UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI VENEZIA
UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI VENEZIA
Dottorato di ricerca in
DIRITTO EUROPEO DEI CONTRATTI CIVILI, COMMERCIALI E DEL LAVORO
24° CICLO
(a.a. 2008/2009 – a.a. 2010 – 2011)
IMPERATIVITÀ DEL CODICE DEL CONSUMO
Settore scientifico-disciplinare di afferenza: IUS/01 Diritto Privato
XXXXXXXX XXXXXX (955622)
Coordinatore del dottorato Tutore della dottoranda
Xxxx. XXXXX XXXXXXXXX Xxxx. XXXXXXXX XXXXXXXXX
INDICE SOMMARIO
Introduzione 1
CAPITOLO I: LE NORME IMPERATIVE E LA NULLITÀ
PAR. I: La norma imperativa e la nullità ex art. 1418 codice civile 4
PAR. II: La nullità relativa
1) Premessa 17
2) Evoluzione della nullità relativa 18
2a) La nullità di protezione 20
3) Autonomia della nullità relativa 23
4) La rilevabilità d’ufficio 26
5) Nullità relativa virtuale e rilevabilità d’ufficio 29
6) Evoluzione giurisprudenziale della rilevabilità d’ufficio 32
7) Riflessioni sulle conseguenze derivanti dal nuovo orientamento 36
8) Il nuovo art. 101 c.2 codice procedura civile 38
PAR. III: Art. 28 legge notarile 42
CAPITOLO II: LA RINUNCIA E L’INDISPONIBILITA’
Premessa 48
PAR. I: La rinuncia 49
1) Oggetto e forma della rinuncia 55
PAR. II: L’indisponibilità 61
1) La disponibilità e i diritti patrimoniali 65
CAPITOLO III: LA NULLITA’ DI PROTEZIONE NEL CODICE DEL
CONSUMO
PAR. I: Introduzione 67
1) Educazione ed informazione 69
2) Coordinamento artt. 134 e 143 Codice del Consumo 74
PAR. II: Il carattere imperativo delle disposizioni; art 134 Codice del Consumo 76
1) Ambito di applicazione. Le fattispecie colpite dal nullità 80
1a) Il patto
2) Le conseguenze della violazione del divieto 81
2a) La legittimazione attiva
2c) La rilevabilità d’ufficio 83
2d) La nullità parziale necessaria 87
PAR. III: L’irrinunciabilità dei diritti; art 143 Codice del Consumo
1) Introduzione 91
2) Nullità 93
2a) Xxxxxxx xxxxxxxx 00
0x) Nullità parziale
3) Rilevabilità d’ufficio
CAPITOLO IV: IMPERATIVITÀ NEL TEXTO REFUNDIDO DE LA LEY GENERAL PARA LA DEFENSA DE LOS CONSUMIDORES Y USUARIOS Y OTRAS LEYES COMPLEMENTARIAS – REAL DECRETO XXXXXXXXXXX 0/0000, XX 00 XX XXXXXXXXX
XXX. I: Introduzione
PAR. II: Consumatore e utente
PAR. III: Imperatività della legge. Art. 10
1) La rinuncia preventiva PAR. IV: La nullità
Conclusioni Bibliografia
98
100
119
124
128
131
137
139
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INTRODUZIONE
La dimensione costituzionale dei diritti dei consumatori ha ottenuto consacrazione definitiva con l’approvazione della Carta di Nizza nel dicembre del 2000, e con l’approvazione della Costituzione europea, nell’ottobre del 2004, subordinata, quest’ultima alla ratifica di tutti i paesi membri. La Carta di Nizza, ora resa autonoma dal testo della Costituzione, sotto forma di Carta europea dei diritti fondamentali, è utilizzata non più solo come un documento politico, ma anche come documento giuridico, e su di esso si incentrano ormai molte decisioni nazionali e della stessa Corte.
L’elevazione dei diritti della persona - intesa come “consumatore” - al rango costituzionale europeo ha, dunque, una duplice valenza: vincola gli organi comunitari e gli Stati membri, ma vincola anche i giudici nazionali1. Nello svolgimento della loro attività i professionisti non possono violare i diritti fondamentali2, non possono, cioè, esercitare
1 ALPA, La codificazione del diritto dei consumatori. Aspetti di diritto comparato, NGCC, 2009, pag. 241
2 Art. XX-000 Xxxxxxxxxxxx europea.
un’attività o compiere atti che xxxxxx a distruggere diritti e libertà riconosciuti dalla Costituzione. Sul punto vi è unicità di intenti e di azioni.
Più complessa è invece la individuazione dei rimedi posti a favore del consumatore: in ogni ordinamento nazionale i rimedi sono disciplinati in modo diverso.
Il Codice del Consumo, introdotto con il D. Lgs. 6 settembre 2005, n.206, costituisce una delle innovazioni più significative della legislazione civile e commerciale dell’ultimo decennio ; esso si presenta come una sorta di “manifesto”3 dei diritti dei consumatori, perché in esso sono raccolte tutte, o quasi tutte, le regole che istituiscono i diritti in capo al consumatore ed i rimedi concessigli dall’ordinamento per farli valere.
*****
La prospettiva che verrà adottata nell’affrontare il tema dell’imperatività del Codice del Consumo è quello del
c.d private enforcement.
Si tratta, cioè, di verificare se, in aggiunta e ad integrazione del public enforcement, ovvero della regolazione
3 ALPA, La codificazione del diritto dei consumatori. Aspetti di diritto comparato, op. cit., pag. 244.
pubblicistica del mercato, vi sia spazio, ed in che misura, per un controllo diffuso dell’attività dell’impresa, promosso da privati che esercitano rimedi affidati alla loro iniziativa4.
In questa prospettiva, come si dirà, acquista valenza nuova la distinzione tra interessi generali ed interessi particolari, e così anche la nozione di norma imperativa, dalla quale, comunque, occorre prendere le mosse.
4 ZOPPINI, Funzioni del diritto privato e tecniche di regolazione del mercato, in AA VV. Funzioni del diritto privato e tecniche di regolazione del mercato, Il Mulino, 2009, pag. 9 seg.
CAPITOLO I
LE NORME IMPERATIVE E LE NULLITÀ
SOMMARIO: PAR. I: La norma imperativa e la nullità ex art. 1418 cod. civ. – PAR. II: La nullità relativa - 1) Premessa - 2) Evoluzione della nullità relativa - 2a) La nullità di protezione - 3) Autonomia della nullità relativa - 4) La rilevabilità d’ufficio - 5) Nullità relativa virtuale e rilevabilità d’ufficio - 6) Evoluzione giurisprudenziale della rilevabilità d’ufficio - 7) Riflessioni sulle conseguenze derivanti dal nuovo orientamento - 8) L’art. 101 c.2 codice procedura civile - PAR. III: Art. 28 legge notarile
PARAGRAFO I: La norma imperativa e la nullità ex art 1418 cod. civ.
Le norme imperative costituiscono, unitamente all’ordine pubblico ed al buon costume, i criteri alla stregua dei quali l’ordine giuridico valuta l’agire autonomo dei privati ed in funzione dei quali appresta o nega tutela giuridica agli interessi concretamente perseguiti e applica le sue sanzioni5.
5 FERRI, Ordine pubblico, buon costume e la teoria del contratto, Milano, Xxxxxxx, 1970, pag. 2
La funzione economico individuale del negozio – l’interesse concretamente perseguito dalle parti – non può essere contraria alle norme imperative; vi è, perciò, un limite all’autonomia privata, intesa come strumento per la realizzazione di interessi particolari. Esse si caratterizzano rispetto alle altre norme inderogabili (riassumibili nella più ampia categoria dello ius cogens) per questa loro particolare e comune incidenza.6
È nozione comunemente accolta che sia norma inderogabile dall’autonomia privata in quanto posta a tutela di un interesse generale7; il contratto contrario a tali norme è, perciò, nullo in quanto la violazione della legge comporta un giudizio di dannosità sociale8. La nullità viene, quindi, intesa
6 FERRI, Ordine pubblico, buon costume e la teoria del contratto, op. cit., pag.156
7 Definizione comunemente accolta. Cfr. XXXXX, Il contratto, , in Trattato di diritto privato, diretto da Xxxxxxxx Xxxxxx – Xxxxx Xxxxx, Xxxxxxx, Milano, 2011, II ed., p.747; DE NOVA, Il contratto contrario a norme imperative, in Rivista critica del diritto privato, a. III, n. 3-4, 1985, p.441; VILLA, Contratto e violazione di norma imperative, Xxxxxxx, Milano, 1993, p.88
8 XXXXXX, Il contratto, Xxxxxxx, 2000, pag.618
quale strumento di controllo che permette all’ordinamento di intervenire e sindacare le scelte contrattuali dei privati9.
Occorre prima di tutto verificare che si tratti effettivamente di norma imperativa - la cui applicazione è imposta dall’ordinamento prescindendo dalla volontà dei singoli – anziché di norma dispositiva e come tale derogabile; solo la prima comporterà nullità, essendo, invece, esclusa nella seconda (es. il mutuatario deve corrispondere gli interessi, ma le parti possono disporre diversamente ed escluderli).
9 Interessante è la breve ricostruzione dell’evoluzione della dottrina fatta da DI MARZIO, in Le nullità del contratto, Padova, 2008, pag. 17 ss.:”la tradizionale dottrina volontaristica individua l’essenza del contratto nella volontà privata diretta a produrre effetti giuridici, come tali garantiti dall’ordinamento.(…) L’atto frutto della volontà viziata era come tale improduttivo di effetti”. Mentre oggi “la nuova forma assunta dallo scambio economico e la disparità di forza contrattuale, hanno fatti sì che alla esigenza, avvertita dalla dottrina classica, di assicurare formale parità alle individualità contraenti evitando ingerenze pubblicistiche nel traffico privato, si sia affiancata e poi sostituita la diversa esigenza di controllo esterno dell’equilibrio dello scambio”. E soprattutto: “l’esercizio dell’autonomia privata non è più, dunque, assolutamente libero, ma è riconosciuto come legittimo nei limiti della sua compatibilità con interessi che l’ordinamento considera meritevoli: così l’art. 1322 cod. civ.” In tal senso anche ALPA e BESSONE in Elementi di diritto privato, Milano, 2001, pag.294 seg.
Da ciò si evince che non è la sanzione ad identificare il tipo di norma, bensì la sua ratio: anche in assenza di una espressa comminatoria di legge o in presenza di sanzioni di altro genere, una norma può essere identificata come appartenente alla specie delle imperative, in forza degli interessi che con essa si vuole tutelare e che si vuole sottrarre alla disponibilità delle parti10.
La nullità ex art. 1418 è sanzione e rimedio di tutti quei contratti che si discostino dal modello contrattuale astrattamente configurato. Definito lo scopo, occorre soffermarsi sulla problematica relativa alla completezza dell’articolo stesso, ovvero chiarire se le ipotesi elencate nell’art. 1418 siano esaustive (alcuni richiamano, per esempio, l’art. 1471 - divieti speciali di comprare11). Incertezze di
10 ALBANESE, Violazione delle norme imperative e nullità del contratto, Jovene, Napoli, 2003, pag.118 seg.
11 Una previsione testuale della nullità ha proprio lo scopo di rendere certa una nullità che altrimenti sarebbe dubbia e controversa. Ne è esempio l’art. 1471 cod. civ. il quale prevede speciali divieti di comprare: il secondo comma prevede esplicitamente che se il divieto di comprare viene violato dai soggetti ai punti 1 e 2 l’acquisto sarà nullo, ma se la violazione colpisce i soggetti indicati ai punti 3 e 4 il contratto sarà annullabile. In questo caso, è la legge che prevede espressamente la nullità; quindi non sorgono problemi di ipotesi non menzionate dall’art. 1418 cod. civ. il cui ultimo comma stabilisce che il contratto sia nullo in tutti quei casi in cui sia la legge a sancirlo.
ordine applicativo traggono origine dal modo in cui lo stesso articolo “confeziona” l’elenco delle cause di nullità12.
La norma contiene due proposizioni, quella del 1° comma e del 3° comma che si pongono in apparente antitesi: il 1° comma, infatti, ammette la possibilità che il contratto sia nullo tutte le volte che esso violi una norma inderogabilmente posta a tutela di interessi ritenuti fondamentali dal nostro ordinamento, salvo casi specifici in cui la nullità è esclusa; il 3° comma, però, racchiude ipotesi specifiche di nullità. Quello che resta oscuro è la volontà del legislatore, che inizialmente sembra, quindi, ammettere ipotesi di nullità non sancite espressamente, salvo poi ritrarre, individuando nel dettaglio queste ipotesi.13
Dottrina (Xx Xxxx) afferma che la grande confusione che si crea intorno all’art. 1418 cod. civ. è dettata dal bisogno di disciplinare le cause di nullità del contratto preoccupandosi di non trascurare nessuna ipotesi; per lo stesso autore la lettura
12 MARICONDA, in Giurisprudenza sistematica di Diritto Civile e Commerciale diretta da Xxxxx Xxxx e Xxxxx Xxxxxxx, I Contratti in generale, IV, 1, Torino, Utet, 1991, pag. 367 seg.
13 SACCO, DE NOVA, Il contratto, in Trattato di diritto civile, diretto da X. Xxxxx, Torino, 1993, pag. 521; XXXXXXXXX, voce Nullità, in Enciclopedia del diritto vol. XXVIII, Milano, 1978, pag 172.
dell’art. 1418 cod. civ. sarebbe facilitata se si invertisse l’ordine dei comma,14 ed il 1° comma, al di là della sua collocazione in apertura costituisce un’ipotesi residuale: apre la xxx xxxx xxxxxxx xxxxxxxx (x. xxxxx) e copre il settore dei contratti che non sono nulli perché illeciti.
Dall’analisi del terzo comma risulta come esso presenti cause di nullità cd. “testuali” perché ricorrono tutte le volte che un contratto od una singola regola contrattuale siano dichiarati nulli da una norma15.
Accanto ad esse vi sono, però, ipotesi di nullità non espressamente previste dal legislatore; ipotesi in cui il contratto è pacificamente riconosciuto come non valido, ma tale conseguenza non è testualmente dichiarata: essa viene ricavata dall’interprete.
La dottrina ha elaborato un criterio cd. del minimo mezzo16 elaborato per decidere la nullità del contratto in presenza di norme imperative di condotta, in ipotesi nelle
14 DE NOVA, Il contratto contrario a norme imperative, in Rivista critica del diritto privato, a. III,n. 3-4, 1985, pag. 446 seg.
15 ROPPO, Il contratto, in Trattato di diritto privato, diretto da Xxxxxxxx Xxxxxx – Xxxxx Xxxxx, Xxxxxxx, Milano, 2011, II edizione, pag.695
16 DE NOVA, Il contratto contrario a norme imperative, op. cit. pag. 440 seg.
quali la nullità testuale manca, poiché le previsioni normative appartengono a rami del diritto che non disciplinano i rapporti contrattuali tra i privati: il criterio sopra citato prevede che oggetto della valutazione dell’interprete sia lo scopo perseguito dalla norma imperativa (di condotta)17.
Per es. un contratto che persegua interessi non meritevoli di tutela non è valido: non lo dice espressamente l’art 1418 cod. civ. e neppure l’art 1322 cod. civ. Ancora: se in un contratto vengono dedotte prestazioni non suscettibili di valutazione economica, esso è nullo. Gli esempi ricorrenti sono dati anche dal contratto simulato (inefficace secondo l'art. 1414 cod. civ.), da alcuni ritenuto valido18, da altri nullo19 (per la giurisprudenza anche il contratto simulato è nullo).
Si desume, quindi, che l’elenco delle cause di nullità stabilite dall’art. 1418 cod. civ. non sia completo, e non lo si
17 NOVELLA, L’inderogabilità nel diritto del lavoro – norme imperative e autonomia individuale, Milano, 2009, Xxxxxxx, pag. 85
18 XXXXXXX, in Xxxxxxx, Xxxxxxxxx, Xxxxxxxx, Xxxxx, Xxxxxxx Xxxxxx, Simulazione, Nullità del contratto, annullabilità del contratto, in Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca, a cura di Xxxxxxx, Bologna – Roma, I, 1998, pag 432
19 CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1946, pag. 636 seg.
può ritenere tale neppure sotto il profilo della cd. nullità virtuale – contrapposta alla nullità testuale. La nullità virtuale
- inespressa – ricorre quando il legislatore non dichiara espressamente che un particolare atto di autonomia privata sia nullo, ma tale conseguenza viene ricavata dall’interprete sulla base della norma 20.
Un contratto contrario a norme imperative può, perciò, essere dichiarato nullo anche in mancanza di una espressa previsione del legislatore21.
