LA CONTRATTAZIONE DI SECONDO LIVELLO AL TEMPO DEL COVID-19
LA CONTRATTAZIONE DI SECONDO LIVELLO AL TEMPO DEL COVID-19
OLTRE LA PANDEMIA: CONTRATTARE L'ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
Focus a cura dell’Osservatorio Cgil-Fdv (Giugno 2021)
Focus
La contrattazione di secondo livello al tempo del Covid-19
Oltre la pandemia: contrattare l'organizzazione del lavoro
Questo Rapporto è frutto della collaborazione tra l’area delle Politiche contrattuali della Cgil nazionale e la Fondazione Xxxxxxxx Di Xxxxxxxx (Fdv).
Il gruppo di lavoro è composto per la Cgil nazionale da Xxxxx Xxxxxxxxxx (Segretaria confederale), Xxxxxx Xxxxxxxx (Coordinatore dell’area Politiche contrattuali), Xxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxxxx. Per la Fondazione Xx Xxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxx (presidente), Xxxxx Xx Xxxxx e Xxxxx Xxxxxxxx (ricercatori).
Il coordinamento scientifico dell’indagine e la stesura del Focus si devono a Xxxxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxx Xx Xxxxx.
La ricerca e l’acquisizione degli accordi è merito dell’area delle Politiche contrattuali Cgil, e in particolare di Xxxxxx Xxxxxxxxx.
La Fdv ha realizzato e messo a disposizione l’applicativo informatico per l’inserimento e l’archiviazione degli accordi analizzati.
La classificazione degli accordi e l’elaborazione statistica dei dati sono da attribuire a Xxxxxxxxx Xxxxxxxx.
Giugno 2021
Focus
La Contrattazione di secondo livello al tempo del Covid-19
Oltre la pandemia: contrattare l'organizzazione del lavoro
Indice
Indice 3
Introduzione 4
1. Il profilo degli accordi 6
1.1 Aspetti generali e tematiche caratteristiche degli accordi 6
1.1.1 I protocolli nazionali e territoriali, settoriali e intersettoriali 6
1.1.2 La contrattazione aziendale 8
1.2. La contrattazione aziendale a confronto nelle diverse fasi della pandemia 11
1.2.1 Caratteristiche generali 12
2. Contrattare l’innovazione organizzativa 17
2.1 Da misura emergenziale a nuova modalità organizzativa: diffusione e caratteristiche dello smart working nella contrattazione aziendale 17
2.1.1 Nuova organizzazione aziendale 18
2.1.2 Orario di lavoro e diritto alla disconnessione 20
2.1.3 Controllo sulle prestazione e strumentazione 20
2.1.4 Formazione professionale e sui temi di ambiente, salute e sicurezza 21
2.1.5 Partecipazione e diritti sindacali 23
2.1.6 Smart working e conciliazione vita-lavoro 23
2.1.7 Gli sviluppi futuri del lavoro agile 24
2.2 L’innovazione nei processi organizzativi: il contributo degli accordi sul Fondo Nuove Competenze 25
2.2.1. Caratteristiche generali degli accordi su Fondo nuove Competenze 26
2.2.2. La contrattazione sulla formazione all’innovazione organizzativa 30
Introduzione
Come si è avuto modo di osservare nel primo Focus dedicato all’impatto del Covid-19 sulla contrattazione di secondo livello (febbraio 2021), la pandemia ha comportato sfide del tutto inedite per la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, rendendo necessaria l’adozione di nuove modalità di prevenzione e protezione per la riduzione dei rischi da contagio.
I luoghi di lavoro e i processi produttivi sono stati sottoposti a una radicale spinta adattiva durante l’emergenza. In particolare, l’introduzione di forme di lavoro da remoto e le pratiche di distanziamento fisico hanno determinato importanti cambiamenti organizzativi all’interno delle aziende.
A distanza di mesi, il presente Focus si concentra sulla contrattazione realizzata nelle diverse fasi pandemiche, e si interroga sulle traiettorie di tali cambiamenti: da mere misure emergenziali –quali erano state concepite– a interventi dapprima sperimentali, soggetti a verifiche e revisioni in corso d’opera, confronto con le rappresentanze e i lavoratori stessi, fino a interventi che potrebbero cambiare aspetti strutturali dell’organizzazione del lavoro.
Per questi motivi si è deciso di dedicare questo Focus -realizzato dall’Area Politiche contrattuali della CGIL nazionale con la Fondazione Di Xxxxxxxx- proprio alla contrattazione sulle innovazioni organizzative che stanno investendo il mondo del lavoro.
Più in particolare, il testo si compone di due parti principali:
• il capitolo uno che analizza e descrive i contenuti tematici e le caratteristiche degli accordi analizzati
• e il capitolo due, in cui ci si concentra più nel dettaglio sul rinnovamento organizzativo attraverso una rilettura qualitativa degli accordi su smart working e Fondo nuove competenze.
La prima parte (cap.1), presenta il complesso degli accordi classificati e analizzati (724 testi, firmati tra marzo 2020 e maggio 2021). Il campione è costituito da diversi gruppi di accordi che sono stati trattati separatamente: i protocolli nazionali e territoriali (par. 1.1.1), gli accordi aziendali (par. 1.1.2), gli accordi sul Fondo nuove competenze (par. 2.2).
Questi accordi, raccolti nell’Osservatorio Cgil-Fdv sulla contrattazione di secondo livello, sono frutto di una selezione ragionata orientata dalla scelta di approfondire il tema dell’innovazione organizzativa. Più in particolare, si è deciso di inserire nell’Osservatorio soprattutto quegli accordi che prevedono clausole riguardanti l’assetto organizzativo, nonché i vari aggiornamenti dei protocolli di sicurezza, escludendo -almeno per il momento- la contrattazione integrativa più articolata, quella difensiva e sulla retribuzione variabile1.
Anche se gli accordi analizzati non hanno la pretesa di rappresentare il complesso della contrattazione della fase d’emergenza, riteniamo che diano conto dell’importanza delle relazioni tra
1 Questi accordi, non inseriti nell’Osservatorio in questa fase, saranno ripresi e analizzati nel prossimo Rapporto generale sulla contrattazione di secondo livello.
le parti nella reazione alla pandemia, sia per gli aspetti di protezione dei lavoratori sia per gli interventi d’emergenza volti a garantire la continuità della produzione e dei processi di lavoro.
E oltre l’emergenza, pensiamo che tale analisi possa fornire alcune indicazioni sui caratteri presenti nella contrattazione di oggi, sospinta da un’esigenza allo stesso tempo adattiva e innovativa che il Covid ha imposto, o sollecitato.
In questa prospettiva, il secondo paragrafo del capitolo 1 propone un confronto tra le caratteristiche degli accordi aziendali realizzati nella prima e seconda fase dell’emergenza2. Tale confronto illustra da una parte la capacità reattiva della contrattazione (specie nei protocolli aziendali di prevenzione e contrasto della diffusione di Covid-19) e dall’altra l’accelerazione di una trasformazione contrattata della prestazione di lavoro e del suo contesto organizzativo, in particolare sul tema del lavoro agile. Su questo, allargando lo sguardo anche alla fase pre-Covid, emerge come la trattazione del lavoro agile includa sempre più, oggi, aspetti prima trascurati o marginali: dai diritti sindacali alla salute e sicurezza, dalla formazione al rinnovamento organizzativo, configurando accordi di nuovo tipo, una sorta di “contratti integrativi per gli smart workers”.
Anche a partire da questi spunti, il capitolo 2 si concentra su un’analisi più dettagliata degli accordi dedicati all’istituto dello smart working e ai temi di innovazione organizzativa veicolati negli accordi sul Fondo nuove competenze.
Più in particolare, nel paragrafo 2.1 sono stati ripresi e analizzati i testi che introducono e normano il lavoro agile nelle aziende, approfondendone gli aspetti basilari anche attraverso l’esemplificazione degli accordi più interessanti. Si tratta di un insieme piuttosto eterogeneo di testi, ma leggendoli in linea cronologica, a partire da quelli meno recenti, si può notare come la contrattazione sul tema abbia subito una rapida e radicale evoluzione nel corso di un arco temporale molto ristretto.
In questo quadro, il mantenimento di alcuni diritti fondamentali deve rimanere un punto centrale della contrattazione sul lavoro agile: da basare sul confronto tra le parti, prevedendo nuove modalità di organizzazione del lavoro centrate sulla condivisione di progettazione e raggiungimento degli obiettivi.
Nel paragrafo 2.2 sono stati analizzati i contenuti e le caratteristiche degli accordi sul Fondo nuove competenze, cercando di far emergere se - e come - questo abbia incentivato l’introduzione di pratiche innovative nelle aziende. Il Fondo – negli intenti di politica attiva del lavoro proposti dal Governo – costituirebbe un elemento strategico per la ripresa economica post-pandemica. Ciò richiede la riqualificazione dei lavoratori e il rafforzamento delle loro competenze, specie a fronte dell’altro elemento essenziale per l’adesione al programma: la realizzazione di innovazioni di natura organizzativa, tecnologica, di processo e di prodotto. La contrattazione sulla rimodulazione dell’orario di lavoro potrebbe essere inoltre un’occasione di maggior partecipazione delle parti sociali ai processi di rinnovamento organizzativo, all’interno di un contesto in cui le relazioni
2 Con lo spartiacque rappresentato dall’entrata in vigore, il 18 maggio 2020, del Decreto legge n. 33 del 16 maggio 2020 per la regolamentazione delle riaperture.
industriali si sono già proficuamente messe alla prova nella prevenzione e nel contrasto della diffusione del virus.
Naturalmente le variabili che determineranno l’evoluzione futura di queste esperienze sono molteplici, sia soggettive (il ruolo e gli intenti delle parti), sia oggettive, e cioè relative al rapporto dell’innovazione organizzativa con alcune variabili di sfondo: le dimensioni e la struttura delle aziende, la qualità delle relazioni sindacali, i settori coinvolti, l’orientamento offerto dalla contrattazione di livello superiore.
1. Il profilo degli accordi
1.1 Aspetti generali e tematiche caratteristiche degli accordi
Come già anticipato, in totale gli accordi inseriti sono 724- siglati tra febbraio 2020 e maggio 2021- di cui 554 aziendali e 170 protocolli territoriali. Più in particolare, 326 erano i testi già inseriti per l’elaborazione del primo focus, a cui si sono aggiunti altri 398 accordi, tutti riconducibili alla contrattazione in ambito Covid. Tra i nuovi documenti inseriti, un gruppo di testi (n. 1403) - tra aziendali e territoriali- può essere ricondotto alla contrattazione dell’organizzazione dei processi lavorativi e delle produzioni conseguenti agli accordi sul Fondo Nuove Competenze (FNC) e sarà analizzato in maniera specifica per le peculiarità dettate dalla rimodulazione degli orari di lavoro (cfr. par. 2.2).
Si farà quindi riferimento a 584 accordi (al netto dei testi su FNC), di cui 443 aziendali e 141 territoriali. Più in particolare, in questo primo paragrafo verranno presentati gli aspetti generali e le tematiche caratteristiche degli accordi Covid-19 - sia territoriali che aziendali- ricavati dall’inserimento dei nuovi testi nell’archivio di contrattazione di secondo livello; mentre nel secondo paragrafo ci si concentrerà solo sugli accordi aziendali, confrontando le principali differenze che emergono tra la contrattazione della primissima fase emergenziale e quella successiva delle riaperture (dopo l’entrata in vigore del Decreto legge n. 33 del 16 maggio 2020 e fino a maggio 2021).
