Anno 11 – Numero 21
Anno 11 – Numero 21
13 novembre 2013
NORMATIVA, GIURISPRUDENZA, DOTTRINA E PRASSI
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ
DIRETTA DA XXXXXX XXXXXXXX E XXXXXXXX XXXXXX
COORDINATA DA XXXXXXXX XXXXXX
IN QUESTO NUMERO:
•SRL A CAPITALE RIDOTTO
•CONTRATTI PUBBLICI DI APPALTO
•VENDITE FALLIMENTARI
ItaliaOggi
DIREZIONE SCIENTIFICA
Xxxxxx Xxxxxxxx – Xxxxxxxx Xxxxxx
COORDINAMENTO SCIENTIFICO
Xxxxxxxx Xxxxxx
La Rivista è pubblicata con il supporto
degli Ordini dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili di:
Bergamo, Biella, Busto Arsizio, Casale Monferrato, Crema, Cremona, Lecco, Mantova, Monza e Brianza, Verbania
NDS collabora con la rivista:
SEZIONE DI DIRITTO FALLIMENTARE
a cura di Xxxxxxx Xxxxxxx
SEZIONE DI DIRITTO INDUSTRIALE
a cura di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx e Xxxx Xxxxxxxx
SEZIONE DI DIRITTO TRIBUTARIO
a cura di Xxxxxxxx Xxxxxx
SEZIONE DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E IMPRESA
a cura di Xxxxx Xxxxxxxxxxx
SEZIONE DI TRUST E NEGOZI FIDUCIARI
a cura di Xxxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxx Xxxxx Xxxxxxx
COMITATO SCIENTIFICO DEI REFEREE
Xxxxx Xxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxx, Xxx Xxxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx X. Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxx, Xxx Xxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxx X. Xxxx, Xxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxx Xxxxx, Xxxxxx Xxxxxxx di Xxxxxxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx di Xxxx
COMITATO DI INDIRIZZO
Xxxxx Xxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxx, Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx
REDAZIONE
Xxxxx Xx Xxxxx (coordinatore)
Xxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxx, Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxxxx Xxx Xxxx, Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxx
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO
Xxxxx Xxxxxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx
INDICE
STUDI E OPINIONI
Le società a responsabilità limitata a capitale ridotto dopo un anno: ancora più dubbi che incertezze?
di Xxxxxx Xxxxxxxxx
Pag.
8
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E IMPRESA
I contratti pubblici di appalto: in particolare quelli di servizi e fornitura. 22
L’istituto dell’avvalimento quale previsto dal d.lg. 163/06 (c.d. “Codice degli appalti pubblici) e il problema dei contratti relativi a servizi, forniture e altre ipotesi spurie
di Xxxxx Xxxxxxxxxxx
DIRITTO FALLIMENTARE
Le vendite fallimentari “competitive” tra autonomia contrattuale e processo 58
– Parte I
di Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi: il 88
programma
di Xxxxx Xxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxx
SEGNALAZIONI DI DIRITTO COMMERCIALE 110
SEGNALAZIONI DI DIRITTO TRIBUTARIO 114
SOMMARIO
STUDI E OPINIONI
Le società a responsabilità limitata a capitale ridotto dopo un anno: ancora più dubbi che incertezze?
Lo studio mira a mettere in risalto come, nonostante un certo successo riscontrato nella pratica dalle due nuove figure di s.r.l. a capitale ridotto, i dubbi interpretativi su molti dei punti più rilevanti della disciplina siano ancora piuttosto consistenti.
Le riflessioni contenute nel saggio continuano ad essere attuali, dal momento che oggi, pur abrogata la s.r.l. a capitale ridotto, la stessa s.r.l. di diritto comune può costituirsi con tale modalità.
di Xxxxxx Xxxxxxxxx
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E IMPRESA
I contratti pubblici di appalto: in particolare quelli di servizi e fornitura. L’istituto dell’avvalimento quale previsto dal d.lg. 163/06 (c.d. “Codice degli appalti pubblici) e il problema dei contratti relativi a servizi, forniture e altre ipotesi spurie
L’Autore, riallacciandosi all’articolo pubblicato su questa rivista, n. 13/2012, pagg. 32 e segg. e relativo all’istituto dell’avvalimento in tema di lavori pubblici, completa la disamina sull’avvalimento in tema di servizi e forniture.
di Xxxxx Xxxxxxxxxxx
DIRITTO FALLIMENTARE
Le vendite fallimentari “competitive” tra autonomia contrattuale e processo – Parte I
L’Autrice ricostruisce alcuni profili delle vendite fallimentari c.d. ‘competitive’ al fine di verificare in quali ipotesi la disciplina privatistica possa trovare applicazione anche al di fuori dell’ambito del libero mercato ed in un contesto peculiare quale la procedura concorsuale fallimentare.
di Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi: il programma Nell'articolo vengono esaminate in dettaglio le varie operazioni che il commissario straordinario deve osservare nella redazione del programma. Inoltre gli autori affrontano le problematiche connesse alla realizzazione del programma stesso nelle varie fasi in cui si sviluppa, anche con riferimento ai gruppi di imprese, nelle diverse procedure riguardanti le società in amministrazione straordinaria (Legge Prodi - bis e Leggi Marzano e Marzano - bis).
di Xxxxx Xxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxx
STUDIES AND OPINIONS
The limited liability company with “reduced capital” one year later: even more doubts that uncertainties?
The study aims to highlight how, despite some success achieved in practice by the new two forms of limited liability company with “reduced capital”, the interpretative doubts on many of the most important points of the discipline is still quite present.
Despite the fact that the limited liability company with “reduced capital” has been repealed by the lawmaker, the considerations pointed out in the essay continues to be relevant due to the fact that today the “traditional” [n.d.r.] limited liability company can be constituted in this manner.
by Xxxxxx Xxxxxxxxx
Page
8
PUBLIC ADMINISTRATION AND ENTERPRISE
The public procurement contracts: in particular, those of service and 22 supply. The so-called “avvalimento” as provided for by legislative decree n. 163/06 (the "Code of Public Contracts”) and the problem of contracts for services, supplies and other spurious hypothesis.
The Author, referring to the article published in this journal, no. 13/2012, p. 32 et seq., which analyzed the discipline of “avvalimento” with regard to public works, complete the examination of the aforesaid discipline but in terms of services and supplies.
by Xxxxx Xxxxxxxxxxx
BANKRUPTCY LAW
The so-called "competitive bankruptcy sales" between freedom to 58
contract and the process - Part I
The Author analyses some profiles of the so-called "competitive bankruptcy sales" in order to ascertain in which case the private law can be applied even outside the free market and in a specific context which is the one of the bankruptcy proceeding.
by Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Extraordinary Administration : the Program 88
The article considers in detail the different operations that the extraordinary commissioner has to observe during the compiling of the program. Besides, the authors deal with the problems related to the realization of the different phases of the program also with reference to the enterprises groups in the different procedures of the company in extraordinary administration. (Prodi-bis Act, Marzano and Marzano-bis Act).
by Xxxxx Xxxxxxx and Xxxxxx Xxxxxxx
STUDI E OPINIONI
LE SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA A CAPITALE RIDOTTO DOPO UN ANNO: ANCORA PIU’ DUBBI CHE CERTEZZE? (*)
Lo studio mira a mettere in risalto come, nonostante un certo successo riscontrato nella pratica dalle due nuove figure di s.r.l. a capitale ridotto, i dubbi interpretativi su molti dei punti più rilevanti della disciplina siano ancora piuttosto consistenti.
Le riflessioni contenute nel saggio continuano ad essere attuali, dal momento che oggi, pur abrogata la s.r.l. a capitale ridotto, la stessa s.r.l. di diritto comune può costituirsi con tale modalità.
di XXXXXX XXXXXXXXX
1. Introduzione
Forse non è particolarmente elegante, e corrisponde ormai ad un vezzo degli operatori del diritto, quello di criticare sistematicamente l’alluvionale produzione legislativa degli ultimi (e penultimi) anni. Ma per quanto riguarda le (ormai non più freschissime) novità che intendo brevemente commentare, in maniera sicuramente poco organica, confesso un certo senso di smarrimento, lenito peraltro dal ricordo di innumerevoli altri non fulgidi esempi di performance legislativa in un passato recente. Smarrimento che deriva dall’impressione che ancora una volta il legislatore – pur agendo nel quadro di una generale (e in astratto condivisibile) visione di politica economica volta a rendere più appetibile, proseguendo il discorso iniziato con la Riforma del 2003, l’esercizio di attività imprenditoriali tramite l’utilizzo delle società “chiuse”, in un’ottica di sostegno dell’economia in un periodo di crisi prolungata, sia stato mosso, più che da una lucida visione, da suggestioni del momento1.
(*) Il saggio costituisce l’elaborazione di una relazione tenuta a Pavia il 1° marzo 2013 nell’ambito di un convegno organizzato dall’Associazione Giuristi Cattolici.
1 Per una valutazione decisamente negativa dell’intervento legislativo, espressa peraltro immediatamente a ridosso del decreto legge che ha introdotto l’art. 2463-bis, e quindi in merito alla sola società semplificata, cfr. REVIGLIONO, La società semplificata a responsabilità
Esaurito lo sfogo, passo ad esaminare due delle tre, o forse quattro, nuove figure di s.r.l. che la mirabile (o disgraziata ?) annata 2012 ci ha lasciato in eredità, consegnandoci quella che – secondo la brillante espressione di un autore2 - potrebbe ormai apparire come una società “senza qualità”. Con la specificazione, peraltro, che quanto alle altre due figure lo schema della s.r.l. è soltanto uno delle possibili declinazioni, nell’ambito di una pluralità di scelte che la legge mette a disposizione dei privati3.
2. Le nuove figure come semplici varianti della s.r.l., per mancanza di prove
S.r.l. semplificata e s.r.l. a capitale ridotto, entrambe frutto di una faticosa, anche se piuttosto affrettata, disciplina per aggiustamenti successivi, si differenziano, anzitutto, sotto l’angolo visuale della sede nella quale sono disciplinate. E il fatto che soltanto la prima abbia trovato collocazione nel corpo del codice civile, mentre la seconda (“scriteriatamente”, secondo taluno4) sia contenuta in un distinto provvedimento legislativo, costituisce già un primo elemento su cui forse vale la pena di riflettere, per convincersi magari – con una certa tristezza - che si tratta di una pura casualità.
In via di prima approssimazione, mi pare comunque ragionevole affermare che questa differente collocazione non deve essere valutata in termini di “eccentricità” (nemmeno) della s.r.l. a capitale ridotto rispetto al modello della s.r.l. 5. E, più in generale, dichiarandomi comunque disposto a cambiare idea all’esito di un maggiore approfondimento, credo sia ragionevole concludere nel senso della “non autonomia tipologica” di entrambe le figure, che si presentano dunque come semplici varianti 6
limitata: un “buco nero” nel sistema delle società di capitali, Il nuovo diritto delle società, n. 4/2012, 7 ss.: l’Autore parla di “ cedimento ad istanze demagogiche e massmediatiche”,
2 Si tratta di CAGNASSO, La s.r.l.: un tipo societario “senza qualità” ?, Il nuovo diritto delle società, n. 5/2013, 7 ss..
3 Mi riferisco alla s.r.l. start-up (la cui disciplina, se interpretata nella maniera più avanzata, potrebbe avere un impatto dirompente sul modello s.r.l., e addirittura sui reciproci rapporti tra
s.r.l. e s.p.a.), nonché alla società tra professionisti costituita sotto forma di s.r.l.
4 BUSANI e BU SI, La s.r.l. semplificata (s.r.l.s.) e a capitale ridotto (s.r.l.c.r.), Società, 2012, 1306.
5 Parzialmente diversa nell’impostazione, anche se identica nel risultato, la tesi di XXXXXXX,
s.r.l. unilaterale “semplificata” o a “capitale ridotto”: problem i e prospettive, Il nuovo diritto delle società, n. 18/2012, 55, che individua nella introduzione di queste figure la conferma del fatto che – come sostiene parte importante della dottrina (citata anche da Xxxxxxx) – il principio di tassatività dettato dall’art. 2249 deve essere “ storicizzato”.
6 Quasi inutile rimarcare che si utilizza qui un concetto di “variante” in senso molto più debole
del modello s.r.l.. Mi convince, sul punto, il ragionamento di chi7 nega che la semplice presenza di un capitale superiore o inferiore rispetto ad un certo ammontare, piuttosto che le restrizioni soggettive che caratterizzano le due figure, possano originare la nascita di un nuovo modello8.
D’altra parte, questa prima impressione parrebbe trovare conferma nella circostanza che sia il quinto comma dell’art. 2463-bis, sia il quarto comma dell’art. 44 del d.l. 83 del 2012, si richiamano alla normativa della s.r.l.-base, sia pure con il vincolo della compatibilità. E che entrambi i modelli, il primo direttamente, l’altro per rinvio al capo VII del titolo V del libro V del codice civile, si collocano “logisticamente” nell’ambito della disciplina generale della s.r.l..
In definitiva, mi pare del tutto ragionevole concludere, in assenza di prove convincenti circa una pretesa autonomia di queste figure rispetto alla s.r.l. -base9, nel senso che il legislatore non abbia inteso introdurre nell’ordinamento dei nuovi modelli, ma si sia limitato a “declinare” la s.r.l. verso nuovi utilizzi.
3. L’elemento connesso all’età anagrafica dei partecipanti
Ma vediamo, appunto, quali sono le caratteristiche peculiari delle due figure societarie. Anzitutto, per le stesse si configura – coerentemente con lo scopo che ne giustifica la creazione - una limitazione di carattere soggettivo: possono essere costituite soltanto da persone fisiche; vale, dunque, la stessa limitazione che si applicava alla s.r.l. unipersonale prima della riforma del 2003.
Altro elemento di identità tra le due figure è dato dal capitale sociale, che deve essere compreso tra un euro e 9.999 euro. Va peraltro segnalato che, mentre per la semplificata ciò è espressamente previsto dal n. 3 del secondo comma, per le s.r.l. a c.r. il suddetto elemento quantitativo è desumibile (oltre che, ovviamente, dalla denominazione utilizzata dal legislatore), soltanto dall’esordio dell’art. 44 (“Fermo
di quanto facciano – in modo a mio avviso un po’ avventato – i redattori dei lavori preparatori della Riforma del 2003, con riferimento alla s.a.p.a. come “mera variante” della s.p.a..
7 XXXX, X.x.x., s.r.l. semplificata, s.r.l. a capitale ridotto. Una nuova geometria del sistema o un sistema disarticolato ?, Riv.soc., 2012, 1104 s.
8 Del resto, si pensi a quanto si verifica per la s.p.a. con azioni quotate, ove, in presenza di modificazioni disciplinari che, nel corso del tempo, sono diventate decisamente più significative, rispetto alla s.p.a. “ comune”, di quanto non lo siano quelle su cui ci si soffermerà nel testo rispetto alla s.r.l., ancora si è restii ad ammettere che ci si possa riferire ad un nuovo tipo societario).
9 Tale non si può, evidentemente, considerare la mera intitolazione (“Tipicità della società a responsabilità limitata semplificata”) di un paragrafo della Scheda di analisi del 18 ottobre 2012 redatta dal Consiglio Nazionale Forense; intitolazione cui non corrisponde, nel testo, alcuna motivazione.
quanto previsto dall’art. 2463-bis”), invero assai criptico: dal richiamo all’intera norma sulla semplificata si dovrebbe sottrarre quanto di diverso dispone l’art. 44, per desumerne che anche la s.r.l. a c.r. ha quei vincoli in ordine al quantum del capitale10.
In ogni caso, la discriminazione più rilevante tra le due figure sembrerebbe
quella fondata sull’età dei partecipanti. Si entra, con ciò, in un ambito interpretativo nel quale è davvero non facile districarsi. In particolare, stando alla lettera delle norme, la semplificata può essere costituita soltanto da chi non abbia compiuto 35 anni al momento della costituzione, mentre la srl a c.r. può essere costituita soltanto da chi abbia un età maggiore di 35 anni. Vi sarebbe dunque un’alternativa secca, appunto basata sull’età dei soggetti partecipanti.
Ora, secondo un’interpretazione11 la semplificata sarebbe una sottospecie della
s.r.l. a c.r., la quale costituirebbe in certa misura una “figura generale”: se i soci iniziali hanno meno di 35 anni, nello scegliere una s.r.l. a capitale ridotto possono (anche) usufruire del regime agevolato della semplificata: regime che (i) non è previsto per la
s.r.l. a c.r. e (ii) consiste nel mancato assoggettamento agli oneri notarili, all’imposta di bollo e ai diritti di segreteria12. In questi termini, l’art. 44 si sarebbe aggiunto alla norma codicistica onde non discriminare gli over 35, che sarebbero appunto anch’essi legittimati a costituire una società con un solo euro di capitale, senza però poter usufruire dei vantaggi connessi alla forma semplificata.
Preso atto della interpretazione di Xxxxxxxx, e a prescindere dalla filosofia generale che sottende le scelte legislative (sempre che ve ne sia una …), a me pare che il trattamento riservato dal legislatore all’elemento anagrafico si risolva in un vero pasticcio, frutto della precipitazione e del pressapochismo. In particolare, alcune domande sembrerebbero restare senza risposta.
Anzitutto, ci si deve domandare se il disposto del primo comma dell’art. 44 sia da interpretare in senso letterale, con corrispondente onere, per i soggetti sotto i 35 anni che vogliano costituire una società con capitale irrisorio, di scegliere la semplificata. Sul punto, nonostante la lettera della norma orienti decisamente verso l’interpretazione più rigida13, e nonostante le motivazioni addotte dalla stessa Assonime a conforto della tesi più liberale, fondate come sono su un’asserita contrarietà della tesi più rigida a pretese finalità generali, non convincano appieno, propenderei per accogliere la tesi che consente anche agli under 35 di far parte di una s.r.l. a c.r..
10 Quasi ozioso rimarcare la trascuratezza estrema del legislatore, dal momento che sarebbe bastato richiamare il citato n. 3 del secondo xxxxx.
11 Assonime, circolare n. 29 del 30 ottobre 2012.
12 La previsione è contenuta nel punto 10 del modello di atto costitutivo standard, allegato al D. Ministro della Giustizia 23 giugno 2012, n. 138.
13 Accolta, tra gli altri, da BUSANI-BUSI, 1316.
Ciò anche in considerazione di un dato testuale che appare piuttosto consistente: un ultimo comma dell’art. 44, aggiunto in sede di legge di conversione, prevede che il Ministero dell’Economia promuova un accordo con ABI per fornire credito ai giovani under 35 che intraprendono attività d’impresa per il tramite di una “s.r.l. a capitale ridotto”: e sarebbe davvero un po’ paradossale pretendere che la norma si riferisca soltanto alla figura di cui all’art. 2463-bis e non allo stesso art. 44, che disciplina (per la verità, in modo assai sommario) proprio la società cui il legislatore ha attribuito quel nome14.
Inoltre, confessate anche, più in generale, notevoli difficoltà nell’individuare serie motivazioni sistematiche sottese alla scelta di introdurre le fattispecie societarie in parola (ancorché il dato numerico desumibile dalla lettura dei quotidiani economici, che dimostra come in via di prima applicazione le due figure in esame abbiano incontrato un certo successo, potrebbe indurre a qualche riflessione), direi che la giovane età dei fondatori da un lato giustifica la concessione di agevolazioni sul piano dei costi di costituzione che invece non sono previste nella s.r.l. a c.r., e dall’altro trova come contraltare la previsione (secondo comma) che l’atto costitutivo/statuto sia redatto in conformità con un modello standardizzato di emanazione pubblica (caratteristica, quest’ultima, che renderebbe tale figura di società eccezionale rispetto ad ogni altra società del nostro ordinamento15).
In questi termini, dunque, il criterio dell’età fungerebbe da discrimine tra due figure che comunque, a ben guardare, si differenziano in modo assai poco marcato. E per giunta si differenziano, a mio parere, in modo non sempre comprensibile: mi riferisco, in particolare, alla possibilità, che è propria soltanto della s.r.l. a c.r., di nominare amministratori estranei alla cerchia dei soci, laddove questa opzione sarebbe forse più logica in presenza di soci “giovani” e, presumibilmente, poco esperti.
Per chiudere con le considerazioni di carattere per così dire anagrafico, l’art. 2463-bis nulla dice in merito agli effetti del superamento del limite di età: problema in merito al quale parrebbe ragionevole – questa volta in accordo con l’Assonime – concludere nel senso che questo evento non incida sulla struttura societaria, in quanto (mi pare) le – peraltro non formidabili – facilitazioni si concretizzano soltanto in fase di costituzione16.
14 Nel senso accolto nel testo cfr. parere del Ministero dello Sviluppo Economico del 30 agosto 2012.
15 La tesi è di BUSANI-BUSI, 1307.
16 A questo riguardo è da ricordare che, nella prima versione della semplificata, per costituire la società e per le modifiche statutarie (e dunque anche con riferimento ad una fase successiva alla costituzione) era sufficiente una scrittura privata depositata presso il registro delle imprese. Per una serrata critica ad un sistema che non prevedeva un controllo preventivo sull’atto costitutivo
Sotto quest’angolo visuale, tuttavia, significato ambivalente sembrerebbe avere la disposizione (quarto comma) che fulmina di nullità (enfatizzando tra l’altro il concetto: “E’ fatto divieto … e conseguentemente è nullo”) il trasferimento della quota in capo a soggetti “non aventi i requisiti di età di cui al primo comma”. Concetto che viene declinato in modo più ampio nella Tabella A del Decreto del Ministro della Giustizia n. 138/2012, contenente il modello standard di atto costitutivo: documento ove si legge che il divieto colpisce le “persone che abbiano compiuto i trentacinque anni di età alla data della cessione …”17.
Da un lato, infatti, si tratterebbe di persone che per definizione non possono avvalersi delle agevolazioni proprie della fase costitutiva; ma d’altra parte la lettera del decreto n. 138 (il cui art. 2 dispone che il notaio svolga l’indagine unicamente sulle persone che “intendono costituire” la società) sembrerebbe aprire le porte a soci (che diventeranno) over 35. Del resto, se così non fosse, predicandosi per esempio l’esclusione del socio, ovvero la necessità che la società evolva verso il modello-base, si dovrebbe pensare alla semplificata come a una società che prevede delle partecipazioni necessariamente “a tempo”, e come tale probabilmente priva di appetibilità18.
Segnalo peraltro che è stata anche espressa, in modo reciso, la opposta soluzione, considerandosi addirittura “non tollerabile” la presenza nella semplificata di un socio ultra 3519. In questi termini, dunque, l’ingresso di un siffatto socio non potrebbe avvenire nemmeno all’esito di un’operazione diversa, quale un aumento del capitale, una fusione, la successione mortis causa. Con una soluzione che a me pare davvero eccessivamente rigida20, specie con riferimento all’ultima operazione ricordata,
cfr. REVIGLIONO, 14 ss..
17 Per “ cessione” dovendosi intendere, a mio parere, anche il trasferimento di diritti reali minori, come l’usufrutto o la nuda proprietà, a prescindere dalla titolarità del diritto di voto. Tale conclusione, condivisa tra l’altro dalla Massima R.A.5 del Comitato Notarile del Triveneto, denuncia una visione sostanzialistica, nel senso che la volontà di riservare le iniziative economiche sviluppate con la semplificata a soggetti giovani non deve essere frustrata dall’intervento di soggetti più anziani, potenzialmente in grado di influenzarla anche se al diritto reale minore sulla quota di cui siano titolari non acceda, appunto, il diritto di voto. Ciò, mi sembra, in un ambito di società comunque a ristretta base partecipativa ed estremamente “personalizzata”.
18 CIAN, 1117.
19 BUSANI-BU SI, 1315.
20 In questo senso si esprime il Consiglio Nazionale Forense presso il Ministero della Giustizia nel documento già citato, ove per la verità si sposano anche concetti molto più avanzati, ad esempio osservandosi che, stando alla mera lettera della legge, non sarebbe vietato che il cessionario fosse una persona giuridica, né che un soggetto over 35 entri in società in occasione di un aumento del capitale.
in ordine alla quale i due autori appena citati ipotizzano, coerentemente con la propria tesi (e attribuendo al legislatore la colpa di avere dimenticato, parlando appunto di “cessione”, la successione mortis causa), la necessaria liquidazione degli eredi.
In ogni caso, il problema si intreccia inevitabilmente, a questo punto, con quello
relativo alla possibilità che la s.r.l a c.r. “ospiti” soci con meno di 35 anni: perché se si ammettesse – come si è fatto in precedenza - questa possibilità, allora l’esito del raggiungimento della fatidica soglia da parte di un solo socio della semplificata potrebbe essere il passaggio all’altra società a capitale ridotto (con recupero, sotto quest’angolo visuale, dell’appetibilità della nostra figura societaria). Al riguardo va segnalato che, comunque, nemmeno alla dottrina più severa in punto di rispetto del requisito anagrafico nella semplificata appare accettabile che il raggiungimento del 35° anno da parte di un socio possa provocare tout court lo scioglimento della società, in quanto ciò comporterebbe la distruzione dei valori prodotti dall’attività sociale, in pieno contrasto con il generale principio della conservazione dell’ente. Conseguentemente, occorrerebbe ipotizzare l’esclusione del socio medesimo, a meno che lo stesso non concordi con gli altri soci un recesso volontario.
Va infine notato che nella prima versione della semplificata era appunto previsto che il venir meno del requisito anagrafico anche in capo ad un solo socio comportasse l’approdo al modello-base, in alternativa alla liquidazione. In questi termini, (anche) il successivo abbandono di una disposizione di questo tenore pare decisamente far propendere per la volontà legislativa di non considerare necessariamente transitoria la società.
4. Atto costitutivo “standard” e autonomia privata
Il richiamo generale, da parte dell’art. 4421, al secondo comma dell’art. 2463-bis consente di affermare che il divieto di conferire beni diversi dal denaro si applica anche alla s.r.l. a c.r.. Mentre la mancata ripetizione della formula relativa all’atto costitutivo standard sembra imporre che i soci che costituiscono una società a c.r. siano liberi nella redazione degli atti fondamentali: atto costitutivo e, appunto (!) statuto22. Questa
21 Anche in questo caso la tecnica legislativa lascia alquanto a desiderare: il primo comma richiama l’intera norma del codice, mentre il secondo comma si riferisce al secondo comma della stessa.
22 Segnalo qui una curiosità. E’ noto come in materia di s.r.l., dopo la riforma, la legge si riferisca esclusivamente all’atto costitutivo, ed è noto anche che, a prescindere dai tentativi, a mio parere non del tutto convincenti, di trovare adeguate motivazioni per questa scelta legislativa, nella pratica anche le s.r.l. di nuova costituzione continuano ad avere un proprio statuto separato. Ebbene, mi pare che una qualche incertezza sul punto palesi lo stesso decreto n. 138, ove, in modo bizzarro, si parla di “modello standard di atto costitutivo e statuto” (sia nell’intitolazione del decreto, sia nella rubrica dell’art. 1), per poi disporre, in modo almeno in
soluzione pare da sostenersi con forza, ancorché non manchino indizi in senso contrario: lo stesso esordio del secondo comma art. 44, appena citato, potrebbe indurre a credere che sia richiamata anche la necessità dell’atto costitutivo-standard; ma pare ragionevole ritenere che il contenuto saliente di questo secondo comma (e dunque il motivo del richiamo) sia costituito dall’elenco degli elementi da inserire nell’atto costitutivo, e non già dal richiamo allo standard.
A questo proposito, però, in ordine alla semplificata si pone un altro problema interpretativo, quello relativo alla inderogabilità, o meno, delle disposizioni contenute nel modello standard. Al riguardo si potrebbe ritenere, in modo tranchant, che, essendo appunto l’adozione del suddetto modello – come si è detto - un contrappeso alle agevolazioni che la norma concede ai giovani imprenditori (tra cui, appunto, quella di non sostenere spese notarili23), occorra seguire pedissequamente quest’ultimo schema.
Tuttavia il decreto che introduce il modello standard di atto costitutivo, affermando che per quanto non regolato dal modello stesso (in effetti molto scarno) si applicano le disposizioni in materia di s.r.l. “ove non derogate dalla volontà delle parti”, sembra aprire la strada ad “arricchimenti” da parte dei soci, sempre che questi siano compatibili con lo standard, nonché con le specifiche finalità della società semplificata. Ora, a prescindere dalle considerazioni di vertice in merito alla derogabilità di una norma di legge da parte di una disposizione regolamentare, un’interpretazione rigida, probabilmente la più corretta, comporterebbe l’impossibilità di introdurre nella semplificata, tra l’altro, diritti particolari per i soci, sistemi di amministrazione diversi da quello ordinario, cause di recesso ulteriori rispetto a quelle previste per legge o clausole di esclusione. L’eventuale introduzione di siffatte clausole andrebbe dunque valutata in termini di nullità/inefficacia per contrarietà a norme imperative. Con tutto quanto ne consegue in punto di applicabilità, ad esempio, degli artt. 1419 e 1424 (nullità parziale/conversione)24. Se quanto precede corrisponde al vero, resterebbe spazio solo per modifiche minori e transitorie, non destinate a disciplinare stabilmente la vita della società (es.: durata del primo esercizio sociale o del primo organo di gestione) 25.
apparenza contraddittorio: “ L’atto costitutivo, recante anche le norm e statutarie …”. Insomma, il Ministero della Giustizia non sembra prendere una posizione netta sulla questione, anche se è ragionevole pensare che il riferimento allo statuto riguardi il profilo contenutistico, piuttosto che il profilo della duplicazione dei documenti. Segnalo, del resto, che per BUSANI e BU SI, 1307, proprio per questi motivi si tratta di una società “ senza statuto”.
