Roma, 11 luglio 2011 Alle Aziende associate Prot. n. 056/11/D.11.
Roma, 11 luglio 2011 Alle Aziende associate Prot. n. 056/11/D.11.
L o r o S e d i
OGGETTO: Accordo interconfederale 28 giugno 2011 in materia di rappresentanza ed esigibilità della contrattazione collettiva aziendale.
Il 28 giugno u.s., Confindustria ha sottoscritto con Cgil, Cisl, Uil e, successivamente, con Ugl, l’Accordo interconfederale in materia di rappresentanza ed esigibilità della contrattazione collettiva aziendale (allegato 1).
Tale Accordo completa l’impianto complessivo degli assetti della contrattazione collettiva così come definitosi a seguito dell’Accordo interconfederale del 15 aprile 2009.
In merito Confindustria è intervenuta con una nota di commento che di seguito si riporta.
L’Accordo interviene in ordine alla misurazione della rappresentatività dei sindacati; al tema dell’effettività (gli impegni presi si rispettano), dell’efficacia (gli impegni valgono per tutti i sindacati ed i lavoratori presenti in azienda) e dell’esigibilità (contrasto agli scioperi strumentali) della contrattazione aziendale economica, normativa ed “in deroga”, nonché alle clausole di tregua sindacale.
L’Accordo in oggetto contiene in premessa una serie di principi in merito ai quali le parti stipulanti hanno espresso piena condivisione, in particolare riguardo all’interesse a definire, nell’ambito dell’autonomia collettiva, le regole per la misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali; all’obiettivo di realizzare un sistema di relazioni industriali “fattore di competitività”; alla centralità del lavoro; al valore della contrattazione collettiva volta al raggiungimento di risultati funzionali all’attività delle imprese ed alla crescita dell’occupazione; alla necessità di fare affidamento su un sistema di relazioni sindacali e contrattuali regolato, che dia certezza sui soggetti, i tempi, i contenuti della contrattazione ma anche sull’affidabilità ed il rispetto delle regole concordate; all’obiettivo di sviluppare e diffondere la contrattazione aziendale promuovendone l’effettività e garantendo la certezza delle scelte operate fra aziende a sindacati, fermo restando il ruolo del contratto nazionale.
Aderente alla Xxxxx Xxxxxxx, 00
00000 Xxxx
CONFINDUSTRIA Tel. 06/0000000
Telefax 06/5903987
C.f. 04276771005
Sulla base di queste premesse l’Accordo in oggetto, al punto 1, disciplina la certificazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali (firmatarie dell’Accordo stesso) ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria.
Il tema della misurazione della rappresentatività dei sindacati a livello nazionale è stata la premessa necessaria per definire regole per la misurazione della rappresentatività a livello aziendale.
Le parti hanno, pertanto, inteso darsi una regola di “indirizzo” in base alla quale per la certificazione della rappresentatività ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria, si deve fare riferimento al dato degli “iscritti” e, quindi, alle deleghe ricevute dalle imprese, per operare in busta paga le trattenute per i contributi che i lavoratori versano volontariamente ai sindacati.
Questo dato dovrà poi essere certificato dall’INPS e successivamente comunicato al Cnel, presso il quale verrà costituita un’apposita banca dati nazionale. Il dato relativo al numero dei lavoratori iscritti a ciascun sindacato di categoria dovrà poi essere ponderato con i consensi ottenuti in occasione delle elezioni delle RSU (secondo il percorso condiviso nel documento unitario di Cgil, Cisl e Uil del 7 maggio 2008, allegato 2).
Al riguardo, si è, tra l’altro, colta l’occasione per rafforzare l’effettiva operatività delle RSU ricordando che sono “da rinnovare ogni tre anni”.
I sindacali hanno fissato al 5% del totale dei lavoratori della categoria cui si applica il Ccnl, la soglia d’ingresso che legittima ciascuna organizzazione a negoziare.
Ciò precisato, si tratta di un impegno che i sindacati devono – nell’ambito delle rispettive organizzazioni di categoria – realizzare nel tempo, specie per quanto riguarda il dato elettivo che, al momento, non risulta diffusamente disponibile.
L’intesa sul punto costituisce in ogni caso un notevole progresso in una materia contrassegnata da uno storico immobilismo e rappresenta una soluzione che rimane inserita nell’ambito dell’autonomia collettiva e, come tale, al di fuori dei vincoli derivanti dall’art. 39 della Costituzione.
Per logica sistematica, con l’Accordo interconfederale 28 giugno le parti hanno inteso confermare due elementi caratterizzanti il sistema di assetti della contrattazione collettiva strutturata su due livelli, come disciplinato dall’Accordo interconfederale del 15 aprile 2009 (concluso, com’è noto, da Confindustria con tutte le organizzazioni sindacali ad eccezione della Cgil).
