Agenzia
Agenzia
Il patto di non concorrenza fra preponente e agente ex art. 1751-bis c.c.
CASSAZIONE CIVILE, Sez. lav., 16 settembre 2010, n. 19586 - Pres. Vidiri - Rel. De Renzis - P.m. Fuzio - Z. G. e D. B. S.n.c. c. D. M. G., X. X. x B. e D. M. S.n.c.
In caso di patto di non concorrenza inserito in un contratto di agenzia, detto patto può ritenersi operante ai sensi dell’art. 1751-bis comma 1 c.c. solo per la medesima zona e clientela per la quale era stato concluso il contratto di agenzia, mentre deve ritenersi nullo per la parte eccedente.
Conforme | Cass., 30 dicembre 2009, n. 27839, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx. |
Difforme | Non si sono rinvenuti precedenti difformi |
Svolgimento del processo
1. Con ricorso, depositato il 5 gennaio 2000, la società Z. e D. B. instaurava giudizio di merito - a seguito dell’ordi- nanza del 7 dicembre 1999 che intimava in via d’urgenza a B. P. e D. M. G. l’immediata cessazione di ogni attività concorrenziale nelle zone assegnate alla società ricorren- te nella provincia di Belluno fino allo scadere del patto di non concorrenza.
La società Z.-D. B. chiedeva l’accertamento della viola- zione dell’anzidetto patto di non concorrenza stipulato con i convenuti, con la condanna di questi ultimi alla re- stituzione di quanto incassato in esecuzione di detto pat- to di non concorrenza a decorrere dal 1° gennaio 1998, oltre accessori, nonché al risarcimento dei danni.
I convenuti nel costituirsi contestavano le domande at- trici, chiedendone il rigetto, perché infondate in fatto e in diritto.
All’esito, espletati i mezzi istruttori ammessi (interrogato- rio formale dei convenuti e prova per testi), il Tribunale di Belluno con sentenza n. 203 del 2002 dichiarava il difetto di legittimazione passiva della convenuta società B.-D. M. e rigettava il ricorso nei confronti dei convenuti B. P. e D.
M. G., osservando che nessuna attività concorrenziale po- teva ritenersi provata in danno della ricorrente.
2. Contro tale decisione proponeva appello principale la società Z.-D. B. ribadendo la validità del patto di non concorrenza per l’intera provincia di Belluno, la violazio- ne del patto per lo svolgimento di attività concorrenziale per tale provincia, in ogni caso la violazione del patto per lo svolgimento di attività concorrenziale nella zona con- trattualmente assegnata all’appellante.
Contro la stessa sentenza gli appellati, in proprio e quali rappresentanti della società B.-D. M., proponevano ap- pello incidentale, chiedendo che, in riforma di tale deci- sione, fosse dichiarata la nullità del patto di non concor- renza in relazione all’avvenuta previsione di una xxxx xxx- xxxxxxxxx xx xxxxxxxxx (xx xxxxxxxxx xx Xxxxxxx) più ampia di quella oggetto dell’originario mandato di agenzia, che la individuava esclusivamente in determinati comuni del bellunese; deducendo altresì l’inadeguatezza del compen- so pattuito.
Gli stessi appellati chiedevano che, nell’ipotesi di riforma anche parziale dell’impugnata decisione, il “quantum” fosse contenuto nei limiti della clausola penale.
All’esito la Corte di appello di Venezia con sentenza n. 17 del 2006 ha rigettato l’appello principale e quello in- cidentale, ritenendo corretta la prima decisione in ordine ai vari punti oggetto di impugnativa.
3. La società Z. e D. B. ricorre per cassazione sulla base di otto motivi.
Gli intimati D. M. G. e B. P. e la società in nome collet- tivo B.-D. M. non si sono costituiti.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso la ricorrente deduce l’erroneità dell’impugnata sentenza per avere escluso la legittimazione passiva della società in nome collettivo, ritenendola estranea al patto di non concorrenza.
Il motivo è infondato, in quanto il giudice di appello ha ritenuto, con motivazione immune da vizi logici e giuri- dici, che la concorrenza sleale in base alla domanda spie- gata è stata effettuata dai subagenti, i quali devono ri-
Giurisprudenza
I singoli contratti
spondere personalmente con il loro patrimonio per atti da loro commessi, sicché la società, anche priva di perso- nalità giuridica, rimane estranea alla controversia in ra- gione di una sua propria autonomia patrimoniale.
2. Con il secondo motivo la ricorrente contesta la sen- tenza di appello in relazione all’affermazione circa l’e- stensione del patto di non concorrenza, che non avrebbe potuto essere maggiore di quella assegnata contrattual- mente, sostenendo che le norme imperative sugli agenti di assicurazione ex art. 1753 c.c. degradano a fronte degli accordi economici collettivi e degli usi.
Il motivo è infondato, giacché la normativa prevista dal codice civile è indisponibile dalle parti per la natura e lo spessore degli interessi in gioco e non può essere limitata, come sostiene la società ricorrente, né dagli usi né dalla contrattazione collettiva ai sensi dell’art. 1753 c.c., non avendo questa disposizione la portata che la società stes- sa vuole a essa assegnare. Per concludere sul punto può dirsi che la sentenza impugnata può considerarsi immune dalle censure mosse, atteso che il patto di non concor- renza, pur essendo nella disponibilità delle parti, è libera- mente stipulabile solo nell’ambito della zona assegnata. A tale riguardo va ricordato che in giurisprudenza è stato affermato che, in caso di patto di non concorrenza inseri- to in un contratto di agenzia, detto patto può ritenersi operante ai sensi dell’art. 1751 bis comma 1 c.c. solo per la medesima zona e clientela per la quale era stato con- cluso il contratto di agenzia, mentre deve ritenersi nullo per la parte eccedente (Cass., 30 dicembre 2009, n. 27839).
In ogni caso le doglianze contenute nel secondo motivo vanno disattese, in quanto con esse la società tende a una rivalutazione dei fatti di causa e a una rivalutazione del- l’istruttoria, non consentite in sede di legittimità.
3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione del patto di non concorrenza, per avere omesso ogni accerta- mento sul punto della sua ritenuta invalidità per la parte relativa alla provincia di Belluno.
La ricorrente osserva che costituiva dato pacifico che il
B. e D. M., subito dopo la cessazione del rapporto di agen- zia, avessero iniziato a svolgere attività assicurativa per conto dell’INA Assitalia in alcuni comuni del Cadore della provincia di Belluno.
Il motivo è inammissibile, perché, pur essendosi in pre- senza di violazione di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., era ugual- mente necessaria - alla stregua dell’art. 366 bis c.p.c. - una formulazione del quesito chiara e succinta, idonea a far emergere le ragioni che dovrebbero portare alla cassazio- ne della decisione impugnata.
4. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta violazione del patto di non concorrenza nella zona assegnata alla SAI di Belluno, osservando che i giudici di appello han- no escluso ogni rilevanza alla deposizione della teste V. M.
Il motivo è inammissibile in ragione di un quesito non chiaro e incapace di riassumere il lungo iter argomentati- vo in cui si intrecciano motivi di fatto e di diritto relativi a circostanze e a risultanze istruttorie, di cui si chiede il riesame non consentito in questa sede.
5. Con il quinto motivo la ricorrente censura la sentenza di appello nel punto in cui ha ritenuto provata la viola- zione del patto di non concorrenza, perché, a suo dire, dalla dichiarazione del teste D. M. non sarebbe emerso nulla di rilevante, se non addirittura che il B. si sarebbe rifiutato di stipulare la polizza assicuratrice.
Con il senso motivo la ricorrente lamenta la mancata ammissione - senza alcuna motivazione - di risultanze istruttorie avanzate fin dal primo grado di giudizio pro- prio per dimostrare la violazione del patto di non concor- renza.
Entrambi i motivi, che possono essere esaminati con- giuntamente per la loro connessione, risultano inammis- sibili, perché sollecitano ancora una volta il riesame del- le risultanze istruttorie e perché lamentano il mancato esercizio di ufficio di poteri istruttori del giudice senza che sia stata provata la loro indispensabilità ai fini della decisione, come richiesto dall’art. 437 c.p.c.
6. Con il settimo motivo la ricorrente censura la senten- za impugnata nel punto in cui ha omesso qualsiasi moti- vazione circa la condanna alle spese, tanto più che la stessa ricorrente era risultata vittoriosa nel giudizio cau- telare.
La censura non ha pregio e va disattesa, in quanto la sen- tenza impugnata ha seguito il principio generale della soccombenza e pertanto non vi è alcuna violazione di legge che valga a cassare sul punto la decisione di appel- lo.
7. Con l’ottavo motivo la ricorrente ribadisce la richiesta di risarcimento del danno subito derivante dalla violazio- ne del patto di non concorrenza.
Tale richiesta, rimasta assorbita dalla decisione di rigetto del giudice di appello, è inammissibile in questa sede, at- teso che l’impugnata sentenza, con motivazione congrua e corretta sul piano logico-giuridico, ha osservato che il giudice di primo grado ha ben ritenuto l’insussistenza del- la violazione del patto lamentata, con esclusione quindi della configurabilità dei danni conseguenti a tale asserita violazione.
8. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.
Nessuna statuizione va emessa per le spese del giudizio di cassazione, non essendosi costituiti gli intimati B. - D.M. e la società in nome collettivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
IL COMMENTO
di Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx
La Corte di cassazione si occupa in questa sentenza del patto di non concorrenza che può essere pattuito fra preponente e agente per il periodo successivo alla cessazione del contratto di agenzia. In particolare vie- ne statuito che tale pattuizione non può avere una portata più ampia dell’oggetto del contratto di agenzia. Ta- le estensione andrebbe difatti a detrimento dell’agente, soggetto debole del rapporto contrattuale che ne- cessita di particolare protezione.
Il regime della concorrenza durante e dopo il contratto di agenzia
L’art. 1751-bis c.c. disciplina il patto di non concor- renza nel contesto del contratto di agenzia, patto de- stinato a produrre effetti una volta che il contratto è cessato.
È bene chiarire, fin da subito, che la situazione du- rante la vigenza del contratto è capovolta rispetto a quella sussistente dopo il contratto (1). In pendenza di contratto, la disposizione di riferimento è l’art. 1743 c.c. che prevede un’esclusiva in capo sia al pre- ponente sia all’agente: «il preponente non può va- lersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività, né l’agente può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorren- za tra loro». Sussiste così un divieto reciproco di concorrenza, finalizzato - più in generale - a garanti- re una buona cooperazione fra le parti del contratto. Una volta invece terminato il contratto di agenzia, i contraenti non sono soggetti a particolari vincoli e possono - se lo ritengono - avviare attività che si pongono in concorrenza reciproca. Naturalmente l’attività imprenditoriale successivamente posta in essere dalle parti dovrà rispettare le regole generali a disciplina della concorrenza: rimangono pertanto vietati gli atti di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 c.c. Questa disposizione si applica però a qual- siasi attività imprenditoriale e non certo solo a quel- la di preponente e agente una volta terminato il contratto di agenzia.
Ambedue tali situazioni ordinarie (divieto di con- correnza durante il contratto; libertà di concorrenza dopo la cessazione del contratto) possono essere de- rogate dai contraenti. Può pertanto capitare che, durante il contratto, le parti deroghino all’esclusiva, consentendosi reciprocamente di fare concorrenza. Può inoltre succedere che, una volta terminato il contratto, le parti pattuiscano un divieto di farsi concorrenza.
In definitiva, per voler schematizzare, si possono ve- rificare complessivamente le seguenti condizioni:
1) durante il contratto: divieto di concorrenza (si- tuazione standard ex art. 1743 c.c.);
2) dopo la cessazione del contratto: libertà di con- correnza (situazione standard, argomenta ex negativo dall’art. 1751-bis c.c.);
3) durante il contratto: possibile accordo delle parti che consente la concorrenza (deroga all’art. 1743 c.c.);
4) dopo la cessazione del contratto: possibile accor- do delle parti che vieta la concorrenza (art. 1751-bis c.c.).
Questo breve excursus sulle disposizioni che discipli- nano - seppure sommariamente - il regime della concorrenza durante e dopo il contratto di agenzia, ci permette di capire quale sia la ratio della discipli- na legislativa.
Durante la vigenza del contratto, il rapporto fra le parti deve essere ispirato alla massima collaborazio- ne. Il preponente intende massimizzare la vendita dei suoi prodotti e, a tal fine, necessita di collabora- tori fedeli e motivati. Dall’altro lato, l’agente desi- dera avere la possibilità di sviluppare gli affari del produttore senza il timore di concorrere con altri agenti che operano nella medesima area. Al fine di consentire la realizzazione di questo fine di collabo- razione (volto a garantire il massimo risultato possi- bile in termini di vendite, con beneficio sia per il preponente sia per l’agente), il legislatore fissa un divieto di concorrenza in pendenza di contratto.
La situazione cambia completamente una volta che il contratto di agenzia cessa di produrre effetti: il pre- ponente torna libero di utilizzare i canali che preferi- sce per la gestione delle proprie vendite, mentre l’a- gente può mettersi al servizio di un altro preponente. Il regime è quello della libertà di concorrenza.
Nota:
(1) Per un’analisi del regime della concorrenza durante e dopo il contratto di agenzia cfr. X. Xxxxxxxx, La non concorrenza nel contratto di agenzia, in Riv. giur. lav., 2008, 367 ss. Più specifica- mente sul patto di non concorrenza post contrattuale v. X. Xxxx- xxxxxx, Agenzia: indennità di fine rapporto e patto di non concor- renza, in Lav. giur., 2001, 209 ss.