1.1.1 I protocolli nazionali e territoriali, settoriali e intersettoriali
141 fra gli accordi censiti sono protocolli: 79 nazionali e 62 territoriali; 42 sono multisettoriali mentre i restanti 99 riguardano uno specifico settore, perlopiù manifattura e terziario. Più di un terzo di questi protocolli è stato firmato dai livelli confederali, mentre i restanti si distribuiscono in maniera piuttosto variegata tra le differenti categorie (Figura 3).
3 Gli accordi raccolti sul Fondo nuove Competenze sono in realtà un numero maggiore (n.179), ma si è deciso di non inserirli tutti perché alcuni documenti presentavano testi identici tra loro. Questo è da imputarsi al fatto che si tratta di documenti che derivano dallo stesso modello definito da accordi quadro territoriali.
Figura 1/2 Territorio e Macro-settore di afferenza dei protocolli (% calcolata entro il tot. di protocolli)
Nord-
ovest 9%
Nord-est
13%
Nazionale
56%
Centro
12%
Sud e Isole
10%
Multisetto
riale 30%
Pubblico
20%
Agricoltura
1%
Terziario
24%
Manifattur
a 21%
Servizi
4%
33,3
12,1
10,6
9,9
9,2
7,8
6,4
3,5
2,1 2,1
1,4
1,4
Figura 3 Categorie sindacali firmatarie dei protocolli (%calcolata entro il totale di protocolli)
Riguardo alle aree tematiche negoziate nei protocolli (Fig. 4), svetta per frequenza quella relativa alle relazioni sindacali, presente nel 74% del campione. In quest’ambito si deve sottolineare il peso delle commissioni paritetiche – in special modo su salute e sicurezza – e forse ancora di più l’impiego dell’esame congiunto in materia di gestione delle crisi aziendali e organizzazione del lavoro (36%); seguita dalla bilateralità (23%).
L’area ambiente, salute e sicurezza è la seconda più trattata ed presente in oltre la metà dei protocolli. Buona parte degli istituti contrattuali che vi afferiscono si colloca nella cornice di misure contro il rischio di contagio (32%), che poi sono state sostanzialmente riprese dalla contrattazione aziendale. Tuttavia va sottolineato come oltre il 45% di questi accordi faccia riferimento anche a relazioni sindacali su salute e sicurezza, in particolare con le prerogative assunte dai rappresentanti per la sicurezza e dalle relative relazioni che questi intrattengono con l’azienda.
Relazioni sindacali | 74,5 | ||||
Ambiente, Salute e Sicurezza | 53,2 | ||||
Organizzazione del lavoro | 29,8 | ||||
Politiche industriali e crisi aziendali | 29,1 | ||||
Orario di lavoro | 12,1 | ||||
Occupazione e rapporto di lavoro | 11,2 | ||||
Diritti e prestazioni sociali | 9,2 | ||||
Inquadramento e formazione | 5,7 | ||||
Welfare integrativo | 5,7 | ||||
Trattamento economico | 5,7 |
Figura 4 Distribuzione delle aree tematiche (% calcolate entro il totale di protocolli)
In aumento, rispetto ai dati della sola prima fase Covid, i testi che trattano organizzazione del lavoro (29,8%; cfr. par.2.1), trainati dal richiamo al rinnovamento organizzativo (18%) e soprattutto allo smart working (20%).
Politiche industriali e crisi aziendali costituiscono la quarta area tematica più trattata, a stretto ridosso dell’organizzazione del lavoro (29,1%). Qui un ruolo determinante lo hanno assunto gli accordi quadro regionali per la gestione della Cassa integrazione e i Fondi di solidarietà.
Le altre aree sono meno rilevanti dal punto di vista numerico, si tratta perlopiù di clausole che prevedono la rimodulazione degli orari per limitare assembramenti, la fruizione di ferie e permessi (area orario di lavoro), la formazione standard e quella per lo smart working (area formazione), norme particolari per determinate forme contrattuali (area occupazione e rapporti di lavoro), forme di previdenza e sanità integrativa (area welfare integrativo) e congedi aggiuntivi per facilitare la conciliazione vita privata-lavoro (area diritti e prestazioni sociali).
1.1.2 La contrattazione aziendale
Al netto dei protocolli, gli accordi aziendali analizzati sono 443 e ripartiti come riportato nella tabella 1 che segue, mentre la figura 5 mostra le categorie firmatarie di questi documenti. È opportuno precisare che come questi valori non diano conto delle reali proporzioni della contrattazione di secondo livello delle diverse categorie, trattandosi solo di dati che si riferiscono al campione di accordi acquisti ed elaborati dal nostro Osservatorio. Le caratteristiche di questi accordi saranno poi illustrate in maniera più dettagliata nel paragrafo successivo.
Tabella 1 Distribuzione del tipo di azienda e della dimensione aziendale (% calcolata entro il totale di accordi aziendali)
Val. ass. Val.%
Aziendale | 202 | 45,6 |
Gruppo Unità produttiva Totale | 196 | 44,2 |
45 | 10,2 | |
443 | 100 |
30,2
14,2 14
12
7,4
6,5
5,4
4,7
2
2
1,4
Figura 5 Categorie sindacali firmatarie degli accordi aziendali (% calcolate entro il totale di accordi aziendali)
L’istogramma che segue (Figura 6) presenta la distribuzione delle aree tematiche per tutti gli accordi aziendali. Come si diceva in premessa, è sembrato opportuno analizzare nello specifico le tematiche affrontate negli accordi delle diverse fasi che si sono succedute nel corso dell’ultimo anno e mezzo. Tuttavia può essere utile avere anche un quadro generale sui temi della contrattazione aziendale in generale, che riepiloga sinteticamente quanto emerso dal primo focus e lo aggiorna con gli accordi inseriti più recentemente.
Relazioni sindacali
62,1
Organizzazione del lavoro
55,1
Ambiente, Salute e Sicurezza
49,4
Orario di lavoro
37,7
Politiche industriali e crisi aziendali
19,4
Diritti e prestazioni sociali
14
Inquadramento e formazione
10,8
Occupazione e rapporto di lavoro
10,6
Welfare integrativo
9,9
Trattamento economico
8,4
Figura 6 Distribuzione delle aree tematiche (% calcolate entro il totale degli accordi aziendali n.443)
Anche in questo caso, l’area relativa alle relazioni sindacali è la più ricorrente di tutte (62%), concentrandosi principalmente su due temi strettamente legati: il coinvolgimento e partecipazione (37%) e le commissioni paritetiche (26%), entrambi focalizzati soprattutto sui temi della salute e sicurezza e dell’organizzazione del lavoro.
Come si è già anticipato, l’area relativa all’organizzazione del lavoro è una delle più ricorrenti, presente in oltre la metà degli accordi (55%). In particolare, la voce tematica cambiamento organizzativo (25,5%) sostanzialmente riguarda tutti quegli interventi strutturali che le aziende hanno dovuto apportare all’organizzazione aziendale per limitare i rischi di contagio tra i lavoratrici e lavoratori. La gestione dello smart working, da sola, riguarda il 37,7% degli accordi aziendali. Per il resto, spiccano la rimodulazione degli orari e dei ritmi di lavoro, le indicazioni relative a procedure interne per l’ingresso e la gestione fornitori, l’organizzazione di riunioni solo da remoto.
Ambiente, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è ovviamente una delle aree tematiche più ricorrenti in questa fase; circa la metà degli accordi (49,4%), infatti, vi fa riferimento. Nella maggior parte dei casi si tratta dell’applicazione delle misure di prevenzione previste dai Protocolli condivisi del 14 marzo del 24 aprile 2020 (39,5%). Più frequente e strutturato diviene il confronto sui temi di salute e sicurezza (20%), laddove gli RLS, i rappresentanti per la salute e la sicurezza (10%) vengono ora maggiormente coinvolti nei processi di stampo paritetico.
Anche il tema dell’orario di lavoro è molto ricorrente e compare in quasi la metà degli accordi, declinato per lo più in interventi sulla struttura dell’orario che spesso, per esigenze di sicurezza, è stato rimodulato nei turni.
L’area Politiche industriali e crisi aziendali compare poco meno di un quarto degli accordi (19%), in cui si tratta essenzialmente di cassa integrazione. Va detto che questi accordi rappresentano solo una piccola parte di quelli sugli ammortizzatori sociali per interruzione/riduzione della produzione per l’epidemia, essendoci anche diversi accordi che introducono clausole migliorative, come l’anticipazione degli importi e l’integrazione economica al 100% dell’indennità.
Per quanto riguarda l’area relativa a Diritti e prestazioni sociali, che compare in circa il 14% degli accordi analizzati, gli istituti rilevanti sono quelli che concernano la tutela di categorie specifiche di lavoratori (9,7%) e la tutela della genitorialità/misure di conciliazione (8%).
Rispetto all’area 6, non ci sono accordi che trattano di inquadramento ma si fa riferimento solo alla formazione (10,8%). È interessante notare, comunque, come diversi accordi prevedano il ricorso a una formazione specifica per i lavoratori in smart working (declinata come formazione all’innovazione) per prepararli adeguatamente all’uso di specifici strumenti di lavoro da utilizzare da remoto (8%).
Per quanto riguarda l’area Occupazione e rapporti di lavoro, si ritrovano accordi che hanno clausole specifiche per alcune forme contrattuali come il part-time, oppure regolamentazioni per aziende appaltatrici.
Di fatto, gli accordi che trattano di welfare integrativo (9,9%) si riferiscono soprattutto all’introduzione o regolazione dei buoni pasto (5%), quasi sempre in relazione allo smart working e, in misura minore, a sanità integrativa (2%).
Come si è visto dall’istogramma sulla distribuzione delle aree, quella del trattamento economico è una delle meno presenti negli accordi analizzati, a differenza di quanto registrato nella contrattazione più recente4. Di fatto l’emergenza sanitaria ed economica ha spostato le priorità della contrattazione, concentrandosi maggiormente su aspetti volti a tutelare lavoratori e lavoratrici,
4 Secondo i precedenti rapporti sulla contrattazione di secondo livello Cgil- Fdv, il trattamento economico è un’area che viene trattata in oltre il 50% degli accordi, la sola retribuzione variabile ricorre in poco medo del 40% degli accordi.
soprattutto sul piano della salute e sicurezza. Andando a osservare nel dettaglio i singoli istituti contrattuali, si può evidenziare come tra gli elementi retributivi fissi ci siano una serie di benefit economici introdotti per compensare i lavoratori costretti a particolari condizioni per l’emergenza sanitaria. Inoltre va ancora una volta precisato, che in questo Focus si è deciso di “lasciare fuori” dall’analisi i rinnovi dei contratti integrativi e la contrattazione sui premi di risultato, per concentrarsi principalmente sui temi legati all’organizzazione del lavoro. Nel complesso il minor flusso di accordi dedicati ai temi salariali è quindi in parte dovuto alla ratio della selezione effettuata per questa analisi. D’altra parte, è probabile che la ciclicità tendenzialmente triennale della contrattazione sul Premio di risultato e sugli aspetti correlati consentirà solo nel corso del 2021 di valutare la misura effettiva della sua contrazione. Rispetto al merito degli interventi comunque realizzati nella contingenza pandemica, vi sono intese di aggiustamento degli accordi in essere alle condizioni della fase (ad esempio, con la semplice proroga della vigenza degli accordi o la semplificazione degli obiettivi concentrandosi su indicatori che non patissero della generalizzata penalizzazione dei valori economico-finanziari). In ogni caso, l’approfondimento sia sugli aspetti quantitativi (che i dati 2020-2021 del monitoraggio del Ministero del Lavoro sui depositi degli accordi e sui contratti vigenti mostrano in calo rispetto alla fase prepandemica5) sia su quelli qualitativi, e quindi sulle soluzioni adottate per rispondere ai nuovi elementi di contesto, sarà certamente al centro del prossimo Rapporto sulla contrattazione di secondo livello per gli anni 2019- 2021.