Al punto 2 dell’Accordo, viene, inoltre, confermato il ruolo che, nel 2009, è stato attribuito al contratto nazionale di categoria (“la funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori…”).
Al punto 3 viene ribadito il “collegamento” esistente tra contrattazione collettiva nazionale e contrattazione collettiva aziendale, confermando che la contrattazione
aziendale “si esercita per le materie delegate, in tutto o in parte, dal Ccnl o dalla legge”.
I punti dal 4 al 7 contengono i principali elementi di novità che, per di più, hanno efficacia immediata.
Come sopra detto, in occasione delle Assise di Bergamo, le imprese del sistema Confindustria hanno richiesto con forza di poter fare affidamento su una contrattazione collettiva da adeguare aziendalmente alle differenti esigenze produttive.
Negli assetti della contrattazione collettiva resta essenziale il ruolo del contratto collettivo nazionale di lavoro che – come ha sottolineato il 7 giugno scorso la Commissione Europea nell’esprimere un convinto apprezzamento per la riforma del 2009 – deve comunque essere tale da favorire lo sviluppo e la diffusione della contrattazione collettiva decentrata proprio per incentivare una maggiore crescita delle retribuzioni collegate agli incrementi di produttività.
Proprio per queste ragioni le imprese hanno chiesto che sia garantita l’effettività e la certezza delle scelte concordate in azienda.
Con l’Accordo del 28 giugno 2011, Confindustria e Cgil, Cisl e Uil hanno previsto che i contratti collettivi aziendali – per le parti economiche e normative – “sono efficaci per tutto il personale in forza e vincolano tutte le associazioni sindacali (espressione delle Confederazioni sindacali) firmatarie del presente accordo interconfederale operanti all’interno dell’azienda, se approvati dalla maggioranza dei componenti delle rappresentanze sindacali unitarie elette secondo le regole interconfederali vigenti” (un nuovo richiamo all’Accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 sul funzionamento delle RSU per porre una rinnovata attenzione ai meccanismi elettorali in esso disciplinati specie per quel che riguarda “il terzo riservato” da attribuire “in proporzione ai voti ricevuti”).
Se la misurazione della maggioranza è immediata in tutte le ipotesi in cui opera una RSU (di per sé espressione del voto di tutti i lavoratori in forza nell’azienda e quindi naturalmente rappresentativa delle loro volontà), diverso è il caso in cui i lavoratori sono rappresentati attraverso le RSA previste dallo Statuto dei lavoratori (nel sistema associativo sono diversi i casi in cui sono presenti le RSA).
Il punto 5 dell’Accordo in oggetto è riservato alla disciplina dell’efficacia degli accordi aziendali quando non vi è unanimità fra le RSA e stabilisce che i contratti aziendali, per le parti economiche e normative, sono efficaci per tutto il personale in forza e vincolano tutti i sindacati (espressione delle Confederazioni sindacali firmatarie dell’Accordo interconfederale) presenti in azienda, se approvati dalle RSA costituite nell’ambito delle associazioni sindacali che, singolarmente o insieme ad altre, risultino destinatarie della maggioranza delle deleghe per i contributi sindacali che l’azienda trattiene.
Differentemente da quanto previsto per le RSU, la cui maggioranza è data dalla maggioranza dei componenti, in caso di presenza di RSA si procede
(annualmente) a misurare la rappresentatività di ciascuna sigla che esprime RSA in azienda, attraverso il numero delle deleghe.
Per le RSA, le parti firmatarie hanno stabilito anche una durata triennale (non prevista dallo Statuto dei Lavoratori) come per le RSU proprio per garantire “analoga funzionalità alle forme di rappresentanza dei lavoratori nei luoghi di lavoro”.
Considerata sempre la differente natura − elettiva, per le RSU, di nomina dei sindacati, per le RSA – e quindi il possibile disallineamento fra la rappresentatività intrinseca delle RSU e la rappresentatività relativa delle RSA anche “misurate” sulle deleghe (la percentuale degli iscritti potrebbe essere minima rispetto al numero complessivo dei dipendenti), le parti hanno stabilito che gli accordi approvati a maggioranza delle RSA devono essere sottoposti al voto dei lavoratori promosso dalle RSA a seguito di una richiesta, avanzata entro 10 giorni dalla conclusione dell’accordo, da almeno un’organizzazione sindacale (espressione di una Confederazione sindacale) firmataria dell’Accordo interconfederale del 28 giugno od almeno dal 30% dei lavoratori dell’impresa. Per la validità della consultazione viene stabilito il quorum del 50% più 1 degli aventi diritto al voto, mentre per respingere l’intesa occorre che si esprima la maggioranza semplice dei votanti.
