispondenza intercorsa, tra il 7 e il 12/12/2018, in merito ad esso, tra l’ente (“U.O. Organismi Partecipati”) e il proprio “collegio dei revisori dei conti”, sopra indicata;
d) trasmesso alla “struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F. (informaticamente, attraverso relativo caricamento sull’applicativo “partecipazioni” del portale del Tesoro) in data 12/04/2019.
In adesione all’invito (ad “attivarsi in modo costruttivo con la Corte dei Conti”) espressamente formulato dal Collegio dei Revisori dei Conti dell’ente con il proprio “documento” del 12/12/2019 sopra già indicato, l’ente (attraverso il responsabile della propria “U.O. Organismi Partecipati”) e “Rimini Holding s.p.a.” (per mezzo dello scrivente amministratore unico), hanno poi esposto, in sintesi, alla Corte dei Conti - Sezione Regionale di controllo per l’Xxxxxx-Romagna, preventivamente rispetto all’esame del medesimo “PDRP 2018” che la CdC E.R. avrebbe fatto, presumibilmente, nei mesi successivi, le considerazioni e le motivazioni (già analiticamente esposte per iscritto nel “p.d.r.p. 2018” - paragrafo “B”) che li hanno indotti (prima nel “p.o.r. 2015”, poi nel “p.d.r.s. 2017” e, in ultimo, nel “p.d.r.p. 2018”), ad interpretazioni e comportamenti diversi da quelli proposti dal MEF e/o dalla Corte dei Conti (sia la Sezioni Unite, sia la Sezione Regionale di Controllo per l’Xxxxxx-Romagna), prima verbalmente, in apposito incontro tenutosi il 07/03/2019 presso la sede bolognese di quest’ultimo organo di controllo, poi per iscritto, in apposito “documento di sintesi” (dell’incontro in questione), espressamente richiesto dalla Corte dei Conti - Sezione regionale di Controllo per l’Xxxxxx- Romagna al termine dell’incontro, predisposto e ad essa inviato dall’ente in data 15/03/2019.
A seguito di tali “passi” - relativamente ai quali è stato formalmente e tempestivamente aggiornato anche il collegio dei revisori dei conti - fino ad oggi, l’ente non ha più ricevuto alcun ulteriore riscontro dalla Corte dei Conti - sezione regionale di controllo per l’Xxxxxx-Romagna in merito al proprio “p.d.r.p. 2018”6.
Al contrario, dalla struttura di monitoraggio e controllo del M.E.F., l’ente ha ricevuto, in data 04/10/2019, una richiesta di chiarimenti circa la mancata inclusione, nel medesimo “p.d.r.p. 2018”, della partecipazione (erroneamente supposta di tipo “diretto” dal MEF) del 5% in Riminiterme s.p.a., alla quale ha risposto immediatamente, in data 08/10/2019, chiarendo che, alla data di riferimento del “piano” in questione (31/12/2017), l’unica partecipazione da esso detenuta in “Riminiterme s.p.a.” era quella (del 5%) indirettamente detenuta attraverso “Rimini Holding s.p.a.”, conseguentemente correttamente non “censita” (tra le partecipazioni “dirette”) nel “piano” stesso.
6 Sul “tema” del riscontro dalla Corte dei Conti - sezione regionale di controllo per l’Xxxxxx-Romagna, al “p.d.r.p. 2018”, si veda quanto esposto in seguito, nel penultimo, lungo, capoverso del successivo paragrafo “C.1”.
B) PROPOSTA DI RELAZIONE SULL’ATTUAZIONE DEL “P.D.R.P. 2018” (“PIANO DI RAZIONALIZZAZIONE PERIODICA 2018”) AI SENSI DELL’ARTICOLO 20, COMMA 4, DEL D.LGS.175/2016
Come sopra già anticipato al precedente paragrafo “A.3”, le disposizioni dell’articolo 20, comma 4, del TUSP impongono agli enti che, a seguito della ricognizione prevista dal comma 1 del medesimo articolo, abbiano adottato il “piano di razionalizzazione periodica” ivi previsto, di approvare, entro il 31 dicembre dell’anno successivo, una relazione sull’attuazione del medesimo piano, evidenziando i risultati conseguiti.
La presente “proposta di relazione”, pertanto, dà conto di quanto fatto da Rimini Holding s.p.a. in attuazione delle azioni di “razionalizzazione periodica” previste nella “proposta di p.d.r.p. 2018” sopra indicata, per ognuna delle società per le quali tali azioni erano state previste nel medesimo documento (con esclusione, quindi, delle società per le quali la “proposta di p.d.r.p. 2018” prevedeva il “mantenimento tal quale”), tra la data di relativa approvazione (21/12/2018) e la data odierna ed è stata predisposta ed approvata - con propria determinazione - dal sottoscritto amministratore unico di Rimini Holding s.p.a., nell’ambito dell’attività (di gestione coordinata ed unitaria dei diritti di socio del Comune di Rimini in seno alle società partecipate dall’ente) svolta dalla società a favore del proprio socio unico Comune ed in attuazione di uno specifico obiettivo strategico (<<supportare il Comune di Rimini nella predisposizione e nell’attuazione del “Piano di razionalizzazione periodica 2019 delle partecipazioni societarie ex D.Lgs. 175/2016”>>) formalmente assegnato alla società dal Comune, per l’anno 2019, nel proprio d.u.p. (documento unico di programmazione) del periodo 2019-2021.
Per la predisposizione della presente “proposta di relazione”, così come per la redazione della “proposta di ricognizione 2019” e dell’eventuale conseguente “proposta di p.d.r.p. 2019”, la “Struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F. ha previsto precise “modalità espositive” (mediante “tabelle”), indicate in apposito proprio documento, denominato “Indirizzi per gli adempimenti relativi alla Revisione e al Censimento delle partecipazioni pubbliche” (Art. 20 D.Lgs. n. 175/2016 e art. 17 D.L. n. 90/2014) - nel prosieguo del presente atto, definito anche, per praticità, “indirizzi M.E.F. 2019” - che però ha reso noto, pubblicandolo sul proprio sito internet (peraltro senza preannunciarlo con alcuna comunicazione nei mesi/giorni precedenti), solamente in data 21/11/2019.
Tali istruzioni e “modalità espositive” sono state poi integrate da un ulteriore documento del M.E.F., denominato
“Schede di rilevazione
delle partecipazioni delle Amministrazioni pubbliche e dei loro rappresentanti presso organi di governo di società ed enti (art. 17 D.L. 90/2014) e
della revisione periodica e dello stato di attuazione della razionalizzazione (art.20 commi 1 e 4 D.Lgs. 175/2016)
(in sintesi, per praticità, denominato anche “schede MEF per il censimento annuale e per gli adempimenti periodici TUSP”), con il quale lo stesso Ministero ha reso disponibili in formato editabile le “tabelle” (schede”) sopra richiamate (peraltro chiedendo di compilarle limitatamente alle sole partecipazioni dirette, mentre la norma di legge prevede la “rendicontazione” dell’attuazione dei p.d.r.p. per tutte le società ivi contemplate - dirette ed indirette), pubblicato sul relativo sito internet solamente in data 2 dicembre 2019 - ovvero con soli 29 giorni (peraltro comprensivi delle festività natalizie) di anticipo rispetto al termine (31/12/2019) previsto dalla legge per la relativa approvazione - quando, proprio a fronte dell’imminente scadenza dei termini di legge, della “mole”, della complessità e dell’ampia articolazione dell’elaborato in questione, la scrivente società aveva già quasi integralmente predisposto, a beneficio del proprio socio unico, Comune di Rimini, la suddetta “proposta di documento unitario 2019” (peraltro, come già detto sopra, relativa alla “rendicontazione dell’attuazione del p.d.r.p. 2018” per le società indirettamente partecipate dal Comune attraverso la stessa Rimini Holding s.p.a., trascurate invece dalle “tabelle MEF”), senza poter più disporre del tempo necessario a modificarne la “veste di presentazione”, allineandola a quella - comunque non obbligatoria - proposta dalla “Struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F..
Anche se con modalità espositive diverse da quelle da quest’ultimo proposte, tutte le informazioni ivi richieste (interventi programmati, modalità di attuazione prevista, tempi stimati - nel cedente “p.d.r.p. 2018” - e stato di attuazione) sono comunque chiaramente e dettagliatamente riportate nella presente “proposta di relazione” formulata da RH e, conseguentemente, anche nei sotto-paragrafi di seguito riportati, relativi alle varie società prese in considerazione nella “proposta di relazione”.
Xxxx s.p.a. e Romagna Acque - Società delle Fonti s.p.a.
La “proposta di p.d.r.p. 2018” prevedeva, in estrema sintesi, quanto segue:
“Previa approvazione (da parte delle competenti autorità di regolazione del settore idrico, A.E.E.G.S.I. e Atersir), predisposizione (da parte delle società coinvolte) ed espressa specifica approvazione (da parte dei comuni soci, e per essi, da parte dei rispettivi organi di indirizzo politico - consiglio comunali/provinciali) degli atti a ciò necessari:
a) scissione parziale proporzionale di Amir s.p.a. a beneficio di Romagna Acque s.p.a. (con trasferimento ad essa del ramo aziendale “idrico”, comprensivo di tutti i n.3 dipendenti attuali), presumibilmente entro il 2021;
b) successiva liquidazione dell’Amir s.p.a. che residuerà dalla scissione, presumibilmente entro il 2022”.
A fronte di tale previsione, nel corso del 2019 il “gruppo di lavoro” appositamente costituito per la predisposizione del progetto in questione (c.d. “progetto società patrimoniale idrica unica della Romagna”) e, per esso, la società “Romagna Acque - Società delle Fonti s.p.a.” - capofila del gruppo stesso, in quanto beneficiaria delle prevista scissione dei beni idrici sopra indicata - ha continuato l’interlocuzione sul progetto (già avviata nel 2018, con la presentazione del medesimo ad entrambe) con le due “autorità di regolazione del servizio idrico integrato” - quella regionale (ATERSIR) e quella nazionale (ARERA, già AEEGSI), con l’esame della simulazione dei relativi prevedibili impatti sulla dinamica tariffaria idrica futura (del periodo 2020-2048) dei bacini territoriali in esso coinvolti, per la relativa formale auspicata approvazione, prima da parte di quella regionale, poi, su proposta di questa, di quella nazionale.
Tuttavia, ad oggi tale formale approvazione non è ancora avvenuta, né, attualmente, vi è certezza sul fatto che avverrà, e, in tal caso, sui tempi, a causa delle criticità che sono emerse nella puntuale definizione del progetto, di seguito indicate.
A questo proposito, occorre evidenziare che il progetto è nato, nel settembre 2015, da una proposta del Comune di Rimini (realizzare la fusione per incorporazione di “Amir s.p.a.” in “Romagna Acque - Società delle Fonti s.p.a.”, nel prosieguo anche solo “RASF”), per unificare in quest’ultima società la proprietà di tutti i beni idrici degli enti locali della parte settentrionale della provincia di Rimini - soci di Xxxx), a cui si sono poi allineati gli enti locali della parte meridionale della medesima provincia di Rimini (soci di “S.I.S. s.p.a.”) e quelli degli altri due territori romagnoli di Ravenna (soci di “Ravenna Holding s.p.a.” e di “TEAM s.p.a.”) e di Forlì-Cesena (soci di “UnicaReti s.p.a.”), che hanno proposto di unificare in un’unica società patrimoniale (“RASF”) tutti i beni idrici della Romagna di proprietà delle cinque società degli asset romagnole attualmente
esistenti (Ravenna Holding s.p.a., Unicareti s.p.a., Team s.p.a., Xxxx s.p.a. e S.I.S. s.p.a.), trasformandolo così in un progetto “sovra-locale”, “di area vasta romagnola”, immediatamente condiviso dai soci di RASF, incluso il Comune di Rimini, da realizzare non più mediante la fusione per incorporazione inizialmente prevista da quest’ultimo socio, ma mediante scissione parziale (circoscritta ai soli dei beni idrici) di ciascuna di tali cinque società, a beneficio dell’unica “RASF”.
Tale scopo, che era e rimane “giusto” nella versione originaria e condiviso dai comuni della provincia di Rimini, compreso il Comune di Rimini, promotore iniziale del progetto, è stato però profondamente modificato nel tempo dalla connotazione data al progetto stesso dagli enti locali dei territori dei due bacini di Ravenna e di Forlì-Cesena, connotazione che, per le motivazioni sotto elencate, comporta diverse problematiche - emerse solo recentemente, con l’approfondimento svolto negli ultimi mesi - fino al punto di renderlo molto “critico”.
In estrema sintesi, nella versione portata avanti dagli enti locali dei due suddetti territori (anche per il tramite di RASF, cui essi partecipano, complessivamente, con quota di maggioranza assoluta del 73% circa del capitale), il progetto, nella sua ultima attuale versione, prevede che:
a) le autorità di regolazione idriche (ATERSIR ed ARERA) attribuiscano (prima del 31/12/2023, termine dell’attuale affidamento del s.i.i. in Romagna) ai beni idrici di proprietà delle cinque società degli assets romagnole di Rimini (Amir s.p.a. e S.I.S. s.p.a.), Ravenna (Ravenna Holding s.p.a. e TEAM s.p.a.) e Forlì-Cesena (UnicaReti s.p.a.) un valore (circa 75 milioni di euro per quelli riminesi di Xxxx e S.I.S. e circa 270 milioni di euro complessivi per quelli delle tre società degli altri due territori, come risulterà dai bilanci al 31/12/2019) pari a quello di attuale iscrizione nei rispettivi bilanci, pur a fronte del fatto che i valori di bilancio dei beni delle tre società di Ravenna e Forlì-Cesena sono valori determinati, quasi interamente, da apposite perizie di stima (a cui i Comuni che li realizzarono li conferirono, poi, alle rispettive società degli assets idrici, al netto degli ammortamenti fino ad oggi effettuati), e, conseguentemente, sulla base dell’attuale metodo tariffario idrico (mti) definito da ARERA, tali beni oggetto di rivalutazione, per la parte preponderante, non hanno alcun valore (in quanto il costo realmente sostenuto per la relativa realizzazione è già stato sostenuto, dai cittadini, tramite la fiscalità generale) e, attualmente, non vengono “remunerati” dalla tariffa (solo una esigua residuale parte di essi, finanziata dalle tre società in questione, viene remunerata con un canone, riconosciuto in tariffa) 7;
b) le medesime autorità riconoscano a tali società degli asset, a copertura degli ammortamenti di tali beni correlati ai suddetti valori (circa 10 milioni di euro annui per i beni delle tre società degli asset di Ravenna e Forlì-Cesena), un pari canone di locazione attivo (a carico del gestore del S.I.I. - attualmente Xxxx s.p.a.), che, parallelamente, diventi poi un costo “scaricabile in tariffa” (sui cittadini) da parte del gestore;
c) le suddette cinque società trasferiscano a RASF, con scissione, tali beni, a tale valore (“tariffariamente” circa 345 milioni di euro complessivi), unitamente ai correlati ammortamenti (relativamente ai beni di Ravenna e di Forlì-Cesena circa 10 milioni di euro annui, fino al 2040) e al connesso diritto di percepimento del “nuovo” ingente ed equivalente canone di locazione attivo;
d) al termine della prevista operazione di scissione, a prescindere dai valori dei beni idrici trasferiti dalle rispettive società degli asset, l’equilibrio tra i soci (di RASF) dei tre bacini romagnoli (di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini) e quindi i rispettivi attuali “pesi” relativi all’interno della compagine sociale di RASF (rispettivamente 37%, 36% e 27%) rimangano inalterati, attraverso l’applicazione di criteri di “concambio azionario” finora non ancora ben definiti, che, dalle prime informazioni, dovrebbero comportare l’inusuale l’attribuzione, ai soci dei tre bacini, di nuove partecipazioni (azioni) aggiuntive in RASF, di valore effettivo (in termini di effettivi diritti amministrativi - di voto - e patrimoniali - di percepimento di dividendi) commisurato quindi non al rapporto tra il valore “effettivo” dei rispettivi beni apportati (con scissione) e il valore effettivo dei beni già presenti in RASF (come avviene normalmente in caso di scissione o anche fusione), ma alle quote di partecipazione attualmente detenute, sopra indicate; il valore “tariffario” (dei beni apportati - rispettivamente circa 75 milioni di euro per il bacino riminese e circa 270 milioni di euro per gli altri due) verrebbe poi imputato, per la parte eccedente rispetto al valore “rispettoso” degli attuali pesi percentuali sopra indicati (37% per RA, 36% per FC e 27% per RN), a nuove istituende ed emittente “azioni speciali” (“di categoria B”, per distinguerle da quelle “ordinarie”, di “categoria A”) di RASF, prive di tali diritti (e quindi, di fatto, anche prive di valore effettivo);
e) in deroga al metodo tariffario idrico vigente (che prevede che gli investimenti vengano finanziati dal gestore con risorse dallo stesso anticipate e poi “riavute indietro” attraverso l’incasso delle tariffe idriche, a partire dal secondo anno successivo a quello di messa in funzione dei beni realizzati), Romagna Acque impieghi la cospicua liquidità derivante dal percepimento dei suddetti ingenti canoni di locazione per finanziare la realizzazione, nei territori dei due bacini di Ravenna e Forlì-Cesena, di nuovi importanti investimenti idrici, sui quali, poi, si “accontenterebbe” di ricevere (dal gestore, a cui li affitterebbe), un canone di locazione bastevole a coprire il relativo ammortamento e a garantire una remunerazione minore di quella pretesa dal gestore stesso, nel caso alternativo (ordinario) di finanziamento da parte del medesimo.
La versione del progetto sopra sintetizzata, affiancando allo scopo originario dello stesso (concentrazione della proprietà di tutti i beni idrici romagnoli nell’unica RASF) anche la “rivalutazione” di gran parte di essi (quelli delle tre società degli asset di Ravenna e di Forlì-Cesena) comporta, come detto, diverse criticità, alcune delle quali di interesse per le autorità di regolazione idrica (ATERSIR ed ARERA), altre di interesse dei soli soci pubblici del bacino riminese, come di seguito indicato.
A) criticità di interesse per le autorità di regolazione idrica (ATERSIR ed ARERA):
1) attribuzione di un ingente valore (circa 270 milioni di euro complessivi, come risulterà dai bilanci al 31/12/2019) a beni idrici che, secondo la metodologia tariffaria, avrebbero, invece, valori estremamente esigui (quello ad essi attribuito deriverebbe principalmente dalla rivalutazione monetaria sopra indicata), con conseguente
1.a) ribaltamento del principio previsto dal “metodo tariffario idrico” (criterio di determinazione delle tariffe idriche) - basato sull’anticipazione delle risorse finanziarie (necessarie per i nuovi realizzandi investimenti) da parte dei soggetti finanziatori, con successivo recupero delle stesse, due anni dopo, in tariffa (time lag) - ed inversione del relativo “meccanismo” (i cittadini “coinvolti” - di Ravenna e Forlì-Cesena - con le tariffe anticiperebbero così, al gestore, delle risorse che questo dovrebbe poi impiegare, auspicabilmente, per nuovi enormi investimenti idrici futuri sui medesimi rispettivi territori);
1.b) “doppio” pagamento dei beni idrici periziati (dei territori “coinvolti” di Ravenna e Forlì-Cesena) da parte dei rispettivi cittadini;
2) aggravio tariffario - per i (primi) futuri circa 20 anni (fino al 2040), per i cittadini “coinvolti” (inizialmente delle sole aree di Ravenna e Forlì- Cesena) - rispetto all’alternativo scenario “ordinario” in cui gli investimenti fossero finanziati dal gestore (in quanto il vantaggio della minore remunerazione “pretesa” da Romagna Acque - rispetto al gestore - sul capitale da essa investito per finanziare i nuovi investimenti sarebbe più che compensato dal pagamento, in tariffa, al gestore, dei nuovi canoni di locazione da esso pagati sui vecchi beni idrici periziati);
3) possibile (temuta) estensione dell’aggravio tariffario anche ai cittadini riminesi, nel caso di una eventuale futura “convergenza tariffaria idrica” al dettaglio, attualmente non prevista dalla regolazione tariffaria, ma che potrebbe verificarsi in analogia con la convergenza tariffaria all’ingrosso (tariffa idrica all’ingrosso unica) già stabilita da ATERSIR, sia pure con decorrenza dal 2038.