1.2. La contrattazione aziendale a confronto nelle diverse fasi della pandemia
La pandemia ha provocato in ogni campo sociale, istituzionale ed economico risposte differenti, talvolta coordinate e altre volte divergenti. Per giunta queste si sono differenziate a seconda della fase di diffusione. Ciò vale naturalmente anche nel campo dell’iniziativa sindacale e delle relazioni industriali. La prima fase, improvvisa e imprevista, ha comportato una risposta da parte di imprese e sindacati nuova, ma allo stesso tempo basata sulle risorse negoziali, relazionali e sulle pratiche stratificate nel corso del tempo e caratterizzanti il sistema italiano di relazioni industriali6. La matrice generativa rappresentata dai “Protocolli condivisi” del 14 marzo e del 24 aprile 2020 ne è un esempio. La seconda fase, segnata a sua volta da passaggi intermedi, avanzamenti e regressioni della diffusione della pandemia (specie a partire dall’autunno 2020) ha accentuato, se possibile, il carattere inedito dei problemi e delle soluzioni.
5 Al 16 dicembre 2019 erano 17.937 i contratti attivi, (di cui 13.912 aziendali); al 14 dicembre 2020 erano
14.583 i contratti attivi (11.194 quelli aziendali); mentre a giugno 2021 sono 10.238 i contratti ancora attivi (7.910 aziendali). Vd. Il più recente Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Report deposito contratti ex art.14D.LGS.151/2015, 16 giugno 2021.
0 Xxx. Xx Xxxxx X., Xx Xxxxxx X., Xxxxxxxx X., Azione sindacale e contrattazione collettiva per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro nella fase 1 dell’emergenza da pandemia di Covid-19, «Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale», n. 1, 2021, pp. 91-110.
Il Focus sulla contrattazione “ai tempi del Covid” realizzato solo pochi mesi fa7, centrato per la gran parte su accordi siglati nella primavera dell’emergenza, a più riprese e nelle sue conclusioni articolava alcuni possibili sviluppi e poneva domande alla contrattazione che sarebbe venuta – e che veniva realizzata in quelle settimane -. Anzitutto riguardo alla conferma e allo svolgersi di alcune innovazioni, di cui seguire la crescita e la maturazione (ad esempio per quanto riguarda il lavoro agile). Poi gli sviluppi del presidio della protezione sanitaria e della sicurezza nei luoghi di lavoro, anche in termini di maggiore autorevolezza e prerogative da parte dei rappresentanti dei lavoratori per la salute e sicurezza. Nel primo Focus sugli “accordi Covid” emergeva il dilemma riguardante l’impatto della pandemia sulla negoziazione dei temi retributivi; ma soprattutto ci si interrogava sul cambiamento organizzativo, tecnologico e sullo sviluppo della composizione tecnica della forza lavoro stessa, impegnata – si intravedeva anche dai testi di accordo – in processi di trasformazione certamente non contingenti ed effimeri.
Per tali motivi, questo secondo Focus sulla contrattazione Covid ha acquisito non solo un numero significativo di nuovi accordi realizzati più di recente, ma tenta qui un confronto tra le caratteristiche degli accordi aziendali realizzati nella “fase 1”, la cui selezione include principalmente protocolli per la prevenzione e il contrasto della diffusione di Covid-19, e quelli realizzati nella “fase 2”, per i quali la selezione è stata più mirata e centrata sui temi che in senso ampio attengono alla necessità di resilienza e innovazione a fronte delle sfide imposte dal perdurare della pandemia, e oltre. Tutto questo, in attesa di poter analizzare nel prossimo futuro, su una base di accordi più ampia, l’eventuale cambiamento di profilo dei contratti più complessi, e cioè degli integrativi aziendali il cui rinnovo dovrebbe fornire maggiori elementi sull’impatto della fase Covid sull’equilibrio e l’integrazione delle varie materie – dalla parte normativa a quella salariale – nella fase nuova che si apre.
Gli accordi aziendali (al netto di quelli sul Fondo nuove competenze) sono stati suddivisi in due gruppi secondo un criterio convenzionale, non del tutto coincidente con le definizioni di “fase 1” e “fase 2” invalse nella comunicazione pubblica. La scelta della data spartiacque è caduta quindi sull’entrata in vigore, il 18 maggio 2020, del Decreto legge n. 33 del 16 maggio 2020, attraverso il Dpcm “Riaperture” che indicava il calendario per la progressiva liberalizzazione di spostamenti, attività sociali ed economiche. Il secondo gruppo di accordi include pertanto testi siglati a partire dal 18 maggio fino al maggio 2021.
1.2.1 Caratteristiche generali
Nel complesso, gli accordi di livello aziendale – che assommano quelli analizzati per il primo focus e quelli che li integrano in queste pagine – sono 443, siglati tra febbraio 2020 e maggio 2021. Gli accordi realizzati nella “fase 1” sono 307, mentre quelli di “fase 2” sono 136.
Nella prima fase la dimensione territoriale vedeva già una significativa prevalenza di accordi “multiteritoriali/nazionali”, pari al 61,7% degli accordi (relativi ad aziende e gruppi di livello
7 Cgil e Fondazione Xxxxxxxx Di Xxxxxxxx, La contrattazione di secondo livello al tempo del covid-19, febbraio 2021 (xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xx/xxxxx-xxx-xxxx-xxxxxxxxxxxxxx-xxxxxxx-xxxxxxx-xx-xxxxx-xxx- covid-19).
nazionale, o in ogni caso con unità locali insediate in regioni diverse). Nella seconda fase questa dimensione si accentua ulteriormente, arrivando al 84,1%.
Dal punto di vista dei settori, gli accordi analizzati nelle due fasi hanno un’articolazione decisamente differente (Figura 7). Naturalmente contano in questo le scelte di selezione degli accordi che sono state richiamate, ma anche alcune caratteristiche di cornice delle fasi considerate. Nella prima fase, l’urgenza determinata dalla protezione della salute e dalla prevenzione della diffusione della pandemia nei luoghi di lavoro ha certamente reso più stringente la necessità di protocolli efficaci e tempestivi a livello aziendale, in particolare nei settori a più alto rischio, come la manifattura e il commercio. Nella seconda fase, il confronto riguardante la ripartenza delle attività produttive e l’adattamento di diversi elementi – tra i quali l’organizzazione del lavoro, ma non solo
72,1
30,4
32,4
32,4
16,4
7,8
2,7
4,9
– si riflette in una composizione settoriale più variegata delle aziende coinvolte.
80,0
70,0
60,0
50,0
40,0
30,0
20,0
10,0
0,0
Settore pubblico
Terziario
Servizi
Manifattura
fase 1 fase 2
Figura 7 Distribuzione accordi per settori (fase 1 e fase 2, % calcolata su accordi aziendali)
Pur con la differenziazione settoriale su illustrata, le dimensioni aziendali mostrano una continuità tra le due fasi (che peraltro richiama la composizione delle aziende già analizzate nei primi due Report generali sulla contrattazione di secondo livello, pubblicati nel 2019 e a inizio 2020). Le aziende coinvolte sia nella fase d’emergenza sia in quella della ripartenza (con accordi adattivi e/o innovativi) sono in gran numero imprese medio-grandi e di grandi dimensioni. Peraltro va sottolineato che nella seconda fase la componente di grandi imprese (con un numero di addetti superiore a 1.000) risulta ancor più significativa, fino a raggiungere il 50% circa delle aziende firmatarie degli accordi analizzati. Sebbene tale articolazione per dimensioni accentui la preponderanza delle imprese di grandi dimensioni, essa conferma per grandi linee dati ricorrenti nel tempo e provenienti da diverse fonti rispetto a una concentrazione della contrattazione di secondo livello tra le imprese più strutturate. Al di là dei limiti metodologici e di acquisizione dei contratti da parte dell’Osservatorio, dal punto di vista sindacale ciò restituisce una caratteristica ineludibile della diffusione della contrattazione, la quale può essere affrontata da nuove strategie di insediamento nel tessuto delle aziende piccole e medie, ma anche attraverso strumenti quali la contrattazione territoriale o le pratiche di contrattazione inclusiva.
60,0
49,5
50,0
39,5
40,0
30,0
23,3
26,2
23,7
20,0
18,3
11,0
10,0
8,6
0,0
piccole imprese
medie
medio-grandi
grandi imprese
fase 1 fase 2
Figura 8 Distribuzione degli accordi rispetto alla dimensione aziendale (fase 1 e fase 2, % entro tot. accordi aziendali)
Le aree tematiche contrattuali che caratterizzano i due gruppi di accordi (Figura 9) mostrano un profilo sensibilmente diverso. La specificità del contesto e la natura degli accordi sono i fattori più rilevanti che incidono su tali profili. Nella fase 1, il gran numero di protocolli per la prevenzione e il contrasto del contagio da SarsCov2 si riverbera nel peso dell’area delle relazioni sindacali e delle tematiche di SSL (intorno al 60% degli accordi aziendali), dietro alle quali si collocano le aree dell’orario di lavoro (39,1%, specie rispetto alla rimodulazione di turni, scaglionamento di ingressi e uscite) e dell’organizzazione del lavoro (in un accordo su due, in particolare rispetto agli interventi di cambiamento organizzativo relativi alla gestione del lavoro agile “d’emergenza”).
Il secondo gruppo di accordi – siglati a partire dalla seconda metà di maggio 2020 – è caratterizzato principalmente da accordi specifici su diversi temi: in particolare sul lavoro agile, in una prospettiva di consolidamento della misura, accanto a interventi per la formazione, per l’aggiustamento organizzativo nella “ripartenza”, ma anche accordi in qualche misura legati – e complementari – alla gestione della convivenza con la pandemia: estensione di permessi e congedi per esigenze di conciliazione vita-lavoro, congedi parentali, banca delle ore, permessi “solidali”.
Politiche industriali e crisi aziendali
Diritti e prestazioni sociali Welfare integrativo Ambiente, salute e sicurezza
Occupazione e rapporto di lavoro Inquadramento e formazione Organizzazione del lavoro
Orario di lavoro Trattamento economico
Relazioni sindacali
0 10 20 30 40 50 60 70 80
Fase 2 Fase 1
Figura 9 Distribuzione degli accordi per aree tematiche (fase 1 e fase 2, % calcolate entro accordi aziendali)
Pur essendo accordi prevalentemente specifici, non si tratta però di accordi monotematici. Vale a dire che essi trattano in genere il tema specifico entro una cornice di raccordi e relazioni con altri istituti. Ciò si evidenzia anche dall’articolazione del gruppo di accordi della “fase 2” per aree tematiche contrattuali. Anzitutto, è assai elevata la presenza di temi relativi alle relazioni sindacali (71,1%), segno di una forte proceduralizzazione delle intese (mediante meccanismi di confronto in itinere, costituzione di commissioni, enfasi sulle prerogative delle rappresentanze, etc.). Altrettanto intenso è il focus sull’organizzazione del lavoro, i cui temi raggiungono nel complesso i due terzi degli accordi (64,4%). Seguono a distanza le aree relative ad ambiente, salute e sicurezza (29,6%) e dell’inquadramento e formazione (26,7%). Nel caso dei temi su salute e sicurezza la loro presenza percentuale si dimezza, per certi versi ovviamente, rispetto agli accordi dell’emergenza in “fase 1”, la cui grandissima parte era costituita proprio da protocolli di contrasto alla diffusione di SarsCov2. Tuttavia in entrambi i casi – per SSL e formazione -, la presenza di tali aree è comunque più significativa che nelle rilevazioni generali precedenti, illustrate sia nel Primo sia nel Secondo Rapporto sulla contrattazione di secondo livello (relativamente ai periodi 2015-2017 e 2017-2019). Crescono anche, su valori pari o superiori alle medie degli anni precedenti, i temi relativi al welfare contrattuale (area 9) e a diritti e prestazioni sociali (area 10), entrambe intorno al 20-25% degli accordi. A ben guardare, tuttavia, gli istituti specifici trattati per queste aree sono assai concentrati su poche voci, e in particolare su permessi aggiuntivi per il sostegno della genitorialità e per lavoratori/trici fragili o con patologie croniche; mentre il tema welfare integrativo si concretizza quasi solo nelle misure di integrazione o corresponsione dei buoni pasto per i lavoratori in regime di lavoro agile. Questo aspetto, insieme all’irruzione negli accordi di “fase 2” della tematica della formazione (dal 3,9% degli accordi, in “fase 1”, al 26,7%), mostra come l’esigenza di regolare stabilmente lo smart working nel medio periodo abbia dato spazio a una trattazione dei temi più matura.