Questa cd. nullità virtuale deve, però, essere circoscritta, altrimenti si potrebbe affermare che tutti i contratti contrari a norme imperative siano affetti da nullità virtuale. Il limite si ricava dallo stesso c.1 dell’art. 1418 cod. civ. il quale, dopo
20 Es. cfr. il divieto del patto commissorio di cui all'art. 2744 cod. civ. Esso, a rigore, sarebbe dettato in materia di garanzie reali (pegno ed ipoteca): viene tuttavia reputato applicabile anche alle ulteriori negoziazioni quali la alienazione di un diritto effettuata per concrete finalità di garanzia (Cass. Civ. Sez. Unite, 3 aprile 1989, n. 1611). Non importa che si tratti di un contratto tipico o atipico: ciò che conta è l'effetto coercitivo della volontà del debitore in relazione alla predetta dinamica, nella quale il trasferimento dei diritto sul bene dipende dall'inadempimento (Cass. Civ. Sez. II,15.05.2004, n.9466)
21 OPPO, Ordinamento valutario e autonomia privata, in Rivista di diritto Civile, I, 1981, pag. 495; FERRI, Appunti sulla invalidità del contratto, in Rivista di diritto commerciale, Milano, 1970, pag. 166
aver sancito la nullità del contratto contrario a norme imperative, conclude “salvo che la legge disponga diversamente”.
La lettura di questa espressione comporta una riflessione sul significato da attribuirle. Si può pensare ad una espressa esclusione della nullità: per es. fino al D. Lgs 507/99 (che ha disposto la depenalizzazione di condotte) l’emissione di un assegno a vuoto era sanzionato penalmente (art.116 n.2 L. ass.), ma la validità dell’assegno era espressamente stabilita dalla legge (art.3 c.2 L. ass.)22; oppure può essere la legge a disporre diversamente, per esempio prevedendo un’altra sanzione, quale l’annullamento o l’applicazione di una sanzione amministrativa.
Più precisamente le ipotesi che si posso verificare in relazione al primo comma dell’art. 1418 cod. civ. sono tre:
- la violazione di una norma imperativa può essere espressamente sanzionata con la nullità: il c.3 individua alcune di queste ipotesi (in questo caso vi è parziale coincidenza tra il 1° ed il 3° comma) in cui il contratto sarà certamente nullo;
22 DE NOVA, Il contratto contrario a norme imperative, in Rivista critica del diritto privato, 1985, pag. 35 seg.
- la violazione di una norma imperativa può essere espressamente sanzionata, ma non con la nullità: se il legislatore commina la annullabilità o la rescindibilità, la nullità è certamente esclusa. (v. infra) (Se, invece, vengono comminati altri tipi di sanzioni quali quelle penali o amministrative, non si può a priori escludere la nullità);
- la violazione di una norma imperativa può non essere espressamente sanzionata.
E’ proprio in relazione a questo ultimo caso specifico che, sia in dottrina che in giurisprudenza, è ormai opinione dominante ritenere l’ammissibilità nel nostro ordinamento delle nullità virtuali (v. supra) come conseguenza delle norme imperative non espressamente sanzionate; da ciò discende che se la sanzione della nullità non è espressamente prevista, non si può confidare che il legislatore intendesse escluderla.
Come detto, occorre, perciò, distinguere tra casi in cui la violazione di una norma imperativa dia luogo a nullità a casi in cui la conseguenza sia diversa: il contratto resta valido, ma vi saranno altre conseguenze. Vi è certamente la violazione di una norma imperativa ma, nel silenzio della legge, non si è certi se la sanzione sia la nullità.
Non ci si troverà di fronte ad una automatica comminatoria di nullità, ma spetterà all’interprete valutare caso per caso se la sanzione alternativa, eventualmente stabilita, sia coerente con lo scopo che la norma si prefigge23. Se la sanzione prevista è idonea alla tutela degli interessi contenuti nella norma, non ci sarà bisogno di alcuna sanzione civilistica aggiuntiva, in caso contrario potrà essere applicata anche la nullità.
Si tratta, quindi, di individuare in quali ipotesi la nullità è esclusa:
- 1) è sicuramente esclusa tutte le volte in cui venga comminata una sanzione diversa, sia che si tratti di annullabilità, sia che si tratti di risoluzione del contratto (es. art 71 legge 10.06.78 n.295 per i contratti stipulati da imprese non autorizzate, abrogata dal D.Lgs. 7 settembre 2005 n. 209, Codice delle assicurazioni private. Ora l’art. 167 prevede la nullità dei contratti conclusi con imprese non assicurate.)
00 Xxx. XX XXXX: “Una volta detto che l’interprete deve valutare caso per caso se la violazione di una norma imperativa – che non preveda espressamente la nullità
– comporti la nullità, il rapporto tra la prima e la seconda parte del c.1 dell’art. 1418 cod. civ. non è più un rapporto di regola - eccezione” in Il contratto. Dal contratto atipico al contratto alieno, Cedam, 2011, pag. 280
- 2) è esclusa tutte le volte in cui il legislatore la escluda espressamente (es. l’emissione di un assegno a vuoto era sanzionato penalmente, ma la validità dell’assegno è espressamente stabilita dalla legge; con l’entrata in vigore del
D. Lgs. 507/99 il reato è stato depenalizzato e sostituito con una sanzione pecuniaria)
- 3) è esclusa quando è la ratio stessa della norma a prevederlo (es. la frode fiscale in cui la sanzione pecuniaria è sanzione adeguata a tutelare gli interessi protetti dalla norma)24
Un’ipotesi a parte si verifica nell’eventualità in cui la norma stabilisca una poena adiecta a fronte della violazione della stessa: se è prevista una sanzione amministrativa o penale non è assolutamente esclusa la nullità - in sede civile – del contratto: questo, cioè, potrebbe essere nullo, ma non dovrà esserlo necessariamente.
Il 1° comma assume poi un significato ulteriore se ad esso si fa riferimento per esaminare il settore delle norme imperative di protezione, perché all’interprete si aprono più vie per individuare conseguenze coerenti con la finalità protettiva di un contraente che è ciò che caratterizza la norma
24 Crf., però, art. 62 Decreto Del Presidente Della Repubblica 26 aprile 1986 , n. 131 - Testo Unico Imposta di Registro, il quale prevede la nullità dei patti contrari alla legge.
imperativa: nella dottrina recente si è, infatti, posto in dubbio che la nullità tuteli esclusivamente interessi generali, sostenendosi che a volte è posta a presidio di interessi privati, come quelli di determinate categorie di contraenti cd. deboli25.
Ed è così che la nozione di nullità è entrata in crisi con l’affacciarsi di nuove situazioni che rendono labile il confine tra interessi generali ed interessi particolari o “seriali”26 (riferibili, appunto, a categorie di contraenti cd. deboli).
Come si è detto in premessa, il tema è se le norme c.d. di protezione siano finalizzate alla sola tutela dei beneficiari di tali regole, o invece anche (se non soprattutto) alla tutela di interessi generali, quale, per esempio, l’integrità del mercato.
25 XXXXXXXXXX, Nullità speciali, Xxxxxxx, 1995, pag. 59
26 GENTILI, Nullità, annullabilità, inefficacia (nella prospettiva del diritto europeo) I contratti, A.11, n.2, febbraio 2003, pag. 202.
PARAGRAFO II: La nullità relativa
1) Premessa
Inizialmente le ipotesi di nullità relativa, intesa come limite alla legittimazione a farla valere, erano molto poche, tanto che all’entrata in vigore del codice civile all’art. 1421 cos. civ. si prevedeva la legittimazione generale salvo diversa disposizione di legge.
In pratica i casi in cui si riteneva che la legge disponesse diversamente erano pochissimi: contratti di edizione (L. n.633 del 22/04/1941 artt. 120 – 122 Contratto di edizione a termine: sancisce la nullità del contratto nella misura in cui non sia determinato il numero minimo di esemplari da tirare per ciascuna edizione, e che si ritiene possa essere dichiarato nullo unicamente su iniziativa dell’autore.27) e dote (abrogata)
tanto che addirittura alcuni autori negarono la configurabilità della stessa, considerando la legittimazione generale un requisito connaturale della nullità28.
27 Cfr. XXXXXXXXX, Commentario del codice civile Scialoja – Branca a cura di Xxxxxxxxx Xxxxxxx, Zanichelli editore, Bologna, Soc. Ed. del Foro italiano, Roma, 1998, pag. 843.
28 Così XXXXXXX PASSATELLI, Dottrine generali del diritto civile, Jovene, 1986, p.247
Ogni riflessione sulla nullità relativa finiva, quindi, con l’assumere inevitabilmente il sapore di “un’escursione nel limbo delle eccezioni”29, riportando l’interprete ad un’idea di limitabilità della legittimazione soltanto espressa, con una marginale portata applicativa.
2) Evoluzione della nullità relativa
Di recente, invece, i casi di nullità relativa si sono moltiplicati. La più recente legislazione speciale, in particolar modo quella di derivazione europea, ha radicalmente innovato la dogmatica tradizionale della nullità negoziale30: la nullità così introdotta risponde, infatti, ad esigenze differenti rispetto alla nullità assoluta di stampo codicistico.
Lo scopo è quello di riequilibrare le asimmetrie di potere contrattuale tra le parti, concedendo al contraente “debole”, e a lui solo, la possibilità di far valere la nullità del contratto,
29 XXXXXXXXXX, Nullità speciali, Xxxxxxx, Milano, 1995, pag. 178
30 Cfr. PUTTI, La nullità parziale, 2003, pag. 369:” Il legislatore comunitario, potendo la nullità, nella fattispecie concreta ed ai fini della soddisfazione dell’interesse del soggetto protetto, risultare più dannosa della validità, circoscrive, o meglio limita l’area della legittimazione ad agire e conferisce proprio al soggetto protetto dalla norma la facoltà di decidere se avvalersi o meno di essa”.
negando tale azione sia all’altra parte, sia ai terzi estranei al rapporto stesso, in quanto la finalità di protezione della norma verrebbe vanificata se la legittimazione fosse concessa anche ad altri soggetti, diversi da quelli destinatari della tutela31.
Si può, per esempio ricordare il T.U. in materia bancaria e creditizia (D.lgs. n. 385 del 1° settembre 1993) all’art. 127 c. 2, rubricato “regole generali”, il quale prevede che tutte le nullità previste nel titolo VI, relativo alla trasparenza delle condizioni contrattuali, possano essere fatte valere solo dal cliente; il T.U. in materia di intermediazione finanziaria (D.Lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998) stabilisce che i contratti relativi alla prestazioni dei servizi di investimento e accessori sono nulli, e la nullità può essere fatta valere solo dal cliente (art.23 c.3), nel caso non siano redatti per iscritto e un esemplare non è stato consegnato al cliente (art. 23 c. 1). Sono altresì nulle – e tale nullità può essere fatta valere solo dal cliente – le pattuizioni di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni suo carico (art. 23 c.2)32.
31 XXXXXXXXX, La rilevabilità d’ufficio della nullità di protezione, in Rivista diritto privato, 2004, pag. 868
32 Occorre qui menzionare anche l’art. 36 c. 3 del Codice del Consumo (D.lgs. 206 del 6 settembre 2005)
Ne è, perciò, conseguita una revisione della legittimazione a far valere la nullità e il rilievo è stato33 che non ha più ragione d’essere la nullità sanzionatoria del comportamento di entrambe le parti, in nome di un astratto ordine pubblico, o di una norma imperativa.
2a) La nullità di protezione
Il rinnovato sistema si estrinseca in un “ordine pubblico di protezione” alla cui attuazione meglio risponde il concetto di nullità relativa34, intesa proprio come legittimazione attiva ristretta al solo contraente il cui interesse è tutelato dalla norma, e non rivolto, quindi in modo indifferenziato a tutti i consociati35.
che riforma i precedenti art. 1469 quinquies c. 3 e art 1519 octies c. 1 cod. civ.
33 GUARNERI, voce Ordine pubblico in Dig. Disc. Priv. Sez. civ. Torino, 1995, XIII, pag.154
34 ROPPO, Il contratto, Bologna, 1981, pag. 164
35 La nullità di protezione dovrebbe essere, quindi, intesa come una species del più ampio genus delle nullità relative. Contro questa tesi cfr A. GENTILI La nullità di protezione, Europa dir. priv., 2011, pag.77, secondo cui:”la nullità di protezione non è una nullità speciale, ma solo la manifestazione più moderna della funzione di protezione storicamente tipica di una delle forme tradizionali di nullità, già nota ai codici, in cui interagiscono tra loro l’interesse del privato e l’interesse generale; […] la nullità di protezione non è una categoria unitaria, se non nella misura in cui è un genere comune, che accoglie però diverse specie e quindi diverse
La nullità di protezione36 può perciò, qualificarsi, come espressione di un’esigenza, sempre più fortemente avvertita non solo a livello comunitario ma anche a livello nazionale, di riequilibrare le asimmetrie di potere contrattuale tra le parti37, compensando lo stato di inferiorità e debolezza di alcuni contraenti, così da contenere gli effetti delle posizioni dominanti e gli abusi che ne potrebbero conseguire.
Sul punto, però, è necessario un approfondimento, altrimenti si rischierebbe di pensare che la nullità sia posta esclusivamente a tutela di un interesse individuale riferibile al singolo contraente.
discipline; […] in ciascuna specie di nullità di protezione, attese le caratteristiche del caso, la disciplina dipende dalla possibilità di realizzare l’interesse generale senza detrimento dell’interesse private protetto”
36 In tema di nullità di protezione cfr. DI MARZIO, La nullità del contratto, Padova, 2008, pag.816 seg.; XXXXXXXXXX, Nullità di protezione, Codice del consumo a cura di X. Xxxxxxx, Padova, 2007, pag.370 seg.; D’ADDA, Nullità parziale e tecniche di adattamento del contratto, Padova, 2077, pag.145 seg.; PERLINGIERI, La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, Napoli, 2010; MANTOVANI, Le nullità ed il contratto nullo, Trattato Roppo, IV, Rimedi, a cura di X. Xxxxxxx, Milano, 2006, pag. 155 seg.
37 XXXXXXXXX, La rilevabilità d’ufficio della nullità di protezione, op. cit, pag.861. XXXXXXXXXX, Rilevabilità d’ufficio, in Rivista Diritto Privato 2002, pag. 685 seg.
Così non è. Se è vero che l’intento del legislatore è quello di proteggere il contraente debole, è anche vero che questa tutela si affianca alla tutela di interesse pubblico di ordine generale, che può essere identificato nell’interesse al corretto funzionamento del mercato nelle sue più svariate rappresentazioni: garantire una corretta concorrenza, evitare abusi e sopraffazioni della parte economicamente più forte, tutelare il risparmio come basilare elemento della economia nazionale.
Questi obiettivi possono essere raggiunti attraverso forme di controllo complementari tra loro: nel campo della protezione del consumatore si può ritenere che la combinazione di un controllo amministrativo con un enforcement giudiziale meglio permetta di controllare il rischio associato a prodotti o servizi destinati ai consumatori ovvero l’inserzione di clausole vessatorie o l’adozione di pratiche commerciali sleali38.
Nella legislazione di protezione, il legislatore comunitario prima e quello nazionale poi, tendono a far sì che alla declaratoria di nullità del patto o della clausola
38 CAFAGGI MICKLITZ, “Enforcement” pubblico e privato nel diritto dei consumatori, in Funzioni del diritto privato e tecniche di regolazione del mercato, Il Mulino, 2010,pag. 328.
pregiudizievole per il soggetto destinatario della norma di protezione, non debba far seguito l’invalidazione dell’intero contratto. Il fine è quello di evitare che il consumatore sia stretto tra due alternative comunque negative, determinate o dall’esecuzione della fattispecie viziata, con la rinuncia implicita a far valere la nullità, pur di assicurarsi i beni od i servizi oggetto del contratto, oppure dalla rinuncia piena al negozio, a seguito della declaratoria di nullità, con la conseguente “perdita” del contenuto contrattuale.
3) Autonomia della nullità relativa
Come sopra detto parte della dottrina riteneva l’istituto inammissibile e contraddittorio, non ammettendo la possibilità che un contratto fosse nullo per alcuni soggetti e valido per altri39.
La nullità relativa ha trovato difficoltà ad avere una sua autonoma collocazione nel campo delle invalidità negoziali40.
39 FEDELE, Le invalidità del negozio giuridico di diritto privato, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 1943, pag. 326
40 Per una panoramica sui casi di nullità relativa nella nostra legislazione v. anche PAGLIANTINI, Autonomia privata e divieto di convalida del contratto nullo, 2007, Giappichelli, pag 34 seg.