23 BUSANI e BU SI, 1308, fanno notare che l’adozione dello standard rende meno gravosa l’attività del notaio, anche se quest’ultima non viene certo meno, ad esempio con riferimento alla verifica dei poteri di firma dei contraenti che intervengano per procura, alla capacità giuridica dei soci, al regime patrimoniale dei coniugi, ecc.
24 Per uno spunto in questo senso REVIGLIONO, 13.
25 Così BUSANI e BUSI, 1313.
Va peraltro notato che il ragionamento ora sviluppato viene revocato in dubbio, in sede per così dire ufficiale, da un parere espresso con la Circolare del Ministero dello Sviluppo economico n. 3657/C. In quella sede il Dipartimento incaricato, inserendo appieno la società semplificata nel paradigma della s.r.l., caratterizzato in chiave di ampia derogabilità della disciplina da parte dei soci, osserva che “nulla impedisce alle parti di derogare allo schema tipico mediante la pattuizione di un diverso contenuto di atto costitutivo e statuto per tutte le ipotesi in cui la normativa codicistica consente, appunto, una deroga negoziale”. Seguendo questa impostazione, si dovrebbe accedere all’idea che il modello standard rechi soltanto alcune clausole minime essenziali che, debitamente integrate dalla regolamentazione del codice, consentono il funzionamento della semplificata; e che ciò non impedisca dunque affatto integrazioni ulteriori da parte dell’autonomia privata.
Ora, il ragionamento svolto dal Ministero non può certo considerarsi privo di una sua logica e tra l’altro sembra andare decisamente nella direzione di chi – come chi scrive - vede nella semplificata una semplice sotto-categoria comunque riconducibile alla s.r.l.-base, e non un genus differente. Vi è tuttavia da domandarsi se, seguendosi questa via e consentendo dunque – come si trova scritto nel citato documento ministeriale – di introdurre, in via del tutto esemplificativa, clausole circa la individuazione delle materie per le quali le decisioni sono assegnate alla competenza dei soci, oppure l’emissione di titoli di debito, abbia ancora senso tracciare un parallelo, in termini per così dire sinallagmatici, tra agevolazioni godute dai soci in sede costitutiva e necessaria adesione allo standard26. Ciò in quanto, in effetti, una cosa è una società che segua pedissequamente le indicazioni dello standard, integrate (in quanto per sé non autosufficienti) dalla disciplina di default prevista dal codice; cosa molto diversa è una società il cui atto costitutivo sia liberamente plasmabile dall’autonomia privata.
5. Le implicazioni connesse al capitale di un euro
Ora qualche considerazione di carattere generale con riferimento al principale elemento che accomuna le due figure in discorso, cioè la riduzione, fino ad un solo euro, della misura del capitale xxxxxxx00. In particolare, collocandosi in una prospettiva sistematica, occorre valutare il possibile impatto dell’introduzione nel nostro ordinamento societario delle figure societarie in esame.
26 Interessante quanto prospettato da XXXXXXX, 38, peraltro prima dell’emanazione del decreto in materia di atto costitutivo standard: i soci potranno scegliere tra la costituzione della semplificata a costo zero, utilizzando il modello standard, oppure chiedere al loro professionista di predisporre un atto costitutivo “ su misura”, rinunciando ai vantaggi economici.
27 I versamenti vanno fatti direttamente agli amministratori, quindi per contanti oppure, se superano 1000 euro, assegni circolari, perché l’amministratore deve rilasciare quietanza (BUSANI e BUSI, 1310), secondo quanto dispone il modello standard di atto costitutivo.
Sarebbe qui fuori luogo ripercorrere anche per brevi tratti il dibattito, in corso da ormai molti anni, circa l’effettiva funzionalità dell’istituto del capitale sociale e dunque circa l’opportunità di conservarlo28. Mi limito dunque ad alcune osservazioni.
In primo luogo, se è corretto quanto si è detto in precedenza circa l’ascrivibilità
delle due figure societarie in esame al modello/s.r.l., è comunque significativo che si continui a conservare la previsione generale di un capitale minimo, sia pure in ipotesi irrisorio: (anche) in questi termini, le due figure in esame si manifestano dunque come semplici varianti, nell’ambito di un principio che non viene derogato nella sostanza, ancorché in questo contesto il capitale cessi totalmente di assolvere ad una funzione di garanzia per i terzi, per conservare soltanto una funzione organizzativa e contabile29.
Sotto quest’angolo visuale, peraltro, è stata espressa l’opinione secondo cui, introducendo la semplificata, il legislatore avrebbe “ulteriormente sviluppato il processo di equiparazione della s.r.l. alla società in nome collettivo30. Ora - limitandomi in questa sede a rammentare le suggestioni, sorte durante i lavori preparatori della Riforma, a considerare la società di capitali “minore” come una sorta di s.n.c. con soci tutti limitatamente responsabili, nonché a ricordare che, nonostante le predette suggestioni, gli interpreti si sono pressoché unanimemente espressi nel senso della persistente ascrivibilità del modello alla categoria delle società di capitali – non si può certo negare che la riduzione del capitale minimo ad una cifra simbolica, nonché (almeno) l’impossibilità di nominare amministratori estranei alla compagine sociale comportino una (ulteriore) accentuazione della personalizzazione.
E tuttavia proprio la già segnalata necessità, oggi, di storicizzare (e quindi, in
una certa misura, di relativizzare) il concetto di tipo societario convince ad insistere nel non abbandonare la strada della società capitalistica, sia pure, per così dire, a capitalismo attenuato31. Dovendosi ancora considerare insuperabile – ad avviso di chi scrive – la circostanza che, in ogni caso, i soci della semplificata non rischiano nell’iniziativa economica, almeno nella semplice posizione di soci, il proprio patrimonio personale (ciò a prescindere dalla circostanza, che presumibilmente si verificherà assai
28 Su questo argomento rinvio, per tutti, a PORTALE, Società a responsabilità limitata senza capitale sociale e im prenditore individuale con “capitale destinato” (Capitale sociale quo vadis
?), Riv.soc., 2010, 1237 ss..
29 Così XXXXXXX, 32.
30 Ancora XXXXXXX, 25.
31 O, meglio, ancor più attenuato di quanto lo sia il modello-base; sul punto, per tutti, ZANARONE, Della società a responsabilità lim itata, in Il codice civile commentato, diretto da Xxxxxxxx, Milano, 2010, 53 ss..
spesso, che i soci abbiano prestato in qualche modo garanzia ai finanziatori32).
Se, dunque, le due figure in esame costituiscono, come specificato, semplici varianti, esse presentano peraltro una non trascurabile valenza proprio sotto il profilo sistematico. E’ vero, infatti, che, in ordine a strutture societarie costituite con un euro o comunque un capitale del tutto irrisorio, è, appunto, facilmente prevedibile un’ulteriore accentuazione del fenomeno dell’intervento “diretto” dei soci, dunque solo formalmente responsabili per le obbligazioni sociali soltanto “fino alla quota” (e ciò sia a livello di richiesta, da parte delle banche, di garanzie personali, sia sotto il profilo della postergazione “sistematica” dei finanziamenti eventualmente concessi dai soci33).
Ma è altrettanto vero – com’è stato osservato34 - che una società di questo genere cessa definitivamente di essere un ente dotato di risorse irreversibilmente destinate dai fondatori all’esercizio dell’attività produttiva, per divenire un “puro centro collettore di risorse esterne”. Infatti chi costituisce la società apporta a questa le proprie capacità (e sotto quest’angolo visuale si può a buona ragione lamentare la mancata previsione della possibilità di conferimenti d’opera35), ma non attribuisce alla stessa, se non in una misura che può appunto essere irrisoria (e, quanto meno, in via diretta), proprie risorse economiche.
Va poi ancora osservato che, con riferimento ad entrambe le società a capitale ridotto, la legge italiana non ha accolto il meccanismo proprio di altri sistemi, che obbligano ad aumentare progressivamente il capitale mediante accantonamento di utili (come accade in Germania), e comunque non ha previsto meccanismi di protezione dei creditori alternativi rispetto al sistema del capitale. Questa circostanza è idonea a produrre, tra l’altro, rilevanti problemi interpretativi, ad esempio con riferimento all’applicabilità – via richiamo generale alla disciplina del modello-base – della normativa sulla riduzione del capitale per perdite. Infatti, a differenza di quanto accade con riferimento alle start-up innovative36, la disciplina non deroga alla comune normativa in materia di capitale sociale. O meglio, non contiene alcuna regola specifica al riguardo, il che pone il problema dell’applicabilità del sistema “comune” (non potendosi ritenere esaustivo il generale richiamo alla normativa della s.r.l.-base, stante il
32 In questi termini, quindi, a differenza dei soci di s.n.c., il coinvolgimento del patrimonio personale non sarebbe direttamente connesso alla qualità di soci tout court.
33 Segnalo che SALAFIA, Società, 2012, 154, ha contestato l’applicabilità della norma dell’art. 2467, in quanto si tratterebbe di disposizione contrastante con l’obiettivo di agevolare il ricorso al nuovo strumento societario.
34 CIAN, 1122.
35 Sul punto relativo alla natura dei beni conferibili si veda comunque anche più oltre.
36 Cfr. art. 26, comma 1, del cd. “ decreto sviluppo-bis”.
vincolo della compatibilità).
A questo riguardo, nonostante le indubbie implicazioni/complicazioni di carattere pratico che essa reca37, pare condivisibile la tesi38 secondo cui, proprio perché sono assenti misure alternative di salvaguardia della posizione dei creditori, de vono trovare applicazione le comuni tutele del capitale sociale (compreso il divieto di distribuire utili finché il capitale perduto non sia reintegrato). Con la precisazione che le stesse in sostanza si declinano, in una società che può avere un solo euro di capitale, come imposizione ai gestori dell’obbligo di mantenere un equilibrio tra passività e attività della società.
E’ evidente, peraltro, che la concreta applicazione di alcune delle norme ordinarie poste a tutela del capitale richiede una certa dose di fantasia. In particolare, con riferimento alle fattispecie della riduzione del capitale al di sotto del minimo legale (art. 2482-ter), la circostanza che questo possa corrispondere ad un solo euro risolve inevitabilmente le suddette fattispecie in casi di perdita totale del capitale, con tutto quanto ne discende, in particolare, in ordine alla problematica della conservazione dello status in capo a tutti i soci39.
Osservo poi che le precedenti considerazioni inducono la prima dottrina che si è occupata della materia ad ipotizzare un atteggiamento di maggiore rigore della giurisprudenza con riferimento all’operato degli amministratori (ed eventualmente dei soci, via art. 2476, comma 7).
Infine, con riferimento ad entrambe le figure in discorso40 i conferimenti devono
37 In merito alle quali pare senz’altro legittimo lamentare un mancato intervento del legislatore, magari sulla scorta di alcune esperienze di altri Paesi (anche) europei, nei quali le riflessioni circa la problematica del capitale sociale (e della sua assenza) hanno raggiunto un più elevato livello di maturazione.
38 Accolta da Assonime e BUSANI-BUSI, 1318; in termini opposti XXXXXXX, 29, secondo il quale la circostanza stessa che il capitale possa essere fissato in un solo euro comporta necessariamente l’inapplicabilità di quel complesso di norme che salvaguardano l’intangibilità del capitale e, per converso, “ comporta l’accettazione del principio che la società possa costituirsi e operare con un patrimonio netto anche significativamente negativo”. L’accoglimento di questa tesi, peraltro, comporta necessariamente la “ costruzione” di una serie di regole alternative, che l’autore appena citato non esprime in modo convincente.
39 Sugge stiva la soluzione che di questa ipotesi dà XXXXXXX, 30 s.: la riduzione del capitale sotto il minimo (e quindi, in ipotesi, il suo azzeramento) non costringerebbe i soci ad un immediato intervento; soltanto in caso del persistere di una tale situazione nel tempo potrebbe trovare applicazione lo scioglimento per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale.
40 In base all’art. 2463-bis, secondo comma, n. 3, e dunque esplicitamente, per quanto riguarda la semplificata; in via interpretativa, e sulla scorta dell’esordio dell’art. 44, per la s.r.l. a c.r.
farsi necessariamente in denaro (e devono essere interamente xxxxxxx00 !); ora, ancorché la suddetta limitazione possa trovare giustificazione in considerazioni fondate sulla maggiore semplicità del procedimento, si può obiettare che un divieto assoluto di conferire beni in natura appare troppo severo42, specie con riferimento ai settori più innovativi, nonché ribadire che sarebbe stato forse opportuno consentire i conferimenti d’opera43.
6. Le fattispecie “trasformative”
La conclusione favorevole alla riconducibilità di entrambe le nuove figure societarie all’interno del modello-base ha ovviamente un riflesso immediato in punto di “passaggio” da una di queste al modello-base stesso, e viceversa. In particolare, ove pure questi passaggi siano ammissibili, non si potrà parlare di trasformazione, in quanto
– anche dopo l’autentico stravolgimento che l’istituto ha conosciuto a seguito della riforma del 2003 – resta senz’altro fermo che di trasformazione non si possa mai parlare ove ci si muova all’interno del medesimo modello, societario o no44.
Riflesso di questa posizione è che, in generale, non può essere riconosciuto al socio il diritto di recesso (ferma restando, peraltro, la possibilità – da indagare – che sia l’atto costitutivo, (almeno) della srl a c.r., a prevedere questa specifica opportunità di exit per il socio che non sia d’accordo).
Ciò detto, e come anticipato, le superiori considerazioni non importano però affatto che si possa liberamente passare da una figura all’altra. O meglio: mentre il fenomeno “progressivo” appare per certi versi naturale (del resto, se le due nuove
41 Con la paradossale conseguenza che, se è vero che l’indicazione di un capitale minimo di misura irrisoria è senza dubbio dettata come misura agevolativa, la circostanza che al momento della costituzione (ma, con ogni probabilità, anche nel caso di aumento del capitale) debba appunto essere effettuato l’intero versamento, per le cifre superiori a 2.500 euro i fondatori vengono a privarsi immediatamente di risorse superiori rispetto a quanto accade per le s.r.l. comuni non unipersonali. E sotto quest’ultimo angolo visuale, posto che entrambe le figure possono essere costituite anche per atto unilaterale, deve constatarsi che viene meno uno degli elementi di differenziazione con le società composte da più di un socio.
42 Secondo XXXXXXX, 23, che peraltro non giustifica la propria affermazione, è invece ipotizzabile che conferimenti in natura vengano effettuati in sede di aumento del capitale. Alla stessa conclusione giunge anche la citata circolare dell’Assonime, secondo la quale, però, questa soluzione sarebbe indispensabile onde consentire l’aumento del capitale a titolo gratuito, che sostanzialmente è un aumento in natura !
43 Sul punto ancora XXXXXXX, 36: l’autore sostiene che il problema potrebbe essere risolto con un disposizione statutaria che vincoli i soci ad eseguire prestazioni accessorie.
44 In altri termini, i suddetti passaggi darebbero origine ad un fenomeno similare alla cd. regolarizzazione della società di persone.
figure, a seguito di un aumento del capitale, raggiungano i 10 k, esse evolveranno automaticamente in s.r.l.-base, con contestuale cambiamento della denominazione sociale45), la conversione da s.r.l.-base a s.r.l. a capitale ridotto (termine, in questo caso, comprensivo di entrambe le figure) non sembra possibile, in quanto appunto incompatibile con la disciplina del capitale minimo.
Al riguardo, si potrebbe obiettare che, se il legislatore ha voluto consentire la nascita di società di capitali con un solo euro, contraria al principio di conservazione dovrebbe essere considerata la conclusione secondo cui la s.r.l.-base non può “scendere di livello”, ma, riducendosi il capitale sotto il minimo, deve andare incontro allo scioglimento, salvo che i soci non decidano un immediato aumento del capitale46. Queste considerazioni troverebbero, in particolare, sostegno nella circostanza che divieti di “downgrade” non emergono, nemmeno implicitamente, dalla disciplina47.
Tale obiezione, però, è superabile in base alla considerazione che il beneficio accordato mediante l’introduzione dei due modelli (oltre che del modello start-up) “ha la funzione di incentivare l’attivazione di nuove iniziative economiche e non potrebbe dunque parimenti giustificare la permanenza in vita di iniziative originariamente più ambiziose e rivelatesi infauste”48. Considerazioni, queste, che sembrano valere a fortiori per la s.r.l. semplificata, ancora più marcatamente caratterizzata come forma di iniziativa nuova (e si pensi, ancora una volta, alla standardizzazione “legale” dell’atto fondativo).
Infine, mentre il passaggio da s.r.l. a c.r. a società semplificata non appare nemmeno concepibile, la legittimità del passaggio opposto è del tutto naturale, una volta che sia accettato – come prospettato, sia pure in termini problematici, nel par. 3 – (i) che il compimento dei 35 anni da parte anche di un solo socio della semplificata dia luogo allo scioglimento dell’ente e (ii) che la struttura dell’altra figura societaria qui analizzata “sopporti” la presenza di soci under 35.
45 Modifica che di per sé – come giustamente scrive CIAN, 1105 - non ha alcuna rilevanza sul versante tipologico.
46 In termini diversi, a quanto pare, XXXXXXXX, 18, il quale peraltro non approfondisce il discorso; nonché, anche lui senza motivare, XXXXXXX, 34.
47 BUSANI-BU SI, 1318.
48 Così ancora CIAN, 1107.
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E IMPRESA
I CONTRATTI PUBBLICI DI APPALTO: IN PARTICOLARE QUELLI DI SERVIZI E FORNITURA. L’ISTITUTO
DELL’AVVALIMENTO QUALE PREVISTO DAL D.LG. 163/06 (C.D.
“CODICE DEGLI APPALTI PUBBLICI) E IL PROBLEMA DEI CONTRATTI RELATIVI A SERVIZI, FORNITURE E ALTRE IPOTESI SPURIE
L’Autore, riallacciandosi all’articolo pubblicato su questa rivista, n. 13/2012, pagg. 32 e segg. e relativo all’istituto dell’avvalimento in tema di lavori pubblici,
completa la disamina sull’avvalimento in tema di servizi e forniture.
di XXXXX XXXXXXXXXXX
1. L’art. 49 del codice degli appalti (di seguito “codice”), al primo comma, asserisce quanto segue:
Il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato ai sensi dell’art. 34, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto.
Il successivo art. 50 del medesimo codice si riferisce espressamente ai contratti pubblici di lavori, anche se, nel comma 4, asserisce: “Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, ai sistemi legali vigenti di attestazione o di qualificazione nei servizi e forniture” (vedi regolamento: art. 88, commi 2, 5 e 7; art. 91, comma 1; art. 104, commi 2 e 3).
IL NUOVO DIRITT O DELLE SOCIET À – N. 21/2013
Avendo, in un precedente articolo1, esaminato l’istituto dell’avvalimento in relazione ai contratti pubblici di lavori, non rimane che l’esame dei residui contratti (di servizi e di forniture) previsti dal codice.
Venendo ai contratti pubblici di servizi, va evidenziato che, secondo il codice, si
hanno diverse categorie di servizi.
(1) Vi sono quelli elencati nell’ Allegato II A del codice che, per comodità del lettore, si trascrivono:
1 Detto articolo, intitolato: “I contratti pubblici di appalto. I soggetti che possono essere appaltatori. L’istituto dell’avvalim ento quale previsto dal d.lg. 163/06 (c.d. Codice degli appalti pubblici) in materia di lavori pubblici”, è stato pubblicato in questa rivista, nel n. 13/2012 (pagg. 32 e segg.).
Le norme del codice vanno, poi, integrate da quelle del dpr 5-10-2010, n. 207 (di seguito: <<regolamento>>)2.
In particolare le norme di cui all’art. 28/1 lett. a) e b) del codice, vanno integrate con quelle dell’art. 325/1 del regolamento. Quelle dell’art. 124 e 125 del codice, vanno integrate con quelle di cui agli artt. 146/1, 173/2, 174/1, 224/3, 267/10, 284/1, 326, 328/3, 329/1, 330/1, 331/1, 332/1, 333/1 e 334/1 del regolamento.
(1.1) Tra tali servizi rilevano, in particolare, quelli della cat. 12 (Servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria), previsti dagli artt. 90-112-bis, 120/2-bis e 235-237 (articoli, questi ultimi, che disciplinano i concorsi di progettazione nei settori speciali e se di importo pari o superiore a 422.000 euro, IVA esclusa). L’art. 91 disciplina poi le procedure di affidamento di incarichi di progettazione, di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, di direzione dei lavori, di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo se di importo pari o superiore a 100.000,00 euro. L’articolo 238 disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori speciali sotto soglia comunitaria. Questi articoli vanno poi integrati con quelli nn. 14-59 (sulla progettazione), 252-267 (sui contratti pubblici relativi a servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria nei settori ordinari), 339-341 (per i settori speciali e di importo infracomunitario) del regolamento, nonché con quelli nn. 3/1, lett. e), 10/1 lett. d), 252/5 e 261/1 del medesimo regolamento.
Vi sono poi norme specifiche per i lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi (Parte II, Titolo III, capo IV del codice): tra queste rilevano quelle sulla progettazione in generale (artt. 164-172), nonché quelle dell’Allegato XXI (Allegato tecnico all’art. 164).
(1.1.1) Il codice prevede, poi, norme specifiche per le attività di progettazione, direzione lavori e accessorie per i contratti relativi ai beni culturali (artt. 202-204).
2 La menzione di articoli non seguita da altra specificazione va riferita al codice (degli appalti).
Dette norme vanno integrate con quelle di cui agli articoli 241/2, 242/6, 247/2 e 3 del regolamento.
Per tali contratti, l’art. 253/30, ultimi due periodi, asseriva quanto segue: fino alla data di entrata in vigore della disciplina regolamentare di cui ai commi 1 e 3 dell'articolo 201, le stazioni appaltanti possono individuare, quale ulteriore requisito di partecipazione al procedimento di appalto, l'avvenuta esecuzione, nell'ultimo decennio, di lavori nello specifico settore cui si riferisce l'intervento, individuato in base alla tipologia dell'opera oggetto di appalto. Ai fini della valutazione della sussistenza di detto requisito, possono essere utilizzati unicamente i lavori effettivamente realizzati dal soggetto esecutore, anche in esecuzione di cottimi e subaffidamenti.
Ora, con l’entrata in vigore del regolamento (pubblicato il 10-12-2010 ed entrato in vigore secondo le norme dell’art. 359), la disposizione sopra trascritta è stata superata.
(1.1.1.1.) Si richiamano, altresì, le norme sui “contratti nell’ambito di attuazione della
legge 26-2-1987, n. 49” (contratti eseguiti all’Estero) di cui agli articoli 343-350 sul regolamento e le norme sui “Lavori su immobili all’estero ad uso dell’amministrazione del Ministero degli Affari Esteri” di cui agli articoli 351-356 del medesimo regolamento. Tra dette norme, alcune riguardano la progettazione (artt. 345-346 e 352- 353), oltre la direzione lavori (artt. 348 e 354) e altre ancora il collaudo (art. 349 e 355). (1.1.1.2.) Il regolamento, poi, menziona in particolare la “Finanza di progetto nei servizi” (art. 278), la “Progettazione di servizi e forniture e concorsi di progettazione di servizi e forniture” (art. 279), i “Servizi sostitutivi di mensa” (art. 285), i “Servizi di pulizia” (dpcm 13-3-1999 e art. 286).
(1.2) Rilevano, altresì, le norme sui rifiuti di cui al d.lg. 152/2006 e tutti gli altri servizi
disciplinati da tale testo normativo per il cui affidamento si applichi il codice.
(2) Vi sono poi i servizi elencati nell’ Allegato II B del codice che, anche qui e per comodità del lettore, si trascrive:
Per tali servizi, gli artt. 20/1 e 21 prescrivono quanto segue:
* art. 20:
1. L'aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell'allegato II B è disciplinata esclusivamente dall'articolo 68 (specifiche tecniche), dall'articolo 65 (avviso sui risultati della procedura di affidamento), dall'articolo 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati).
2. Gli appalti di servizi elencati nell’Allegato II A sono soggetti alle disposizioni del
presente codice.
* art. 21:
1. Gli appalti aventi per oggetto sia servizi elencati nell'allegato II A che servizi elencati nell'allegato II B sono aggiudicati conformemente all'articolo 20, comma 1
se il valore dei servizi elencati nell'allegato II B sia superiore al valore dei servizi elencati nell'allegato II A.
(3) Gli articoli 16-27 del codice elencano, poi, alcuni contratti (tra i quali alcuni di servizi o misti3 con forniture) esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice.
Tali articoli elencano i seguenti contratti: (a) quelli relativi alla produzione e al commercio di armi, munizioni e materiale bellico (art. 16); (b) quelli segretati o che esigono particolari misure di sicurezza (art. 17); (c) quelli aggiudicati in base a norme internazionali (art. 18); (d) quelli esclusi nel settore delle telecomunicazioni (art. 22);
(e) quelli relativi a servizi al pubblico di autotrasporto mediante autobus (art. 23); (f) quelli aggiudicati per l’acquisto di acqua e per la fornitura di energia o di combustibili destinati alla produzione di energia (art. 25); (g) i contratti di sponsorizzazione (art.
3 Per i contratti“ misti”, il codice detta particolari prescrizioni agli artt. 14 e 15.
* art. 14 (Contratti misti).
1. I contratti misti sono contratti pubblici aventi per oggetto:
lavori e forniture; lavori e servizi; lavori, servizi e forniture; servizi e forniture.
2. I contratti misti sono considerati appalti pubblici di lavori, o di servizi, o di forniture, o
concessioni di lavori, secondo le disposizioni che seguono:
a) un contratto pubblico avente per oggetto la fornitura di prodotti e, a titolo accessorio, lavori di posa in opera e di installazione è considerato un «appalto pubblico di forniture»;
b) un contratto pubblico avente per oggetto prodotti e servizi di cui all'allegato II è considerato un «appalto pubblico di servizi» quando il valore dei servizi supera quello dei prodotti oggetto dell'appalto;
c) un contratto pubblico avente per oggetto dei servizi di cui all'allegato II e che preveda attività ai sensi dell'allegato I solo a titolo accessorio rispetto all'oggetto principale del contratto è considerato un «appalto pubblico di servizi»;
3. Ai fini dell'applicazione del comma 2, l'oggetto principale del contratto è costituito dai lavori se l'importo dei lavori assume rilievo superiore al cinquanta per cento, salvo che, secondo le caratteristiche specifiche dell'appalto, i lavori abbiano carattere meramente accessorio rispetto ai servizi o alle forniture, che costituiscano l'oggetto principale del contratto.
4. L'affidamento di un contratto misto secondo il presente articolo non deve avere come conseguenza di limitare o escludere l'applicazione delle pertinenti norme comunitarie relative all'aggiudicazione di lavori, servizi o forniture, anche se non costituiscono l'oggetto principale del contratto, ovvero di limitare o distorcere la concorrenza.
* art. 15 (Qualificazione nei contratti misti).
1. L'operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto, deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità prescritti dal presente codice per ciascuna prestazione di lavori, servizi, forniture prevista dal contratto.
26); (h) quelli espressamente esclusi dalla disciplina del codice di cui all’art. 19, per il quale:
1. Il presente codice non si applica ai contratti pubblici:
a) aventi per oggetto l'acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni; tuttavia, i contratti di servizi finanziari conclusi anteriormente, contestualmente o successivamente al contratto di acquisto o di locazione rientrano, a prescindere dalla loro forma, nel campo di applicazione del presente codice4;
b) aventi per oggetto l'acquisto, lo sviluppo, la produzione o coproduzione di programmi destinati alla trasmissione da parte di emittenti radiotelevisive e appalti concernenti il tempo di trasmissione;
c) concernenti i servizi d'arbitrato e di conciliazione;
d) concernenti servizi finanziari relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari, in particolare le operazioni di approvvigionamento in denaro o capitale delle stazioni appaltanti, nonché i servizi forniti dalla Banca d'Italia;
e) concernenti contratti di lavoro;
f) concernenti servizi di ricerca e sviluppo diversi da quelli i cui risultati appartengono esclusivamente alla stazione appaltante, perché li usi nell'esercizio della sua attività, a condizione che la prestazione del servizio sia interamente retribuita da tale amministrazione.
2. Il presente codice non si applica agli appalti pubblici di servizi aggiudicati da un'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ad un'altra amministrazione aggiudicatrice o ad un'associazione o consorzio di amministrazioni aggiudicatrici, in base ad un diritto esclusivo di cui esse beneficiano in virtù di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative pubblicate, purché tali disposizioni siano compatibili con il trattato.
Per tutti i contratti sub (3), l’art. 27 (Principi relativi ai contratti esclusi) asserisce:
1. L'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L'affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l'oggetto del contratto. L’affidamento dei contratti di finanziamento, comunque stipulati, dai concessionari di lavori pubblici che sono amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori avviene nel rispetto dei principi di cui al presente comma e deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti.
4 Per i contratti di locazione finanziaria v.nsi, comunque, gli articoli 3/15-bis, 3/15-ter e 160-bis del codice.
2. Si applica altresì l'articolo 2, commi 2, 3 e 4.
3. Le amministrazioni aggiudicatrici stabiliscono se è ammesso o meno il subappalto, e, in caso affermativo, le relative condizioni di ammissibilità. Se le amministrazioni aggiudicatrici consentono il subappalto, si applica l'articolo 118.