Il legislatore consente la previsione di un patto di non concorrenza post contrattuale in quanto, una volta terminato il rapporto con il preponente, l’a- gente potrebbe iniziare a operare con un preponen- te concorrente e - sfruttando i contatti con i clienti precedentemente instaurati - ridurre la quota di mercato del produttore per cui ha precedentemente operato. Per evitare un risultato del genere, la legge consente che le parti concordino un patto di non concorrenza a valere per il periodo successivo alla cessazione del contratto.
In presenza di un patto di non concorrenza post con- trattuale, l’agente - alla fine del rapporto con il pre- ponente - ottiene due vantaggi di tipo economico: da un lato l’indennità legata direttamente al divieto di concorrenza, dall’altro lato l’indennità di fine rapporto (art. 1751 c.c.) (2). L’indennità di fine rap- porto premia l’agente per il portafoglio clienti ac- quisito al preponente e che rimane in capo a que- st’ultimo. Laddove poi l’agente si impegni a non svolgere in futuro attività concorrenziale, potenzial- mente nociva per il produttore, ha diritto a un’ulte- riore somma.
Qui di seguito analizzeremo i tratti salienti della di- sciplina normativa del patto di non concorrenza (3), ponendo in particolare l’accento sugli aspetti tratta- ti dalla Corte di cassazione nella sentenza in com- mento, avente specificamente a oggetto l’estensione di tale pattuizione.
In xxx xxxxxxxxxxx x importante specificare che l’art. 1751-bis x.x. xxx xxxxx xx xxx xxxxxxxxxxx xxx xxxxx- nente e agente non si applica a tutti gli agenti. L’art. 23 comma 2 l. 29 dicembre 2000, n. 422, prevede di- fatti che tale articolo si applica «esclusivamente agli agenti che esercitano in forma individuale, di so- cietà di persone o di società di capitali con un solo socio, nonché, ove previsto da accordi economici nazionali di categoria, a società di capitali costituite esclusivamente o prevalentemente da agenti com- merciali». L’obiettivo del legislatore è qui, evidente- mente, quello di tutelare in modo particolare le pic- xxxx strutture agenziali rispetto alle società commer- ciali di ampie dimensioni (4).
Il patto di non concorrenza come contratto
Il “patto” di non concorrenza altro non è che un contratto, secondo la definizione che ne dà la legge: l’accordo di due parti per regolare fra loro un rap- porto giuridico patrimoniale (art. 1321 c.c.). Da ta- le accordo derivano obbligazioni in capo ad ambe- due le parti: per quanto riguarda il preponente, l’obbli- gazione principale consiste nel corrispondere l’in- dennità all’agente; per quanto riguarda l’agente, l’ob-
bligazione principale consiste in un non fare: più precisamente nell’omettere attività concorrenziale. Sempre secondo una disposizione generale in mate- ria di contratti, il contratto ha forza di legge tra le parti (art. 1372 comma 1 c.c.). Ne consegue, ovvia- mente, che il preponente non può liberarsi unilate- ralmente dal patto di non concorrenza, una volta che esso è stato firmato. Questa specificazione va fatta per sottolineare come si deve probabilmente ri- tenere nulla la clausola con cui il preponente si ri- serva di rinunciare al patto di non concorrenza (5). Dal momento che il patto di non concorrenza è one- roso per il preponente (comportando l’obbligo di corrispondere l’indennità), il produttore non ha sempre interesse a inserire in contratto una pattui- zione del genere. Tale interesse sussiste quando è ra- gionevole ritenere che l’agente potrebbe effettiva- mente avviare un’attività concorrenziale e che tale attività potrebbe realmente essere dannosa per il preponente. Xxxxxxxx ex ante se si verificherà questa situazione, non è affatto facile: si pensi solo che, in ipotesi, il contratto di agenzia potrebbe durare deci- ne di anni prima di giungere al termine ed è presso- ché impossibile valutare la futura situazione concor- renziale a distanza di così tanto tempo. Per risolvere questo problema il preponente potrebbe inserire in contratto il patto di non concorrenza, con la specifi-
Note:
(2) Sull’indennità di fine rapporto nel contratto di agenzia cfr. X. Xxxxx, Responsabilità ed arricchimento nella disciplina dell’in- dennità di cessazione del rapporto di agenzia, in questa Rivista, 2008, 1103 ss.; X. Xxxxxxx, Primato del diritto comunitario e la giu- risprudenza sull’art. 1751 c.c., in Foro it., 2009, I, 2425 ss.; X. Xxxxxx, L’interminabile odissea dell’indennità di cessazione del rapporto di agenzia tra diritto nazionale e comunitario, in Dir. rel. ind., 2008, 755 ss.; P. Xxxxx Xxxxxx, Il punto sull’indennità di fine rapporto nel contratto d’agenzia, in Giur. it., 2010, 862 ss.; I. Menghi-X. Xxxxx, Le indennità di risoluzione del rapporto di agenzia assicurativa tra contrattazione collettiva e disciplina le- gale, in Contr. impr., 2009, 1334 ss.; X. Xxxxxxxxxxx, L’indennità di cessazione del rapporto dell’agente, in Corr. giur., 2010, 313 ss.; Id., Contratto di agenzia, cessione di azienda e indennità di fine rapporto, ivi, 2008, 638 ss.; X. Xxxxxxxx, L’art. 1751 c.c. e la verifica giudiziale dell’equa indennità calcolata secondo gli ac- cordi “ponte”, in Dir. giur., 2009, 308 ss.
(3) Sulla disciplina del patto di non concorrenza dopo la cessa- zione del contratto di agenzia nell’ordinamento germanico sia consentito il rinvio a X. Xxxxxxxxxxx, Il patto di non concorrenza postcontrattuale tra preponente e agente nel diritto tedesco, in Contr. impr. Eur., 2004, 121 ss.
(4) Sorprende che una disposizione di tale importanza non sia stata inserita direttamente nel testo dell’art. 1751-bis c.c., po- tendosi così addirittura verificare che essa venga ignorata dal let- tore che non conosce la legislazione speciale. In questo senso X. Xxxxxxxxxx, in AA.VV., Il contratto di agenzia commerciale, I, Pa- dova, 2007, 157.