7 Le due società degli assets idrici riminesi (“Xxxx s.p.a.” e “S.I.S. s.p.a.”) non sono interessate da questa vicenda in quanto i valori dei loro beni iscritti nei rispettivi bilanci (circa 45 milioni di euro pr Amir e circa 30 milioni di euro per S.I.S.) derivano, quasi integralmente, da costi realmente sostenuti - non da perizie di stima - “degni”, quindi, di essere remunerati (coperti) da un canone di locazione, posto a carico del gestore-utilizzatore, tanto è vero che tali società percepiscono già un canone, concordato unitamente all’autorità regolatrice, che ne determina un valore pari a quello “contabile netto” di relativa iscrizione in bilancio.
B) Criticità di interesse dei soli soci pubblici riminesi:
4) attribuzione, ai soci dei tre bacini romagnoli (di Rimini, Ravenna e Forlì-Cesena), di nuove (aggiuntive) partecipazioni al capitale sociale di RASF “anomala” e di dubbia legittimità (in quanto non commisurata al rapporto tra i valori “effettivi” dei beni idrici rispettivamente apportati a RASF con la scissione e il valore effettivo del patrimonio da questa già posseduto ante operazione, ma ai rispettivi attuali pesi relativi all’interno della compagine sociale di RASF), derivante dal “principio” (di eventuale potenziale valenza esclusivamente “politica”, non certamente tecnica) di invarianza dei pesi relativi attuali dei tre bacini all’interno della compagine sociale di Romagna Acque;
5) permanenza (mancato superamento) dell’attuale disomogeneità dell’assetto della proprietà dei beni idrici dei tre territori romagnoli (beni idrici di Ravenna e di Forlì-Cesena che, al termine dell’operazione citata, sarebbero presumibilmente tutti concentrati nella “società patrimoniale unica” RASF, a fronte di beni idrici riminesi a questa trasferiti solo parzialmente e che in gran parte rimarrebbero ancora in capo al Comune di Rimini);
6) trasferimento del “F.R.B.T.” (fondo ripristino beni di terzi - ingente somma complessiva di circa 36 milioni di euro che, al termine della gestione idrica attuale, il gestore uscente Xxxx s.p.a. dovrebbe versare, in denaro, alle due società degli assets idrici riminesi, Xxxx e S.I.S., a fronte della perdita di valore subita dai loro beni idrici nel corso del lungo periodo di relativo utilizzo da parte del medesimo) dalle due società locali ad una di area vasta (RASF), con conseguente necessità di mantenerne separata la destinazione rispetto agli altri soci romagnoli o di averne il riconoscimento (in “denaro”) prima che i beni idrici a cui il fondo è connesso vengano trasferiti a RASF.
A causa delle importanti criticità sopra evidenziate, emerse in modo crescente nel 2019, l’autorità regionale (ATERSIR), come detto, non ha finora espressamente approvato il progetto, ma, in data 26/07/2017, ha chiesto su di esso un parere preventivo all’autorità nazionale (ARERA), la quale, però, non ha mai risposto a tale richiesta e non ha assunto una posizione ufficiale sulla questione.
Al fine di “sbloccare” la situazione di stallo creatasi, ATERSIR ha quindi “ipotizzato” un’approvazione “implicita” del progetto, sia da parte propria che da parte di XXXXX, attraverso l’approvazione delle nuove tariffe idriche future, ed in particolare, di quelle del primo biennio (2020-2021) del “terzo periodo tariffario” (il quadriennio 2020-2023), la cui definizione ed approvazione sono previste - previa fissazione delle relative “regole di calcolo” (il c.d. “mti3”, “metodo tariffario xxxxxx xxx xxxxx xxxxxxx xx xxxxxxxxxxx”, xxxxxx xxx xxxxx quadriennio, il quadriennio 2020-2023) da parte di ARERA - prima in capo ad Atersir, in aprile-maggio 2020, poi in capo ad ARERA, entro dicembre 2020, con conseguente applicazione dal 2021. In pratica, secondo questo “iter”, il progetto verrebbe approvato implicitamente, non espressamente, attraverso l’approvazione di tariffe idriche “romagnole” future che discenderebbero dall’attuazione del progetto stesso.
A fronte di questa ipotesi, il “consiglio locale” di Rimini di ATERSIR, in data 11/11/2019, ha però approvato un apposito “ordine del giorno”, in cui - pur confermando, sotto il profilo societario, l’indirizzo del bacino riminese a proseguire nel processo di potenziale razionalizzazione societaria - tuttavia, viste le consistenti potenziali implicazioni che tale operazione potrebbe comportare in ordine agli aspetti degli equilibri societari e tariffari, ha espresso la necessità di acquisire, preventivamente al processo di approvazione delle tariffe per il quadriennio 2020-2023, uno specifico parere8 dell’autorità nazionale ARERA, in merito alla riconducibilità tariffaria dei patrimoni in capo alle società degli asset dell’ambito romagnolo oggetto di trasferimento a Romagna Acque, necessario alla prosecuzione del progetto.
Le criticità sopra indicate potrebbero essere positivamente ed auspicabilmente superate, nei prossimi mesi:
a) con l’espressa approvazione preventiva del progetto da parte di XXXXX , che lo renderebbe pienamente legittimo;
b) con la puntuale ed esplicita definizione dei criteri di concambio azionario dell’ipotizzata scissione, finora solo vagamente accennati (e, eventualmente, qualora questi si confermassero realmente “problematici”, come sopra indicato, con l’eventuale adozione di criteri di concambio diversi);
c) con l’inclusione nel progetto dei beni idrici riminesi attualmente di proprietà comunale;
d) con la chiara definizione preventiva del destino del F.R.B.T. riminese sopra indicato.
Pertanto, fino a quando non saranno superate le criticità del progetto sopra indicate, e non vi sarà la connessa certezza di fattibilità dello stesso, non verranno predisposte, né, tantomeno, avviate, le operazioni societarie di scissione sopra indicate, la cui attuazione rimane quindi, per ora, prevista negli anni sopra già indicati.
Nel caso alternativo in cui, per qualunque motivo, il “progetto società patrimoniale idrica unica della Romagna” risultasse non attuabile nella modalità (sopra descritta, ovvero con rivalutazione dei beni idrici delle rispettive società) proposta dai soci dei due bacini romagnoli di Ravenna e Forlì-Cesena, non essendo questi disponibili ad attuarlo con modalità diverse (ovvero senza la rivalutazione in questione), il Comune tornerà a prendere in considerazione lo scenario alternativo di razionalizzazione della propria società patrimoniale idrica (Amir), consistente nella fusione per incorporazione, da parte della stessa, della “propria” società patrimoniale “trasportistica” (“P.M.R. s.r.l. consortile”, partecipata direttamente per il 79% circa), già ipotizzato nel proprio precedente “p.o.r. 20159”.
Amir Onoranze Funebri (O.F.) s.r.l.
La “proposta di p.d.r.p. 2018” prevedeva, in estrema sintesi, quanto segue:
<<Mantenimento “tal quale” (senza interventi di “razionalizzazione periodica”), attraverso la controllata “Rimini Holding s.p.a.” e la sub-controllata (da questa) “Anthea s.r.l.”, della partecipazione attualmente posseduta.
Stimolo (nel 2019) all’adeguamento dello statuto della società alle disposizioni obbligatoriamente previste, per le “società a controllo pubblico”, dall’articolo 9, comma 11, lettere “a, “b”, “c” e “d” del D.Lgs.175/2016>> (anche se, in realtà come espressamente segnalato nel “piano” stesso, tale adeguamento non costituiva un intervento di “razionalizzazione periodica”).
8 In pratica ATERSIR dovrà ribadire ad ARERA la propria precedente richiesta di parere del 26/07/2017, sopra già indicata e sollecitare una risposta ufficiale ad essa.
9 Il “P.O.R. 2015” prevedeva che venisse attuata la fusione per incorporazione di Amir s.p.a. in Romagna Acque - Società delle Fonti s.p.a. e che, in subordine, nel caso in cui, per qualunque motivo, tale fusione non fosse stata attuata, <<…a fronte della parziale "somiglianza" delle attività (patrimoniali) svolte (amministrazione di beni e reti, rispettivamente idrici e trasportistici) dalle due società e della coincidenza della maggioranza dei rispettivi soci, il Comune di Rimini, socio di maggioranza assoluta di entrambe le società (nel caso di Xxxx s.p.a. attraverso la controllata Rimini Holding s.p.a.) proponesse ai soci di "Amir s.p.a." e di "Patrimonio Mobilità Provincia di Rimini - P.M.R. s.r.l. consortile" di realizzare, prima possibile e previa puntuale verifica delle potenziali sinergie ed economicità da essa derivanti, la fusione per incorporazione della seconda nella prima, con contestuale modifica della natura (da lucrativa a consortile), della denominazione (da individuare, ad esempio "Patrimonio Idrico e Trasportistico Provincia di Rimini - P.I.T.R. s.r.l. consortile") e dello statuto dell'incorporante (Xxxx), estinzione dell'incorporata (P.M.R.) ed acquisizione, da parte del Comune, di una partecipazione diretta in Xxxx s.p.a., al posto di quella che l’ente avrebbe di lì a breve detenuto in “P.M.R. s.r.l. consortile” (a seguito della riorganizzazione relativa ad A.M., prevista nel “piano operativo”).
In attuazione di tale previsione, su espresso e formale impulso del socio indiretto Comune di Rimini (che le ha espressamente approvate con deliberazione del proprio Consiglio Comunale n.26 del 29/04//2019 - mentre RH le ha approvate con deliberazione della propria assemblea ordinaria dei soci del 07/05/2019)), il 07/05/2019 Xxxx X.X. (altrettanto ha fatto la controllante “Anthea s.r.l.” “a monte”) ha adottato tutte le modifiche statutarie obbligatoriamente imposte dal TUSP, sopra indicate, alle “società a controllo pubblico”, unitamente ad altre, individuate dal Comune di Rimini, allo scopo di rendere effettivo il “controllo pubblico indiretto” (“a cascata”) del Comune di Rimini (e degli altri attuali due soci della controllante “Anthea s.r.l.”) sulla controllata Amir O.F., creando una “catena decisionale” che comporta l’assunzione delle scelte più importanti della controllata in seno all’assemblea dei soci della controllante e, conseguentemente, in capo alle tre p.a. socie (con l’espansione delle competenze dell’assemblea dei soci, per ricondurre l’assunzione delle scelte più importanti della società alle tre p.a. socie indirette, attraverso l’assemblea dei soci della controllante “Anthea s.r.l.”, le cui competenze sono state contestualmente ampliate - con apposita connessa modifica statutaria - ed estese alla determinazione del voto che il legale rappresentante di Xxxxxx dovrà esprimere proprio in seno all’assemblea dei soci di Xxxx X.X., sulle materie più importanti per la stessa controllata).
C.A.A.R. s.p.a. consortile
La “proposta di p.d.r.p. 2018” prevedeva, in estrema sintesi, quanto segue:
<<Mantenimento della partecipazione attualmente posseduta, con possibilità di eventuale futura integrazione “funzionale” e/o societaria con le altre due società di gestione dei centri agro-alimentari di Bologna (“C.A.A.B. s.p.a. consortile”) e Xxxxx (“C.A.L. - Centro Agro-alimentare e Logistico s.p.a.”)>>.
In attuazione di tale previsione, in data 10/01/2019 le tre società di gestione dei centri agro-alimentari di Bologna (“C.A.A.B. s.p.a. consortile”), Rimini e Parma (“C.A.L. - Centro Agro-alimentare e Logistico s.p.a.”), su proposta della Regione Xxxxxx-Romagna, socia di tutte tre, hanno stipulato, insieme alla Regione stessa e ai rispettivi tre comuni soci di riferimento (Bologna, Rimini e Parma), un “protocollo d’intenti per l’avvio di un processo di integrazione organizzativa ed operativa dei centri agro-alimentari della regione Xxxxxx-Romagna” finalizzato a far verificare, alle tre società, la possibilità di eventuali integrazioni “funzionali” (ad esempio con accordi per l’acquisizione centralizzata ed auspicabilmente più economica di beni e servizi di utilità comune) e/o societarie.
Alla data di redazione del presente documento l’esito della verifica - che è tuttora in corso - non è stato ancora ufficializzato (dovrebbe esserlo, presumibilmente, entro fine anno 2019), ma, dalle informazioni acquisite, risulta che, sulla base del lavoro svolto congiuntamente dalle tre società di gestione, sono emerse diverse possibilità di integrazione, sia di tipo “funzionale” sia di tipo societario, che potrebbero comportare interessanti economie di spesa annue, la più interessante delle quali parrebbe essere l’integrazione societaria. L’eventuale scelta di attuare una di tali modalità di integrazione richiede però ulteriori approfondimenti - che saranno svolti e “rendicontati ai soci nei prossimi mesi - ed anche il confronto con i soci di riferimento delle tre società, previsto anch’esso nei prossimi mesi.
Rimini Congressi s.r.l.
La “proposta di p.d.r.p. 2018” prevedeva, in estrema sintesi, quanto segue:
<<Mantenimento della partecipazione posseduta.
Qualora possibile, nel 2019-2020, fusione per incorporazione di SdP in Rimini Congressi s.r.l., previa predisposizione ed espressa specifica approvazione degli atti a ciò necessari, da parte dei tre soci pubblici e, per essi, dei rispettivi organi di indirizzo politico (consigli comunali/provinciali).
Adozione volontaria di alcune modifiche dello statuto sociale (con introduzione degli “strumenti di valutazione del rischio di crisi aziendale” ex articoli 6 e 14 del D.Lgs.175/2016 e adeguamento degli attuali quorum deliberativi assembleari)>>.
In attuazione delle suddette previsioni, le modifiche statutarie in questione sono state tutte approvate prima dai tre soci pubblici al loro interno (il Comune di Rimini lo ha fatto con deliberazione del proprio Consiglio Comunale n.26 del 29/04/2019 e con successiva deliberazione dell’assemblea ordinaria dei soci della scrivente “Rimini Holding s.p.a.” del 07/05/2019) e poi dall’assemblea dei soci della società del 15/07/2019. A seguito della quotazione in borsa (nel segmento ordinario del M.T.A. della borsa valori di Milano) della controllata “I.E.G. s.p.a.” - che costituiva una condizione ad essa propedeutica, effettivamente verificatasi in data 19/06/2019 - l’amministratore unico di RC e di S.d.P. (coincidente con la medesima persona), con l’ausilio dei relativi consulenti, ha svolto una accurata verifica degli eventuali vincoli giuridici ostativi all’auspicata fusione per incorporazione di S.d.P. in RC (connessi alla situazione di partecipazioni societarie incrociate - tra la controllante RC e la controllata I.E.G.) e dei presumibili impatti dell’ipotizzata operazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria di quella che sarebbe la società “incorporante” (RC), i cui esiti, relazionati ai soci tra ottobre e novembre 2019, sono stati entrambi positivi.
Pertanto, l’assemblea dei soci della società del 25/11/2019 ha conferito espresso mandato al medesimo amministratore unico di RC di predisporre, con modalità tali che nessun socio attuale di SdPC possa esercitare il diritto di recesso, tutti gli atti propedeutici alla fusione (a titolo esemplificativo, non esaustivo, il “progetto di fusione” e gli altri documenti necessari e/o opportuni), per poi approvarli in occasione di una prossima assemblea dei soci di RC, da tenere entro il 31/07/2020, previa approvazione dei medesimi atti da parte dei singoli soci, con conseguente eventuale attuazione della fusione entro il 31/12/2020, come indicato nella “proposta di p.d.r.p. 2019” di seguito riportata al successivo paragrafo “C.5.1” del presente documento.
Va comunque ricordato ed evidenziato il fatto che, essendo RC - sia nella “proposta di p.d.r.p. 2018”, sia nella “proposta di p.d.r.p. 2019” di seguito riportata, una società detenibile “tal quale” dall’ente, tale auspicata fusione costituiva (e costituisce tuttora) una “azione di razionalizzazione” non ai sensi del TUSP (ovvero imposta dal medesimo TUSP), ma “volontaria” (spontaneamente individuata dai soci della controllante RC, per razionalizzare l’assetto societario complessivo del settore-fieristico congressuale riminese) la cui attuazione, per quanto auspicata, rimane comunque non obbligatoria e non vincolante.
Rimini Reservation s.r.l. in liquidazione
La “proposta di p.d.r.p. 2018” prevedeva, in estrema sintesi che:
a) la società, pur essendo, dal 2 ottobre 2018, in stato di liquidazione, operasse “normalmente” (svolgendo il servizio di i.a.t e l’attività di reservation) fino al 30 settembre 2019 e, presumibilmente, fosse poi estinta entro il 31 dicembre 2019;
b) in virtù delle disposizioni dell’articolo 24, comma 9, del D.Lgs.175/2016, il nuovo soggetto privato che sarebbe stato individuato con gara dal Comune di Rimini, per subentrare, dal 1° ottobre 2019, a Rimini Reservation nella gestione del servizio di i.a.t., in occasione del subentro sarebbe stato obbligato ad assumere il personale dipendente a tempo indeterminato di Rimini Reservation impiegato da questa nello svolgimento del servizio (si trattava di tutte le n.8 unità attualmente dipendenti, a tempo indeterminato, della società).
Al termine di una lunga procedura di gara pubblica avviata ad inizio 2019 e conclusasi in data 27/09/2019, il Comune di Rimini ha effettivamente individuato un nuovo soggetto privato (“Rimini Wellcome Destination Management Company s.r.l. consortile“) a cui, da dicembre 2019, ha affidato (per 3 anni) lo svolgimento dei suddetti servizi di i.a.t. - unitamente ad altri servizi ad essi connessi (promozione, promo-commercializzazione e destination management) precedentemente non svolti da Rimini Reservation s.r.l. - sulla base di apposito contratto di servizio, oneroso per il
Comune. Nel suddetto nuovo contratto il soggetto affidatario si è impegnato ad assumere tutti i suddetti n.8 dipendenti, in conformità alle disposizioni dell’articolo 24, comma 9, del D.Lgs.175/2016.
In data 30/09/2019 Rimini Reservation s.r.l. ha effettivamente cessato di svolgere i servizi in questione e attualmente si prevede che entro il 31 marzo 2020 il liquidatore possa completarne la liquidazione, con la conseguente estinzione della società.
Riminiterme s.p.a.
La “proposta di p.d.r.p. 2018” prevedeva, in estrema sintesi, quanto segue:
<<Temporaneo mantenimento (attraverso Rimini Holding s.p.a.) e prossimo incremento (diretto) della partecipazione (nel 2019), come strumento di prossima auspicata riqualificazione dell’area territoriale degradata di Miramare, in cui sono collocati la società e i suoi beni principali (tra i quali la “ex colonia Novarese”), attraverso la successiva cessione integrale della stessa partecipazione (indicativamente nel 2019-2020). La successiva dismissione integrale della partecipazione sarà oggetto di ulteriore specifica approvazione da parte del Comune, e per esso, del rispettivo organo di indirizzo politico (Consiglio Comunale), una volta predisposti gli atti a ciò necessari>>.