(4) La PARTE TERZA del Codice relativa ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nei SETTORI SPECIALI (artt. 206-238) elenca, tra gli altri, alcuni ulteriori servizi relativi: (1) all’acqua, energia termica ed elettricità (art. 208); (b) all’acqua (art. 209); (c) ai servizi di trasporto (art. 210); (d) ai servizi postali (art. 211); (e) nonché a quelli menzionati negli artt. 212-214. Trattasi di servizi (non rileva, nella presente disamina, distinguere questi dai lavori e dalle forniture) relativi ai c.d. settori speciali di cui alcuni di rilevanza comunitaria (artt. 206-237) e altri sotto soglia comunitaria (art. 238).
Per alcuni di tali contratti (locuzione che va riferita a quelli di lavori, servizi e forniture) gli articoli 31 e 32 prescrivono, rispettivamente, quanto segue:
* art. 31 (Contratti nei settori del gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, sfruttamento di area geografica):
1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 32 (Amministrazioni aggiudicatrici e altri soggetti aggiudicatori), le disposizioni contenute nella parte II non si applicano ai contratti di cui alla parte III (settori del gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica), che le stazioni appaltanti che esercitano una o più delle attività di cui agli articoli da 208 a 214 aggiudicano per tali attività.
* art. 32 (Amministrazioni aggiudicatrici e altri soggetti aggiudicatori):
1. Salvo quanto dispongono il comma 2 e il comma 3, le norme del presente titolo, nonché quelle della parte I, IV e V, si applicano in relazione ai seguenti contratti, di importo pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 28:
a) lavori, servizi, forniture, affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici;
b) appalti di lavori pubblici affidati dai concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici, nei limiti stabiliti dall'articolo 142;
c) lavori, servizi, forniture affidati dalle società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, ivi comprese le società di cui agli articoli 113,113-bis, 115 e 116 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali5;
5 Sul punto, x.xx l’art. 4 del d.l. 138/2011, convertito nella l. 148/2011, modificato dall’art. 9 della l. 183/2011 e dall’art. 25 del d.l. 1/2012, convertito nella l. 27/2012. Tale articolo è stato, comunque, dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte Cost. del 20-7-2012, n. 199.
d) lavori, affidati da soggetti privati, di cui all'allegato 1, nonché lavori di edilizia relativi ad ospedali, impianti sportivi, ricreativi e per il tempo libero, edifici scolastici e universitari, edifici destinati a funzioni pubbliche amministrative, di importo superiore a un milione di euro, per la cui realizzazione sia previsto, da parte dei soggetti di cui alla lettera a), un contributo diretto e specifico, in conto interessi o in conto capitale che, attualizzato, superi il 50 per cento dell'importo dei lavori;
e) appalti di servizi, affidati da soggetti privati, relativamente ai servizi il cui valore stimato, al netto dell'i.v.a., sia pari o superiore a 211.000 euro, allorché tali appalti sono connessi ad un appalto di lavori di cui alla lettera d) del presente comma, e per i quali sia previsto, da parte dei soggetti di cui alla lettera a), un contributo diretto e specifico, in conto interessi o in conto capitale che, attualizzato, superi il 50 per cento dell'importo dei servizi;
f) lavori pubblici affidati dai concessionari di servizi, quando essi sono strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventano di proprietà dell'amministrazione aggiudicatrice;
g) lavori pubblici da realizzarsi da parte dei soggetti privati, titolari di permesso di costruire, che assumono in via diretta l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dell'articolo 28, comma 5, della legge 17 agosto 1942, n. 1150. L'amministrazione che rilascia il permesso di costruire puo' prevedere che, in relazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, l'avente diritto a richiedere il permesso di costruire presenti all'amministrazione stessa, in sede di richiesta del permesso di costruire, un progetto preliminare delle opere da eseguire, con l'indicazione del tempo massimo in cui devono essere completate, allegando lo schema del relativo contratto di appalto. L'amministrazione, sulla base del progetto preliminare, indice una gara con le modalita' previste dall'articolo 55. Oggetto del contratto, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, sono la progettazione esecutiva e le esecuzioni di lavori. L'offerta relativa al prezzo indica distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione definitiva ed esecutiva, per l'esecuzione dei lavori e per gli oneri di sicurezza;
h) lavori, servizi, forniture affidati dagli enti aggiudicatori di cui all'articolo 207, qualora, ai sensi dell'articolo 214, devono trovare applicazione le disposizioni della parte II anziché quelle della parte III del presente codice.
2. Ai soggetti di cui al comma 1, lettere d), e), f), g) non si applicano gli articoli 63; 78, comma 2; 90, comma 6; 92; 128; in relazione alla fase di esecuzione del contratto si applicano solo le norme che disciplinano il collaudo. Ai soggetti di cui al comma 1, lettere c) ed h), non si applicano gli articoli 78, comma 2; 90, comma 6; 92; 128; in relazione alla fase di esecuzione del contratto si applicano solo le norme che disciplinano il collaudo.
3. Le società di cui al comma 1, lettera c) non sono tenute ad applicare le disposizioni del presente codice limitatamente alla realizzazione dell'opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite, se ricorrono le seguenti condizioni:
1) la scelta del socio privato è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica;
2) il socio privato ha i requisiti di qualificazione previsti dal presente codice in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita;
3) la società provvede in via diretta alla realizzazione dell'opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo.
4. Il provvedimento che concede il contributo di cui alle lettere d) ed e) del comma 1 deve porre come condizione il rispetto, da parte del soggetto beneficiario, delle norme del presente codice. Fatto salvo quanto previsto dalle eventuali leggi che prevedono le sovvenzioni, il cinquanta per cento delle stesse può essere erogato solo dopo l'avvenuto affidamento dell'appalto, previa verifica, da parte del sovvenzionatore, che la procedura di affidamento si è svolta nel rispetto del presente codice. Il mancato rispetto del presente codice costituisce causa di decadenza dal contributo.
(5) Infine vi sono i servizi oggetto di concessione (x.xx art. 3, commi 3, 11 e 12) per i quali gli articoli 30 e 216 prescrivono, rispettivamente, quanto segue:
* art. 30 (Concessione di servizi):
1. Salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi.
2. Nella concessione di servizi la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio. Il soggetto concedente stabilisce in sede di gara anche un prezzo, qualora al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla somma del costo del servizio e dell'ordinario utile di impresa, ovvero qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell'equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare.
3. La scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi.
4. Sono fatte salve discipline specifiche che prevedono forme più ampie di tutela della concorrenza.
5. Restano ferme, purché conformi ai principi dell'ordinamento comunitario le discipline specifiche che prevedono, in luogo delle concessione di servizi a terzi, l'affidamento di servizi a soggetti che sono a loro volta amministrazioni aggiudicatrici.
6. Se un'amministrazione aggiudicatrice concede ad un soggetto che non è
un'amministrazione aggiudicatrice diritti speciali o esclusivi di esercitare un'attività di servizio pubblico, l'atto di concessione prevede che, per gli appalti di forniture conclusi con terzi nell'ambito di tale attività, detto soggetto rispetti il principio di non discriminazione in base alla nazionalità.
7. Si applicano le disposizioni della parte IV. Si applica, inoltre, in quanto compatibile
l'articolo 143, comma 76.
* art. 216 (concessione di lavori e di servizi):
1. Salva l'applicazione dell'articolo 30 in tema di concessione di servizi, la presente parte non si applica alle concessioni di lavori e di servizi rilasciate da enti aggiudicatori che esercitano una o più attività di cui agli articoli da 208 a 213, quando la concessione ha per oggetto l'esercizio di dette attività.
1-bis. Il concessionario che non sia uno degli enti aggiudicatori che esercitano una o più attività di cui agli articoli da 208 a 213, scelto senza il ricorso ad una procedura di gara aperta o ristretta, è tenuto ad applicare le stesse disposizioni alle quali sono assoggettati i predetti enti.
(Le disposizioni sulle concessioni di servizi vanno integrate con quelle di cui agli articoli 278, commi 3 e 4 del regolamento).
(5.1) Non vanno, poi, confuse con le concessioni di servizi, quelle di lavori (artt. 3/11 e
142-147) e l’istituto del project financing (artt. 152-160), anche se l’art. 152/3 del codice afferma che: “Le disposizioni del presente capo [e cioè quelle sul “promotore finanziario, società di progetto e disciplina della locazione finanziaria per i lavori e del contratto di disponibilità” si applicano, in quanto compatibili, anche ai servizi con le modalità fissate dal regolamento ”7. Sebbene il Capo III includa la “Locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità ” (artt. 3/15-bis e 160-bis) e il “Contratto di disponibilità” (artt. 3-15-bis.1 e 160-ter), non pare che la materia dei servizi possa comprendere tali due ulteriori contratti.
Rientrano nella categoria delle concessioni di lavori pubblici, le concessioni relative a infrastrutture di cui all’art. 174 e quelle sul promotore (art. 175). E, entro certi limiti, il
c.d. “Affidamento unitario a contraente generale” (artt. 173/1 lett. b e 176).
6 Sul punto, vnsi, in particolare: R. De Nictolis, Manuale dei contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture, EPC Ed., 2010, 737 e segg.; X. Xxxxxxx, I contratti pubblici, Giappichelli, 2012, 161 e segg.
7 X.xx, in ordine alla “ Finanza di progetto nei servizi” anche l’art. 278 del regolamento.
5.(2). Per i servizi di cui al precedente punto 1.(1) e cioè per i servizi di cui all’Allegato II A al codice, i problemi relativi all’avvalimento che si presentano sono, in parte, analoghi a quelli già visti per i lavori e ciò se si suppone che l’intera normativa di cui all’art. 49 si applichi a detti contratti. E cioè si suppone che il comma 2 (allorchè fa riferimento alla eventuale attestazione SOA propria e dell’impresa ausiliaria) e il comma 6 (che parla di lavori), non escludano dalle relative discipline i contratti di servizi e di forniture, bensì precisino unicamente che, rispettivamente, in caso di lavori le imprese ausiliate e ausiliarie devono presentare l’attestazione SOA (comma 2) e le imprese ausiliate possono avvalersi di una o più imprese ausiliarie a certe condizioni e in relazione a ciascuna categoria di qualificazione di cui al regolamento (comma 6).
Per il resto, non riscontrandosi nel settore di detti servizi problemi di categorie e classifiche quali delineate nel regolamento a proposito dei lavori e non presentandosi, altresì, problemi di incremento del quinto (di cui all’art. 61/2 del citato testo normativo) e problemi di quote di partecipazione per le ATI e i consorzi di cui agli artt. 2602 e segg. cc (art. 92 del regolamento), non paiono presentarsi le antinomie rilevate a proposito dei contratti pubblici di lavori. Nel caso dei servizi non si rileva alcun contrasto insanabile tra la disciplina dell’art. 49 del codice e quella dell’art. 92 del regolamento perché quest’ultimo articolo si applica unicamente ai soggetti che concorrono alle gare per lavori.
E ciò anche se la normativa più rigida di cui all’art. 37, commi 2 e 4 del codice (per i quali rispettivamente: 2. Nel caso di forniture o servizi, per raggruppamento di tipo verticale si intende un raggruppamento di concorrenti in cui il mandatario esegua le prestazioni di servizi o di forniture indicati come principali anche in termini economici, i mandanti quelle indicate come secondarie; per raggruppamento orizzontale quello in cui gli operatori economici eseguono il medesimo tipo di prestazione; le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara la prestazione principale e quelle secondarie”; 4. Nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati”) può spingere, alla lunga, gli operatori economici ad abbandonare la via delle ATI a favore dell’avvalimento. (Si vedrà, più avanti, quali possono essere i problemi per l’avvalimento a proposito degli appalti integrati di cui agli artt. 53/3 e 3- bis e 253/1 quinquies del codice, in relazione, altresì, all’art. 90 del medesimo codice).
Invece per i gruppi di società paiono presentarsi gli stessi problemi che si presentano a proposito dei contratti pubblici di lavori8.
8 Si segnala che, seppure a proposito di servizi di progettazione, il TAR Piemonte (Sez. I, 837/2009 del 30-3-09) ha seguito la linea interpretativa più restrittiva di cui alla sentenza del Consiglio di Stato (VI, 20-11-2008, n. 5742). In un caso di gruppo di società con unica imprenditorialità ex art. 2497 cc, il TAR Piemonte ha ritenuto applicabile l’art. 49 del Codice, escludendo poi l’applicabilità al caso di specie della norma di cui all’art. 46 del Codice. “ E’
infatti noto il canone ermeneutico –dice il TAR Piemonte- enunciat dalla giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Tribunale, in ossequio al quale qualora la documentazione prodotta da un concorrente ad una pubblica gara sia presente ma carente di taluni elementi formali, di guisa che sussista un indizio del possesso del requisito richiesto, l’Amministrazione non può pronunciare l’esclusione dalla procedura ma è tenuta a richiedere al partecipante di integrare o chiarire il contenuto di un documento già presente, costituendo siffatta attività acquisitiva un ordinario modus procedendi, ispirato all’esigenza di far prevalere la sostanza sulla forma.
Segnala il Collegio che la V Sezione del Consiglio ha infatti di recente statuito che“la facoltà di integrazione dell'offerta e della documentazione allegata è consentita solo nelle ipotesi in cui occorra chiarire il contenuto di una domanda presentata ritualm ente e tempestivamente.”(Consiglio Stato, Sez. V, 25 agosto 2008, n. 4047). Già in precedenza, nel vigore del più generico regim e antecedente il varo del Codice dei contratti, la medesim a V Sezione aveva chiarito che “l'art. 16, d.lg. 17 marzo 1995 n. 157, nel disporre che le amministrazioni invitano, se necessario, le ditte partecipanti a gare per l'aggiudicazione di appalto di servizi a fornire chiarim enti e ad integrare la carente documentazione presentata, non ha inteso assegnare alle stesse una mera facoltà o un potere eventuale, ma piuttosto codificare un ordinario modo di procedere, volto a far valere, entro certi limiti e nel rispetto della par condicio dei concorrenti, la sostanza sulla forma, orientando l'azione amministrativa sulla concreta verifica dei requisiti di partecipazione e della capacità tecnica ed economica, coerentemente con la disposizione di carattere generale contenuta nell'art. 6, l. 7 agosto 1990
n. 241”.(Consiglio Stato, Sez. V, 26 giugno 2007, n. 3656).
Nello stesso periodo il TAR centrale aveva con completezza ben definito condizioni, ratio e presupposti del potere – dovere di integrazione documentale nelle gare d’appalto, puntualizzando che “l'integrazione dei documenti e dei certificati prodotti dal partecipante ad una gara costituisce, nella fase di valutazione dei requisiti di partecipazione, un ordinario modus procedendi al quale le Amministrazioni devono attenersi, tendente a far prevalere la sostanza sulla forma, e la cui applicazione è da escludere solo ove si possa tram utare in una lesione del principio di parità di trattam ento dei concorrenti. Tale principio va coniugato con la precisazione che, nel caso in esam e, la regolarizzazione che avrebbe potuto (rectius: dovuto) essere richiesta dalla stazione appaltante non si sarebbe sostanziata nella (inammissibile) produzione di un documento mancante, quanto, piuttosto, nella semplice integrazione di un documento già presente agli atti di gara, attraverso l'inserim ento dell'autenticazione di una sottoscrizione (già peraltro presente) volta a conferire certezza alla soggettiva promanazione della polizza fideiussoria di che trattasi”.(T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 09 luglio 2008, n. 6518).
Non sfugge certo alla Sezione il travaglio che ha attraversato la giurisprudenza negli ultim i anni in punto di limiti e precauzioni all’afferm azione del principio dell’integrazione documentale in materia di pubbliche gare, dovendosi il descritto canone ermeneutico coniugare e misurare anche con la valenza dei altri pregnanti principi di pari se non superiore livello, promananti dal diritto comunitario, quali il principio della par condicio competitorum e
dell’auto responsabilizzazione dei concorrenti, atteso che la dilatazione del potere – dovere di integrazione documentale può collidere talora con la salvaguardia dei predetti concorrenti principi.
Ma ritiene pure la Sezione che il caso all’esam e rientra nei più sicuri confini disegnati dalla giurisprudenza e dallo stesso art. 46 del d.lgs. n. 163/2006 all’integrazione documentale, posto che nella specie trattavasi unicamente di invitare la Cabinet a chiarire il contenuto (rectius, il significato linguistico) di certificazioni e attestazioni già tempestivamente prodotte in gara.
L’integrazione documentale, riferita alla spiegazione lessicale del contenuto di una certificazione di requisiti tecnico –econom ici prodotta in lingua diversa dall’italiano, rientra pleno iure a parere del Tribunale, nel chiaro disposto dell’art. 46 del Codice dei contratti, a mente del quale “le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarim enti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati” e si impone anche in virtù degli obblighi di istruttoria procedim entale gravanti sul responsabile del procedim ento in forza dell’art. 6 della L. 7.8.1990, n. 241.
E’ appena il caso di precisare che ad avviso della Sezione l’inciso “se necessario” di cui alla riportata norm a del Codice, non introduce alcuna deroga alla valenza e alla cogenza del principio di integrazione documentale, dovendosi annettere alla locuzione il significato di “se necessario in dipendenza della situazione di fatto”, ovverosia che il dovere di integrazione va esercitato solo se la fattispecie concreta ne renda necessario l’esercizio, evidenziando la carenza di taluni elementi formali nella documentazione presentata dai o da taluno dei concorrenti
La censura di cui al secondo motivo di ricorso incidentale si profila quindi infondata e va respinta, a tacere della sua inamm issibilità che si apprezza sol che si consideri che sono agli atti del Tribunale numerose dichiarazioni e certificazioni di requisiti di partecipazione prodotte dalla MWH in lingua inglese e non tradotte, come pure di qualcuna ha dato atto lo stesso verificatore nella relazione xxxxxxx.Xx anche i docc. 13 e 14 produzione controint.; la tabella “Select Combustion Turbine and Combined Cycle è priva di traduzione in italiano.
Poiché dunque la controinteressata versava nella stessa condizione della ricorrente non può dolersi della mancata allegazione da parte di quest’ultim a della traduzione certificata, e risulta quindi priva della legittim azione, più che dell’interess, alla presente censura, in omaggio al broccardo processual – romanistico per il quale “nemo censetur suam turpitudinem alligans”.
Analogamente, x.xx TAR Lazio, Roma, I, 12-5-2008, n. 3875 per la quale: “Nel caso di avvalim ento c.d. infragruppo l’art. 49 D.LGS. 163/2006 vuole che siano comunque prodotte le dichiarazioni previste dal comma 2 (alleggerendo l’ordinario onere documentale delle im prese interessate, laddove sancisce che in luogo del “contratto” basta produrre una “dichiarazione sostitutiva attestante il legame giuridico ed economico esistente nel gruppo”; cfr. comma 2, lett. g). E’ pertanto legittima l’esclusione, in fase di pre-qualifica, della holding che si lim ita a dichiarare semplicemente nella domanda di partecipazione l’intenzione di avvalersi dei
Infine le stesse antinomie paiono presentarsi tra la disciplina del subappalto di cui agli artt. 27/3 e 118 del codice e quella dell’avvalimento, visto che tale ultimo articolo, al comma 1, parla di soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice [che] sono tenuti ad eseguire in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto” e al comma 2, dice che: “Per i servizi e le forniture, [la quota principale] è riferita all’importo complessivo del contratto”9. E ciò soprattutto se si tien conto che le
requisiti delle imprese appartenenti al proprio gruppo societario (x.xx, altresì: TAR Puglia-Bari, I, 3-7-08, n. 1604).
(X.xx, altresì: X. Xxxxxxxxxx, L’avvalimento negli appalti pubblici: punti fermi e nodi irrisolti, Il Nuovo Dir. Amm., 1/2013, 58 e segg., par. 7).
9 Secondo X.Xxxxxxxxxx, op. cit. pagg. 78-84, non vi sarebbe alcuna incompatibilità tra avvalim ento e subappalto. “ La figura dell’avvalimento -asserisce tale Autore –riguarda il profilo della qualificazione dei concorrenti ai fini dell’esecuzione dell’appalto. Infatti, la prova documentale della disponibilità delle capacità altrui deve necessariamente essere resa in fase di ammissione alla gara (T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 6 giugno 2007, n. 1464).
Invece, la materia del subappalto inerisce di regola alla fase dell’esecuzione dell’appalto
medesim o. Il subappaltatore è esecutore delle prestazioni ricomprese nell’appalto, il soggetto dei cui requisiti ci si avvale no. Quest’ultim o, come non è subappaltatore, non è neppure mandante, né cooptato.
Per converso, anche il subappaltatore può ricorrere all’avvalim ento dei requisiti, al fine di qualificarsi ad eseguire le proprie prestazioni d’appalto. Xxxx, nulla toglie che si possa tra l’altro configurare una sorta di avvalim ento interno im proprio in cui l’appaltatore principale (che non ricorre all’avvalim ento) “presta” la sua qualificazione proprio al subappaltatore (l’avvalim ento interno è im proprio, in quanto il subappaltatore non è mandante di R.T.I.).
“La (…) novella dell’articolo 49, comma 10, del Codice dei contratti pubblici elim ina il dubbio
sulla possibilità di coesistenza dell’avvalim ento con il subappalto. Resta ferm a la necessità che venga rispettata la disciplina nazionale in materia di subappalto” (T.A.R. Umbria, 31 maggio 2007, n. 472).
Non smentisce la tesi qui sostenuta quanto afferm ato da T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 16 novembre 2007, n. 11322: “Nell’osservare come il capitolato speciale abbia introdotto il solo limite del divieto di avvalim ento per attività, comprese nella categoria prevalente, il cui valore fosse superiore al 30% dell’im porto dei lavori di tale categoria (in ciò attuando le previsioni di cui ai commi 6 e 7 dell’art. 49 del X.X.xx. 163/2006, che stabiliscono che è rim esso alla lex specialis di gara disciplinare “l’avvalim ento di più imprese ausiliarie in ragione dell’im porto dell’appalto o della peculiarità delle prestazioni”; e, “in relazione alla natura o all’im porto dell’appalto” introdurre eventuali lim itazioni a tale facoltà relativamente ai soli requisiti economici o tecnici, ovvero alla integrazione di un preesistente requisito tecnico o economico già posseduto dall’impresa avvalente in misura o percentuale indicata nel bando stesso”), deve escludersi che, nella fattispecie all’esam e, si vertesse in ipotesi di precluso ricorso all’istituto di che trattasi”.
limitazioni di cui all’art. 49/6 non sussistono per i contratti pubblici di servizi e di forniture.
Se si tiene conto che l’avvalimento non è soggetto alle norme restrittive in tema di subappalto (specie in punto 30%), appare corretta la Guida pratica diramata dal Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel gennaio 2011 per la quale: <<. . . legittimamente un’impresa ausiliaria potrebbe svolgere, pertanto, l’intera prestazione [e non solo il 30%] prevista dal contratto, qualificandosi ai sensi dell’art. 49, comma 10, come subappaltatore, senza l’applicazione dell’art. 118>> (x.xx: X.Xxxxxxxx, cit., pag. 1441, nota 23).
A tutta evidenza il collegio romano –presieduto da Xx Xxxx- non afferma affatto che l’avvalimento in quota di categoria prevalente sia di principio vietato oltre il limite del 30% della prevalente stessa. La sentenza si lim ita soltanto a riconoscere la piena applicabilità della disciplina codicistica, che consente alla stazione appaltante di porre discrezionalm ente lim iti – in sede di bando – alla facoltà di avvalim ento. Xxxx, quest’ultima, che comunque non si condivide, in relazione ai profili di disapplicabilità del codice dei contratti. Limitare la possibilità di avvalim ento, infatti, è come limitare, per le im prese, la possibilità di raggrupparsi ”. Tale Autore ribadisce la detta tesi anche a proposito dei lavori (pagg. 82-84).
Circa i rapporti tra avvalimento e subappalto e, soprattutto, se in tema di lavori e a sensi dell’art. 49/10 l’impresa ausiliaria possa superare, in quanto subappaltatrice, il tetto del 30% di cui all’art. 118 e 170 del regolamento, x.xx X.Xxxxxxxx (L’avvalim ento tra principi di diritto comunitario e disciplina dei contratti pubblici, Xxx.xx., dir. pubbl. comunitario, 6/2011, 1431 e segg. e, in particolare, par. 8). Tale Autore cita, a favore della tesi della integrale applicabilità dell’art. 118 (e quindi anche del tetto del 30%): Cons. St., V, 3791/2009; TAR Lazio, III, 207/2010; TAR Umbria, 472/2007. Cita, altresì, per la risposta negativa (e, quindi, nel senso che il limite del tetto del 30% non si applicherebbe nell’ipotesi dell’art. 49/10), TAR Lombardia, III, 168/2008. Personalmente, però, ritiene che alla luce del canone di “ragionevolezza” si dovrebbe ammettere “ . . . il superamento del lim ite del 30 per cento . . . [anche perché] il comma 10 [dell’art. 49] ci parla di un subappalto che opera <<nei lim iti dei requisiti prestati>>, il che ci potrebbe anche così fornire un parametro quantitativo nuovo rispetto a quello desum ibile dall’art. 118: i requisiti prestati anziché il 30 per cento” (x.xx pag. 1441). (Va, comunque, chiarito che: [1] il “caso” esaminato dal Cons. St., V, 3791/2009 riguardava il servizio di “ raccolta interna, trasporto, conferim ento, trattamento, smaltim ento e recupero dei rifiuti speciali, pericolosi e non, prodotti dai dipendenti di presidi ospedalieri”; [2] quello esaminato dal TAR Lazio, III, 287/2010, riguardava “ lavori della categoria prevalente OG3; [3] quello esaminato dal TAR Umbria, 472/2007 riguardava la concessione del servizio di distribuzione del gas metano”; [4] quello esaminato dal TAR Lombardia, Milano, III, 168/2008 riguardava il servizio di “ raccolta di rifiuti sanitari pericolosi e non . . .”).
Per un’interpretazione restrittiva, v.sni Avcp n. 2 dell’1-8-2012 (“L’avvalimento delle procedure di gara”) e Avcp n. 4 del 10-10-2012, par. 4 (“ Ricorso all’avvalimento”) e par. 8 (“ Ricorso al subappalto”).
5.(2.1) Xxxxxxx, ora, sempre a proposito dei servizi di cui all'Allegato II A –ma il discorso si può estendere ad altri contratti aventi ad oggetto altri servizi, così come si può estendere alle forniture (e, quindi, non lo si ripeterà in seguito)- a quello che viene denominato avvalimento interno. Istituto spurio che presuppone che le norme sull’avvalimento non siano eccezionali ex art. 14 delle disposizioni preliminari al cc e che, quindi, sia possibile l’interpretazione analogica di dette norme a casi non espressamente contemplati dall’art. 49 del codice.
Facciamo alcuni esempi. Come è noto, l’art. 34 menziona tra i soggetti a cui possono essere affidati i contratti pubblici, i raggruppamenti temporanei di concorrenti, i consorzi ordinari di concorrenti di cui agli artt. 2602 e segg. cc, i GEIE e gli operatori economici, ai sensi dell’art. 3, comma 22, stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi paesi e che abbiano una struttura analoga alle ATI, ai nostri consorzi ex artt. 2602 e segg. cc e ai GEIE.
Tali operatori economici (art. 3, commi 19, 20 e 22) non sono entificati, né
appartengono (del tutto: ma il discorso dovrebbe essere approfondito) alla categoria dei soggetti “senza personalità giuridica” o con personalità semipiena. Trattasi, invece, di operatori economici plurisoggettivi e cioè costituiti da più soggetti tra i quali viene costituito un rapporto di mandato temporaneo (art. 37/14-14-18) o di consorzio temporaneo (nel caso di consorzi ex artt. 2602 e segg. cc) o anche stabile (in caso di GEIE). E tale rapporto –ripetesi di mandato e di consorzio- viene, a volte, a creare verso le PP.AA. (e, in alcuni casi, verso altri terzi: personale dipendente, fornitori, subappaltatori: v.nsi, ad esempio, artt. 1670 e 1676 cc, 37/5 e 118/3 del codice, 4-6 del regolamento eccetera), una situazione di solidarietà passiva a sensi dell’art. 1294 cc e a volte (ma ciò è più controverso)10 di solidarietà attiva (artt. 1292, 1296 cc) in forza della
10 X.xx, in punto, Cass. 15-1-2000, n. 421, per la quale: “1. In tema di appalto di opere pubbliche stipulato da due im prese riunite in associazione temporanea, qualora intervenga il fallim ento della società capogrupo, costituita ex lege come mandataria dell’altra ai sensi dell’art. 23 comma 8 d.lvo 19 dicembre 1991, n. 406, il mandato deve reputarsi risolto a norm a dell’art. 78
r.d. 16 marzo 1942 n. 267 che non trova deroga nella disciplina del d.lvo n. 406 cit. e conseguentemente l’impresa mandante (essendo l’accettazione dell’opera avvenuta anteriorm ente alla dichiarazione di fallim ento) deve reputarsi direttamente legittim ata a riscuotere dall’Amm inistrazione appaltatrice il corrispettivo per l’esecuzione dell’appalto per la quota corrispondente a quella parte dei lavori appaltati, la cui esecuzione, in base all’accordo di associazione temporanea, era di sua spettanza; correlativamente, in base all’accordo di associazione tem poranea, era di sua spettanza; correlativamente, detta Amm inistrazione non può eseguire il pagamento di detto corrispettivo alla curatela fallim entare dell’im presa capogruppo che, per effetto della cessazione del mandato, non è più legittim ata ad effettuare incassi in nome e per conto dell’altra associata, dovendosi inoltre ritenere che qualora la curatela riceva detto pagamento, il credito dell’impresa già mandante, che agisca per ottenere dalla curatela la somma pagata dall’Amm inistrazione appaltatrice, non debba
norma di cui all’art. 37, commi 16-19, del codice. Situazione per la quale il “rapporto” di mandato e di consorzio sembra costituire un nuovo soggetto, seppure con personalità semipiena e per il tempo in cui dura il rapporto di appalto pubblico di lavori, servizi e forniture.