Da una prima analisi parrebbe collocarsi fra la annullabilità e la nullità: il fatto che la legittimazione sia concessa soltanto a determinati soggetti la avvicinerebbe all’annullabilità41 ma da un più attento studio non può sfuggire la sua collocazione nell’ambito delle nullità: la ratio del rimedio risiede in un intreccio molto stretto tra interesse particolare di una delle parti e interesse generale, avvicinandosi, come detto, più a quest’ultimo42. Per meglio chiarire si è affermato che queste fattispecie si porrebbero, come la nullità classica, a garanzia di valori fondamentali dell’ordinamento, con la particolarità che, nel caso di specie, sarebbe più corretto parlare di interessi “di serie o di massa”, dei quali “la parte43 è portatrice in forza di una propria
41 Cfr. SACCO, Il contratto, IV, Utet,1995, pag. 362, secondo il quale ogni restrizione del numero dei legittimari a far valere la nullità significa un avvicinamento della nullità all’annullabilità.
42 Talvolta la migliore realizzazione di interessi fondamentali (quali sono nell’interpretazione tradizionale quelli tutelati dalla nullità) può essere affidata all’intervento di determinati soggetti che di quegli interessi sono nella fattispecie data gli occasionali depositari” XXXXXXXXX, voce Nullità (dir. priv.), in Enciclopedia Diritto, XXVIII,Xxxxxxx, 1978, pag.899.
43 Ove la “parte” si identificherebbe con la figura del consumatore, del cliente, o comunque del contraente istituzionalmente debole.
condizione oggettiva”: è dunque il riflesso di un interesse generale44.
Salvo l’assolutezza dell’azione di legittimazione ci si chiede se gli altri effetti tipici della nullità siano applicabili anche alla nullità relativa. Tendenzialmente si ritengono applicabili gli effetti della imprescrittibilità45 dell’azione; maggiormente dibattute sono, invece, le ipotesi della insanabilità e della rilevabilità d’ufficio.
Nel caso specifico del mancato rilascio di fideiussione per gli immobili da costruire il precetto della insanabilità incontra un limite46 nel caso in cui la fideiussione stessa, originariamente mancante, venga consegnata all’acquirente in
44 ROPPO, Il contratto, Xxxxxxx, 2011, pag. 790
45 GAZZONI, Manuale di diritto privato, XIV ed., 2009, pag.996 seg.; XXXXXXXX, Nullità relativa e potere di convalida, in Rass. Dir. civ., 2003, pag. 931 seg., afferma che la nullità relativa si differenzia dall’annullabilità per la circostanza di essere caratterizzata dalla imprescrittibilità dell’azione (art. 1422 cod. civ.)
46 Vedi anche Cass. sez. III 6 luglio 2006,: in tema di notificazioni, l’incompetenza per territorio dell’ufficiale giudiziario procedente costituisce motivo di semplice nullità relativa dell’atto, con conseguente ammissibilità della relativa sanatoria (nella specie realizzatasi per effetto della presentazione del ricorso).
un momento successivo alla stipula del contratto47. Parimenti si può ragionare nell’ipotesi in cui il contratto abbia avuto regolare esecuzione con trasferimento della proprietà in favore dell’acquirente48.
4) La rilevabilità d’ufficio
L’interesse della parte protetta (intesa come categoria sociale) corrisponde in questo caso, come già ricordato, all’interesse dell’ordinamento generale. Su questo piano si
47 DE NOVA, L’acquisto degli immobili da costruire,
2005, Ipsoa, Milano, pag.16.
48 XXXXXXXX, Gli acquisti di immobili da costruire,
Ipsoa, 2005, pag. 251.
Cfr. anche, in tema di contratti relativi all’acquisto di un diritto di godimento ripartito di beni immobili (art. 69 e seg. Codice del Consumo), XXXXXXXXXX, Contratti relativi all’alienazione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili: note in tema di tutela dell’acquirente, in Riv. Not., 2000, pag. 554 e seg., il quale ha prospettato la possibilità di una sanatoria ex post della nullità nel caso in cui la fideiussione sia stata effettivamente prestata, ma ne manchi la menzione nel contratto. Così pure, tra gli altri, XXXXXX, Commento all’art 76 in Codice del Consumo, a cura di Xxxxxxx, pag.334, SIRGIOVANNI, Commento all’art 76 in Codice del Consumo, Commentario a cura di Xxxx e Xxxxx Xxxxxx, pag. 540.
Contra XXXXXX, Commento all’art 76 in Commentario al Codice del Consumo, a cura di Xxxxxxxxx – Xxxxxxxxxxxxx, pag.622 seg.,il quale ritiene la nullità dell’art. 76 una nullità assoluta ed insanabile, anche quando di fatto sia stata prestata la garanzia.
colloca anche il problema della rilevabilità d’ufficio49 la cui funzione è sia di evitare il consolidarsi degli effetti dei contratti nulli, sia, come afferma Xxxxxxx, eliminare un atto idoneo a “suscitare affidamenti precari salvaguardando così l’ordinato svolgimento del traffico giuridico”50.
Per quanto precedentemente detto ritengo che essa possa essere applicata alla nullità relativa, in quanto l’intervento del giudice soddisfa le esigenze di protezione del contraente “debole”: si pensi all’ipotesi del contraente non particolarmente informato, assistito, accorto, o addirittura contumace.
Ragionare solo in questi termini è, però, riduttivo perché il problema è rilevante e delicato, come meglio si vedrà in tema di contratti dei consumatori. In particolare si potrebbe ritenere che se la nullità è relativa e non rilevabile d’ufficio, potrebbe essere sanabile, avvicinandosi nuovamente
49 Per un ampio inquadramento dottrinale per ciò che attiene alla rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto, v. DI MAJO, La nullità, in Il contratto in generale, nel Trattato Bessone, XIII, 7, Giappichelli, 2002, 153 ss.; MARICONDA, La nullità, in I contratti, a cura di ALPA-BESSONE, nella Giurisprudenza Bigiavi, IV, Utet, 1990, 308 ss.; IRTI, La nullità come sanzione civile, in Contr. e impr., 1987, pag. 541 seg.
50 FILANTI, Inesistenza e nullità del negozio giuridico, Jovene, 1983, pag. 135
all’annullabilità51 (es. sanerebbe la nullità il consumatore che
– una volta emersa la nullità – non la facesse valere).
Il legislatore si pone il problema della rilevabilità d’ufficio della nullità relativa in tema di contratti dei consumatori: nel caso in cui il consumatore non eccepisca la nullità il giudice può rilevarla d’ufficio ex art. 36.3 Codice del Consumo. Questa è un’importante statuizione, soprattutto nell’ipotesi in cui il consumatore rimanga contumace in un giudizio. L’efficacia di questa normativa è accresciuta proprio dal fatto che se, per ipotesi, il consumatore convenuto in un giudizio per essere condannato ad eseguire un contratto, non si costituisca ed il professionista invochi la clausola, è lo stesso giudice che può rilevare d’ufficio la nullità delle clausole abusive.
Si afferma che la disuguaglianza fra consumatore e professionista possa essere riequilibrata solo grazie all’intervento positivo di soggetti estranei al rapporto
51 Si è sostenuto, ancora, che la nullità assoluta è quella insanabile, mentre la nullità relativa è sanabile. Tuttavia va riflettuto che la sanatoria è conseguenza possibile solo di annullabilità ed inefficacia, mentre la nullità, quale forma più grave di invalidità, non ammette sanatoria. La nullità sanabile integra, nelle varie ipotesi, ora l’annullabilità ora l’inefficacia. Così DI MARZIO, La nullità del contratto, Padova, 2008, pag. 49.
contrattuale, e ciò avverrebbe principalmente per il tramite dell’esercizio del potere del giudice che può dichiarare nullo un contratto dedotto in giudizio, anche in assenza di una apposita domanda od eccezione di parte52.
5) Nullità relativa virtuale e rilevabilità d’ufficio
Occorre, inoltre, chiedersi se la nullità relativa possa essere virtuale, possa, cioè esistere anche in assenza di una espressa previsione legislativa. In giurisprudenza si riscontrano posizioni contrastanti: accanto a pronunce che ne sottolineano l’esistenza come per esempio Cass. 10920/200553 in tema di alienazione e trasmissione delle cose d’interesse
52 Corte di giustizia ce 26.10.06 n.168
53 È il caso della nullità comminata dall’art. 61, Legge 1° giugno 1939, n. 1089, ora trasfuso nell’art.
164 D. Lsg. 42/04 - Codice dei beni culturali. Cass. Sez. II, 24 maggio 2005, n. 10920: “La nullità prevista, a tutela delle cose di interesse storico ed artistico, dall’art. 61, Legge 1° giugno 1939 n. 1089 per le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere, compiuti contro i divieti stabiliti dalla legge stessa o senza l’osservanza delle condizioni e modalità da esse prescritte, è di carattere relativo, essendo stabilita nell’interesse esclusivo dello Stato e non può, quindi, essere dedotta dai privati o essere rilevata d’ufficio dal giudice. (V. anche Consiglio di Stato, sez. VI, 21 febbraio 2001, n. 923; Cass. Sez. III, 12 ottobre 1998, n.10083; Cass. Sez. un., 9 dicembre 1985, n.6180)
artistico, vi sono posizioni contrarie che negano il carattere relativo della nullità se non espressamente stabilito dalla legge Cass. 19223/200754 in tema di disdetta della locazione priva di specifici motivi.
Dibattuta in dottrina è, invece, l’ipotesi della conciliabilità della rilevabilità d’ufficio della nullità con il carattere relativo della stessa in mancanza di espressa previsione legislativa, sul presupposto che l’intervento
54 Si è ritenuto trattarsi di nullità assoluta, non ricorrendo alcuna previsione normativa che fissi limiti alla legittimazione a dedurla. In tema di locazione di immobili ad uso diverso da quello abitativo, nella comunicazione del diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza, ai sensi dell’art. 29 legge 27 luglio 1978 n. 392,deve essere specificata quale particolare attività il locatore (o chi per lui intenda svolgere). A tale specificità è attribuito rilievo non soltanto per la soddisfazione delle esigenze di informazione e di controllo spettanti al conduttore, ma anche per consentire al giudice di verificare la conformità della pretesa alla fattispecie legale delineata dagli artt. 28 e 29 della citata legge, implicante una disdetta caratterizzata da un ben preciso contenuto, e ciò in considerazione, peraltro, della esigenza di tutela della stabilità delle locazioni non abitative, consentendone la cessazione alla prima scadenza del periodo legale di durata solo nelle tassative ipotesi previste per il diniego di rinnovazione. Cass. Sez. III, 14 settembre 2007, n. 19223. V. anche Cass. 24 maggio 1993, n. 5827; Cass. 13 aprile 1989, n. 1776
officioso del giudice xxxxxxxxxxxxxx di fatto, smentendola, la riserva di legittimazione in favore del contraente debole55.
A chi nega la rilevabilità d’ufficio escludendo che possa dirsi esistente un principio generale secondo cui in ogni caso di nullità relativa questa possa essere rilevata d’ufficio, si risponde che l’intervento del giudice non è incondizionato. La declaratoria si avrà solamente nel caso in cui ciò non risulti pregiudizievole per la parte che il legislatore intende proteggere. Questa valutazione viene effettuata tenendo conto anche del comportamento processuale della parte, la quale potrà sempre esprimere la volontà di accettare gli effetti della clausola nulla. Se così non fosse, si afferma, verrebbero vanificate le finalità di tutela perseguite dal legislatore e la nullità relativa da strumento di protezione, diverrebbe uno strumento pregiudizievole56.
55 CIAN, Il nuovo capo XIV bis (Titolo II, libro I del Codice Civile), sulla disciplina dei contratti dei consumatori, in Studium Iuris, 1996, pag. 417; XXXXXXX, L’inefficacia delle clausole abusive, in Riv. Dir. Civ., 1997, I, pag. 428.
56 MONTICELLI, Nullità, legittimazione relativa e rilevabilità d’ufficio, in Riv. Dir. priv., 2005, pag. 685 seg.; XXXXXXXXX, La rilevabilità d’ufficio della nullità di protezione, in Riv. Dir. Priv., 2004, pag. 884 seg.
6) Evoluzione giurisprudenziale della rilevabilità
d’ufficio
Importante, nell’analisi in oggetto, è sapere se la nullità sia rilevabile d’ufficio o meno perché altrimenti si potrebbe sostenere che se la nullità è relativa e non rilevabile d’ufficio allora è anche sanabile (e, dunque, si approssimerebbe molto alla annullabilità). Per es. sanerebbe la nullità il consumatore che, una volta emersa la nullità, non la facesse valere.
La Cassazione è di recente intervenuta in merito. In particolare prima della sentenza Cass. n. 6170 02/03/2005 la giurisprudenza57 di gran lunga dominante tendeva a considerare la nullità rilevabile d’ufficio solo a due condizioni:
i) la nullità doveva emergere dalla materia probatoria sottoposta al giudice, il quale decide sulla base degli atti58.
Parlare della rilevabilità d’ufficio non vuol, quindi, dire che la parte non debba provare la nullità; in altri termini,
57 Da ultimo Xxxx. 23 dicembre 2004 n. 23929
58 V. per il principio della necessaria risultanza della questione sulla base degli atti di causa, altresì, da ultimo, Cass., 28.1.2004, n. 1552; Cass., 23.10.1998, n. 10530.
l’onere della prova a carico delle parti resta fermo. Tuttavia il giudice dichiara la nullità del contratto – senza che ciò gli venga chiesto con la domanda attorea o con l’eccezione del convenuto – se dal materiale probatorio a sua disposizione, e che le parti hanno prodotto ad altri fini, emerge la nullità del contratto.
ii) la parte attrice chiedeva l’esecuzione del contratto ed il convenuto resisteva sostenendo di avere già adempiuto o, comunque, non eccepiva la nullità.
La rilevabilità d’ufficio era, invece, preclusa se oggetto della domanda attorea era la risoluzione del contratto o un’altra domanda volta a privarlo di effetti59. Nel delibare la domanda di esecuzione dell’attore il giudice si deve prima chiedere se il contratto sia valido o meno, e nel caso sia invalido deve respingere la domanda stessa. Per contro, nel caso di domanda di risoluzione o, più in generale, di
59 Il principio della Giurisprudenza maggioritaria era quello per cui "la nullità del contratto può essere rilevata ex officio ogniqualvolta, acquisiti gli elementi idonei ad evidenziarla, sia stata invocata in giudizio l’applicazione del contratto stesso o il riconoscimento dei diritti che presuppongono la validità di quest’ultimo; osta pertanto alla rilevabilità la proposizione di una domanda che prescinda dalla validità ed efficacia" Cass., 14.1.2003, n. 435, Cass., 17.5.2002, n. 7215, che seguono l’orientamento tradizionale (a partire da Cass., 18.4.1970, n. 1127)
privazione degli effetti del contratto per una certa ragione, il giudice non può, in ossequio al principio della domanda, accogliere sulla base di ragioni differenti a pena di cadere nel vizio di ultrapetizione. Tutto questo perché il giudice non deve sostituirsi alle parti nell’individuazione delle ragioni.
La dottrina era di diverso avviso e sosteneva che se il contratto è nullo non c’è nessun effetto da eliminare e non avrebbe senso privare di effetti un contratto che non li ha mai prodotti.
Principio di diritto che sintetizza l’orientamento consolidato: il potere del giudice di dichiarare d’ufficio la nullità di un contratto ex art. 1421 cod. civ. va coordinato con il principio della domanda fissato dagli artt. 99 e 112 cod.60 proc. civ., sicché solo se sia in contestazione l’applicazione o l’esecuzione di un atto la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, il giudice è tenuto a rilevare, in qualsiasi stato e grado del giudizio, l’eventuale nullità dell’atto, indipendentemente dall’attività assertiva delle parti.
60 MONTICELLI, Contratto nullo e fattispecie giuridica, Cedam, 1995, pag. 279, il quale afferma che, sia che venga chiesto l’adempimento del negozio, sia che venga chiesto l’annullamento, la rescissione, la risoluzione, la nullità rappresenta sempre una questione pregiudiziale sulla quale non dovrebbe estendersi il giudicato senza che vi sia stato il preventivo dibattito tra le parti, pena la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa.
Al contrario, qualora la domanda sia diretta a far dichiarare l’invalidità del contratto o a farne pronunciare la risoluzione per inadempimento, la deduzione di una causa di nullità diversa da quella posta a fondamento della domanda (nella prima ipotesi), e di una qualsiasi causa di nullità o di un fatto costitutivo diverso dall’inadempimento (nella seconda ipotesi) sono inammissibili, né tali questioni possono essere rilevate d’ufficio61, ostandovi il divieto di pronunciare ultra petita.
Principio di diritto a seguito della sentenza n. 6170 02/03/200562: “a norma dell’art. 1421 cod. civ. il giudice deve rilevare d’ufficio le nullità negoziali, non solo se sia stata proposta azione di xxxxxx adempimento, ma anche se sia stata proposta azione di risoluzione, di annullamento, o di rescissione, procedendo ad un accertamento incidentale
61 Si discostano gradualmente dall’opinione diffusa, nel senso che viene ammessa la dichiarazione officiosa di nullità in seno ad una risoluzione del contratto: Cass. 2 aprile 1997, n. 2858; Cass. 18 luglio 1994, n. 6710; Cass. 28 gennaio 1986.