(5) In questo senso, seppure usando il condizionale, O Cagnas- so, Contratti commerciali, 2a ed., Padova, 2009, 327.
cazione - però - che si riserva di rinunciare al mede- simo. Questa pattuizione, come si diceva, potrebbe ritenersi nulla in quanto rischierebbe di danneggia- re eccessivamente l’agente. Questi difatti, in consi- derazione del patto di non concorrenza, è portato ad attività organizzative prima della conclusione del contratto che potrebbero essere frustrate dalla ri- nuncia finale del preponente al patto di non con- correnza. In questo senso mi pare che vada interpre- tata la specificazione contenuta nell’accordo econo- mico collettivo per la disciplina del rapporto di agenzia e rappresentanza commerciale del settore del commercio del 16 febbraio 2009, laddove preve- de (art. 8 comma 1) non solo che il patto di non concorrenza post contrattuale può essere pattuito esclusivamente al momento dell’inizio del rapporto di agenzia, ma soprattutto che «è esclusa ogni possi- bilità di variazione unilaterale delle intese raggiunte al riguardo del patto di non concorrenza».
L’autonomia del patto di non concorrenza, quale contratto a sé stante rispetto al contratto di agenzia nel quale è pure usualmente inserito, ha per effetto che sul patto di non concorrenza non producono tendenzialmente effetti le vicende relative al con- tratto di agenzia. Il Tribunale di Ravenna ha deciso che il patto di non concorrenza legittimamente con- cluso nell’ambito di un contratto di agenzia è vale- vole e vincola l’agente in presenza di qualsiasi even- to produttivo l’anticipata fine della relazione di agenzia (6). L’autorità giudiziaria ravennate precisa che nell’eventualità di un recesso in tronco da parte del preponente fa seguito la corresponsione delle in- dennità pertinenti alla fattispecie, non anche la li- berazione del vincolo di non concorrenza, trattan- dosi quest’ultimo di un distinto obbligo volto a scongiurare il pregiudizio all’integrità del patrimo- nio dell’impresa mandante.
Il patto di non concorrenza, essendo un contratto, deve presentare i requisiti che - secondo le regole generali - caratterizzano il contratto: l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma (art. 1325 c.c.). Nel paragrafo successivo inizieremo a occuparci del- la forma.
La forma scritta del patto di non concorrenza
La legge prevede che «il patto che limita la concor- renza da parte dell’agente dopo lo scioglimento del contratto deve farsi per iscritto» (art. 1751-bis com- ma 1 periodo 1 c.c.).
Una soluzione diversa (= possibilità di conclusione del patto di non concorrenza in via meramente ora- le) non sarebbe del resto stata possibile, dal momen- to che è direttamente il diritto comunitario a impor-
re la necessità di forma scritta. Come è noto, la di- sciplina italiana del contratto di agenzia altro non è che l’attuazione nel nostro ordinamento della diret- tiva 86/653/CEE (7). L’art. 20 par. 2 dir. 86/653/XXX prescrive che un patto di non concorrenza è valido solo nella misura in cui sia stipulato per iscritto. Il legislatore comunitario, dunque, non si limita a esi- xxxx la forma scritta, ma anche a prevedere la san- zione applicabile in sua assenza: il patto è invalido. L’art. 1751-bis comma 1 periodo 1 c.c. va letto uni- tamente alla previsione di legge secondo cui, nel contesto appunto del contratto di agenzia, il con- tratto deve essere provato per iscritto. Inoltre «cia- scuna parte ha diritto di ottenere dall’altra un docu- mento dalla stessa sottoscritto che riproduca il con- tenuto del contratto e delle clausole aggiuntive. Ta- le diritto è irrinunciabile» (art. 1742 comma 2 c.c.). Per il contratto di agenzia, pertanto, la forma scritta non è richiesta ai fini della validità.
Il legislatore è invece, come si è visto, più severo con riferimento al patto di non concorrenza, nel senso che - per questo - esige la forma scritta (ai fini della validità). L’esigenza della forma scritta è legata a un obiettivo di particolare tutela dell’agente: si vuole evitare che questi, senza avere firmato alcun docu- mento, si trovi vincolato a un divieto di operare una volta terminato il suo rapporto con il preponente. Del resto pare essere una costante del nostro ordina- mento quella di prevedere la necessità di forma scritta per i patti di non concorrenza. Nel contesto del rapporto di lavoro, la legge prevede che «il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla ces- sazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto» (art. 2125 comma 1 c.c.). Parzialmente di- verso l’approccio dettato in materia di concorrenza
Note:
(6) Trib. Ravenna, 10 aprile 2001, in Lav. giur., 2001, 860 ss., con nota di X. Xxxxxxxxx.
(7) Direttiva del Consiglio del 18 dicembre 1986 relativa al coor- dinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti (86/653/CEE). Il testo della direttiva è
riprodotto in X. Xxxxx-A. Venezia, Il contratto di agenzia, 8a ed.,
Milano, 2008, 683 ss. Sulla direttiva comunitaria cfr. X. Xxxxx, La Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee 18 dicembre 1986 sugli agenti di commercio, in Riv. dir. int. priv. proc., 1989, 55 ss.; X. Xxxxxxxxx, Recenti sviluppi sulla figura dell’agente di commercio nel “diritto comunitario”, in Dir. comm. int., 2010, 335 ss.; X. Xxxxxxxx, La direttiva CEE sugli agenti commerciali, in Foro pad., 1989, 173 ss.; X. Xxxxxxx, La direttiva comunitaria sugli agenti commerciali: un primo bilancio nel confronto tra Ita- lia e Germania, in Riv. dir. civ., 2002, II, 235 ss.; X. Xxxxxx, Sul coordinamento dei diritti concernenti gli agenti commerciali indi- pendenti, in Riv. dir. comm., 1987, 305 s.; X. Xxxxx Xxxxxxxx, Il contratto di agenzia rivisitato. La direttiva CEE 86/653, in Rass. dir. civ., 1996, 877 ss.
in generale, xxxxxxx si prescrive che il patto che xx- xxxx la concorrenza deve essere provato per iscritto (art. 2596 comma 1 c.c.).
Nell’ipotesi in cui il patto di non concorrenza sia contenuto nel testo del contratto di agenzia (e non in un documento separato), vi sarà - oltre al requisi- to della forma scritta - la necessità di doppia sotto- scrizione ai sensi dell’art. 1341 comma 2 c.c. La clausola con cui l’agente rinuncia a fare concorren- za al preponente dopo la conclusione del contratto costituisce difatti una restrizione alla libertà con- trattuale nei rapporti coi terzi, fattispecie per la qua- le la legge richiede la specifica approvazione per iscritto. Se ciò non avvenisse, il patto sarebbe ineffi- cace (8).
Bisogna dire che la terminologia usata dal legislato- re in questo contesto non è delle più brillanti. Difat- ti l’art. 1751-bis comma 1 periodo 1 c.c. non identi- fica espressamente la sanzione derivante dalla man- canza di forma scritta. Si potrebbe pertanto essere portati a dubitare che la forma scritta sia requisito essenziale del patto di non concorrenza. Secondo quanto dispone in via generale l’art. 1325 c.c. la for- ma è requisito del contratto solo quando risulta che è prescritta dalla legge a pena di nullità. Leggendo l’art. 1751-bis comma 1 c.c. non vi è una prescrizio- ne “espressa” della pena di nullità. La disposizione è invece piuttosto vaga, statuendo solo che il patto “deve” farsi per iscritto. Certo, si tratta di un obbli- go, ma non si può desumere con assoluta certezza se esso sia prescritto a titolo probatorio o di validità.