È questa l’unica ipotesi − accordi raggiunti a maggioranza delle RSA − in cui Confindustria e Cgil, Cisl e Uil hanno ritenuto necessario ricorrere ad un’espressione di voto da parte dei lavoratori.
Il punto 6 dell’Accordo, inoltre, risponde all’ulteriore esigenza espressa con insistenza dalle imprese di avere certezza circa l’effettività degli impegni assunti fra le parti.
Pertanto, i contratti collettivi aziendali (anche se approvati a maggioranza) che definiscono clausole di tregua sindacale per garantire l’esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione collettiva a tutti i livelli (sia nel contratto nazionale di categoria che in azienda), hanno effetto vincolante per tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori e per le associazioni sindacali (espressione delle Confederazioni sindacali) firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, operanti all’interno dell’azienda.
In tal modo, dunque, le parti stipulanti hanno convenuto circa la facoltà del contratto collettivo aziendale di regolamentare, con effetti per la generalità degli interlocutori sindacali, anche le manifestazioni di sciopero (attraverso le clausole di tregua sindacale) volte a vanificare gli equilibri raggiunti dalle parti collettive e gli affidamenti che esse hanno riposto nell’esecuzione dell’accordo contrattuale.
La regolamentazione di tale tipologia di scioperi, per un verso, garantisce ai datori di lavoro la perseguibilità degli obiettivi produttivi programmati, per altro verso può rappresentare per il sindacato una risorsa negoziale, potendo scambiare la
garanzia di esigibilità degli impegni assunti con ulteriori concessioni a tutela dei lavoratori.
Naturalmente l’effetto vincolante è riferito alle forme di rappresentanza dei lavoratori e non ai singoli lavoratori.
Infine, al punto 7, si affronta e risolve il tema degli “strumenti di articolazione contrattuale mirati ad assicurare la capacità di aderire alle esigenze degli specifici contesti produttivi”. Una perifrasi che evita l’espressione “deroghe” ma che comunque significa, come invece vengono poi correttamente indicate, le intese modificative rispetto al Ccnl, ovvero quelle intese già disciplinate nell’Accordo interconfederale del 15 aprile 2009 che, sempre la Commissione ed il Consiglio europei, nelle valutazioni al PNR dell’Italia, considera un’importante soluzione, rammaricandosi anzi che, fino ad oggi, abbiano avuto una scarsa diffusione nel nostro Paese.
In merito, Confindustria e Cgil, Cisl e Uil hanno convenuto su due tipi di intervento.
Il primo prevede che i contratti aziendali − ovviamente anche approvati con le modalità “a maggioranza” disciplinate nell’Accordo interconfederale − possano definire “anche in via sperimentale e temporanea, specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute” nei Ccnl sempre “nei limiti e con le procedure” previste dagli stessi Ccnl.
Il secondo, invece, assicura una nuova possibilità in tutti i casi in cui i Ccnl non abbiano ancora previsto “limiti e procedure” per le intese modificative (“ove non previste ed in attesa che i rinnovi definiscano la materia”). In questa fase transitoria Confindustria e Cgil, Cisl e Uil hanno convenuto che i contratti collettivi aziendali possono parimenti definire intese modificative. Mancando, in tale caso, una disciplina a livello di contrattazione collettiva nazionale, è lo stesso Accordo interconfederale che ne stabilisce le modalità.
Le intese modificative possono, pertanto, essere concordate solo “al fine di gestire situazioni di crisi o in presenza di investimenti significativi per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’impresa” e con riguardo “agli istituti del Ccnl che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro”.
Inoltre, solo queste intese modificative devono essere concluse “con le rappresentanze sindacali operanti in azienda (la formula indica indifferentemente RSA o RSU) d’intesa con le organizzazioni sindacali territoriali (di categoria espressione delle confederazioni sindacali) firmatarie dell’Accordo interconfederale 28 giugno 2011.
Tutte le intese modificative, del primo o del secondo tipo, esplicano l’efficacia generale così come disciplinata dall’Accordo interconfederale in oggetto.
Con il punto 8, infine, le parti hanno rinnovato al Governo l’invito a rendere strutturali le misure di incentivazione fiscale e contributiva per la contrattazione collettiva aziendale che collega aumenti retributivi ad incrementi di produttività.
Contestualmente con il raggiungimento dell’intesa con Confindustria, fra i sindacati Cgil, Cisl e Uil sono state concordate regole di “democrazia sindacale” per la presentazione delle piattaforme e di approvazione degli accordi con valenza generale e di categoria (allegato 3).
Tale disciplina riprende sostanzialmente il sopracitato documento unitario di Cgil, Cisl e Uil del 7 maggio 2008.
Con riserva di comunicare ulteriori aggiornamenti che dovessero pervenire da Confindustria, si inviano cordiali saluti.
All.