La “proposta di p.d.r.p. 2018” prevedeva anche che il Comune, l’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna e l’Azienda U.S.L. della Romagna - che in data 9 ottobre 2018 avevano avviato, con la stipula di apposito “protocollo di intesa”, un progetto (c.d. “progetto pubblico-privato”) di valorizzazione congiunta dell’area in cui sorgono la sede legale ed operativa della società e la ex colonia novarese (con relativa destinazione a funzioni connesse al benessere e alla salute) - definissero congiuntamente gli elementi di dettaglio di tale progetto entro il successivo 31 gennaio 2019, con la stipula, tra i tre enti, di apposito “accordo attuativo” e che, una volta che fossero stati individuati e definiti gli aspetti del progetto in questione, il Comune, presumibilmente nel 2019-2020, avrebbe tentato di vendere nuovamente l’intera partecipazione societaria che avrebbe detenuto in Riminiterme (sia il 77,67% direttamente detenuto che il 5% indirettamente detenuto attraverso la scrivente Rimini Holding s.p.a., per un complessivo 82,67%) ad un soggetto privato - da individuare con nuova procedura ad evidenza pubblica - che avrebbe dovuto fare obbligatoriamente realizzare alla società che avrebbe controllato (perché obbligato dal bando) la riqualificazione territoriale (fonte diretta anche di sviluppo economico locale) da tempo auspicata dal Comune, secondo le nuove linee di sviluppo e i nuovi obiettivi che nel frattempo avrebbero dovuto essere congiuntamente definiti dal Comune stesso con l’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna e l’A.U.S.L. Romagna.
Ovviamente, la nuova vendita integrale della partecipazione sarebbe stata oggetto di ulteriore specifica approvazione da parte del Comune stesso e, per esso, del rispettivo organo di indirizzo politico (Consiglio Comunale), attraverso approvazione degli atti a ciò necessari, una volta predisposti.
In attuazione delle suddette previsioni e dell’atto di transazione dell’11/09/2018, in data 07/02/2019 l’ente ha riacquisito, da “Coopsette soc. coop in l.c.a.”, la quota azionaria di maggioranza assoluta (77,67%) del capitale sociale della società, dietro pagamento, a Coopsette, di un corrispettivo di 4,5 milioni di euro (a fronte di un valore della partecipazione stimato dai consulenti del Comune in €.8.971.000,00, con conseguente “sconto”, a favore del Comune - di fatto equivalente al risarcimento di una parte del danno patito e rivendicato per la mancata realizzazione del “Polo del benessere e della salute” originariamente previsto - di €.4.471.000,00) e dell’accollo, da parte del Comune, di parte delle competenze professionali spettanti ai membri del collegio arbitrale (attivato dal Comune a fronte del riscontrato inadempimento contrattuale di Coopsette) di competenza di Coopsette (circa 68.000 euro).
A far data dal 07/02/2019, pertanto, il Comune di Rimini è divenuto socio (diretto) di maggioranza assoluta della società, di cui deteneva già (e detiene tuttora), indirettamente, attraverso la scrivente controllata (al 100%) Rimini Holding s.p.a., l’ulteriore partecipazione del 5% (per un complessivo 82,67%).
Il nuovo assetto societario ha attribuito a “Riminiterme s.p.a.” (RT) e, “di riflesso”, anche alla sua controllata (al 100%) “Riminiterme Sviluppo s.r.l.” (“RTS”), dal 07/02/2019, la configurazione di “società a controllo pubblico” ai sensi del D.Lgs. 175/2016 (articolo 2, comma 1, lettera “m”).
Pertanto, su espresso e formale impulso del socio Comune di Rimini (che le ha espressamente approvate con deliberazione del proprio Consiglio Comunale n.26 del 29/04//2019, mentre la scrivente società le ha approvate con deliberazione della propria assemblea ordinaria dei soci del 07/0/2019), in data 09/05/2019 la società (altrettanto ha fatto, in pari data, la controllata “RTS”) ha adottato tutte le modifiche statutarie obbligatoriamente imposte dal TUSP (articolo 9, comma 11, lettere “a, “b”, “c” e “d”) alle “società a controllo pubblico”, unitamente ad altre, individuate dal Comune di Rimini allo scopo di rendere effettivo il “controllo pubblico indiretto” (“a cascata”) del Comune di Rimini sulla controllata (al 100%) “RTS”, creando una “catena decisionale” che comporta l’assunzione delle scelte più importanti della controllata in seno all’assemblea dei soci della controllante e, conseguentemente, in capo al Comune di Rimini, socio di maggioranza assoluta di quest’ultima (con l’espansione delle competenze dell’assemblea dei soci, per ricondurre l’assunzione delle scelte più importanti della società al socio indiretto Comune di Rimini, attraverso l’assemblea dei soci della controllante “RT”, le cui competenze sono state contestualmente ampliate - con l’apposita connessa modifica statutaria sopra indicata - ed estese alla determinazione del voto che il legale rappresentante di RT dovrà esprimere proprio in seno all’assemblea dei soci di RTS, sulle materie più importanti per la stessa controllata).
In relazione alla prevista cessione integrale della partecipazione in questione, secondo il “progetto pubblico-privato” all’epoca auspicato ed ipotizzato nella “proposta di p.d.r.p. 2018”, sopra riepilogato, l’interlocuzione intervenuta in tal senso, nel corso del 2019, tra i tre enti pubblici in esso coinvolti ha portato ad individuare (anche se non ancora in modo definitivo) alcune delle nuove linee di sviluppo e dei nuovi obiettivi dei tre enti pubblici10, ma, parallelamente, ha palesato difficoltà, per essi, di definire modalità attuative che fossero/siano in grado, presumibilmente, di conciliare gli interessi, sull’area in questione, dei tre enti pubblici con quelli di un potenziale auspicato acquirente privato delle azioni della società, anche a causa dei verificati vincoli di varia tipologia (non solo economica) gravanti sugli altri due enti pubblici diversi dal Comune11, tanto che il previsto “accordo attuativo” (o altro analogo accordo vincolante) non è stato ancora definito, né tantomeno, sottoscritto e, nelle more dell’auspicato superamento di tali vincoli e criticità, il Comune sta valutando anche altri eventuali progetti di privatizzazione alternativi, come meglio indicato nel prosieguo del presente documento (precisamente nel paragrafo relativo alla proposta di ricognizione e di razionalizzazione di RT).
A fronte di quanto spiegato, i tempi di realizzazione delle privatizzazione integrale della società si profilano quindi, oggi, presumibilmente più lunghi (2020-2021) di quelli inizialmente previsti (2019-2020).
10 A titolo esemplificativo, non esaustivo, l’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna potrebbe essere interessata ad insediare, presso nella ex colonia Novarese e/o nella relativa area di pertinenza, uno degli insegnamenti dei corsi di laurea del dipartimento di “XX.Xx.” (“Qualità della Vita”) della “facoltà di scienze motorie”, mentre l’A.U.S.L. Romagna potrebbe essere interessata ad insediarvi una struttura socio-sanitaria.
11 A titolo esemplificativo, non esaustivo, è emersa la impossibilità “legale” (per legge), per entrambi tali soggetti, di acquisire la proprietà di partecipazioni societarie (ad esempio in società eventualmente compartecipate con il Comune di Rimini) e/o quote di fondi comuni di investimento (immobiliari).
Start Romagna s.p.a.
La “proposta di p.d.r.p. 2018” prevedeva, in estrema sintesi, quanto segue:
<<Mantenimento della partecipazione attualmente detenuta, in attesa di giungere ad una modalità di gestione del servizio di t.p.l. più efficiente di quella attuale, secondo modalità e tempi da concordare con gli altri soci, con l’obiettivo finale di superare l’attuale dicotomia derivante dal duplice ruolo attualmente ricoperto dagli enti locali, nella loro duplice contemporanea qualità di soci del “regolatore” ed anche del “gestore”.
Nel frattempo, adeguamento dello statuto della società in coerenza con alcuni dei principali profili di impronta “pubblicistica” del D.Lgs.175/2016 e stipula di apposito “patto di consultazione” con gli altri principali soci>>.
In attuazione delle suddette previsioni, le modifiche statutarie e il “patto di consultazione” in questione sono stati approvati prima dai tre soci pubblici al loro interno (il Comune di Rimini lo ha fatto con deliberazione del proprio Consiglio Comunale n.26 del 29/04/2019 e con successiva deliberazione dell’assemblea ordinaria dei soci di “Rimini Holding s.p.a.” del 07/05/2019) e sono stati poi approvate dall’assemblea dei soci della società del 17/05/2019 (le prime) e stipulato (il secondo) in data 17/05/2019 da alcuni soci e a fine novembre 2019 da quelli rimanenti .
C) PROPOSTA DI RICOGNIZIONE 2019 E PROPOSTA DI P.D.R.P. 2019 (“PIANO DI RAZIONALIZZAZIONE PERIODICA 2019”)
La presente “proposta di ricognizione e di razionalizzazione periodica” - riferita all’anno “2019” per distinguerla da quelle, analoghe, già predisposte (nel 2018, riferito al 31/12/2017) o che la società dovesse eventualmente predisporre nei successivi anni - contiene la ricognizione delle partecipazioni detenute dal Comune di Rimini, attraverso la scrivente Rimini Holding s.p.a,, con la contestuale identificazione della relativa “detenibilità” o, viceversa, della necessità di loro "razionalizzazione" e, in tal caso, l’individuazione delle “proposte di azioni di razionalizzazione periodica” da attuare ed è stata predisposta ed approvata - con propria determinazione - dal sottoscritto, nell’ambito dell’attività (di gestione coordinata ed unitaria dei diritti di socio del Comune in seno alle società partecipate dall’ente) svolta da Rimini Holding s.p.a. a favore del proprio socio unico Comune ed in attuazione di uno specifico obiettivo strategico (<<supportare il Comune di Rimini nella predisposizione e nell’attuazione del “Piano di razionalizzazione periodica 2019 delle partecipazioni societarie ex X.Xxx. 175/2016”>>) formalmente assegnato alla società dal Comune, per l’anno 2019, nel proprio d.u.p. (documento unico di programmazione) del periodo 2019-2021, per essere poi sottoposto all’approvazione del Consiglio Comunale (con propria deliberazione) e dell’assemblea ordinaria dei soci di Rimini Holding s.p.a. (con propria ulteriore successiva deliberazione).
Come già segnalato nel precedente paragrafo “B” relativamente alla “proposta di relazione” (sull’attuazione del “p.d.r.p. 2018), per la predisposizione della “proposta di ricognizione 2019” e della conseguente “proposta di p.d.r.p. 2019” che seguono, la “Struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F. ha previsto precise “modalità espositive” (mediante successive “sezioni tabellari”), indicate in apposito proprio documento, denominato “Indirizzi per gli adempimenti relativi alla Revisione e al Censimento delle partecipazioni pubbliche” (Art. 20 D.Lgs. n. 175/2016 e art. 17 D.L. n. 90/2014) - nel prosieguo del presente atto, definito anche, per praticità, “indirizzi M.E.F. 2019” - che però ha reso noto, pubblicandolo sul proprio sito internet (peraltro senza preannunciarlo con alcuna comunicazione nei mesi/giorni precedenti), solamente in data 21/11/2019.
Tali “modalità espositive” sono state poi integrate da un ulteriore documento del M.E.F., denominato
“Schede di rilevazione
delle partecipazioni delle Amministrazioni pubbliche e dei loro rappresentanti presso organi di governo di società ed enti (art. 17 D.L. 90/2014) e
della revisione periodica e dello stato di attuazione della razionalizzazione (art.20 commi 1 e 4 D.Lgs. 175/2016)
(in sintesi, per praticità, denominato anche “schede MEF per il censimento annuale e per gli adempimenti periodici TUSP”) con il quale lo stesso ha reso disponibili in formato editabile le “tabelle” (schede”) sopra richiamate, pubblicato sul relativo sito internet solamente in data 2 dicembre 2019 - ovvero con soli 29 giorni (peraltro comprensivi delle festività natalizie) di anticipo rispetto al termine (31/12/2019) previsto dalla legge per la relativa approvazione - quando, proprio a fronte dell’imminente scadenza dei termini di legge, della “mole”, della complessità e dell’ampia articolazione dell’elaborato in questione, la scrivente società aveva già quasi integralmente predisposto, a beneficio del proprio socio unico, Comune di Rimini, la presente “proposta di ricognizione 2019 e di p.d.r.p. 2019”, senza poter più disporre del tempo necessario a modificarne la “veste di presentazione”, allineandola a quella - comunque non obbligatoria - proposta dalla “Struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F..
Anche se con modalità espositive diverse da quelle da quest’ultimo proposte nei propri “Indirizzi M.E.F. 2019” sopra indicati, quasi12 tutte le informazioni ivi richieste (rappresentazione grafica delle partecipazioni societarie detenute al 31/12/2018; ricognizione di ciascuna di esse, con indicazione di tutte le relative informazioni di dettaglio - codice fiscale, denominazione e anno di costituzione, sede legale, stato, attività svolta, numero medio dei dipendenti, degli amministratori e dei membri dell’organo di controllo, fatturato realizzato negli ultimi tre anni, risultato economico conseguito negli ultimi anni - esito della ricognizione, con le modalità e i tempi previsti per l’eventuale razionalizzazione ed il relativo riepilogo) sono comunque chiaramente e dettagliatamente riportate nel presente documento proposto da RH, precisamente nell’allegato “A.1” (“rappresentazione grafica”), nelle varie “schede di ricognizione (e, in alcuni casi, di razionalizzazione) 2019” di seguito riportate al paragrafo “C.5.”, relative alle varie società prese in considerazione nella “proposta di ricognizione 2019” e nell’allegato “A.3” (“riepilogo degli interventi di razionalizzazione periodica 2019 previsti”).
C.1) GLI ORIENTAMENTI E I RILIEVI DELLA “STRUTTURA DI MONITORAGGIO E CONTROLLO” DEL M.E.F. E LE PRESCRIZIONI DELLA CORTE DEI CONTI RELATIVAMENTE AI VARI “PIANI DI REVISIONE/RAZIONALIZZAZIONE”
Come sopra anticipato, il D.Lgs. n. 175/2016 attribuisce espressamente il controllo e il monitoraggio sull’attuazione delle proprie disposizioni - ed anche il compito di fornire orientamenti e indicazioni in materia di applicazione del decreto e di promuovere le migliori pratiche presso le società a partecipazione pubblica - alla specifica “struttura” prevista dall’articolo 15 del medesimo decreto, ovvero alla “struttura di monitoraggio e controllo delle partecipazioni pubbliche” istituita con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 16 maggio 2017, all’interno dello stesso M.E.F., presso il dipartimento del Tesoro, Direzione VIII.
Fino ad oggi tale “struttura” ha “emesso” i seguenti sette documenti (“orientamenti”, “indicazioni”, “direttive”):
a) orientamento del 15/02/2018 avente ad oggetto “nozione di “società a controllo pubblico” di cui all’articolo 2, comma 1, lett. m), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (di seguito “TUSP”);
b) orientamento del 28/05/2018 avente ad oggetto “Definizione del contenuto e dei limiti delle competenze spettanti alla Struttura di indirizzo, monitoraggio e controllo, istituita ai sensi dell’articolo 15 del D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (in seguito “TUSP”);
c) indicazione” del 15/06/2018 avente ad oggetto “Il contenuto degli adempimenti di cui all’art. 15, comma 4, del D. Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (in seguito “TUSP”)” (trasmissione di documentazione da parte delle società partecipate);
d) orientamento del 22/06/2018 avente ad oggetto <<la nozione di mercato regolamentato contenuta nella definizione di “società quotate” di cui all’articolo 2 del D.Lgs. 19 agosto 2016, n.175 (in seguito “TUSP”)>>;
e) orientamento del 10/06/2019 sul “rispetto del limite ai compensi degli amministratori, individuato dall’art. 11, comma 7, del D. Lgs. 19 agosto 2016, n.175”;
f) direttiva del 09/09/2019 sulla separazione contabile delle società a controllo pubblico che svolgono attività economiche protette da diritti speciali o esclusivi, insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato;
12 Manca solamente l’indicazione dei compensi dei membri degli organi di amministrazione e di controllo delle varie società partecipate, compensi che saranno comunque già oggetto di caricamento informatizzato, da parte del Comune di Rimini, nel portale del M.E.F. nell’ambito del consueto censimento annuale delle partecipazioni, peraltro pressoché contestuale al caricamento dei dati della “ricognizione 2019” e dell’eventuale conseguente “p.d.r.p. 2019”.
g) orientamento del 18/11/2019, avente ad oggetto: <<Nozione di “società a partecipazione pubblica di diritto singolare” di cui all’art. 1, comma 4, lett. a), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (in seguito “TUSP”)>>.
Nei rispettivi “p.d.r.s.” approvati (ex art.24 del D.Lgs.175/2016) in settembre 2017, molti enti locali soci di società con capitale sociale pubblico frazionato tra più soci, nessuno dei quali detentore di una quota di maggioranza, ma congiuntamente possessori di una quota almeno maggioritaria (50,01% o più), ma non “legati” tra loro da un patto parasociale scritto e vincolante, ritenendo, sulla base di un’interpretazione letterale dell’articolo 2, comma 1, lettere “m” e “b” del T.U.S.P.P.13, che non ricorresse, in capo a tali società, nessuna delle condizioni ivi prefigurate, hanno qualificato le stesse come “società partecipate”, NON come “società a controllo pubblico” (congiunto).
Con il primo orientamento del 15/02/2018, sopra indicato, la “struttura di monitoraggio e controllo” ha invece affermato che il “controllo pubblico” previsto dal T.U.S.P.P., sussiste, oltre che nel (primo) caso di “controllo monocratico” (o anche “solitario”, ovvero da parte di un unico socio detentore della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria dei soci), anche in altre due situazioni, ovvero quando:
- i soci pubblici congiuntamente tra loro detengano almeno il 50,01% del capitale sociale ed esercitino congiuntamente tra loro il controllo previsto dall’articolo 23359 c.c., anche a prescindere dall’esistenza di un coordinamento formalizzato tra essi, ovvero attraverso “comportamenti concludenti” (una sorta di “patti parasociali” non scritti), che li portano a comportarsi come un unico socio controllante;
- “in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo” (rientra in tale fattispecie anche il caso dell’influenza interdittiva attribuita alla Pubblica Amministrazione, come nell’ipotesi del patto parasociale che attribuisce al socio pubblico un potere di veto).
La struttura di monitoraggio e controllo del MEF, nel suddetto orientamento, ha addirittura sostenuto che il legislatore del D.Lgs.175/2016 abbia inteso la Pubblica Amministrazione come soggetto unitario, a prescindere dal fatto che, nelle singole fattispecie, il controllo di cui all’art.2359 c.c., faccia capo ad una singola amministrazione o a più amministrazioni cumulativamente e da qualunque altra circostanza.
L’orientamento in questione è stato impugnato di fronte al Tar del Lazio, congiuntamente, da ben nove società di gestione del servizio di trasporto pubblico locale (tra le quali anche Start Romagna s.p.a., di seguito esaminata) e dalla relativa associazione di categoria (ASSTRA) in data 13 aprile 2018 e attualmente il giudizio amministrativo di primo grado è pendente.