Venendo, comunque, alla possibilità di avvalimento, l’art. 49 del codice sembra riferirsi solo a quello esterno.
Nell’ipotesi di ATI, paradigmatica per gli altri concorrenti plurisoggettivi sopra menzionati, sembra che i soggetti appartenenti all’ATI possano ricorrere solo a imprese ausiliarie terze per “soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione SOA”.
Nel caso in cui, ad esempio, in un appalto di lavori sia richiesta la cat. OG1, come “prevalente” e quella OG11 come “scorporabile”, sembra che, in un’ATI verticale laddove la mandataria esegue la OG1 e la mandante la OG11, sia solo possibile il
essere fatto valere in sede concorsuale, avanti al Tribunale fallim entare, ma possa esserlo davanti al giudice ordinario. (Nella specie, l’impresa mandante aveva agito contro la curatela per ottenere l’accertamento della propria legittimazione alla riscossione del suddetto corrispettivo; nel giudizio era intervenuta l’Amm inistrazione appaltante che aveva messo a disposizione la somma ed il giudice di merito, dopo che quello di primo grado aveva reputato improponibile l’azione, in quanto non di competenza del Tribunale fallimentare, ed aveva dichiarato la debenza di essa alla curatela dell’impresa mandataria, attribuendogliela, il giudice di appello aveva, invece, in applicazione dei principi affermati dalla Corte suprema, condannato la curatela a corrisponderla all’im presa già mandante). 2. In tema di appalto stipulato da un’associazione temporanea di im prese, qualora la società capogruppo e mandataria ex lege dell’altra associata abbia stipulato un accordo in forza del quale dietro pagamento imm ediato di una percentuale sulla parte di corrispettivo dell’appalto che competerebbe direttamente , in proporzione alla quota di lavori di sua pertinenza, si sia impegnata, una volta conseguito dall’Amministrazione appaltatrice il pagamento di detta parte, a trasferirla all’im presa associata e sua mandante, e qualora la capogruppo, dopo la compiuta esecuzione dei lavori e l’accettazione degli stessi da parte dell’Amministrazione, fallisca ed il suo curatore riceva successivamente il pagamento dell’Amministrazione stessa, il credito oggetto del detto impegno deve reputarsi venuto ad esistenza non al momento della suddetta ricezione, ma fin dal momento dell’accettazione dell’opera, con la conseguenza che l’azione intesa a far valere l’efficacia della cessione e, quindi la pretesa creditoria alla somma oggetto del pagamento ricevuto, deve esercitarsi in sede concorsuale, ai sensi dell’art. 52 r.d. 16 marzo 1942, n. 267” (in parte, contra: Corte d’Appello di Torino, I, 8-2-2000, n. 275 che ha negato l’azione diretta della mandante verso la PA e ciò “ in arm onia con l’orientamento della Suprema Corte espresso in Cass. 11-5-98, n. 4728 (in senso analogo Cass. 13-5-99 n. 4746), ove si è afferm ato, appunto, che il solo interlocutore della Amministrazione appaltante è l’impresa mandataria e che la riscossione del compenso può avvenire unicamente da parte di quest’ultim a, mentre nei rapporti interni la pretesa creditoria dell’impresa mandante deve essere fatta valere verso la capogruppo ai sensi dell’art. 1713 cc”.
ricorso all’avvalimento esterno laddove una delle due imprese (o anche tutte e due: comma 6) sia carente quanto a “classifica” a sensi dell’art. 61 del regolamento, anche se sia la mandataria che la mandante posseggano, in incrocio, rispettivamente le cat. OG1 e OG11 ma per classifiche carenti per i lavori.
Il fatto, quindi, che l’art. 49/2 prescriva tutta una serie di “prove” per l’avvalimento e che l’ATI di tipo verticale escluda la solidarietà passiva in capo alla mandante (art. 37/5) e, per i lavori, l’art. 37/6 esiga che “ciascun mandante deve possedere i requisiti previsti per l’importo della categoria dei lavori che intende assumere e nella misura indicata per il concorrente singolo”, sembra escludere la possibilità dell’avvalimento interno tra le due imprese per le classifiche carenti, ma sufficienti se integrate tramite prestiti interni. Non solo: l’ultimo periodo del citato art. 37/6, nel prevedere espressamente le ATI miste (“I lavori riconducibili alla categoria prevalente ovvero alle categorie scorporate possono essere assunti anche da imprenditori riuniti in raggruppamento temporaneo di tipo orizzontale”) non serve a risolvere il problema dei prestiti interni. Prestiti che, invece, sono normalmente ammessi nelle ATI orizzontali.
Occorre, quindi, un’interpretazione analogica per ammettere l’avvalimento interno per tutte le ipotesi di contratti pubblici di appalti o, per lo meno, per quelli di lavori (laddove venga in rilievo l’attestazione SOA) e per quei servizi, tipo quello dei rifiuti ove, per effetto del DM 406/98, siano previsti degli Albi (tipo quello nazionale dei gestori ambientali) che contemplino categorie e/o classi in maniera analoga a quanto previsto dal regolamento per i costruttori.
Ora se si tiene presente che: (1) l’interpretazione analogica non è ammessa solo per le “leggi … che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi” (e cioè l’interpretazione analogica non è ammessa per norme che sono pericolose se applicate “oltre i casi e i tempi considerati” in quanto introducono un fattore di disuguaglianza di trattamento non giustificato dal caso specifico per il quale è stato previsto uno ius singulare); (2) la normativa sull’avvalimento è “di portata generale” (Cons. St., VI, 11- 7-08, n. 3499; Cons. St., V, 21-4-09, n. 2401; Cons. St., V, 19-3-09, n. 1624 ecc.) in
quanto privilegia la concorrenza tra le imprese (Cons. St., V, 19-3-09, n. 1624; Cons. St., 19-3-09, n. 1589 per la quale: “La finalità dell’istituto dell’avvalimento non è affatto quella di arricchire la capacità (tecnica o economica che sia) del concorrente, ma quella di consentire a soggetti che ne siano privi di concorrere alla gara ricorrendo ai requisiti di altri soggetti”); (3) gli artt. 47/3 e 48/4 della direttiva 18/2004 asseriscono che: “un raggruppamento di operatori economici … può fare affidamento sulle capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti”, non vi è dubbio che l’avvalimento possa, analogicamente (per il diritto interno) e per previsione espressa (secondo il diritto comunitario, prevalente su quello nazionale), applicarsi a tutti i casi in cui non sia pericolosa una tale applicazione e, quindi, nel caso di specie, “ammettendo … la possibilità che lo strumento dell’avvalimento si intrecci con quello
dell’associazione temporanea o del consorzio e ribadendo la sostanziale indifferenza per i rapporti sottostanti tra ausiliante e ausiliato” 11.
Semmai, in relazione all’art. 49/4 (per il quale: “il concorrente e l’impresa ausiliaria sono responsabili in solido nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto”), si pone il seguente problema: una mandante che, in un’ATI verticale, “presti” internalmente dei requisiti alla capogruppo, perde il privilegio di cui all’art. 37/5, secondo periodo, e diventa, almeno per la parte del “prestito”, responsabile solidale con la capogruppo? E che incidenza ha l’istituto dell’avvalimento sulla norma di cui all’art. 37/4 per il quale: “Nel caso di forniture o servizi dell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati?”. Stesse considerazioni possono avanzarsi a proposito dei contratti sotto soglia (artt. 121-125) per i quali si applicano “le disposizioni della parte II, in quanto non derogate dalle norme del titolo [secondo]”. L’avvalimento si applicherà anche a tale ipotesi.
Ad ogni modo l’avvalimento interno è stato ammesso dalla giurisprudenza (v.nsi: Cons. St., V, 12-11-2009, n. 7054 [ammette l’avvalimento interno per i servizi di progettazione]; TAR Xxxxx Xxxxx, 00-0-0000, n. 1 [ammette l’avvalimento interno in tema di lavori]; TAR Lazio, Roma, I, 12-5-2008, n. 3875 [ammette l’avvalimento infragruppo, anche se poi esclude la “holding che si limita a dichiarare semplicemente nella domanda di partecipazione l’intenzione di avvalersi dei requisiti delle imprese appartenenti al gruppo”]; Xxxx. Xx., XX, 00-0-0000 [ammette l’avvalimento infragruppo e ritiene la “dichiarazione di avvalimento chiaramente implicita nella dichiarazione di possesso del requisito come “gruppo”, se pure non accompagnata dalla documentazione di cui all’art. 49/2 del d.lg. 163/2006”]; Cons. St., VI, 20-12- 2004, n. 8145 [ammette l’avvalimento infragruppo, nel caso di “gestione di servizi socio-sanitari” e afferma: “Ai consorzi con personalità giuridica che partecipano agli appalti di servizi non può applicarsi la disciplina dettata, per gli appalti di lavori
11 Così di Xxxxx Xxxxx e Xxxx Xxxxx, in “ Le norme europee”, L’avvalimento, Edilizia e Territorio, n. 20/2009, pag. 8. Nel senso che: “ E’ certamente da preferire, tenuto conto della norm ativa comunitaria di riferimento (artt. 47, comma 3, e 48, comma 4, dir. 2004/18/CE: “un raggruppamento di operatori economici […] può fare affidamento sulle capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti”), la tesi che, in ossequio al principio di massima accessibilità al mercato delle commesse pubbliche, ammette la possibilità di avvalim ento anche per i soggetti parte di un raggruppamento non costituito, e ciò non solo nei confronti dei soggetti esterni ma anche degli stessi partecipanti al raggruppamento. In questa prospettiva, l’art. 49, comma 7, cod. contr. pubbl. deve perciò essere inteso nel senso che è vietata la partecipazione dell’avvalente e dell’avvalsa alla medesim a gara allorchè tali im prese siano in concorrenza l’una con l’altra, non certo quando esse facciano capo a un medesimo centro d’interessi”, x.xx TAR Lazio, Roma, I, 22-5-2008 n. 4820 (x.xx, altresì, TAR Valle d’Aosta, 23-1-2009, n. 1).
pubblici, dall’art. 11, l. 109/94, a mente del quale solo i consorzi privi di personalità giuridica possono essere equiparati alle ATI ai fini del cumulo dei requisiti di capacità tecnica economica e finanziaria posseduti singolarmente dai consorziati. La previsione di cui all’art. 11 della l. 109/94 non è espressione di un principio generale, ma vale solo per le gare di lavori pubblici, atteso che nel diritto comunitario vige l’opposto principio, secondo cui il concorrente alla gara di appalto può avvalersi dei requisiti di capacità economico finanziaria di altri soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che ha con essi, e purchè provi che disporrà effettivamente dei mezzi necessari” (art. 47.2, direttiva unificata 18/2004); nonché: TAR Sardegna, 11-10-2000, n. 984; TAR Lombardia, III, 30-4-2000, n. 1090; CSI, 8-3-2005, n. 88 [che, tutte, ammettono l’avvalimento infragruppo]; Cons. St., V, 27-3-2001, n. 3188; Cons. St., V, 27-11- 2001, n. 1695; Cons. St., VI, 18-2-2003, n. 2183 [che, anche qui ed entro certi limiti, ammettono l’avvalimento interno: x.xx X. Xxxxxxx, in Codice e Regolamento dei contratti pubblici, a cura di X. Xxxxxxxxxx e e X. Xxxxxx, D. Dike, 2011, 376-377])12.
5.(2.2) Per i servizi sub 3.(1.2) e 3.(1.2.1)- genericamente i servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria- si possono porre problemi:
* per i “prestiti interni”, in relazione alla normativa di cui all’art. 90/7 per il quale: “Indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto affidatario dell'incarico di cui al comma 6, lo stesso deve essere espletato da professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali, personalmente responsabili e nominativamente indicati già in sede di presentazione dell'offerta, con la specificazione delle rispettive qualificazioni professionali. Deve inoltre essere indicata, sempre nell'offerta, la persona fisica incaricata dell'integrazione tra le varie prestazioni specialistiche. Il regolamento definisce le modalità per promuovere la presenza anche di giovani professionisti nei gruppi concorrenti ai bandi relativi a incarichi di progettazione, concorsi di progettazione, concorsi di idee. All'atto dell'affidamento dell'incarico deve essere dimostrata la regolarità contributiva del soggetto affidatario” (in relazione agli artt. 52-54, 62/3-5, e, soprattutto, 253/5 del regolamento)13;
* per i “prestiti esterni”, in relazione all’art. 91/3 per il quale: “In tutti gli affidamenti di cui al presente articolo l’affidatario non può avvalersi del subappalto, fatta eccezione per le attività relative alle indagini geologiche, geotecniche e sismiche, a sondaggi, rilievi, a misurazioni e picchettazioni, alla predisposizione di elaborati specialistici e di dettaglio, con l’esclusione delle relazioni geologiche, nonché per la sola redazione grafica degli elaborati progettuali. Resta comunque impregiudicata la responsabilità del progettista” (in relazione all’art. 118 del codice).
12 X.xx, comunque, X. Xxxxxxxxxx, cit., 58 e segg. e par. 4.
13 In ordine all’art. 90/7, v.nsi: (1) AVCP, Parere di precontenzioso del 5 maggio 2011, n. 84; (2) TAR Valle d’Xxxxx, 00-0-0000, x. 00; (3) TAR Sardegna, I, 22-3-2011, n. 306.
Se è vero che la giurisprudenza ha già consentito l’avvalimento per il requisito relativo al possesso di un determinato fatturato, (x.xx: relativamente al “servizio aereo per la prevenzione e l’estinzione degli incendi boschivi”: Cons. St., V, 19-3-2009, n. 1624 che, sul punto, ha confermato la sent. del TAR Liguria, nonché Cons. St., V, 17-3-09, n. 1589) e se è altrettanto vero che il prestito dell’attestazione SOA implica un prestito di requisiti tecnici di capacità (specie se questa documenta altresì la c.d. capacità progettuale: x.xx art. 53/3 del Codice), è pur sempre arduo pensare a “prestiti” di requisiti di carattere intellettuale, qualitativi e di per sé infungibili. D’altra parte se la locuzione “capacità tecniche e professionali” di cui agli artt. 48 della direttiva 18/2004/CE e 54 della direttiva 17/2004/CE includono le capacità professionali ed intellettuali dei progettisti, direttori dei lavori e dei soggetti di cui all’art. 90/1 lett. d), e), f), f-bis) del codice, non vedesi come possa negarsi l’avvalimento in tali ipotesi, interno o esterno che sia. Né pare possibile negare il c.d. avvalimento di garanzia in ordine quale si hanno, ad oggi, opinioni e pronunce contrastanti (x.xx: X.Xxxxxxxx, cit., par. 6). Dato il primato del diritto comunitario saranno allora da disapplicarsi le norme di cui agli articoli del codice che si pongano in contrasto con il primo (x.xx, per la disapplicazione della normativa di cui agli artt. 186/2 e 191/9 del Codice, TAR Lazio, Roma, III, 2-10-07, n. 9630). Anche qui, come già rilevato in alcuni passaggi del precedente articolo citato in nota (1), l’istituto dell’avvalimento, posto a tutela di una larga e libera concorrenza, pare porsi in contrasto con la normativa di cui agli artt. 90/7 e 91/3 del codice e di altre eventuali che limitino l’organizzazione degli operatori economici in tema di contratti pubblici.
Stesso discorso si può fare a proposito dell’art. 253/30 per gli appalti relativi ai beni culturali.
In tal caso l’ultimo periodo del citato articolo 253/30 –per il quale: “Ai fini della valutazione della sussistenza di detto requisito [e cioè quello della “avvenuta esecuzione, nell’ultimo decennio, di lavori nello specifico settore cui si riferisce l’intervento, individuato in base alla tipologia dell’opera oggetto dell’appalto”], possono essere utilizzati unicamente i lavori effettivamente realizzati dal soggetto esecutore, anche in esecuzione di cottimi e sub affidamenti”- o va disapplicato ovvero lo si ritiene compatibile con l’avvalimento (il che porta agli stessi risultati pratici)14.
14 In tal senso, x.xx X. Xxxxxxxxxx, op. cit., pagg. 106-108. In tal senso, x.xx altresì TAR Lombardia, Milano, I, 7-4-09, n. 3227 per il quale: “ Trattandosi di una procedura di gara per un appalto ricompreso nell’allegato II B al Codice dei contratti (per il quale l’art. 20 non fa rinvio all’art. 49) va ritenuta, di contro, l’applicabilità in ogni caso dei principi di cui all’art. 27 d.lgs. 163/2006, al lum e della disciplina comunitaria sull’avvalim ento, istituto in un primo tempo elaborato in via pretoria dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, circoscrivendone inizialm ente l’applicazione all’interno o comunque nell’ambito dei gruppi di im prese (cfr. causa C-389/92, Ballast Nedam Croep I; 18 dicembre 1997, causa C-5/97 Ballast Nedam Groep II) ed in seguito codificato dal legislatore comunitario ed in ultimo generalizzato
5.(2.3) Non vi è nulla, poi, da aggiungere sui rifiuti quali disciplinati dal TU 152/2006. Stesso discorso si può fare a proposito dei servizi di cui all’Albo nazionale degli autotrasportatori (istituito con la l. 6-6-1974, n. 298. X.xx, da ultimo, il dpr 10-7-2009, n. 123).
5.(3) Per i servizi di cui all’ Allegato II B al codice non si può che concordare con quanto scritto da X. Xxxxxxxxxx (op. cit., pag. 85). “Paradossalmente –dice detto Autore- non applicandosi a questi servizi l’art. 49 del codice, il principio di avvalimento si applica nel modo più ampio che prevede e consente il conglomerato giuridico dei c.d. principi fondamentali del Trattato, addirittura oltre la già scarna disciplina prevista dai due articoli della Dir. 2004/18/CE. Tuttavia nulla vieta alla stazione appaltante di auto-vincolarsi, in parte qua (cioè in quanto compatibile con i principi comunitari)”.
attraverso le direttive 17-18/2004/CE aventi sul punto immediata efficacia precettiva (Tar Puglia, Lecce, sez. II, n. 1674/2007). In forza di tali direttive l’avvalim ento costituisce oramai un principio generale che perm ette al concorrente di provare i requisiti di capacità richiesti avvalendosi di quelli di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi (ed anche qualora le due imprese, avvalente ed avvalsa, siano partecipanti dello stesso raggruppamento temporaneo di im prese), purchè dimostri alla stazione appaltante di disporre delle risorse necessarie (v. artt. 47 e 48 direttiva 2004/18/CE).
Neppure può essere posta in dubbio la possibilità che l’avvalim ento trovi applicazione anche in mancanza di alcuna indicazione (conferm ativa o restrittiva) espressamente riportata dal bando, avendo le norm e comunitarie, in virtù della loro primazia e portata precettiva, un’efficacia integrativa automatica delle previsioni del bando di gara, anche laddove non vi sia un espresso richiamo, per cui l’assenza di espresse previsioni nella lex specialis di gara non costituisce affatto motivo di im pedim ento, al suo utilizzo, ma al contrario legittim a i concorrenti a far uso della facoltà prevista dalla norm a nella sua più ampia portata (cfr. Tar Campania, Napoli, sez. VIII, n. 10271/2007).
Ciò posto, anche a prescindere dalla più rigorosa disciplina introdotta dal d.lgs. 163/2006 non applicabile nel caso di specie, sulla base della regolamentazione comunitaria e del rispetto dei principi della materia (in specie, imparzialità e trasparenza ex art. 27 d.lgs. 163/2006) l’avvalimento presuppone pur sempre che in sede di gara siano indicati i soggetti ed i requisiti specifici di cui il concorrente si intende avvalere e sia data la prova mediante presentazione di (dichiarazione di) impegno dell’im presa ausiliaria (cfr. Tar Puglia, Bari, sez. I, n. 3314/2006). Se è vero che, tanto per la dichiarazione quanto per la relativa prova, il diritto comunitario, in omaggio al favor partecipationis e alla massim a apertura dei mercati, non richiede formule sacramentali (in particolare non è richiesta la produzione di un contratto tra l'impresa ausiliare e quella ausiliata); non sembra che si possa seriamente dubitare della necessità che una dichiarazione di avvalim ento sia comunque presentata in sede di gara e che, nella stessa sede, l’impresa avvalente dimostri alla stazione appaltante che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione del formale impegno dell’impresa ausiliaria.
Ad ogni modo, proprio a proposito dell’Allegato II B al codice, il TAR Lombardia (I, 7-4-2009, n. 3.227) ha asserito:
Trattasi di una procedura di gara per un appalto ricompreso nell’allegato II B al Codice dei contratti (per il quale l’art. 20 non fa rinvio all’art. 49); e, di contro, dell’applicabilità in ogni caso dei principi di cui all’art. 27 d.lgs. 163/2006, al lume della disciplina comunitaria sull’avvalimento, istituto in un primo tempo elaborato in via pretoria dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, circoscrivendone inizialmente l’applicazione all’interno o comunque nell’ambito del gruppi di imprese (cfr. causa C- 389/92, Ballast Nedam Groep I; 18
dicembre 1997, causa C-5/97 Ballast Nedam Groep II) ed in seguito codificato dal legislatore comunitario ed in ultimo generalizzato attraverso le direttive 17-18/2004/CE aventi sul punto immediata efficacia precettiva (Tar Puglia, Lecce, sez. II, n. 1674/2007).
In forza di tali direttive l’avvalimento costituisce oramai un principio generale che permette al concorrente di provare i requisiti di capacità richiesti avvalendosi di quelli di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi (ed anche qualora le due imprese, avvalente ed avvalsa, siano partecipanti dello stesso raggruppamento temporaneo di imprese), purché dimostri alla stazione appaltante di disporre delle risorse necessarie (v. artt. 47 e 48 direttiva 2004/18/CE).
Neppure può essere posta in dubbio la possibilità che l’avvalimento trovi applicazione anche in mancanza di alcuna indicazione (confermativa o restrittiva) espressamente riportata dal bando, avendo le norme comunitarie, in virtù della loro primazia e portata precettiva, un'efficacia integrativa automatica delle previsioni del bando di gara, anche laddove non vi sia un espresso richiamo, per cui l'assenza di espresse previsioni nella lex specialis di gara non costituisce affatto motivo di impedimento al suo utilizzo, ma al contrario legittima i concorrenti a far uso della facoltà prevista dalla norma nella sua più ampia portata (cfr. Tar Campania, Napoli, sez. VIII, n. 10271/2007).
Ciò posto, reputa il Collegio che, anche a prescindere dalla più rigorosa disciplina introdotta dal d.lgs. 163/2006 non applicabile nel caso di specie, sulla base già della regolamentazione comunitaria e del rispetto dei principi della materia (in specie, imparzialità e trasparenza ex art. 27 d.lgs. 163/2006) l’avvalimento presupponga pur sempre che in sede di gara siano indicati i soggetti ed i requisiti specifici di cui il concorrente si intende avvalere e sia data la prova mediante presentazione di (dichiarazione di) impegno dell’impresa ausiliaria (cfr. Tar Puglia, Bari, sez. I, n. 3314/2006).
Se è vero che, tanto per la dichiarazione quanto per la relativa prova, il diritto comunitario, in omaggio al favor partecipationis e alla massima apertura dei mercati,
non richiede formule sacramentali (in particolare non è richiesta la produzione di un contratto tra l’impresa ausiliare e quella ausiliata); non sembra al Collegio che si possa seriamente dubitare della necessità che una dichiarazione di avvalimento sia comunque
presentata in sede di gara e che, nella stessa sede, l’impresa avvalente dimostri alla stazione appaltante che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione del formale impegno dell’impresa ausiliaria.
5.(4). Stesse considerazioni possono essere sollevate a proposito dei servizi sub 3.(3) di cui agli artt. 16-27 del codice, anche se, a priori, non è facile individuare delle precise ipotesi in cui l’avvalimento può essere fatto valere. Tale istituto, invece, non potrà normalmente essere utilizzato per i contratti citati all’art. 19 (compravendita, locazione, arbitrato, servizi finanziari ecc.), anche se –anche qui- potrebbero presentarsi dei casi in cui l’applicazione di tale istituto non presenta nulla di pericoloso ovvero di irragionevole.
5.(5) L’art. 206 (relativo alle norme applicabili ai c.d. settori speciali) al secondo periodo, afferma: “Della parte II, titolo I…, si applicano esclusivamente i seguenti articoli . . . . .”: segue di questi un lungo elenco, tra i quali non compaiono né art. 49 (sul c.d. “avvalimento singolo”), né l’art. 50 (sull’”avvalimento permanente”). Parrebbe quindi che, alla luce dell’avverbio “esclusivamente”, la normativa sull’avvalimento non possa trovare posto a proposito dei contratti pubblici dei lavori, servizi e forniture nei settori speciali, né in quelli di rilevanza comunitaria (artt. 206-237), né in quelli sotto soglia (art. 238).
In realtà l’art. 230, al comma 4, afferma: “Quale che sia il sistema di qualificazione qualitativa prescelto, si applicano gli articoli 43 e 44, nonché gli articoli 49 e 50 con esclusione del comma 1, lett. a)”. Non solo: l’art. 232, comma 6, ribadisce: “Se chi chiede la qualificazione intende avvalersi dei requisiti di capacità economica e finanziaria o tecnica e professionale di altri soggetti, il sistema di qualificazione deve essere gestito garantendo il rispetto dell’art. 50 con esclusione del comma 1, lett. a).” L’art. 233, ai commi 1 e 5, ribadisce ulteriormente l’applicabilità dell’istituto dell’avvalimento di cui agli artt. 49 e 50. Quindi non sussiste dubbio che l’istituto si applichi ai settori speciali.
“Unico elemento di differenziazione –dice D.Galli15- è costituito dal fatto che, in linea con quanto disposto a livello comunitario nei settori speciali, l’avvalimento
<<permanente>> non è condizionato al necessario rapporto di controllo tra impresa ausiliaria e impresa ausiliata”.
5.(6) Dato, poi, che: (a) “la concessione di lavori pubblici è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori” (artt. 1/par. 4 della dir.
15 In Edilizia e Territorio cit., pag. 29.
2004/18/CE e 3/11 del codice) e (b) alla concessione di servizi gli artt. 49 e 50 debbono essere applicati vuoi in via analogica, vuoi per la prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno, non vi è dubbio circa la piena applicabilità dell’istituto ai due tipi di concessioni (x.xx, per la concessione di lavori: TAR Lombardia, Brescia, 18-1-2007, n. 87; nonché per la concessione di servizi: TAR Xxxxxx-Romagna, I, 16-2-2007, n. 174; TAR Piemonte, II, 22-5-07, n. 2218; TAR Umbria, 31-5-2007, n. 472, nonché, in dottrina: X. Xxxxxxxxxx, op. cit., pagg. 57-66, nonché, infine, per il project financing: Cons. St., V, 5-7-07, n. 3814).
5.(7) Per i contratti del capo IV (Lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi), l’istituto dell’avvalimento si applica per richiamo espresso contenuto nell’art. 163, commi 3 e 6 (il quale ultimo afferma che: “. . . ai contratti . . . di cui all’art. 162, comma 1, si applicano, in quanto non derogate dalla disciplina ivi dettata, le disposizioni . . . della parte II, titolo I (contratti di rilevanza comunitaria) . .
.” e, quindi, gli artt. 49 e 50 contenuti nella Parte II, titolo I). (Ovviamente il capo IV, nel parlare di “lavori” include tutte le norme di cui agli artt. 161-180 e, quindi, anche quelle sui vari livelli di progettazione nonché quelle sul collaudo [art. 178]).
5.(8) Vediamo, ora, alcuni casi spurii.
* Nel caso di appalto integrato di cui agli artt. 19/1-ter della l. 109/94 (articolo in vigore per effetto dell’art. 255, comma 1-quinquies e 256, comma 1 [riferito alla legge 11-2- 1994, n. 109]) e 53/3 del codice (per il quale: “Quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione, ..., gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta, o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione”, non si deve ritenere che si tratti dell’avvalimento di cui agli artt. 49 e 50. Il verbo “avvalersi” in questo caso non veicola le stesse norme del sostantivo “avvalimento” o del verbo “avvalersi” di cui agli articoli in ultimo citati.
Da qui l’illegittimità di quei bandi, a parere di chi scrive, che, relativi ad appalti integrati, esigono in capo alle imprese di costruzione le prove documentali di cui al comma 2 dell’art. 49 (in tale senso X. Xxxxxxxxxx, op. cit., pag. 116 per il quale: “Il raggruppamento dell’appaltatore di lavori con un’associazione di progettisti non configura un’ipotesi di avvalimento”, citando a conforto e in nota 141, pag. 116, la sent. del TAR Sicilia, Catania, I, 2-10-2006, n. 1544)16.
