La legge delega sulla partecipazione: luci, ombre e prospettive de jure condendo
Articolo 4, commi 62-63 – Informazione, consultazione dei lavoratori
e democrazia economica
La legge delega sulla partecipazione: luci, ombre e prospettive de jure condendo
di Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxxx
Nel disegno di legge sulla riforma è prevista la delega al Governo per l’adozione, entro nove mesi, di uno o più decreti legislativi finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa, da realizzare attraverso la stipulazione di un contratto collettivo aziendale, sul modello tedesco della cogestione (Mitbestimmung), che rappresenta un modello partecipativo cd. forte, in quanto obbligatario per legge e regolamentato in modo stringente.
L’emendamento, che riprende in buona parte il Testo unificato adottato dalle commissioni riunite per i disegni di legge il 28 febbraio 2012 1, fissa i confini entro i quali la delega deve essere esercitata indicando una serie di principi e criteri direttivi sia riguardo alla cogestione sia alla partecipazione finanziaria; tuttavia prima di entrare nel dettaglio delle singole previsioni si segnala una perplessità legata proprio al ruolo della contrattazione.
Nella disposizione il riferimento è al contratto collettivo aziendale; ciò fa pensare che il modello sia applicabile solo alle aziende di grandi dimensioni, le uniche ad avere una contrattazione integrativa, lasciando fuori le piccole e medie imprese di cui è costellato il territorio italiano e che rappresentano il cuore pulsante della nostra economia. Perché allora non consentire alla delega di intervenire a maglie larghe rivalutando anche gli enti bilaterali che possono rappresentare una via italiana per favorire la diffusione di modelli partecipativi? Dopo la riforma Biagi, infatti, gli enti bilaterali più di altri, conoscono le esigenze dei singoli settori economici e sono un barometro per la regolazione del mercato del lavoro per cui sarebbe opportuna una presa di coscienza delle parti sociali e delle istituzioni al fine di valorizzarli e consentire di sistematizzare l’esistente. In questa logica si potrebbe anche pensare a potenziare gli accordi territoriali con la previsione di interventi robusti e strutturali di detassazione per gli accordi di partecipazione. In tal modo si consoliderebbe il modello incentivante della concessione dello sgravio contributivo sulle componenti della retribuzione variabile correlata alla produttività e prevista dalla contrattazione collettiva di secondo livello (accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali), che dal
1 Il disegno di legge, che unifica i ddl nn. 803 (Xxxxxx e altri), 964 (Treu e altri), 1307 (Bonfrisco e Casoli), 1531 (Adragna), 2572 (Lannutti e altri) è consultabile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, Osservatorio partecipazione dei lavoratori.
2007 al 2011 2 ha prodotto risultati interessanti ma che negli ultimi mesi è stato depotenziato.
È da leggersi in modo positivo, invece, la previsione di procedure di verifica sulla applicazione e sugli esiti dei piani anche attraverso l’istituzione di organismi congiunti, paritetici o misti che dovranno essere dotati di competenze di controllo sulle scelte aziendali e partecipazione nella gestione, in materia di salute e sicurezza, organizzazione del lavoro, formazione professionale, promozione delle pari opportunità, forme di remunerazione collegate al risultato, servizi sociali destinati ai lavoratori e alle loro famiglie, forme di welfare aziendale e ogni altra materia attinente alla responsabilità sociale dell'impresa.
Tali organismi, infatti, potrebbero rappresentare non solo uno snodo operativo per consentire la partecipazione attiva dei lavoratori ma anche uno strumento per consentire una gestione continuativa ed organizzata, per far crescere e maturare una cultura della partecipazione tale da permettere al lavoratore di sviluppare un comune senso di appartenenza all’azienda-istituzione e una fidelizzazione che riduca i conflitti capitale-lavoro e abbatta i costi ad essi associati.