Un’ulteriore conferma della maggiore articolazione degli accordi sul lavoro agile nella “fase 2” – in presenza non solo di semplici riferimenti a esso, ma di un gran numero di accordi specifici dedicati
– è illustrata dalle aree contrattuali che vi sono trattate. Si sono quindi considerati, nelle due fasi, i soli accordi che nella classificazione adottata dall’Osservatorio presentano la voce tematica “smart working”. Nella fase di ripartenza successiva al maggio 2020, la selezione di tali accordi mostra una crescita considerevole dei temi legati alla formazione (dal 7,9% al 37,7%), ai diritti sindacali (da zero a 16,9%); alla precisazione di turni e struttura dell’orario dei lavoratori/trici in lavoro agile (area 4.1, dal 23,6% al 41,6%); alla crescita degli istituti legati al sostegno della genitorialità e alla conciliazione vita-lavoro (dal 6,7% al 22,1%); al welfare integrativo, sebbene particolarmente concentrato sull’istituto dei buoni pasto (26% degli accordi su lavoro agile in fase 2).
Come detto, nella fase più recente sono stati dedicati sempre più accordi specifici al lavoro agile. Lo smart working sperimentato da milioni di lavoratori e lavoratrici durante la pandemia ha tematizzato, anche sul piano negoziale, nuove domande e nuovi bisogni, per cui non sorprende che gli accordi più recenti mostrino caratteri di maggiore complessità. Se confrontati con la stagione negoziale precedente al Covid appare un cambio di fase sostanziale, come viene illustrato nella Figura 10. In essa sono indicate le tematiche contrattuali degli accordi specificamente dedicati allo smart working/lavoro agile, confrontando le intese siglate nel periodo 2017-2019 con quelle realizzate nelle due fasi Covid, tra 2020 e 2021.
Relazioni sindacali
Orario di avoro Inquadramento e formazione Ambiente, Salute e Sicurezza
Welfare integrativo Diritti e prestazioni sociali Trattamento economico
Politiche industriali e crisi aziendali
Occupazione e rapporto di lavoro
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
70,0
80,0
accordi smart working (2020-2021)
accordi smart working (2017-2019)
54,5
71,4
21,8
44,2
10,9
36,4
10,9
28,6
3,6
26,0
14,5
20,8
1,8 6,5
01,3
,0
1,3
7,3
Figura 10 Distribuzione degli accordi specifici su lavoro agile per aree tematiche (periodi 2017-2019 e 2020-2021, % calcolate entro accordi aziendali)
Gli accordi del periodo 2017-2019 sono stati realizzati in una fase non più strettamente pionieristica, anche a seguito dell’innovazione legislativa rappresentata dalla Legge 81 del 2017 sul lavoro agile. Ciononostante essi mostrano ancora un profilo concentrato prevalentemente su alcune aree contrattuali: peso significativo delle relazioni sindacali (nel 54,7% degli accordi: sono previste procedure condivise, specie per verifiche e fasi di sperimentazione, ma non sono tematizzati i diritti sindacali degli smart workers); segue a distanza l’articolazione dell’orario (nel 20,8% degli accordi del periodo), mentre assai più marginali risultano tutte le altre aree contrattuali, con l’eccezione di quella relativa a diritti e prestazioni sociali (15,1%) che mantiene l’eco del nesso tra lavoro agile e conciliazione vita-lavoro, tematizzato in particolare nelle prime sperimentazioni della misura e nella stessa norma di legge.
Gli accordi realizzati nel periodo pandemico, e fino a oggi, mostrano invece caratteristiche sensibilmente differenti. Anzitutto risulta evidente la maggiore complessità degli accordi, con una presenza considerevole delle tematiche relative alle relazioni sindacali (in oltre il 70% degli accordi: segno di una maggiore proceduralizzazione e condivisione della cornice, oltre che per una tematizzazione dei diritti sindacali dei lavoratori coinvolti), ma soprattutto per la presenza di tematiche strettamente legate alla prestazione di lavoro e ai relativi diritti: orario di lavoro (nel 44,2% degli accordi), inquadramento e formazione (36,4%), ambiente, salute e sicurezza (28,6%).
In sostanza, gli accordi specifici sul lavoro agile realizzati nel corso della pandemia – e oltre – paiono configurare una sorta di “contratti integrativi per gli smart workers”, evidenziando a un tempo l’impatto del lavoro agile sul complesso degli istituti che organizzano la prestazione di lavoro e la necessità di estensione dei diritti per i lavoratori e le lavoratrici che sono impegnati in questo processo di cambiamento.
2. Contrattare l’innovazione organizzativa
2.1 Da misura emergenziale a nuova modalità organizzativa: diffusione e caratteristiche dello smart working nella contrattazione aziendale
Come si è visto, nel complesso gli accordi sullo smart working sono 206, il 28,5% del totale di accordi inseriti (724). Una percentuale decisamente significativa, soprattutto se si pensa che nella fase pre- pandemica la quota di accordi che trattava di lavoro agile non superava il 6%. Tra questi, 29 sono protocolli territoriali, perlopiù documenti della prima fase dell’epidemia che prevedono misure di riorganizzazione, volte a ridurre il rischio da contagio. Tuttavia, nella fase successiva sono stati siglati accordi quadro a cui la contrattazione aziendale si è rifatta. Ne è un esempio il Protocollo Principi e Linee Guida per il Nuovo Lavoro Agile nella Filiera delle TLC, siglato con Assotelecomunicazioni-Asstel, il 30 luglio 2020, che definisce i principi generali per un’implementazione sempre più diffusa di quest’istituto attraverso la contrattazione aziendale.
In quest’ambito va citato anche l’accordo F.O.R. Working firmato da Federchimica e Farmindustria con Filctem, Femca e Uiltec (09/07/2020) in cui vengono stabilite le linee guida per una modalità innovativa di smart working caratterizzata da una maggiore flessibilità nella gestione dei tempi e dei luoghi di lavoro, a fronte dalla definizione degli obiettivi da raggiungere. In questo modo si vuole garantire maggiore efficienza organizzativa e livelli più alti produttività, ma anche maggiori garanzie di salute e sicurezza. L’accordo prevede inoltre che a valle di un percorso congiunto di approfondimento nell’ambito dell’Osservatorio, vengano realizzate specifiche linee guida da far confluire nel CCNL.
Da citare ancora l’accordo per il personale ATA delle scuole, del 27 Novembre 2020, che da esplicita precedenza ad alcune tipologie di lavoratrici e lavoratori (soggetti fragili, ma anche caregiver di persone a rischio e genitori con figli in quarantena) nell’accesso a forme di lavoro agile e, qualora non attuabili, favoriscono, su richiesta del dipendente, la massima flessibilità organizzativa consentendo di far ricorso agli strumenti normativi disponibili.
Infine, il più recente accordo ANIA per le imprese assicuratrici, siglato il 24 febbraio 2021, che non solo definisce delle nuove linee guida per l’implementazione dello smart working, ma istituisce anche un Osservatorio Nazionale Bilaterale che ne monitori l’applicazione.
Per quanto riguarda la contrattazione aziendale, lo smart working viene citato in circa un terzo del totale degli accordi (n.177, 32%). Alcuni di questi (n.7) riguardano l’accesso al Fondo Nuove Competenze, mentre la parte restante può essere divisa tra accordi in cui lo smart working viene solo introdotto, e accordi specifici che normano l’istituto. Il gruppo di accordi non specifici (n.93) sono stati siglati quasi esclusivamente nella prima fase dell’emergenza epidemiologica, in cui il lavoro agile viene introdotto come misura emergenziale e caratterizzato, essenzialmente, per l’assenza di una vera possibilità di scelta individuale, nonché per il carattere di remotizzazione del lavoro che ha assunto. In alcuni casi (Es. Credit Agicole, Voihotels, AXA) si è trattato di accordi che integravano intese precedenti sullo smart working, ampliando il numero di giornate fruibili e la platea di lavoratrici e lavoratori coinvolti. Tra questi rientrano anche diversi testi che non si occupano specificatamente di smart working, ma richiamano i precedenti contratti integrativi in cui il lavoro agile viene normato, come, ad esempio, gli accordi Lavazza e Barilla.
Nella fase successiva, invece, lo smart working è stato citato in riferimento ai protocolli per le riaperture (Es. Istat, ACI Torino) e la gestione organizzativa dei parziali rientri in azienda (Es. Reale Mutua Assicurazioni, Agenzia delle Dogane).
Il gruppo di accordi specifici della Fase 2 (n.77), raccoglie i testi che di fatto introducono - in maniera sperimentale o permanente- e normano il lavoro agile nelle aziende, quasi tutti firmati nel corso dell’estate/autunno 2020.
Si tratta di un insieme piuttosto eterogeneo di accordi, ma leggendoli a partire da quelli meno recenti, si può notare come la contrattazione sul tema del lavoro agile stia subendo una rapida e radicale evoluzione nel corso di un arco temporale molto ristretto.
Di seguito verranno trattati i principali ambiti di contrattazione sullo smart working, citando di volta in volta, i documenti più esemplificativi e le evidenze emerse dai dati a disposizione.
Tabella 2 Accordi specifici sullo smart working nelle due fasi dell'emergenza pandemica (val. ass.)
Accordo specifico su SW | |||
No | Si | Totale | |
Fase 1 (fino 17/05/2020) | 80 | 9 | 89 |
Fase 2 (oltre 18/06/2020) | 13 | 68 | 81 |
Totale | 93 | 77 | 170 |
In questo quadro, una breve considerazione va fatta sul comparto pubblico in cui l’adozione del lavoro agile è stato via via strutturata ed estesa, interessando una platea sempre più ampia di lavoratrici e lavoratori pubblici8. La contrattazione pubblica sullo smart working si caratterizza per un quadro regolativo disomogeneo: a fronte di accordi in alcuni grandi Enti, esistono tantissime realtà in cui la regolamentazione è stata determinata da atti unilaterali. A questo proposito i piani organizzativi per il lavoro agile (POLA), per i quali non è ancora previsto un livello di confronto vincolante, stentano a decollare anche a causa della proroga della fase emergenziale. Questi Piani intendono regolare l’attuazione del lavoro agile, definendone le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti. Il ricorso al lavoro agile può sicuramente accelerare il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione, rappresentando una favorevole occasione per rendere più efficiente il sistema pubblico, ma occorre definire per tale modalità un corretto sistema di relazioni sindacali (elemento che sarà oggetto della tornata dei rinnovi contrattuali 2019 – 2021).
