COLLEGIO DI TORINO
COLLEGIO DI TORINO
composto dai signori:
(TO) XXXXXXXX XXXXXXXXX Presidente
(TO) XXXXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(TO) BENEDETTI Membro designato dalla Banca d'Italia
(TO) SANTARELLI Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(TO) QUARTA Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore ESTERNI - XXXXXXXXX XXXXXX
Seduta del 22/05/2018
FATTO
Tra le parti, nel gennaio 2010, è stato stipulato un mutuo fondiario con indicizzazione al franco svizzero, della durata di vent’anni, per l’importo di € 124.000,00.
Nel ricorso la parte ricorrente riferisce, tra l’altro, di aver sempre onorato le rate del Mutuo e di aver richiesto, nel maggio 2017, la sua parziale estinzione.
A fronte di tale richiesta la ricorrente ha ricevuto un conteggio di anticipata estinzione parziale al 1.6.2017 dal quale si evinceva che, a fronte del pagamento di € 40.581,96, la quota capitale rimborsata sarebbe stata di soli € 30.000,00, ciò “per effetto della rivalutazione conseguente alla variazione del rapporto di cambio Euro / Xxxxxx Xxxxxxxx, passato da 1,483 (cambio storico) a 1,09630 (cambio periodo)”. Poiché tale conteggio indicava una rivalutazione del capitale da rimborsare ammontante a oltre il 25%, la mutuataria ha tentato invano di verificare, contratto alla mano, il funzionamento del meccanismo di indicizzazione prestabilito.
Insoddisfatta dell’interlocuzione con la banca successivamente al reclamo, ha presentato ricorso all’ABF evidenziando, fra le altre cose, che al mutuo è stato “allegato un piano di ammortamento basato su un “tasso di interesse convenzionale” e su un “tasso di cambio convenzionale” pattuito tra le parti; tale piano di ammortamento prevedeva una rata costante di € 663,14 mensile a decorrere dal 1.3.2010 e non riportava alcuna indicazione sul funzionamento della clausola di indicizzazione al tasso e alla valuta e neppure in ordine al meccanismo per la determinazione del calcolo da effettuarsi in ordine alla estinzione anticipata”. Ha contestato la validità degli artt. 4 e 7 del contratto relativi,
rispettivamente, alla determinazione degli interessi e alla disciplina attinente all’estinzione anticipata, rilevandone l’opacità in ragione dell’incomprensibilità del meccanismo di indicizzazione rivolto alla determinazione degli interessi e del capitale residuo. Ne ha chiesto la declaratoria di nullità ai sensi dell’art. 33 e ss. del Codice del Consumo. Con riferimento alle conseguenze della nullità degli articoli 4 e 7 del contratto, ha evidenziato che una sentenza del Tribunale di Milano ha ritenuto applicabile l’art. 1284 c.c. (quindi il tasso legale), mentre altra parte della giurisprudenza ha applicato il tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB.
Parte ricorrente ha chiesto, in via principale:
“accertare e dichiarare la nullità delle clausole contenute negli artt. 4 e 7 del contratto di mutuo per indeterminatezza del contenuto, e per l’effetto disporre l’applicazione al Mutuo del tasso legale ex art. 1284 c.c. […] disponendo altresì che la banca riformuli il piano di ammortamento in conformità provvedendo alla restituzione al mutuatario delle somme sinora pagate in eccesso”.
In via subordinata:
“accertare e dichiarare la nullità delle clausole contenute negli artt. 4 e 7 del contratto di mutuo per indeterminatezza del contenuto, e per l’effetto disporre l’applicazione al Mutuo del tasso di cui dell’art. 117 commi 4 e 7 del TUB senza alcuna indicizzazione, disponendo altresì che la banca riformuli il piano di ammortamento in conformità provvedendo alla restituzione al mutuatario delle somme sinora pagate in eccesso”.