62 Cfr. MARICONDA, La Cassazione rilegge l’art 1421 e si corregge: è vera svolta?, in Corr. Giur. 2005, pag. 957.
relativo ad una pregiudiziale in senso logico giuridico, idoneo a diventare giudicato”63.
7) Riflessioni sulle conseguenze derivanti dal nuovo orientamento
- cosa cambia, dal punto di diritto sostanziale, tra dichiarare la nullità e pronunciare la risoluzione, l’annullamento o la rescissione?
- Se il giudice d’ufficio dichiara la nullità, a fronte di domanda di risoluzione, l’attore ottiene lo stesso bene della vita che ha chiesto?
Nel sistema italiano se si chiede la nullità, ed il giudice la accoglie, si ottiene solo una dichiarazione di nullità e niente altro; ciò significa che – a differenza di quanto avviene per es. in Francia – se si vuole ottenere la restituzione delle prestazioni indebitamente eseguite, occorre altresì chiedere la condanna alle restituzioni.
63 Sul punto v. anche Cass. 27 aprile 2006, n. 9642, in cui si riconosce genericamente il formarsi del giudicato implicito sulla validità di un contratto preliminare del quale era stata promossa ed esaminata la domanda di risoluzione, e Cass. 12 aprile 2006, n. 8612.
Xxxxx che agisce in risoluzione, per definizione non chiede la restituzione, ma chiede lo scioglimento del contratto a cui può aggiungere una domanda di risarcimento del danno derivante dall’inadempimento che tra le voci potrà prevedere anche la restituzione della prestazione eseguita.
Applicando il principio di diritto della sentenza ultima al caso di un giudizio in cui l’attore domanda la risoluzione del contratto per inadempimento e il risarcimento dei danni, a fronte di un contratto che ex actis emerge essere nullo, il giudice dovrà d’ufficio dichiarare la nullità del contratto e tale accertamento sarà idoneo a passare in giudicato. Il giudice può e deve solo dichiarare la nullità, non può anche condannare alle restituzioni, né accogliere la domanda di risarcimento.
L’attore, avuta in primo grado la dichiarazione di nullità, non può in appello chiedere le restituzioni per il principio di divieto di domande nuove. Può invece promuovere un nuovo giudizio a meno che il diritto alla restituzione di quanto indebitamente pagato non sia prescritto: nel momento in cui viene pronunciata la nullità potrebbe, infatti, essere già prescritta l’azione di ripetizione decorrente dal momento dell’esecuzione della prestazione non dovuta (dubbio è l’orientamento di parte della giurisprudenza di merito che fa
decorrere la prescrizione dalla dichiarazione di nullità ex
art.1422 cod. civ.)
Egli non può chiedere il risarcimento dei danni per inadempimento perché essendo nullo il contratto, non vi è alcun inadempimento. Un profilo diverso – anche per quanto riguarda il quantum debeatur – è quello della risarcibilità del danno per conclusione di contratto nullo. Si potrebbe pensare che il giudice oltre a dichiarare la nullità del contratto condanni in qualche modo alle restituzioni, essendo queste ultime una voce della domanda di risarcimento del danno che accompagna la risoluzione.
8) Il nuovo art. 101 c.2 codice procedura civile.
La recente riforma64 del processo civile del 18 giugno 2009 n. 69, all’art. 45, ha innovato l’art 101 cod. proc. civ. 65,
64 Tra i tanti interventi, cfr. XXXXXXX - XXXXX, La riforma del 2009, in Codice di procedura civile commentato, a cura di CONSOLO e DE CRISTOFARO, Milano, 2009, sub art. 101; RICCI G.F., La riforma del processo civile. L. 18 giugno 2009, n.69, Torino, 2009, pag. 21; VERDE, Diritto processuale civile, I, Bologna, 2010, pag. 101.
65 L’art. 101 c.2 cod. proc. civ.(Se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni
inserendo coordinate più precise in merito ad una questione soggetta a frequenti interventi dottrinali e giurisprudenziali.
Si è sempre discusso se l’indicazione delle questioni rilevabili d’ufficio costituisca l’oggetto di un obbligo66 o di una mera facoltà67 discrezionale di chi giudica. L’apparato della legge poteva far propendere per la facoltà: l’assenza di ogni espressa previsione imperativa nell’art. 183 c. 4 cod. proc. civ., il cui contenuto non è stato intaccato dalle recenti
dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione) va coordinato, in particolare, con l’art. 183, comma 4°, c.p.c., che impone al giudice, nell’udienza di trattazione, di indicare alle parti le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione, e con l’art. 384, comma 3°, cod. proc. civ., che (con previsione molto simile a quella adesso contenuta nell’art. 101, comma 2°, cod. proc. civ.) prevede la riserva di decisione in cassazione, con l’assegnazione di un termine per il deposito di osservazioni, quando la corte rileva d’ufficio una questione su cui fondare la decisione.
66 Ritengono che l’art. 183 c.4 sia espressione di un obbligo del giudice, per es. XXXXXXXXX, ARIETA, Il nuovo processo civile, Torino, 1991, pag.36; XXXXXX, Lineamenti del nuovo processo civile di cognizione, Milano, 1996, pag. 163; XXXXXXXXXX, Giusto processo (processo civile, in Enc. Giur. Treccani, X, Roma, 2001 (agg.), pag. 11
67 Sono favorevoli alla tesi della facoltà: CARNELUTTI, Istituzioni del nuovo processo civile italiano, Roma, 1941, pag. 334; XXXXX X., Trattato di diritto processuale civile, III, Torino, 1966, pag. 79; XXXXXXX, Le preclusioni nella riforma del processo civile, in Riv. Dir. proc., 1992, pag. 296
xxxxxxx e la mancanza di una sanzione espressa, facevano ritenere che si trattasse di una “moralità positiva”, piuttosto che di un diritto cogente68.
Si può ritenere cha la riforma ultima rafforzi la tesi dell’obbligo69: non avrebbe senso la nullità testuale, né la predisposizione di una tecnica rimediale ad hoc se si intendesse l’apertura del dibattito alla stregua di una mera facoltà70.
Dunque il giudice deve, a pena di nullità della sentenza, sottoporre al contraddittorio delle parti la questione rilevata d’ufficio. Il legislatore ha fotografato ciò che accade nella prassi: il giudice studia il fascicolo di causa e le risultanze processuali - in particolare quando deve emettere la sentenza - ed è soltanto allora che rileva la presenza di una questione, rimasta silente, su cui le parti non hanno discusso nei loro atti;
68 XXXXXXXX, Sull’art. 101, comma 2, c.p.c.: un dispositivo recente su una questione antica, in Giustizia Civile, 3/2012, II, pag. 142.
69 La dottrina che, da ultimo, si è occupata del tema ha espresso opinione favorevole a questa interpretazione: XXXXX X.X. La riforma del processo civile. L. 18 giugno 2009, n.69, op. cit.,pag. 21, XXXXXXX X. Xxxxxxxxxxxxxxx e questioni rilevabili d’ufficio, in Foro It, 2009, V, pag. 266.
70 XXXXXXXX, Xxxx’art. 101, comma 2, c.p.c.: un dispositivo recente su una questione antica, op. cit., pag. 142
in base al nuovo art. 101 cod. proc. civ., prima di decidere, è obbligato a sollecitare le parti a presentare “osservazioni” sulla questione.
La rilevabilità d’ufficio nei contratti dei consumatori:
rinvio.
Nel capitolo relativo alla disciplina dei consumatori verrà approfondita l’analisi sopra compiuta, domandandosi se le acquisizioni cui la dottrina e la recente giurisprudenza sono pervenute valgano anche per le ipotesi di nullità di protezione, tipiche della legislazione a tutela dei consumatori.
PARAGRAFO III: Art 28 lex notarile
Un problema sul quale la dottrina ha posto di recente la propria attenzione è quello relativo all’art 28 della legge notarile il quale vieta al notaio rogante di ricevere atti “espressamente proibiti dalla legge, o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico” con la conseguente applicazione a carico dello stesso delle sanzioni previste dall'articolo 138 comma 6 della legge stessa71. È dunque sanzione particolarmente grave: la seconda per gravità dopo la destituzione72.
Il compito dell’interprete è quello di individuare quali siano tali atti la cui ricezione da parte del notaio configuri un comportamento grave al punto tale da giustificarne la sanzione della sospensione: la gravità è un predicato del ricevere l’atto73.
Accettato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’articolo predetto sia applicabile soltanto in caso
71 “è punito con la reclusione da sei mesi ad un anno il notaio che contravviene alle disposizioni degli art. (…) 28 (…)”
72 Art. 135 legge notarile.
73 DE NOVA, Gravità del comportamento del notaio e sanzione disciplinare: a proposito dell’art 28 della legge notarile, in Rivista di Diritto Privato, anno X, n.2, Ipsoa, aprile-giugno 2005, pag.281.
di nullità dell’atto posto in essere, ci si domanda se la responsabilità sussista anche nelle ipotesi di nullità relativa.
Lo sforzo maggiore è quello di appurare se la nullità relativa sia vizio strutturale del negozio, oppure uno strumento posto a tutela del contraente debole, allo scopo di consentirgli di recuperare una parità negoziale posta in discussione, in linea di principio, in considerazione della diversa qualità soggettiva dei contraenti. Come precedentemente evidenziato la nullità relativa può giocare un ruolo di equilibrio contrattuale piuttosto che di conflitto per i contraenti, nel senso che il contraente “debole” può comunque decidere di non avvalersi del rimedio della nullità (per calcoli di equilibrio contrattuale, per evitare i costi di un procedimento, per lo scarso valore della clausola…) trovando soddisfazione proprio nella rinuncia a tale soluzione.
Il notaio assume il ruolo di strumento neutrale di sicurezza e antilitigiosità. La valutazione sulla convenienza o meno dell’atto spetta alle parti stesse con un giudizio di merito che coinvolge l’intero contratto: tale valutazione esula dalla competenza del notaio.
Egli dovrà sì svolgere il proprio compito tenendo conto della disciplina tutta del codice deontologico, ma si può ritenere che non possa ammettersi un obbligo professionale di
rilevare la nullità della clausola, sanzionabile ai sensi dell’art. 28 della legge notarile.
Eventuali manchevolezze notarili (per esempio superficialità nella stesura dell’atto; una mancanza di approfondimento dell’esistenza della clausola presuntivamente abusiva e della compita spiegazione di essa nei confronti del contraente debole) potrebbero incidere sotto altri aspetti – violazione del codice deontologico con conseguente sanzione disciplinare ex art. 147 legge notarile o eventuale responsabilità civile – ma non certamente sotto il profilo dell’applicazione dell’art. 28 della legge notarile74.
Questa opinione è stata espressa per la prima volta dalla Corte di Cassazione nel 199775 trovando poi successive
74 CASU, Funzione notarile e controllo di legalità, in
Riv. Not., 1998, n.4
75 Cass. 11 novembre 0000, x. 00000. Con questa sentenza la Corte di Cassazione ha radicalmente mutato l’indirizzo giurisprudenziale fino ad allora seguito aderendo alla tesi secondo la quale il divieto di cui all’art. 28 L.N., riguarda soltanto le ipotesi di nullità assoluta inequivoca, precisando che esse sono sia quelle comprese nel comma 1 dell’art 1418 cod. civ., sia quelle indicate nei commi successivi, poiché anche gli atti affette da queste ultime nullità sono, a ben vedere, atti contrari a norme imperative. PROTETTI’ - DI ZENZO, La legge notarile – Commento con dottrina e giurisprudenza delle leggi notarili, V Ed., Xxxxxxx, Milano, pag.157-158.
conferme nel xxxxx xxxxx xxxx00: nella locuzione “atti espressamente proibiti dalla legge” ex art. 28 della legge notarile, vanno, dunque, ricompresi soltanto gli atti inequivocabilmente nulli, quelli per i quali la sanzione della nullità è prevista a livello testuale oppure deriva dall’applicazione della norma di cui all’art. 1418 cod. civ. comma 177, anche se per effetto di un consolidato orientamento giurisprudenziale78; in questo ultimo caso l’irricevibilità dell’atto è ammessa nel caso in cui il divieto si possa desumere in via del tutto pacifica ed incontrastata, senza imporre al notaio difficili compiti ermeneutica, in presenza di incertezze interpretative. Restano fuori i vizi che comportano
76 Cfr. Cass Sez. III 14 febbraio 2008, n. 3526/08. La sanzione di cui all’art. 28 L. N. non è applicabile a carico del notaio che abbia allegato ad un atto pubblico di compravendita un certificato di destinazione storico-urbanistica non riportante la destinazione attuale della particella compravenduta, trattandosi di atto di cui l’art. 30 , comma 4 bis del
D.P.R. 380/2001 non prevede la nullità assoluta ma una invalidità sanabile, stante la possibilità di una sua “conferma” o “integrazione” anche ad opera di una sola delle parti o dei sui aventi causa.
77 In questo ultimo caso l’irricevibilità dell’atto si giustifica qualora il divieto possa desumersi in via del tutto pacifica ed incontrastata. Cfr. Cass. 19 febbraio 1998 n. 1766
00 Xxx. XX XXXX, op.cit, il quale afferma che ciò significherebbe fa dipendere la sospensione del notaio dall’esistenza o dall’assenza di un dibattito dottrinale e giurisprudenziale.
annullabilità, inefficacia e nullità relativa dell’atto, anche se in questi casi al notaio incombe l’obbligo ex art. 1 legge notarile di avvertire le parti dell’esistenza di detti vizi.
Per completezza occorre segnalare che parte della dottrina ritiene che questa interpretazione dell’art. 28 legge notarile non sia appagante, in quanto si suole guardare alla sanzione civilistica che accompagna l’atto stipulato e non alla gravità di ricevere un determinato atto. Non può non essere giudicato grave il comportamento del notaio che riceva l’atto nella consapevolezza delle circostanze che lo hanno determinato.
Per l’autore non ha alcun senso affermare che sia comportamento più grave per un notaio ricevere un contratto nullo, che non un contratto annullabile o inefficace.
Non essendo, perciò, la sanzione civilistica che accompagna il contratto concluso ad essere rilevante, un criterio per identificare i comportamenti del notaio (che riceve un atto) che meritino la sanzione della sospensione si può ricavare dalla ricostruzione della ratio dell’art. 135 in collegamento con l’art 28 legge notarile.
L’art 28 legge notarile sanziona il notaio che mette in circolazione contratti che, grazie al suo intervento, hanno
chances aggiuntive di vincolare i contraenti: sanziona il notaio che tradisce il suo ruolo in qualità di “custode” del contratto. Per il notaio che commette un errore nel ricostruire il diritto imperativo dei contratti, opera, invece, la responsabilità del professionista.
CAPITOLO II
LA RINUNCIA E L’INDISPONIBILITÀ
SOMMARIO: PAR. I: La Rinuncia - 1) Xxxxxxx e forma della rinuncia – PAR. II: L’indisponibilità - 1) La disponibilità e i diritti patrimoniali
PREMESSA
La nullità di protezione trova una specifica disciplina nell’art. 143 del Codice del Consumo, dove nella prima parte del 1° comma il legislatore sancisce l’irrinunciabilità dei diritti del consumatore. I diritti attribuiti al consumatore sono irrinunciabili, ed è nulla ogni pattuizione in contrasto con le disposizioni del codice (art. 143 c.1). Questo principio generale della normativa di tutela si esprime sotto due profili:
1) il consumatore non può rinunciare ai propri diritti 2) Il patto contrario alle norme del codice del consumo è nullo.
Da ciò si evince con estrema chiarezza testuale che le norme del Codice del Consumo sono norme imperative tanto è vero che è nullo ogni patto contrario, ma l’attenzione va posta su cosa si intenda quando si afferma che i diritti del
consumatore sono irrinunciabili, sottolineandone la differenza rispetto ai diritti indisponibili.
PARAGRAFO I: La Rinuncia
Nel nostro ordinamento manca una disciplina generale della rinuncia: nel codice civile non si trova una definizione dell’istituto, ma vengono individuate alcune ipotesi di atti di rinuncia e ne vengono disciplinati i profili. Un esempio è costituito dall’art 1350 (atti che devono farsi per iscritto) n. 5 cod. civ. il quale impone l’atto pubblico o la scrittura privata, sotto pena di nullità, per gli atti di rinuncia in tema di trasferimento di beni immobili e di costituzione, modifica o trasferimento di altri diritti reali.
Stante l’impossibilità di delineare un unico profilo della fattispecie si può ritenere di individuare una proposta di definizione nell’ “atto unilaterale mediante il quale un soggetto titolare di una posizione di vantaggio se ne spoglia volontariamente”79. Tratto comune è quello, quindi, di
79 XXXXXXXXX, Xxxxxxxx, in Enciclopedia giuridica Treccani, XXVII, Roma, 1991, pag 1 seg.
costituire un modo di esercizio del diritto da ammettersi in linea generale salvi i divieti posti dall’ordinamento80.