2.1.1 Nuova organizzazione aziendale
È evidente che la diffusione del lavoro agile sta predisponendo nuove forme di organizzazione aziendale basate sull’alternanza tra presenza in sede e lavoro da remoto. Nella maggior parte dei casi l’azienda stabilisce il numero massimo di giornate settimanali/mensili che possono essere svolte in modalità agile, mentre al lavoratore è demandata la pianificazione delle giornate di lavoro (fatto salve specifiche esigenze aziendali). In generale, sono molto pochi i casi, al di fuori della fase acuta dell’emergenza sanitaria, in cui è previsto l’esclusivo uso del lavoro agile9, per questo spesso,
8 Nel campione analizzato sono 5 gli accordi specifici sullo smart working nel settore pubblico e riguardano: Agenzie delle Dogane (n.3), ISTAT, Ministero della Giustizia
9 Fa eccezione l’accordo AXA Assicurazioni in cui lo smart working è l’unica modalità di lavoro possibile e i rientri in sede sono valutati sulla base di specifiche richieste individuali.
nell’ambito della contrattazione aziendale, viene pianificato il sistema di rotazione, per garantire l’alternanza dei dipendenti in sede. Il perdurare della diffusione del virus ha reso necessaria una rigida pianificazione dei rientri in sede per evitare eccessivi assembramenti nei luoghi di lavoro, anche attraverso l’introduzione di appositi strumenti digitali come lo Smart desk previsto nell’accordo Wind Tre. In alcuni casi, come per l’accordo RINA (Ente Registro Navale Italiano), la pianificazione dei rientri- seppur gestita dai dipendenti- è subordinata alla disponibilità di postazioni in ufficio.
Un altro interessante esempio a livello organizzativo è quello di Olivetti che disciplina in via sperimentale due diverse modalità organizzative di svolgimento della prestazione in lavoro agile che differiscono tra loro per il diverso grado di autonomia, per la possibilità di organizzare il lavoro per obiettivi o per volumi, per il differente regime orario. In particolare, l’accordo regolamenta:
- lavoro agile giornaliero, che si applica agli ambiti organizzativi caratterizzati da attività svolte per obiettivi con adeguato livello di autonomia e flessibilità oraria. Lo svolgimento della prestazione si articola in 2 giorni da remoto e prevede una fascia oraria di operabilità compresa tra le ore 8:00 e le ore 20:00, escludendo il ricorso al lavoro supplementare/straordinario;
- lavoro agile settimanale, che invece si applica agli ambiti organizzativi nei quali le attività svolte non consentono di organizzare il lavoro per obiettivi e per i quali è indispensabile garantire il presidio in specifici archi orari. L'esecuzione della prestazione lavorativa si articola in giornate/settimane alternate secondo uno schema che prevede metà presenza e metà da remoto.
In generale, comunque, le aziende preferiscono impostare formule organizzative in alternanza che garantiscano rientri nella sede aziendale, anche per evitare un eccessivo isolamento dei lavoratori. E in effetti, da una analisi recente del l’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano si rileva che la quasi totalità dei lavoratrici e lavoratori vorrebbe continuare a lavorare in modalità agile, ma per la maggior parte di questi, il lavoro da casa dovrebbe essere integrato con dei rientri in ufficio organizzati e funzionali.
Per quanto riguarda il luogo in cui svolgere la prestazione, il lavoratore deve avere facoltà di individuare la sede di lavoro diversa dall’ufficio, da cui di volta in volta rendere la prestazione nelle giornate di lavoro agile. Tuttavia alcuni accordi prevedono espressamente che l’attività lavorativa si svolga da casa, in locali indicati dall’azienda o con esplicito divieto per luoghi pubblici o aperti al pubblico (Es. Air Liquide). Altro schema segue la modalità predisposta dall’accordo Poste che prevede che il dipendente debba di volta in volta indicare il luogo, tra quelli indicati anticipatamente nell’accordo Individuale, in cui prestare l’attività lavorativa, comunicando preventivamente eventuali variazioni. In alcuni accordi è stata prevista la possibilità di sfruttare gli spazi di co-working, a condizione che si garantisca il giusto livello di riservatezza sui dati aziendali (Es. RWE Renewables). In generale, comunque, la condizione che viene posta è che l’attività si svolga in contesti idonei,
sicuri e in cui sia garantita la giusta privacy delle informazioni aziendali.
Dall’atro canto, diverse aziende (tra cui anche Poste), sulla scia dello sviluppo dello smart working, hanno predisposto una riorganizzazione degli spazi aziendali, spesso ridimensionando i volumi delle loro sedi e determinando, così, nuove dinamiche del territorio e della riorganizzazione dei servizi nelle città.
2.1.2 Orario di lavoro e diritto alla disconnessione
Molti degli accordi sullo smart working normano con clausole specifiche l’orario di lavoro (n.32, 42%). In generale, l’orario di lavoro individuale rimane invariato e la collocazione dell’attività lavorativa deve essere compresa entro una fascia oraria prestabilita, perlopiù tra le 8 e le 20. In questo quadro generale, si presentano comunque condizioni molto diverse, per cui si va da casi gestione molto flessibile dell’orario di lavoro (Es. RINA), a impostazioni più rigide che impongono al lavoratore fasce di reperibilità obbligatorie. Un caso particolare è quello dell’accordo Eataly che prevede la possibilità di due diversi regimi orari, che il lavoratore può scegliere direttamente nell’accordo individuale: più rigido e coincidente con l’orario aziendale, o flessibile ma comunque da svolgere entro una fascia prestabilita.
Naturalmente questo aspetto è strettamente vincolato al tipo di mansione svolta, ma è importante disciplinare il diritto alla disconnessione dagli strumenti tecnologici di lavoro, nell’ottica di promuovere il benessere e la conciliazione vita e lavoro ed entro i soli limiti della durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale. In questo senso, è necessario anche predisporre le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore. Un esempio in questo senso lo si trova nelle linee guida per il settore assicurativo sottoscritte da Xxxx e First Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Fna e Snfia il 24 febbraio 2021 le quali prevedono esplicitamente che fuori dall’orario di lavoro e nei casi di assenza giustificata (ferie, infortuni, malattia, permessi), il lavoratore possa disattivare i dispositivi di connessione e se riceve comunicazioni non sia obbligato a prenderle in carico prima della ripresa del lavoro. Esemplificativo è anche il caso di Gromart che prevede che ogni dipendente possa disconnettersi dalle 20 alle 8 dandone indicazione nel risponditore e-mail così da rendere l’informazione anche agli stakeholder del Gruppo che si trovano in Stati con diverso fuso orario. Diversa è la prospettiva dell’accordo Olivetti per cui si conta su norme di “buona convivenza virtuale” in cui le modalità di disconnessione non ricorrono a meccanismi automatici, ma a comportamenti caratterizzati da senso di responsabilità del singolo lavoratore (utilizzo dell’opzione di invio “ritardato recapito”, organizzazione di riunioni nel rispetto delle normali fasce lavorative, puntuale pianificazione dell’agenda).
In generale, il ricorso a straordinari/supplementari viene escluso, soprattutto negli accordi in cui si predispongono forme orarie più flessibili. Di solito questi istituti sono previsti per modalità di lavoro su turni, con orari rigidi, in cui evidentemente è più facile tracciare il confine tra orario di lavoro e vita privata.
2.1.3 Controllo sulle prestazione e strumentazione
Lo smart working va considerato come una modalità di organizzazione del lavoro che non incide in alcun modo sugli elementi contrattuali quali livello, mansioni, inquadramento, retribuzione. Nessuna variazione si rileva inoltre con riferimento al potere disciplinare in capo all’Azienda.
Probabilmente l’aspetto più innovativo del lavoro agile, è il rapporto fiduciario che si instaura tra azienda e dipendente, per cui il lavoratore è libero di gestire le proprie mansioni autonomamente, conciliandolo con le esigenze personali. Si tratta di una prospettiva nuova, non sempre pienamente condivisa dalle figure di direzione aziendale, che presuppone un radicale cambiamento organizzativo. In questo senso la pandemia ha avviato una sorta di sperimentazione su larga scala, che ha dimostrato che un altro modo di lavorare è possibile.
In questo senso ci sono accordi che prefigurano modalità innovative di smart working caratterizzate da una maggiore flessibilità nella gestione dei tempi e dei luoghi di lavoro, a fronte dalla definizione degli obiettivi da raggiungere. In questo modo si cerca di promuovere una maggiore efficienza organizzativa e livelli più alti di produttività, ma anche maggiori garanzie per i lavoratrici e lavoratori. In questo senso, le parti sociali dovranno evitare surrettizie e indirette forme di lavoro a cottimo, visto che il lavoro si misurerà sempre più rispetto agli obbiettivi e meno sull’orario di lavoro, favorendo- anche attraverso la formazione- la reale autonomia dei lavoratrici e lavoratori.
Le modalità di controllo possono essere molto varie e non sempre vengono esplicitate negli accordi aziendali. Si va dal controllo sul rispetto dell’orario di lavoro attraverso la timbratura virtuale (Wind-Tre), tramite la quale si può accertare che il lavoratore sia effettivamente entrato in rete e stia lavorando, a controlli meno stringenti in cui si fa riferimento ai livelli di produttività. Anche in questo caso gli strumenti di monitoraggio possono essere molti, ma in generale si stabiliscono dei parametri e/o criteri di valutazione attraverso i quali misurare le performance (Es. DHL Global Forwarding). In alcuni casi questi parametri, come nell’accordo UPS, possono essere anche considerati come nuovi indicatori per i premi di risultato.
In generale, alla prova dei fatti, produttività e qualità del lavoro hanno risentito limitatamente del nuovo scenario lavorativo. I riscontri degli ultimi mesi, infatti, hanno provato che quello della produttività è un falso problema; è quindi necessario pensare ad un’evoluzione delle modalità di controllo, soprattutto attraverso il confronto serrato tra le parti. In questo senso sarebbe utile predisporre la partecipazione dei lavoratrici e lavoratori alla definizione degli obiettivi attraverso mirata programmazione e progettazione (ad esempio con i team work).
In generale, l’azienda fornisce gli strumenti utili allo svolgimento de lavoro agile, nel caso in cui il lavoratore ne faccia richiesta, e è responsabile del corretto funzionamento tecnico degli apparati forniti al dipendente; ma questo è tenuto a utilizzare e custodire le apparecchiature tecnologiche assegnate in maniera adeguata. Tuttavia, ci sono anche accordi che regolamentano l’uso di strumenti personali, soprattutto nella fase iniziale dell’emergenza (Es. Agenzia delle Dogane). Gli accordi spesso definiscono in maniera molto dettagliata cosa fare in caso di malfunzionamento di rete/strumenti. Inoltre possono essere previsti dei rimborsi per le spese sostenute, come ad esempio l’accordo LiquiGas che prevede un piccolo importo aggiuntivo per ogni giornata di lavoro agile per le spese di rete. In generale non sono previsti, ma in alcuni casi vengono fornite dotazioni ergonomiche (Es. Poste, Vodafone) o dei rimborsi spesa per il loro acquisto (ING Bank) per lo svolgimento in sicurezza della prestazione lavorativa.