In via di ulteriore gradato subordine:
“accertare le dichiarare la lesione delle norme in materia di trasparenza bancaria e corretta informazione e/o di esecuzione in buona fede in relazione al Mutuo e per l’effetto condannare [l’intermediario resistente] al risarcimento del danno in misura pari al maggior importo del capitale residuo ancora da restituire, determinato con l’applicazione dell’indicizzazione al tasso e al cambio franco svizzero del momento dell’estinzione, rispetto a quello originariamente previsto con l’applicazione del tasso convenzionale previsto nel mutuo e indicato nel piano di ammortamento originario, ovvero nella misura ritenuta di giustizia”.
Si è costituito l’intermediario, il quale ha contestato la fondatezza del ricorso e difeso la legittimità dei criteri di indicizzazione previsti dal contratto per la determinazione delle rate e dei conguagli semestrali nonché le regole contrattuali rivolte all’estinzione anticipata del finanziamento. Inoltre, ha svolto considerazioni in merito alla non condivisibilità delle conclusioni raggiunte dal Collegio di Coordinamento ABF nella decisione n. 4135/2015, in relazione alla illegittimità del meccanismo previsto per l’anticipata estinzione.
DIRITTO
Il ricorso verte sul diritto del debitore di un contratto di credito immobiliare ai consumatori a un’informazione pre-contrattuale e contrattuale completa e comprensibile, nonché sul dovere del mutuante di comportarsi correttamente, secondo buona fede, nell’esecuzione del contratto.
La controversia trae origine da un contratto di mutuo fondiario di durata ventennale (con capitale netto di € 124.000,00) stipulato nel 2010 a tasso variabile indicizzato a valuta estera. In particolare, come riferito dalla banca, si tratta di un mutuo la cui erogazione e le cui rate di rimborso sono regolate in Euro, ma la cui valuta di riferimento ai fini del calcolo delle rate è il Franco Svizzero.
Due sono, in particolare, i profili problematici su cui la parte ricorrente chiede che si concentri l’attenzione dell’interprete:
1) Mancata o inesatta indicazione in contratto del costo complessivo del credito posto a carico del cliente (sua indeterminatezza/non determinabilità);
2) Incompletezza o incomprensibilità della disciplina applicabile all’anticipata estinzione.
Giova brevemente rievocare che il documento di sintesi allegato all’atto pubblico di mutuo prevedeva un TAEG iniziale dell’1,916% indicizzato al “Tasso Libor CHF 6 mesi”. Il piano di ammortamento allegato al contratto di mutuo prevedeva un “tasso di interesse convenzionale” e un “tasso di cambio convenzionale”, con rata costante di € 663,14 a decorrere dal 1.3.2010. Le regole sulla componente feneratizia erano contenute nell’art. 4 (interessi sulla somma concessa a mutuo) e 4.bis (deposito fruttifero). Mentre l’art. 7 bis regolava l’opzione concessa al cliente di convertire il tasso riferito al Franco svizzero in un riferito all’Euro. L’art. 7, invece, regolava l’eventualità di un’estinzione anticipata del mutuo, senza però stabilire meccanismi speciali.
Evidenzia parte ricorrente che «tutte le clausole relative al funzionamento del meccanismo di indicizzazione del tasso e della valuta sono connotate da un linguaggio intessuto di tecnicismi, che difetta di chiarezza e comprensibilità, non consentendo al consumatore di comprendere né il rischio relativo all’obbligazione assunte né il meccanismo per la determinazione del corrispettivo».
Il ricorso merita accoglimento.