Esistono essenzialmente due gruppi di casi in cui non è consentito rinunciare:
- perché è in gioco un interesse altrui, è attribuita una funzione, cioè un potere nell’interesse di un altro soggetto che la legge vuole tutelare: per es. potestà parentale dei genitori;
- perché è attribuita ad un soggetto una posizione di vantaggio nel suo interesse ed il legislatore vuole evitare che il titolare rinunci ad essa giacché presume che la rinuncia non sarebbe libera e spontanea: es. lavoratore subordinato (art. 2113 cod. civ.), consumatore. In tali casi sotto la specie rinuncia ci sarebbe in realtà un accordo vietato.
80 Per es. cfr. art. 1956 comma 2 cod. civ. in tema di estinzione della fideiussione, il quale stabilisce che non è valida la preventive rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione; art.1118 comma 2 prevede che i condomini non possano sottrarsi al contributo nelle spese per la conservazione delle cose comuni, rinunziando al diritto sulle stesse.
Il problema attiene sostanzialmente alla natura di atto giuridico unilaterale della rinuncia, e più precisamente come negozio unilaterale abdicativo81, di cui non pare potersi dubitare ove si osservi che le fattispecie non subordinano l’efficacia della rinuncia stessa ad una approvazione o al consenso di terzi82.
Più complessa è, invece, la questione attinente alla natura di atto recettizio o meno dell’istituto: la tesi prevalente della dottrina è in senso negativo83 , ma non pare che ciò possa considerarsi valido per tutte le fattispecie di rinuncia, almeno
81 LIPARI, Obbligazioni, Vol.3, Il rapporto obbligatorio, in Diritto Civile, diretto da Xxxxxx Xxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx,2009,pag. 276
82 CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Edizioni Scientifiche Italiane, 2011, pag.129 ss. XXXXXXX XXXXXX, Il problema dei negozi giuridici unilaterali, Napoli, 1972, pag. 354 seg.
83 XXXXXXX, Sistema del diritto privato italiano, vol. I, Unione Tipografico – Editrice Torinese, 1962, pag. 341.
Cfr. XXXXXXX, Xxxxxxxx (dir. priv.), Enciclopedia del diritto, XL, Milano, 1989, pag. 923, il quale motiva con l’irrilevanza strutturale dell’eventuale acquisto da essa(rinuncia) prodotto a favore dei terzi, posto che eventuali effetti diretti non consentirebbero altrimenti di qualificare come rinuncia l’atto di volontà.
Anche GIAMPICCOLO, La dichiarazione recettizia, Edizioni Scientifiche Italiane, 1959, pag. 111, ha ritenuto di dover escludere siffatto carattere nella rinunzia, sulla base della considerazione dell'irrilevanza strutturale dell'eventuale acquisto da essa prodotto a favore di terzi.
quando questa debba essere accettata, come sembra presupporre l’art. 1240 cod.civ. in tema di rinuncia ad una garanzia verso corrispettivo; o anche secondo l’art. 306 del codice di procedura civile, il quale subordina l’efficacia della rinuncia agli atti del giudizio, all’accettazione dell’altra parte. La recettizietà è, inoltre, insita al rapporto in cui la rinuncia medesima opera: così se ponga fine ad un accordo contrattuale, come per la rinuncia al mandato, o più in particolare per le rinunce alla comunione al muro (art. 882 cod. civ.) od alla quota di comproprietà (art. 1104 cod. civ.) o ancora alla rinuncia al fondo servente (art. 1070 cod. civ.)84.
Pare dunque potersi rilevare come il carattere recettizio o meno sia da individuare caso per caso, con un punto fermo costituito dall’atto che produca conseguenze nella sfera giuridica dei terzi (anche quando da essi non debba essere espressa una volontà positiva) rimanendo sempre riservata la facoltà di rifiuto, che presuppone, appunto, la ricezione della dichiarazione85.
84 In questi ultimi casi la recettizietà produce l’effetto di sottrarre il rinunciante – ancorché solo de futuro – agli obblighi derivanti dalla titolarità del diritto, accollandoli all’altro comunista che, salvo il rifiuto, acquista la proprietà della quota rinunciata per accrescimento.
85 SICCHIERO, Rinuncia in Digesto, XVII, 1998, pag. 655.
Il fatto che la rinuncia venga considerata come non recettizia, porta, per alcuni, alla conseguenza che la stessa sia anche irrevocabile; si avrebbe, quindi, l’effetto immediatamente estintivo del diritto, causato dalla pura e semplice emissione della dichiarazione86.
Pare più corretto seguire un ragionamento più ampio ed articolato: il più delle volte con la rinuncia opera, subito o quando giunga al destinatario se recettizia, la cessazione del diritto del rinunciante ed il contemporaneo acquisto del diritto da parte di altri soggetti (salvo il loro rifiuto)87. In queste ipotesi, in cui la modifica della situazione creatasi in forza della rinuncia non sarebbe più limitata alla sola sfera del rinunciante, sembra non possa ritenersi prospettabile una revoca pura e semplice, dovendo piuttosto verificarsi nel contempo i presupposti per l’acquisto del diritto rinunciato.
Cfr. anche XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, in Trattato di diritto civile italiano, dir. da Vassalli, Torino, UTET, 1960, pag. 301, per il quale, ogniqualvolta "oggetto di rinunzia è un diritto con soggetto passivo determinato, l'accettazione di questo è necessaria, poiché si tratta di modificare, sia pure a suo favore, un suo rapporto giuridico".
86 XXXXXXX, Rinuncia (dir. priv.), Enciclopedia del diritto, XL, Milano, 1989, pag.940
87 SICCHIERO, Rinuncia in Digesto, XVII, 1998 pag. 656 così per esempio la rinuncia alla servitù, evidentemente irrevocabile allorché giunga a conoscenza del proprietario del fondo servente perché estinto il diritto cui si riferisce.
Xxxxxxx, invece, da preferire la tesi secondo la quale se a seguito della rinuncia si crei una situazione di vacanza della titolarità (esclusa solo per i beni immobili dall’art 827 c.c.), la revoca sia ammissibile: infatti, in questi casi, il diritto non verrebbe trasferito ad alcun titolare.
Parimenti in tutte le ipotesi in cui si rilevi il carattere recettizio di una rinuncia, questa potrà essere ritirata purché il ritiro giunga a conoscenza del destinatario prima della rinuncia medesima: qui l’effetto estintivo non sorge dalla pura dichiarazione ma, ex art. 1344 cod. civ., dal momento in cui perviene a conoscenza della persona alla quale è destinata. Naturale conseguenza del principio è che ove la rinuncia sia soggetta ad accettazione, sarà sempre possibile il ritiro prima che l’effetto estintivo del diritto del rinunciante si sia prodotto, così come sono revocabili proposta ed accettazione prima della conclusione: ciò accade per la rinuncia agli atti del giudizio ex art. 306 cod. proc. civ. prima che risulti accettata dalle controparti, valendo fino a quel momento come proposta di rinuncia.
La rinuncia potrà, inoltre essere parziale, salvo i casi contrari stabiliti dalla legge (art. 520 cod. civ. vieta la rinuncia parziale dell’eredità, principio correlato a quello dell’art. 475
ultimo comma cod. civ., che vieta l’accettazione parziale dell’eredità. Si ha rinuncia parziale non solo quando il chiamato per intero dichiara di rinunciare ad una quota, o il chiamato pro quota rinuncia ad una parte di essa, ma anche quando si rinuncia a determinati beni o a determinate passività ed oneri88 ).
1) Oggetto e forma della rinuncia
Premesso che sono i diritti - cui vengono ricondotti i c.d. diritti potestativi - e non i beni ad essere oggetto della rinuncia, la questione centrale attiene all’esistenza di diritti che la legge qualifica come non rinunciabili ed alla conseguente necessità di verificare se per le ipotesi in cui il legislatore non dispone, possa ugualmente risultare un limite alla libera rinunciabilità del diritto stesso.
In linea generale si può affermare che tutte le situazioni giuridiche soggettive attive possono formare oggetto di rinuncia, siano esse di natura sostanziale o processuale, ed
88 Interessante il dibattito dottrinale e giurisprudenziale relativo al fatto se sia possibile accettare al quota di eredità dovuta per legge, rifiutando quella devoluta per testamento, e viceversa. Dottrina e giurisprudenza prevalenti seguono la tesi negativa. Xxxx XXXXXXX - XXXXXXXXXX, Successioni e donazioni, Xxxxxxx, 2009, pag. 236.
anche un potere giuridico, quale per es. quello spettante al rappresentante in virtù dell’atto di conferimento89. Quello che deve escludersi è soltanto la possibilità di dismissione di poteri generici e non qualificati, che sono manifestazioni non autonome del diritto soggettivo e pertanto ne seguono strettamente le vicende90.
Ciò che inerisce anche alla disponibilità o meno dei diritti nell’ambito della normativa sui consumatori – e che verrà nello specifico analizzata - è che se la rinuncia è atto di esercizio di un diritto, solo i diritti attualmente in patrimonio possono essere rinunciati, valendo altrimenti la rinuncia come esercizio di un diritto di cui non si è titolari91. In questo caso
89 XXXXXXXX, Commentario al codice del Consumo, IPSOA, 2006, pag. 1078
90 Deve negarsi la rinunciabilità della situazione soggettiva giuridica attiva ogniqualvolta essa sia intimamente correlata e quindi inscindibile rispetto ad una situazione giuridica passiva in capo al medesimo soggetto: per es. la potestà non è rinunciabile in ragione della stretta connessione del potere con il dovere, esercitabile nell’interesse altrui. XXXXXXX, Il negozio di rinuncia nel diritto privato, I Parte generale, Edizioni Scientifiche Italiane, 1993, pag. 191
91 Cfr. XXXXX, Rinuncia, Nuovo digesto italiano, XV, 1968, pag.1141 ss, in tema di accordi preventivi sui rapporti patrimoniali nascenti dalla crisi coniugale: l’autore afferma che il nostro ordinamento giuridico non consentirebbe la rinuncia ad un diritto futuro – qual è quello della corresponsione, ad esempio, dell’assegno divorzile – e che un soggetto non può
assumerebbe la natura di rifiuto del diritto medesimo, configurandosi come opposizione a che quel particolare diritto possa entrare nel patrimonio del dichiarante92.
La Suprema Corte ha più volte ribadito questo principio93 in particolare in tema di locazione: per es. non sarebbe preventivamente rinunciabile il diritto relativo alla durata
abdicare in via preventiva ad un diritto non entrato nel suo patrimonio.
92 La “possibilità di rinunciare a situazioni che non siano già in patrimonio”, come ad esempio i c.d. diritti futuri (così SICCHIERO, in Digesto delle discipline privatistiche, voce Rinuncia, Torino, 1998), ha suscitato notevole dibattito in dottrina. La disciplina positiva in materia non è di grande aiuto perché “indica due soluzioni opposte, vietando ogni atto di disposizione dell’eredità non ancora devoluta (art 458 cc), ad ipotesi in cui vengono accostate la rinuncia ad una successione non ancora aperta o, anche, ex art. 557 cc, all’azione di riduzione negli stessi termini e la rinuncia alla prescrizione non maturata (art 2937 cc) o la liberazione del fideiussore nel caso previsto dall’art. 1956 cc: ma consentendo l’alienazione di un diritto soggettivo a condizione sospensiva (art. 1357 c.c.)”(SICCHIERO ivi). E così accanto ad opinioni di segno positivo (XXXXXXX, Sistema del diritto privato italiano, I, Torino 1962; MOSCARINI, Rinunzia, in Enc. Giur. XXVII,
5 Roma, 1991; SACCO, Il contratto, Torino, 1993, II, pag. 288), vi sono voci contrarie (ad esempio XXXXX,Rinuncia , in X.X.X.X., XX, Xxxxxx, 0000, pag. 1140, v. nota 13)
93 Orientamento contrario risalente agli anni ’70; si ammetteva la rinuncia a diritti futuri ed eventuali, purché determinati o determinabili. Cass. 3 luglio 1968, n.2221, Cass. 1 giugno 1974, n.1573, Cass. 5 aprile 1975, n. 1222.
minima della locazione, ove contenuta nel contratto, coerentemente con la regola generale che è invalida anche per le locazioni la rinuncia preventiva a diritti non ancora sorti94. La rinuncia all’ulteriore durata del contratto potrebbe essere contenuta in una transazione o comunque essere effettuata dopo la conclusione del medesimo.
Sempre la Cassazione ha, invece, ritenuto ammissibile la rinunzia preventiva del fidejussore a valersi della decadenza di cui all'art. 1957 cod. civ. (Cass,. Sez. III, 22 giugno 1993, n.6897); in materia di contratto di lavoro subordinato si è reputata legittima la clausola di stabilità relativa, che consiste in una rinunzia preventiva del diritto di recesso da parte del
94 La sanzione di nullità prevista dall’art. 79 della legge 27 luglio 1978, n.392 si riferisce alle pattuizioni che preventivamente tendono a limitare i diritti attribuiti al conduttore e non esclude, quindi, la facoltà del conduttore di rinunziare a questi diritti dopo che essi siano sorti; conseguentemente è valida la rinuncia del conduttore di immobile destinato per uso non abitativo, al diritto di rinnovazione, alla prima scadenza previsto dall’art. 28 della legge sull’equo canone, ove sia stata compiuta dal conduttore successivamente alla conclusione del contratto. Cass. 29 aprile 1991, n.4709. Sullo stesso tema Cass. 14 gennaio 2005, n.675; Cass. 12 novembre 2004 n. 21520; Cass. 22 aprile 1999 n. 3984.
datore di lavoro (Cass. Sez. Lavoro, 15 novembre 1996, n. 10043)95.
È pacificamente accettato che la forma della rinuncia possa essere libera salvo casi stabiliti dalla legge: per es. l’art. 1350 n. 5 cod. civ., per il quale le rinunce ai diritti reali sui beni immobili96 devono avere la forma scritta a pena di nullità97.
95 Come sopra detto, secondo parte della dottrina (SICCHIERO, voce Rinunzia, in Enc. dir., p. 659) queste ultime sarebbero fattispecie di rifiuto e non propriamente di rinunzia: Si tratterebbe infatti di diritti non ancora entrati nella sfera di disponibilità; attraverso il rifiuto il dichiarante impedirebbe che possano entrare nel suo patrimonio.
96 Cass. sez. Unite, 29 marzo 2011, n.7098, un legato avente ad oggetto beni immobili in sostituzione di legittima , qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare al legato stesso in forma scritta ex art. 1350 cod. civ. n.5, risolvendosi la rinuncia in un atto dismissivi di beni già acquisisti nel suo patrimonio: infatti l’automaticità dell’acquisto non è esclusa dalla facoltà alternativa attribuita al legittimario di rinunciare al legato e chiedere la quota di legittima, tale possibilità dimostrando soltanto che l’acquisto del legato a tacitazione della legittima è sottoposto alla condizione risolutiva costituita dalla rinuncia del beneficiario, che, qualora riguardi immobili, è soggetta alla forma scritta, richiesta dall’esigenza fondamentale della certezza dei trasferimenti immobiliari.
97 Es. la rinuncia alla servitù, se la stessa non può risultare indirettamente dal altri elementi; la rinunci al diritto di pretendere l’osservanza della distanza legale tra le costruzioni, che può essere contenuta anche nel verbale di assemblea condominiale firmata dal denunciante.
Al di fuori dei casi prescritti è ammessa la rinuncia che si desume da un comportamento che sia incompatibile con la volontà di conservare il diritto, dal che si ammette anche la rinuncia tacita: la volontà di rinunciare deve, infatti, risultare da comportamenti concludenti, chiaramente ed univocamente98.
Per la rinuncia alla servitù Xxxx. Sez. II, 12 maggio 2011, n.10457, stabilisce che non siano necessarie forme sacramentali o specifiche espressioni, purché l’atto contenga una chiara ed univoca espressione di volontà incompatibile con il mantenimento del diritto reale.
98 Cass. Civ. Sez. III, 16 novembre 1979, n. 5967. Cfr. anche Cass. sez. II, 21 febbraio 1995, n. 1882 “quando la rinuncia abdicativa ha la struttura di atto unilaterale non recettizio è sufficiente al suo perfezionamento che la volontà di rinuncia venga esteriorizzata, senza necessità che sia portata a conoscenza dei soggetti interessati”; Xxxx. 18 giugno 1990, n. 6116, “la rinuncia tacita ad un diritto può desumersi soltanto da un univoco comportamenti del titolare, incompatibile con la volontà di avvalersi del diritto medesimo”.
PARAGRAFO II: L ’ indisponibilità
L’indisponibilità99 è intuitivamente connessa ad una restrizione dell’autonomia, intaccando la libertà di privati e, quando associata ad un diritto, ne contrasta la cessione, l’abbandono, il rifiuto od il distacco dal titolare, comportandone l’irrinunciabilità e l’intrasmissibilità.