Tuttavia ritengo che l’interpretazione dell’art. 1751- bis comma 1 periodo 1 c.c. vada fatta alla luce di quanto prescrive il diritto comunitario. Siccome nel testo della direttiva si parla di “validità” del contrat- to, non è ragionevolmente prospettabile una solu- zione diversa nel diritto italiano. Ne consegue che il patto di non concorrenza fra preponente e agente che non rivesta la forma scritta deve reputarsi nullo per il combinato disposto degli artt. 1325 e 1418 comma 2 c.c.
Ci si permette inoltre di suggerire una possibile mo- difica del testo dell’art. 1751-bis comma 1 periodo 1 c.c., nel senso di prevedere espressamente che il re- quisito di forma è dovuto per la validità (oppure,
con altra formulazione, a pena di nullità). In questo modo si eviterebbe il rischio d’interpretazioni con- trastanti cui la lettura del mero testo della legge può dare adito.
La legge non stabilisce quando il patto di non con- correnza debba essere sottoscritto. In assenza di pre- visioni legislative, è lecito assumere che la sottoscri- zione possa avvenire sia prima sia durante sia dopo la cessazione del contratto di agenzia (9). Bisogna tuttavia rilevare che l’accordo economico collettivo per la disciplina del rapporto di agenzia e rappresen- tanza commerciale del settore del commercio del 16 febbraio 2009 prevede che «il patto di non concor- renza post contrattuale potrà essere pattuito solo al momento dell’inizio del rapporto di agenzia» (art. 8 comma 1 dell’accordo). In questo modo si vuole tu- telare l’agente che, durante il rapporto contrattuale, si trova in una posizione di tendenziale debolezza ri- spetto alla controparte e potrebbe essere portato a firmare una patto a sé sfavorevole. Di norma il patto di non concorrenza viene pertanto firmato agli inizi del rapporto contrattuale. Usualmente il patto è in- serito nel medesimo contratto di agenzia, costituen- done una clausola.
L’ampiezza del patto di non concorrenza
La legge prevede poi che il patto «deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua durata non può eccedere i due anni successi- vi all’estinzione del contratto» (art. 1751-bis comma 1 c.c.).
Questa disposizione delimita l’ambito del patto di non concorrenza, sia in termini di oggetto sia in ter- mini di durata.
Con riferimento all’oggetto del patto di non concorrenza, l’art. 1751-bis comma 1 c.c. prevede che esso deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi. Sul punto il legislatore italiano si li- mita a riprendere quanto stabilito da quello comuni- tario, il quale prevede che il patto è valido nella mi- sura in cui «riguardi il settore geografico o il gruppo di persone e il settore geografico affidati all’agente commerciale, nonché le merci di cui l’agente com-
Note:
(8) Trib. Milano, 23 maggio 2003 (ord.), in Riv. crit. dir. lav., 2003, 708 ss., con nota di X. Xxxxxxxxx, ha affermato - proprio nel con- testo del patto di non concorrenza nel contratto di agenzia - che l’art. 1341 comma 2 c.c. si riferisce unicamente alle clausole del contratto predisposte dall’altro contraente.
(9) X. Xxxxxxx, Commento all’art. 1751 bis, in AA.VV., Codice civile annotato con la dottrina e la giurisprudenza, a cura di X. Xxxxxxxxxxx, IV, 2, Napoli, 2010, 1925.
xxxxxxxx aveva la rappresentanza ai sensi del con- tratto» (art. 20 par. 2 direttiva 86/653/CEE). La di- sposizione mira chiaramente a tutelare l’agente dal rischio che il patto di non concorrenza possa avere un oggetto eccessivamente ampio, limitando così troppo la sua libertà professionale. Al riguardo biso- gna sottolineare che, secondo la Corte di cassazione, è nullo - in quanto contrastante con l’ordine pubbli- co costituzionale (artt. 4 e 35 Cost.) - il patto di non concorrenza diretto non già a limitare l’iniziativa economica privata altrui ma a precludere in assoluto a una parte la possibilità d’impiegare la propria ca- pacità professionale nel settore economico di riferi- mento (10).
Zona, clientela, nonché beni (o servizi) trattati sono i fattori essenziali che caratterizzano un determinato contratto di agenzia. La necessità che sia identifica- ta una zona risulta addirittura dalla medesima defi- nizione di contratto di agenzia (art. 1742 comma 1 c.c.). Nella prassi è del tutto comune che un produt- tore separi il complessivo territorio dove deve avve- nire la distribuzione (si immagini l’Italia) in aree (si pensi alle regioni), in ciascuna delle quali fa operare un agente. Talvolta la distribuzione del lavoro fra gli agenti avviene non tanto (e non solo) in relazione alle aree geografiche, ma con riferimento al tipo di clienti che devono essere riforniti. La tipica distin- zione avviene fra i piccoli e i grandi clienti: i primi sono di competenza dell’agente, mentre i secondi sono di competenza di altro agente (oppure, più pro- babilmente nella prassi, vengono riservati diretta- mente al produttore). Anche con riferimento ai be- ni che sono oggetto del contratto di agenzia è fon- damentale, all’inizio del rapporto, determinare esat- tamente in contratto di quali tipi di prodotti si trat- ti. Le imprese grandi possono immettere sul mercato prodotti con caratteristiche completamente diverse, che non sono ragionevolmente vendibili utilizzando gli stessi canali distributivi. Si immagini il caso di una società che produce beni (ad esempio lampade e impianti di illuminazione) sia per uso civile sia per uso industriale. In una fattispecie del genere è pro- babile che i due gruppi di prodotti debbano essere distribuiti da soggetti diversi.
Il patto di non concorrenza può presentarsi proble- matico:
1) sotto un primo aspetto può capitare che tale pat- tuizione sia eccessivamente vaga, non determinan- do in dettaglio il suo oggetto;
2) da un secondo punto di vista può capitare che es- so abbia un oggetto più limitato rispetto al contrat- to di agenzia;
3) in una terza ipotesi il patto di non concorrenza
potrebbe avere un’estensione maggiore di quella del contratto di agenzia. Analizziamo separatamente queste tre fattispecie e i problemi che esse compor- tano.