Rispetto a quelle che potranno essere le novità legislative l’aspetto da considerare non è tanto la previsione di tali organismi quanto l’implementazione, il funzionamento e la messa a regime degli stessi. Ci si pone la domanda se accanto alla loro istituzione non sia il caso di prevedere anche un sistema di monitoraggio che potrebbero essere in capo a degli Osservatori, utili a sviluppare un costruttivo e moderno modello di relazioni industriali, per non far in modo che l’aspetto attuativo resti lettera morta. Resta poi da considerare la fattibilità di tali modelli rispetto al tessuto produttivo italiano costituito da piccole e medie imprese.
Altra disposizione contenuta nel disegno di legge e che ad una prima lettura appare poco chiara riguardo all’ambito di applicazione, è quella in cui si prevede il controllo sull’andamento o su determinate scelte aziendali mediante la partecipazione di rappresentanti eletti dai lavoratori o designati dalle organizzazioni sindacali in organismi di sorveglianza. In tal caso si presume, dalla lettura complessiva dell’articolo, che il riferimento sia alle aziende che impiegano almeno cinquanta lavoratori
2 Si vedano gli interventi in materia, tra cui si segnalano la l. n. 247/2007, art. 1, commi, 67 e 68, il d. l. n. 98/2008 (convertito con l. n. 126/2008) e successivamente prorogato per il 2009 e il 2010 e sino al 31 dicembre 2011.
3 A riguardo si ricorda che il d.lgs. 25/2007 di recepimento della direttiva comunitaria segue una procedura di infrazione da parte della Commissione europea nei confronti dello Stato italiano che non aveva recepito con atto interno il provvedimento comunitario giustificando i tempi lunghi di trasposizione con la necessità di rispettare il dialogo tra le parti sociali.
nel territorio dello Stato, e quindi a quelle di cui al citato d.lgs. n. 25/2007 4.
È esplicito, invece, il riferimento alla partecipazione in organi di sorveglianza dei rappresentanti eletti dai lavoratori o designati dalle organizzazione sindacali nelle aziende che occupano complessivamente più di 300 dipendenti, ed esercitate nella forma di società per azioni o di società europea. Nel dettaglio si contempla la possibilità di prevedere la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al consiglio di sorveglianza come membri a pieno titolo di tale organo, con gli stessi diritti e gli stessi obblighi dei membri che rappresentano gli azionisti, incluso il diritto di voto; tuttavia vi sono dubbi e perplessità applicative rinvenienti dalla normativa italiana vigente come conferma il caso Gucci 5 – inserito come best practice nel Codice della partecipazione del 7 luglio 2010 – che se dal punto di vista finanziario ha raggiunto interessanti risultati, stessa cosa non può dirsi per l’aspetto gestionale della partecipazione al voto dei dipendenti, legata alla partecipazione azionaria e alla costituzione di associazioni di azionisti dipendenti. In tale fattispecie ci si muove, infatti, in un’altra direzione: la partecipazione finanziaria funzionale a quella gestionale. Il punto fondamentale, ancora irrisolto dal legislatore e che si auspica sia chiarito dai decreti legislativi, è nella rappresentanza degli interessi degli azionisti nelle assemblee societarie nonché nella raccolta delle deleghe di voto. L’art. 137 della legge Draghi (Testo unico sulla finanza) al comma 1 pur consentendo la raccolta di deleghe di voto presso i dipendenti azionisti in deroga all’art. 2372 del codice civile prevede un meccanismo complesso con una intrinseca debolezza rappresentata dal fatto che non si tratta di norma cogente ma di indirizzo e come tale suscettibile di applicazione concreta solo nei casi in cui siano le stesse società a prevederlo. Il Testo Unico se da un lato ha un importante valore simbolico, perché riconosce rilevanza, a livello legislativo, all’azionariato dei dipendenti all’interno delle forme di azionariato diffuso rafforzando i diritti delle minoranze azionarie, dall’altro non definisce un quadro preciso.