* Nel caso di contratti menzionati dall’art. 32 (appalti applicati da privati), sebbene gli artt. 49 e 50 non siano richiamati, si può ragionevolmente ritenere che l’avvalimento sia applicabile.
16 X.xx, comunque, TAR Lazio Roma, III quater, 24-11-2008 n. 10.565, nonché TAR Piemonte, I, 3190/2009, poi annullata dal Cons. St., V, 9511/2009 (Il Consiglio di Stato ha accolto la tesi contraria a quella sostenuta nel testo del presente articolo).
(La questione assume particolare rilevanza nelle ipotesi della c.d. esecuzione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria a scomputo di cui agli artt. 32/1 lett. g) e 122/8)17.
* Nel caso di subappalto, da alcuni autori viene ammesso che il subappaltatore possa
utilizzare lo strumento dell’avvalimento. Asserisce X. Xxxxxxxxxx (op. cit., pag. 80): “… anche il subappaltatore può ricorrere all’avvalimento dei requisiti, al fine di qualificarsi ad eseguire le proprie prestazioni d’appalto. Xxxx, nulla toglie che si possa tra l’altro configurare una sorta di avvalimento interno improprio in cui l’appaltatore principale (che non ricorre all’avvalimento) presta la sua qualificazione proprio al subappaltatore (l’avvalimento interno è improprio, in quanto il subappaltatore non è mandante di RTI”).
* Altro problema che può porsi è quello dell’associazione per cooptazione (art. 92/5 del regolamento). Qualora l’impresa cooptata si configuri come impresa ausiliaria, vale ancora il limite del 20%? Anche qui si pongono gli stessi problemi che si pongono a proposito del subappalto. Sembrerebbe che tale limite non possa più operare (x.xx, comunque, a proposito della cooptazione Cons. St., V, 5187, 16-9-2011).
* Viene poi escluso l’avvalimento di un’impresa di un Paese extra UE che non abbia firmato l’accordo sugli appalti pubblici, allegato (n. 4) all’accordo che istituisce la WTO (Cons. St., n. 23-2-2012, 969).
* Non viene infine ammesso il c.d. avvalimento a cascata (caso di un “concorrente che si avvale del requisito posseduto dall’impresa ausiliaria che, a sua volta, se lo è fatto “prestare da un’altra impresa” (X. Xxxxxxxxxx, cit., 61 e TAR Lazio, Roma, III, 2-3- 2012, n. 2169).
* Circa la distinzione tra avvalimento frazionato e parziale, X. Xxxxxxxxxx, (cit. 63),
così si esprime:
Occorre distinguere l'avvalimento frazionato da quello parziale. Col primo, ci si intende riferire al caso di un concorrente che ricorre a più di un avvalimento al fine di dimostrare il possesso di uno specifico requisito. Col secondo, al caso in cui il concorrente possegga parte del requisito e lo sommi con quello posseduto dall'ausiliaria.
17 Tengasi conto che, a sensi dell’art. 45 del d.l. 6-12-201, n. 201 convertito nella l. 00-00-000,
n. 214, è stato disposto quanto segue:
1. All’articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
“2-bis. Nell’ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comm 7, di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”.
In fondo, il secondo è una species del primo, nel quale l'impresa, diversa dall'ausiliaria, che contribuisce alla formazione del requisito, è il concorrente stesso. Proprio per ciò, le poche pronunce che si sono occupate dell'avvalimento parziale sono giunte alla conclusione che esso è vietato, proprio perché, più in generale, è vietato - sia pure nel solo ambito degli appalti pubblici (v. art. 49, comma 6) - quello frazionato. Difatti, il Consiglio di Stato afferma che «la finalità dell'avvalimento non è perciò "quella di arricchire la capacità (tecnica o economica che sia) del concorrente, ma quella di consentire a soggetti che ne siano privi di concorrere alla gara ricorrendo ai requisiti di altri soggetti" (Cons. Stato: Sez. V, 17 marzo 2009, n. 1589; Sez. IV, 20 novembre 2008, n. 5742), se e in quanto da questi integralmente e autonomamente posseduti (cfr. anche Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2010, n. 1054), [...] Non può essere accolta, infatti, una interpretazione per cui il divieto di utilizzo frazionato dei requisiti varrebbe soltanto nel caso dell'avvalimento di più imprese ausiliarie (ai sensi della seconda parte del comma) e non anche in quello di una sola impresa ausiliaria (di cui alla prima parte), essendo evidente che il legislatore si è occupato dì vietare espressamente l'utilizzo frazionato per la fattispecie in cui tale utilizzo è in concreto ipotizzabile, proprio in ragione della pluralità delle imprese ausiliarie, e non per quella in cui ci si avvalga di una sola impresa ausiliaria, non essendo altrimenti giustificato un divieto posto soltanto per un caso e non per l'altro; ciò è confermato dalla intervenuta abrogazione del comma 7 del medesimo art. 49, ai scusi del d.lgs. n. 152 del 2008, in cui era anche previsto "che l'avvalimento possa integrare un preesistente requisito tecnico o economico già posseduto dall'impresa avvalente in misura opercentuale indicata nel bando stesso", nonché dall'osservazione che la somma delle classifiche risulta espressamente prevista soltanto per i consorzi stabili (art. 36, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006)» (Sez. VI, 13 giugno 2011, n. 3565; in termini,T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 18 aprile 2012, n. 708). La tesi pretoria non sembra totalmente condivisibile. Ab imis, perché appare arduo argomentare a contrario dalla abrogazione del comma 7, nella parte in cui prevedeva la facoltà, per l'Amministrazione, di pretendere il possesso in capo al concorrente di una percentuale minima del requisito. Sembra, infatti, che l'abrogazione vada letta in", senso diametralmente opposto: nella direzione, cioè, di vietare, attraverso la previsione di una percentuale di possesso del requisito in capo al concorrente, la possibilità di partecipare anche a chi ne sia completamente sprovvisto (non già, invece, di vietare la partecipazione a chi in parte lo possegga). Ma, più in generale, perché l'applicazione del principio affermato dal Consiglio di Stato conduce ad una conseguenza che sembra inaccettabile (innanzi tutto, per il principio di concorrenza del quale l'avvalimento è espressione). La conseguenza, infatti, è quella di vietare la partecipazione a chi abbia in parte il requisito e di consentirla, invece, a chi ne sia completamente sprovvisto! Naturalmente, il problema non si pone quando l'impresa ausiliaria mette a disposizione per intero il requisito richiesto. In quel caso, il parziale possesso del requisito da parte del concorrente è ininfluente e non viene "speso" ai fini della gara. Il problema, invece,
si pone quando l'ausiliaria "presti" una parte che, sommata a quella del concorrente, consente di raggiungere la quantità (i.e.: la classifica) richiesta dal bando. Sennonché, non si vede perché due imprese, che pure ben potrebbero partecipare in a.t.i. nel rispetto dei requisiti minimi di cui all'art. 92 X.XX. n. 207/2010, non possano fare in modo che l'una presti all'altra quello che le manca in termini di classifica SOA. Dove sta il più, si potrebbe dire, sta il meno.
Può tuttavia convenirsi sul fatto che tali critiche siano non tanto alla giurisprudenza in commento, quanto, piuttosto, alla (a questo punto, forse, irragionevole) previsione normativa che ancora fa divieto di ricorrere all'avvalimento frazionato. Sicché, si inseriscono nel solco della nota (C(2008)0108) con la quale la Commissione aveva a suo tempo segnalato l'incongruenza di tale limitazione".
Quanto al rispetto dei principi comunitari, sfugge la ragione per la quale il nostro legislatore ha ritenuto di dovere confermare il divieto di avvalimento frazionato per gli appalti pubblici e lo ha, invece, soppresso per gli appalti di forniture e servizi. La parità trattamento, la ragionevolezza della misura di legge, avrebbero dovuto indurre a praticare in ogni caso un trattamento uniforme, e certamente a non diversificarlo in base ad un elemento — l'oggetto dell'appalto — rispetto al quale sono estranee le ragioni (pro o contro) l'avvalimento.
* Per l’avvalimento di garanzia, si richiama la giurisprudenza (Cons. St., IV, 1-8-2012, 4406; TAR Campania, Napli, I, 4-4-2012, n. 1589; Cons. St., V, 5-11-2012, 5595) e
l’indirizzo di AVCP (det. 1-8-2012, n. 2).
5.(9) Alcune sentenze di TAR asseriscono, poi, che: “La dichiarazione di avvalimento deve essere resa, per motivi di par condicio, in sede di partecipazione alla gara e deve essere corredata da apposita documentazione attestante il possesso dei requisiti da parte dell’impresa ausiliaria e l’obbligo, nei confronti del concorrente, di fornire i requisiti e le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto, elementi, questi ultimi, che non possono essere oggetto di integrazione successiva all’offerta” (es.: TAR Xxxxxx Xxxxxxx, Bologna, I, 14-2-2008, n. 219). Trattasi di decisioni molto opinabili vuoi perché vengono a restringere l’applicazione di un istituto di carattere generale, vuoi ancora perché se l’art. 37/8 del Codice ammette che: “In caso di procedure ristrette o negoziate, l’operatore economico invitato individualmente ha la facoltà di presentare offerta o di trattare per sé o quale mandatario di operatori riuniti”, non vedesi –almeno per tali ipotesi- la non possibilità di utilizzare l’avvalimento sino alla fase dell’offerta. Infatti l’istituto dell’avvalimento è utilizzabile anche nel caso in cui non sia previsto nel bando di gara (Cons. St., IV, 20-11-2008, n. 5.742.
5.(10) Per il problema della “prova” (artt. 49/2 e 88/1 del regolamento), si richiamano alcune pronunce: (1) Cons. St., V, 1054/2010 (relativamente al contratto di avvalimento che è stato ritenuto <<comprensivo di tutto ciò che rientra nella categoria OG12, compresi i macchinari>>); (2) TAR Lazio, II-ter, 442/2012 (il contratto di avvalimento
deve contemplare la dichiarazione di cui all’art. 49/2 lett. a) del codice [conformi: TAR Piemonte, I, 837/2009; TAR Valle d’Aosta, 1/2009]); (3) Cons. St., V, 571/2011 (il contratto di avvalimento deve contemplare un <<impegno chiaro e senza riserve>> di porre a disposizione, a sensi dell’art. 49/2, lett. d), del codice, le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto); (4) TAR Lombardia, Milano, I, 728/2012 (l’impegno da parte dell’impresa ausiliaria di porre a disposizione le risorse oggetto dell’avvalimento deve essere assunto anche nei confronti della stazione appaltante: [conforme: TAR Lazio, Roma, III, 5477/2008); (5) TAR Lazio, Roma, II-ter, 3637/2008 (il contratto di avvalimento <<. . . può rivestire qualunque forma, anche non esattamente documentale, e la sua esistenza può essere provata in qualunque modo idoneo>> [conforme: TAR Xxxxxx-Romagna, 4653/2008; Cons. St., VI, 101/2012; Cons. St., IV, 3886/2008]): l’art. 88 del regolamento è probabilmente da “disapplicare” o perché si discosta dalla norma primaria del codice o per contrasto con il diritto comunitario (in tal senso, seppur in termini dubitativi, X.Xxxxxxxx, cit., 1440); (6) X.xx, 000/0000 (x sufficiente la prova della disponibilità “in futuro” delle risorse offerte dall’impresa ausiliaria: non è, cioè, necessario che i mezzi siano già disponibili all’epoca dell’offerta [conforme: Cons. St., 7376/2005]); (7) TAR Friuli-Venezia Giulia, 575/2008 (va escluso l’avvalimento laddove il contratto di avvalimento riporti in calce il “timbro- firma” al posto della dovuta sottoscrizione); (8) TAR Valle d’Aosta, 1/2009 (non sarebbe sufficiente una “mera dichiarazione di avvalimento”: [conforme: Cons. St., V, 743/2009; Cons. St., VI, 641/2010; AVCP, parere precontenzioso 10-3-2011, n. 39. V.nsi, altresì: TAR Toscana, I, 1110/2011. TAR Sicilia, Palermo, III, 2174/201; TAR Campania, Napoli, I, 1589/2012; TAR Lazio, I, 3875/2008])18.
Sempre in punto “prova”, l’art. 81/1 del regolamento (per il quale: “Per la qualificazione in gara, il contratto di cui all’aticolo 49, comma 2, lettera f), del codice deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente: a) oggetto: le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico; b) durata; c) ogni altro utile elemento ai fini dell’avvalimento”.
5. Per i contratti di forniture, apparentemente, non dovrebbero sorgere problemi più complicati di quelli che possono sorgere a proposito dei contratti pubblici di lavori e di servizi.
In realtà, e si tiene conto che l’ Allegato II A al regolamento, sotto la voce “Categorie di opere specializzate”, si parla molto spesso di “fornitura” (Cat. OS3, 4, 5, 6, 8, 9, 10, 11,
17, 19, 27, 28, 29, 30, 31), e se, ancora, si tengono presenti le norme di cui agli artt. 170
del regolamento in relazione all’art. 107, comma 2, lett. f), g), m), o) e p) del medesimo
18 La giurisprudenza sopra citata è stata ripresa da X .Xxxxxxx e X.Xxxxxxx, Xxxxxx dei contratti pubblici commentato con la giurisprudenza. Annotato con il Regolamento e la Prassi, Maggioli Editore, 2012, 464 e segg..
testo normativo, è da prevedere l’incompatibilità tra l’istituto dell’avvalimento e alcune norme nazionali (sulle ATI e sul subappalto ad esempio) anche a proposito dei contratti di forniture. Tali anomalie vengono ad enfatizzarsi allorquando si debba tener conto delle citate categorie specializzate e se si ammette che il subappaltatore possa, a propria volta, avvalersi di imprese ausiliarie.
6. Vale la pena, poi, fare cenno al “contratto di rete”. L’art. 4-ter, quater e quinquies del dl 5/2009, convertito nella l. 122/2010, definisce tale contratto come segue:
4-ter. Con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare informe e in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa. Il contratto può anche prevedere l'istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l'esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso. Ai fini degli adempimenti pubblicitari di cui al comma 4-quater, il contratto deve essere redatto, per alto pubblico o per scrittura privata autenticata e deve indicare:
a) il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale di ogni partecipante per originaria sottoscrizione del contralto o per adesione successiva;
b) l'indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti e le modalità concordate tra gli stessi per misurare l'avanzamento verso tali obiettivi;
c) la definizione di un programma di rete, che contenga l'enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante, le modalità di realizzazione dello scopo comune e, qualora sia prevista l'istituzione di un fondo patrimoniale comune, la misura e i criteri di valutazione dei conferimenti iniziali e degli eventuali contributi successivi che ciascun partecipante si obbliga a versare al fondo nonché le regole di gestione del fondo medesimo; se consentito dal programma, l'esecuzione del conferimento può avvenire anche mediante apporto di un patrimonio destinato costituito ai sensi dell'articolo 2447-bis, primo comma, lettera a), del codice civile. Al fondo patrimoniale comune costituito ai sensi della presente lettera si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2614 e 2613 del codice civile;
d) la durata del contratto, le modalità di adesione di altri imprenditori e, se pattuite, le cause facoltative di recesso anticipato e le condizioni per l'esercizio del relativo diritto, ferma restando in ogni caso l'applicazione delle regole generali di legge in materia di scioglimento totale o parziale dei contraiti plurilaterali con comunione di scopo;
e) se il contratto ne prevede l'istituzione, il nome, la ditta, la ragione o la
denominazione soggetto come mandatario comune nonché le regole relative alla sua
eventuale sostituzione durante la vigenza del contratto. Salvo che sia diversamente disposto nel contratto., l'organo comune agisce in rappresentanza degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto, nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l'accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo dei-sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall'ordinamento nonché all'utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza;
f) le regole per l'assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di interesse comune che non rientri, quando è stato istituito un organo comune, nei poteri di gestione conferiti a tale organo, nonché, se il contratto prevede la modificabilità a maggioranza del programma direte, le regole relative alle modalità di assunzione delle decisioni di modifica del programma medesimo.
4-ter. 1. Le disposizioni di attuazione della lettera e) del comma 4-ter per le procedure attinenti alle pubbliche amministrazioni sono adottate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.
4-ter. 2. Nelle forme previste dal comma 4-ter. 1 si procede alla ricognizione di interventi agevolativi previsti dalle vigenti disposizioni applicabili alle imprese aderenti al contratto di rete, interessate dalle procedure di cui al comma 4-ter, lettera e), secondo periodo. Restano ferme le competenze regionali per le procedure di rispettivo interesse.
4-quater. Il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante e l'efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari.
4-quinquies. Alle reti delle imprese di cui al presente articolo si applicano le disposizioni dell'articolo 1, comma 368, lettere h), e) e à) della legge 23 dicembre 2005,
n. 266 e successive modificazioni, previa autorizzazione rilasciata con decreto del
Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, da adottare entro sei mesi dalla relativa richiesta.
Siccome trattasi di un contratto che si avvicina a quello di consorzio, potrebbero porsi dei problemi qualora i concorrenti alle gare disciplinate dal d.lg. 163/2006 si avvalessero di tale contratto al posto di quelli dei consorzi disciplinati dagli artt. 34-37 del codice. Di riflesso si potrebbero porre problemi per l’avvalimento, sia esterno, che interno19.
19 Per tale contratto, x.xx E.M. Tripputi, Il contratto di rete (in “ Nuove Leggi Civili Commentate”, 1/2011, 55 e segg.).
7. Circa la natura del contratto di avvalimento, le opinioni sono diverse. Si parla di contratto innominato, di contratto di mandato, di promessa del fatto del terzo a sensi dell’art. 1381 cc, di contratto a favore di terzi a sensi degli artt. 1411 e segg. cc, di contratto di prestito di requisiti caratterizzato da una duplicità di cause e a contenuto variabile.
X.Xxxxxxxx, ad esempio, asserisce: “Il contenuto variabile discende (recte: è condizionato) dal tipo di requisito posto a gara su scelta della stazione appaltante: (i) se si tratta di un bene materiale (che si collega ad una componente materiale della prestazione), avremo che il contenuto variabile potrà consistere in un affitto di azienda o di ramo di azienda od in un subappalto, secondo le preferenze espresse dalle parti;
(ii) se si tratta di un bene immateriale (e generico: ad esempio la soglia di fatturato o di capitale sociale, stando agli esempi fatti in precedenza e tratti dalla giurisprudenza), esiste una difficoltà di configurare il rapporto come un affitto di azienda o come un subappalto. Il contratto, però, non può mancare e non può limitarsi alla menzione del prestito dei requisiti, ma potrà avere in questo secondo caso un contenuto variabile di portata più ampia e quindi più generica: ad esempio, la cessione del know how, o di una messa a disposizione di propri uffici e/o maestranze”, per poi concludere che: “Il contratto di avvalimento è basato su una duplicità di cause. La prima è una causa costante che coincide col prestito dei requisiti. La seconda è invece una causa variabile, che corrisponderà al tipo contrattuale che, di volta in volta, si accomunerà al tipo contrattuale che, di volta in volta, si accomunerà al prestito dei requisiti. L’una e altra influenzeranno la disciplina della fattispecie, in armonia con le indicazioni impartite dal legislatore”. In sostanza “Esso assume contenuti e soprattutto forme giuridiche di volta in volta diverse. Si è già ricordata questa sua attitudine ad esser camaleonte: subappalto o affitto di azienda o di ramo di azienda o consorzio o franchising o cessione di diritti di know how o contratto di garanzia” (op. cit., 1450, 1452 e 1447).
7.1. Ancora, sembra doversi aderire alla tesi per la quale l’impresa ausiliaria è, in qualche modo, “parte” nei confronti della stazione appaltante (TAR Lombardia, Milano, I, 728/2012; TAR Lazio, Roma, III, 5477/2008; Cons. St., VI, 2956/2010) e assume, nei confronti di questa, la responsabilità “...in relazione alle prestazioni oggetto del contratto”. E, per “contratto” –e secondo un principio di ragionevolezza- non deve intendersi il “contratto di appalto”, bensì il “contratto di avvalimento”. Quindi deve pervenirsi alla tesi della responsabilità limitata a ciò che viene contemplato come oggetto in avvalimento20.
20 In tal senso, anche X.Xxxxxxxx, cit., 1442 e segg.
STUDI E OPINIONI
LE VENDITE FALLIMENTARI ‘COMPETITIVE’ TRA AUTONOMIA CONTRATTUALE E PROCESSO
- PARTE I -
L’Autrice ricostruisce alcuni profili delle vendite fallimentari c.d. ‘competitive’ al fine di verificare in quali ipotesi la disciplina privatistica possa trovare applicazione anche al di fuori dell’ambito del libero mercato ed in un contesto peculiare quale la procedura concorsuale fallimentare.
di XXXXXXXXX XXXXXXX
1. Premessa
La riforma della legge fallimentare ha rinnovato le vesti della fase di liquidazione dell’attivo fallimentare, rendendo inattuali i modelli interpretativi che dall’entrata in vigore della legge fallimentare si sono andati consolidando.
Nel sistema previgente le vendite fallimentari erano parificate alle vendite effettuate in sede di espropriazione forzata: l’ombra del processo involgeva ogni atto e non vi era alcuno spazio per un concreto operare dell’autonomia contrattuale. Infatti, la legge fallimentare del 1942 mirava ad assicurare una disciplina in grado di fornire, in una situazione di deconfiture dell’impresa, una tutela esecutiva dei creditori in una forma che assicurasse nel maggior grado la par condicio. L’opzione di fondo seguita dal legislatore della riforma è stata invece quella di perseguire, anche nel corso del fallimento, per quanto possibile, la sopravvivenza dei valori organizzativi residui dell’impresa insolvente.
Il contesto nel quale è maturato il processo riformatore ha visto l’interiorizzazione della profonda trasformazione intervenuta nella gestione dell’economia e dell’attività economica, che, attraverso il nuovo diritto societario e della crisi d’impresa, com’è stato scritto, xxxxxx e vuole marciare dietro la bandiera dell’autonomia privata. La fase di liquidazione risulta quindi, a seguito della riforma, tendenzialmente ‘affrancata’ dalle rigide forme dell’esecuzione forzata regolate dal codice di procedura civile e punta alla conservazione, anziché alla dispersione, dei valori insiti nell’impresa, in vista di una maggior tutela degli interessi generali coinvolti e specificamente della miglior tutela dei creditori, attraverso la valorizzazione degli organismi produttivi e dei patrimoni.
IL NUOVO DIRITT O DELLE SOCIET À – N. 21/2013
Si tratta di una tendenza che trova radici e ramificazioni anche in Europa, laddove numerosi sono i modelli proposti per mantenere e risanare le imprese decotte. Sicuramente risultano privilegiate - anche in Italia - le soluzioni stragiudiziali o ‘concordate’ della crisi, che lasciano all’autonomia negoziale delle parti il riassetto dei propri rapporti, ma, come oggi si ritiene, anche da una procedura a stampo liquidatorio si possono raggiungere quegli obiettivi di salvaguardia e risanamento dei valori aziendali che fungono da priorità sui tavoli dei legislatori oggi alle prese con un sistema economico in un momento di grande impasse.
L’art. 107 l. fall. ha introdotto una sorta di doppio binario: da un lato i negozi di trasferimento da compiersi dal curatore nel rispetto delle procedure competitive, dall’altro, quale retaggio del previgente sistema, così come reso ancora possibile espressamente dal secondo comma, dal giudice delegato “secondo le disposizioni del codice di procedura in quanto compatibili”. Si tratta di due opzioni che prescindono dalla natura del bene oggetto di alienazione (che, a differenza del passato, non orienta la tipologia di vendita): la scelta spetta al curatore, che, nell’ottica di una gestione ‘manageriale’ dell’insolvenza, dovrà già darne atto nel programma di liquidazione, da redigersi in termini strettissimi dalla dichiarazione di fallimento.
Alla luce delle caratteristiche di dinamicità, flessibilità, rapidità che la modalità ‘competitiva’ offre, si è riconosciuto che oggi effettuare le vendite in sede fallimentare con le modalità dettate dal codice di procedura civile costituisce sì un’opzione legittima ma di grado subordinato, che non trova quasi più riscontro nella prassi, risultando molto meno ‘allettante’ in termini di tempi, costi e realizzo. Questo secondo tipo di vendite, che viene effettuato da parte del giudice delegato e non del curatore, nelle forme dell’esecuzione forzata, si ritiene un retaggio del previgente sistema1: non si condivide infatti l’opinione di chi afferma che tali modalità costituiscano procedure competitive juris et de jure2.
1 L’intento del legislatore, così come espresso nella relazione di accompagnamento, era infatti quello di superare le “ farraginose e poco efficienti norm e sulle vendite modellate sul sistema delle esecuzioni coattive individuali”. Nel senso che le nuove regole che governano la fase attuativa della liquidazione dell’attivo fallimentare facciano trasparire l’intento del legislatore di segnare un’evidente soluzione di continuità con il sistema precedente, si veda X. XXXXXXXX, Le vendite fallimentari: aspetti sostanziali, in Trattato di diritto fallim entare, diretto da X. Xxxxxxxxx - X. Xxxxx, XXX, Xxxxxx, 0000, 362.
2 Utilizza questa definizione X. XXXXXXXXX, sub art. 107, in La legge fallim entare. Commentario teorico-pratico, a cura di X. Xxxxx, Padova, 2011, 1253. Si rileva come si sia anche affermato che la possibilità di scelta del curatore di affidare la vendita al giudice delegato secondo le regole codicistiche non potrebbe che rimarcare la coattività delle vendite concorsuali. E’ di questo avviso X. XXXXXXXXXXX, sub. art. 105, in Codice commentato del fallimento, diretto da X. Xx Xxxxxx, Milano, 2008, 1001.
Va tenuto inoltre presente ch, benché ancor oggi sia possibile fare riferimento alle regole del processo esecutivo, la portata del rimando si è sensibilmente ridotta, dovendo essere oggetto di espressa opzione da parte del curatore all’interno del programma3: gli atti traslativi compiuti all’interno della fase di liquidazione dell’attivo, così come recentemente novellati dal legislatore, risultano oramai quasi del tutto disancorati dalle forme di conversione dei beni in danaro contemplate nell’ambito del processo esecutivo.
Come si è anticipato, si sono infatti previsti schemi procedurali più flessibili che puntano il dito a due obiettivi: in primis, la deformalizzazione del procedimento, e, in secondo luogo, l’ampliamento delle forme di pubblicità, in conformità alla notevole gamma di mezzi oggi disponibili, anche di carattere informatico e telematico.
La Relazione illustrativa indica quali principi ispiratori della riforma contenuta nel d.lgs. 5/2006 “l’accelerazione” delle procedure, la “semplificazione degli adempimenti” connessi alle stesse e la “de-giurisdizionalizzazione della procedura concorsuale”.
Un ruolo centrale viene assunto nel rinnovato contesto dalle ‘procedure competitive’, nuovo modello decisionale di selezione dell’aggiudicatario, che costituisce un nuovo parametro per l’individuazione della attuale natura delle vendite in sede fallimentare.
Se infatti, nel sistema previgente erano le modalità e gli effetti della vendita in sede giudiziaria a rappresentare l’unico - e necessario, per il rinvio espresso contenuto
3 Si segnala che mentre il d.lgs. 5/2006 aveva cancellato del tutto il rimando alle norme del processo esecutivo, il decreto correttivo ha parzialmente ripristinato tale collegamento, tuttavia limitato alle ipotesi in cui il curatore preveda, nel programma di liquidazione, che le vendite di beni mobili, immobili e mobili registrati siano effettuate secondo le previsioni del codice di procedura civile in quanto compatibili. Oggi l’art. 105 l. fall. statuisce espressamente, ai primi due commi, che: “Le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione sono effettuati dal curatore tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. Il curatore può prevedere nel programma di liquidazione che le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili”.
D’altro canto - si rileva in X. XXXXX SINI - X. XXXXXXX - X. XXXXX, Il fallimento, Padova, 2009, 640 - già all’indomani della riforma organica il disposto dell’art. 107, 1° comma, si rivelava così ampio che, anche prima del 1° gennaio 2008, non si dubitava della circostanza che il curatore avesse la possibilità di richiamare le regole del codice di procedura civile.
nella legge fallimentare - modello sulla cui base attribuire carattere coatto ai trasferimenti durante la fase di liquidazione dell’attivo, si è dell’avviso che, oggi, alla luce del dettato legislativo riformato, e visti anche gli obiettivi espressamente perseguiti nei differenti micromondi che appartengono sempre al macrosistema delle procedure concorsuali (il riferimento è alle procedure concordatarie e agli istituti per la soluzione negoziale della crisi d’impresa), non possa più ritenersi attuale il modello che, come si è dato atto, ha dominato per più di un cinquantennio.
E’ stata poi soppressa, sebbene a seguito di un frenetico e confuso iter legislativo4, la distinzione fra norme relative a vendite di beni mobili ed immobili, che esprimeva una implicita ma evidente prevalenza5 di queste ultime.
Oggi l’art. 105 l. fall. apre al curatore un ventaglio ampio di modalità liquidatorie. Il trasferimento può infatti avere ad oggetto: a) singoli beni; b) l’intero complesso aziendale; c) uno o più rami di azienda; d) beni o rapporti giuridici individuabili in blocco; e) attività e passività riferibili a b), c) d); f) i soli attivi inerenti a b), c), d); g) crediti aziendali6.