In discussione non è la possibilità che un contratto di mutuo sia indicizzato a una valuta estera: in generale, alle parti non può essere impedito di «assumersi un rischio futuro» rappresentato dalle possibili oscillazioni della valuta estera assunta quale parametro di riferimento (Cass., 29 maggio 2012, n. 8548). Nel caso di specie però, come ricordato dallo stesso istituto di credito nelle controdeduzioni, oltre al rischio della fluttuazione del tasso di interesse è attratto nel contratto anche il rischio connesso alla fluttuazione del tasso di cambio Xxxxxx Xxxxxxxx/Euro. Questo perché è stato previsto un meccanismo di conguagli semestrali, ai sensi degli artt. 4.5 e ss. del contratto, cui possono seguire periodici «aggiustamenti» (così li definisce lo stesso istituto convenuto) dipendenti, da un lato, dall’andamento del tasso di interesse LIBOR applicato al Franco Svizzero maggiorato di uno spread contrattuale e, dall’altro, dall’andamento del tasso di cambio Xxxxxx Xxxxxxxx/Euro (poiché il mutuo, sebbene indicizzato al Xxxxxx Xxxxxxxx, deve essere comunque pagato in Euro).
In che modo tali aggiustamenti possano intaccare il contratto di mutuo e, più in particolare, il capitale residuo e la sua componente feneratizia, è questione alla quale lo stesso intermediario nella propria memoria di costituzione non è stato in grado di fornire una risposta univoca. Secondo la banca, tali aggiustamenti «non incidono, in via generale, direttamente sull’ammontare delle rate di rimborso del mutuo (che invece rimangono costanti per tutta la durata dell’ammortamento), ma danno luogo ad un “conguaglio positivo o negativo” da accreditare ovvero da addebitare sullo “speciale rapporto di deposito fruttifero appositamente acceso presso la Banca a nome della stessa parte mutuataria”». A ben vedere, però, i conguagli periodici sono il risultato operativo a scadenze prefissate di un vero e proprio investimento ai sensi dell’art. 1, comma 2, del t.u.f.; indizio particolarmente affidabile di tale qualificazione è l’obbligatoria costituzione di un conto deposito dedicato che, ai sensi dell’art. 4 bis del contratto, può essere «destinato esclusivamente alle operazioni di conguaglio […], escludendo che possa essere utilizzato per ogni altra operazione o servizio». Invece, per il pagamento delle rate del mutuo in ammortamento è stata prevista l’accensione di un diverso conto corrente. Come è noto, dalla negoziazione in strumenti finanziari discendono in capo all’intermediario molteplici obblighi di informazione, profilazione e indirizzo nei riguardi della clientela che, se lasciati
inadempiuti, possono condurre all’attivazione di rimedi civilistici di varia natura. Tuttavia, l’attivazione di tali rimedi esula dalla competenza di codesto Collegio, tenuto conto che, secondo le Disposizioni sul funzionamento dell’Arbitro Bancario Finanziario (Sez. I, par. 4), all’ABF non possono essere sottoposte controversie relative “ai servizi e attività di investimento e al collocamento di prodotti finanziari” (art. 23, comma 4, t.u.f.).
Ciò posto, di sicura inerenza ai compiti istituzionali dell’ABF è la verifica in merito al livello di chiarezza con cui è stata preannunciata al cliente l’incidenza che tali conguagli periodici avrebbero potuto avere sul (costo del) mutuo.
Come affermato di recente dalla Corte di Giustizia UE, nella decisione del 20 settembre 2017 (C-186/16), l’obbligo di trasparenza che grava sul professionista contraente con un consumatore non può essere «limitato unicamente al carattere comprensibile sui piani formale e grammaticale» delle clausole contrattuali; poiché il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 «si fonda sull’idea che il consumatore si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda, in particolare, il grado di informazione, tale obbligo di redazione chiara e comprensibile delle clausole contrattuali e, dunque, di trasparenza, introdotto dalla medesima direttiva, deve essere interpretato in modo estensivo». Ne consegue che «il requisito secondo cui una clausola contrattuale deve essere redatta in modo chiaro e comprensibile deve essere inteso nel senso che impone anche che il contratto esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo al quale si riferisce la clausola in parola nonché, se del caso, il rapporto fra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole, di modo che tale consumatore sia posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano».