Cosa succede nel caso in cui il patto di non concor- renza sia vago, nel senso di non determinare (o di non determinare con esattezza) la zona e/o la clien- tela e/o il genere di beni per i quali deve operare? In una situazione del genere, il patto non può conside- rarsi nullo, in quanto esso viene integrato per effet- to dell’art. 1751-bis comma 1 periodo 2 c.c., che rin- via all’oggetto del contratto di agenzia. Di conse- guenza il patto di non concorrenza avrà le medesime caratteristiche (zona, clientela e beni) che connota- vano il contratto di agenzia cui fa seguito (11). Ciò è ben comprensibile nel caso in cui il patto di non concorrenza sia inserito come clausola del contratto di agenzia: è evidente che, in assenza di elementi in senso diverso, il patto non può che avere la stessa estensione del contratto di agenzia. Ma anche nel caso il patto di non concorrenza sia contenuto in un documento diverso, esso - in assenza di elementi in senso divergente risultanti dal testo del patto - avrà la stessa estensione del contratto di agenzia.
Sotto questo profilo la soluzione da considerarsi cor- retta nel contesto del contratto di agenzia è diversa da quella applicabile nel contratto di lavoro, laddo- ve la legge stabilisce espressamente che il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del pre- statore di lavoro, per il tempo successivo alla cessa- zione del rapporto, è nullo se il vincolo non è conte- nuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo (art. 2125 comma 1 c.c.). È evidente l’in- tento di proteggere il lavoratore dipendente in mi- sura maggiore rispetto alla tutela che viene offerta all’agente.
Può poi capitare che il patto di non concorrenza ab- bia un oggetto più limitato rispetto al contratto di agenzia. Si pensi al caso in cui l’agente operava in tutta la Lombardia, mentre il patto di non concor- renza deve valere solo per la provincia di Milano. Una pattuizione del genere deve ritenersi legittima. Bisogna difatti riflettere sul fatto che la regola, dopo la cessazione del contratto di agenzia, è la libera
Note:
(10) Cass., 19 dicembre 2001, n. 16026, www.leggiditaliapro- xxxxxxxxxx.xx.
(11) Trib. Milano, 23 maggio 2003, in Riv. crit. dir. lav., 2003, 708 ss., con nota di X. Xxxxxxxxx, ha deciso che, in materia di contrat- to di agenzia, il patto di non concorrenza stipulato senza l’indica- zione dei limiti territoriali previsti dall’art. 1751-bis x.x. xxxx xx- xxxxxxxx xxxxxxxxxxxx xxxx xxxx xx xxxxxxxxxx dell’agente nel cor- so del rapporto di agenzia.
concorrenza fra le parti: in assenza di accordi limita- tivi della concorrenza, preponente e agente possono comportarsi come meglio ritengono. Se le parti con- cludono un patto di non concorrenza, significa che vogliono limitare l’attività concorrenziale: esse pos- sono farlo anche in misura inferiore rispetto a quan- to previsto dal contratto di agenzia. Le esigenze di tutela dell’agente operano nel caso in cui vi sia un ampliamento della zona rispetto a quanto previsto nel contratto di agenzia, non nell’ipotesi inversa. Si può pertanto concludere nel senso che il patto di non concorrenza con oggetto più limitato rispetto a quello del contratto di agenzia è valido.
Completamente diversa, addirittura opposta, è la si- tuazione che si realizza quando il patto di non con- correnza è di ambito più esteso rispetto al contratto di agenzia. La sentenza in commento afferma il prin- cipio che una pattuizione del genere è colpita da nullità per la parte che eccede quanto previsto nel contratto di agenzia, mentre rimane ferma relativa- mente all’ambito di applicazione previsto nel con- tratto di agenzia. Se, ad esempio, l’agente distribui- va per il preponente in tutta la Lombardia, non sa- rebbe consentito prevedere che il patto di non con- correnza valga - oltre che per la Lombardia - anche per il Veneto.
A dire il vero, si potrebbe sostenere anche la tesi che la nullità del patto “eccedente” quanto previsto dalla legge determini la nullità dell’intero patto di non concorrenza. Ciò è quanto accade nel contesto del lavoro subordinato, dove la legge prevede espressamente - lo si è appena visto - che il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo anche se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di ogget- to, di tempo e di luogo (art. 2125 comma 1 c.c.). È dubbio tuttavia che si possa applicare in via analo- gica questa disposizione al contesto del contratto di agenzia, essendo il livello di protezione di cui ne- cessitano - rispettivamente - il lavoratore subordi- nato e l’agente diverso. Pare pertanto corretto fare riferimento ai principi generali in materia di con- tratti, secondo cui «la nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative» (art. 1419 comma 2 c.c.). Questa rego- la va interpretata anche nel senso che la nullità di una parte di clausola non implica la nullità di un’al- tra parte della clausola, se sostituita da norma im- perativa. L’art. 1751-bis comma 1 periodo 2 c.c., laddove prevede che il patto di non concorrenza deve riguardare la medesima zona, clientela e beni
del contratto di agenzia, deve considerarsi come una disposizione imperativa che va a “ridurre” la volontà delle parti che fosse eccedente rispetto a ta- le previsione: si verifica un fenomeno di nullità par- ziale della clausola e non di nullità dell’intera clau- sola (12). In definitiva: il patto di non concorrenza rimane fermo, epurandosi della zona che è stata in- debitamente aggiunta rispetto a quella in cui l’a- gente era operativo durante il contratto.
A ben vedere questa soluzione è del resto conferma- ta dal diritto comunitario. In questo contesto, e non dimentichiamoci che il diritto comunitario prevale rispetto a quello nazionale, si parla d’invalidità del patto “solo nella misura in cui” ecceda i limiti fissati dal contratto di agenzia (art. 20 par. 2 direttiva 86/653/CEE). Se ne desume che, per il resto, il pat- to rimane fermo.
Con riferimento alla durata del patto di non concorren- za, l’art. 1751-bis comma 1 c.c. prevede che non può eccedere i due anni. Sono di nuovo ragioni di tutela dell’agente a giustificare una disposizione del gene- re. L’agente può operare come monomandatario (cioè con incarico da un solo preponente) oppure come plurimandatario (per conto di più produttori). Nel primo caso l’intera attività professionale dell’a- gente è legata a quella del preponente: una volta in- terrotto il rapporto di agenzia, l’agente perde tutte le provvigioni e - dunque - ogni fonte di sostentamen- to. Il legislatore non vuole che l’agente, anche se percepisce un’indennità per la non concorrenza, ri- manga fermo per lungo tempo.
La disposizione fissa un tetto massimo al periodo di non concorrenza (2 anni). Se ne ricava che il termi- ne contrattualmente prevedibile può avere una du- rata inferiore liberamente scelta fra le parti (ad esempio 12 oppure 18 mesi). Non è viceversa possi- bile prevedere una durata superiore ai due anni.