La lettera dell’art. 105 l. fall. è stata epurata da qualunque riferimento alle vendite in sede giudiziaria, che sono richiamate oggi, ma con un ruolo ‘di subordine’, dall’art. 107 l. fall., norma che disciplina le modalità delle vendite fallimentari.
Ciononostante, una parte della dottrina, anche nell’ambito della rinnovata fase di
liquidazione dell’attivo, ritiene permanente la natura esecutiva - coattiva in capo alle vendite fallimentari, essenzialmente perché queste ultime prescindono dalla volontà, ovvero dal consenso del debitore, non hanno, quindi, carattere negoziale di diritto privato e sono finalizzate al soddisfacimento dei creditori ammessi al passivo, attraverso la distribuzione del ricavato della vendita stessa7.
4 Nella versione della legge del 2006 erano state conservate le precedenti divisioni in sezioni e rubriche, pur essendo mutato il contenuto delle disposizioni (per aspre critiche sul punto si veda
X. XXXXX, La liquidazione dell’attivo fallim entare, in Riv. dir. proc., 2003, 2, 96); con il correttivo del 2007 il secondo comma dell’art. 7, d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, prima dell’art. 105 ha inserito le parole “ Sezione II Della vendita dei beni”. Per una ricostruzione delle modifiche intervenute si veda X. XXXXXXXXXX, Le vendite fallim entari: aspetti processuali, in Trattato di diritto fallim entare, diretto da X. Xxxxxxxxx - X. Xxxxx, XXX, Xxxxxx, 0000, 379 ss..
5 Esprimendo una visione ottocentesca dell’oggetto dell’esecuzione forzata, anche concorsuale. Così X. XXXXXX, Esecuzione forzata e fallim ento, Milano, 1994, 647.
6 X. XXXXXXXX, Le vendite fallim entari: aspetti sostanziali, cit., 348.
7 E’ di questo avviso X. XXXXXXXXXX, cit., 964; nello stesso senso X. XXXXXXXX - X. XXXXXXXX, Art. 108. Poteri del giudice delegato, in Il nuovo diritto fallim entare, diretto da X. Xxxxx e coordinato da X. Xxxxxxx, Torino - Bologna, 2007, 1805, i quali, ponendo l’accento sui poteri in capo al giudice delegato, sostengono che: “Ad una lettura disincantata delle disposizioni appare del resto evidente come il paradigma della vendita esecutiva perm anga tuttora sullo sfondo come archetipo di riferimento del legislatore della riform a: milita a favore
Dall’altra, si è messo in evidenza che le varie forme di alienazione contemplate negli articoli 105 e ss. l. fall. dimostrano che non possono riscontrarsi i caratteri delle vendite coattive, non solo poiché non vengono compiute dal giudice delegato, ma anche poiché le stesse vengono effettuate dal curatore. Si sarebbe di fronte ad una serie di alienazioni nelle forme del diritto privato e in sostanza di contratti di alienazione, avverso i quali possono farsi valere i rimedi consentiti contro quei contratti8. Sempre a favore della natura privatistica delle vendite in sede fallimentare è stato inoltre acutamente rilevato che il fallimento, quando è dichiarato a seguito di domanda del debitore (art. 6, l. fall.), è del tutto simile alla procedura di liquidazione volontaria delle società9.
Come si sosteneva già per le vendite di immobili a trattativa privata del vecchio regime10, con la riforma si è forse aperta una nuova prospettiva per gli atti di liquidazione dell’attivo fallimentare, ovvero quella relativa ad un’alienazione negoziata, sì preceduta da un atto di natura squisitamente processuale (il programma di liquidazione, autorizzazione del comitato dei creditori e visto del giudice delegato), ma
di detta ricostruzione il mantenimento del potere autorizzatorio del giudice delegato, che si esprime non solo nella necessaria approvazione del programma di liquidazione, condizione di passaggio alla fase liquidatoria, ma deve ritenersi immanente all’intera fase, come testim oniato dall’articolazione di un potere sospensivo esteso e penetrante, riflesso altresì nel lim itato potere sospensivo del curatore”.
8 G. U. TEDESCHI, Manuale del nuovo diritto fallim entare, cit., 430. Nello stesso senso, si veda X. XXXXXXX, Le vendite immobiliari nel fallim ento, in Giur. it., 2007, 3, 777, il quale sostiene che non rilevi per attribuire carattere coattivo o meno alla vendita ex art. 107 l. fall. l’inserimento sistematico della vendita nel processo fallimentare “perché avviene comunque fuori dal processo e le modalità di vendita e di trasferimento della proprietà ne sono la dimostrazione”.
9 X. XXXXXXXX, Esecuzione forzata e xxxxx, in in Riv. Es. Forz., 2005, 15 ss. Si segnala, come, anteriormente alla riforma, i sostenitori della natura di trasferimento coattivo delle vendite fallimentari ed dell’applicabilità alla stessa disciplina della vendita forzata, operavano comunque un distinguo per le vendite in sede di amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa, affermando che: “(...) il carattere negoziale delle vendite non dipende dalla libertà di form a del soggetto che le attua, ma dalle caratteristiche del procedim ento in cui si realizzano e dall’esercizio dei poteri autorizzativi ed impositivi del giudice, talché, se esse avvengono in un procedimento che non ha natura esecutiva, si può escludere la natura di trasferimento coattivo. Pertanto le vendite nell’amm inistrazione straordinaria (e nella liquidazione coatta amministrativa) non sono coattive né vendite forzate, non perché il ricavato non possa anche essere destinato ai creditori, ma semplicemente poiché i loro effetti si producono all’interno di un procedim ento di cui si esclude la natura giurisdizionale esecutiva”. Così X. XXXXX, La nullità delle vendite concorsuali, in Riv. dir. proc., 2003, 2, 432.
10 X. XXXXXXX, La vendita degli imm obili nel fallim ento a trattativa o licitazione privata
secondo una nuova prospettiva, in Dir. fall.., 1982, 6, 805.
poi effettuata attraverso un atto contrattuale di disposizione del bene (immobile, mobile, azienda), la cui vita, nelle sue fasi fisiologiche e patologiche, è regolata dalle norme di diritto comune? Su questo dubbio, come si è dato atto, la dottrina è divisa.
Sicuramente il progetto del legislatore punta oggi alla massimizzazione del
valore dei beni alienati non attraverso una pura e semplice assimilazione della vendita fallimentare a quella prevista dal codice di procedura civile in termini di espropriazione, ma sulla base di impalcature che rendano possibile, grazie a meccanismi di competizione, una trasparente e oculata attività di mercato11. Del resto, come si è acutamente osservato, dal punto di vista dell’indagine storica le modalità di vendita in materia fallimentare in genere non sono frutto di opzioni di dogmatica giuridica, ma hanno sempre riguardo a ragioni di convenienza ed efficienza12.
Sarebbe troppo semplicistico, superata la barriera delle vendite giudiziarie, tuffarsi a capofitto in un’interpretazione che riconduca in maniera tranchant gli atti di alienazione che oggi vengono compiuti in sede fallimentare a semplici vendite tra privati13.
Sicuramente l’autonomia privata inizia a farsi strada oggi anche in un contesto nel quale, in passato, le era precluso quasi del tutto qualsiasi accesso.
L’estrema procedimentalizzazione delle vendite, la rigidità delle forme e degli effetti, il ruolo cardine del giudice delegato, il decreto di trasferimento quale unico mezzo idoneo per il trasferimento della proprietà, erano tutti elementi che rendevano molto difficile ipotizzare la presenza di una qualche autonomia negoziale da parte degli attori in gioco.
Oggi l’ottica è rovesciata: il curatore è chiamato in primo luogo a sondare in prima persona il mercato per verificare le occasioni di collocazione dei beni, e, più
11 La Relazione Illustrativa al d.lgs. 5/2006 afferma che “anche in questo caso, così come in tutta la fase della liquidazione dell’attivo, deve trovare applicazione ogni forma e ogni mezzo che finisca per raggiungere il duplice obiettivo del massimo realizzo e della massima conservazione possibile dei nuclei ancora produttivi. Sotto questo secondo aspetto, si giustifica la previsione secondo cui, ai fini della vendita di aziende o di suoi rami in esercizio la scelta dell’acquirente deve essere effettuata tenendo conto non solo dell’ammontare, in sé, del prezzo offerto, ma anche delle garanzie di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli di occupazione”.
12 X. XXXXXXXXX A, in Le riform e della legge fallimentare, a cura di X. Xxxxxx, Torino, 2009, 1230.
13 Sebbene già in passato non si fosse mancato di sottolineare che: “l’amministrazione
fallimentare rende talvolta la vendita del curatore molto più vicina a quella volontaria e consente talune forme che la vendita forzata non conosce”, così X. XXXXX, Diritto fallimentare, Padova, 1974, 366.
spesso, dei complessi produttivi, attraverso una vera e propria campagna di informazione, sorretta da stime di esperti. Dopo aver individuato la propria controparte contrattuale, viene utilizzato lo strumento privatistico del contratto di compravendita per suggellare il sinallagma raggiunto.
Le interpretazioni date in passato, circa gli effetti, il regime di responsabilità, le garanzie, i doveri informativi, se non sono da ritenere del tutto superati, risultano quantomeno da ‘adeguare’, non solo con riferimento alle nuove modalità di vendita, ma in relazione ai nuovi obiettivi in virtù dei quali va garantita tutela alle istanze anche di nuove categorie soggettive.
Com’è noto, le procedure concorsuali operano sul piano della conservazione o della realizzazione della garanzia patrimoniale che presidia la responsabilità per le obbligazioni. Il loro scopo è quello di salvaguardare o realizzare il soddisfacimento dei creditori, assicurandone in via di principio la parità di trattamento. La concorsualità vale a qualificare la tutela dei diritti in esse erogata ed a differenziarla da quella ordinaria.
Laddove però si abbandoni l’idea di una procedura esecutiva collettiva a favore dei creditori per far invece emergere dall’insieme dei molteplici interessi che devono essere protetti quello della salvaguardia dei valori dell’impresa, e in particolare l’interesse dei dipendenti, le regole di riferimento non possono che mutare.
2. Le modalità di vendita dei beni: le procedure competitive
L’art. 107 l. fall. disciplina oggi in maniera unitaria le modalità delle vendite e degli altri atti di liquidazione dei beni posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione, così rivoluzionando il momento attuativo della fase di liquidazione fallimentare, legato in passato al modello dell’espropriazione forzata, ed affidato oggi alle capacità gestorie del curatore14.
14 “ Art. 107 Modalità delle vendite. - 1. Le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programm a di liquidazione sono effettuati dal curatore tram ite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stim e effettuate, salvo il caso dei beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate form e di pubblicità, la massima inform azione e partecipazione degli interessati. 2. Il curatore può prevedere nel programma di liquidazione che le vendite dei beni mobili, imm obili, e mobili registrati vengano effettuate dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili. 3. Per i beni immobili e gli altri beni iscritti nei pubblici registri, prima del compim ento delle operazioni di vendita, è data notizia mediante notificazione da parte del curatore, a ciascuno dei creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio. 4. Il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d’acquisto migliorativa per un im porto non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto. 5. Degli esiti delle procedure, il curatore inform a il giudice delegato ed il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la relativa documentazione. 6. Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tale caso si applicano le
La disposizione di cui all’art. 107 l. fall. ha un ampio respiro, assurgendo a norma generale, a sorta di minimo comune denominatore caratterizzante tutte le vendite effettuate nell’ambito del processo di liquidazione15 16.
Soppresso ogni vincolo derivante dalla natura del bene oggetto di alienazione, e
fermo l’onere di comunicazione ai creditori privilegiati di cui al terzo comma dell’art. 107 l. fall., al curatore viene unicamente imposto di effettuare le vendite e gli altri atti di liquidazione “tramite procedure competitive”, “anche avvalendosi di soggetti specializzati”, “sulla base di stime (...) effettuate da operatori esperti”, “assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati”.
Una formulazione così palesemente generica non lascia molti dubbi sulla circostanza che il legislatore abbia voluto assicurare al curatore massima autonomia, in relazione sia alle modalità di valorizzazione dei beni, sia alle modalità di collocamento degli stessi sul mercato, riservando a quest’ultimo anche la delicata scelta delle tecniche da adottare nella fase ‘precontrattuale’, prodromica alla stipulazione del contratto.
Quanto alla dizione utilizzata dal legislatore, si è desunto che con tale termine ci si riferisca all’assunzione di un modello decisionale di selezione dell’aggiudicatario, che assume a suo connotato intrinseco l’apertura alla competizione tra gli offerenti17.
disposizioni del codice di procedura civile; altrimenti su istanza del curatore il giudice dell’esecuzione dichiara l’im procedibilità dell’esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all’articolo 51. 7. Con regolamento del Ministro della giustizia da adottare ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti specializzati e degli operatori esperti dei quali il curatore può avvalersi ai sensi del prim o comma, nonché i mezzi di pubblicità e trasparenza delle operazioni di vendita”.
15 Così X. XXXXXXXXXXX, Programma di liquidazione e vendite competitive, relazione tenuta al convegno “Il nuovo diritto concorsuale”, tenutosi a Roma, 20-22 aprile 2009.
16 La norma trova un parallelo nell’art. 62, d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270 (c.d. Prodi bis) in materia
di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, che, nell’ipotesi di risanamento, prevede tecniche negoziali per l’alienazione dei beni. Nella disposizione indicata si fa poi riferimento a stime preventive da parte di esperti, nonché a forme “adeguate alla natura dei beni e finalizzate al m igliore realizzo”; le vendite devono poi essere conformi alle previsioni del programma del commissario e ai criteri generali stabiliti dall’autorità ministeriale. Sul tema si veda X. XXXXXXXXX, in AA.VV., La nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi im prese in stato di insolvenza, Torino, 2000, 294 ss.. Si segnala inoltre che al di fuori della normativa concorsuale, un’esperienza di procedure competitive si è realizzata con la legislazione degli ultimi anni sulla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli pubblici previdenziali. Sull’argomento si veda X. XXXXXXXXXX, La dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, in Le nuove leggi civili commentate, 2002, 2-3, 242 ss..
Che il concetto di procedure competitive non appaia di facile decodificazione risulta un’opinione diffusa tra gli interpreti, che, dopo l’entrata in vigore della disposizione, hanno cercato di ovviare alla vaghezza del termine utilizzato dal legislatore ed all’assenza di formule sacramentali, individuando alcuni indefettibili requisiti base del procedimento18.
Il primo onere testualmente imposto dall’art. 107 l. fall. è infatti quello relativo alla stima dei beni da parte di esperti19: è un documento di estrema importanza per la collocazione sul mercato del bene, poiché il valore in essa determinato diventa infatti, nella generalità dei casi, il prezzo di partenza per la successiva ‘gara’. Nelle risultanze della stima possono anche rinvenirsi eventuali alternative alla vendita (quale, ad esempio, la rottamazione del bene); in ogni caso può sicuramente costituire uno strumento idoneo ad assicurare il controllo sull’operato del curatore20.
17 Così X. XXXXXXXX - X. XXXXXXXX, Le modalità competitive della liquidazione concorsuale, in Il nuovo diritto fallim entare. Novità ed esperienze applicative a cinque anni dalla riform a, diretto da X. Xxxxx e coordinato da X. Xxxxxxx, Torino - Bologna, 2007, 543.
00 X. XXXXXXXX, Xx vendite fallim entari: aspetti sostanziali, cit., 364.
19 Non vi sono modelli tipici di relazione di stima, così come invece avviene per l’espropriazione forzata attraverso il richiamo all’art. 173, disp. att. c.p.c.. Si segnala che nelle Istruzioni ai curatori per la liquidazione dei beni del fallito, documento redatto dalla Sezione Fallimentare del Tribunale di Milano, 3 febbraio 2007, in Giur. comm., 2008, II, 726, si precisa che la stima deve essere effettuata da soggetti specializzati e con relazioni dettagliate e documentate che devono prevedere: “a) l’identificazione del bene, comprensiva dei confini e dei dati catastali; b) una sommaria descrizione del bene; c) lo stato di possesso del bene, con l’indicazione, se occupato da terzi, del titolo in base al quale è occupato, con particolare riferimento all’esistenza di contratti registrati in data antecedente al pignoramento; d) l’esistenza di form alità, vincoli o oneri, anche di natura condominiale, gravanti sul bene, che resteranno a carico dell’acquirente, ivi compresi i vincoli derivanti da contratti incidenti sulla attitudine edificatoria dello stesso o i vincoli connessi con il suo carattere storico-artistico; e) l’esistenza di form alità, vincolo o oneri, anche di natura condom iniale, che saranno cancellati e che comunque risulteranno non opponibili all’acquirente; f) la verifica della regolarità edilizia e urbanistica del bene, nonché l’esistenza della dichiarazione di agibilità dello stesso”. La legge consente una deroga all’obbligatorietà della stima dei beni nel caso i quest’ultimi siano di modesto valore, tali per cui i costi di perizia assorbirebbero in tutto o gran parte il netto ricavo dei beni medesimi. Cfr. X. XXXXXXXXX, Comm ento sub art. 107, cit., 1253. In attesa del decreto previsto dall’art. 107, ultimo comma, l. fall., si ritiene che le stime debbano essere effettuate da consulenti iscritti negli appositi albi tenuti presso ciascun tribunale, individuati a seconda del luogo in cui si trovano i beni da stimare. V. M. MONTANARO, sub art. 107, in X. XXXXXXXXX, Commentario alla legge fallim entare, Milano, 2010, 1003.
20 X. XXXXXXXXXXXX, Diritto fallim entare. La nuova disciplina delle procedure concorsuali giudiziali, Torino, 2007, 242.
La natura ed il valore del bene, il tempo a disposizione, la proporzionalità tra costi e ricavi, lo stato del mercato, sono tutti elementi che influiscono sulla scelta della concreta modalità attraverso cui dare avvio alla procedura competitiva di liquidazione.
L’opzione del curatore per quella che, per la natura di competitività che deve
connaturare il procedimento, non può che essere una ‘gara’ nell’accezione estesa del termine, è stata ricondotta a tre modelli (a) vendite a trattativa privata; b) vendite a procedure competitive semplificate; c) vendite a procedure competitive rigide )21; si tratta in ogni caso di indicazioni di massima, in quanto il curatore è libero, ad esempio, ove lo ritenga maggiormente opportuno, sia di effettuare la raccolta di offerte cauzionate in misura uguale o superiore al prezzo base stabilito nella perizia dall’esperto, e successivamente scegliere il contraente in base a colui che ha fatto l’offerta più alta; sia, diversamente, di invitare coloro che hanno presentato le offerte cauzionate ad una seconda fase, di fronte ad esso o davanti al giudice delegato, nella quale effettuare una vera e propria gara sulla base di offerte minime in aumento.
Non risultando in alcun modo tipizzate22, le modalità di vendita risultano caratterizzate da un’estrema flessibilità, purché, è ovvio, vengano rispettati i (pochi ma essenziali) parametri fissati dall’art. 107 l. fall: è il curatore infatti che deve disporre tempi e forme per consentire la presentazione delle offerte, per le eventuali fasi successive e i criteri sulla cui base individuare il soggetto aggiudicatario del bene23.
Oltre ad essere preceduta dalla predisposizione della stima del bene, la ‘competizione’ tra i potenziali interessati deve, infatti, essere stimolata attraverso “adeguate forme di pubblicità”. Ciò significa che il curatore ha l’obbligo di individuare e adottare i canali informativi che, in relazione a ciascuna tipologia di vendita, con tutte le peculiarità che la fattispecie concreta reca con sé, appaiano maggiormente appropriati. Dunque si tratterà di dare pubblicità commerciale all’operazione, attraverso i mezzi di stampa locali e nazionali, tramite siti internet specializzati e con qualunque altro strumento in grado di garantire un’effettiva pubblicità.
L’oggetto della vendita e le sue caratteristiche dovranno essere analiticamente descritti negli annunci lato sensu pubblicitari, e, quanto alla diffusione, il mezzo prescelto dovrà assicurare una pubblicità locale (comunale, provinciale, regionale) e, ove necessario, anche nazionale, sino a forme sempre più penetranti a seconda del maggior valore dell’oggetto della cessione (quotidiani nazionali, riviste specializzate nel particolare mercato di riferimento o inviti personalizzati e diretti a rappresentanti delle
21 Ricostruiscono così X. XXXXXXXX - X. XXXXXXXX, Le modalità competitive della liquidazione concorsuale, cit., 544.
22 Non solo non vengono previsti modelli di relazione di stima, ma neppure modelli tipici di
pubblicità legale, come invece avviene, per l’esecuzione forzata, attraverso l’art. 490 c.p.c..
23 Per completezza espositiva si ricorda che il curatore, a norma dell’art. 104 ter, terzo comma, l. fall., può essere autorizzato ad affidare ad altri professionisti alcune incombenze dell’intera fase interessata alla vendita competitiva.
categorie del settore merceologico o a utenti abituali acquirenti di beni in sede fallimentare).
La pubblicità informativa dovrà dunque risultare tanto più estesa quanto più alto e indifferenziato risulterà il numero dei potenziali interessati.
Prendendo ispirazione dagli insegnamenti del marketing, il curatore infatti deve cercare di raggiungere i potenziali interessati con mezzi mirati, ma evitando inutili contatti, che rendono più costosa la pubblicità senza dare risultati concreti24.
La capacità informativa - per completezza, chiarezza e analiticità di contenuto - della pubblicità predisposta, e l’idoneità della stessa a raggiungere una vasta gamma di potenziali acquirenti, sono i due principali elementi attraverso i quali valutare l’adeguatezza delle forme di pubblicità effettuate25. Il giudizio non verte sulla specifica tecnica prescelta, ma dove focalizzarsi sull’adeguatezza delle formalità pubblicitarie e sulla trasparenza del sistema di raccolta delle offerte, sotto il particolare profilo dell’assenza di elementi che potrebbero turbare il corretto svolgersi della procedura26.
Si tratta di una valutazione che si innesta in un contesto in cui non vi possono essere certezze assolute circa la maggiore proficuità di una tecnica, piuttosto che un’altra: sono infatti molteplici i fattori (mercato, territorio, bene, tempistiche) che, interagendo gli uni con gli altri, influenzano in modo rilevante le dinamiche delle vendite fallimentari. La ‘redditività’ di ogni singola operazione di liquidazione, è, in ogni caso, in parte correlata alla funzionalità del sistema prescelto, nonché all’attenzione, alla cura ed al controllo del curatore nel gestire tale attività.
Migliore realizzo dei beni e trasparenza delle operazioni sono, come si è più volte messo in evidenza, i precipui scopi della procedura indicati dal legislatore: com’è stato osservato, l’andamento della volontà di quest’ultimo appare in questo contesto “più ondivaga che mai, oscillando tra il mito dell’assenza di vincoli all’iniziativa manageriale del curatore, vista come filiazione dell’autonomia privata, e la paura di tale libertà senza efficienti controlli”27.
24 E’ di questa opinione X. X’XXXXX, Il realizzo delle attività fallimentari, relazione tenuta al convegno in Milano, 10 giugno 2006.
25 Com’è stato rilevato “ Poiché la procedura competitiva deve consentire la partecipazione del
maggior numero di persone interessate possibile e la massima informazione, con adeguate forme di pubblicità, il giudice può chiaramente chiedere di integrare le form e di pubblicità o le modalità concrete di svolgim ento della raccolta delle offerte e della gara, qualora ritenga che le stesse non siano adeguate ai fini che la legge impone alla procedura competitiva”. Così X. XXXXXXXXXXX, Programma di liquidazione e vendite competitive, op. cit..
26 Sulla necessarietà che la raccolta delle offerte venga compiuta con formalità che assicurino
l’anonimato e la non preventiva conoscenza, da parte dei soggetti partecipanti, dell’esistenza di altri interessati all’acquisto del medesimo bene, si vedano X. XXXXXXX - X. XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto fallim entare, Milano, 2008, 604.
27 X. XXXXXXX - X. XXXXXXXXXXX, op. cit., 603.
La procedura competitiva gestita dal curatore si conclude con la determinazione del prezzo di acquisto: a questo punto l’iter - il cui naturale esito è la stipulazione dell’atto di compravendita tra il curatore ed il soggetto individuato nell’ambito della procedura28 - può sospendersi solo per un duplice ordine di motivi: da parte del curatore, qualora gli pervenga un’offerta migliorativa di almeno il 10% rispetto al prezzo offerto, provvedendo, se lo ritiene, a una nuova gara informale (art. 107, terzo comma, l. fall.); da parte del giudice delegato, ma solo su istanza del fallito, del comitato dei creditori, o di altri interessati, laddove il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato (art. 108, primo comma, l. fall.).
Premesso che qualunque bene ricompreso nell’attivo fallimentare può essere trasferito dal curatore con le modalità di cui si è tratteggiata la disciplina, in assenza di un espresso richiamo della disciplina codicistica o di altra regolamentazione, si procederà a verificare, attraverso alcune lenti di osservazione, e partendo dalle prime fasi dell’iter di trasferimento dei beni ricompresi nell’attivo fallimentare, se anche sul terreno sul quale queste vendite vengono effettuate la disciplina codicistica dei contratti e delle obbligazioni, così come oggi arata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, possa ritenersi operante.
3. Le fasi preliminari della procedura competitiva: la qualificazione degli atti prenegoziali, i doveri informativi ed il rispetto del principio della buona fede nelle trattative
Il procedimento competitivo di vendita può essere scisso in tre momenti: una prima fase in cui il curatore “va alla ricerca” del potenziale acquirente e “getta l’amo”, auspicando che l’esca venga considerata appetibile; una seconda nella quale il curatore prende atto delle offerte ricevute e porta alla competizione gli interessati; l’epilogo della procedura, rappresentato dall’individuazione del futuro acquirente e dalla stipulazione del relativo contratto di vendita29.
A parte il generico disposto dell’art. 107 l. fall., nessuna ulteriore disposizione
regola i differenti momenti della procedura competitiva, si occupa di indicare i parametri attraverso cui valutare la diligenza degli attori delle vicende contrattuali e di
28 La prassi ha messo in evidenza come possa accadere, soprattutto nel caso di vendita di rilevanti complessi aziendali, al termine della procedura competitiva, che chi si rende aggiudicatario si riservi la nomina del reale soggetto acquirente al momento della stipula dell’atto di vendita.
29 Il deposito in cancelleria della documentazione all’esito della procedura (v. art. 107,
quarto comma l. fall.) segna la fine della procedura competitiva, e presuppone il successivo perfezionamento della vendita attraverso la stipulazione del contratto.
precisare i doveri informativi posti a carico delle parti, e in particolare quelli gravanti sul ‘venditore’, ovvero la curatela fallimentare.
In via generale il legislatore ha indicato il canone dell’adeguatezza per la pubblicità e, ancor più genericamente, ha richiamato la “massima informazione” degli interessati, senza specificare quali siano le finestre informative che il curatore deve assicurare ai potenziali interessati al bene oggetto di vendita.
La dottrina ha cercato di attribuire un significato preciso alle formule dell’art.
107 l. fall., mettendo in evidenza come il curatore debba rispettare i principi della trasparenza30 e delle pari opportunità 31, e come sia necessario che metta a disposizione i documenti rilevanti per la vendita e renda le informazioni circa le modalità di visita ed esame del bene32; dall’altra mutuando dalla disciplina dell’esecuzione forzata, così come integrata dalle leggi n. 80/05, n. 263/05; n. 52/06, per quel che concerne i beni che sono indirizzati ad una massa indifferenziata di soggetti33.
30 Nel senso che l’onere di trasparenza sia stato imposto onde consentire al comitato dei creditori e agli altri legittimati gli opportuni controlli, unitamente al giudice delegato al fine di utilizzare i poteri dettati dall’art. 108 l. fall, si veda X. XXXXXXXXXX, Le vendite fallim entari: aspetti processuali, cit., 402-403. Sostiene che il grado di trasparenza del processo di collocazione dei beni fallimentari sul mercato non sia legato solo al tipo e alla tempestività delle forme pubblicitarie prescelte ma che sia direttamente proporzionale alla natura e all’ampiezza delle notizie che attraverso la pubblicità sono veicolate, X. XXXXXXXX, Le vendite fallim entari: aspetti sostanziali, cit., 366.
31 E’ stato evidenziato come questi obiettivi (trasparenza e pari opportunità) possano essere raggiunti attraverso la costruzione di un sistema telematico, o di programmi di gestione delle gare che conservi in memoria tutte le offerte pervenute e i successivi rilanci. Espone la prassi del Tribunale di Milano e approfondisce questi aspetti, X. XXXXXXXXXXX, Programma di liquidazione e vendite competitive, cit., 24.
32 X. XXXXXXX, Le vendite immobiliari nel fallimento, cit., 781. L’Autore sottolinea come si tratti di principi strettamente collegati ed interdipendenti in quanto è la trasparenza che garantisce la corretta competizione, informando il pubblico dell’asta e delle condizioni per parteciparvi, rilevando altresì che: “Si tratta di principi di ordine pubblico affermati da anni dalla giurisprudenza comunitaria in tema di concessioni pubbliche: è la trasparenza che consente agli interessati di decidere se presentare o meno una proposta ed il controllo sulla regolarità dello svolgim ento della gara”.