2.1.4 Formazione professionale e sui temi di ambiente, salute e sicurezza
Molti degli accordi aziendali specifici sullo smart working prevedono il ricorso a una formazione dedicata per i lavoratrici e lavoratori, in particolare tra i 77 testi analizzati, 28 introducono corsi professionali sul lavoro agile. Nella maggior parte dei casi si tratta di corsi on line riguardanti le specifiche logiche, finalità e modalità di svolgimento della prestazione da remoto e per preparare adeguatamente i dipendenti all’uso di nuovi strumenti di lavoro. Inoltre, come si vedrà meglio nel paragrafo successivo, l’introduzione del Fondo Nuove Competenze, collegato ad una riorganizzazione delle modalità organizzative e ad una rimodulazione dell’orario di lavoro, ha ampliato l’offerta formativa delle aziende sulle modalità di svolgimento di lavoro agile. Quello che emerge dalla contrattazione è la necessità di una formazione specifica per i diversi livelli professionali; quadri e dirigenti dovrebbero essere formati alla capacità di gestire il lavoro anche
quando non è in presenza, passando dall’idea del controllo del tempo dei lavoratrici e lavoratori a quello del lavoro per obbiettivi. Di contro, i lavoratrici e lavoratori dovrebbero essere maggiormente partecipi e coinvolti nella definizione di questi obbiettivi. Si tratta di improntare, anche attraverso la formazione professionale, un approccio completamente diverso all’organizzazione del lavoro. Ad esempio nell’accordo Poste particolare attenzione è stata riservata alla formazione dei responsabili, anche attraverso il coinvolgimento delle parti sindacali, “finalizzata a diffondere una cultura manageriale sempre più orientata alla responsabilizzazione dei collaboratori ed all’orientamento agli obiettivi/risultati, che al contempo individui le più opportune modalità di coinvolgimento e relazione con le persone, anche attraverso il corretto utilizzo della strumentazione tecnologica in dotazione, per favorire lo scambio comunicativo ed impedire forme di isolamento professionale”. Nell’accordo Fincantieri viene anche prevista una formazione specifica su smart working per le rappresentanze sindacali unitarie.
Una questione importante riguarda la formazione sulla protezione dei dati aziendali e sulla cyber security. Diversi accordi hanno vincolato l’adesione allo smart working a una specifica formazione su procedure tecniche per la connessione da remoto e il corretto utilizzo e tutela delle informazioni e dei beni della società, privacy, e tutela dei dati personali (accordo Credito Cooperativo Italiano). In questo senso è interessante l’accordo ING Bank su “SSL Inspection”, un sistema di controllo sul traffico internet dei dipendenti effettuato con la strumentazione aziendale, la cui introduzione è stata concordata con le parti sindacali e da queste monitorata. Nell’accordo viene specificato che si tratta di uno strumento utile a garantire la sicurezza dei sistemi informatici e non un mezzo di controllo a distanza sui lavoratrici e lavoratori.
Infine va precisato che lo smart working non ha impedito lo svolgimento delle iniziative di formazione professionali sia ordinarie che innovative, e questo è stato possibile attraverso l’uso delle piattaforme on line per le attività di e-learning. In quest’ambito va citato l’accordo di Credito Valtellinese sul piano formativo “Creval Next Training Generation” che disciplina un articolato sistema di programmi formativi, concordati con le parti sociali, correlati alla realizzazione del Piano Industriale “Sustainable Growth 2019-2023”. In particolare gli obbiettivi del piano riguardano: riqualificazione professionale, sviluppo delle competenze nell’ambito commerciale, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro valorizzazione dei lavoratrici e lavoratori “Over 55”. L’accordo rappresenta un modello di relazioni industriali in grado di valorizzare pienamente i temi alla formazione continua e delle competenze dei lavoratrici e lavoratori, adattandosi anche alle nuove modalità di formazione a distanza che la pandemia ha richiesto.
Poco meno di un terzo di questi accordi (n.23) fa riferimento a clausole relative a salute e sicurezza nello svolgimento dello smart working. In particolare sono previsti interventi di informazione e formazione sul tema di rischi specifici connessi alle modalità di svolgimento della prestazione da remoto. In generale, comunque, il datore di lavoro rimane responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa (Gruppo Sapio). Un esempio interessante riguarda l’accordo di Rhenus Logistics e Nuova Transports in cui viene predisposta un’adeguata formazione su: prevenzione, gestione delle emergenze e degli infortuni, corretto e sicuro uso delle dotazioni tecnologiche, protezione dei dati aziendali. Inoltre, prevede che l’azienda provveda a un’informativa sui rischi connessi allo smart working, fornendo momenti formativi per illustrare condizioni di lavoro
ottimale nella postazione di lavoro, monitoraggi periodici sulle condizioni di lavoro, coinvolgimento dei Rappresentanti Lavoratrici e lavoratori Sicurezza nelle iniziative previste.
Interessante è anche il caso di Natuzzi in cui è stata siglata un’informativa sulla sicurezza dei lavoratrici e lavoratori che definisce: comportamenti di prevenzione generale richiesti al lavoratore, indicazioni relative allo svolgimento delle attività in ambienti outdoor e indoor privati, utilizzo sicuro di attrezzature/dispositivi di lavoro, indicazioni relative a requisiti e corretto utilizzo di impianti elettrici, informativa relativa al rischio incendi.
2.1.5 Partecipazione e diritti sindacali
Diversi accordi, soprattutto quelli più recenti, prevedono il pieno riconoscimento dei diritti sindacali, attraverso l’uso della bacheca elettronica e lo svolgimento delle assemblee sindacali, anche con la possibilità di espletare l’esercizio di voto da remoto. Inoltre, per continuare a garantire l’effettività del diritto di assemblea, in molto casi è stata l’azienda stessa che ha messo a disposizione un apposito ambiente virtuale.
La partecipazione si esplica soprattutto come forma di monitoraggio, con verifiche congiunte periodiche attraverso cui valutare la sperimentazione delle nuove modalità lavorative introdotte (65%), ma anche con la costituzioni di comitati paritetici specificatamente dedicati, come nell’accordo SNAM in cui viene istituita una Commissione paritetica nazionale sullo smart working. A questo proposito va anche richiamato l’accordo Xxxxxxxx, in cui le parti definiscono una serie di indicatori utili per il monitoraggio dell'efficacia dello svolgimento della prestazione in modalità agile, come la riduzione delle ore di assenza, dei tempi e dei chilometri di percorrenza.
Più in generale, come si è visto, si sta andando verso una de-strutturazione dello spazio-tempo come perimetri e misura del lavoro, sarà quindi necessario un confronto serrato per capire come calcolare i carichi di lavoro, straordinari, permessi, esigibilità dei diritti sindacali, retribuzione variabile. Per questo il ruolo della contrattazione rimane centrale per garantire pienamente i diritti dei lavoratrici e lavoratori in queste nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. In questo quadro è necessario che il sindacato costruisca un nuovo dialogo sociale basato sull’uso delle tecnologie e acquisisca una più approfondita conoscenza degli aspetti normativi, tecnici, psicologici per affrontare adeguatamente la contrattazione su queste materie; senza tralasciare i risvolti conflittuali che potrebbero emergere fra lavoratrici e lavoratori che possono essere remotizzati e lavoratrici e lavoratori che non possono godere di questa condizione per il tipo di mansione svolta. Rispetto a quest’ultimo punto, potrebbe essere utile pensare a dei meccanismi premiali che agevolino i lavoratori che devono necessariamente svolgere le proprie mansioni in presenza. Un esempio interessante è costituito dall’accordo Barilla che, per il personale al quale non è applicabile l’istituto dello smart working (o con applicazione parziale), prevede una maggiorazione di ore di ROL/RPLA calcolato e proporzionato in base all’utilizzo individuale e al proprio saldo di Ferie/ROL/RPLA maturato. Inoltre, sempre per queste tipologie di lavoratori, l’accordo prevede la possibilità di usufruire di un fondo solidaristico di ferie donate da altri dipendenti.
2.1.6 Smart working e conciliazione vita-lavoro
In generale – da diversi attori coinvolti e osservatori, specie nella fase pre-Covid - lo smart working è stato considerato come una misura di conciliazione vita-lavoro. In questo modo, si è avanzata l’idea che il fatto di lavorare dal proprio domicilio permetta di conciliare lavoro e famiglia, in particolare la cura dei figli. In effetti, molti accordi danno la possibilità ai genitori con figli sotto i
36 mesi (o anche con figli xxxxxx/disabili), di fruire di più giorni di lavoro da remoto rispetto a quelli stabiliti dal contratto aziendale per il resto del personale. Tuttavia l’emergenza pandemica ha funzionato da stress test facendo emergere alcune importanti criticità, a partire da una svalorizzazione del lavoro, e in particolare questo ha riguardato le lavoratrici, sia una dilatazione degli orari. Per superare almeno in parte queste criticità, alcuni accordi aziendali predispongono un’organizzazione più flessibile dell’orario di lavoro per favorire la gestione dei compiti di cura (Es. ENEL).
È comunque evidente che la pandemia non ha favorito una redistribuzione/condivisione delle responsabilità di cura, le quali han continuato a gravare quasi esclusivamente sulle donne. E infatti, per la maggioranza delle lavoratrici anche il tempo risparmiato nei tragitti casa/lavoro finisce per essere assorbito da impegni familiari, determinando quindi un ulteriore incremento dei carichi di lavoro domestico e di cura per le donne. Inoltre, caratteristiche e peculiarità connesse al lavorare da casa, combinate alla mancata intermediazione delle organizzazioni sindacali nell’accordo azienda/personale, spinge in particolare le lavoratrici, a garantire prestazioni più dilatate nel tempo, senza limiti di orario né di disconnessione.
La pandemia ha reso evidente quanto possa essere elevato il rischio di ulteriore segregazione e penalizzazione del lavoro femminile. Accordi di secondo livello come quello di Autostrade -che prevede la possibilità di disconnettersi per seguire i figli in didattica a distanza- dimostrano come esista la necessità e la possibilità di separare il tempo lavoro da quello di cura.
È importante predisporre formule organizzative in alternanza tra lavoro da remoto e presenza in ufficio, anche in riferimento alla questioni di genere. Di fatto le donne sono state penalizzate per il sovraccarico funzionale che le ha riguardate in maggior misura rispetto agli uomini, ma anche per l’intensificarsi di episodi di violenze domestiche. In questo senso ci sono esperienze positive di aziende che si sono fatte carico di queste criticità, predisponendo clausole migliorative per la gestione della conciliazione e servizi di supporto (psicologico, medico, giuridico) per le dipendenti che ne abbiano necessità (accordo Vodafone).
2.1.7 Gli sviluppi futuri del lavoro agile
La consistente diffusione del lavoro agile dettato dalla pandemia sta ora lasciando spazio a processi riorganizzativi nei settori e nelle aziende che determineranno, anche terminata la fase di emergenza, un ricorso più strutturale a tale modalità di lavoro. La varietà che contraddistingue la contrattazione aziendale su questo tema dimostra, da una parte, la creatività negoziale e il suo rapporto con i bisogni emergenti dei lavoratori, ma dall’altra anche la mancanza di un quadro di riferimento rispetto al quale orientare la regolamentazione del lavoro agile. Anche per questa ragione occorre rivedere la legge 81/2017 che, nel prevedere comunque la volontarietà del lavoratore nell’accesso allo smart working, deve esplicitare il riferimento di principio alla contrattazione collettiva in aggiunta all’accordo individuale. Con tutta evidenza la legge non deve occuparsi di aspetti legati alla organizzazione del lavoro, che è competenza delle parti nella contrattazione, ma deve disciplinare, ove si valutasse una opportunità di intervento che non pare essere prioritaria dalla maggior parte delle parti sociali, gli aspetti legati a ogni fattispecie di tutela. Più in particolare il legislatore dovrebbe concentrarsi sulla tutela: della privacy, della sicurezza dei dati aziendali, della salute e sicurezza, della esclusione di ogni modalità di controllo e della integrale applicazione delle determinazioni di cui alla Legge 300/70 sui diritti e sulle libertà sindacali; nonché
prevedere un riferimento più marcato al diritto alla disconnessione rafforzando la clausola prevista oggi nella Legge 81/2017 rispetto alla fascia temporale di resa della prestazione.