Infatti, anche sulla base delle argomentazioni formulate, tra luglio e dicembre 2018, da autorevoli avvocati e professori ordinari di diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Bologna14, in appositi pareri da essi rilasciati circa la qualificazione, come “società a controllo pubblico” o meno, di due distinte società a capitale interamente pubblico, ma prive di un socio di maggioranza assoluta ed anche di patti parasociali vincolanti tra i soci (rispettivamente “Rimini Congressi s.r.l.” e “Start Romagna s.p.a.”, di seguito esaminate), l’orientamento della struttura di controllo del M.E.F. appare non condivisibile per diversi motivi, in parte espressi anche nel ricorso sopra già richiamato, principalmente così sintetizzabili:
a) nel metodo:
a.1) il D.Lgs.175/2016 costituisce “norma speciale”, per diversi aspetti derogatoria delle altre disposizioni generali (in particolare di quelle del codice civile) e, quindi, di “stretta interpretazione”, non suscettibile, viceversa, di interpretazioni estensive-analogiche (come quelle proposte dal M.E.F. ed anche dalla Corte dei Conti, come di seguito indicato);
a.2) l’articolo 15 del T.U.S.P.P. attribuisce al M.E.F., ragionevolmente (nel rispetto del principio della “gerarchia delle fonti del diritto”), il potere di fornire orientamenti ed indicazioni in materia di applicazione del D.Lgs.175/2016, non anche interpretazioni “ampliate” e difformi dalla stessa, su aspetti (quali la definizione di “società a controllo pubblico”) già puntualmente e chiaramente definiti dalla norma (questa stessa considerazione vale, analogamente, per la definizione di “partecipazioni indirette” fornita dalla Corte dei Conti, di seguito riportata, e successivamente condivisa anche dal M.E.F., come di seguito indicato);
b) nel merito, a dispetto di quanto sostenuto dal M.E.F.:
b.1) l’orientamento in questione contrasta apertamente con il precedente orientamento reso dallo stesso M.E.F., in materia di assoggettamento o meno delle società a partecipazione pubblica al c.d. “split payment“: nella categoria delle “società a controllo pubblico congiunto” come ora definita dal M.E.F. rientrerebbero anche diverse società (tra le quali, a titolo esemplificativo, non esaustivo, anche “Rimini Congressi s.r.l.”) che invece lo stesso M.E.F., esprimendosi in materia di loro assoggettamento o meno al c.d. “split payment” (ex D.L.50/2017), dopo averle inizialmente qualificate come “società a controllo pubblico” (quindi tenute allo split payment), a seguito di apposite motivate indicazioni di segno opposto ricevute dalle stesse società, ha poi riqualificato, sia pure limitatamente ai fini fiscali, come “NON a controllo pubblico” (quindi NON tenute allo split payment);
b.2) lo stesso D.Lgs.175/2016 all’articolo 21, comma 3, nel disciplinare l’obbligo di riduzione (del 30%) dei compensi degli amministratori di alcune società che abbiano registrato perdite nei tre esercizi precedenti, fa riferimento alle “società a partecipazione di maggioranza, diretta o indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali …..” e non alle “società a controllo pubblico” già precedentemente definite dallo stesso decreto all’articolo 2, comma 1, lettera “m”, lasciando chiaramente intendere che le due categorie di società non coincidono tra loro;
b.3) ad oggi non pare sussistere alcun indizio del fatto che il legislatore del T.U.S.P.P. abbia inteso la Pubblica Amministrazione come soggetto unitario, a prescindere da qualunque circostanza, nemmeno nelle relazioni di accompagnamento sia alla “legge delega” che ha portato poi all’emanazione del D.Lgs.175/2016 (L.124/2015), sia allo stesso decreto;
b.4) la sola detenzione congiunta della maggioranza (50,01%) del capitale sociale (e quindi dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria) di una società di capitali non implica automaticamente l’ ”esercizio” (congiunto) dei poteri di controllo (ex art.2359 c.c.) previsto espressamente dall’articolo 2, lettera “m” del T.U.S.P.P. per configurare una situazione di “controllo pubblico congiunto”; la “coincidenza” tra la detenzione della maggioranza del capitale (e dei voti) e l’esercizio del potere di controllo potrebbe, eventualmente, verificarsi solamente qualora la suddetta detenzione maggioritaria congiunta del capitale (e dei voti) fosse accompagnata anche da un “patto parasociale” tra i medesimi soci, finalizzato ad orientare e coordinare, in modo vincolante per gli stessi, i rispettivi voti assembleari, in modo da “omogeneizzarli” e “uniformarli”; solo in questo caso potrebbe configurarsi - in termini sostanziali - la
13 In base alle disposizioni dell’articolo 2, comma 1, lettera “b” del D.Lgs.175/2016, il controllo è quello previsto dall’articolo 2359 c.c. (ovvero la situazione in cui un solo socio esercita una influenza dominante sulla società, circostanza che ricorre, sostanzialmente, quando il singolo socio detenga la maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea dei soci della società o comunque una percentuale - dei diritti dei voto assembleari - di fatto imprescindibile per l’assunzione delle deliberazioni assembleari), ma “può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime delle parti che condividono il controllo” (questa seconda tipologia di controllo costituirebbe il c.d. “controllo congiunto” - caso esemplare, anche se raro, è quello della società “Alfa”, partecipata, al 50% ciascuno, da due soli soci, “Tizio” e “Caio”, che condividono necessariamente il consenso occorrente per le deliberazioni più importanti, che richiedano oltre il 50% del capitale sociale).
14 Xxxxxxsi, rispettivamente, del prof. avv. Xxxxxxxxxx Xxxxx (per “Rimini Congressi s.r.l.”) e del prof. avv. Xxxxxx Xxxxxxxxx (per Start Romagna s.p.a.”).
“unitarietà/identità soggettiva” delle amministrazioni socie che, invece, non può essere fatta discendere dal mero dato normativo (art. 2 del D.Lgs.175/2016), né da meri “comportamenti concludenti”, come afferma la “struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F.;
b.5) anche la più recente giurisprudenza amministrativa, con le uniche quattro sentenze attualmente esistenti in materia (T.A.R. Veneto, sentenza n.363 del 05/04/2018, T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, sentenza n.245 del 06/06/2018 e Consiglio di Stato, sentenza n.578 del 13/12/2018 - tutte relative al medesimo caso concreto - T.A.R. Marche, sentenza n.69 dell’11/11/2019, relativa ad un altro caso) ha rilevato come:
b.5.1) anche ammettendo (cosa tuttora controversa in giurisprudenza) la possibile esistenza di un “controllo pubblico congiunto” da parte di una pluralità di soci, tutti aventi singole partecipazioni minoritarie, che sommate tra loro determinassero una partecipazione complessivamente maggioritaria, esso non potrebbe, comunque, essere di tipo meramente fattuale (“di fatto”), ovvero fondato su meri “comportamenti concludenti”, ma richiederebbe l’esistenza di apposito patto parasociale scritto, che vincolasse i soci nell’esercizio dei rispettivi diritti di voto. Si noti che il caso esaminato in primo grado dai due T.A.R. (Veneto e Friuli-Venezia Giulia) e, in appello, dal Consiglio di Stato, sopra indicato, riguardava una società partecipata da numerosi comuni, detentori, congiuntamente, del 90% circa del capitale sociale, che esprimevano, di fatto, orientamenti univoci, deliberando tutti nello stesso modo in seno all’assemblea dei soci della società, cosa che i due T.A.R. citati e il Consiglio di Stato non hanno ugualmente ritenuto sufficiente, in assenza di elementi formali (patti o statuti) e vincolanti, per ritenere sussistente un “controllo congiunto” di tali enti sulla società15;
b.5.2) la detenzione, congiunta, della maggioranza dei voti assembleari non coincida con il “controllo pubblico congiunto”, che richiede, invece, l’effettivo esercizio di una “influenza determinante” (dei soci controllanti) sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della società partecipata (T.A.R. Marche);
b.6) anche la più recente giurisprudenza contabile, con le uniche tre sentenze (n.16/2019 del 20/03/2019, n.17/2019 del 17/04/2019 e n.25/2019 del 05/06/2019) attualmente esistenti in materia, tutte emesse dalla Corte dei Conti, sezioni riunite, in sede giurisdizionale, in speciale composizione, ha rilevato, in modo univoco, come:
b.6.1) il TUSP, pur definendo il “controllo analogo congiunto”, non definisca, viceversa, il “controllo pubblico congiunto” (lo prefigura solamente, di fatto, come una sorta di “estensione” del “controllo pubblico civilistico” - ex art.2359 c.c. - momocratico/solitario) e
b.6.2) la sola maggioranza pubblica del capitale sociale, detenuta congiuntamente da diversi enti pubblici, ciascuno dei quali detentore di una quota di minoranza, non sia sufficiente per configurare il “controllo pubblico (congiunto)” di tali enti sulla società, se non accompagnata da accordi formalizzati (e vincolanti) tra i medesimi enti e, comunque, dall’assenza di poteri di voto determinanti (anche in termini impeditivi - di veto) per l’assunzione delle deliberazioni assembleari più importanti (strategiche) in capo ad eventuali soci privati;
b.6.3) la situazione di controllo da parte di amministrazioni pubbliche non possa essere presunta in presenza di comportamenti univoci e concludenti, ma debba risultare esclusivamente da norme di legge, statutarie o da patti parasociali che, richiedendo il consenso unanime di tutte le pubbliche amministrazioni partecipanti, siano in grado di incidere sulle decisioni finanziarie e strategiche della società; tanto più che “sotto il profilo normativo, nessuna disposizione prevede espressamente che gli enti detentori di partecipazioni debbano provvedere alla gestione delle partecipazioni in modo associato e congiunto: l’interesse pubblico che le stesse sono tenute a perseguire, infatti, non è necessariamente compromesso dall’adozione di differenti scelte gestionali o strategiche che ben possono far capo a ciascun socio pubblico in relazione agli interessi locali di cui sono esponenziali”;
b.7) anche il Consiglio Nazionale del Notariato, in apposito studio (n.228-2017/I, “Considerazioni in tema di controllo, controllo congiunto e controllo analogo nella disciplina del TUSP”, approvato dalla Commissione Studi d’Impresa il 05/10/2017 e dal CNN il 26-27/10/2017) ha confermato che non sia possibile comprendere nel novero delle “società a controllo pubblico” quelle che, pur interamente partecipate da enti pubblici, presentino, tuttavia, una assetto proprietario e in particolar modo di governo così frammentato e talvolta instabile (in assenza di patti parasociali o di accordi formali) da non consentire l’individuazione di un centro di controllo (quello che la giurisprudenza “commerciale” ha spesso definito come “nucleo stabile di controllo”);
b.8) anche l’ “osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali” istituito presso il Ministero dell’interno, con apposito <<atto di indirizzo ex art. 154, comma 2, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, sulla precisazione della definizione di “società a controllo pubblico” ai sensi e per gli effetti di cui al testo unico in materia di società a partecipazione pubblica approvato con decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175>> del 12/07/2019, dopo aver riepilogato, in sintesi, le diverse e contrastanti posizioni espresse dai vari soggetti (struttura di monitoraggio del M.E.F., Corte dei Conti - sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, Corte dei Conti - sezioni riunite in sede di controllo), ha sostanzialmente contestato la presunzione del “controllo pubblico” (congiunto) discendente dalla sola maggioranza pubblica (congiunta) del capitale sociale accompagnata da “fatti concludenti” e, evidenziando l’urgenza di rimuovere l’incertezza qualificatoria sul punto, con un provvedimento legislativo, ha, viceversa, sostenuto che “Allo stato, dunque, il combinato disposto di cui all’art. 2, comma 1, lett. b) e m) del Testo unico permette di ricondurre una società nel perimetro delle “società a controllo pubblico” allorché:
• una amministrazione pubblica dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria della società, ovvero dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria della società, ovvero esercita un’influenza dominante sulla società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa; ovvero anche quando in virtù di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale sia richiesto anche il consenso di tale amministrazione pubblica;
• più amministrazioni pubbliche, in virtù di un coordinamento formalizzato in forza di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, dispongono congiuntamente della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria della società, ovvero dispongono di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria della società, ovvero esercitano un’influenza dominante
15 Su questo aspetto pare quantomeno “originale” la lettura data, alla sentenza del Consiglio di Stato, dal M.E.F., nel “Rapporto sugli esiti della revisione straordinaria delle partecipazioni pubbliche” del maggio 2019, nel quale il M.E.F., dopo aver affermato “(a pagina 54) che
<<L’orientamento adottato dalla Struttura (quello del 15/02/2018) esclude che da una partecipazione maggioritaria al capitale sociale da parte di più pubbliche amministrazioni possa automaticamente inferirsi la natura di “società a controllo pubblico” e richiede, al contrario, in tale ipotesi la verifica dell’effettivo esercizio, da parte dei soci pubblici, del controllo sulla società>>, sostiene, però (a pagina 56), usando una “originale” doppia negazione (“non sembra che. …non possa desumersi che…”), che l’affermazione (espressamente contraria alla tesi del M.E.F.) fatta dal Consiglio di Stato nella propria sentenza n.578/2018 (in sintesi: per assicurare il controllo pubblico “è necessaria la presenza di strumenti negoziali - ad es. xxxxx parasociali - che possano dar modo alle amministrazioni pubbliche di coordinare e dunque rinforzare la loro azione collettiva….”) “non sembra tuttavia condurre alla conclusione che, pur nel contesto di quote di partecipazione di minima entità (“pulviscolari”, nella definizione del Consiglio di Stato), in presenza di “comportamenti concludenti” riscontrabili in sede di approvazione delle principali delibere assembleari da parte delle amministrazioni socie, non possa desumersi in concreto l’esercizio di una, ancorché discutibile, nelle modalità, forma di controllo pubblico congiunto>>: come se i “comportamenti concludenti” delle pubbliche amministrazioni socie potessero costituire gli “strumenti negoziali” ipotizzati dal Consiglio di Stato!
sulla società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa; ovvero anche quando per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale sia richiesto anche il consenso unanime di tali amministrazioni pubbliche in virtù di norme di legge o statutarie o di patti parasociali (laddove per consenso unanime si intende l’espressione di una volontà collettiva unitaria, vincolante anche per le amministrazioni che abbiano espresso un dissenso minoritario);
sempre che non sussista l’influenza dominante del socio privato, anche unitamente ad alcune o tutte le amministrazioni socie”;
b.9) la definizione di controllo recata dal T.U.S.P.P. pare perfettamente coerente anche con orientamenti non giurisdizionali, ma comunque qualificati, che non ritengono esistente un controllo congiunto in assenza di formalizzazioni ed in particolare con il principio contabile internazionale (IFRS) n.11, secondo cui “Il controllo congiunto è la condivisione, su base contrattuale, del controllo di un accordo, che esiste unicamente quando per le decisioni relative alle attività rilevanti è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo” (si noti che queste ultime parole sono esattamente le stesse usate dall’articolo 2, comma 1, lettera b, del T.U.S.P.P., quasi a suggerire che il legislatore del TUSP abbia “copiato” la definizione del principio contabile in questione, modificandola in parte minima - sopprimendo il riferimento alla “condivisione su base contrattuale” - ma comunque determinante, rendendola concretamente inapplicabile);
b.10) la imprescindibilità (risultante dal chiaro disposto dell’art. 2, comma 1, lett. “b”, secondo periodo del D.Lgs.175/2016) di un accordo/patto avente forma scritta che impegni in modo vincolante tra loro i soci (nell’eventuale loro “controllo congiunto” su una società da essi partecipata) già chiara nel caso di soci privati, è ancora più evidente nel caso di soci pubblici (enti locali), che possono esprimere la propria volontà solo nelle forme (scritte) previste dalla legge, che, peraltro, proprio all’art.9, comma 5, del D.Lgs.175/2016, prevede che la conclusione, la modificazione e lo scioglimento di xxxxx parasociali siano espressamente deliberati dall’organo consigliare, confermando, quindi, l’impossibilità che gli stessi possano sussistere anche solamente per meri “comportamenti concludenti”;
b.11) anche l’A.N.A.C., al fine dell’individuazione del proprio “campo di azione” (di vigilanza) nelle “materie” della “prevenzione della corruzione” (L.190/2012) e soprattutto della “trasparenza” (D.Lgs.33/2013), a fronte della grande incertezza e difficoltà operativa generata dalla definizione di “società a controllo pubblico” (congiunto) data dall’orientamento M.E.F. sopra indicato e dai successivi discordanti pareri/sentenze sopra richiamati, ha ritenuto di formulare un proprio “parere” in merito, stabilendo, con propria delibera n.859 del 25/09/2019, che, limitatamente ai propri fini (di “vigilanza”), la maggioranza pubblica (complessiva) del capitale sociale sia “indice” (presuntivo) del “controllo pubblico”, fatta salva, da parte della società, la prova contraria, consistente nella dimostrazione della sussistenza dei due fondamentali requisiti “aggiuntivi” ed imprescindibili in tal senso, individuati dalla giurisprudenza contabile, sopra già indicati: mancanza di accordi formalizzati (e vincolanti) tra i soci pubblici (detentori, congiuntamente, della maggioranza del capitale) e/o sussistenza di un potere di voto determinante in capo ad un socio privato.
Per completezza va anche rilevato che, ad oggi, l’unico “orientamento” di segno diverso e contrario, rispetto ai sei orientamenti giurisprudenziali attualmente esistenti (tre amministrativi e tre contabili) sopra indicati e a tutte le considerazioni sopra svolte, è quello espresso - non nell’ambito di un giudizio, ma in risposta ad un quesito formulatole dalla Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per l’Umbria - dalla Corte dei Conti, sezioni riunite in sede di controllo, con la delibera n.11/SSRRCO/QMIG/19 del 20/06/2019, in cui la Corte ha affermato, peraltro senza quasi motivarlo, né argomentarlo, che la semplice maggioranza pubblica (congiunta) del capitale sociale implica l’esistenza del “controllo pubblico” (congiunto), sostenendo addirittura che “nel caso di società a maggioranza o integralmente pubbliche, gli enti pubblici hanno l’obbligo di attuare e formalizzare misure e strumenti coordinati di controllo (mediante stipula di appositi patti parasociali e/o modificando clausole statutarie) atti ad esercitare un’influenza dominante sulla società”, mentre ad oggi, non esiste, invece, alcuna norma di legge che imponga tale obbligo, come espressamente chiarito dalla “Corte dei Conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale, in speciale composizione” e già evidenziato al precedente punto “b.6.3”.
Va inoltre segnalato che gli “orientamenti” (e le “indicazioni”) della “struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F. - ivi incluso quello del 15/02/2018, qui in discussione - rappresentano, come indica la loro stessa denominazione, “orientamenti” o “indicazioni”, ovvero atti che non hanno carattere vincolante e dai quali è possibile discostarsi, con “motivazione aggravata” (alias “rafforzata”), come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa (tra le tante T.A.R. Lombardia, sez. II, sentenza n.1700 del 23/09/2016), sia pure con riferimento ad altro potere di indirizzo.
Pertanto, per tutte le “motivazioni aggravate” sopra evidenziate, nelle more del giudizio amministrativo pendente sull’orientamento della “struttura di controllo” del M.E.F. sopra indicato - che, per quanto chiarito nel prosieguo del presente paragrafo, rappresenta il “documento” più autorevole ed importante ai fini della individuazione delle “società a controllo pubblico” - si conferma la validità e l’attualità dell’interpretazione della definizione di “società a controllo pubblico” (congiunto) già adottata nella precedente “proposta di p.d.r.s. 2017” del settembre 2017 e nella precedente “proposta di p.d.r.p. 2018” del dicembre 2018, in base alla quale società con capitale pubblico complessivamente maggioritario (almeno 50,01%) o totalitario (100%), ma prive di soci di maggioranza assoluta (o comunque titolari di un “diritto di veto” assembleare) e di xxxxx xxxxxxxxxxx scritti e “vincolanti” (nell’uniformare i loro voti) tra i relativi soci (come “Rimini Congressi s.r.l.” e “Start Romagna s.p.a.”, di seguito analiticamente esaminate), NON rientrano in tale tipologia di società. Tale interpretazione, oltre che dalla ragionevolezza, è ispirata anche dal principio di economicità dell’azione amministrativa, che induce l’ente - quanto meno fino a quando la questione non sarà stata giudizialmente definitivamente accertata - a non aderire ad una interpretazione, non condivisa, che comporterebbe, per l’ente stesso e per le società in questione, ulteriori “oneri” (a titolo esemplificativo, non esaustivo, di attribuzione di “indirizzi sul complesso delle spese di funzionamento”, di adozione di “specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale”, di adozione di specifiche modifiche statutarie, ecc.).