Alla luce di tali delucidazioni, che fungono da guida nell’attuazione del citato art. 34, comma 2, c. cons., si ribadisce che il problema non è l’indicizzazione del mutuo in sé (tant’è vero che la difesa di parte ricorrente non ne fa motivo di doglianza), ma le modalità attraverso le quali i meccanismi di indicizzazione, conversione e adattamento del contratto siano state fin da principio comunicate per iscritto al cliente. In applicazione del diritto speciale dei contratti conclusi tra professionista e consumatore, è sindacabile da parte dell’interprete l’eventuale opacità delle clausole inerenti ai costi. Così recita l’art. 34, comma 2, c. cons.: «La valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell'oggetto del contratto, né all'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile». Ai sensi dell’art. 36 c. cons., le clausole vessatorie «sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto». La nullità è rilevabile anche d’ufficio (art. 36, comma 3).
A tal riguardo, non sembra convincente quanto riferito dall’intermediario nei suoi scritti difensivi, e cioè che tale meccanismo di rideterminazione periodica del corrispettivo (sopra qualificato in termini di autonoma operazione d’investimento) non sarebbe stato in grado
«in generale» di incidere sull’ammontare delle rate. Xxxx ricordarsi che, in caso di cattivo esito per il consumatore dell’investimento collegato, le perdite accumulate avrebbero potuto trovare annotazione a debito nel separato conto deposito soltanto se, e nella misura in cui, su tale conto fosse stato presente un saldo positivo. In mancanza su quel conto di somme all’attivo “compensabili”, qualunque perdita (di qualunque entità) maturata nel corso del semestre avrebbe finito per intaccare la «prima rata utile dopo il 1° dicembre ed il 1° giugno» (cioè, ad ogni conguaglio semestrale, ai sensi dell’art. 4.6 del contratto).
È un dato acquisito, allora, che eventuali perdite derivanti dall’investimento collegato sarebbero state poste a carico al cliente “alla prima rata utile” del mutuo (previa verifica dell’incapienza del conto deposito); ma non è chiaro come ciò avrebbe potuto concretamente trovare attuazione né è stabilito quali sarebbero stati gli effetti sull’entità e sul numero totale di rate previste nel piano di ammortamento. Dando credito
all’affermazione della banca, secondo cui le «rate di rimborso del mutuo […] rimangono costanti per tutta la durata dell’ammortamento» e ritenendo legge fra le parti la clausola prevista dall’art. 4, che impone di regolare eventuali perdite derivanti dai conguagli semestrali con immediata riversione nella prima rata utile, i conti possono tornare (cioè, è possibile mantenere inalterato il rapporto tra l’entità e il numero di rate) unicamente a due condizioni: (1) che il piano di ammortamento sia esteso in misura proporzionale al debito sopraggiunto; (2) che il mutuatario rinunci a una parte del debito originario. Rilevato che non c’è menzione in contratto di meccanismi indirizzati ad adattare il piano di ammortamento alle sopravvenienze di debiti ulteriori, se ne deduce che l’intermediario, in mancanza di un preventivo accordo in forma scritta, è rimasto sostanzialmente libero di regolare i rapporti di dare e avere tra le parti a proprio piacimento. Il che non può considerarsi legittimo. Poiché la conformazione del piano di ammortamento incide sul procedimento di formazione del prezzo del finanziamento, cioè sul «costo totale del credito al consumatore», non c’è motivo di dubitare che, nel caso di specie, per mancanza di cenni in contratto alla concreta incidenza degli addebiti derivanti dai “conguagli” sulla articolazione interna delle singole rate e sulla durata complessiva del piano di ammortamento, le incertezze riguardanti l’entità del corrispettivo da porre a carico del consumatore sono andate al di là della (doppia) alea contrattuale inerente al tasso d’interesse e al tasso di cambio, rendendola non soltanto indeterminata ma anche indeterminabile. Donde l’inevitabile declaratoria di nullità.