Nel caso in cui venga prevista in contratto una du- rata superiore ai 2 anni, il patto deve considerarsi nullo solo relativamente alla durata eccedente. Il patto di non concorrenza rimane in forza e il perio- do di non concorrenza avrà una durata di 2 anni. Al riguardo si può fare applicazione del già menzionato principio statuito dall’art. 1419 comma 2 c.c., che prevede la sostituzione delle clausole nulle con le di- sposizioni imperative.
L’obbligo di corrispondere un’indennità
Il diritto comunitario non prevede espressamente
Nota:
(12) X. Xxxxxxxxxx, Il contratto di agenzia, Torino, 2010, 67.
che l’agente abbia diritto a un’indennità come con- troprestazione del patto di non concorrenza.
La legge italiana di attuazione della direttiva comu- nitaria stabilisce invece che «l’accettazione del pat- to di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all’agente commerciale di un’indennità di natura non provvi- sionale» (art. 1751-bis comma 2 periodo 1 c.c.).
Conseguenza del patto di non concorrenza è che l’a- gente non può operare in concorrenza con il prepo- nente dopo la cessazione del contratto (anche se l’a- gente rimane libero di operare per preponenti diver- si che non siano in concorrenza con il primo prepo- nente). Tuttavia è probabile che l’agente, in consi- derazione del patto di non concorrenza, non riesca a svolgere alcuna attività professionale oppure ne rie- sca a svolgere solo una limitata. Per compensare questo disagio, il legislatore prevede che il prepo- nente debba riconoscere un’indennità all’agente.
La disposizione specifica altresì il momento in cui tale indennità va corrisposta: alla cessazione del rap- porto. Da questa previsione legislativa si può desu- mere che non è lecito pagare l’indennità durante il contratto di agenzia, corrispondendola in via antici- pata. Inoltre l’accordo economico collettivo per la disciplina del rapporto di agenzia e rappresentanza commerciale del settore del commercio del 16 feb- braio 2009 prevede che l’indennità vada pagata in un’unica soluzione, dovendosi così escludere che possa essere pagata a rate. Questo meccanismo pre- visto dall’accordo è criticabile, in quanto un paga- mento a rate durante il periodo di non concorrenza presenta dei benefici che non vanno sottovalutati. Da un lato l’agente ottiene la propria fonte di so- stentamento per tutta la durata del patto di non concorrenza (si tratta dello stesso meccanismo che presiede al pagamento delle pensioni, che - ovvia- mente - non vengono pagate in via anticipata in unica soluzione). Dall’altro lato, proprio il fatto che la corresponsione perdura nel tempo costituisce un deterrente allo svolgimento di attività concorrenzia- le (13): se l’agente svolgesse un’attività in concor- renza, la prima reazione dell’ex preponente sarebbe quella d’interrompere il pagamento dell’indennità. Questa forma di difesa del produttore non è più pos- sibile se l’indennità per il periodo di non concorren- za è già stata integralmente corrisposta in via antici- pata.
La legge specifica che la somma che viene corrispo- sta a titolo di indennità ha natura non provvigiona- le. L’agente viene pagato tipicamente mediante provvigione (art. 1748 c.c.). In realtà è lecito paga- re anche con un sistema che preveda un fisso oltre
alle provvigioni. Di regola, però, il sistema di paga- mento caratteristico dell’agente è la provvigione, che consiste in una percentuale del valore del bene compravenduto. Con questa specificazione, la legge vuole chiarire che il danaro pagato a titolo di inden- nità per il divieto di concorrenza non può essere uti- lizzato per calcolare l’ammontare dell’indennità di fine rapporto (cfr. l’art. 1751 comma 3 c.c.).
L’art. 1751-bis comma 2 periodo 1 c.c. è formulato in modo tale da far ritenere che, in un patto di non concorrenza fra preponente e agente, la previsione di un’indennità sia necessaria. Deve pertanto repu- tarsi “incompleto” l’accordo con cui l’agente accetta il patto di non concorrenza a titolo gratuito. In con- dizioni del genere l’agente può chiedere che tale patto venga integrato con la previsione dell’inden- nità. Laddove il preponente non manifesti disponi- bilità in tal senso, l’agente può rivolgersi al giudice che determinerà l’indennità facendo uso dai para- metri dettati dall’art. 1751-bis comma 2 periodo 4 c.c.
La quantificazione dell’indennità
Il diritto comunitario non prevede il riconoscimen- to di alcuna indennità all’agente che accetti di non operare in concorrenza dopo la cessazione del con- tratto. È dunque ovvio che non detti nemmeno cri- xxxx per la sua commisurazione.
La legge italiana prevede invece che «l’indennità va commisurata alla durata, non superiore a due anni dopo l’estinzione del contratto, alla natura del con- tratto di agenzia e all’indennità di fine rapporto» (art. 1751-bis comma 2 periodo 2 c.c.). Questa di- sposizione detta criteri piuttosto generali per la de- terminazione dell’ammontare dell’indennità. Il rife- rimento alla durata del divieto di concorrenza è piuttosto ovvio, in quanto l’indennità serve proprio a remunerare l’agente costretto a essere inattivo per il periodo in cui rimane fermo. Il riferimento alla “natura del contratto” intende probabilmente dare rilevanza al fatto che il contratto sia o meno un mo- nomandato. La disposizione menziona inoltre l’in- dennità di fine rapporto.
La legge stabilisce poi che «la determinazione del- l’indennità in base ai parametri di cui al precedente periodo è affidata alla contrattazione tra le parti te- nuto conto degli accordi economici nazionali di ca- tegoria» (art. 1751-bis comma 2 periodo 3 c.c.). Questa disposizione, da un lato, dà peso all’accordo delle parti, ma esige - contemporaneamente - che si
Nota:
(13) X. Xxxxxxxx, op. cit., 327.
tenga conto degli accordi economici nazionali. Il rapporto di forza fra le parti è generalmente sbilan- ciato a favore del preponente. Questi potrebbe per- tanto esigere che l’agente sottoscriva un patto di non concorrenza che prevede come controprestazio- ne un’indennità decisamente bassa. È vero che l’a- gente rimane libero di accettare o meno tale patto, ma è altrettanto vero che le condizioni economiche in cui si trova potrebbero spingerlo ad accettare un accordo svantaggioso. Ne deriva la sensatezza del ri- chiamo fatto dalla legge agli accordi economici na- zionali di categoria, che - però - non sono vincolan- ti per le parti.