L’aggettivo indisponibile si ritrova in alcuni articoli del codice civile: così per es. l’art. 5 del cod. civ. relativo al divieto degli atti di disposizione del proprio corpo in presenza di particolari circostanze, l’art. 1966100 cod. civ. sulla intransigibilità dei diritti indisponibili, diverse disposizioni del libro VI (artt. 2733, 2739, 2934, 2968 cod. civ.) che
99 Per una lettura sull’indisponibilità v. tra i tanti: BINNI, voce Potere di disposizione, in Noviss. Digesto, XIII, Utet, Torino, 1966, pag. 450 seg; X. XXXXX, L’atto di disposizione dei diritti, in Studi in memoria di Xxxxxxx Xxxxxxxxx, negli Annali della facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Perugia, Cedam, Padova, 1937; MENGONI, REALMONTE, voce Disposizione (atto di) in Enciclopedia del Diritto , XIII, Xxxxxxx, Milano, 1964, pag. 189 seg; MORO I diritti indisponibili. Presupposti moderni e fondamento classico nella legislazione e nella giurisprudenza, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2004; XXXXXXX, L’indisponibilità dei diritti: analisi di una categoria, Xxxxxxxxxxxxx, Torino, 2008, pag. 50 seg.
100 L’art. 1966 cod. civ. per transigere richiede ai contendenti “la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della lite” (c.1) e colpisce con la nullità la transazione su diritti “sottratti alla disponibilità delle parti” (c.2).
sottraggono a giuramento, confessione e prescrizione i “diritti” non disponibili delle parti. Ancora in relazione all’art. 806 cod. proc. civ. che esclude dalle controversie arbitrali quelle sui diritti indisponibili101.
Da queste e da altre norme traspare che la disponibilità102 sembra garantire un uso pieno della cosa o un esercizio libero del diritto, così libero da consentirne il sacrificio con atti di cessione o di rinuncia, mentre l’indisponibilità si palesa come un freno, come un ostacolo alla dismissione del bene o del diritto103.
101 Per chiarezza si possono enunciare anche: artt. 2934 c.2 i diritti indisponibili non si prescrivono, non consentono inversione dell’onere della prova (2968), la decadenza è rilevabile d’ufficio (2969; chi è incapace o comunque è impossibilitato a disporre del diritto non può rendere efficace confessioni (2731) né deferire o riferire giuramenti (2737), rinunciare alla prescrizione (2937 c.1)o alla decadenza o alterarne la disciplina legale (2968).
102 La disponibilità esprime l’idea di una signoria sul diritto che include il potere ultimo di liberarsene: immediatamente viene alla mente l’art. 832 cod. civ., relativo alle facoltà dispositive del proprietario “piene ed esclusive”, o le norme concernenti la cessione del credito e del contratto (art. 1260 e seg. e 1406 e seg.). Il favor legislativo per la circolazione della ricchezza e le numerose sfaccettature dell’autonomia contrattuale, avvicina l’aera della disponibilità a quella della patrimonialità.
103 OLIVIERO, L’indisponibilità dei diritti: analisi di una categoria, op. cit, pag. 25.
Vi sono diritti che una tradizione consolidata104 assegna abitualmente all’area delle indisponibilità, e tra i quali possono essere ricompresi i diritti della personalità105, gli alimenti e le posizioni dello status familiare106: così per es. il diritto alla libertà personale; il contratto di schiavitù sarebbe nullo perché avrebbe ad oggetto un diritto indisponibile. Lo stato personale è diritto indisponibile: una persona non può
104 Tra i tanti x. XXXX, I diritti indisponibili, presupposti moderni e fondamento classico nella legislazione e nella giurisprudenza, Xxxxxxxxxxxx, 2004, pag. 172
105 Secondo la comune interpretazione della dottrina, l’indisponibilità dei diritti deriverebbe dalla loro intima connessione con la persona del titolare, fino a comportare l’inseparabilità del soggetto dall’oggetto. Cfr. A. DE CUPIS, I diritti della personalità, in Trattato Cicu - Messineo, IV, Xxxxxxx, Milano, 1982, pag. 32 e seg; RESTA, Autonomia privata e diritti della personalità, Xxxxxx, Napoli, 2005, pag. 333 seg.
106 L’indisponibilità dei diritti coniugali, sancita dall’art. 160 cod. civ. , è radicata nel nostro ordinamento tanto “sottrarre alla disponibilità delle parti, per una superiore esigenza di tutela del coniuge più debole, la regolamentazione in via preventiva ed autonoma degli effetti del divorzio, sulla base del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti matrimoniali”. Cfr. Cass.
28 settembre 2001, n.12130; Cass. Sez. I, 8 novembre 2006 n.23801, n., Cass. I Sez. 18 febbraio 2000, n. 1810; Cass. Sez. I 20 marzo 1998, n. 2955.
per es. concordare con un’altra la rinuncia al proprio stato di figlio. Lo stesso dicasi per i diritti dei lavoratori107.
Le norme del codice spesso trattando il diritto indisponibile, senza, però, specificare i criteri per la sua individuazione, rimettendo all’interprete il compito di definirne l’ambito ed i caratteri108; neppure il fatto di riferirsi ai caratteri di intransigibilità, imprescrittibilità e insuscettibilità di confessione e giuramento , può essere di aiuto, perché - si pensi all’imprescrittibilità della proprietà – tali caratteri possono appartenere anche ai diritti disponibili. In diritto civile, comunque, l’ambito in cui l’indisponibilità è maggiormente presente è quello della vita, della integrità fisica, dell’identità personale, ecc., mentre i diritti patrimoniali appaiono per loro natura disponibili.
107 Cass. Sez. lavoro, 23 settembre 2010, n. 20146; Cass. Sez. Lavoro, 28 maggio 2010 n. 13172; Cass. Sez. lavoro, 13 agosto 2009, n. 18285.
Sul tema v. in dottrina FABRIS, L’indisponibilità dei diritti dei lavoratori, Xxxxxxx, Milano, 1978.
108 Cfr. MORO, I diritti indisponibili. Presupposti moderni e fondamento classico nella legislazione e nella giurisprudenza, Giappichelli, Torino, 2004, pag. 50, il quale sottolinea la “difficoltà di trovare de jure condito un catalogo – anche incompleto – di diritti indisponibili” aggiungendo che “la maggior parte delle regole codicistiche in cui compare l’indisponibilità non contiene attribuzioni sostanziali di tale qualificazione”.
1) La disponibilità e i diritti patrimoniali
Se, come detto, i diritti personali presidiano, con la loro incedibilità, l’individuo come singolo e nei suoi rapporti sociali, i diritti patrimoniali introducono in quei rapporti l’elemento dello scambio.
I problemi sono legati all’individuazione del concetto “patrimoniale” il quale va oltre la definizione “suscettibilità di una valutazione economica”109: è condivisibile l’opinione che l’autonomia dei privati abbia libero corso non solo nel campo patrimoniale, ma anche al di fuori da quel terreno, posto che pure “l’extrapatrimoniale è negoziabile”110.
Questa libertà incontra, tuttavia, numerosi limiti, che generalmente derivano dalla legge in ragione della natura della cosa o delle vicende che l’hanno soggiogata ad un determinato vincolo. Si pensi ad alcune categorie di beni pubblici e a numerosi beni privati sottratti alla negoziazione, come i terreni abusivamente lottizzati, per i quali il testo unico sull’edilizia (art. 46 ss. D.p.r. 380/2001) pone il divieto di
109 Sul concetto di patrimonialità del rapporto cfr. SACCO (G. De Nova), Il contratto, in Trattato Sacco, II, UTET, Torino, 2004, pag. 27 seg.
110 SACCO, Il fatto,l’atto illecito, il negozio, con la collaborazione di CISIANO, in Trattato Sacco, UTET, Torino, 1992, pag. 381.
disporre per atto tra vivi; ai divieti di commercializzazione di prodotti per motivi di salute pubblica, delle opere d’arte contraffatte, delle aree circostanti ai fabbricati destinati a parcheggio. Ancora, i divieti speciali di comprare111 dettati da ragioni di convenienza ed imparzialità (degli amministratori pubblici rispetto ai beni amministrati, dei mandatari rispetto ai beni che hanno incarico di alienare…). Quindi anche diritti per natura disponibili (e tra i più disponibili la proprietà privata ed il credito) possono patire vincoli d’indisponibilità.
111 DELOGU, Limiti soggettivi: i divieti legali, in La vendita, a cura di X. Xxx, I, Cedam, Padova 1999, pag.
6 seg., sui divieti di comprare ex art. 1471 cod. civ.
CAPITOLO III
LA NULLITÀ DI PROTEZIONE NEL CODICE DEL CONSUMO
SOMMARIO: PAR. I: Introduzione - 1) Educazione ed informazione -
2) Coordinamento artt. 134 e 143 Codice del Consumo – PAR. II: Il carattere imperativo delle disposizioni; art. 134 Codice del Consumo - 1) Ambito di applicazione. Le fattispecie colpite dal nullità - 1a) Il patto - 2) Le conseguenze della violazione del divieto - 2a) La legittimazione attiva
- 2c) La rilevabilità d’ufficio - 2d) La nullità parziale necessaria – PAR. III: L’irrinunciabilità dei diritti; art. 143 Codice del Consumo - 1) Introduzione - 2) Nullità - 2a) Nullità relativa - 2b) Nullità parziale - 3) Rilevabilità d’ufficio
PARAGRAFO I: Introduzione
Le norme di derivazione comunitaria introdotte nel nostro ordinamento a tutela del consumatore ordinate nel Codice del Consumo sono organizzate attorno alle figure del professionista e del consumatore, presunto contraente debole. Il Codice rappresenta un potente strumento di controllo e di indirizzo della autonomia privata espressa nei singoli modelli
contrattuali tipici, con la finalità dichiarata di riequilibrare il negozio in favore del consumatore.
Il “sostegno” al contrante debole, inteso come soggetto dotato di minore capacità di influire sul contenuto del contratto, risponde ad un principio già presente nel codice civile: basti pensare all’approvazione espressa di determinate clausole contrattuali che si presumono imposte dal contraente forte, allo scopo di farne oggetto di meditata accettazione (artt. 1341 e 1342 cod. civ.). Questa tutela - tuttora rimasta in vigore per i contratti che non coinvolgono i consumatori - si è, però, rivelata tale solamente sotto il profilo formale: la doppia firma determina un’accettazione definitiva del contratto.
Vi sono altri casi, seppur abbastanza desueti, di rimedi straordinari a situazioni di estrema debolezza, quali l’azione per la rescissione del contratto concluso in stato di pericolo e per lesione ultra dimidium (artt. 1447 – 1448 cod. civ.), commisurati ad una situazione di debolezza conseguente alla diversa natura delle esigenze che ognuna delle parti si propone di soddisfare con il contratto.
L’ordinamento riconosce, inoltre, rimedi specifici, quali l’inserimento nei modelli contrattuali tipici di norme imperative o la istituzione di un sistema normativo speciale
largamente inderogabile come quello delle locazioni urbane112, con comminatoria di nullità delle clausole difformi.
Strumenti altrettanto tradizionali di tutela, che non agiscono, però, sulla disparità di peso contrattuale dei contraenti, ma ne correggono gli effetti, sono per esempio i prezzi amministrati e i calmieri.
Occorre, invero, considerare che la disparità di forza contrattuale è comunque il motore del mercato; la legge deve porsi l’obiettivo delle pari opportunità tra i soggetti di acquisire forza contrattuale, ma non di realizzare una stessa forza contrattuale. Se così fosse i mercati si paralizzerebbero.
La protezione del consumatore è, dunque rivolta a riequilibrare le posizioni contrattuali in modo tale da evitare sopraffazioni da parte del contraente più forte, a tutto vantaggio di un corretto ed utile svolgimento dell’azione economiche, con un innegabile vantaggio per la società.
1) Educazione ed informazione
L’evoluzione di questi principi ha trovato affermazione prima che nel Codice del Consumo, all’art. 169113 del Trattato
112 Legge 431/98, art. 27 legge 392/78
sul funzionamento dell’Unione europea (già art 153 Trattato CEE), dove è stabilito che la finalità dell’azione comunitaria è quella di assicurare un elevato livello di protezione dei consumatori e, all’art. 38114 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è sancito che nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori.
Questi principi sono tradotti nel Codice del Consumo, il quale innova anche nel fissare le coordinate della debolezza del contraente – consumatore, attribuita non solo a fattori economici ma anche sociali e culturali.
Tra le finalità della disciplina vi è anche quella della “educazione” del consumatore115 e dell’obbligo del contraente professionista alla informazione116 precontrattuale, vista quale
113 Versione consolidata del trattato sull'Unione europea e del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in Gazzetta ufficiale n. C 83 del 30.3.2010 Articolo 169 (ex articolo 153 del TCE)
114 Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea (2000/C 364/01)
Articolo 38 Protezione dei consumatori
115 Art. 2 c.2 lett. d : Art. 2. Diritti dei consumatori. Il diritto all’educazione del Consumo è stato definito un diritto sociale. Cfr. ALPA Introduzione al diritto dei consumatori, Laterza, 2008, pag. 38.
116 Cass. Sez. unite 19 dicembre 2007 n.26725, relativa ai contratti di vendita di prodotti finanziari.
rimedio alla asimmetria strutturale delle conoscenze e delle competenze dei contraenti relative alla natura del prodotto e del servizio, alle sue proprietà ed ai suoi effetti. A questo scopo il Codice afferma il diritto del consumatore alla educazione ed alla informazione117, altrimenti genericamente incluso nel dovere delle parti di reciproca correttezza precontrattuale di cui all’art. 1337 cod. civ.118
La Suprema Corte ha stabilito che la violazione dei doveri di informazione del cliente e del divieto di effettuare operazioni in conflitto di interesse con il cliente o inadeguate al profilo patrimoniale del cliente stesso, posti dalla legge a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario, non danno luogo ad una nullità del contratto di intermediazione finanziaria per violazione di norme imperative. Le suddette violazioni, se realizzate nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto, danno luogo a responsabilità precontrattuale con conseguente obbligo di risarcimento del danno; se riguardano, invece, le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto, danno luogo a responsabilità contrattuale per inadempimento (o inesatto adempimento), con la conseguente possibilità di risoluzione del contratto stesso, oltre agli obblighi risarcitori secondo i principi generali in tema di inadempimento contrattuale.
Così anche Xxxx. Sez. Unite 19 dicembre 2007 n. 26724.
117 Il ruolo centrale che assume l’informazione all’interno del Codice del Consumo emerge in modo chiaro dalla lettura delle molteplici norme in esso contenute. In particolare l’art. 2 che riconosce ai consumatori il diritto “ad una adeguata informazione ed ad una corretta pubblicità”, l’art. 5
118 Il carattere generale ed aperto della previsione contrattuale dell’art. 1137 cod. civ. da un lato, ed
Informazione ed educazione sono connesse: l’educazione è inserita nel Codice del Consumo tra le tutele di carattere preventivo e finalizzata alla riduzione delle asimmetrie informative, assieme all’obbligo, previsto dall’art. 5 del Codice di fornire informazioni chiare e comprensibili. La semplice messa a disposizione del consumatore di una serie di dati ed informazioni non sarebbe, infatti, sufficiente ad assicurare la razionalità e la consapevolezza delle sue scelte, in assenza della capacità di interpretare i dati e di confrontarli correttamente. L’educazione, in sostanza, dovrebbe trasformare le informazioni in conoscenza, rendendo percepibile il funzionamento del mercato119.
il collegamento con l’art. 1175 cod. civ.(comportamento secondo correttezza) dall’altro, hanno consentito di estendere il quadro di delle fattispecie di illecito precontrattuale, sino a ricomprendervi la reticenza o l’inesatta comunicazione, con riferimento a circostanze che, se ignorate, precludono o quantomeno ostacolano la possibilità per le parti di formarsi una rappresentazione corretta dell’oggetto delle trattative e di quello che potrebbe essere il contenuto del futuro contratto. Il rispetto del principio di buona fede impone alle parti, dunque, di non omettere circostanze significative rispetto all’economia del contratto che si intende concludere. Cfr. Cass. Sez. I, 29 settembre 2005 n. 19024, Cass. Sez. II, 27 novembre 2009, n. 25047.
119 ROSSI XXXXXX, Il diritto all’informazione: dalla conoscibilità al documento informativo, in Riv. Dir. priv., 2, 2004, pag. 356.
La disinformazione120 può derivare tanto da carenza totale o parziale, quanto da eccesso di informazione: viene fornita una mole elevata di dati al fine di rendere difficile la percezione di quelli concretamente rilevanti. L’eccesso di informazione evidenzia un comportamento subdolo del contraente che si nasconde dietro una tecnica informativa apparentemente innocua e che, viceversa, può essere idonea a viziare il consenso121.