Sebbene con diverso percorso argomentativo, ad analoghe conclusioni rispetto all’invalidità per vaghezza dell’art. 4 del contratto è giunto anche il Collegio ABF di Napoli (dec. n. 6470 del 15 luglio 2016), ove si è osservato che «la formulazione contrattuale risulta opaca, non essendo facilmente intellegibile né su quale base di calcolo (“equivalente in franchi svizzeri di quanto liquidato alla parte mutuataria”) sia applicata semestre per semestre l’eventuale differenza tra tasso di cambio convenzionale e quello di mercato, né tanto meno le differenti modalità di regolamento dei conguagli semestrali (se positivi, accreditati su un conto vincolato e sostanzialmente infruttifero, con capitalizzazione annuale disallineata rispetto alle tempistica mensile dei pagamenti rateali; se negativi, immediatamente compensati con il saldo eventualmente positivo del conto oppure richiesti in pagamento alla successiva scadenza rateale)».
Si pone ora il problema dei concreti riflessi della declaratoria di nullità sul rapporto.
In via principale, parte ricorrente chiede che l’accordo inerente al corrispettivo posto a carico del mutuatario sia dichiarato nullo per indeterminatezza dell’oggetto, con conseguente rielaborazione del piano di ammortamento al tasso d’interesse legale. In subordine, in aderenza a un certo orientamento giurisprudenziale, previa declaratoria della nullità, è chiesta l’applicazione del tasso sostitutivo di cui all’art. 117, comma 7, t.u.b. (viene richiamato Tribunale di Busto Arsizio, 10 marzo 2017, n. 375, ma la pronuncia non fa esplicito riferimento all’art. 117). In estremo subordine, è domandato il «risarcimento del danno in misura pari al maggior importo del capitale residuo ancora da restituire, determinato con l’applicazione dell’indicizzazione al tasso e al cambio franco svizzero del momento dell’estinzione, rispetto a quello originariamente previsto con l’applicazione del tasso convenzionale previsto nel mutuo e indicato nel piano di ammortamento originario, ovvero nella misura ritenuta di giustizia».
Ritiene il Collegio che, alla luce dell’opacità riscontrata, sia l’intero impianto feneratizio del mutuo a doversi considerare nullo per indeterminatezza dell’oggetto. Non soltanto, quindi, i meccanismi di indicizzazione e conversione.
Parte ricorrente ha dimostrato che il meccanismo di determinazione della componente feneratizia del mutuo è stato dettagliato per la prima volta nell’atto pubblico di mutuo del 22 gennaio 2010 e che né il documento di sintesi, né il piano di ammortamento né le
condizioni generali di mutuo (di cui la parte ha dichiarato, innanzi al pubblico ufficiale redigente, di aver preventivamente preso visione) vi avevano fatto compiuto riferimento. Può, dunque, affermarsi che le condizioni economiche applicate al contratto siano diverse da quelle preventivamente portate all’attenzione del consumatore e su cui è dato presumere che si sia formato il suo convincimento circa la convenienza dell’affare. Da ciò deriva, a complemento della sanzione della nullità, l’applicabilità al contratto del rimedio speciale stabilito dal comma 7 dell’art. 117 t.u.b., vale a dire la riconduzione del costo complessivo del credito al tasso nominale minimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell’operazione.
Parte ricorrente si duole del fatto che, per tutta la durata del rapporto, la banca non ha mai fornito alla mutuataria alcuna informazione sul rischio derivante dalla rilevante modificazione del franco svizzero/euro, passato dall’1,4683 – assunto come tasso convenzionale nel mutuo – al’1,168 del 30.11.2017, con una contrazione di oltre il 20%. Tale circostanza, trattandosi di credito immobiliare ai consumatori, avrebbe dovuto indurre l’intermediario – perlomeno dall’entrata in vigore dell’art. 120-quaterdecies t.u.b. (aggiunto dall’art. 1, comma 2, d.lgs. 21 aprile 2016, n. 72) – a informare il consumatore del «diritto di convertire il finanziamento in una valuta alternativa e delle condizioni per farlo». Sebbene non vi sia prova dell’invio di tali comunicazioni, il tema del rimedio eventualmente applicabile è assorbito dalla declaratoria di nullità parziale del contratto innanzi disposta.