Sempre in materia di azionariato il disegno di legge prevede l’accesso privilegiato dei lavoratori dipendenti al possesso di azioni, quote del capitale dell’impresa o diritti di opzione sulle stesse, direttamente o mediante la costituzione di fondazioni, di appositi enti in forma di SICAV, oppure di associazioni di lavoratori, i quali abbiano tra i propri scopi un utilizzo non speculativo delle partecipazioni e l’esercizio della rappresentanza collettiva nel governo dell’impresa. Fermo restando che già il nostro codice civile individua differenti modalità di acquisizione della proprietà azionaria e appresta tutela alle forme retributive collegate agli utili aziendali 6 – aventi il loro fondamento nell’art. 2099, comma 3, c.c. e nell’art. 2102 c.c. 7 – la previsione riporta all’attenzione la vexata quaestio tra azionariato individuale e collettivo e, quindi, anche sulla costituzione di fondi di investimento collettivi. Tali strumenti ad oggi sono realizzabili nell’ambito della autonomia privata sul punto però l’ordinamento italiano non prevede possibilità di azionariato collettivo attraverso l’istituzione e l’organizzazione mediante fondi che raggruppino i lavoratori in vista della partecipazione azionaria così come accade nel sistema francese, che è il miglior modello con la previsione di fondi legali, e/o nel sistema americano riguardo agli ESOP dove è attribuito un ruolo dominante ai fondi volontari per l’acquisto o la gestione comune delle
4 Art. 3, d.lgs. n. 25/2007: «La soglia numerica occupazionale è definita nel rispetto delle norme di legge e si basa sul numero medio ponderato mensile dei lavoratori subordinati impiegati negli ultimi due anni. I lavoratori occupati con contratto a tempo determinato sono computabili ove il contratto abbia durata superiore ai nove mesi. Per i datori di lavoro pubblici o privati che svolgono attività di carattere stagionale, il periodo di nove mesi di durata del contratto a tempo determinato si calcola sulla base delle corrispondenti giornate lavorative effettivamente prestate, anche non continuative».
5 Nel 2000 l’azienda Gucci per bloccare la scalata ostile di una concorrente azienda francese siglò un accordo aziendale con cui i lavoratori accettarono di trasformare il maturato trattamento di fine rapporto in capitale sociale dell’impresa e face appello ai lavoratori, lanciando un ESOP difensivo. Ai sensi dell’art. 104, d.lgs. n. 58/98 fu possibile attribuire una quota di capitale sociale ad un soggetto “amico”. Successivamente, però il Tribunale di Amsterdam, non convalidò l’operazione.
6 Gli articoli di riferimento sono 2349, 2358, 2441 c.c.
7 Art. 2099, comma 3, c.c. «il prestatore di lavoro può essere anche retribuito in tutto o in parte, con partecipazione agli utili o ai prodotti con provvigione o con prestazioni in natura»; articolo 2102 «se le norme corporative o la convenzione non dispongono diversamente, la partecipazione agli utili spettante al prestatore di lavoro è determinata in base agli utili netti dell’imprenditore, e, per le imprese soggette alla pubblicazione del bilancio, in base agli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato e pubblicato».
partecipazioni azionarie, in stretto collegamento con i fondi pensione. Perché non pensare allora ad un ESOP italiano applicabile anche alle piccole e medie imprese tale da rappresentare anche uno strumento che consenta la pianificazione della successione aziendale seguendo così la proposta elaborata dal CESE (Comitato Economico Sociale Europeo) nel parere adottato il 21 ottobre 2010, che guarda al modello dell’approccio modulare elaborato dal centro interuniversitario di Berlino, e prenda in considerazione anche l’idea di Esop comunitari?
Tornando alla norma, e a quel che attiene gli aspetti operativi, nel nostro ordinamento dei passi in avanti si sono avuti con la disciplina dei fondi pensione e con il d.lgs. n. 299/1999 sulla cartolizzazione del Tfr che ha aperto delle interessanti prospettive sulle forme istituzionali di investimento collettivo tali da incidere sul mercato finanziario, attraverso il risparmio; tuttavia il procedimento è farraginoso e si è dimostrato di scarsa praticabilità.
Riguardo, invece, alla costituzione di fondazioni e/o SICAV (società di investimento a capitale variabile) per la gestione dei diritti di opzioni (possibile nel nostro ordinamento attraverso le stock option) o delle quote azionarie il parere è positivo in quanto sono entrambi strumenti utili per migliorare la produttività aziendale se accompagnate da misure fiscali di sostegno. A parere di chi scrive, inoltre la scelte di ricorrere alle fondazione piuttosto che alle SICAV sarebbe preferibile per la maggiore snellezza di funzionamento delle prime rispetto alle seconde e per il loro assoggettamento ai controlli pubblici che fornisce la garanzia di una corretta amministrazione e la certezza del perseguimento degli scopi previsti dallo statuto e dalla legge per la gestione delle azioni dei lavoratori.