33 Così X. XXXXXXXXX, Commento sub art. 107, cit., 1253, il quale rileva: “ Non a caso tale
disciplina è stata espressamente richiamata dall’art. 107, co. 2, introdotto dal d. correttivo. Si tratta di una disciplina caratterizzata in primo luogo, per una rinnovata attenzione al contenuto delle perizie di stima per i beni immobili (art. 173 bis att. c.p.c.), che richiedono, oltre che l’individuazione e la descrizione del bene, dati relativi allo stato di possesso e al titolo di possesso di terzi, l’individuazione di oneri gravanti sulla cosa e di vincoli attinenti all’attitudine edificatoria ovvero al carattere storico-artistico, nonché l’indicazione delle form alità iscritte sul bene e delle inform azioni inerenti alla sua commerciabilità”.
Al fine di poter parametrare e delimitare l’ampiezza del dovere informativo del curatore nei confronti dei potenziali soggetti acquirenti, e poter così individuare altresì il relativo regime di responsabilità, è necessario chiarire un aspetto che costituisce il presupposto di questo discorso, ovvero quello della configurabilità di questa fase - “prodromica altamente specializzata e manageriale”34 - come precontrattuale.
Si tratta di stabilire quale rilevanza assumano i singoli momenti costitutivi della procedura competitiva e se, accostata quest’ultima all’ordinaria fase precontrattuale, risultino applicabili i principi regolanti le trattative che precedono la futura (e ancora eventuale) stipulazione del contratto.
3.1 La qualificazione degli atti preparatori del contratto. La trattativa contrattuale, com’è noto, è la fase nella quale ciascuna parte manifesta i propri interessi, nella ricerca di un punto di contemperamento tra gli opposti intendimenti, sino alla eventuale definizione di un accordo. Quest’ultima viene integrata da un complesso dibattito tra le parti, impegnate a scambiarsi informazioni e progetti inerenti al futuro contratto35.
La ricerca del consenso della controparte può avvenire con modalità differenti: l’avvio della fase delle trattative nella maggioranza delle ipotesi è messo in atto attraverso un invito a trattare, una dichiarazione di essere disposti a negoziare un certo affare, che spesso si manifesta attraverso una comunicazione rivolta al pubblico a mezzo di giornali, manifesti, etc.36. L’attività volta a predisporre il regolamento contrattuale può sicuramente poi trarre impulso da una precisa e puntuale proposta di contratto; si tratta, com’è stato precisato, di comportamenti estremamente eterogenei,
34 X. XXXXXXX - X. XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto fallim entare, cit., 603.
35 Si è distinto tra trattative in senso proprio, durante le quali le parti si scambiano i relativi punti di vista sul contenuto del negozio, sino a quando una di esse formula una proposta, e la
c.d. formazione progressiva del contratto, che si verificherebbe invece quando le parti
procedono allo scambio di una serie di proposte e controproposte, fino a raggiungere gradatamente l’accordo sui vari punti del contenuto contrattuale. In questo senso X. XXXXXXXXX, Dei contratti in generale, in Commentario del codice civile, IV, Torino, 1980,
49. Critica questa schematizzazione R. SCO GNAMIGLIO, Dei contratti in generale, in Commentario del Codice Civile, a cura di X. Xxxxxxxx - X. Xxxxxx, Bologna - Roma, 1970, 81, rilevando come: “ trascura di considerare, e può apparire allora il frutto di un equivoco di fondo, che altresì nel caso delle trattative in senso stretto le parti (...) apprestano materiale per la costruzione del futuro contratto. E per converso la proposta, in senso proprio intesa e per quanto possa essere seguita da una controproposta (invece che dalla accettazione), costituisce qualcosa di diverso dalla trattativa. Mentre in pratica l’una fase (quella della proposta) e l’altra (quella delle trattative) si possono intrecciare insieme”. Sul tema si veda altresì X. XX XXXX, Vincoli unilaterali e bilaterali nella form azione del contratto, in Istituzioni di diritto privato, a cura di X. Xxxxxxx, Torino, 2003, 537 ss.; nonché X. XXXXX, voce Contratto. II) Form azione del contratto, in Enc. Giur., IX, Roma, 1988, 4 ss..
36 Per questa definizione R. SCOGNAMI GLIO, Contratti in generale, cit., 80.
che possono concretizzarsi in discorsi rivolti a persona determinata, ovvero in messaggi e/o immagini trasmesse anche al pubblico, attraverso i mass media37.
E’ raro che due controparti riescano a trovare immediatamente un assetto dell’affare che mirano a concludere in maniera soddisfacente per entrambe. Si assiste nella prassi, quindi, a una serie più o meno complessa di proposte e controproposte che, tramutandosi in documenti che ne riflettono il percorso, a seconda dei casi, possono avere una qualche natura concettualmente autonoma ed una propria valenza giuridica o, invece, sono da ritenersi unicamente mero “strumento” al servizio del futuro contratto38.
Nella procedura competitiva in sede fallimentare l’accordo tra curatore e aggiudicatario sicuramente si forma per gradi e punti successivi; non risulta però univoca l’identificazione degli atti compiuti in questa fase.
Nelle vendite fallimentari l’avvio del procedimento di selezione del contraente ha inizio con la pubblicazione/diffusione da parte del curatore della richiesta di manifestazioni di interessi, accompagnata dalla griglia di condizioni minime di contratto, contenenti le clausole inderogabili che il contratto definitivo dovrà contenere39.
Un’ipotesi ricostruttiva potrebbe partire dal presupposto che il soggetto interessato al bene posto in vendita dalla curatela fallimentare, per il sol fatto che la negoziazione avviene con una particolare controparte e all’interno di un determinato processo, accetti de plano le condizioni minime sostanzialmente imposte dalla procedura fallimentare, come se le stesse integrassero il risultato di una trattativa “implicita”. Sulla base del contenuto già fissato, la trattativa proseguirebbe per alcuni aspetti di tipo quantitativo, ma, unicamente, come si darà atto nel prosieguo della trattazione, solo in senso migliorativo per la curatela fallimentare.
Ad esempio, laddove venissero richieste manifestazioni di interesse all’acquisto del complesso aziendale della società fallita indicando il prezzo minimo di euro un milione, ed il numero minimo di dipendenti da assumere in dieci, il potenziale acquirente potrebbe offrire il pagamento della somma di un milione e cento euro e il mantenimento di un numero di lavoratori pari a undici, essendo consapevole che un’offerta in termini quantitativi inferiore non verrebbe in alcun modo presa in considerazione40.
37 Così X. XXXXXXX, Offerta e accettazione, in Manuale del nuovo contratto, diretto da P. G. Monateri - X. Xxx Xxxxx - M. R. Marella - A. Somma - X. Xxxxxxxxxx, Bologna, 2007, 48.
38 In questi termini X. XXXXXXXXX, Trattative, minute e buona fede. La responsabilità da condotta sleale, in Corr. mer., 2008, 3, 299.
39 Più approfonditamente sul contenuto della griglia di condizioni minime e sul carattere imposto delle stesse v. par. 4.
40 Se non, eventualmente, ove riproposta in una seconda fase di richiesta di offerte, vista
l’assenza di manifestazioni conformi o in senso migliorativo.
Gli aspetti essenziali del contratto potrebbero risultare quindi già indicati da parte del curatore e saranno oggetto di una trattativa ‘competitiva’, portata avanti non con una sola controparte ma con plurimi soggetti, che risulteranno, a seconda dei casi (e dei momenti della procedura), in numero preciso o, all’opposto, volontariamente indeterminato, e volta al raggiungimento di un accordo quanto più possibile “redditizio” per la procedura fallimentare e per i creditori della stessa. L’eventuale gara al rialzo tra i soggetti che hanno formulato diverse offerte rispetto alla base di partenza, viene utilizzata dalla procedura fallimentare per ottenere un assetto finale dell’accordo il più vantaggioso possibile sotto differenti punti di vista che di volta in volta, a seconda del tipo di bene oggetto di vendita, il curatore terrà in considerazione.
Ciò posto, e tenuto in considerazione che la formazione progressiva dell’accordo comprende sia accordi preparatori qualificabili come contratti (il preliminare e il patto d’xxxxxxx00), che intese parziali che non hanno capacità di produrre effetti giuridici propri ed autonomi rispetto al contratto che verrà stipulato, la categoria che pare appropriata per una possibile configurazione in termini civilistici risulta essere quella della minuta o puntuazione di contratto 42.
Rientrano infatti in tale nozione sia i documenti che contengano intese parziali in ordine al futuro regolamento di interessi (c.d. puntuazione di clausole), sia quelli che predispongano con completezza un accordo negoziale in funzione preparatoria del medesimo (c.d. puntuazione completa di clausole)43. Si tratta in ogni caso di un documento programmatico che non ha alcun effetto vincolante, anche se le parti hanno annotato i punti di convergenza in un apposito documento44.
Le condizioni di contratto allegate dal curatore alla richiesta di manifestazioni di interesse, frutto di una trattativa - nei termini sopra ipotizzati - implicita tra le parti, una volta trasfuse nel documento contenente l’offerta del potenziale acquirente ed integrate dallo stesso per i soli aspetti quantitativi, potrebbero costituire il corpus di una minuta di
41 Per un’approfondita ricostruzione della figura dell’opzione si veda A. SCIARRONE XXXXXXXXX, L’opzione, in I rapporti giuridici preparatori, a cura di X. Xxxxxxxxx, Milano, 1996, 59 ss..
42 Per una distinzione della minuta dalla lettera di intenti si veda X. XXXXXXXX, La formazione progressiva del contratto, in I contratti in generale, a cura di X. Xxxxxxxxx, I, Torino, 2006, 192; nonché X. XXXXXXX, Il contratto, Padova, 2007, 237.
43 Così Cass., 16 luglio 2002, n. 10276, in Mass. Foro it., 2002.
44 Così X. XXXXXXX, Il contratto, cit., 115, il quale, più avanti, sul punto rileva “(...) se non si raggiunge il successivo accordo sui punti mancanti, non si potrà far ricorso all’art. 2932 c.c., dovendosi ritenere che il contratto preliminare non si era perfezionato oppure, come preferisce esprimersi in questa materia la giurisprudenza, dovendosi constatare di essere in presenza di un contratto con oggetto non determinato né determinabile, come tale nullo” (237).
contratto, nei termini sopra delineati, sulla cui base - espletate alcune preliminari necessarie operazioni da parte del curatore45 - verrà poi redatto il contratto definitivo di compravendita46.
E ciò anche alla luce della funzione essenzialmente storica e probatoria della
fase delle trattative attribuita alla minuta, redatta al fine di documentare l’intesa raggiunta (anche attraverso modalità differenti dall’ordinario scambio di opinioni) su alcuni punti47.
Una altra ipotesi interpretativa potrebbe spingersi sino a ricollegare il procedimento di formazione del contratto in sede fallimentare al modello di cui al combinato disposto degli articoli 1326 e 1335 c.c. 48.
Una tale impostazione lascia alquanto perplessi in quanto appare difficilmente superabile il rilievo che nel caso in esame non si tratta di recepire un’accettazione pienamente conforme ad una proposta formulata in maniera completa, senza necessità di un’ulteriore trattativa49.
45 Si ricorda che il curatore deve, per i beni immobili e gli altri beni iscritti nei pubblici registri prima del completamento delle operazioni di vendita, darne notizia a ciascuno dei creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio; deve inoltre informare degli esiti delle procedure competitive il giudice delegato e il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la relativa documentazione. Entro dieci giorni dal deposito della documentazione, ai sensi dell’art. 108 l. fall., su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati, previo parere del comitato dei creditori, il giudice delegato può sospendere le operazioni di vendita qualora ricorrano gravi e giustificati motivi, oppure qualora il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto tenuto conto delle condizioni di mercato. V., infra, par. 5.
46 Per completezza si segnala che la dottrina, ma solo nell’ipotesi in cui l’assetto di interessi predisposto in via definitiva sia incompleto - ipotesi che non può verificarsi in sede fallimentare
- tende a negare un inserimento automatico, per cui il mancato richiamo ad un’intesa precedente
esclude che alla stessa debba riconoscersi efficacia vincolante, salvo venga fornita la prova contraria che le parti l’abbiano presupposta. In questo senso X. XXXXXXX, Xxxxxx completa e volontà di obbligarsi, in Contratti, 1998, 116.
47 V. A. FINESSI, Offerta e accettazione, in Manuale del nuovo contratto, cit., 57.
48 Il contratto si considera concluso nel momento in cui l’accettazione giunge a chi ha formulato la proposta. Per un’ampia trattazione del tema delle modalità di conclusione degli accordi si rinvia a X. XXXXX - G. DE NOVA, Il contratto, in Trattato di diritto civile, diretto da X. Xxxxx, X, Xxxxxx, 0000; nonché a X. XXXXXXXXX, Accordo delle parti e rapporti giuridici preparatori, in Il contratto in generale, a cura di X. Xxxx - U. Breccia - X. Xxxxxxx, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxx, XIII, 2, Torino, 2000, 55 ss.; C.M. BIANCA, Diritto Civile, Il Contratto, 3, Milano, 2000; X. XXXXX, voce Contratto. II) Formazione del contratto, cit.. V., per una recente ed approfondita ricognizione della dottrina e della giurisprudenza in tema di proposta contrattuale, A. FINESSI, Xxxxxxx e accettazione, cit., 62 ss..
49 “ Allorché una parte rivolga all’altra un’offerta precisa e particolareggiata di conclusione di
un determ inato contratto, completa di tutti gli elementi essenziali, deve ravvisarsi una vera e
Un approccio di tipo induttivo non permette di cogliere appieno le peculiarità della fattispecie in esame, da cui, invece, si ritiene occorra muovere per cercare di comprendere con quali modalità le parti addivengono alla conclusione del contratto che in via definitiva regolerà i rapporti tra di esse.
Come si è sopra rilevato, una fase minimale di trattative, seppur limitata nei termini di cui sopra si è detto, ed eventualmente proseguita in una fase di gara tra i potenziali acquirenti, viene sempre esperita dal curatore e dalle sue controparti. Nell’ottica di ‘migliorare’ quanto più possibile le condizioni della vendita, la ricerca ‘competitiva’ dell’acquirente, può essere enfatizzata dal curatore e spinta verso obiettivi di realizzo sempre maggiori, tali per cui, in ipotesi, questo potrà ritenere di rifiutare proposte, seppur collimanti con le condizioni in prima fase manifestate.
I contatti tra curatore e terzi, nelle forme tratteggiate, sono finalizzati a precisare l’ambito ed il contenuto del contratto di cui si propone la stipulazione, ma non assumono, per le loro caratteristiche intrinseche, alcuna efficacia vincolante, se non, eventualmente, nell’ottica di valutare un profilo di responsabilità in caso di recesso ingiustificato dalle trattative da parte dell’aggiudicatario.
La conseguenza naturale che viene fatta discendere dall’incontro delle rispettive proposta e accettazione non può dunque verificarsi nel caso di specie, risultando tale effetto incompatibile con le regole e le particolari finalità del procedimento nel quale la vendita fallimentare va ad innestarsi.
Le istanze e le esigenze delle parti nel contesto fallimentare non rendono infatti possibile l’applicabilità di un meccanismo formativo attraverso cui la conclusione del contratto, come avviene in sede civilistica (sulla base della c.d. mirror image rule50), risulti l’immediato effetto dell’incontro tra la proposta della curatela fallimentare e un’accettazione ad essa conforme.
E ciò, sia che il curatore scelga una delle proposte tra le molteplici a lui inviate, sia che all’invito del curatore faccia seguito una sola offerta conforme: anche nell’ipotesi di scuola di un’unica risposta alle sollecitazioni del curatore contenente adesione completa alle condizioni dallo stesso poste, il contratto di vendita non potrà in alcun modo considerarsi già concluso.
Gli esiti a cui condurrebbe una ricostruzione che individuasse una proposta contrattuale negli atti prenegoziali predisposti dal curatore (avviso di richiesta di manifestazioni di interesse all’acquisto del bene e condizioni minime di contratto), e un’accettazione nell’offerta inviata al curatore dai diversi potenziali acquirenti, e le
propria proposta contrattuale e non una semplice dichiarazione generica di responsabilità, cosicché l’altra parte può esprim ere la sua accettazione con il semplice consenso senza bisogno di ulteriori trattative”, così Cass., 24 maggio 2001, n. 7094, in Mass. Giur. it., 2001; conforme Cass., 5 agosto 1987, n. 6741, in Mass. Giur. it., 1987.
50 Ricorda la formula anglosassone X. XX XXXX, Il contratto, cit., 405.
discrasie che ne deriverebbero in relazione alle finalità che il legislatore della riforma ha voluto perseguire con l’introduzione di questa nuova modalità di vendita in sede fallimentare, non permettono in alcun modo di argomentare in questi termini.
E’ opportuno ancora mettere in evidenza come con riferimento al contesto molto
vicino a quello fallimentare, ovvero quello delle vendite all’incanto (nel quale ci si rivolge ad un contraente indeterminato, fissando un criterio per la sua determinazione ovvero l’offerta migliore: in caso di vendita il prezzo più alto, in caso di appalto, invece, il prezzo più basso) siano state date differenti letture della circostanza che anche in tale procedimento gli elementi del contratto fissati nel bando sono suscettibili di mutare durante la gara che può aprirsi tra gli interessati51. Da una parte si è sostenuto che ciascuno dei partecipanti, in quanto offre un prezzo maggiore, assume necessariamente il ruolo di offerente, e lo stesso bando che tende a provocare una o più offerte altrui, si trasforma in un invito ad offrire52; dall’altra che il fenomeno delle accettazioni man mano superate da offerte più favorevoli si spiegherebbe con il fatto che si assisterebbe alla conclusione di un contratto sotto la condizione sospensiva o risolutiva costituita dalla mancanza di una successiva offerta prevalente53.
51 Va segnalato che, per quel che concerne l’offerta di acquisto da parte del terzo nella vendita forzata (all’interno del quale, lo si ricorda, veniva e viene tuttora ricondotta la vendita effettuata in sede fallimentare), la dottrina e la giurisprudenza nel regime ante riforma si sono lungamente interrogati sulla natura giuridica di questo atto di autonomia privata che va ad inserirsi all’interno di un procedimento giurisdizionale. Il problema - profondamente attuale - era infatti comprendere come nell’espropriazione forzata potessero intersecarsi reciprocamente diritto e processo. Per la ricostruzione del dibattito si rinvia a X. XXXXXXXXXX, Effetti della vendita forzata e dell’assegnazione. Artt. 2919-2929, in Il Codice Civile Commentato, Commentario diretto da X. Xxxxxxxxxxx, Milano, 1988, 14-21, che sottolinea come i tentativi di qualificazione “furono molteplici, e, a mio avviso, tutti infruttuosi, mentre a parere d’altri risultarono quasi incomprensibili”.
52 X. XXXXXXXX, Il contratto in genere, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da
X. Xxxx - X. Xxxxxxxx, XXI, Milano, 1968, 324 ss..
53 N. DIST ASO, I contratti in genere, in Giurisprudenza sistematica civile e commerciale, diretta da X. Xxxxxxx, Torino, 1980, 300 ss.; nonché, in precedenza, X. XXXX, L’offerta al pubblico, Xxxxxxx, 0000, 87. Sostiene così, con riferimento alle diverse tesi esposte, X. XXX XXXXXXXXX, Xxxxxxxxx in generale, cit., 199: “ Si deve invece ritenere che nella fattispecie la proposta è congegnata in modo tale da combinarsi solo con l’accettazione dell’oblato che sia più favorevole di ogni altra; quel che costituisce in ipotesi il criterio di preferenza tra i diversi, possibili aspiranti ad una sola prestazione. Ne consegue, che allo stato modo in cui nelle altre ipotesi fin qui esam inate tutte le dichiarazioni di accettare che non vengono accolte (per la pratica impossibilità di farvi fronte) cadono di fronte a quella dei
Se queste teorie possono, sebbene divergenti quanto alle relative conclusioni, ben attagliarsi alle vendite all’incanto, regolate, in ogni loro singolo passaggio ed effetto, da un ampio corpus di norme contenuto nel codice di procedura civile, così non è per le vendite competitive, la cui disciplina è affidata oggi ad un’unica disposizione, l’art. 107 l. fall.. Ed in assenza di un dettato legislativo espresso, le prassi poste in essere dai curatori fallimentari sono, e possono legittimamente essere, le più disparate.
Si segnala proprio come recentemente si assista alla pubblicazione54 di richieste di manifestazione di interesse che contengono clausole di questo tenore: “La presenta comunicazione costituisce soltanto un invito a manifestare interesse e non comporta vincolo/obbligo alcuno per la Curatela e/o il Fallimento, né costituisce invito ad offrire né offerta al pubblico xx xxx. 0000 x.x., xx xxxxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxxx risparmio ex art. 94 e xx. xxx x. xxx. x. 00/0000”.
Una tale precisazione, come è immaginabile, non è presente in tutte le richieste di manifestazioni di interesse a cui si dà pubblica diffusione: vi è qualche tribunale fallimentare illuminato55, che comprende la necessità, anche per ragioni di uniformità, per gli operatori di avere una guida su questo campo, ma, ovviamente, si tratta di interventi di natura eccezionale, e, comunque, a rilevanza territoriale limitata.
Questo appare un ulteriore elemento di estrema importanza nel tentativo di collocare sistematicamente gli atti compiuti durante la procedura competitiva dalle parti.
Si segnala inoltre che la giurisprudenza di legittimità, sebbene con riferimento al regime delle vendite non ancora novellato - e quindi con conclusioni di non grande decisività per il presente discorso, ma tuttavia significative seppur non riferite alle modalità di vendite competitive - ha affermato che alla vendita fallimentare di beni mobili, “ancorché utilizzi forme simili a quelle privatistiche tipiche dell’autonomia privata” - il riferimento era qui alla vendita ad offerte private contemplata dal previgente art. 106 l. fall. - “è esclusa l’applicabilità, con riferimento al decreto che dispone la vendita, delle norme codicistiche sulla formazione del contratto (art. 1326
c.c. e 1336 c.c. in tema di offerta al pubblico)”56.
Ciò che, alla luce dei rilievi effettuati, può forse ragionevolmente concludersi è che, indipendentemente dalle concrete e specifiche qualificazioni, sulla cui necessità può forse prescindersi, non pare possa esserci dubbio che durante tutta la fase della procedura competitiva ci si trovi di fronte ad atti preparatori del vincolo futuro che si instaurerà tra le parti e non si possa in alcun modo immaginare che possa ritenersi
contraenti che sono soddisfatti, così mutatis mutandis avviene qui nei riguardi delle accettazioni precedenti, che risultano successivamente m igliorate”
54 Oltre che su siti internet specifici per le vendite fallimentari, anche su siti destinati alla ricerca
giuridica, come ad esempio xxx.xxxxxx.xx.
55 Come, ad esempio, quella del Tribunale di Milano che, con l’entrata in vigore della riforma, ha elaborato documenti contenenti indicazioni per gli operatori.
56 Così Cass., 23 settembre 2003, n. 14103, cit..
operante un meccanismo che renda immediato il perfezionamento del contratto, che si avrà soltanto con la formale stipulazione del definitivo.
L’adesione del terzo non può costituire in alcun modo accettazione di una proposta produttiva di effetti traslativi.
La devoluzione al curatore delle operazioni di vendita implica che non è più configurabile una vera e propria aggiudicazione nell’accezione propria delle procedure esecutive e l’effetto traslativo non è più riconducibile ad un provvedimento autoritativo del giudice (come avveniva in precedenza e come avviene tuttora nell’espropriazione forzata): l’aggiudicazione al miglior offerente costituisce adesso un mero atto di individuazione dell’acquirente, e come tale preliminare e preparatorio al successivo contratto di vendita alla cui stipula va ricondotto ogni effetto traslativo57.
3.2 Doveri di informazione e responsabilità precontrattuale. Se dunque, gli atti che precedono la stipulazione del contratto definitivo in sede fallimentare possono ritenersi costituenti, seppur in un anomala accezione, trattative, preme mettere a fuoco i doveri che incombono sui soggetti partecipanti a tale peculiare fase precontrattuale, posto che, anche sotto questo profilo, è del tutto assente nella legge fallimentare una regolamentazione ad hoc.
La norma - nella quale la dottrina ravvisa la “leva” che può condurre ad una generalizzata moralizzazione di tutta l’attività contrattuale58 - è rappresentata dall’art. 1337 c.c., in virtù del quale le parti, nello svolgimento delle trattative e nella conclusione del contratto, debbono comportarsi secondo buona fede59.
57 V. in questo senso X. XXXXXXXX - X. XXXXXXXX, Le modalità competitive della liquidazione concorsuale, cit., 545.
58 Così X. XXXXX SOLI, Recesso dalle trattative in caso di offerta economicamente più vantaggiosa, in Contratti, 1999, 3, 311.
59 “ Buona fede altro non significa, in queste norm e, se non correttezza e lealtà”, così X.
XXXXXXX, Il contratto, cit., 559. L’Autore rileva come tale principio consenta di identificare altri divieti e altri obblighi oltre a quelli previsti dalla legge, realizzando “ la “chiusura” del sistema legislativo, ossia offre criteri per colmare le lacune che questo può rivelare nella varietà e molteplicità delle situazioni della vita economica e sociale”. Sul tema della buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto si rinvia, tra i molti scritti, a
X. XXXXXXX, Il quantum del danno nella responsabilità precontrattuale, Torino, 2008; nonché ID., La responsabilità precontrattuale per violazione di obblighi di inform azione, in Trattato della responsabilità contrattuale, diretto da X. Xxxxxxxxx, I, Padova, 2009, 731 ss.; X. XXXXXXXX, La form azione progressiva del contratto, cit., 244; M. DE POLI, Xxxxx etrie inform ative e rapporti contrattuali, Padova, 2002; X. XXXXXXX, La responsabilità precontrattuale, in Il contratto in generale, a cura di X. Xxxx - U. Breccia - X. Xxxxxxx, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxx, XIII, 2, Torino, 2000, 266; A. M. MUSY, voce Responsabilità precontrattuale, in Dig. Disc. Priv.,, XVII, Torino, 1998, 405 ss; G. ST ELLA XXXXXXX, La responsabilità precontrattuale, Torino, 1996; G. PATTI - X. XXXXX, Responsabilità precontrattuali e contratti standard, in Il Codice Civile Commentato,
Sia nell’ipotesi che si giunga alla formazione del contratto, sia nell’ipotesi che le trattative si interrompano senza un’utile conclusione, può accadere che nel corso di esse una delle parti si comporti in modo sleale e, badando solo al proprio interesse ed al proprio profitto, assuma iniziative scorrette che danneggiano ingiustamente l’altra parte60.
L’estrema sinteticità del dato normativo, costituito dagli articoli 1337 e 1338 c.c., ha obbligato gli interpreti61, in particolare la giurisprudenza62, a ricostruire il contenuto degli obblighi precontrattuali e a interrogarsi altresì sulla natura stessa della responsabilità correlata alla violazione di questi ultimi.
Una prima lettura restrittiva ha lasciato progressivamente spazio a un’interpretazione che oggi riconosce come l’ambito di rilevanza della regola posta dall’art. 1337 c.c. vada ben oltre l’ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative, ed assuma il valore di una clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in maniera precisa, ma sicuramente implica il dovere delle parti di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi, o anche solo reticenti, e
Commentario diretto da X. Xxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXX, voce Responsabilità precontrattuale. I) Diritto civile, in Enc. Giur., XXVII, Roma, 1991, 2 ss.; X. XXXXX, L’obbligo precontrattuale di inform azione, Napoli, 1990; X. XXXXXXX, voce Responsabilità precontrattuale, in Enc. Dir., XXX, Milano, 1988, 1267 ss.; P. RESCI GNO, voce Obbligazione (diritto privato: nozioni generali), in Enc. Dir., XXIX, Milano, 1979, 152. Per una panoramica del diritto europeo si rinvia a X. XXXXXXXXXX - X. XXXXXXXXX, Precontractual liability in European private law, Xxxxxxxxx, 0000; per ampi riferimenti ad autori stranieri si veda X. XXXXXXX, Responsabilità precontrattuale e rottura delle trattative: danno risarcibile e nesso di causalità, in Danno e Resp., 2009, 5, 469 ss.. In giurisprudenza x. Xxxx., 00 febbraio 1986, n. 960, in Mass. Foro it., 1986: “(...) La buona fede, intesa in senso etico, come requisito della condotta, costituisce uno dei cardini della disciplina legale delle obbligazioni e form a oggetto di un vero e proprio dovere giuridico, che viene violato non solo nel caso in cui delle parti abbia agito con il proposito doloso di recare pregiudizio all’altra, ma anche se il comportamento da esse tenuto non sia stato, comunque, im prontato alla diligente correttezza ed al senso di solidarietà sociale, che integrano, appunto, il contenuto della buona fede”, nonché Cass., 20 aprile 1994, n. 3775, in Corr. giur., 1994, 566.
60 Così X. XXXXX, Il contratto, Bologna, 1977, 95.
61 Oltre agli Autori già citati in nota 46 si veda anche P. G. MONATERI, La responsabilità contrattuale e precontrattuale, Torino, 1998.
62 La giurisprudenza ha per molto tempo ridotto i casi di scorrettezze precontrattuali rilevanti al
recesso ingiustificato dalla trattativa in corso; tra le molte, x. Xxxx., 11 settembre 1989, n. 3922, in Giust. civ. Mass., 1989, 8-9. Per una lettura comparatistica del fenomeno si veda E. A. XXXXXX, Il recesso dalle trattative: uno schizzo comparatistico, in Resp. civ. prev., 2011, 4, 246 ss..
fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o anche solo conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto63.
