LA CONTRATTAZIONE AZIENDALE
LA CONTRATTAZIONE AZIENDALE
Xxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx Università di Roma «Tor Vergata»
CENNI STORICI
Contratto collettivo aziendale o accordo aziendale indicano termini intercambiabili a seconda dell’ampiezza delle materie trattate (retribuzioni, orario, ecc.)
Prime forme di contrattazione aziendale sono rinvenibili nell’attività contrattuale delle COMMISSIONI INTERNE (c.d. C.I.) che
contrattavano in materia economica in relazione al cottimo collettivo e cioè alla retribuzione commisurata alla produttività di una squadra di lavoratori, oltre che in tema di superminimi, premi speciali, indennità varie.
La contrattazione delle C.I. era priva di riconoscimento perché gli Accordi interconfederali istitutivi delle C.I. escludevano la loro competenza contrattuale
Quale era la natura dei contratti stipulati dalle C.I. e cioè da un soggetto non sindacale?
In dottrina venne ricostruito come “contratto plurisoggettivo” o addirittura come “contratto tipo”, dal quale derivava l’impegno del datore di lavoro ad applicare i trattamenti in esso previsti per tutta la durata dell’accordo.
L’origine della contrattazione aziendale si ha con la contrattazione articolata del 1962 e 1963 nei contratti dei metalmeccanici dell’industria privata e pubblica, che poi si è espansa ad altri settori dell’economia (proprio sulla materia del cottimo).
Solo verso la fine degli anni ’70 si inizia a parlare di contratto aziendale quale vero e proprio contratto collettivo:
“il contratto collettivo non è la somma di contratti individuali, ma un atto generale di autonomia negoziale che … realizza pur sempre una uniforme disciplina dell’interesse collettivo con efficacia generalizzata, che è tipica della contrattazione collettiva anche se limitata ad una sola azienda” (Cass. 8 maggio 1968, n. 1410: la Cassazione riconosce che la C.I. si comportava come una vera e propria unità di negoziazione, anche se nel caso di specie i sindacati avevano delegato la C.I. alla contrattazione).
Il riconoscimento della contrattazione aziendale era pacifico quando la contrattazione collettiva nazionale aveva introdotto la c.d. articolazione contrattuale, prevedendo la sola contrattazione aziendale, alla quale era demandata la funzione di integrazione e di applicazione di quanto previsto nel CCNL
Inizialmente il rinvio era alle associazioni sindacali di livello provinciale che avevano il compito di completare la disciplina nazionale in materia di retribuzione e classificazione del personale.
Essendoci uno specifico rinvio a tale livello, nessuno dubitava della loro capacità rappresentativa.
Si poneva allora, in linea teorica, il problema dell’efficacia del contratto collettivo aziendale nei confronti dei lavoratori non iscritti al sindacato stipulante: in concreto il problema non si pose perché la contrattazione aziendale stentò a partire e perché con la stagione conflittuale della fine degli anni ’60 il contratto aziendale svolse un ruolo sostitutivo-modificativo e non integrativo del ccnl.
L’efficacia generale del contratto aziendale era comunque sancita dal fatto che questo prevedeva trattamenti migliorativi per tutti i lavoratori dell’impresa e quindi nessuno aveva un interesse contrario alla sua applicazione generale.
Verso la fine degli anni ’70 scoppia il problema dell’efficacia del contratto aziendale poiché aumentavano i contratti derogativi in pejus rispetto al CCNL, con il conseguente dissenso dei lavoratori che ne rifiutavano l’applicazione.
Il legislatore rinviava spesso alla contrattazione aziendale devolvendole il potere di introdurre deroghe alla legge. Ma sorgeva il problema della sua efficacia generale allorquando detto contratto veniva stipulato dalle RSA o dai Consigli di Fabbrica, soggetti privi del potere di rappresentanza generale dei lavoratori dell’azienda
L’EFFICACIA SOGGETTIVA DEL CONTRATTO COLLETTIVO AZIENDALE
Il contratto collettivo aziendale ha una forza paritaria rispetto al contratto collettivo di livello superiore e vincola – indipendentemente dalla loro affiliazione sindacale – tutti i lavoratori dell’azienda, a fronte della sua attitudine ad incidere su interessi collettivi indivisibili dei lavoratori (Cass. 3607/1990, Cass. 2410/1992).