* * *
Con il secondo orientamento sopra indicato, invece, la “Struttura di monitoraggio e controllo” ha definito puntualmente il proprio ruolo, chiarendo quanto segue: “E’ compito della Struttura verificare la rispondenza dei piani di razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche presentati dalle Amministrazioni ai criteri indicati nel TUSP, utilizzando le informazioni e i dati raccolti nella banca dati “Partecipazioni”, condivisa con la Corte dei conti.
Parallelamente, la Struttura monitora l’effettiva attuazione delle misure di razionalizzazione indicate nei suddetti piani, quali alienazione, fusione, messa in liquidazione della società.
Nelle ipotesi di rilevata incongruenza o inadeguatezza delle informazioni presenti nella citata banca dati, questa Struttura potrà anche richiedere, compatibilmente con le esigenze della programmazione definita in base alle Linee Guida per lo svolgimento dell’attività ispettiva dei S.I.Fi.P., l’attivazione da parte del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato dei poteri ispettivi, secondo quanto previsto dall’art. 15, comma 5, del TUSP.”
In base a quanto sopra indicato, l’individuazione della corretta interpretazione delle disposizioni eventualmente dubbie del T.U.S.P.P. e la verifica della loro corretta applicazione o, viceversa, la constatazione di eventuali errate interpretazioni e/o applicazioni e/o addirittura di eventuali violazioni delle stesse, sembrerebbero spettare - anche in considerazione del fatto che il D.Lgs.175/2016 costituisce “norma speciale”, di stretta
interpretazione, non suscettibile, quindi, di alcuna interpretazione estensiva-analogica - unicamente alla suddetta “struttura di monitoraggio e controllo”, mentre alla Corte dei Conti parrebbe invece competere, nell’ambito del suo ruolo istituzionale di “presidio della corretta gestione amministrativa e contabile” degli enti locali, la rilevazione di eventuali profili di danno erariale (“spreco di risorse pubbliche”) conseguenti ad eventuali violazioni di norme, preventivamente rilevate come tali, ovvero come “violazioni”, dalla suddetta “struttura di monitoraggio e controllo” (non dalla Corte stessa)16.
Tuttavia, nonostante quanto appena evidenziato, anche a fronte delle importanti e crescenti criticità generate, negli ultimi anni, sugli equilibri economico-finanziari degli enti locali, dalle rispettive società partecipate, le varie sezioni della Corte dei Conti (in particolare le varie sezioni regionali di controllo e la sezione autonomie) hanno spesso fornito proprie autonome interpretazioni delle disposizioni di legge vigenti in materia di “partecipazioni societarie pubbliche”, alcune volte anche introducendo, a carico degli enti locali, ulteriori obblighi (ad esempio di utilizzo di determinati modelli, di trasmissione di elementi/dati o di dimostrazione di circostanze) aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti dalle norme di legge vigenti e talvolta non “in linea” con esse, ma, soprattutto, proprio a causa di tali autonome interpretazioni, rilevando, spesso, il mancato rispetto, da parte degli enti locali, di obblighi che in realtà la norma non poneva e, conseguentemente, richiamandoli al rispetto degli stessi.
Questo si è verificato con riferimento all’interpretazione e all’applicazione sia delle disposizioni dell’art.1 commi 611 e seguenti, della L.190/2014 e quindi al “piano operativo di razionalizzazione” del marzo 2015, sia di quelle del D.Lgs.175/2016 e quindi al “piano di revisione straordinaria” del settembre 2017, con risvolti (auspicati e stimolati dalla Corte) anche sul successivo “piano di razionalizzazione periodica” 2018.
Infatti, a titolo esemplificativo, non esaustivo, nel proprio “piano operativo di razionalizzazione” del marzo 2015, il Comune di Rimini, in assenza di una specifica indicazione di legge su tale aspetto, aveva adottato, come ambito di riferimento del “piano” (e quindi vi aveva inserito), tutte le partecipazioni societarie dirette (a prescindere dalla quota di partecipazione al capitale sociale) e tutte le “partecipazioni indirette” che, a prescindere dal numero delle partecipazioni intermedie nelle società “tramite”, fossero caratterizzate dal “controllo” ex art.2359 c.c. del Comune sulla società finale. Tale scelta era stata fatta ed espressamente motivata sulla base di una valutazione “di ragionevolezza”: la detenzione, da parte del Comune, di una partecipazione diretta, NON di controllo, in una società “A”, che a sua volta ne controllava un’altra - “B” - non avrebbe consentito al Comune nessun reale potere di indirizzo delle “decisioni di razionalizzazione” della società “A” nei confronti della società indiretta “B”, quindi sarebbe stato inutile prefigurare l’eventuale razionalizzazione di “B”. Tale valutazione non era stata però condivisa ed anzi era stata più volte contestata (non solo al Comune di Rimini, ma anche ad altri enti locali che l’avevano adottata in modo analogo), nei mesi successivi, dalla Corte dei Conti, sezione regionale di Controllo per l’Xxxxxx-Romagna, che riteneva, invece, che - pur nella carenza normativa già esposta - sussistesse l’obbligo di sottoporre a razionalizzazione anche le società partecipate indirettamente, attraverso partecipazioni dirette NON di controllo - quali, ad esempio, nel caso specifico del Comune di Rimini, le società partecipate da “Hera s.p.a.” e da “Rimini Fiera s.p.a.”.
Le successive disposizioni del T.U.S.S.P. hanno poi indirettamente confermato, sia pure solamente a posteriori, la correttezza della scelta operata dal Comune di Rimini e contestata dalla Corte dei Conti, stabilendo il fatto che le “partecipazioni societarie indirette” (quindi da includere nel “piano di revisione straordinaria” e - ragionevolmente, a fronte della carenza normativa sopra evidenziata, che avrebbero dovuto essere incluse anche nel precedente “piano operativo di razionalizzazione”) erano solo quelle detenute dall’ente attraverso partecipazioni “intermedie” di controllo, non attraverso tutte le partecipazioni “intermedie”, come sostenuto dalla Corte. Su questo aspetto, va rilevato che la Corte, successivamente, pare aver cambiato il proprio orientamento ed essersi di fatto adeguata alla sopravvenuta disposizione del T.U.S.P.P. - coerente con la precedente scelta del Comune - tanto che, nel novembre 2018, nell’esame del “p.d.r.s. 2017” dell’ente, nel quale tale scelta era stata riconfermata, non l’ha più contestata, anche se ha poi dato una diversa interpretazione delle definizioni di “partecipazioni indirette” e di “società a controllo pubblico” sancite dal D.Lgs.175/2016, contestando quindi, nuovamente, l’ “ambito di riferimento” (“perimetro oggettivo”) del “piano” del Comune, ma sotto altri e diversi aspetti (rispetto a quelli precedenti): in sostanza ha implicitamente accettato che le “partecipazioni societarie indirette” - da includere nel “piano” - fossero solo quelle detenute attraverso partecipazioni societarie dirette, “intermedie”, “di controllo” (come da sempre sostenuto dal Comune di Rimini e da numerosi altri enti), ma ha poi “ampliato” l’interpretazione della definizione sia di “società a controllo pubblico”, sia di “partecipazione societaria indiretta”, come di seguito dettagliatamente indicato (punti 5 e 6).
Infatti, in relazione alle disposizioni del T.U.S.P.P., e, conseguentemente, alla predisposizione del “piano di revisione straordinaria”, a titolo esemplificativo, non esaustivo, la Corte dei Conti ha formulato le prescrizioni di seguito riportate ed analizzate.
Nelle sopra già indicate “Linee guida Corte dei Conti 2017” (del 19/07/2017), la Corte dei Conti, sezione autonomie:
1) ha prescritto agli enti locali di predisporre il “p.d.r.s. 2017” utilizzando obbligatoriamente un modello standard dell’atto di ricognizione e relativi esiti - da allegare alle deliberazioni consiliari degli enti, da essa predisposto (non previsto dalla norma, ma di fatto adottato dalla quasi totalità degli enti tenuti alla predisposizione del piano, incluso il Comune di Rimini, in aderenza alla prescrizione della Corte);
16 Si noti che l’articolo 20, comma 3, del D.Lgs.175/2016 sancisce testualmente che: “Il provvedimento di ricognizione è inviato alla sezione della Corte dei Conti competente ai sensi dell’articolo 5, comma 4, nonché alla struttura di cui all’articolo 5, perché verifichi il puntuale adempimento degli obblighi di cui al presente articolo”, usando il verbo al singolare (“verifichi”), non al plurale (“verifichino”) e attribuendo quindi il compito di verificare il puntuale adempimento delle disposizioni dell’articolo 24 solamente alla “struttura” (“di monitoraggio e controllo”) di cui all’articolo 15, non anche alla Corte dei Conti. Inoltre, poiché, come già detto, gli scopi della “norma speciale” (di “stretta interpretazione”, non suscettibile, viceversa, di interpretazione estensiva-analogica) in questione (D.Lgs.175/2016) attengono unicamente alla “efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, alla tutela e alla promozione della concorrenza e del mercato, nonché alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica” e non alla “garanzia della regolarità della gestione finanziaria dell’ente”, non pare che l’eventuale violazione delle disposizioni del T.U.S.P.P. possa rientrare nelle disposizioni dell’art.148-bis del D.Lgs.267/2000, che invece attribuiscono alla Corte dei Conti, sezione regionale di controllo, poteri di controllo molto pervasivi, con connessi poteri di impartire “prescrizioni vincolanti” agli enti locali per i quali, nella predisposizione dei rispettivi bilanci preventivi e/o rendiconti consuntivi, si fossero verificati “squilibri economico-finanziari, mancata copertura di spese o violazione delle norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria”. Tali situazioni potrebbero ricorrere, ad esempio, qualora l’ente, nel proprio bilancio (preventivo e/o consuntivo), omettesse di tener conto dei riflessi (economici, patrimoniali e/o finanziari) generati e/o generabili su di esso dagli organismi da esso partecipati, omissione che, però, sarebbe ben diversa dall’eventuale (anche erronea) mancata considerazione di tali organismi all’interno della ricognizione propedeutica al “piano di razionalizzazione periodica” qui in oggetto e che, peraltro, non discenderebbe da questa: infatti, il mancato inserimento, nella “ricognizione periodica”, propedeutica all’eventuale “piano di razionalizzazione periodica”, di una società “partecipata indirettamente”, non implica automaticamente la mancata considerazione dei riflessi da essa generati e/o generabili sul bilancio dell’ente socio; ad esempio non impedisce di adottare i provvedimenti di “circolarizzazione” dei crediti/debiti esistenti tra l’ente e la società e di registrarne gli esiti sul bilancio dell’ente, né comporta, quindi, una “irregolarità della gestione finanziaria” dell’ente stesso, proprio perché la “regolarità della gestione finanziaria” (alias <<la corretta applicazione delle regole “finanziarie”>>), affidata al presidio della Corte dei Conti, non coincide con la “razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica” (ovvero con “l’impiego ottimale - efficace ed efficiente, quindi senza sprechi - delle risorse pubbliche”, perseguito dal T.U.S.P.P.).
2) ha prescritto che, nel modello (di piano) standard sopra indicato, l’ente indicasse, oltre ai dati già imposti dalla norma, anche i termini temporali di attuazione delle azioni di revisione straordinaria prefigurate dal piano e i previsti risparmi di spesa attesi dall’attuazione di tali azioni (obbligo non previsto dal D.Lgs.175/2016 per il “piano di revisione straordinaria”, ma - peraltro limitatamente ai tempi - solamente per quello, successivo, di “razionalizzazione periodica”, ma comunque adempiuto dal Comune di Rimini, in aderenza a quanto prescritto dalla Corte);
3) ha prescritto che la ricognizione del “p.d.r.s. 2017” fosse estesa anche alle società quotate17, a dispetto di quanto stabilito dall’articolo 1, comma 5, del D.Lgs.175/2016, che invece - come confermato anche dalle sopra già indicate “istruzioni MEF 2017”18 - stabiliva (e stabilisce) chiaramente che le disposizioni del D.Lgs.175/2016 si applicavano (e si applicano) alle società quotate in borsa (chiaramente definite all’articolo 2, comma 1, lettera “p” del medesimo decreto) “solo se espressamente previsto” e, quindi, del fatto che, poiché l’articolo 24 - del medesimo decreto - relativo alla revisione straordinaria (così, come, peraltro, la quasi totalità degli altri articoli del decreto, ivi incluso l’articolo 20, relativo alla “razionalizzazione periodica”) non lo prevede, le società quotate in borsa NON rientravano nell’ambito di riferimento della ricognizione in questione e dell’eventuale conseguente piano di revisione straordinaria, così come, peraltro, in quello dei successivi “piani di razionalizzazione periodica” (per questo motivo questa prescrizione non è stata adempiuta dal Comune di Rimini, che non ha inserito, nel proprio “p.d.r.s. 2017”, la partecipazione detenuta nella società quotata “Hera s.p.a.”; tale mancato inserimento, replicato anche nel successivo “p.d.r.p. 2018”, non è stato contestato dalla Corte - come invece aveva fatto in precedenza, in occasione del mancato inserimento della medesima partecipazione nel precedente “p.o.r. 2015” del 31/03/2015 - e questo parrebbe indicare che la Corte abbia forse successivamente modificato il proprio convincimento su questo tema, allineandosi a quello del M.E.F., sopra già richiamato);
4) ha prescritto (“Linee guida Corte dei Conti 2017”, paragrafo 3) che, in caso di mantenimento di una partecipazione in una società che erogava “servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica”, l’ente partecipante dovesse “dimostrare che non erano necessarie operazioni di aggregazione con altre società operanti nello stesso settore e che la società svolgeva servizi non compresi tra quelli da affidare per il tramite dell’ente di governo d’ambito”, senza chiarire, peraltro, da dove traesse origine tale obbligo, non previsto dalla norma, ma autonomamente introdotto dalla Corte e che il Comune di Rimini ha sostanzialmente rispettato per la prima parte - indicando, per tali società, che non erano necessarie le aggregazioni in questione - ma non per la seconda, che era di fatto impossibile rispettare, in quanto tutte le società erogatrici di “servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica” partecipate dall’ente, proprio per il tipo di servizio erogato, operavano in settori - quali quello idrico e del trasporto pubblico locale - regolamentati dai rispettivi enti di governo d’ambito. infatti i c.d. “servizi pubblici locali (a rilevanza economica) a rete”, sono servizi pubblici organizzati tramite collegamenti strutturali (a titolo esemplificativo, non esaustivo, le tubature dell’acqua o del gas) e/o funzionali (a titolo esemplificativo, non esaustivo, i vari cassonetti per la raccolta dei rifiuti, oppure le varie fermate dell’autobus sparse sul territorio o la linea elettrica filoviaria) fra le diverse sedi di produzione del bene o di svolgimento della prestazione oggetto del servizio, relativamente ai quali la normativa interna (art.3 bis del D.L.138/2011, convertito in L.148/2011) ha stabilito che, al fine di stimolarne l’economicità attraverso il conseguimento di economie di scala, essi siano obbligatoriamente erogati in ambiti territoriali minimi (A.TE.M.) o “ambiti territoriali ottimali” (A.T.O), di dimensione sovra-comunale, almeno provinciale, se non, addirittura, regionale (questo significa che in ogni ambito territoriale deve esistere un unico gestore di quel servizio, che lo eroga nell’intero ambito) e che siano obbligatoriamente affidati e regolati non dai singoli comuni (che in pratica non hanno quasi più alcuna competenza diretta in materia), ma da autorità sovra-comunali istituite dalle regioni o, nel solo caso del servizio del gas, da un comune capofila, ma su delega ed in nome e per conto degli altri comuni appartenenti al medesimo ambito territoriale. L’individuazione dei vari ambiti territoriali ottimali di erogazione del servizio, poi - con la sola eccezione del settore della distribuzione del gas, nel quale è stata effettuata a livello centrale, dallo stato, con apposita norma - per gli altri servizi (acqua, rifiuti e trasporto) è stata demandata alle singole regioni per i rispettivi territori.
In sede di riscontro dei “p.d.r.s. 2017”, la Corte dei Conti, attraverso le diverse proprie “sezioni regionali di controllo” (inclusa quella per l’Xxxxxx- Romagna):
5) ha qualificato come “società a controllo pubblico congiunto” tutte le società con capitale pubblico complessivamente maggioritario (almeno 50,01%) o totalitario (100%), anche se prive di soci di maggioranza assoluta e di patti parasociali tra i relativi soci pubblici, in linea con l’orientamento del 15/02/2018 della “struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F. (qualificazione non condivisibile per le motivazioni sopra già evidenziate), invitando gli enti soci ad assumere le iniziative del caso (ad esempio stipulando appositi patti parasociali) allo scopo di rendere coerente la situazione giuridica formale con quella desumibile dai comportamenti concludenti posti in essere dai soci pubblici (prima ipotesi), o, in mancanza di tali comportamenti, allo scopo di valorizzare pienamente la partecipazione pubblica in essere” (seconda ipotesi);
6) ha qualificato come “partecipazione indiretta” quella detenuta attraverso organismi o società “controllati” anche congiuntamente (non solamente monocraticamente), a dispetto della definizione di “partecipazioni indirette” prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera “g” del D.Lgs. 175/2016 che, invece, qualifica come tale solamente “la partecipazione in una società detenuta da un’amministrazione pubblica per il tramite di società o altri organismi soggetti a controllo da parte della medesima amministrazione pubblica”, senza alcun riferimento al più ampio controllo congiunto, definito dalla precedente lettera “b” del medesimo articolo e comma, riferimento che pure, se il legislatore lo avesse voluto, sarebbe stato facilmente esplicitabile (ad esempio stabilendo “ per il tramite di società o altri organismi soggetti a controllo ai
sensi della precedente lettera “b” del presente comma”, oppure “ per il tramite di società o altri organismi soggetti a controllo da parte
della medesima amministrazione, anche congiuntamente con altre”) e, nel merito, senza considerare il fatto che la differente qualificazione stabilita dalla norma (in base alla quale sono, invece, “partecipazioni indirette” solo quelle detenute da società in controllo pubblico monocratico - non anche congiunto) potrebbe derivare, verosimilmente e ragionevolmente, non da un “difetto di coordinamento” tra le definizioni, ma dall’intento del legislatore di disciplinare diversamente fattispecie giuridiche tra loro diverse di “società a partecipazione pubblica”, “graduando” (proporzionando) gli obblighi (di “ricognizione e, eventualmente, di revisione/razionalizzazione) a carico degli pubblici soci in funzione (e in proporzione) al controllo da essi esercitato - o anche solo esercitabile - su di esse; in sostanza, l’aderenza all’interpretazione letterale della definizione in questione (che, come detto, esclude dalle “società partecipate indirettamente” quelle partecipate attraverso società intermedie - “tramite” - controllate solamente congiuntamente - non monocraticamente) non deriva da un intento “elusivo” degli enti pubblici soci (finalizzato a sottrarre tali società alla più stringente disciplina prevista dal T.U.S.P.P. per le “società a controllo pubblico”), ma dalla considerazione - verosimilmente e ragionevolmente nota anche al legislatore - della grandissima difficoltà, se non addirittura impossibilità concreta, per un ente pubblico detentore di una quota minoritaria del capitale sociale di una società partecipata direttamente (società “tramite”, A), sia pure in “controllo pubblico congiunto” insieme a numerosi altri enti, di prevedere azioni di “revisione straordinaria” o di “razionalizzazione periodica” di una società (B) partecipata, magari in misura minoritaria, dalla società “tramite” (A) partecipata direttamente; la previsione e conseguente attuazione di tali azioni, infatti, sarebbe concretamente possibile solamente se i vari soci che congiuntamente controllano la società intermedia “A” riuscissero ad accordarsi tra loro in tal senso, cosa che, evidentemente, non
17 Alla pagina 4, della deliberazione n.19 del 19.07.2017, la Corte affermava: “Per quanto occorra, va sottolineata l’obbligatorietà della ricognizione delle partecipazione detenute (la legge usa l’avverbio “tutte” per indicare anche quelle di minima entità e finanche la partecipazioni in società quotate), sicché la ricognizione è sempre necessaria, anche per attestare l’assenza di partecipazioni”.