In questo senso, è importante notare come tra i 25 Contratti nazionali firmati in questi ultimi mesi (giugno 2020 - febbraio 2021), ben 12 promuovano e disciplinano l’istituto dello smart working, quanto meno attraverso la costituzione di commissioni paritetiche ad hoc.
In questo quadro, il mantenimento di alcuni diritti fondamentali deve rimanere un punto centrale della contrattazione sul lavoro agile. Il trattamento economico e normativo non può essere inferiore a quello applicato ai lavoratrici e lavoratori che svolgono la stessa mansione in azienda, per questo la contrattazione si è spesso focalizzata su aspetti quali: il riconoscimento del lavoro straordinario, del premio di risultato, dei buoni pasto - come per l’accordo Cerved in cui le parti hanno chiesto e ottenuto di erogare a tutti i dipendenti il ticket restaurant per ogni giornata di lavoro agile, con effetto anche retroattivo, a fronte della precedente iniziativa unilaterale dell’azienda di non corrispondere i buoni pasto per i giorni di smart working. Andrebbero poi promosse delle misure di welfare aziendali compatibili con (o specificamente pensate per) il lavoro agile, al fine di evitare che alcuni diritti acquisiti vengano derogati per gli smart workers. A questo proposito, uno dei pochi esempi di contrattazione su welfare aziendale in quest’ambito è rappresentato dall’accordo di ING Bank che prevede un contributo mensile, variabile rispetto al numero di giorni lavorati da remoto, da poter utilizzare per l’acquisito di servizi di welfare attraverso la piattaforma della banca.
È quindi necessario portare avanti lo slancio avviato dalla pandemia, strutturando un percorso di confronto tra le parti, in certa misura già intrapreso, e prevedendo nuove modalità di organizzazione del lavoro, più basate sulla condivisione di progettazione e raggiungimento degli obiettivi, delimitando così un’effettiva differenziazione dal telelavoro.
2.2 L’innovazione nei processi organizzativi: il contributo degli accordi sul Fondo Nuove Competenze
Il Fondo Nuove Competenze (FNC), introdotto dal decreto legge “Rilancio” (art. 88 del Decreto legge n. 34 19 maggio 2020), è stato istituito nel quadro delle misure finalizzate a contrastare le ripercussioni negative sull’economia nazionale causate della pandemia. In particolare, il Fondo “interviene per consentire la graduale ripresa dell’attività dopo l’emergenza epidemiologica, con la finalità di innalzare il livello del capitale umano nel mercato del lavoro offrendo ai lavoratori l’opportunità di acquisire nuove o maggiori competenze e di dotarsi degli strumenti utili per adattarsi alle nuove condizioni del mercato del lavoro, sostenendo le imprese nel processo di adeguamento ai nuovi modelli organizzativi e produttivi determinati dall’emergenza epidemiologica da Covid-19” (Decreto interministeriale 9 ottobre 2020).
Anche a fronte dell’ampia adesione, la possibilità di accesso al Fondo Nuove Competenze, inizialmente disposta fino a dicembre 2020, è stata prorogata fino al 30 giugno 2021 dal Decreto interministeriale del 22 gennaio 2021 e dal correlato decreto ANPAL del 17 febbraio.
La norma prevede che imprese e sindacati possano realizzare, attraverso contrattazione collettiva territoriale o aziendale, intese di rimodulazione dell’orario di lavoro a fronte di mutate esigenze organizzative e produttive che comportino la destinazione di parte dell’orario a percorsi formativi. Il Fondo, gestito dall’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro (ANPAL), si fa carico di tutti gli oneri relativi alle ore di formazione.
Per poter accedere al Fondo, quindi, il requisito fondamentale è la sottoscrizione di un accordo collettivo che deve prevedere, in particolare:
- l’indicazione delle innovazioni di natura organizzativa, tecnologica, di processo e di prodotto realizzati in risposta alla crisi;
- l’individuazione dei fabbisogni formativi in termini di nuove o maggiori competenze derivanti dall’introduzione di innovazioni di natura organizzativa, tecnologica, di processo di prodotto;
- la predisposizione di un progetto formativo strutturato, che individui gli obiettivi di apprendimento, dia evidenza delle modalità di valorizzazione del patrimonio di competenze possedute dal lavoratore e di personalizzazione dei percorsi di apprendimento, indichi il soggetto erogatore della formazione e le modalità di attestazione delle competenze acquisite;
- il numero di lavoratori coinvolti nel progetto;
- il numero di ore dell’orario di lavoro da destinare a percorsi formativi (con limite massimo a 250 ore a lavoratore);
- la dimostrazione del possesso dei requisiti tecnici, fisici e professionali di capacità formativa per lo svolgimento del progetto, nei casi in cui sia l’azienda stessa a erogare la formazione;
Inoltre, gli accordi possono prevedere lo sviluppo di competenze finalizzate a incrementare l’occupabilità del lavoratore, anche al fine di promuovere processi di ricollocazione in altre realtà lavorative. Il progetto, che deve concludersi entro 90 giorni dalla data di approvazione, è definito in base al fabbisogno formativo rilevato dal datore di lavoro in termini di nuove o maggiori competenze professionali per i propri lavoratori e dovrà descrivere le modalità di svolgimento dell’attività formativa.
Il Fondo – negli intenti di politica attiva del lavoro proposti dal Governo – costituirebbe quindi un elemento strategico per la ripresa economica post-pandemica. In questa fase sarà indispensabile la riqualificazione dei lavoratori e il rafforzamento delle loro competenze, specie a fronte dell’altro elemento essenziale per l’adesione al programma: la realizzazione di innovazioni di natura organizzativa, tecnologica, di processo e di prodotto. La contrattazione sulla rimodulazione dell’orario di lavoro potrebbe essere inoltre un’occasione di maggior partecipazione delle parti sociali ai processi di rinnovamento organizzativo, all’interno di un contesto in cui le relazioni industriali si sono già proficuamente messe alla prova nella prevenzione e nel contrasto della diffusione del virus.
2.2.1. Caratteristiche generali degli accordi su Fondo nuove Competenze
Sulla base di tali premesse, in questo paragrafo vengono ripresi e analizzati 140 accordi sul FNC raccolti nell’Osservatorio sulla contrattazione di secondo livello10. Tra questi, 29 sono accordi territoriali (1 nazionale, 13 regionali, 15 provinciali) e 111 aziendali (18 gruppi e 93 aziende). Di seguito vengono presentati i valori relativi ai settori e le categorie di afferenza degli accordi analizzati e si può vedere come le aziende di servizi e meccaniche siano quelle con il maggior numero di accordi11.
10 Questi accordi rappresentano documenti principalmente raccolti nella prima fase di implementazione del Fondo e inseriti nell’Osservatorio a marzo 2021.
11 Anche in questo caso è bene precisare, che non essendo questo un campione di accordi rappresentativo, i valori presentati non danno conto dell’effettiva proporzione della contrattazione sul FNC rispetto a settore, categorie e zona geografica. Lo scopo è solo quello di restituire un quadro descrittivo del campione di accordi analizzati.
Tabella 3 Settore di riferimento per gli accordi su FNC territoriali e aziendali
Settore (Val. Ass.) Accordo Aziendale
Accordi Territoriali
Totale
Enti e Istituzioni Pubbliche | 1 | 1 | 2 |
Commercio e Turismo | 11 | 6 | 17 |
Meccanico | 31 | 0 | 31 |
Chimica e affini | 5 | 0 | 5 |
Aziende di servizi | 32 | 6 | 38 |
Credito e assicurazioni | 2 | 2 | 4 |
Edilizia, legno, lapidei, laterizi | 8 | 0 | 8 |
Industria agroalimentare | 5 | 0 | 5 |
Trasporti | 5 | 0 | 5 |
Poligrafici e spettacolo | 4 | 0 | 4 |
Tessile | 7 | 0 | 7 |
Confederale | - | 14 | 14 |
Totale | 111 | 29 | 140 |
Tabella 4 Categorie firmatarie degli accordi sul FNC
13,5
9,2
7,8
6,4
5
3,5
2,8
2,8
2,1
1,4
Val. Ass. Val. %
FIOM
FILCAMS CONFEDERALE
FP FILCTEM
SLC FILLEA FLAI NIDIL FISAC FLC
FILT
22,7
22,7
Flai | 5 | 3,5 |
Filcams | 32 | 22,7 |
Fp | 13 | 9,2 |
Fillea | 7 | 5 |
Fiom | 32 | 22,7 |
Filctem | 11 | 7,8 |
Fisac | 4 | 2,8 |
Filt | 2 | 1,4 |
Flc | 3 | 2,1 |
Slc | 9 | 6,4 |
Nidil | 4 | 2,8 |
Confederale | 19 | 13,5 |
Totale | 141 | 100 |
Per quanto riguarda la zona geografica, la tabella che segue mostra come la maggior parte degli accordi riguardi regioni del Nord, ma comunque non sia troppo sbilanciata rispetto agli altri territori.
Tabella 5 Zona geografica di riferimento per gli accordi su FNC territoriali e aziendali
Aziendale | Territoriali | Totale | |
26 | 11 | 37 | |
Nord-ovest | 32,9% | 40,7% | 34,9% |
20 | 10 | 30 | |
Nord-est | 25,3% | 37 % | 28,3% |
13 | 1 | 14 | |
Centro | 16,5% | 3,7% | 13,2% |
20 | 5 | 25 | |
Sud e Isole | 25,3% | 18,5% | 23,6% |
79 | 27 | 10612 | |
Totale | 100% | 100% | 100% |
12 Si tratta di un totale parziale perché 34 accordi sono classificati come multi territoriali.
Gli accordi territoriali, provinciali e regionali13 e spesso di natura confederale, definiscono le condizioni per l’adesione all’intesa, senza mai entrare nel merito dei contenuti della formazione, demandata al progetto formativo delle singole aziende, ma che deve essere comunque conforme a quanto indicato dal legislatore nazionale. In generale, le imprese associate alle parti che hanno stipulato l’accordo, definiscono a livello aziendale accordi specifici finalizzati a regolamentare l’accesso al FNC, con le XX.XX. territorialmente competenti o con le RSA/RSU.
Nella maggior parte di questi accordi vengono stabilite indicazioni in merito a:
- Procedure e/o adempimenti
- Obbiettivi perseguibili dal progetto formativo;
- Modalità di attuazione;
- Costituzione di eventuali commissioni bilaterali
- Indicazioni su come definire il progetto formativo
- Possibili soggetti erogatori.
In molti casi viene disposto anche il modello standard per la sottoscrizione dell’accordo aziendale. Oltre la metà di questi testi, inoltre, prevede la costituzione di commissioni paritetiche o l’esame congiunto sull’applicazione degli accordi.
Per quanto riguarda gli aziendali, i contenuti degli accordi sono più ricchi e variabili dal punto di vista tematico perché in questo caso vengono definiti i piani formativi pianificati dalle imprese14. Come si può vedere dal grafico sottostante la maggior parte di questi accordi, oltre il 40%, è firmato da aziende con meno di 50 dipendenti, a conferma del fatto che il FNC ha rappresentato un’occasione importante soprattutto per le piccole imprese.