Nel complesso l’idea di fondo della nuova previsione legislativa è in un modello di relazioni industriali nel quale la dimensione della contrattazione aziendale viene valorizzata e diventa leva di sviluppo e propulsione della qualità competitiva di ciascuna realtà produttiva nella sua specificità. Tale posizione è la stessa alla base anche dell’Avviso comune del 9 dicembre 2009 che ha poi condotto al Codice della partecipazione e al monitoraggio delle buone prassi italiane in materia.
In tal caso però l’intento del legislatore era stato non “calare dall’alto” un modello di partecipazione omogeneo e uguale per tutti ma cercare un punto di equilibrio con la collaborazione attiva delle parti sociali puntando sulla autoregolamentazione poiché, cita testualmente l’Avviso comune, «l’economia della partecipazione è soluzione che concilia la solidarietà tipica del modello sociale europeo con l’efficienza richiesta dal mercato globale». Sul piano metodologico la scelta di ricorrere ad uno strumento di soft law quale l’Avviso comune, che non impone regole vincolanti e omogenee ma lascia ampi spazi alla autonomia collettiva e a scelta condivise, aveva segnato un passo in avanti del nostro Paese ponendo l’Italia in sintonia con il modus operandi della Comunità europea. È proprio nella responsabilizzazione delle parti la condizione imprescindibile per l’effettivo decollo degli istituti partecipativi cosa che più difficilmente si intravede in modelli imposti ex lege.
Su tutto è incontrovertibile il ruolo della contrattazione collettiva, terreno fertile per l’elezione dei modelli partecipativi, direzione nella quale si muovono oggi le relazioni industriali nel solco di una partecipazione che si armonizza sempre più al ruolo delle relazioni di lavoro quali istituzioni regolative dell’azione economica poste all’incrocio tra economia e società, tra sistemi produttivi e sistemi di regolazione sociale, tra esigenze competitive e pressioni per la salvaguardia delle insicurezze generate dal mercato del lavoro.
Infine guardare all’Europa con una chiave di lettura comparata è positivo in quanto consente di sviluppare in modo organico lo studio e l’analisi fenomenologica di una materia così interdisciplinare quale quella della partecipazione, tuttavia occorre tener presente la storia di un Paese ed adattare, alla sua cultura e al modello di relazioni industriali, modelli stranieri che se trapiantati solo sic et simpliciter potrebbero non produrre gli stessi positivi risultati.
SCHEDA RIEPILOGATIVA |
Articolo 4, commi 62 e 63 Informazione, consultazione dei lavoratori e democrazia economica |
● Il disegno di legge delega il Governo ad emanare, entro nove mesi, uno o più decreti legislativi finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa, attivate attraverso la stipulazione di un contratto collettivo aziendale. Sono disegnati i confini entro i quali la delega deve essere esercitata. I provvedimenti del Governo dovranno seguire i principi e criteri direttivi di seguito elencati: - individuazione degli obblighi di informazione, consultazione o negoziazione a carico dell'impresa nei confronti delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori, o di appositi organi individuati dal contratto, nel rispetto dei livelli minimi fissati dal Decreto Legislativo n. 25/2007 (Attuazione della direttiva 2002/14/CE – Quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori); - istituzione di organismi congiunti, paritetici o comunque misti tra azienda e lavoratori. Tali organismi dovranno essere dotati di competenze di controllo e partecipazione in materie come la sicurezza, la salute, l’organizzazione del lavoro, la formazione professionale, la promozione delle pari opportunità, le forme di remunerazione collegate al risultato, i servizi sociali destinati ai lavoratori e alle loro famiglie forme di welfare aziendale e ogni altra materia attinente alla responsabilità sociale dell'impresa; - controllo sull’andamento o su determinate scelte di gestione aziendali mediante la partecipazione di rappresentanti eletti dai lavoratori o designati dalle organizzazioni sindacali in organi di sorveglianza; - partecipazione di lavoratori