18 Si veda in tal senso il paragrafo 4.1, 4° capoverso, in cui il M.E.F. affermava che “Le società quotate sono individuate da una spunta gialla in quanto queste società non rientrano nei piani di revisione straordinaria me per esse devono essere, comunque, compilate alcune sezioni della scheda (n.d.r.: si trattava della scheda di comunicazione dei dati del piano al MEF, non del Piano) ai fini della loro ricognizione”.
sempre risulta possibile19; inoltre, nel riscontro del “p.d.r.s. 2017” del Comune di Rimini, sopra già richiamato, la sezione regionale di controllo per l’Xxxxxx-Romagna, dopo aver dimostrato consapevolezza delle argomentazioni svolte dall’ente a supporto della scelta fatta (considerare “partecipazioni indirette” solo quelle detenute da società in controllo pubblico monocratico - non anche congiunto), ha “contestato” tale scelta, ma limitandosi a riproporre il suo diverso convincimento, senza però motivarlo in alcun modo20; peraltro l’interpretazione letterale adottata dagli enti locali è perfettamente coerente con il fatto, sopra già evidenziato (cfr. il precedente punto “a.1”), che il D.Lgs.175/2016 costituisce “norma speciale”, per diversi aspetti derogatoria delle altre disposizioni generali (in particolare di quelle del codice civile) e, quindi, di “stretta interpretazione”, non suscettibile, viceversa, di interpretazioni estensive-analogiche (come quella proposta, in relazione alle “partecipazioni indirette”, dalla Corte dei Conti e successivamente condivisa anche dal M.E.F. nelle nuove “linee guida M.E.F. - Corte dei Conti 2018” di seguito indicate);
7) ha prescritto l’inserimento, negli statuti delle “società a controllo pubblico”, delle disposizioni - concernenti l’organo amministrativo - dell’articolo 11, commi 2 e 321, nonostante le disposizioni in questione (peraltro, nella maggior parte dei casi - nella quasi totalità per quanto riguarda il Comune di Rimini - già integralmente rispettate, nel merito, dalle società in questione) non rientrino tra quelle che il D.Lgs. 175/2016 ha espressamente ed analiticamente imposto di inserire (non solamente di rispettare) negli statuti delle “società a controllo pubblico”, indicandole espressamente all’articolo 11, comma 9, lettere “a”, “b”, “c” e “d”; a conferma del fatto che, quando il legislatore del
T.U.S.P.P. ha voluto imporre l’obbligo di inserire un’apposita disposizione di legge negli statuti delle società lo ha fatto espressamente e che, viceversa, quando non lo ha fatto ha agito così “volutamente”22, basta considerare il fatto che il testo iniziale dell’articolo 16, comma 3, del D.Lgs.175/2016 (in vigore dal 23/09/2016 fino al 26/06/2017) disponeva l’obbligo, per le società “in house”, di inserire nei rispettivi statuti la duplice previsione che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato fosse effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci (primo vincolo) e che la produzione ulteriore rispetto a tale limite di fatturato - che poteva essere rivolta anche a finalità diverse - fosse consentita solo a condizione che la stessa permettesse di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società (secondo vincolo), mentre, poi, successivamente, il D.Lgs.100/2017, in vigore dal 27/06/2017, ha soppresso la seconda parte della disposizione in questione ed ha spostato il secondo vincolo in un nuovo e distinto comma “3-bis” del medesimo articolo 16, comma che ora (dal 27/06/2017, data di entrata in vigore del D.Lgs.100/2017) impone ancora alle società in house il rispetto del 2° vincolo, ma non più l’obbligo di trasfonderlo in statuto; in pratica, ora le società in house devono inserire il primo vincolo in statuto (e, ovviamente, rispettarlo) e rispettare il secondo vincolo, senza più necessità di inserirlo in statuto, analogamente a quanto previsto dal medesimo D.Lgs.175/2016 per diversi altri obblighi ivi imposti, tra i quali quelli dell’articolo 11, commi 2 e 3; si noti, peraltro, che l’inserimento delle clausole statutarie in questione, dovendo essere approvato, per legge, da parte di un’assemblea dei soci alla presenza di un notaio, avrebbe anche un costo, che le società sosterrebbero solamente per aderire alla prescrizione in questione;
8) ha manifestato l’opportunità (non la necessità) che l’ente acquisisse il parere del proprio organo di revisione “con riferimento alla coerenza degli atti di razionalizzazione previsti rispetto al D.Lgs.175/2016”, nonostante il rilascio di pareri di questo tipo non rientri nel preciso novero delle competenze assegnate all’organo di revisione dell’ente dall’articolo 239 del D.Lgs.267/200023 - nemmeno nell’ambito della pur ampia funzione di “collaborazione con l’organo consigliare, secondo le modalità dello statuto e del regolamento”24 ivi prevista - in quanto rientra già, espressamente, nei compiti assegnati dall’art.97, comma 2, del D.Lgs.18.08.2000, n.26725 al segretario generale dell’ente (che, infatti, nel caso specifico del Comune di Rimini, anche in adempimento alle disposizioni dell’art.5, comma 3, del vigente “regolamento sui controlli interni” dell’ente, è tenuto a rilasciare apposito “parere di legittimità” su ogni proposta di deliberazione che sia sottoposta alla Giunta o al Consiglio Comunale e, quindi, anche sulle proposte deliberative di Consiglio Comunale di approvazione dei precedenti “p.d.r.s. 2017” e “p.d.r.p. 2018” - già adottate con parere favorevole del segretario generale - e di approvazione dell’odierno “p.d.r.p. 2019”) e nonostante il “p.d.r.s. 2017” ed il
19 Lo stesso M.E.F., nelle “linee guida M.E.F. - Corte dei Conti 2018” di seguito indicate, al paragrafo 3.1 (“partecipazioni oggetto della razionalizzazione periodica”), con riferimento alle "società partecipate indirettamente” - nella accezione da esso sostenuta - si dimostra “consapevole” della imprescindibilità di un “coordinamento” tra i soci della “società a controllo pubblico congiunto” intermedia (“tramite”) nel formulare un indirizzo unitario relativamente alla “razionalizzazione” della società “partecipata indiretta”, affermando testualmente che <<…..in considerazione del fatto che la “tramite” è controllata da più enti, ai fini dell’analisi della partecipazione e dell’eventuale individuazione delle misure di razionalizzazione da adottare ai sensi dell’art. 20 del TUSP, le Amministrazioni che controllano la società “tramite” sono invitate a utilizzare opportune modalità di coordinamento (tra queste, ad esempio, la conferenza di servizi) per determinare una linea di indirizzo univoca sulle misure di razionalizzazione da adottare, da rendere nota agli organi societari>>.
20 In relazione a tale scelta, la Corte ha infatti affermato quanto segue: <<L’ente ha ritenuto di non dover includere le ulteriori partecipazioni indirette di secondo livello possedute sulla base della definizione introdotta dall’art.2, comma 1, lett. g, de t.u., secondo la quale è indiretta “la partecipazione in una società detenuta da una amministrazione pubblica per il tramite di una società o di altri organismi soggetti a controllo da parte della medesima amministrazione pubblica”. In proposito si evidenzia come tale controllo sussista anche nell’ipotesi in cui più amministrazioni pubbliche e/o società a controllo pubblico possiedano la maggioranza del capitale di una società e, di diritto o anche solo di fatto, ne governino le scelte strategiche>>.
21 Le disposizioni in questione prevedono testualmente quanto segue:
“2. L'organo amministrativo delle società a controllo pubblico e' costituito, di norma, da un amministratore unico.
3. L'assemblea della società a controllo pubblico, con delibera motivata con riguardo a specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa e tenendo conto delle esigenze di contenimento dei costi, può disporre che la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri, ovvero che sia adottato uno dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo previsti dai paragrafi 5 e 6 della sezione VI-bis del capo V del titolo V del libro V del codice civile. La delibera e' trasmessa alla sezione della Corte dei conti competente ai sensi dell'articolo 5, comma 4, e alla struttura di cui all'articolo 15”.
22 Già in altre occasioni il legislatore, oltre ad imporre alle società a partecipazione pubblica maggioritaria (e, ovviamente, anche totalitaria), determinati obblighi, ha stabilito, prescrivendolo espressamente, che gli stessi venissero anche espressamente “trasfusi” nel testo dei relativi statuti sociali, ad esempio nel caso delle c.d. “disposizioni di genere” in materia di composizione degli organi (amministrativi e di controllo) di tali società (D.P.R. 251/2012).
23 L’art.239 del D.Lgs.267/2000, infatti, attribuisce all’organo di revisione il rilascio di pareri su vari argomenti, tra i quali anche (comma 1, lettera b, punto n.3) “modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi esterni”, ma non anche in materia di “revisione straordinaria/razionalizzazione periodica” (alias dismissione/fusione/scissione/liquidazione/ecc.) o, viceversa, mantenimento degli organismi (societari) già partecipati dall’ente.
24 Ad esempio il vigente statuto del Comune di Rimini prevede (art.36, comma 2) che, qualora venga richiesta da almeno un terzo dei consiglieri comunali, l’organo di revisione dell’ente sia chiamato ad esprimere pareri sulle proposte deliberative di competenza consiliare, ma “limitatamente agli aspetti economici, patrimoniali e finanziari”, non a quelli di “coerenza rispetto alle norme”, ovvero alla loro “legittimità”.
25 L’art.97, comma 2, del D.Lgs.18.08.2000, n.267, così dispone: “Il segretario comunale e provinciale svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti”.
“p.d.r.p. 2018” del Comune di Rimini non comportassero modifiche delle “modalità di gestione dei servizi”26, né proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi esterni.
Mentre le prescrizioni formulate nel luglio 2017 dalla Corte dei Conti sezione Autonomie (sopra indicate ai punti 1, 2, 3 e 4) erano relative all’allora redigendo “p.d.r.s. 2017” e, non essendo state ribadite relativamente ai nuovi “p.d.r.p.”, non parrebbero essere ad essi oggi “estensibili” (anche perché per la redazione dei nuovi “p.d.r.p.” è stato predisposto uno specifico nuovo “modello standard”, di seguito indicato, diverso da quello stabilito dalla Corte per il “p.d.r.s. 2017”), quelle formulate dalle varie sezioni regionali di controllo in sede di riscontro dei “p.d.r.s. 2017”, avrebbero dovuto avere, nelle intenzioni della Corte, un “impatto” su questi ultimi documenti, nel senso che le sezioni regionali di controllo hanno richiamato gli enti destinatari di tali riscontri (incluso il Comune di Rimini, come sopra già indicato) a superare le criticità da esse evidenziate, nel primo “p.d.r.p.” (ovvero nel “p.d.r.p. 2018”).
Come sopra anticipato, se per la redazione del precedente “p.d.r.s. 2017” il M.E.F. e la Corte dei Conti, separatamente, avevano elaborato le rispettive ed in parte27 tra loro divergenti indicazioni (sopra indicate come “Istruzioni MEF 2017” e “linee guida Corte dei Conti 2017”), per la predisposizione del “p.d.r.p. 2018” i due enti hanno invece concordato un nuovo documento unitario, denominato “Linee guida - revisione periodica delle partecipazioni pubbliche art.20 DLgs.175/2016” (in sintesi “Linee guida M.E.F. - Corte dei Conti 2018”, o anche “linee guida TUSP” 2018, per usare il termine indicato nel piè di pagina del documento stesso), pubblicato dal M.E.F., Dipartimento del Tesoro, sul proprio sito istituzionale in data 22/11/2018, quindi molto a ridosso della scadenza (31/12/2018) stabilita, già dal lontano 23/09/2016, dall’articolo 20 del D.Lgs.175/2016 per l’approvazione del “p.d.r.p. 2018”, con conseguente grande ristrettezza dei tempi (solo 39 giorni, peraltro comprensivi delle festività natalizie) concessi per la predisposizione del primo “piano” (quello del 2018) in modo conforme al “modello” e per la relativa successiva approvazione da parte dell’organo consigliare.
Con le suddette nuove “linee guida TUSP 2018” il M.E.F. (come sopra già detto, congiuntamente alla Corte dei Conti) ha definito (pag.28):
1) il formato del provvedimento di razionalizzazione periodica da adottare ai sensi dell’art.20, comma 1, del TUSP, che le pubbliche amministrazioni potevano (paragrafo 6.2, a pag.13 e “Allegato 3”, punto 1, a pag.28) utilizzare per rendere il citato provvedimento completo e di agevole comprensione (l’utilizzo del nuovo “modello”, quindi, era facoltativo, differentemente dall’uso del modello “standard” precedentemente predisposto dalla Corte dei Conti per il “p.d.r.s. 2017”, che la Corte considerava invece obbligatorio, affermando che gli enti tenuti alla redazione del “piano” dovevano allegarlo alle proprie deliberazioni consigliari di approvazione del “piano”);
2) lo standard del set di informazioni riferibili alla singola società oggetto di analisi nel quadro degli adempimenti previsti dal TUSP.
Peraltro il suddetto nuovo “modello standard 2018” per la predisposizione del “p.d.r.p. 2018” in realtà era un “modello” (più precisamente una sequenza di “videate” o “maschere”) da compilare informaticamente direttamente ed unicamente sul portale del M.E.F. (precisamente attraverso l’applicativo “Partecipazioni” del Portale Tesoro xxxxx://xxxxxxxxxxxxx.xxx.xxx.xx), non più un “modello” da compilare su pc e stampare in versione cartacea, per allegarlo poi alla deliberazione consigliare di approvazione del “piano” e, successivamente, trasmetterlo (via pec), alla Corte dei Conti (come il precedente “modello standard 2017” predisposto dalla Corte dei Conti, sezione autonomie, per il precedente “p.d.r.s. 2017”).
Nonostante le suddette “Linee guida M.E.F. - Corte dei Conti 2018” e il connesso “modello standard 2018” fossero stati concordati preventivamente tra i due enti, la Corte dei Conti, sezione delle Autonomie, con deliberazione n.22/SEZAUT/2018/INPR del 21/12/2018 ha approvato le (nuove proprie) “linee di indirizzo per la revisione ordinaria delle partecipazioni, con annesso il modello standard e atto di ricognizione e relativi esiti, per il corretto adempimento, da parte degli enti territoriali, delle disposizioni di cui all’articolo 20, del D.Lsgs. n.175/2016”, con le quali ha prescritto agli enti (n.b.: con soli 10 giorni di anticipo rispetto alla scadenza del relativo termine di legge - 31/12/2018) di compilare ed allegare ai rispettivi “p.d.r.p. 2018”, ulteriori “schede” (da compilare su pc e stampare) diverse da quelle del “modello standard 2018“ (“videate” informatiche) del M.E.F..
Dato che il “p.d.r.p. 2018” del Comune di Rimini, come sopra indicato, era già stato approvato dal Consiglio Comunale in data 13/12/2018, l’ente non ha compilato, né, conseguentemente trasmesso alla Corte dei Conti - sezione regionale di controllo per l’Xxxxxx-Romagna, tali nuove “schede”.
Nelle suddette “linee guida TUSP 2018” il M.E.F. ha confermato integralmente il proprio precedente orientamento relativo alla definizione di “società a controllo pubblico congiunto” (paragrafo 4.2) sopra esposta (già condiviso dalla Corte dei Conti - cfr. il punto “5” sopra indicato) ed ha condiviso e fatto propria anche l’interpretazione (cfr. il punto “6” sopra indicato) delle varie sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti relativa alla definizione di “partecipazioni indirette” (paragrafo 3.1), aggiungendo, relativamente a quest’ultima fattispecie, proprio quelle precisazioni (già segnalate al precedente punto “6”) - tuttora non presenti nella puntuale formulazione della norma (art.1, comma 2, lettera “g” del T.U.S.P.P.) - necessarie a rendere sostenibile l’interpretazione “estensiva” di tale definizione, sopra già esposta e tuttora non condivisa e contestata da numerosi enti locali (tra i quali anche il Comune di Rimini).
I suddetti orientamenti/interpretazioni (su entrambi i suddetti argomenti - “società a controllo pubblico congiunto” e “partecipazioni indirette”) sono stati di fatto ulteriormente confermati, anche se con termini meno precisi e meno perentori (forse proprio a fronte dei diversi ed opposti “pareri”, su di essi espressi da numerosi altri soggetti, sopra già riepilogati) dalla “Struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F., nel documento “Indirizzi per gli adempimenti relativi alla Revisione e al Censimento delle partecipazioni pubbliche” (Art. 20 D.Lgs. n. 175/2016 e art. 17 D.L. n. 90/2014)” (in sintesi anche “Indirizzi M.E.F. 2019”) da essa predisposto al fine di orientare la redazione, da parte degli enti tenuti a tali adempimenti, sia della “relazione sull’attuazione del p.d.r.p. 2018”, sia della nuova “ricognizione 2019” e dell’eventuale conseguente “p.d.r.p. 2019”, documento reso noto con pubblicazione sul proprio sito internet in data 21/11/2019, come già indicato nel precedente paragrafo “B”. In tali “Indirizzi M.E.F. 2019” sono state confermate anche le modalità di trasmissione, da parte degli enti tenuti all’adempimento, di tutti i documenti in questione alla medesima struttura di monitoraggio, già stabilite per l’invio del precedente “p.d.r.p. 2018”, ovvero mediante caricamento informatico dei due provvedimenti sul portale dello stesso M.E.F. (attraverso l’applicativo “Partecipazioni” del Portale Tesoro xxxxx://xxxxxxxxxxxxx.xxx.xxx.xx) e contestuale inserimento, in una sequenza di “videate” o “maschere” del medesimo portale, di tutti i dati di interesse del M.E.F., da essi ricavati, anche se, a ben vedere, proprio l’inserimento, nel portale del M.E.F., dei principali dati di suo interesse - desunti dai due documenti in questione - sembrerebbe rendere superflua, o quanto meno alternativa, la predisposizione dei medesimi due documenti secondo le precise e specifiche modalità espositive da esso proposte.
26 Per completezza va rilevato, infatti, che il “p.d.r.s. 2017”, prefigurando la liquidazione della società “Rimini Reservation s.r.l.”, prevedeva anche che il servizio (pubblico locale, privo di rilevanza economia) di “i.a.t.” (informazione ed accoglienza turistica) da essa erogato sarebbe stato svolto, in futuro, a seguito della liquidazione, con modalità diversa da quella con cui era stato gestito fino ad allora (la società mista, a partecipazione pubblica maggioritaria, con socio privato scelto con gara a doppio oggetto - ovvero “Rimini Reservation s.r.l.”), ma rinviandone l’individuazione ad una successiva deliberazione del Consiglio Comunale. Tale nuova modalità (appalto ad un soggetto privato, da individuare con gara) è stata poi definita con successiva D.C.C. n.54 del 18/09/2018, sulla quale l’ente ha chiesto ed ottenuto (con esito favorevole) il parere del “collegio dei revisori dei conti”, proprio ai sensi dell’art.239, comma 1, lettera b, punto n.3, del D.Lgs.267/2000.