Contra Cass. 4802/1993 per la quale l’efficacia del contratto aziendale spiega effetti nei confronti dei soli iscritti alle associazioni stipulanti.
Indivisibilità dell’interesse collettivo
Inscindibilità della condizione/status di lavoratori della medesima impresa
Necessità di un’unica regolamentazione contrattuale all’interno della medesima impresa
Come potrebbe, in concreto, non applicarsi a tutti i lavoratori quando il contratto aziendale si occupa della materia dei controlli, di ambiente e sicurezza, retribuzione/cottimo, inquadramenti professionali, turni, ecc.
Contro l’orientamento dell’efficacia generale del contratto aziendale derogativo in pejus si pone quella giurisprudenza che limita la sua efficacia ai soli iscritti alle associazioni stipulanti, altrimenti si andrebbe contro il principio della libertà sindacale (positiva e negativa) sancita dall’art. 39 della Costituzione (Cass. 1403/1990, Cass. 4802/1993 e Cass. 10358/2004)
La teoria dell’indivisibilità è temperata dalla Cassazione che esclude l’efficacia erga omnes al contratto aziendale che contenga disposizioni peggiorative della precedente disciplina.
Per la Suprema Corte la deroga in pejus è ammissibile quando è compensata da un interesse collettivo dei lavoratori: es. diminuzione retribuzione, ma salvaguardia dei posti di lavoro (Cass. 1438/1993)
ACCORDI GESTIONALI
Una soluzione all’efficacia generale dei contratti aziendali si è avuta per gli accordi con funzione c.d. gestionale e cioè una funzione di procedimentalizzazione del potere imprenditoriale
Sono accordi che non avrebbero la funzione tipica dei contratti collettivi di predeterminare trattamenti economici e normativi per i lavoratori, ma concorderebbero un provvedimento di gestione del personale in determinati situazioni di difficoltà dell’impresa.
Sono in gran parte stipulati all’esito di
procedure di consultazione sindacale disciplinate dalla legge, oppure sul rinvio della contrattazione collettiva di livello superiore.
I contratti gestionali non appartengono alla specie dei contratti collettivi normativi, che sono gli unici contemplati dal 4° comma dell’art. 39 Cost.
Sono contratti di tipo diverso che esplicano efficacia nei confronti degli imprenditori stipulanti o del singolo imprenditore nel caso di accordo aziendale.
Con questo contratto l’imprenditore si vincola, autolimitandosi, nei confronti di tutti i lavoratori dell’impresa (Corte cost. 268/1994).
Si apprezza più l’escamotage della Consulta per affidare efficacia generalizzata a tali contratti,
RAPPRESENTATIVITÀ DEI SOGGETTI STIPULANTI
L’efficacia generale è un obiettivo fondamentale: c.d. esigibilità del contratto.
Proprio perché può esistere il dissenso da parte dei lavoratori, altrettanto importante è la capacità di rappresentare detti lavoratori in capo ai soggetti stipulanti.
Anche la funzione dei contratto aziendale, a mio modo di vedere, è il rispetto degli obblighi assunti e dunque garantire la pace sociale.
ART. 8 LEGGE N. 148/2011
LO “SGAMBETTO” DEL MINISTRO XXXXXXX
Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità
Deroga al CCNL di categoria ad opera del contratto aziendale che ha efficacia erga omnes
1. I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti, compreso l'accordo interconfederale del 28 giugno 2011, possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali, finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualita' dei contratti di lavoro, all'adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitivita' e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all'avvio di nuove attivita'.