In aggiunta a tutto questo, la parte ricorrente si duole dell’eccessiva onerosità derivante a suo carico dal conteggio di parziale anticipata estinzione del 1.6.2017, da cui si evince che a fronte del pagamento di € 40.581,96 la quota capitale rimborsata sarebbe di soli € 30.000,00, «per effetto della rivalutazione conseguente alla variazione del rapporto di cambio Euro / Xxxxxx Xxxxxxxx, passato da 1,483 (cambio storico) a 1,09630 (cambio periodo)» (questa la spiegazione fornita ex post dalla banca resistente, con lettera del 15 maggio 2017).
Come rilevato dalla stessa parte ricorrente, la clausola di cui all’art. 7.5, con riferimento all’ipotesi di estinzione anticipata parziale, si limita a prevedere che “la somma restituita dalla Parte mutuataria al netto di quanto dovuto a qualsiasi titolo dalla Parte mutuataria alla Banca determina la quota di capitale estinto. Sulla base della quota di capitale estinto viene calcolata la quota di capitale residuo, Questo capitale è la base per il ricalcolo del piano di ammortamento per la durata rimanente del mutuo.”
Non immediatamente comprensibili appaiono le difese formulate da parte resistente, specialmente là dove pretende di far dire all’art. 7 (dedicato all’estinzione anticipata) ciò che in realtà non dice. Così nelle controdeduzioni: «L’ipotesi di estinzione anticipata del mutuo viene, per questa ragione, esplicitamente contemplata dall’articolo 7 del Contratto di Mutuo, il quale prevede che “Ai fini del rimborso anticipato, il capitale restituito (ndr residuo), nonché gli eventuali arretrati che fossero dovuti, verranno calcolati in FRANCHI SVIZZERI in base al tasso di cambio contrattualmente previsto, e successivamente verranno convertiti in Euro in base alla quotazione del tasso di cambio FRANCO SVIZZERO/EURO rilevato sulla pagina FXBK del circuito Xxxxxx e pubblicato su “Il Sole 24 Ore” nel giorno dell’operazione di rimborso”».
In realtà, l’art. 7 ha diverso contenuto e non opera riferimenti ad alcun tipo di conversione. In aggiunta allo stralcio sopra riportato (art. 7.5, dedicato all’estinzione anticipata parziale), l’art. 7 stabilisce semplicemente che è possibile richiedere l’estinzione in qualunque momento, purché sia annunciata per iscritto con preavviso di almeno 60 giorni e che il mutuatario sia in regola coi pagamenti. Si può conclusivamente osservare che il meccanismo di doppia conversione attuato dall’intermediario e contestato dal ricorrente,
non essendo stato pattuito nel contratto sottoscritto dal cliente e avendo comunque ricevuto ripetute censure da parte dell’ABF (per tutti, v. Coll. coord. n. 5874/2015), non può trovare applicazione in sede di conteggi di anticipata estinzione. Pertanto, ai fini della riformulazione del conteggio di anticipata estinzione, il capitale residuo dovrà rispecchiare la differenza tra la somma originariamente mutuata e quella già corrisposta previamente ricalcolata sostituendo il tasso di interesse ultra legale applicato dalla banca con il tasso di interesse ex art. 117 t.u.b., senza conversione alcuna (in termini, ABF Napoli, dec. n. 5487 del 17 maggio 2017). Resta fermo il dovere dell’intermediario di riaccreditare in favore del cliente tutte le somme che, sulla base della suesposta declaratoria di nullità e del correlato meccanismo di conversione dell’intera porzione feneratizia del mutuo, siano state illegittimamente addebitate in eccesso.
P.Q.M.
Il Collegio accoglie il ricorso ai sensi di cui in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l'intermediario corrisponda alla Banca d'Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla parte ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1