27 Ad esempio relativamente alla sussistenza o meno dell’obbligo di includere nel “piano” le partecipazioni nelle società quotate.
Sempre con riferimento al tema delle “partecipazioni indirette”, va altresì evidenziato che, in contrasto con i propri reiterati orientamenti “estensivi” in materia, sopra analizzati e contro-dedotti, lo stesso M.E.F., nelle proprie due “ricognizioni” (“straordinaria 2017” e “periodica 2018”) finora svolte (e pubblicate sul proprio sito internet) relativamente alle società da esso stesso partecipate (dato che il D.Lgs.175/2016 imponeva - ed impone tuttora - i medesimi obblighi di “ricognizione” e di eventuale conseguente revisione straordinaria/razionalizzazione periodica a tutte le amministrazioni locali - Province e Comuni - ma anche a tutte quelle statali e quindi anche al M.E.F.), si è limitato a prendere in considerazione le sole proprie partecipazioni societarie dirette, trascurando completamente tutte quelle indirette, pur esistenti e, peraltro, senza indicare - né tanto meno motivare - una qualche eventuale propria esclusione dall’obbligo di ricognizione delle proprie partecipazioni societarie indirette.
Come sopra già anticipato, per le considerazioni sopra già svolte relativamente alla cogenza degli orientamenti della “struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F. e ritenendo che questa possa fornire orientamenti ed indicazioni in materia di applicazione del D.Lgs.175/2016 come previsto dall’articolo 15 della medesima norma, ma non anche interpretazioni difformi dalla stessa - peraltro non condivisibili, per quanto sopra già esposto - su aspetti (quali la definizione di “partecipazioni indirette” o di “società a controllo pubblico”) già puntualmente e chiaramente definiti dalla norma, nel “p.d.r.p. 2018”, così come nel presente “p.d.r.p. 2019”, la scrivente società non ha aderito a tali due interpretazioni e, coerentemente con quanto già fatto nelle proprie due analoghe precedenti “proposte” (“proposta di p.d.r.s. 2017” e “proposta di p.d.r.p. 2018”), nella presente “proposta di p.d.r.p. 2019” ha continuato a:
1) considerare “società a controllo pubblico congiunto” solamente quelle con capitale sociale pubblico frazionato tra più soci, nessuno dei quali detentore di una quota di maggioranza (né di un “diritto di veto” assembleare), ma congiuntamente possessori di una quota almeno maggioritaria (50,01% o più) e “legati” tra loro da un patto parasociale scritto e vincolante (come, ad esempio, “Romagna Acque - Società delle Fonti s.p.a.”), non anche le altre (quali, ad esempio, “Rimini Congressi s.r.l.” e “Start Romagna s.p.a.”), prive di tale patto (scritto) vincolante;
2) considerare “partecipazioni indirette” dell’ente solamente quelle detenute attraverso una società partecipata diretta (“tramite”) sottoposta a controllo monocratico (solitario) da parte dell’ente stesso (non anche congiuntamente con altri soci pubblici).
Infine, poiché, per le motivazioni sopra già dettagliatamente esposte, le ulteriori “prescrizioni” (rispetto alle due appena indicate, successivamente condivise da MEF e Corte dei Conti, relative alle “società a controllo pubblico” e alle “partecipazioni indirette”) formulate dalla Corte dei Conti sezione regionale di controllo per l’Xxxxxx-Romagna, sopra indicate ai punti 7 e 8 - oltre ad essere state fornite da un ente diverso da quello a ciò preposto (la “struttura di monitoraggio e controllo” del M.E.F.) - parevano non in linea con le disposizioni, rispettivamente, del D.Lgs.175/2016 e dell’art.239 del D.Lgs.267/2000 e, conseguentemente, non condivisibili nel merito (entrambe) e verosimilmente non praticabili (la seconda), pur non essendo esse oggetto, in senso stretto, della presente “proposta di piano”, la Holding ha ritenuto di non doversi adeguare integralmente ad esse.
Più precisamente:
- in relazione alla prescrizione n.7, come già in parte spiegato nel precedente paragrafo “B”, nella propria “proposta di p.d.r.p. 2018” la società ha previsto di adeguare - e lo ha fatto davvero (approvandole prima al proprio interno, poi in seno alla relativa assemblea dei soci) nel 2019 - (con l’inserimento delle disposizioni realmente imposte dal TUSP), lo statuto della sola propria “società a controllo pubblico” (indiretto) che ancora non aveva recepito tali disposizioni, ovvero “Xxxx Xxxxxxxx Funebri s.r.l.” e, sempre nel 2019, ha adeguato (con l’inserimento delle medesime disposizioni), anche gli statuti delle due società “Riminiterme s.p.a.” e “Riminiterme Sviluppo s.r.l.”, che sono diventate ”a controllo pubblico” (diretto del Comune di Rimini, non della società scrivente) solamente nel corso del 2019 (non lo erano alla data di riferimento del “p.d.r.p. 2018” - 31/12/2017);
- in relazione alla prescrizione del punto n.8, l’ente ha cautelativamente inviato il proprio “p.d.r.p. 2018”, “per gli eventuali provvedimenti di competenza” (pur nella consapevolezza che nella “competenza” dell’organo di controllo non sarebbe rientrata l’emissione di alcun parere/valutazione sul medesimo “piano”), al “collegio dei revisori dei conti” dell’ente, il quale ha prodotto il documento già indicato al precedente paragrafo “A.3”, contro-dedotto dall’ente con la nota ivi già indicata (documenti poi tutti trasmetti alla Corte dei Conti - sezione regionale di controllo per l’Xxxxxx-Romagna, unitamente al “p.d.r.p. 2018”). A fronte della intervenuta conferma, da parte dello stesso Collegio dei Revisori dei conti dell’ente, nel suddetto documento, della mancanza di una sua competenza in materia di “piani di razionalizzazione periodica”, presumibilmente il “Documento unitario 2019” dell’ente non sarà inviato al Collegio dei Revisori dei conti.
Come già anticipato nel precedente paragrafo “A.3”, alla data odierna il Comune di Rimini non ha ancora avuto alcun riscontro dalla Corte dei Conti - sezione regionale di controllo per l’Xxxxxx-Romagna sul proprio “p.d.r.p. 2018”.
Infatti, solamente in data 31/10/2019 (praticamente 10 mesi dopo la scadenza del termine - 31/12/2018 - per la predisposizione del “p.d.r.p. 2018” e con soli 60 giorni di anticipo rispetto al termine - 31/12/2019 - per la predisposizione del nuovo “p.d.r.p. 2019”), con deliberazione n.66/2019/INPR, la Corte dei Conti - sezione regionale di controllo per l’Xxxxxx-Romagna ha approvato i criteri di selezione degli enti da assoggettare a controllo in merito agli adempimenti relativi al “p.d.r.p. 2018”, identificando nominativamente, in applicazione di tali criteri, gli enti locali per i quali esaminare e riscontrare i “p.d.r.p. 2018”, tra i quali figura anche il Comune di Rimini.
Pertanto, è possibile che, in analogia con quanto da essa già fatto nel novembre 2018 in relazione al precedente “p.d.r.s. 2017” del Comune di Rimini, la Corte possa riscontrare il “p.d.r.p. 2018” dell’ente - magari rilevando qualche aspetto da “correggere” ed invitando l’ente ad adeguarsi a tale riscontro nella predisposizione del “p.d.r.p. 2019” - con propria deliberazione assunta e trasmessa all’ente in data immediatamente a ridosso della scadenza (31/12/2019) prevista per legge per l’approvazione del documento stesso, e comunque in data successiva a quella di avvenuta predisposizione del medesimo “p.d.r.p. 2019” (sulla base della presente “proposta di p.d.r.p. 2019”) e di avvio del lungo iter di relativa approvazione da parte del Consiglio Comunale di Rimini, stabilito dal vigente “regolamento del funzionamento” di quest’ultimo organo.
A tal proposito va anticipatamente rilevato che, qualora quanto sopra ipotizzato accadesse realmente ed i rilievi della Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per l’Xxxxxx-Romagna, riguardassero uno o più degli aspetti già da essa contestati con riferimento al precedente “p.d.r.s. 2017” dell’ente e da questo già analiticamente e motivatamente controdedotti e riconfermati nel “p.d.r.p. 2018”, la società (e si presume anche il Comune di Rimini) - per tutte le argomentazioni già ampiamente rappresentate alla Corte fino ad oggi (sia nei due piani, del 2017 e del 2018, sia nel successivo “documento di sintesi” del 15/03/2019, sopra già indicato) sostanzialmente confermate dai prevalenti orientamenti della giurisprudenza amministrativa ed anche contabile nel frattempo intervenuti e sopra richiamati, e, infine, ribadite nella presente “proposta di
p.d.r.p. 2019” - non riterrebbe di doversi adeguare a tali rilievi, né, conseguentemente, di dover modificare la presente “Proposta di documento unitario 2019”.
Sulla base di tutto quanto sopra esposto, a fronte della complessità delle disposizioni di legge in questione e delle relative numerose e diverse interpretazioni ed applicazioni spesso prodotte dai vari soggetti da esse “coinvolti” (struttura di monitoraggio e controllo del M.E.F., Tribunali Amministrativi Regionali, Consiglio di Stato, Corte dei Conti - sezioni regionali di controllo, Corte dei Conti sezioni riunite in speciale composizione in sede giurisdizionale, Corte dei Conti sezioni riunite in sede di controllo, Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali, A.N.A.C. ed
enti locali - anche attraverso la loro “associazione di categoria” A.N.C.I.28), in analogia con l’auspicio espressamente manifestato da molti di essi, si auspica che, prossimamente, il legislatore (che ha già assunto alcune piccole “correzioni” dell’art.24 del D.Lgs.175/2016, come sopra già detto) intervenga, con apposto provvedimento, a “puntualizzare” meglio i numerosi aspetti della norma che, fino ad oggi, in fase di prima applicazione, pur essendo in realtà piuttosto chiari, si sono comunque “prestati” a differenti e non univoche interpretazioni da parte dei vari soggetti da essa coinvolti.
C.2) AMBITO DI RIFERIMENTO (O “PERIMETRO OGGETTIVO”) DELLA RICOGNIZIONE 2019 E DELL’EVENTUALE PIANO DI RAZIONALIZZAZIONE PERIODICA 2019 AD ESSA CONSEGUENTE
Come sopra anticipato, il combinato disposto degli articoli 20 (“razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche”), 26 comma 11 (“altre disposizioni transitorie”) e 2 (“definizioni”), comma 1 (in particolare le lettere “b” - controllo, “g” - partecipazione indiretta, “n” - società a partecipazione pubblica) del D.Lgs.175/2016, identifica, come “ambito di riferimento spazio-temporale” della ricognizione da effettuare e del conseguente eventuale “piano di razionalizzazione periodica” da predisporre, le (sole) partecipazioni
- societarie (quindi non anche eventualmente quelle detenute in organismi partecipati di natura extra-societaria, quali, ad esempio, i consorzi o gli enti pubblici - economici e non)
- detenute dalle amministrazioni pubbliche alla data del 31/12/2018,
- direttamente (a prescindere dalla quota di partecipazione al capitale sociale)
- o indirettamente, ma considerando queste ultime (“partecipazioni indirette” o “indirettamente detenute”) nell’interpretazione (fedele alla norma) già evidenziata e motivata nel precedente paragrafo del presente documento, ovvero come “società partecipate (dall’ente) attraverso una o più partecipazioni (societarie o extra-societarie) “intermedie” tutte di controllo monocratico” (senza interruzione alcuna nella “catena di controllo” monocratico).
In sostanza se un Comune controlla (monocraticamente) un organismo (societario o non societario, non già autonomamente tenuto, esso stesso, alla redazione del “piano”29) “A”, le società partecipate (con qualunque quota) da “A” (ad esempio “B” o “C”) rientrano nell’ambito di riferimento, mentre se un Comune partecipa ad “A” senza controllarlo, le partecipate di “A” (tutte, incluse quelle da essa “controllate”) non rientrano in tale ambito e pertanto non devono essere sottoposte alla ricognizione, né, alla eventuale “razionalizzazione periodica”.
Come già spiegato nel precedente paragrafo del presente documento, questo ambito di riferimento ricalca esattamente quello stabilito (ed esplicitato nelle premesse del documento) autonomamente (in assenza di una analoga precisa e chiara disposizione nella L.190/2014) dal Comune (e da molti altri enti locali tenuti alla redazione del “p.o.r.”) nel marzo 2015, in occasione della predisposizione del proprio precedente (primo) “piano operativo di razionalizzazione”, sopra già indicato ed anche quello adottato dall’ente nel proprio “p.d.r.s. 2017” predisposto ai sensi dell’art.24 del D.Lgs.175/2016 e nel proprio “p.d.r.p. 2018”, predisposto ai sensi dell’art.20 del medesimo D.Lgs.175/2016.
Come già evidenziato nei tre precedenti analoghi documenti sopra indicati (“p.o.r. 2015”, “p.d.r.s. 2017” e “p.d.r.p. 2018”), le norme di riferimento (sia la L.190/2014, sia il D.Lgs.175/2016) non escludevano e non escludono tuttora dalla ricognizione le società che si trovassero già, alla data di riferimento del documento (23/09/2016 per il primo, 31/12/2017 per il secondo e 31/12/2018 per il presente), in procedure di liquidazione, anche concorsuali (come il “fallimento” o, per le società cooperative, la “liquidazione coatta amministrativa”) ed anzi il M.E.F., nelle proprie “istruzioni” del 2017, sopra già indicate, aveva previsto espressamente di considerarle.
Conseguentemente la ricognizione (con la successiva valutazione di detenibilità o meno delle partecipazioni) va fatta per tutte le partecipazioni societarie dirette ed indirette (come definite dalla legge stessa) in società NON quotate, detenute dal Comune di Rimini alla data del 31/12/2018 (nel caso della presente proposta quelle detenute tramite la Holding), ivi incluse quelle che a tale data fossero già in stato di liquidazione (volontaria o forzosa - fallimento/liquidazione coatta amministrativa).
Da quanto sopra esposto risulta che nel seguito della presente “proposta di piano” saranno prese in considerazione, elencandole in ordine alfabetico in base alla denominazione, tutte le partecipazioni societarie (in società NON quotate) indirettamente detenute dal Comune di Rimini, alla data del 31/12/2018 nelle società (società non quotata finale “B”), attraverso la detenzione di una partecipazione di controllo nella scrivente partecipata (non quotata) diretta intermedia “Rimini Holding s.p.a.”, a prescindere dall’entità (di controllo o meno) della partecipazione detenuta da quest’ultima (società non quotata intermedia “A”) nella società NON quotata finale “B”30.
I “dati generali” (elenco dei soci, con rispettive quote nominali e percentuali di partecipazione al capitale sociale, elenco nominativo dei membri degli organi di amministrazione e di controllo - con relative cariche, date di nomina e di scadenza e con i relativi compensi) sono riportati dettagliatamente, ormai da molti anni, sul sito internet del Comune “xxx.xxxxxx.xxxxxx.xx”, alla pagina “amministrazione trasparente” - “enti controllati” - “società partecipate” e, per quelle partecipate attraverso la scrivente Rimini Holding s.p.a., sul sito della società, nell’analoga sezione (“società trasparente”) dedicata alla trasparenza.
Pertanto, nella ricognizione di seguito svolta
a) saranno incluse:
a.1) “Aeradria s.p.a”, che, alla data del 31/12/2018, era già in fallimento;
a.2) “Rimini Reservation s.r.l. in liquidazione”, che, pur essendo in liquidazione volontaria già dal 02/10/2018, alla data del 31/12/2018 era ancora esistente;
b) mentre, viceversa, non saranno incluse:
b.1) “Hera s.p.a.”, in quanto società quotata (all’M.T.A. - Mercato Telematico Azionario - della borsa valori di Milano) già dal giugno 2003;
28 A.N.C.I. si è espressa più volte, dall’estate 2016 ad oggi, con propri documenti, sulla cogenza delle disposizioni dell’art.24 del T.U.S.P.P., formulando “pareri” che, pur essendo sostanzialmente quasi sempre “favorevoli” ai comuni, non paiono, però, sempre completamente convincenti nel merito.
29 Xxxxx “Linee guida TUSP” è stato infatti chiarito che le “partecipazioni indirette” detenute da una pubblica amministrazione attraverso enti “tramite” tenuti, a loro volta, alla redazione del “piano di razionalizzazione periodica” non devono essere inserite nel “piano” della medesima p.a., ma in quello dell’ente “tramite”.
30 In pratica la società partecipata (anche con quota minima) da una società controllata (dall’ente - direttamente e/o indirettamente, a prescindere dal numero dei “passaggi societari intermedi di controllo” o dagli “anelli della catena di controllo” che stanno “a monte” della partecipazione) rientra nell’ambito di riferimento, mentre, al contrario, la società partecipata (anche con quota di controllo) da una società partecipata, ma non controllata, non vi rientra.
b.2) “Italian Exhibition Group (I.E.G.) s.p.a.” (già “Rimini Fiera s.p.a.”), in quanto partecipata (e controllata) dalla società - NON a controllo pubblico - “Rimini Congressi s.r.l.” (a sua volta partecipata, ma NON controllata, dalla controllata “Rimini Holding s.p.a.”) e, per di più, quotata in borsa dal 19/06/2019 (ulteriore motivo di esclusione dalla ricognizione prevista dall’art.20 del D.Lgs.175/2016);
b.3) “Società del Palazzo dei Congressi s.p.a.”, partecipata (e controllata) dalla società - NON a controllo pubblico - “Rimini Congressi s.r.l.”;
b.4) “Plurima s.p.a.”, partecipata (non controllata) da “Romagna Acque s.p.a.” (che a sua volta, costituisce una “società in controllo pubblico congiunto” - non “monocratico” del solo Comune - le cui partecipate, quindi, non costituiscono ”partecipate indirette”, come sopra già indicato).
Per fornire un quadro organico della situazione (ancora più completo di quanto previsto dalla norma), nell’allegato “A.1” è riportata la rappresentazione grafica di tutte le partecipazioni societarie detenute dal Comune di Rimini attraverso la Holding alla data del 31/12/2018, direttamente ed indirettamente fino al terzo livello (il Comune, partecipa alla società “A” - Rimini Holding s.p.a. - che partecipa alla società “B”, che partecipa alla società “C”), con evidenziazione (con sfondo nero), tra esse, delle società che rientrano nell’ambito di riferimento della ricognizione e, relativamente ad alcune di queste ultime, delle operazioni di “soppressione” (con barrature) previste (con riferimento alla data del 31/12/2018) dalla “proposta di p.d.r.p. 2019” che segue, operazioni che vengono peraltro anche sinteticamente riepilogate in fondo alla rappresentazione grafica stessa.
Nella rappresentazione grafica sopra indicata (allegato “A.1”) le partecipazioni detenute sono riportate in modo “complessivo”, ovvero tenendo conto anche delle partecipazioni che, ai sensi del D.Lgs.175/2016, non sono considerate come “partecipazioni indirette” (ad esempio la quota di partecipazione nella società “C”, detenuta dalla società “B”, non controllata, per quanto partecipata, dal Comune e quindi “non rilevante” per il “piano”). Al contrario nelle schede (di ogni singola società presa in considerazione nel piano) di seguito riportate sono inserite, oltre alle partecipazioni dirette, solamente le “partecipazioni indirette” definibili tali ai sensi del D.Lgs.175/2016 (quota di partecipazione nella società “C”, detenuta dalla società “B” controllata monocraticamente dal Comune e quindi “rilevante”).