agli utili, al capitale dell’impresa; - partecipazione dei lavoratori all’attuazione e alla realizzazione dei piani industriali; - previsione che nelle società per azioni con più di 300 lavoratori, potrà essere prevista la partecipazione di rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza come membri a pieno titolo di tale organo, con gli stessi diritti e gli stessi obblighi dei membri che rappresentano gli azionisti, compreso il diritto di voto; - previsione dell’accesso privilegiato dei lavoratori dipendenti all’acquisto di azioni, quote del capitale dell’impresa, o diritti di opzione sulle stesse, sia direttamente che mediante la costituzione di fondazioni, enti o associazioni di lavoratori per l’utilizzo non speculativo delle partecipazioni. |
SCHEDA DI VALUTAZIONE Informazione, consultazione dei lavoratori e democrazia economica | ||
contenuto | potenzialità/criticità | valutazione |
Il Governo è delegato ad adottare, entro nove mesi, uno o più decreti legislativi finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa attivate attraverso la stipulazione di un contratto collettivo aziendale | La misura mira a conferire organicità e sistematicità alle norme in materia di informazione e consultazione dei lavoratori, nonché di partecipazione dei dipendenti agli utili e al capitale nell’ottica di favorire la democrazia economica. | |
Si ribadisce il ruolo fondamentale della contrattazione collettiva aziendale, che è il terreno fertile per l’implementazione di modelli partecipativi di relazioni industriali | ||
Calare comunque dall’alto un modello legale di riferimento piuttosto che lasciare alla autonomia delle parti la libera determinazione di forme partecipative rispondenti alle singole esigenze aziendale creare delle perplessità | ||
È riduttiva la previsione che rinvia, per gli aspetti attuativi, alla stipulazione di un contratto collettivo aziendale. La norma sarebbe così applicabile solo alle aziende di grandi dimensioni lasciando fuori le PMI che rappresentano il cuore pulsante della economia del nostro sistema paese. | ||
Sono fissati i principi e criteri direttivi per l’applicazione la definizione dei decreti legislativi: a) individuazione di obblighi di informazione, consultazione e negoziazione a carico dell’impresa delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori o di appositi organi individuati dal contratto aziendale nel rispetto del d.lgs. n. 25/2007 | Il d.lgs n. 25/2007 che recepisce la direttiva n. 2002/14/CE presenta, a livello attuativo, delle criticità da risolvere. Si tratta di diritti individuali ad esercizio collettivo propri delle rappresentanze, il che presuppone la costituzione delle stesse. È da chiarire se l’esercizio dei diritti possa essere garantito anche nelle imprese in cui non vi sono organismi di rappresentanza ma un contratto collettivo. | |
Altra perplessità si pone nel caso in cui il datore di lavoro non sia iscritto ad una associazione rappresentativa dei propri interessi. Forse sarebbe opportuno prevedere una clausola di salvaguardia dei diritti in questione al fine di garantire l’effetto utile della direttiva anche per evitare una esposizione dell’Italia ad una |
condanna per mancata attuazione del disposto comunitario. | ||
Previsione di procedure di verifica dell’applicazione e degli esiti di piani o decisioni concordate, anche attraverso l’istituzione di organismi congiunti, paritetici o comunque misti, dotati delle prerogative adeguate. | La presenza di organismi con competenze specifiche in alcune materie è già contemplata nel nostro ordinamento nella normativa di recepimento comunitaria, ad esempio in materia di salute e sicurezza. | |
La norma prevede l’istituzione dei citati organismi con competenze di controllo e partecipazione in materie specifiche: salute e sicurezza, organizzazione del lavoro, formazione professionale, promozione e attuazione effettiva delle pari opportunità, forme di remunerazione collegate ai risultati, servizi sociali destinati ai lavoratori e alla loro famiglie, forme di welfare aziendale e ogni altra materia attinente alla responsabilità sociale di impresa. | Vi sono interrogativi rispetto alle forme e modalità della partecipazione dei lavoratori e sulla costituzione degli organismi al di fuori delle grandi imprese e quindi nella maggior parte delle PMI presenti nel nostro Paese. | |