Gli accordi economici nazionali disciplinano in dettaglio il calcolo dell’ammontare dell’indennità dovuta dal preponente all’agente in caso di previ- sione di un patto di non concorrenza. Ad esempio l’accordo economico collettivo per la disciplina del rapporto di agenzia e rappresentanza commerciale del settore del commercio del 16 febbraio 2009 prevede che l’indennità è calcolata secondo le se- guenti modalità: «a) la base di calcolo dell’inden- nità è costituita dalla media annua delle provvigio- ni spettanti nei cinque anni antecedenti alla cessa- zione del rapporto, ovvero dalla media annua delle provvigioni spettanti nel corso del rapporto, in ca- so lo stesso abbia avuto durata inferiore a cinque anni; b) il valore di cui alla lettera a) andrà diviso per ventiquattro e corrisposto in ragione di tanti ventiquattresimi quanto sono i mesi di durata del patto di non concorrenza» (art. 8 comma 2 dell’ac- cordo). Successivamente l’accordo stabilisce in che misura l’indennità vada riconosciuta, distin- guendo fra agenti monomandatari e plurimandata- ri. In particolare «per gli agenti e rappresentanti operanti in forma di monomandatari l’importo co- me sopra individuato verrà corrisposto per intero nel caso in cui il rapporto abbia avuto durata supe- riore a cinque anni. Per i rapporti di durata com- presa tra zero e cinque anni l’indennità verrà corri- sposta nella misura dell’85% (ottantacinque per cento)» (art. 8 comma 3 dell’accordo). Gli agenti plurimandatari, che hanno più fonti di reddito, so- no invece tutelati in misura inferiore: «per gli agenti e rappresentanti operanti in forma di pluri-
superiore a 10 anni» (art. 8 comma 4 dell’accordo)
(14).
L’auspicio del legislatore è, naturalmente, che le parti riescano a raggiungere un accordo sul quantum che sia soddisfacente per ambedue. Nel caso in cui ciò non avvenga, la legge consente al giudice di uti- lizzare lo strumento dell’equità, che si deve però orientare a criteri prefissati dal medesimo legislato- re: «in difetto di accordo l’indennità è determinata dal giudice in via equitativa anche con riferimento:
1) alla media dei corrispettivi riscossi dall’agente in pendenza di contratto; 2) alle cause di cessazione del contratto di agenzia; 3) all’ampiezza della zona asse- gnata all’agente; 4) all’esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente» (art. 1751-bis comma 2 periodo 4 c.c.).
I criteri utilizzati dal legislatore italiano sono ragio- nevoli. In primo luogo si fa riferimento ai corrispet- tivi riscossi dall’agente in pendenza di contratto. La legge pare riferirsi qui non solo alle provvigioni (il corrispettivo tipico dell’agente), ma - più ampia- mente - ai corrispettivi incassati. Nulla vieta, si è detto, che un agente venga pagato anche con delle somme fisse.
In secondo luogo, la legge impone al giudice, nel de- terminare quale debba essere l’equa indennità per il patto di non concorrenza, di tenere conto anche delle cause di cessazione del contratto di agenzia. Tale terminazione può derivare da un’iniziativa del preponente oppure dell’agente: nel primo caso è probabile che la somma che possa essere liquidata dal giudice sia maggiore, avendo il produttore volu- to interrompere il rapporto e facendo così venire meno la fonte di guadagno dell’agente. Più nello specifico si dovrà tenere conto della “imputabilità” della cessazione del contratto di agenzia all’una piuttosto che all’altra parte. È utile ricordare che la legge fa uso di questo criterio nel diverso contesto dell’indennità di cessazione del rapporto (art. 1751 comma 2 c.c.). In tale sede si prevede che l’inden- nità non sia dovuta quanto il preponente risolve il contratto per un’inadempienza imputabile all’agen- te e, viceversa, quando l’agente recede dal contrat- to, a meno che il recesso sia giustificato da circo- stanze attribuibili al preponente. Il legislatore mo-
mandatario la base di calcolo di cui alla lettera a)
del presente articolo è ridotta del 20% (venti per cento). Il valore così ottenuto verrà corrisposto, in tal caso, nelle seguenti misure percentuali: 50% (cinquanta per cento) per i rapporti di durata com- presa tra 0 e 5 anni; 75% (settantacinque per cen- to) per i rapporti di durata compresa tra 5 e 10 an- ni; 100% (cento per cento) per i rapporti di durata
Nota:
(14) Infine si specifica che «ai soli fini del calcolo dell’indennità prevista a fronte del patto di non concorrenza post contrattuale, si considerano come monomandatari anche gli agenti di com- mercio operanti come plurimandatari, per i quali il mandato ces- sato valga almeno l’80% (ottanta per cento) del monte provvi- gionale di spettanza dell’agente o rappresentante da tutte le ca- se mandanti in ciascuno dei due anni antecedenti la chiusura del rapporto» (art. 8 comma 5 dell’accordo).
stra di dare rilievo al comportamento scorretto delle parti. Così come in tale ambito l’inadempienza del- l’agente e le circostanze attribuibili all’agente arri- vano addirittura e escludere la debenza dell’inden- nità di fine rapporto, tale comportamento imputabi- le può rilevare anche nel contesto della determina- zione del quantum dell’indennità dovuta per il patto di non concorrenza.
Il terzo criterio che la legge dà al giudice al fine di determinare l’ammontare dell’indennità per il patto di non concorrenza è l’ampiezza della zona assegna- ta all’agente. Dal momento che il patto di non con- correnza vale per il medesimo ambito territoriale che era stato trattato in pendenza di contratto (op- pure per un’area inferiore, non invece per un’area maggiore, come si è visto sopra), se tale zona è am- pia sarà equo liquidare una somma maggiore, doven- dosi ritenere che l’agente avrà meno possibilità di svolgere attività in concorrenza fuori di quell’area. Volendo fare un esempio, si immagini che l’agente Xxxxx, residente a Milano, fosse responsabile della di- stribuzione di certi prodotti per tutta la regione Lombardia. Se il patto di non concorrenza ha la stes- sa estensione territoriale, ciò impone all’agente - se
vuole operare in concorrenza con il primo prepo- nente - di andare al di fuori della sua regione, con notevoli disagi. La situazione è meno gravosa per l’a- gente che, si supponga, è competente per la sola pro- vincia di Milano: cessato il contratto, non gli co- sterà eccessivo disagio andare a vendere i prodotti di un’impresa concorrente - si supponga - nella provin- cia di Pavia piuttosto che in quella di Como.
Il quarto criterio che il legislatore dà al giudice per la determinazione del quantum dell’indennità dovuta per il patto di non concorrenza è l’esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente. Vi è una significativa differenza, dal punto di vista eco- nomico, fra l’agente monomandatario e quello plu- rimandatario. L’agente monomandatario trae tutta la propria fonte di sostentamento da un solo prepo- nente e, per questa sua ragione di debolezza struttu- rale, si avvicina economicamente (anche se non giuridicamente) alla figura del lavoratore dipenden- te. La situazione è diversa per l’agente plurimanda- tario, il quale trae fonte di guadagno intermediando i contratti per una pluralità di preponenti: se doves- se venire meno il rapporto con uno di tali produtto- ri, non per ciò sarebbe privo totalmente di reddito.