2. Le specifiche intese di cui al comma 1 possono riguardare la regolazione delle materie inerenti l'organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento:
a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;
b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e
inquadramento del personale;
c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarieta' negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
d) alla disciplina dell'orario di lavoro;
e) alle modalita' di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio , il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonche' fino ad un anno di eta' del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento.
2-bis. Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonche' i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le specifiche intese di cui al comma 1 operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro.
3. Le disposizioni contenute in contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di tutto il personale delle unita' produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia stato approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori.
Le parti sindacali hanno deciso di non attuare tale previsione normativa, considerandola un’indebita intromissione del legislatore nell’ordinamento intersindacale.
(Postilla all’integrazione dell’Accordo del 2011)
L’art. 8 Legge 148/2011 ha già resistito al vaglio di costituzionalità in merito alla competenza legislativa statale e non regionale: Corte costituzionale n. 221/2012 ha sancito, sostanzialmente, che le materie di cui alle “specifiche intese” “non hanno un ambito illimitato” ma detto “elenco ha carattere tassativo” e che dette materie rientrano nell’ “ordinamento civile” di cui all’art. 117, 2° comma, lettera L, Cost.
LA SENTENZA N. 231/2013 DELLA CORTE COSTITUZIONALE SUL CASO FIAT/FIOM
Vale tutto ed il contrario di tutto
“Il buio oltre la siepe” Xxxxxx Xxxxxxx
L’ordinamento deve considerare poi la sentenza della Corte costituzionale n. 231/2013 sul Caso FIAT/FIOM, la quale ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, 1° comma, lettera B, della legge 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori) nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell’ambito di associazione sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda.
Sentenza additiva censurabile perché decide su di un caso concreto.
Sarebbe stato più opportuno un monito al legislatore per intervenire su tale materia.
Sarebbe stato più opportuno un monito al legislatore per intervenire sulla materia della rappresentanza/rappresentatività.
Ed invece la Consulta offre sì “consigli” sul criterio selettivo della maggiore rappresentatività, ma ritagliando un vestito sul caso FIOM:
valorizzare il dato del numero degli iscritti;
introdurre un obbligo per il datore di lavoro a trattare con associazione che superino una determinata soglia;
riconoscimento del diritto di ciascun lavoratore ad eleggere rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro.
Ma non vi è un obbligo a trattare per il datore di lavoro con tutte le organizzazioni sindacali. È il datore di lavoro che sceglie il sindacato con cui sedersi al tavolo, questa è la libertà sindacale ex art. 39 Cost.
La giurisprudenza di merito censura solo con la condotta antisindacale ex art. 28 Statuto dei Lavoratori, quelle condotte datoriali contrarie alla correttezza e buna fede, volte alla solo ed univoca esclusione di un sindacato dalla trattativa.
ACCORDO INTERCONFEDERALE
DEL 10 GENNAIO 2014
Ordinamento intersindacale:
Protocollo d’Intesa del 1993
Accordo Interconfederale del 28.6.2011
Protocollo d’Intesa del 31.5.2013
Accordo Interconfederale del 10.1.2014
Prossimo Accordo o Legge???
La contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate e con le modalità previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria o dalla legge
Detti contratti collettivi aziendali per le parti economiche e normative sono efficaci ed esigibili per tutto il personale in forza e vincolano tutte le associazioni sindacali, espressione delle Confederazioni sindacali firmatarie dell’Accordo Interconfederale del 28.6.2011, del Protocollo d’Intesa del 31.5.2013 e del presente accordo, o che comunque tali accordi abbiano formalmente accettato, operanti all’interno dell’azienda, se approvati dalla maggioranza dei componenti delle rappresentanze sindacali unitarie (RSU) elette secondo le regole interconfederali convenute con il presente Accordo.
In azienda con RSA (senza RSU), tali contratti hanno efficacia generale:
se approvati dalle RSA costituite nell’ambito di associazioni sindacali che singolarmente o insieme ad altre siano destinatarie della maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori nell’anno precedente alla stipulazione.
tali contratti approvati dalle RSA devono essere poi
sottoposti al voto dei lavoratori.