Tra i principi da tener presente vi sono: - il controllo sull’andamento e su determinate scelte di gestione aziendali, mediante partecipazione di rappresentanti eletti dai lavoratori o designati dalle organizzazioni sindacali in organi di sorveglianza; - la previsione, nelle imprese esercitate in forma di S.p.a o di SE che occupino più di 300 dipendenti e nei quali lo statuto preveda che l’amministrazione e il controllo siano esercitati da un consiglio di gestione o da un consiglio di sorveglianza, della partecipazione di rappresentanti dei lavoratori nei consigli di sorveglianza come membri a pieno titolo e con gli stessi diritti e obblighi dei membri che rappresentano gli azionisti, | È positivo l’intento di rafforzare gli interessi delle minoranze azionarie. | |
Il punto fondamentale, al momento ancora irrisolto dal legislatore, è nella rappresentanza degli interessi degli azionisti, anche di minoranza, nelle assemblee societarie nonché nella raccolta delle deleghe di voto. L’art. 137, comma 1, della legge Draghi consente la raccolta di deleghe in deroga all’art. 2372 c.c ma è una norma di indirizzo e non cogente e come tale suscettibile di applicazione concreta solo nei casi in cui siano le stesse società a prevederlo. |
compreso il diritto di voto. | ||
Previsione della partecipazione dei lavoratori dipendenti agli utili o al capitale dell’impresa e della partecipazione dei lavoratori all’attuazione e al risultato di piani industriali con istituzione di forme di accesso dei rappresentanti sindacali alle informazioni sull’andamento dei piani medesimi | In tal caso si è dinanzi ad una fattispecie diversa: la partecipazione finanziaria funzionale a quella gestionale. Il codice civile (artt. 2349, 2441, co.8, 2358, 2099) contempla forme di acquisizione della proprietà azionaria e partecipazione agli utili. Per quel che riguarda il primo aspetto tuttavia vi è una indeterminatezza dell’impianto codicistico che ne rallenta la piena realizzazione. Le esperienze contenute nel Codice della partecipazione hanno evidenziato delle criticità attuative nel nostro sistema di relazioni industriali. | |
Previsione dell’accesso privilegiato dei lavoratori dipendenti al possesso di azioni, quote del capitale dell’impresa o diritti di opzione sulle stesse, direttamente o mediante la costituzione di fondazioni, di appositi enti in forma di SICAV, oppure di associazioni di lavoratori, i quali abbiano tra i propri scopi un utilizzo non speculativo delle partecipazioni e l’esercizio della rappresentanza collettiva nel governo dell’impresa. | La vexata quaestio è tra azionariato individuale e collettivo oltre alla costituzione di fondi d investimento collettivi. Tali strumenti ad oggi sono realizzabili nell’ambito della autonomia privata (le ipotesi dottrinali sono diverse). Sul punto l’ordinamento italiano però non prevede possibilità di azionariato collettivo attraverso l’istituzione e l’organizzazione mediante fondi come accade nel sistema francese. Nel nostro ordinamento sono presenti anche i piani di stock option ossia diritti di opzione. È necessario però intervenire sulla leva fiscale. | |
La disciplina dei fondi pensione (d.lgs. 299/1999) in tema di cartolizzazione del TFR ha rappresentato una apertura ma il procedimento è farragginoso e si è dimostrato di scarsa praticabilità. | ||
Il ricorso allo strumento delle fondazioni potrebbe essere una modalità migliore, ad esempio rispetto agli accordi parasociali, per generare un aumento della produttività aziendale, se accompagnato da misure di fiscali di sostegno. | ||
Per l’adozione dei decreti legislativi non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica | La norma sembrerebbe positiva perché non prevede oneri tuttavia si sarebbero potute immaginare anche forme più robuste e strutturali come, ad esempio, la detassazione per gli accordi di partecipazione. Al momento la detassazione è stata depotenziata ma non sembra che vi siano risorse dedicate per accordi partecipativi. |