Grandi
Imprese 24%
Medio-grandi Imprese
14%
Piccole
Imprese 41%
Medio Piccole
Imprese 21%
Figura 1 Dimensione aziendale delle imprese firmatarie accordi su FNC
In base ai dati emersi da questi accordi i lavoratori coinvolti sono 28.867 - con una media di 384- per un totale di 3.793.035 ore di formazione erogate- con una media di 9.226 ore per piano.
La tabella che segue presenta, in maniera sintetica, la ricorrenza dei diversi temi negli accordi aziendali analizzati (n.111). Come si può vedere quasi tutti i testi fanno riferimento alla situazione
13 L’unico accordo di valenza nazionale, tra quelli analizzati, è siglato da Federalberghi con Filcams, Fisascat e Uiltucs che predispone in allegato il modello per la contrattazione territoriale per l’accesso al Fondo.
14 Non tutti gli accordi raccolti hanno in allegato il progetto formativo, in cui sono descritte informazioni più dettagliate sul piano formativo (come ad esempio il numero di lavoratori coinvolti, le ore di formazione erogate, i contenuti didattici o le modalità di valutazione).
contestuale entro il quale il piano si inserisce, perlopiù attraverso valutazioni di premessa, e circa un quarto cita direttamente l’applicazione di legge. Quasi imprescindibile è il riferimento all’impatto economico del Covid e l’incertezza derivante dal perdurare della situazione di emergenza.
Negli accordi sono specificati sempre i lavoratori destinatari dei progetti di formazione, nel caso di piccole aziende viene spesso presentato un elenco di nominativi dei dipendenti, con relativo percorso e numero di ore di formazione previste. In ogni caso, il piano può prevedere la formazione di tutto il personale dipendente o solo lavoratori con determinate qualifiche (n.14) o mansioni (n.18), maggiormente coinvolti in progetti di ridefinizione dei modelli organizzativi.
Con specifico riferimento agli aspetti più direttamente legati ai programmi formativi, si può notare come:
- quasi la metà degli accordi faccia riferimento alla personalizzazione del progetto di apprendimento, attraverso percorsi di valorizzazione degli apprendimenti individuali che riguardano il bilancio delle competenze in ingresso e la successiva verifica delle competenze conseguite in esito ai percorsi di apprendimento;
- le modalità di erogazione della formazione vengono esplicitate in circa due terzi degli accordi, e possono essere: in presenza, training on the job, percorsi stabiliti su piattaforme digitali, con didattica a distanza o mista;
- gli accordi che prevedono un soggetto esterno come erogatore della formazione sono circa 42; si tratta sempre di enti accreditati a livello nazionale e regionale, come previsto dal testo legislativo. In tutti gli altri casi l’azienda dichiara di essere in possesso dei requisiti tecnici, fisici e professionali utili a progettare ed erogare direttamente la formazione;
- le modalità di attestazione delle competenze acquisite in esito ai percorsi formativi- illustrati più frequentemente nel progetto formativo che nell’accordo- devono essere coerenti con le regole definite dal D.Lgs. n. 13 del 2013.
TEMI VAL.
ASS.
Riferimento alla normativa da applicare | 22 | |
Riferimento al contesto nel quale il piano formativo si inserisce | 88 | |
RELAZIONI SINDACALI E BILATERALITÀ | Riferimento a commissioni territoriali su formazione | 3 |
Informativa a rappresentanze e lavoratori sui piani formativi | 7 | |
Confronto congiunto sull’applicazione dell'accordo | 20 | |
Riferimento a enti bilaterali su formazione | 13 | |
FORMAZIONE ALL’ORGANIZZAZIO NE INNOVATIVA | Individuazione fabbisogno impresa di nuove o maggiori competenze correlate all’implementazione di nuove tecnologie | 28 |
Individuazione fabbisogno impresa di nuove o maggiori competenze correlate ai processi di innovazione organizzativa di processo/prodotto/servizi | 55 | |
Formazione su utilizzo di strumenti che consentono il lavoro da remoto | 7 | |
Sviluppo competenze correlate all’incremento di occupabilità del lavoratore anche per processi di mobilità o ricollocazione | 5 | |
Rimodulazione dell’orario di lavoro | 52 | |
SOGGETTI DESTINATARI E MODALITÀ DI SVOLGIMENTO | Individuazione dei soggetti destinatari della formazione in base a qualifica | 14 |
Individuazione dei soggetti destinatari della formazione in base a mansione | 18 | |
Personalizzazione del percorso di apprendimento a partire dalla valutazione delle competenze possedute | 51 | |
Progetto formativo allegato all’accordo | 60 | |
Modalità di svolgimento della formazione | 71 | |
ATTESTAZIONE DELLE COMPETENZE E SOGGETTI EROGATORI | Modalità per individuare e attestare le competenze acquisite | 59 |
Livello di qualificazione EQF 3 e 4 | 35 | |
Individuazione del soggetto che eroga la formazione | 42 |
2.2.2. La contrattazione sulla formazione all’innovazione organizzativa
Come si è visto, il FNC risponde al bisogno di nuove o maggiori competenze legate a processi di innovazione tecnologica e organizzativa di processo, prodotto e servizi, nonché allo sviluppo di competenze correlate all’incremento di occupabilità del lavoratore. Per questo gli accordi fanno spesso riferimento all’introduzione di nuove tecnologie (n.28) o, più genericamente, ad un rinnovamento organizzativo (n.55) che richiede una riqualificazione dei lavoratori. In linea generale, gli accordi prevedono che attraverso il Fondo si adeguino le competenze dei lavoratori sulla base di:
- innovazione dell'organizzazione;
- introduzione di nuovi strumenti e tecnologie, anche per facilitare il lavoro agile;
- miglioramento dei processi produttivi, soprattutto attraverso lo sviluppo di una maggior autonomia professionale.
Rispetto a questi aspetti, sono interessanti gli accordi siglati nel settore delle telecomunicazioni, in particolare quelli di Tim e Vodafone, che rappresentano degli esempi di innovazione professionale. Il piano formativo di Tim si basa specificatamente su tre aree di intervento volte al miglioramento: 1. delle competenze per comprendere i nuovi modelli di business (innovazione dell’organizzazione), 2. delle conoscenze nell’utilizzo degli strumenti digitali per il lavoro agile (nuovi strumenti e tecnologie), 3. dello sviluppo di competenze per affrontare in modo più autonomo i
nuovi modelli di organizzazione (innovazione dei processi produttivi). L’accordo Vodafone, prevede un piano che interessa oltre 5.500 lavoratori e si pone quattro obiettivi principali:
- Reskilling - Percorso trasversale di aggiornamento e riqualificazione professionale su Big Data, 5G, Digital Marketing, UX e UI, Cloud e IoT;
- Business Transformation (progetto Next) – che riprende e amplia il progetto di trasformazione digitale avviato dall’azienda;
- Digital skills – i cui corsi si pongono l’obiettivo di rafforzare le competenze digitali operative più trasversali;
- Smart Working - attraverso lo sviluppo di nuove competenze su strumenti di collaborazione e di nuove soft skills per la gestione efficace del lavoro da remoto. Attraverso i corsi relativi a questo ambito, Vodafone mira anche ad aumentare la capacità dei manager di gestire team remotizzati, attraverso un programma dedicato.
Si tratta, in entrambi i casi, di progetti molto ampi che si inseriscono nell’ambito di piani industriali già avviati, e che sostanzialmente mirano a: costruire capacità digitali su larga scala; garantire l’apprendimento di specifiche competenze in ambito Digital e 5G al fine di favorire i processi di ricollocazione interna del personale; formare i dipendenti sull’utilizzo di nuovi tools introdotti per agevolare il lavoro a distanza; garantire la comprensione e l’adozione da parte del management di nuovi modelli di leadership coerenti con la digitalizzazione e lo smart working.
Oltre progetti formativi molto strutturati e che riguardano gran parte del personale dipendente, come quelli appena citati, ci sono accordi che presentano piani più circoscritti e legati allo sviluppo di specifici processi produttivi. In generale questo tipo di progetti riguarda soprattutto medio/piccole imprese del settore manifatturiero, come il caso della Sandvik Italia, che ha presentato un piano per 4 dei suoi 116 dipendenti, per una formazione specifica su un nuovo processo di lavorazione per la rifilatura degli utensili in diamante policristallino.
In altri casi ancora, vengono presentati progetti formativi che riguardano l’introduzione di software gestionali per la razionalizzazione delle risorse e dei processi produttivi, come il Gruppo Tessile Logama che ha implementato il cloud Adaptive.
Gli accordi che citano lo sviluppo di competenze correlate all’incremento di occupabilità dei lavoratori, anche per processi di mobilità o ricollocazione, sono pochi (n. 5). In generale si fa un generico riferimento allo sviluppo di competenze legate alla possibilità di outplacement, tuttavia un esempio interessante in quest’ambito è quello del Banco BPM che ha progettato un piano formativo i cui beneficiari sono i lavoratori interessati dalla prevista chiusura di 300 filiali entro il mese di giugno 2021. Per questo le finalità, gli obiettivi formativi e i contenuti del piano sono orientati alla necessità di riqualificazione del personale per garantirne l’occupabilità e favorirne la ricollocazione.
Come si è visto, il prerequisito fondamentale per l’accesso al FNC è l’accordo collettivo in cui deve essere definita la rimodulazione di orario e la destinazione a formazione. Il confronto tra azienda e sindacati su riduzione di orario e contenuti dei percorsi di riqualificazione diventa quindi imprescindibile. Le parti devono assicurare la qualità del percorso formativo predisposto per i lavoratori dell’aziende richiedenti, ma anche monitorare l’implementazione di ciascun piano durante il suo svolgimento, verificando che le ore di formazione siano effettivamente utili alla valorizzazione delle competenze dei lavoratori. Di fatto, quindi, nella stesura degli accordi viene spesso previsto un confronto congiunto sull’applicazione del piano. A titolo di esempio, in maniera piuttosto dettagliata l’accordo di Xxxxxxxx prevede un controllo paritetico in cui l’impresa è tenuta
a fornire alle rappresentanze sindacali territoriali informazioni su: calendarizzazione delle attività formative, stato di avanzamento del progetto, conclusione delle attività e certificazione delle competenze. Tuttavia tra gli accordi aziendali sono pochi quelli in cui viene normato l’intervento di una commissione, come nel caso di FEED SRLS che prevede un sistema di monitoraggio periodico- svolto a livello nazionale dalla Commissione Formazione e a livello territoriale da RSU e organizzazioni sindacali- sulle diverse fasi del percorso, ma anche sull’impatto dell’impegno formativo sullo svolgimento delle normali attività lavorative. Diversamente il gruppo Zara prevede attività congiunte di monitoraggio ex ante, in itinere e ex post sul percorso formativo, tramite un Comitato Paritetico specificamente istituito.
Tra gli accordi aziendali censiti, solo 13 fanno esplicito riferimento al coinvolgimento dei fondi paritetici, come l’accordo di Fata Logistic System in cui viene previsto l’intervento di Fondimpresa per favorire il processo di innovazione in ottica “Indsustry 4.0”.
Il coinvolgimento delle parti sociali in tutte le fasi dell’implementazione del piano dovrebbe costituire un elemento di garanzia rispetto a qualità e adeguatezza dell’offerta formativa. In questo modo si riduce il rischio che il Fondo Nuove Competenze si configuri solo come una sorta di ammortizzatore sociale alternativo, ma sia un’effettiva possibilità di sviluppo innovativo per aziende e lavoratori.