Dietro l’eccesso dunque, si nasconderebbe il “disordine”: infatti, fornire una vasta messe di informazioni in modo disorganico può portare ad occultare quelle veramente utili122. Altrettanto pericolosa risulta essere la tecnica tesa ad enfatizzare le informazioni fornite: è il caso per es. delle pubblicità commerciali, dove, in alcuni casi, le informazioni possono essere enfatizzate, alterate o addirittura taciute, turbando la percezione della realtà ed incidendo in modo determinante sulla valutazione di utilità dello scambio.
120 GENTILI, Informazione contrattuale e regole dello scambio, in Riv. Dir. priv., 2004, pag. 559 seg.
121 ROMEO, Dovere d’informazione e responsabilità precontrattuale: dalle clausole generali alla procedimentalizzazione dell’informazione, in La responsabilità civile, marzo 2012, pag. 176.
122 GENTILI, Informazione contrattuale e regole dello scambio, op. cit., pag. 560.
L’informazione deve, pertanto essere trasparente: trasparenza finalizzata a rendere edotto il consumatore ed a permettergli possibili scelte maggiormente consapevoli123. Non a caso nell’ultimo decennio il termine trasparenza124 è emerso prepotentemente nei testi normativi125 ed è penetrato nel linguaggio giurisprudenziale126.
2) Coordinamento artt. 134 e 143 Codice del Consumo
L’analisi che segue verterà sugli articoli 134 e 143 del Codice del Consumo rispettivamente relativi alla vendita dei beni di consumo ed al carattere imperativo delle disposizioni (comma 1, nullità che può essere fatta valere solo dal consumatore e rilevata d’ufficio dal giudice), ed alla
123 XXXXXXXXX, Trasparenza ed equilibrio delle condizioni contrattuali nel Testo Unico Bancario, in Rass. Dir. Civ., 2001, pag. 660.
124 MARCATAJO, Asimmetrie informative e tutela della trasparenza nella politica comunitaria di consumer protection: la risposta della normativa sulle clausole abusive, in Eur. Dir. Priv., 2000, pag. 776, per il quale la trasparenza non significa solo conoscibilità, ma soprattutto consapevolezza. In altri termini la regola della trasparenza non si traduce in un onere di conoscibilità ma in un obbligo di informazione.
125 MORELATO, Nuovi requisiti di forma nel contratto. Trasparenza contrattuale e neoformalismo, Padova 2006, pag.118 seg.
126 Cass. Sez. I, 28 settembre 2010, n. 22147
irrinunciabilità dei diritti dei consumatori con il contestuale rimedio della nullità delle pattuizioni in contrasto con le norme del Codice del Consumo.
E’ ragionevole cercare di coordinare le due norme127, interpretando anche l’una per mezzo dell’altra: l’art. 134 è norma speciale la quale deroga128 all’art. 143 (norma generale) in riferimento ai diritti del consumatore acquirente di beni di consumo. La differenza tra i due precetti consiste nel fatto che l’art. 143 stabilisce che i diritti del consumatore sono irrinunciabili in assoluto, mentre l’art. 134 non prevede una irrinunciabilità in assoluto, ma solo se anteriore alla comunicazione del difetto.
127 Per un’analisi dettagliata dei problemi di coordinamento x. XXXXXXXX – DE XXXXXXXXXX, Commento all’art. 134, in La vendita dei beni di Consumo, Commentario a cura di Xxxxxx, Padova, 2000, pag. 562.
128 XXXXXXXXX Dei contratti del consumatore in generale, Xxxxxxxxxxxxx, 2011, pag. 82.
PARAGRAFO II: Il carattere imperativo delle disposizioni; art. 134 Codice del Consumo
1) Ambito di applicazione. Le fattispecie colpite da nullità.
Il principio contenuto nell’art. 134 Cod. Cons.129 è centrale all’interno dell’intero Codice, in quanto impedisce che i rimedi e le disposizioni previste in favore del consumatore possano essere derogati: si tratta, infatti, della disposizione che più di ogni altra rispecchia le finalità della legge, divenendone lo strumento pratico che impedisce facili forme di abuso da parte del professionista. Questo, si ribadisce, nell’ottica di contemperare gli interessi del consumatore con quelli della libera concorrenza all’interno del mercato europeo130.
129 La norma riproduce il contenuto dell’art.1589 octies cod. civ. (abrogato); vi sono norme del Codice del Consumo correlate: in particolare, artt. 33 e seg. in materia di clausole vessatorie.
Per una visione d’insieme di questo sistema normativo
v. anche XXXXX, in Codice del Consumo, Commentario a cura di X. Xxxx e X. Xxxxx Xxxxxx, Ed. Scientifiche Italiane, Napoli, 2005, pag. 255 seg.
130 La norma risente, infatti, anche del principio contenuto nella direttiva 1999/44/CE relativa alla tutela del mercato (parte della dottrina ritiene che questa doppia anima – tutela del consumatore, tutela del mercato – finirebbe per indebolire la tutela del consumatore. Cfr. PISCIOTTA, “Scambio di beni di consumo e modelli civilistici di protezione
Sarà, dunque, nullo per es. l’accordo con il quale il professionista pattuisca con il consumatore che il prezzo del bene oggetto della compravendita venga ridotto a condizione che l’acquirente rinunci alle garanzie del consumatore, perché si colloca nel momento della conclusione del contratto, quindi in un momento anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità.
Situazione differente si ha nel caso in cui l’acquirente scopra il difetto di conformità e chieda la sostituzione o la riparazione. L’offerta di una somma di denaro da parte del venditore a fronte della rinuncia del consumatore ai rimedi, è valida.
Si può, quindi, ritenere che l’accordo anteriore alla comunicazione131 del difetto di conformità sia nullo mentre l’accordo successivo è xxxxxx000. Questo perché l’accordo
dell’acquirente”, Collana della Rivista critica del Diritto privato, Napoli, Jovene, 2003, pag. 8
131 Intesa come qualsiasi condotta dichiarativa idonea a portare a conoscenza del venditore l’esistenza e la natura del difetto di conformità scoperto dal consumatore nel bene ricevuto in esecuzione del contratto di vendita. Così XXXXXX, Commentario al Codice del Consumo, IPSOA, 2006, pag. 1006.
132 XXXXXXXX – DE CRISTOFARO, in Bianca, La vendita di beni di consumo, op.cit., pag. 554. “la scelta di circoscrivere la sanzione di nullità ai soli patti anteriori si giustifica in ragione della esigenza di non negare spazio in modo eccessivo irragionevole e
anteriore è una rinuncia astratta ai rimedi per tutti i possibili difetti; l’accordo successivo, invece, è una rinuncia in concreto alla tutela per uno specifico difetto. E’ una rinuncia fatta con maggiore consapevolezza.
Inoltre, limitando la nullità ai patti conclusi anteriormente alla comunicazione del difetto di conformità, si contemperano gli interessi di entrambe le parti del rapporto in una visione che, come già evidenziato, mira non solo a tutelare il consumatore, ma anche il mercato. Da ciò discende, inoltre, che una volta denunciato il difetto di conformità opererebbe una riespansione dell’autonomia privata133.
Il ragionamento può essere analizzato anche in termini di politica del diritto: se si partisse dall’idea che il diritto del consumatore è rinunciabile, si abbasserebbe il livello di “diligenza produttiva” da parte del professionista.
La preoccupazione di fondo del legislatore è che se si ammettesse la rinunciabilità, la clausola di rinuncia dei rimedi a fronte di corrispettivo sarebbe sempre contrattualmente
non rispondente agli interessi di entrambi i contraenti (…) a qualsivoglia possibile esplicazione dell’autonomia privata.”
133 CENDON, Commentario al Codice Civile, D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo, Xxxxxxx, 2010, pag. 1209.
prevista134 (se al professionista convenisse operare uno sconto sul prezzo a fronte di una non sussistenza dei rimedi, ed al consumatore, tutto sommato, pagare meno – pure rinunciando ai rimedi - ogni contratto conterrebbe una siffatta clausola).
Se così fosse, questa normativa finirebbe per essere lettera morta perché da una parte il legislatore impone una norma severa per i difetti di conformità e poi conclude: “sempre che le parti non pattuiscano diversamente”.
Si avrebbe, allora, una contraddizione in termini: c’è una normativa imperativa come quella della tutela del consumatore considerato il contraente debole, ma poi viene concessa la possibilità che la rinuncia a questa tutela venga monetizzata con uno sconto. Non è consentito perché sarebbe una contraddizione.
Attenzione, però: una cosa è la rinuncia della tutela data dalla normativa imperativa, rinuncia nulla; altra cosa è l’accordo tra due soggetti per evitare magari una controversia,
134 Sul rapporto tra autonomia privata e tutela del consumatore x. XXXXXXXXX, Tutela del consumatore e autonomia contrattuale, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1998, pag. 26, il quale sottolinea come in presenza di interventi diretti a tutelare il contraente debole non vi è negoziazione dell’autonomia contrattuale (…) ma correzione o anche integrazione, proprio a tutela del suo essenziale, immancabile fondamento: la parità di posizioni tra le parti.
facendosi reciproche concessioni. La transazione è sempre possibile. Il consumatore - che ha l’onere di provare il difetto di conformità - onde evitare il ricorso alla via giudiziale per la tutela dei suoi diritti può, d’accordo con il professionista, decidere di transigere la controversia. Egli rinuncerà per es. all’azione di sostituzione a fronte del pagamento da parte del venditore di un somma di denaro.
Questa è una chiara ipotesi nella quale altro è la rinuncia preventiva ai propri diritti contenuti in norme imperative, altra cosa è la transazione. L’articolo in esame mette in evidenza questa diversa situazione: è nullo il patto fatto prima che sorga la concreta controversia, se poi sorge la controversia, la transazione è sempre possibile.
1a) Il patto
In merito al contenuto della pattuizione135, volta ad escludere o limitare i diritti del consumatore, ci si riferisce
135 Il Codice utilizzata il termine “patto”; la dottrina (Cfr. PUTTI, in Aa.Vv., L’acquisto dei beni di consumo, Milano, 2002, pag. 80; SPAGNOLO, in Comm. alla disciplina della vendita dei beni di consumo, in Xxxxxxxx, Xxxxxxx, Moscati, Vecchi, pag. 655) non ritiene vi siano grandi problemi interpretativi: esso andrà inteso in senso ampio, così da ricomprendere tutti gli accordi stipulati dal consumatore con il professionista che abbiano un collegamento con il contratto di vendita. X. XXXXXXXX - DE CRISTOFARO in La vendita dei beni di consumo, op.cit, pag.355.
non soltanto ai patti il cui contenuto sia stato unilateralmente predisposto dal professionista, ed ai quali il consumatore si sia limitato ad aderire, ma anche a quelli oggetto di vera e propria trattativa condotta a livello di parità136. In questi casi, però, al professionista è preclusa la facoltà di invocare la declaratoria di nullità fornendo la prova che la pattuizione ha costituito oggetto di trattativa individuale tra le parti137.
2) Le conseguenze della violazione del divieto
2a) La legittimazione attiva
L’espressa sanzione di nullità riporta ad alcune considerazioni generali precedentemente affrontate, e a riflessioni sul tipo di rimedio prescelto, soprattutto per la
136 In questi ultimi casi la norma trova applicazione anche nelle ipotesi in cui il consumatore, a seguito della propria adesione al patto, abbia ottenuto una serie di vantaggi in termini giuridici (ad es. l’esclusione dei rimedi della sostituzione o della riparazione a fronte del prolungamento del termine biennale di responsabilità del venditore) o economici (la concessione di una riduzione dell’ammontare del corrispettivo a fronte dell’accettazione di limitazioni della responsabilità del venditore). Cfr. XXXXXXXX - DE XXXXXXXXXX, Commentario breve al diritto dei consumatori, CEDAM, 2010, pag. 134.
137 Diversamente da quanto stabilito dall’art. 34 comma
4 Codice del Consumo, in materia di clausole vessatorie.
natura di consumatore di una delle parti del rapporto. L’interesse della dottrina138 sul tema si è accresciuto, soprattutto in seguito ai numerosi interventi di natura comunitaria che hanno introdotto un concetto di nullità come rimedio tipico a favore del contraente debole. Questi interventi - confluiti nel Codice del Consumo – hanno adottato un particolare tipo di nullità, relativa e parziale necessaria, azionabile solo da alcuni soggetti e invalidante la singola clausola affetta da nullità e non l’intero contratto.
Nei contratti di consumo, quindi, unico legittimato attivo all’azione di nullità è il consumatore, non chiunque vi abbia interesse, come previsto dall’art. 1421 cod. civ.139. Questo vuol dire che per es. il professionista non potrà invocare la nullità dell’accordo per chiedere la restituzione dello sconto concesso all’atto della vendita per la rinuncia alle garanzie da parte del consumatore. Il venditore non ha la legittimazione attiva; essa è in capo solo al consumatore, il quale potrà
138 Sull’inquadramento sistematico e sulla ricostruzione dogmatica delle quali la dottrina si è occupata cfr. tra i tanti FILANTI, Nullità speciali, in Enc. Giur. Treccani, Roma; XXXXXXXXXX, Nullità speciali, op. cit., pag. 111.
139 SINISCALCHI, Limitazioni di responsabilità nella “vendita” dei beni di consumo, Danno e responsabilità, 2005, IPSOA, pag. 390.
chiedere la nullità del patto relativo alla rinuncia preventiva alla garanzia – che pure ha stipulato.
Il legislatore, ancora una volta, parte dal presupposto che le decisioni del consumatore non siano sempre perfettamente consapevoli: egli viene tutelato in quanto soggetto non completamente in grado di gestire i propri affari.
2c) La rilevabilità d’ufficio
Può accadere anche che il giudice d’ufficio140 rilevi la nullità del fatto; un approfondimento è necessario per comprendere i limiti e le modalità di esercizio di questo potere141.
Se il consumatore agisse in giudizio chiedendo la sostituzione ed il venditore opponesse il fatto senza eccepire
140 L’art 134 c.1 Cod. Cons. prevede espressamente che la nullità del patto possa essere rilevata d’ufficio dal giudice, così come l’art 36 c.3 Cod. Cons. (in tema di clausole vessatorie), ma diversamente ad es. dall’art. 78 Cod. cons. (in tema di contratti relativi all’acquisizione di un diritto di godimento ripartito di beni immobili) e dall’art. 124 Cod. Cons.(in tema di responsabilità per danno da prodotti difettosi) e soprattutto diversamente dall’art. 143 c. 1 Cod. Cons.
– vedi infra – in tema di Disposizioni finali.
141 Cfr. infra, nell’analisi della rilevabilità della nullità relativa all’art. 143. Cod Cons., gli ultimi orientamenti di derivazione comunitaria.
la nullità del patto, questa potrebbe essere accertata d’ufficio dal giudice.
Sul punto una considerazione è importante stante il tenore delle norme in tema di nullità contenute nel codice civile. Non c’è una regola generale secondo cui la nullità relativa è rilevabile d’ufficio: questo vale solo per la nullità assoluta (art. 1421 cod. civ); come più volte evidenziato la nullità relativa non è, quindi, soggetta all’art 1421 cod. civ.
Nella nullità relativa l’aggettivo relativa significa che non può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, ma soltanto da alcuni particolari soggetti nell’interesse dei quali il legislatore ha posto la nullità. Le nullità di tutela sono nullità relative142 proprio perché possono essere fatte valere solo da certi soggetti, nel caso in esame il consumatore.
Occorre, perciò, riflettere sul punto della rilevabilità d’ufficio della nullità relativa.
Il problema può essere impostato e analizzato da due divergenti posizioni: si può dire che la nullità relativa è una nullità e la nullità per definizione può essere rilevata d’ufficio. Oppure dire: la nullità relativa è relativa, quindi potendo
142 Tra i tanti: XXXXXXXX – DE XXXXXXXXXX, in Bianca,
La vendita di beni di consumo, op.cit., pag. 557
essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse è posto non può essere rilevata d’ufficio.
A seconda che venga sottolineato il profilo “nullità” o il profilo “relativa” si può concludere in modo opposto.
Si può affermare che non esista una regola generale: vi sono casi di nullità relativa nei quali la nullità è rilevabile d’ufficio e ve ne sono altri in cui non lo è. Sul punto si potrebbe sostenere che la nullità relativa è rilevabile d’ufficio quando il legislatore espressamente lo prevede, come nella fattispecie in esame; nel caso di silenzio del legislatore tendenzialmente si dovrebbe escludere la rilevabilità d’ufficio.