C.3) CRITERI DI RICOGNIZIONE 2019
Per ciascuna delle società considerate vengono esposte, in apposita “scheda di ricognizione”, le principali caratteristiche [partecipazione pubblica complessiva (totalitaria/maggioritaria/minoritaria), società “a controllo pubblico” (e, in tal caso, “monocratico” o “congiunto”) o meno, società “in house” (e, in tal caso, con controllo analogo “monocratico” o “congiunto”) o meno, la quota detenuta dall’ente tramite la Holding,, l’attività svolta, il numero dei componenti gli organi sociali (di amministrazione e di controllo) in carica, il numero dei dipendenti, il fatturato dell’ultimo triennio (2016
-2018) e il risultato economico degli ultimi 5 esercizi - dal 2014 al 2018].
Per ogni società presa in considerazione, previa qualificazione dell’attività svolta (ad esempio di produzione di un servizio di interesse generale, di progettazione e realizzazione di un’opera pubblica, di servizi strumentali, di attività commerciali, ecc.), viene verificato il rispetto dei “requisiti” stabiliti dal D.Lgs.175/2016 per il mantenimento della relativa partecipazione e quindi viene verificato, nell’ordine:
1) che essa soddisfi preliminarmente il c.d. “vincolo di scopo”, ovvero che svolga attività coerenti con le finalità istituzionali del Comune di Rimini, sopra già indicate (come già spiegato al precedente paragrafo “A.3”, questa verifica non sarebbe espressamente richiesta dalla norma, ma viene fatta ugualmente, per completezza ed analogia con il contenuto dei precedenti “p.d.r.s. 2017” e “p.d.r.p. 2018”);
2) che essa rispetti i c.d. “oneri di motivazione analitica” di cui all’articolo 5, commi 1 e 231, ovvero che il mantenimento della partecipazione sia motivato - oltre che con riferimento alla necessità per il perseguimento dei fini istituzionali del Comune di Rimini - anche con riferimento alla sua convenienza economica, sostenibilità finanziaria, alla “preferibilità” rispetto ad altre possibili modalità di svolgimento delle attività “svolte” attraverso la partecipazione societaria detenuta - ad esempio gestione diretta delle stesse - e alla compatibilità con i principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, nonché alla compatibilità dell'intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di stato alle imprese (come già spiegato al precedente paragrafo “A.3”, questa verifica non sarebbe espressamente richiesta dalla norma, ma viene fatta ugualmente, per completezza ed analogia con il contenuto delle precedenti “proposta” (“proposta di p.d.r.s. 2017” e “proposta di p.d.r.p. 2018”);
3) che essa non ricada nelle “ipotesi specifiche” di cui all’articolo 20, comma 2 (ovvero che la società non soggiaccia ad uno o più degli obblighi: 3.a) di “eliminazione delle società “non indispensabili” - alias “vietate”, di cui alla lettera “a” e identificando l’eventuale relativa coerenza o
incoerenza con le finalità istituzionali dell’ente, sopra già indicate);
3.b) di soppressione delle c.d. “scatole vuote improduttive” di cui alla lettera “b”;
3.c) di eliminazione delle “partecipazioni doppioni”, di cui alla lettera “c”;
3.d) di soppressione delle c.d. “società irrilevanti” di cui alla lettera “d”;
3.e) di soppressione delle c.d. “società in perdita reiterata” di cui alla lettera “e”;
3.f) di contenimento dei costi di funzionamento (c.d. “società di cui contenere i costi”) di cui alla lettera “f”;
3.g) di aggregazione (c.d. “società da aggregare”) di cui alla lettera “g”.
Relativamente al rispetto del “vincolo di scopo”, va sottolineato che la “nuova” specifica definizione di “servizio di interesse generale” fornita dall’articolo 2, comma 1, lettera “h” del D.Lgs.175/2016 e sopra già riportata e “sintetizzata” (<<attività che non sarebbero svolte dal mercato o comunque non sarebbero svolte a condizioni “accettabili” per la collettività locale>>) è molto più “stringente” e limitativa di quella precedentemente individuata dalla dottrina (in assenza appunto, di una disposizione di legge specifica), che tendeva a identificare come “servizi di interesse generale” (quindi come ammissibili per l’ente locale e svolgibili attraverso società da esso partecipate) tutte le “attività direttamente o indirettamente rivolte alla collettività locale indistinta” (“uti singuli”). Conseguentemente, attività che in vigenza delle precedenti norme apparivano ragionevolmente ammissibili, dal 23/09/2016 (data di entrata in vigore del D.Lgs.175/2016) paiono non esserlo più, come meglio indicato nella “proposta di piano” che segue.
31 La norma in questione prevede quanto segue:
“Art. 5. Oneri di motivazione analitica
1. A eccezione dei casi in cui la costituzione di una società o l'acquisto di una partecipazione, anche attraverso aumento di capitale, avvenga in conformità a espresse previsioni legislative, l'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica, anche nei casi di cui all'articolo 17, o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, da parte di amministrazioni pubbliche in società già costituite deve essere analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all'articolo 4, evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato. La motivazione deve anche dare conto della compatibilità della scelta con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell'azione amministrativa.
2. L'atto deliberativo di cui al comma 1 dà atto della compatibilità dell'intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese. Gli enti locali sottopongono lo schema di atto deliberativo a forme di consultazione pubblica, secondo modalità da essi stessi disciplinate.”
Qualora la società non rispetti anche solo uno dei requisiti sopra indicati, in alcuni casi vengono proposte le possibili azioni (di “razionalizzazione”) da intraprendere per superare tale situazione, prevedendone anche le “modalità e i tempi di attuazione”, oppure, in altri, viene spiegata e motivata la proposta di mantenere ugualmente la partecipazione, con riferimento ai fini (“prevalenti” rispetto al puntuale e formale rispetto della norma) della “efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche” e della “razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica” che, secondo le disposizioni dell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs.175/2016, devono guidare ed orientare i soggetti pubblici nella concreta applicazione delle norme del medesimo decreto (tra le quali anche quella che impone la ricognizione e la predisposizione del piano di razionalizzazione in questione), consentendo ed anzi imponendo loro di compiere una valutazione “discrezionale” (per quanto non arbitraria) della situazione delle proprie partecipazioni, contemperando il puntuale rispetto dei relativi obblighi (di razionalizzazione periodica, nel caso specifico), con i due obiettivi appena indicati, o con riferimento ad una interpretazione “coordinata” e “sostanzialistica” della norma, invece che “meramente letterale e formale” (in altri casi ancora).
Su questo aspetto, va infatti evidenziato che le richiamate disposizioni iniziali dell’articolo 1 del D.Lgs.175/2016, conducono, ragionevolmente, a ritenere che la “cogenza” della ricorrenza di una o più delle “ipotesi specifiche” (alias “parametri specifici) previste dell’art.20, comma 2, del D.Lgs.175/2016, non possa e non debba essere “assoluta” ed “incontrovertibile”, tanto da imporre automaticamente, senza alcuna valutazione ponderata, la “revisione straordinaria” (nel 2017) o la “razionalizzazione periodica” (dal 2018 in poi) delle partecipazioni da essa interessate, ma che essa costituisca, invece, un “campanello di allarme”, che deve indurre gli enti locali ad una approfondita verifica puntuale, caso per caso, della legittimità (in primis) e dell’opportunità (in secundis) del mantenimento delle partecipazioni in questione.
In altri termini, pare logico e “sensato” ritenere che il pedissequo, formale e rigido rispetto di uno o più dei “parametri specifici” dell’articolo 20, comma 2, del D.Lgs.175/2016 non possa e non debba prevalere rispetto al perseguimento degli scopi fondamentali, prioritari, posti dalla norma stessa (in particolare i primi due, ovvero la “efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche” e la “razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica”), tanto da comportarne il mancato conseguimento.
Questa valutazione, peraltro, è stata, di fatto, sostenuta anche dalla Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, con delibera
n.424 del 16/11/2015, nell’esame del “Piano operativo di razionalizzazione” del Politecnico di Milano, previsto dalla L.190/2014, nell’ambito del quale, con riferimento, in particolare, all’ipotesi specifica della mancanza totale di dipendenti, la Corte ha osservato quanto segue: <<Il secondo criterio indicato dal legislatore prevede la "soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti". In presenza di società in cui si verifica il presupposto normativo appare evidente che, con elevata probabilità, si tratta di società non efficiente, posto che il rapporto tra costi di amministrazione e costi di gestione non risulta equilibrato. Va comunque osservato che il dato del numero degli amministratori potrebbe anche non essere decisivo, ad esempio in assenza di compenso (se l'ottica normativa è quella di razionalizzazione della spesa) o in caso di amministratori a cui siano attribuiti anche compiti operativi analoghi a quelli svolti dai dipendenti (per evitare l'assunzione di personale).
Il piano di razionalizzazione, pertanto, deve indicare il numero di amministratori e di dipendenti della società (e, per completezza di analisi, il costo dell'organo amministrativo e quello della forza lavoro impiegata). Inoltre, qualora tale numero non risulti in linea con la previsione normativa, fornire le eventuali giustificazioni che consentano di non procedere alla soppressione o alienazione della società partecipata (o al recesso).
Nel caso, contrario, in cui la società partecipata non ricada in nessuna delle casistiche (di razionalizzazione obbligatoria) sopra indicate, vengono invece evidenziate le motivazioni che inducono la società scrivente in relazione ai propri obiettivi, a proporre di mantenere o meno la partecipazione attualmente detenuta.
Pertanto, l’esposizione, per ogni singola società esaminata nella “proposta di ricognizione 2019”, nella rispettiva “scheda di ricognizione”, di tutti i dati, le informazioni, le considerazioni e le valutazioni sopra preannunciate, potrebbe costituire - unitamente a tutte le considerazioni e valutazioni già formulate nei precedenti paragrafi - la “base di partenza” per la redazione della “relazione tecnica, con specifica indicazione di modalità e dei tempi di attuazione” richiesta dall’articolo 20 del D.Lgs.175/52016 al Comune.
In alcuni casi l’effettiva realizzazione delle operazioni di “razionalizzazione periodica” di carattere “dismissivo” (inteso in senso ampio, ovvero cessione - parziale o totale - della partecipazione, fusione/scissione/liquidazione della società) previste dalla “proposta di piano” che segue non dipenderà esclusivamente dal Comune di Rimini (anche per il tramite della Rimini Holding s.p.a.), ma anche dai soggetti terzi in esse coinvolti (altri soci della società in caso di tentativo di fusione, scissione o liquidazione di società in cui il Comune - e/o Holding - non detenga quote di partecipazione sufficientemente elevate da poter imporre la propria volontà in seno alle relative assemblee dei soci).
Inoltre, l’attuazione di molte delle “operazioni di razionalizzazione” previste nella “proposta di piano” implicherà la preventiva predisposizione (talvolta in accordo con altri soci) di specifici documenti (ad esempio “progetti di scissione”) sulla base dei quali il Comune (per esso il relativo organo di indirizzo politico, ovvero il Consiglio Comunale) sarà poi chiamato ulteriormente alla formale approvazione dell’operazione stessa.
Infine, vale la pena sottolineare ancora, come già fatto nelle premesse della “proposta di p.d.r.s. 2017” e della “proposta di p.d.r.p. 2018”, che il Comune di Rimini, già da tempo (in particolare dal 2011 - quindi ben prima che lo imponessero le norme di legge del 2015 e del 2016, attraverso i piani ivi previsti) ha spontaneamente avviato, anche attraverso la scrivente “Rimini Holding s.p.a.”, un processo di forte razionalizzazione ed “efficientamento” delle proprie società partecipate, attraverso operazioni di riduzione del numero dei relativi amministratori e dei relativi compensi, di incremento del controllo sulle medesime (attraverso l'introduzione statutaria, a carico dei relativi organi amministrativi, di obblighi di rendicontazione periodica preventiva, concomitante e successiva) e di integrazione territoriale (in particolare nel settore della gestione - prima - e della regolazione - poi - del trasporto pubblico locale), i cui risultati conseguiti (inclusi i risparmi di spesa realizzati) sono già stati analiticamente esposti nelle tabelle del precedente “p.o.r. 2015” a cui si rimanda.
C.4) NOTE DI LETTURA DEI DATI CONTENUTI NELLE SCHEDE DI CIASCUNA SOCIETA’ PARTECIPATA
Per una completa comprensione delle schede di piano che seguono, si forniscono, preliminarmente, i seguenti chiarimenti:
a) Partecipazione pubblica complessiva
Viene indicato se la compagine pubblica (l’insieme di tutti i soci pubblici) detenga - direttamente e/o indirettamente - una quota societaria:
- totalitaria (100% del capitale);
- maggioritaria (superiore al 50% del capitale);
- minoritaria (inferiore al 50% del capitale);
b) Società a controllo pubblico (monocratico o congiunto) oppure Società non a controllo pubblico: si specifica se la società è “a controllo pubblico” (indicando anche se tale controllo è monocratico o congiunto) o meno, come inteso dall’articolo 2, comma 1, lettere “m” e “b del D.Lgs.175/2016, che identifica le società controllate da pubbliche amministrazioni come quelle in cui “una o più amministrazioni
pubbliche esercitano poteri di controllo” ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, chiarendo che “il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all'attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”;
c) Società in house (con controllo analogo monocratico o congiunto): si specifica se la società è “in house” (indicando anche se è sottoposta al “controllo analogo” monocratico o congiunto) o meno;
d) Quota detenuta dal Comune di Rimini
È la quota percentuale detenuta, indicata segnalando anche il tipo di rapporto partecipativo, ovvero se la società è partecipata in modo “diretto” o “indiretto”;
e) Attività svolta
Viene individuata l’attività prevalente effettivamente esercitata, tra quelle previste dallo statuto della società;
f) N. COMPONENTI ORGANI SOCIALI
Il valore indica il numero dei componenti dell’organo di amministrazione e di controllo in carica alla data del 31/12/2018;
g) N. Dipendenti
Relativamente ai dipendenti da prendere in considerazione per lo svolgimento della verifica imposta dall’art.20, comma 2, lettera “b”, anche se le “linee guida MEF - Corte dei Conti” nulla specificano in merito, per analogia e coerenza con quanto da esse stabilito per il fatturato, di seguito riportato, come già fatto nel precedente “p.d.r.p. 2018”, pare ragionevole considerare, anche per le società “holding”, i dipendenti della società presa singolarmente e non più (come fatto nel precedente “p.d.r.s. 2017”) nella sua veste di “holding”.
Il valore riportato nel presente “piano” indica quindi il numero medio dei dipendenti della società come riscontrabile dalla nota integrativa del bilancio di esercizio al 31/12/2018 (ultimo disponibile alla data del presente piano);
h) Fatturato
Relativamente al “fatturato medio annuo dell’ultimo triennio” da prendere in considerazione per lo svolgimento della verifica imposta dall’art.20, comma 2, lettera “d”, nel precedente “p.d.r.s. 2017” si era fatto riferimento all’unica definizione di legge di “fatturato” esistente, ovvero a quella data (con riferimento alla quantificazione del “diritto camerale annuale” da versare, annualmente, alla Camera di Commercio da parte delle imprese ivi iscritte) dal D.M. 359/2001 e ripresa dalla Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per l’Xxxxxx-Romagna, nella sua deliberazione n.54 del 28/03/2017, per la quale il valore del fatturato era:
h.1) per le sole società che svolgevano attività di “assunzione di partecipazione in enti diversi da quelli creditizi e finanziari”, alias attività di “holding” (ovvero, nel caso specifico, “Rimini Congressi s.r.l.”), la somma delle voci “A1”, “A5” e “C16” del “conto economico” del rispettivo “bilancio consolidato” (anche se, per completezza, era stato riportato anche il medesimo dato desunto dai bilanci di esercizio), segnalando che questo comportava l’esclusione, da tale aggregato, del ricavo tipico delle holding, ovvero dei “dividendi”, che sono invece allocati nella voce “C15” del relativo “conto economico”;
h.2) per tutte le altre società (diverse dalle holding) la somma delle voci “A1” e “A5” del “conto economico” del rispettivo “bilancio di esercizio”. Nelle (nuove ed ultime esistenti) “Linee guida MEF - Corte dei Conti”, invece, è stato chiarito che il fatturato da prendere in considerazione è:
h.3) per le sole società che svolgono attività di “assunzione di partecipazione in società esercenti attività diversa da quella creditizia e finanziaria (holding)” (ovvero “Rimini Congressi s.r.l.”), la somma delle voci “A1”, “A5”, “C15”, “C16”, C17bis” e “D18 lettera a” del “conto economico” (ex art.2425 c.c.) del rispettivo “bilancio individuale”, con conseguente nuova inclusione, in tale aggregato, del ricavo tipico delle holding, ovvero dei “dividendi”, come detto allocati nella voce “C15” del relativo “conto economico”;
h.4) per tutte le altre società (diverse dalle holding) la somma delle voci “A1” e “A5” del “conto economico” del rispettivo “bilancio individuale” (ovvero “di esercizio”), come in precedenza.
In pratica, la specificità delle società pubbliche “holding” - di fatto trascurata,dal concetto di “fatturato” precedentemente sancito per esse dal D.M.359/2001, come anche evidenziato nella precedente “proposta di p.d.r.s. 2017” dalla scrivente società - è stata ora più attentamente considerata dal M.E.F. (unitamente alla Corte dei Conti) non attraverso l’utilizzo dei rispettivi bilanci consolidati - come fatto dalla scrivente società, nella propria “proposta di p.d.r.s. 2017”, in relazione alla propria società holding (Rimini Congressi s.r.l.), proprio per superare tale “anomalia” - ma attraverso l’ampliamento delle voci dei rispettivi bilanci di esercizio da includere nel nuovo calcolo del “fatturato”.
Applicando la nuova modalità di calcolo del fatturato, infatti, la società “holding” partecipata dalla scrivente società, ovvero Rimini Congressi, che con la precedente modalità di calcolo (nella “proposta di p.d.r.s. 2017”) aveva un fatturato medio annuo del triennio 2013-2015 ed anche di quello 2014-2016 xxxxxxxxx, ha ora (già dalla “proposta di p.d.r.p. 2018” ed anche nel presente “p.d.r.p. 2019”), un fatturato medio annuo del triennio 2016-2018 abbondantemente superiore alla soglia minima - sia a quella “transitoria” di €.500.000,00, valevole per il triennio 2016- 2018 che rileva nel presente documento, sia a quella “a regime” di €.1.000.000,00, valevole dal triennio 2017-2019 in poi - prevista dalla medesima disposizione di legge, come meglio indicato nelle rispettive schede riportate nel prosieguo del presente documento.
I valori così individuati vengono poi riportati per ciascuno degli ultimi tre anni (2016, 2017 e 2018) e per il loro valore medio annuo (somma dei tre anni, divisa per tre);
i) RISULTATO ECONOMICO DEGLI ESERCIZI 2014-2018
Relativamente ai “risultati di esercizio” da prendere in considerazione per lo svolgimento della verifica imposta dall’art.20, comma 2, lettera “e”, anche se le suddette nuove “linee guida MEF - Corte dei Conti” nulla specificano in merito, per analogia e coerenza con quanto da esse stabilito per il fatturato, sopra indicato, pare ragionevole considerare, anche per le società “holding”, i risultati economici derivanti dai rispettivi bilanci di esercizio, non dai rispettivi bilanci consolidati (nella precedente “proposta di p.d.r.s. 2017” la scrivente società aveva riportato entrambi i valori - di esercizio e consolidati).
Nella presente “proposta di piano” vengono quindi riportati i risultati economici conseguiti in ciascuno degli ultimi 5 esercizi (dal 2014 al 2018), ricavati dai rispettivi bilanci di esercizio e la somma algebrica dei risultati di esercizio degli ultimi tre anni (2016, 2017 e 2018).
C.5) LA RICOGNIZIONE 2019 DELLE SOCIETA’ PARTECIPATE E LA RAZIONALIZZAZIONE DI ALCUNE DI ESSE