Per la validità della consultazione è necessaria la
partecipazione del 50% + 1 degli aventi diritto al voto.
L’intesa è respinta con il voto espresso dalla maggioranza semplice dei votanti.
I contratti collettivi aziendali possono attivare strumenti di articolazione contrattuale mirati ad assicurare la capacità di aderire alle esigenze degli specifici contesti produttivi.
Possono definire specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute nei CCNL nei limiti e con le procedure previste nei medesimi CCNL
In assenza di previsione nei CCNL i contratti collettivi aziendali, al fine di gestire situazioni di crisi o in presenza di investimenti significativi per favorire lo sviluppo economico e l’occupazione, possono definire intese modificative rispetto al CCNL con riferimento alla prestazione lavorativa, agli orari e all’organizzazione del lavoro.
I contratti collettivi aziendali che definiscono clausole di tregua sindacale e sanzionatorie, finalizzate a garantire l’esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione collettiva, hanno effetto vincolante, oltre che per il datore di lavoro, per tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori nonché per le associazioni sindacali espressione delle confederazioni sindacali firmatarie del presente accordo, o per quelle che ad esso abbiano formalmente aderito e non per i singoli lavoratori.
AGENDA DEL GOVERNO
Allineamento del sistema di relazioni industriali con quelli dei partner europei, che prevedono la possibilità che il contratto aziendale non soltanto deroghi parzialmente al contratto collettivo nazionale, ma anche lo sostituisca integralmente in funzione della sperimentazione di piani industriali che escono dai vecchi schemi;
Definizione dei requisiti di rappresentatività maggioritaria dell’associazione o coalizione sindacale stipulante.
Definizione di un salario orario minimo
Al livello di impresa non è ancora consentito modificare la struttura, e quindi in parte i criteri di determinazione, della retribuzione rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale.
La parte della retribuzione stabilita in misura fissa CCNL costituisce tra il 90 e il 95 per cento del monte salari.
Può invece essere interesse dei lavoratori scommettere su di un piano industriale che preveda uno zoccolo fisso più basso e la parte restante della retribuzione variabile in relazione a indici e obiettivi di produttività o di redditività aziendale.
E una modifica della struttura della retribuzione può implicare anche una modifica del sistema di inquadramento professionale
Il problema è che i minimi tabellari fissati dai contratti nazionali sono troppo alti per il Sud e troppo bassi per il Nord.
Le conseguenze sono che al Sud si genera disoccupazione e lavoro nero;
Mentre al Nord per aumentare le retribuzioni occorre comunque puntare sul contratto aziendale.
Il mestiere del sindacato, nel XXI secolo, consisterà sempre di più nel guidare i lavoratori nella valutazione del piano industriale e dell’affidabilità di chi lo propone, da qualsiasi parte del mondo venga. Poi, in caso di giudizio positivo, nella negoziazione della scommessa comune sul piano stesso.
Questo potenziamento della contrattazione aziendale potrà presupporre anche l’introduzione di un requisito ulteriore, rispetto alla maggiore rappresentatività nel singolo luogo di lavoro: per esempio il radicamento del sindacato stipulante in almeno due o tre altre regioni, come garanzia aggiuntiva (rispetto all’articolo 17 St. lav.) contro il possibile fenomeno del sindacato di comodo. Ma non fino al punto di generare un monopolio di fatto della contrattazione aziendale per le confederazioni maggiori.
Nel nuovo contesto il contratto nazionale conserverà due funzioni indispensabili e importantissime:
quella di costituire una sorta di benchmark generale dei livelli di trattamento, con il quale ogni sistema aziendale dovrà confrontarsi;
quella di fornire la disciplina di default, per tutti i casi in cui la contrattazione aziendale faccia difetto, o semplicemente scelga di collocarsi in tutto o in parte nel suo alveo.