Il complesso problema143 deve essere analizzato anche nell’ottica per la quale la norma è stata pensata. Parte della dottrina ritiene, infatti, che una simile ipotesi di nullità sia rilevabile d’ufficio nel caso in cui il consumatore ne ricavi un
143 Un riferimento all’art. 36 (nullità di protezione) è necessario per chi vede in esso una sorta di regime generale comune alle nullità di protezione rilevabili d’ufficio dal giudice XXXXXXXX – DE CRISTOFARO, Commentario breve al diritto dei consumatori, op. cit., pag. 891 (in senso contrario DE NOVA, La disciplina della vendita dei beni di consumo nel “Codice del Consumo”, in Contratti, 2006, pag. 393, il quale afferma che pur nella identità della interpretazione come nullità relativa rilevabile d’ufficio, la norma generale dovrebbe essere l’art.
143 Cod. Cons. e non l’art. 36 Cod. Cons.)
beneficio, quando, cioè, soddisfi un interesse dello stesso144. La valutazione dovrebbe essere compiuta guardando alle circostanze concrete del caso singolo di volta in volta preso in considerazione.
Questo, perché, le varie regolamentazioni comunitarie, confluite nel Codice del Consumo, hanno funzioni diverse da quella codicistica, in primo luogo perché rivolte verso l’attività di particolari soggetti più che al contratto145; si può quindi concordare nell’affermazione che questa disciplina abbandoni la qualificazione di “nullità - sanzione” per atteggiarsi come “nullità – rimedio”, diretta alla soddisfazione dell’interesse che si intende proteggere146.
144 IURILLI, Autonomia contrattuale e garanzie nella vendita di beni di consumo, Xxxxxxx, 2004, pag.241 ss.
145 PUTTI, L’invalidità del contratto: a) l’invalidità nei contratti del consumatore, a cura di X. Xxxxxx, Diritto privato Europeo, III, L’attività ed il contratto , II ed., Padova, 2003, pag. 693 e ss.
146 Così DI MAJO, Il linguaggio dei rimedi, in Europa e diritto privato, 2005, pag. 355.; X. XXXXXXX, Nullità ed efficacia nel sistema europeo dei contratti, pag.
490 e ss. il quale si riferisce alla “nullità funzione” o “nullità conformata” in relazione al tipo di operazione contrattuale posta in essere, valutata in ragione dello specifico assetto di interessi in gioco, della natura delle parti e della natura dei beni e dei servizi; VETTORI, Giustizia e rimedi nel diritto europeo dei contratti, pag. 61; XXXXX, L’invalidità del contratto: a) l’invalidità nei contratti del consumatore, op.cit., pag. 475, 612.
2d) La nullità parziale necessaria
Un ulteriore problema con il quale la dottrina si è dovuta confrontare è se la nullità debba considerarsi integrale, e quindi estendersi all’intero contratto, o se, al contrario, si limiti alla pattuizione invalida.
La soluzione, in sintonia con il percorso che la norma147 cerca di tracciare, è quella di considerare questa un’ipotesi di nullità parziale necessaria148: si tutelerebbe così sia il consumatore il quale ha voluto quel tipo di contratto ma non quella particolare clausola, non sapendo, per ipotesi, che, nel caso di difformità del bene, non avrebbe avuto a disposizione tutti i rimedi previsti dall’ordinamento, sia il venditore che è maggiormente interessato a conservare il contratto, probabilmente riparando il bene, piuttosto che doverlo riconsegnare e restituire il prezzo corrisposto maggiorato degli
147 PUTTI, Art. 1519-octies, in Alpa - De Nova, L’acquisto dei beni di consumo, IPSOA, 2002, pag. 82 seg.
148 L’espressione si trova usata da XXXXXXXXXX, Nullità speciali, op.cit., ma ha avuto un largo uso in dottrina; vi sono anche formule diverse per indicare la stessa figura: “nullità parziale speciale” cfr. DI MARZIO, Forme della nullità nel nuovo diritto dei contratti. Appunti sulla legislazione, sulla dottrina e sulla giurisprudenza dell’ultimo decennio, in Giust. Civ., 2000, II, pag.475.
interessi149. Si osserva150, inoltre, che queste invalidità se per un verso si presentano più frequenti e pervasive rispetto a quelle di diritto comune, per altro verso risultano meno drammatiche ed irreversibili, complessivamente meno distruttive del vincolo contrattuale, di cui tendono a pregiudicare non la sussistenza ma solo i contenuti151.
Se è vero che riservare il rilievo della nullità al solo contraente protetto esclude “abusi” di controparte, è altrettanto vero che se alla legittimazione attiva152 non si
149 BOCCHINI, La vendita di cose mobili in Commentario Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, 2004, pag. 584; RACHELI, Profili problematici della vendita di beni di consumo, in Giust. Civ., II, 2005, pag. 201.
150 ROPPO, Il contratto del duemila, op. cit., pag. 28.
151 Sul punto, però, non sembra esservi una visione unitaria: cfr. GENTILI, Nullità annullabilità inefficacia (nella prospettiva del diritto europeo), op. cit., pag. 204 seg., secondo il quale “la dottrina che riduce tutta la specialità delle “nuove” nullità a legittimazione e protezione, sembra […] semplificare troppo. La ratio delle previsioni del diritto privato europeo è nel governo delle dinamiche del mercato attraverso il più ampio riconoscimento degli strumenti con cui si restringe la concorrenza o si abusa di asimmetrie contrattuali”.
152 Per il rapporto tra la ratio protettiva del contraente debole e la legittimazione relativa v. anche PUTTI, La nullità parziale, op. cit., pag. 369, il quale afferma che: “Il legislatore comunitario, potendo la nullità, nella fattispecie concreta e ai fini della soddisfazione dell’interesse del soggetto protetto, risultare più dannosa della validità, circoscrive, o meglio limita l’area della legittimazione ad agire e conferisce proprio al
accompagnasse anche la necessaria parziarietà, il contraente protetto si troverebbe prigioniero della logica “prendere o lasciare”153.
Questa posizione può trovare conforto nella lettura dell’art 36 Cod. Cons.154., il quale riconosce la nullità parziale necessaria al fine di neutralizzare la realizzazione del patto abusivo senza ulteriori effetti per il contratto – “salvo per il
soggetto protetto dalla norma la facoltà di decidere se avvalersi o meno di essa”.
153 Sul punto è interessante la prospettiva di XXXXXXXXX, L’inefficacia delle clausole abusive, pag. 46, per il quale disposta una nullità parziale necessaria, non sarebbe stato nemmeno necessario prevedere una legittimazione all’azione solo relativa (peraltro connessa alla rilevabilità d’ufficio). Se in astratto si ipotizzasse una nullità necessariamente parziale ma rilevabile da chiunque, la tutela del contraente protetto sarebbe comunque adeguata, poiché sembra difficile prospettare un utilizzo strumentale del rimedio ad opera della parte che finirebbe per veder modificato a proprio detrimento il regolamento negoziale. In altre parole, legittimazione relativa e nullità parziale, rispondono certo ad esigenze diverse (evitare esercizi abusivi dell’azione e perdita dell’affare), ma se questa regola, a rigore, sventa il rischio dell’abuso, la legittimazione relativa, da sola, non è sempre tranquillizzante per il contraente protetto che tema la perdita dell’affare intrapreso.
154 Cfr. XXXXXXXXXX, Commento sub artt. 36-38, in Codice del Consumo, Commentario, a cura di X. Xxxxxxx, Cedam, 2007, pag. 385, “vi è poi, sul piano del trattamento, il carattere della necessaria parzialità, della nullità che è sottratta alla applicazione tanto del primo quanto del secondo comma dell’art. 1419 cod. civ.
resto” – per assicurare una effettiva contrattazione non abusiva ad un consumatore che rischierebbe di perdere il bene cui mira; questo potrebbe essere affermato anche in tutte quelle ipotesi (come quella in commento) in cui indicazioni specifiche quanto all’estensione della nullità difettino, e tuttavia la ragione dell’intervento del legislatore ben si concili con la sopravvenienza di un contratto privato della clausola iniqua155.
Si può ritenere in generale che la nullità parziale necessaria vada intesa come una nullità che si realizzi “a prescindere tanto dall’apprezzamento dell’intento ipotetico delle parti, cui ordinariamente rinvia il primo comma dell’art. 1419 cod. civ., tanto dall’integrazione del contratto nullo con norme imperative sostituite, come previsto, invece, dal comma secondo del medesimo art. 1419 cod.civ.”156
155 D’ADDA, Nullità parziale e tecniche di adattamento del contratto, Cedam, 2008, pag 165.
156 XXXXXXXXXX, Nullità speciali, op.cit., pag.202 e seg.; Cfr. anche POLIDORI, Discipline della nullità e interessi protetti, Ed. Scientifiche Italiane, 2001, pag. 201 seg., sulle differenti tecniche attraverso le quali la nullità parziale necessaria può operare.
PARAGRAFO III: L’irrinunciabilità dei diritti; art. 143
Codice del Consumo
1) Introduzione
La norma157 mira a delineare in via generale la soglia della tutela offerta al consumatore dal Codice del Consumo, sotto il profilo dei limiti entro i quali, nel diritto interno, siano ammesse pattuizioni contrastanti con lo stesso Xxxxxx.
Il 1° comma è di particolare rilevanza, sia sotto il profilo pratico, sia sotto il profilo sistematico. Esso prevede la regola generale - rubricato genericamente “irrinunciabilità dei diritti” - per garantire da una parte l’efficacia dei diritti stabiliti ex lege a beneficio dei consumatori e, dall’altra, il
157 L’articolo riproduce, con lievi variazioni, il contenuto dell’art. 11 c.2 D.Lgs. n. 185/99 che dava attuazione alla direttiva 97/7/CE sulla protezione dei consumatori nei contratti a distanza. Tali contratti oggi sono regolati dagli art. 50-60 Codice del Consumo. Alla luce dell’art. 143 perde significato anche l’art. 10 D.Lgs. 50/92 relativo ai contratti stipulati fuori dai locali commerciali (c.1 irrinunciabilità del diritto di recesso; c.2 nullità di ogni pattuizione in contrasto con il decreto). La collocazione dell’art 143 tra le disposizioni finali del Codice del Consumo vale ad assorbire il significato di quelle previsioni. L’art 143 era sostanzialmente riprodotto anche nel D. Lgs. 190/05 art 17 in materia di commercializzazione a distanza dei servizi finanziari ai consumatori. Poiché il Decreto è stato abrogato dal D. Lgs. 221/07 il contenuto dell’art. 17 è stato trasfuso nell’art. 67 octies decies Codice del Consumo.
compimento delle obbligazioni imposte per legge ai professionisti.
Il fondamento di questo imperativo, è quello di evitare che tra le parti di una relazione giuridica di consumo – soggetta a diseguaglianza (giuridica, economica, di conoscenza) – si crei una situazione in cui il consumatore sia costretto ad accettare una rinuncia ad un suo diritto, sia per sua disinformazione, sia per imposizioni da parte del professionista.
Viene, quindi, dichiarata l’irrinunciabilità dei diritti attribuitigli, sanzionando con la nullità le pattuizioni contrastanti con le disposizioni del Codice del Consumo; si può ritenere, perciò, che il precetto elevi tutte le previsioni del Codice al rango di norme imperative, fungendo al contempo da norma di chiusura del sistema di tutela del consumatore: essa rende, quindi, effettiva la tutela che ne ispira le singole disposizioni.
2) La nullità
Diversamente da altri articoli158 del Codice del Consumo, l’art. 143 tace sulle caratteristiche della nullità ivi prevista; è necessario, perciò, come per il già citato art. 134, individuarne la disciplina applicabile, facendo anche qui ricorso, per esempio alle norme civilistiche, oppure alle norme consumeristiche – in particolare all’art. 36 Cod. Cons. (essendo quest’ultima norma la norma di maggiore generalità e recante la disciplina più competa), o ancora dal sistema complessivamente considerato.
158 Art. 36 Nullità di protezione, in materia di clausole vessatorie, dispone che la nullità operi solo a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice (c.4) e che il contratto rimane valido per il resto (c.1 nullità parziale); art. 52 c.
3 (contratti a distanza); art. 67 c. 5 (disposizioni comuni ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali e a distanza); art. 71 c. 1, art. 76 c. 3 e art. 78 (multiproprietà); art. 67 septiesdecies, c.4-5 dispone che la nullità può essere fatta valere solo dal consumatore, art. 67 octiesdecies (commercializzazione a distanza di servizi finanziari) dispone che la nullità può essere fatta valere solo dal consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice, art. 95 c.2 (servizi turistici), art. 124 (responsabilità del produttore per danno da prodotto difettoso), art. 134 c.1 (vendita) prevede che la nullità possa essere fatta valere solo dal consumatore e possa essere rilevata d’ufficio dal giudice (mentre la parzialità – come sopra detto – pur se non espressamente sancita si rileva agevolmente in via interpretativa).
In relazione al già citato art. 36 Codice del Consumo giova aggiungere che è una delle poche disposizioni del Codice del Consumo veramente innovative: pur riconoscendo alla legislazione speciale il merito di aver contribuito all’affermarsi di una lettura funzionale della nullità al posto di quella strutturale, è, senza dubbio, proprio grazie all’introduzione nel nostro ordinamento della normativa di origine comunitaria che si è potuto dare maggiore corpo alle interpretazioni dottrinali.
L’art. 36 ha introdotto la “nullità di protezione” quale sanzione della vessatorietà159; il legislatore, come meglio si vedrà, costruisce una nullità con finalità protettive, con legittimazione esclusiva del contraente debole, di modo che l’altro contraente in nessun modo possa paralizzare il contratto.
Si tratta di un dato significativo in quanto la nullità di protezione acquista rilievo positivo e non meramente dottrinale. La sua ampia portata applicativa e la sua completezza fanno propendere per un’estensione analogica alle ipotesi in cui una norma del Codice del Consumo, o
159 L’art. 1469 quinquies prevedeva l’inefficacia quale conseguenza della vessatorietà e tale soluzione veniva considerata insoddisfacente. Cfr. per es. VALLE, L'inefficacia delle clausole vessatorie, Padova, 2004, pag. 149 ss.
comunque specificamente dettata a tutela del consumatore, non stabilisca la disciplina della nullità160 .
Il tentativo di attribuire ad una disposizione del Codice del Consumo la funzione e la natura di norma generale161, comune a tutte le fattispecie di nullità, incontra, però il limite della collocazione sistematica; una riflessione sulla collocazione dell’art. 143 del Codice – tra le disposizioni finali – e sull’ambito applicativo (generale e residuale) dovrebbe far propendere a considerare l’art. 143 e non l’art. 36 quale norma generale in materia di nullità162.
160 DI MARZIO Codice del Consumo, nullità di protezione e contratti del consumatore, pag. 866 il quale sostiene xxxxxsi estendere la disciplina dell’art. 36 Codice del Consumo anche al caso dell’art. 143 c.1.
161 Leggono l’art 143 in termini di nullità speciale, indicandone gli elementi peculiari che la differenziano rispetto alla nullità codicistica, ma senza soffermarsi specificamente sulla ricostruzione sistematica della figura, XXXXXXXX, Commento all’art. 143, in Commentario al Codice del Consumo – inquadramento sistematico e prassi applicativa, a cura di Xxxxxxxxx – Xxxxxxxxxxxxx, IPSOA, 2006, pag. 1079 seg.; XXXXXXXX, Commento all’art. 143 in Codice del Consumo, a cura di Xxxxxxx, IPSOA, 2009, pag. 1112 seg.; XXXXXXXXXX, Commento all’art. 143 in Codice del Consumo, a cura di Xxxx – Xxxxx Xxxxxx, Xx. Xxxxxx. Ital.,2005,pag. 877 seg.
162 Cfr. nota n. 16 DE NOVA, La disciplina della vendita dei beni di Consumo nel “Codice” del Consumo, in Contratti, 2006, pag. 393, dove afferma che “la costruzione di una norma generale sulla nullità sembra doversi fare partendo dall’art. 143, non, come altri
2a) Nullità relativa
L’ampia analisi sulla nullità e sulla individuazione della disciplina applicabile a quelle contenute nel Codice del Consumo, trova anche nell’art. 143 spazio di discussione. Come già evidenziato per l’art. 134 Codice del Consumo, i confini e le certezze della nullità “tradizionale” contenuta nel codice civile, vengono stravolti e rielaborati alla luce del nuovo mercato costituto da soggetti giudicati strutturalmente diversi sia in termini di conoscenza che di capacità di muoversi all’interno del mercato stesso. Non si cerca un equilibrio di forza, ma si tende ad un equilibrio di conoscenza e di capacità di “gestirsi” nelle contrattazioni.
Il “percorso” per il contraente più debole (ed il consumatore è il più debole dei contraenti deboli) si articola anche attraverso il riconoscimento delle forme di protezione descritte, che nell’articolo sulla irrinunciabilità dei diritti trovano una forte espressione.
La dottrina, come già sottolineato, ritiene che la nullità di protezione sia sempre una nullità relativa a prescindere da
ha fatto, elevando a norma generale che disciplina la nullità di protezione l’art. 36 sulle clausole vessatorie”.