Se è vero infatti che le parti sono libere di valutare la propria convenienza al perfezionamento di un accordo, è altrettanto vero che l’esercizio di tale facoltà è soggetto al controllo sulle modalità concrete con cui è posto in essere, per mezzo della regola predisposta dal legislatore a tutela dell’affidamento reciprocamente riposto nel buon esito delle trattative64.
Inoltre non va sottaciuto come non manchino in ogni caso mezzi per assicurare alle parti maggiori garanzie di protezione anche in fase di trattative: la giurisprudenza è infatti giunta a ritenere che la puntuazione contrattuale65 (come anche la lettera di intenti e di patronage66) sia fonte di un dovere specifico di buona fede, ed innalzi la soglia dei doveri di correttezza e buona fede in capo ai soggetti coinvolti nella trattativa67.
63 Si veda, tra le molte, Trib. Genova, 22 marzo 2007, in Banca Dati Leggi D’Italia, che richiamandosi a Cass., 29 settembre 2005, n. 19024, afferma: “La violazione degli obblighi di una adeguata informazione al cliente costituisce un’ipotesi di responsabilità contrattuale (così intesa in quanto consegue alla violazione di specifici obblighi di legge o contrattuali) che può essere fatta risalire anche alla norma di cui all’art. 1337 c.c., che impone, alla stregua di una clausola generale, di xxxxxxxsi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti ed implica il dovere di trattare in modo leale, nonché di fornire alla controparte ogni elemento rilevante ai fini della stipulazione del contratto, che la stessa parte conosca o debba conoscere con l’ordinaria diligenza. La violazione di tale regola di comportamento assume rilievo non solo nel caso di rottura ingiustificata delle trattative, ma anche quando il contratto posto in essere sia valido, e tuttavia pregiudizievole per la parte vittima del comportamento scorretto (1440 c.c.)”.
64 In questo senso, Xxxx., 23 febbraio 2005, n. 3746, in Danno e Resp., 2006, 1, 46, che ricorda come l’obbligo ex art. 1337 c.c. sia stabilito poiché con l’instaurarsi di trattative sorge tra le parti un rapporto di affidamento che l’ordinamento ritiene meritevole di tutela e che se durante tale fase una delle parti viola il dovere di comportarsi secondo correttezza, attraverso condotte che non salvaguardano l’affidamento dell’altra, risponde per responsabilità precontrattuale.
65 Cass., 4 agosto 1990, n. 7871, in Mass. Foro it., 1990.
66 Cass., 27 settembre 1995, n. 10235, in Giur. it., 1996, I, 737; App. Milano, 13 novembre
1992, in Banca borsa, 1994, II, 40.
67 E’ interessante segnalare quanto rileva X. XXXX, La fase precontrattuale, in Le acquisizioni societarie, opera diretta da X. Xxxxxx, Torino - Bologna, 2011, 43-44, con riferimento al procedimento per l’acquisizione di partecipazioni, in relazione al quale la prassi internazionale ha messo in evidenza che lo strumento elaborato per definire gli obblighi di informazione del venditore è la check list, attraverso la quale è il compratore in pratica a determinare i limiti degli obblighi di informazione in capo al venditore. L’Autore evidenzia come elencando le representations e warranties che una parte deve fornire all’altra si faciliti un eventuale giudizio in merito a fattispecie di misrepresentation e non-disclosure. Sul tema, in particolare, v. S.
Quanto all’ampiezza del dovere di comunicazione, è stato messo in evidenza come le informazioni rivestano sempre un preciso valore: costituiscono un costo per chi deve fornirle sia per la loro materiale diffusione, sia per gli affari persi a seguito della conoscenza da parte dei potenziali contraenti, e risultano un vantaggio per chi le riceve sia per poter compiere scelte ottimali, sia per evitare scambi diseconomici68.
Dunque, chi dispone di notizie rilevanti ai fini della formazione del contratto, deve farle conseguire all’altra parte69. Esulano, invece dal dovere di informazione tutti i fatti e le circostanze utili a valutare unicamente la convenienza economica dell’affare, la quale rientra nel normale gioco della contrattazione e ciascuno ha l’onere di valutarla personalmente70.
Nell’ambito dei contratti di compravendita generalmente il venditore ha interesse a diffondere ciò che possa concorrere a convincere il potenziale acquirente, ma a nascondere, invece, tutti quegli elementi che potrebbero influire negativamente sul prezzo o che potrebbero in futuro, nel caso in cui l’operazione non venga conclusa, essere utilizzate dall’acquirente. Dall’altra quest’ultimo ha interesse ad ottenere quante più informazioni utili per valutare la convenienza dell’affare71. Ovviamente non si potrà prescindere dal generale dovere del venditore di informare il compratore delle eventuali cause di invalidità e di inefficacia del contratto.
La violazione degli obblighi informativi gravanti sulle parti non interviene soltanto nel caso in cui una parte ometta di rendere alcune informazioni, ma anche quando al momento della conclusione del contratto una delle parti sia stata indotta
TERSILLA, La due diligence per l’acquisizione di un pacchetto azionario di controllo di una società non quotata in borsa: obblighi di inform azione e responsabilità dei soggetti coinvolti, in Dir. comm. internaz., 2002, 4, 969 ss.
68 Così X. XXXX-ZENCOVICH, voce Inform azione (profili civilistici), in Dig. Disc. Priv., 1993, IX, 423.
69 Com’è stato sottolineato: “Xxxxxx è che non esiste da noi un obbligo di dire sempre la verità; ma inesatto che questo obbligo esista solo quando sia imposto in modo specifico (sia pur indirettamente) dalle leggi”. Così X. XXXXXXX, Xxxx e “sorpresa” nell’imputazione dei pagamenti, in Xxx. xxx. xxx., 0000, X, 00.
70 Così C. M. XXXXXX, Il contratto, cit., 163.
71 E’ evidente che il livello più o meno ampio di informazioni è un elemento che si riflette in modo determinante sul rischio assunto dal contraente: maggiore è il numero di informazioni disponibili e maggiore sarà la tranquillità dell’operatore nel finalizzare una determinata transazione. Per questi rilievi e per una approfondita trattazione della due diligence, processo investigativo che viene svolto dalla parte acquirente attraverso i documenti messi a disposizione nella data room predisposta dalla parte venditrice per analizzare lo stato, i rischi e le potenzialità del bene (di solito un’azienda, o rami di essa, ma spesso anche beni immobili) si veda X. XXXXXXX, La due diligence legale e i suoi riflessi contrattuali, in Le acquisizioni societarie, cit., 61 ss..
dolosamente in errore (anche non essenziale72), cadendo in una rappresentazione non veritiera della realtà.
Si ricade poi nell’ipotesi della reticenza sleale quando non si è comunicato alla controparte una certa informazione che invece sarebbe stato doveroso rivelare73: il dolo risiede qui nel non avere comunicato intenzionalmente una informazione di cui si era in possesso e che è rilevante al fine della determinazione contrattuale.
In questi casi, com’è stato osservato, al fine di selezionare in modo opportuno le informazioni che devono essere date da quelle che possono essere omesse, deve essere presa in considerazione la colpa della parte ignorante: un criterio utile potrebbe essere individuato nella disponibilità dell’informazione per entrambe le parti, giungendo così a concludere che avere omesso di rivelare un’informazione che controparte avrebbe potuto acquisire utilizzando l’ordinaria diligenza non costituisce dolo omissivo74.
Al fine di comprendere se la curatela fallimentare possa essere chiamata a rispondere dei danni subiti dall’acquirente per effetto di un’omissione informativa o di false informazioni che gli siano state fornite, va preliminarmente chiarito quale sia la portata e l’ampiezza del dovere informativo in capo al curatore.
Occorre muovere dal presupposto che un’esatta descrizione del bene è messa normalmente a disposizione dei potenziali acquirenti attraverso la stima redatta da un esperto75, a cui sopra si è fatto cenno: essa, con riferimento a un bene immobile,
72 E’ pacifico in dottrina che quando l’errore è stato indotto dalla condotta intenzionalmente lesiva di controparte il requisito dell’essenzialità dell’errore non sia necessario e che il dolo conduca all’annullabilità del contratto anche quando ha causato un errore sui motivi. Per tutti si rinvia a X. XXXXX - G. DE NOVA, Il contratto, cit., 571. E’ dibattuta invece la questione se la vittima del dolo possa ottenere tutela anche se in colpa e se oltre all’annullamento, nonostante l’errore non scusabile, possa richiedere anche il risarcimento del danno. In senso affermativo X. XXXXXXX, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963, 67; non ritiene che in presenza di colpa della vittima possa concedersi il rimedio dell’annullabilità X. XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, II, Padova, 2004, 321.
73 Così G. VI SINT INI, La reticenza nella formazione dei contratti, Padova, 1972, 121.
74 In questo senso X. XXXXXXX, Il quantum del danno nella responsabilità precontrattuale, cit.,
175. “ E’ chiaro infatti” - sostiene X. XXXXX, Il contratto, cit., 178 - “che se la controparte avrebbe potuto acquisire autonomamente l’informazione con l’utilizzo della norm ale diligenza, non si dovrebbe ritenere che la parte informata è stata sleale per avere omesso di rivelare questa inform azione a controparte”. Sul tema v. anche G. VILLA, Errore riconosciuto, annullamento del contratto ed incentivi alla ricerca di inform azioni, in Quadrim estre, 1988, 286 ss.
75 E’ stato rilevato come l’esperto non sia un ausiliario del giudice e che l’incarico di effettuare
la stima gli viene conferito dal curatore sulla base di un rapporto privatistico, riconducibile al contratto d’opera intellettuale, se l’esperto è una persona fisica (art. 2230 c.c.) o a quello d’appalto, se l’esperto è un’impresa (art. 1655 c.c.). Così X. XXXXXXX, Le vendite imm obiliari nel fallim ento, cit., 782.
dovrebbe quantomeno contenere l’identificazione dello stesso, comprensiva dei confini e dei dati catastali, lo stato di possesso, con l’indicazione, se occupato da terzi, del titolo; l’esistenza di formalità, vincoli o oneri, anche di natura condominiale, ivi compresi vincoli incidenti sull’attitudine edificatoria o vincoli connessi con il carattere storico artistico del bene; la certificazione della regolarità edilizia e urbanistica, nonché la dichiarazione di agibilità dello stesso; in generale l’indicazione delle caratteristiche ambientali e di ogni profilo rilevante sotto l’aspetto urbanistico, amministrativo e legislativo del bene.
Con riferimento invece all’ipotesi di vendita di un complesso aziendale, l’indagine del perito dovrà, ad esempio, essere estesa anche ad altri aspetti: l’esistenza e le condizioni di impianti, macchinari, automezzi, licenze, segni distintivi, marchi registrati o di fatto, autorizzazioni e certificazioni, necessarie all’esercizio dell’attività; l’indicazione dei crediti e dei debiti dell’azienda, così come risultanti dalle scritture contabili; il rispetto nella predisposizione degli impianti delle normative sulla sicurezza del lavoro e sulla tutela ambientale; l’indicazione dei contratti di leasing, e, più in generale, dei contratti pendenti, con particolare riferimento ai rapporti di lavoro.
L’obiettivo che attraverso tale documento si mira a raggiungere è quello di poter offrire agli interessati all’acquisto del bene o del complesso aziendale un quadro quanto più possibile completo.
Va rilevato però come spesso gli esperti incaricati abbiano ben poco tempo a disposizione per effettuare la stima, e che conseguentemente la stessa possa risultare carente sotto alcuni profili. La rapidità con cui la procedura fallimentare punta a porre in essere le operazioni di liquidazione è legata all’obiettivo della massimizzazione del profitto: la miglior vendita di un complesso aziendale, ad esempio, postula che non si sia perso, se non in minima parte, il valore dell’avviamento, e ciò si realizza solo ove la vendita si perfezioni in tempi molto rapidi, e magari dopo essere stata preceduta da un breve periodo di esercizio provvisorio che garantisce la continuità dell’attività.
Dal punto di vista delle informazioni offerte, va inoltre dato atto che frequentemente viene predisposta una data room, in versione anche digitale (su supporto di tipo informatico o consultabile tramite accesso via internet), costituita dalla curatela fallimentare e contenente tutta la documentazione posseduta rilevante concernente i beni oggetto di alienazione.
E’ chiaro che, di fronte a questa pluriforme messa a disposizione di informazioni da parte della procedura, ci si ponga il delicato problema di imporre un obbligo di riservatezza ai potenziali interessati che hanno la possibilità, attraverso la stima e i documenti contenuti nella data room, di venire a conoscenza di informazioni a contenuto altamente riservato.
Così come avviene anche in altri settori del mondo economico 76, il curatore fallimentare ha la possibilità di diminuire i rischi dell’uso scorretto delle informazioni offerte durante le trattative facendo sottoscrivere al potenziale acquirente un accordo di riservatezza, che preveda in primo luogo il non utilizzo delle informazioni di cui si è avuta la possibilità di prendere visione, se non, ovviamente, nei limiti in cui questo sia necessario per formulare la propria proposta. La prassi ha messo in evidenza come vengano con frequenza fatti sottoscrivere questi accordi di riservatezza atti a regolare in maniera analitica il trattamento delle informazioni ritenute riservate, sebbene con riferimento quasi in via esclusiva ai casi di complessi aziendali rilevanti, e nell’ipotesi in cui oggetto di futura acquisizione vi sia anche un know-how di un certo spessore e valore. Si prevede infatti che l’assunzione delle medesime sia sottoposta al rigoroso rispetto della normativa italiana dettata in tema di dati sensibili e che l’interessato sia tenuto ad adottare tutte le ragionevoli misure finalizzate a mantenere segrete le informazioni (compresa l’assenza di divulgazione a terzi o di pubblicazione di alcun documento): queste infatti dovranno essere utilizzate unicamente allo scopo di valutare l’opportunità di formulare un’offerta per l’acquisizione dell’azienda, o di altro bene, e, in ogni caso, senza arrecare danno alla procedura o a terzi. Solitamente si stabilisce altresì che nel caso in cui la trattativa o la procedura di vendita vengano interrotte, o nell’ipotesi in cui l’interessato non risulti aggiudicatario della gara, quest’ultimo sia tenuto alla restituzione o alla rimozione (da qualunque tipo di supporto, cartaceo, audio, video o informatico) di tutti i documenti in suo possesso.
Ad esempio, può immaginarsi che venga data ai potenziali acquirenti la possibilità di visionare le antiche e segrete ricette di una rinomata società produttrice di un determinato prodotto alimentare dolciario, la quale ha una collocazione apicale in quel settore del mercato dovuta al fatto che solo un particolare mix di ingredienti, non noto, rende i propri prodotti differenti dagli altri (e, evidentemente, più buoni). E’ ovvio che l’utilizzo di tali conoscenze da parte di chi non risulterà nel caso, aggiudicatario del complesso aziendale di tale società, non può essere permesso e la curatela fallimentare ha il pieno diritto di tutelare tali importanti informazioni. Non può infatti in alcun modo risultare contemplabile un’attribuzione di vantaggi di tipo informativo a qualcuno degli interessati, a maggior ragione ad un potenziale concorrente.
Ne deriva che, se tutta questa impalcatura a contenuto informativo viene correttamente predisposta dalla curatela fallimentare, dovrebbe risultare rispettato il principio per cui nella fase antecedente alla conclusione di un contratto le parti devono avere la facoltà di verificare la propria convenienza alla stipulazione e di richiedere tutto
76 Come, ad esempio, nel settore delle operazioni di acquisizioni di azioni e/o quote rappresentative del capitale di una società. Sul punto, per una trattazione recente, si veda A. MUSY, La fase precontrattuale, in Le acquisizioni societarie, cit., 19 ss..
quanto ritengano opportuno in relazione al contenuto delle reciproche, future obbligazioni77.
Ciò posto, le ipotesi di responsabilità precontrattuale imputabili al curatore appaiono unicamente riconducibili a una dolosa, o gravemente colposa, assenza di comunicazione ai potenziali interessati di circostanze, determinanti il proprio consenso, tali per cui, ove gli stessi fossero stati adeguatamente informati non avrebbero contrattato con la procedura fallimentare o lo avrebbero in ogni caso fatto a condizioni diverse. Si immagini il caso della grave presenza di un inquinamento ambientale sui terreni facenti parte di un rilevante complesso aziendale, che il perito non abbia, ad esempio per mancanza di tempo, rilevato, e di cui il curatore fosse invece venuto a conoscenza in precedenza attraverso colloqui con il legale rappresentante della società. Xxxxxx assennato potenziale acquirente formulerebbe un’offerta una volta messo a conoscenza di una così grave circostanza, dalle ancora più gravi conseguenze dal punto di vista penale ed economico.
Sul punto si segnala che nell’unico precedente giurisprudenziale reperito, che si riferisce alla presenza di vizi redibitori di un bene mobile alienato nelle modalità ante riforma - che non appare di alcun rilievo chiarificatore, ma anzi, si ritiene inapplicabile alle vendite competitive di cui al presente lavoro -, si è affermato che qualora, a fondamento della domanda di risarcimento dei danni, il compratore abbia fatto valere l’erronea descrizione dei beni in sede di inventario, con l’attribuzione di caratteristiche tecniche non possedute e senza il rilevamento di difetto di funzionamento, non risulterebbe configurabile la garanzia prevista dall’art. 1490 c.c., ma solo una responsabilità attinente alla custodia dei beni inventariati e alla vendita degli stessi nell’ambito della procedura concorsuale, e dunque un’obbligazione risarcitoria che, in quanto correlata al compimento di atti tipici rientranti nelle attribuzioni del curatore, non è posta a carico di quest’ultimo come persona fisica, ma a carico del fallimento78.
Tralasciando per un momento il profilo dell’inserimento di clausole di esonero delle garanzie presenti nei contratti di vendita stipulati dal fallimento, di cui si discorrerà oltre, apparirebbe incoerente un sistema che permettesse al curatore di andare esente da responsabilità laddove intenzionalmente abbia omesso di informare i potenziali acquirenti su circostanze rilevanti allo stesso note ed abbia agli stessi così cagionato un danno.
Com’è noto, la violazione del dovere di informazione per reticenza, nell’ipotesi in cui segua il contratto, conduce all’azione di annullamento dello stesso per dolo omissivo79. In ogni caso si è inoltre sancito, sebbene in contesti del tutto differenti da
77 Lo ribadisce, recentemente, anche Trib. Potenza, 29 aprile 2009, in Banca Dati Leggi d’Italia.
78 In questi termini Cass., 10 dicembre 2008, n. 28984, in Fall., 2009, 8, 1001.
79 “Il dolo omissivo dovrà considerarsi causa di annullamento del contratto ogni qualvolta, date le circostanze, si deve ritenere che il contraente avesse l’obbligo di inform are l’altra parte”. F.
quello in esame, che l’omessa informazione possa assumere rilievo, e fondare un’azione di risarcimento della controparte, anche indipendentemente dall’annullamento del contratto80.
Si ritiene di poter concludere che violi il dovere del rispetto del principio di
buona fede nelle trattative il curatore che ometta consapevolmente di rendere informazioni circa il bene oggetto di compravendita tali da influire in maniera determinante sul consenso della controparte, e che, per tale ragione, possano essere legittimamente formulate nei suoi confronti l’azione di responsabilità precontrattuale e la richiesta di risarcimento del danno subito81. Oltre, ovviamente, alla richiesta di annullamento del contratto di vendita, quando la violazione sia stata intenzionale e determinante del consenso (dolo determinante ex art. 1439 c.c.), o quando la violazione abbia causato un errore essenziale e riconoscibile (art. 1428 c.c.).
Per quanto invece concerne l’ipotesi di rottura delle trattative, occorre chiedersi quali sarebbero le conseguenze del mancato rispetto alla propria proposta da parte del soggetto individuato al termine della procedura competitiva, nel caso in cui quest’ultimo decida di non stipulare il contratto definitivo.
XXXXXXX, Il contratto, cit., 328, precisa come il merito di questa argomentazione sia di G. VI SINT INI, in La reticenza nella form azione dei contratti, cit..
80 Una casistica numerosa in materia di dovere di informazione riguarda la responsabilità di enti pubblici nei confronti dei privati: x. X. Xxxxx, 00 settembre 2008, n. 4309, in Foro Amm. C. Stato, 2008, 2446; Cass., 26 maggio 2006, n. 12629, in Foro it., 2008, I, 256. V., in altri contesti, Xxxx. 19 settembre 2006, n. 20260, in Resp. civ. prev., 2007, 2108 (caso in cui una moglie nel chiedere ad un istituto di credito un mutuo aveva taciuto il fatto che il marito era stato dichiarato fallito; la banca nel caso di specie ha chiesto il solo risarcimento del danno ex 2043 c.c.); Cass., 8 settembre 1999, n. 9523, in Mass. Foro it., 1999 (fattispecie di compravendita di quote sociali; il compratore ha richiesto il risarcimento ex art. 1440 c.c.); Cass., 11 ottobre 1994, n. 8295, in Foro it., 1995, I, 1903 (sostiene che l’inosservanza del dovere di buona fede è concretata anche dal mero silenzio solo quando “ la parte sia consapevole della rilevanza che la circostanza taciuta possa avere sulle determ inazioni dell’altro contraente, e non possa essere altrimenti da questi accertata con la normale diligenza”); Cass., 10 luglio 1984, n. 4029, in Giust. civ., 1985, I, 84 (si è occupata del caso in cui il committente abbia omesso di informare l’appaltatore su circostanze che avrebbero reso più onerosa la sua prestazione).
81 E’ di questo avviso X. XXXXXXXXXXXX, Diritto fallim entare. La nuova disciplina delle
procedure concorsuali giudiziali, cit., 248. Sul tema della quantificazione del danno nella responsabilità precontrattuale per violazione di un obbligo di informazione, si rinvia, per una approfondita ricostruzione recente, a X. XXXXXXX, Il quantum del danno nella responsabilità precontrattuale per violazione di un obbligo di informazione, in Danno e Resp., 2010, 11, all. 1,
27. Per quanto concerne invece il dibattito sulla natura contrattuale o extracontrattuale della responsabilità precontrattuale x. X. XXXXX - X. XXXXX, Responsabilità precontrattuali e contratti standard, cit..
Sul punto in passato si era affermato che in questa ipotesi dovessero scattare “non già le conseguenze di cui all’art. 1337 cod. civ. in tema di responsabilità contrattuale, ma quelle previste in materia di procedura espropriativa dall’art. 587 cod. proc. civ., in combinato disposto con l’art. 177 disp. att. cod. proc. civ. (perdita della cauzione e, ove il prezzo derivante dal nuovo incanto sia inferiore, obbligo di pagare la differenza). Il ricorso a tale forma di autotutela resta legittimo in ogni caso, presumendosi l’imputabilità dell’inadempimento a carico dell’aggiudicatario, salva la prova contraria su quest’ultimo incombente”82.
Tale precedente, come nel caso dell’omessa informazione, si riferisce alla disciplina previgente.
Oggi non si ravvisano motivi tali per cui, anche in sede fallimentare, non debbano applicarsi i rimedi previsti nel caso di recesso senza giusta causa dalle trattative dal potenziale acquirente del bene messo in vendita dalla curatela fallimentare. Va dato atto che spesso, sul punto, in via di autotutela, i curatori ineriscano nell’avviso relativo alla vendita del bene clausole siffatte: “La cauzione” - generalmente pari al 10% del prezzo offerto, da offrire a mezzo di assegno circolare - “verrà imputata in conto prezzo a favore dell’acquirente ovvero restituita in caso di mancata aggiudicazione ovvero ancora trattenuta a titolo di penale in caso di rifiuto a
sottoscrivere il contratto di acquisto”.
In assenza di tali o analoghe previsioni, già rese note sin dall’inizio del procedimento, ai potenziali acquirenti, si ritiene che la procedura fallimentare abbia titolo per convenire in giudizio l’aggiudicatario che si s ia rifiutato ingiustificatamente di concludere il contratto, non solo laddove il fallimento avesse già sopportato spese e costi in vista della futura stipulazione con quel determinato soggetto, ma soprattutto quando subisca un danno da occasione perduta83, ad esempio non riuscendo più a vendere il bene al prezzo di acquisto che, nell’eventuale gara svolta, gli altri offerenti erano giunti a proporre.
82 Cass., 6 settembre 2006, n. 19142, in Fall., 2007, 1, 157; conf. Cass., 17 settembre 2002, n. 13583, in Fall., 2003, 43. Condividono X. XXXXXXX - X. XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto fallimentare, cit., nota 47, 602.
83 Cass., 13 ottobre 2005, n. 19883, in Mass. Foro it., 2005; nonché Cass., 15 novembre 2004, n.
7449, in Riv. giur. edilizia, 2005, I, 839.
AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLE GRANDI IMPRESE INSOLVENTI: IL PROGRAMMA
Nell'articolo vengono esaminate in dettaglio le varie operazioni che il commissario straordinario deve osservare nella redazione del programma. Inoltre gli autori affrontano le problematiche connesse alla realizzazione del programma stesso nelle varie fasi in cui si sviluppa, anche con riferimento ai gruppi di imprese, nelle diverse procedure riguardanti le società in amministrazione straordinaria (Legge Prodi - bis e Leggi Marzano e Marzano - bis).
di XXXXX XXXXXXX E XXXXXX XXXXXXX
1. Il programma del d. lgs. 270/1999 (Legge Prodi bis)
Il programma, nell’ambito dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, riveste un ruolo centrale perchè dalla sua realizzabilità dipende l’esito della procedura; non solo, ma il programma individua anche quale sarà l’indirizzo della procedura medesima, e cioè, alternativamente, quello della ristrutturazione dell’impresa o quello della cessione dei complessi aziendali.
Il programma deve essere predisposto dal commissario straordinario e presentato
perentoriamente al Ministero dell’industria (ora delle attività produttive) entro sessanta giorni dal decreto di apertura della procedura. La natura perentoria del termine si desume dallo stesso art. 54 del d. lgs., il quale prevede che il suddetto termine può essere prorogato dal Ministero una sola volta (oltretutto per non più di ulteriori sessanta giorni) e solo se la definizione del programma risulta di particolare complessità.
Conseguenza della mancata presentazione del programma entro il termine originario o prorogato costituisce causa di revoca del commissario.
Stante l’importanza centrale attribuita al programma, la legge (art. 55 del d. lgs.) impone che lo stesso debba essere redatto:
a) sotto la vigilanza del Ministero dell’industria e in conformità degli indirizzi di
politica industriale adottati dal medesimo;
b) in modo da salvaguardare l’unità operativa dei complessi aziendali;
c) tenuto conto degli interessi dei creditori.
Con il disposto dell’art. 50-bis del decreto, vengono regolamentate specificatamente le conseguenze, quanto ai debiti dell’impresa acquirente, della vendita dell’azienda o del ramo d’azienda intervenuta nell’anno anteriore la dichiarazione di
insolvenza. Precisamente la disposizione normativa di cui sopra stabilisce che, nel caso in cui per l’impresa cedente l’intera azienda o un ramo d’azienda che costituisca l’attività prevalente dell’impresa cessionaria, sia intervenuta, tanto per la cedente che per la cessionaria, seppure in tempi diversi, purchè entro un anno dalla cessione, la dichiarazione dello stato di insolvenza, con conseguente apertura, per entrambe, della procedura di amministrazione straordinaria, l’impresa cedente risponde in solido con quella acquirente dei debiti da quest’ultima prodotti dalla data di cessione sino alla data della dichiarazione di insolvenza.
E’ questo un ulteriore obbligo che viene posto a carico dell’alienante, oltre a quello già stabilito dal comma 1) dell’art. 2560, in solido con l’acquirente, con la conseguenza che il creditore di quest’ultimo per effetto di un credito sorto nel periodo tra la cessione dell’azienda e la dichiarazione dell’insolvenza, potrà agire nei confronti sia dell’acquirente che del cedente per il recupero del proprio credito, senza che il cedente possa imporre al creditore l’obbligo di escutere preventivamente il patrimonio del cessionario.
Pertanto la redazione del programma non è rimessa alla assoluta discrezionalità del commissario, ma deve avvenire tenendo in considerazione gli obiettivi suddetti, per il perseguimento dei quali è assegnata al Ministero funzione di vigilanza. Nel rispetto dei suddetti obiettivi, il programma deve essere redatto secondo uno degli indirizzi alternativi indicati nell’art. 27, avendo riguardo al risultato finale della procedura, cioè il recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali. Tale risultato può quindi essere realizzato, in via alternativa:
a) tramite la cessione dei complessi aziendali;
b) tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa.
b-bis) per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali anche tramite la cessione di complessi di beni e contratti (quindi anche nel caso in cui i complessi di beni e contratti non costituiscano un’azienda o un ramo d’azienda).
Il programma di cessione dei complessi aziendali e quello di cessioni dei complessi di beni e contratti devono realizzarsi nell’arco di un anno nell’ambito della prosecuzione dell’esercizio dell’impresa; quello di ristrutturazione deve realizzarsi entro due anni, avendo riguardo al ripristino dell’equilibrio sia economico che finanziario dell’impresa.
Tuttavia la realizzazione del programma di cessione dei complessi aziendali di cui alla lettera a) dell’art. 27 (e, per espressa previsione normativa, solo per questi, non anche per quelli di cui alle lettere b) e b-bis) del medesimo art. 17) può essere prorogata per un periodo non superiore a tre mesi se alla scadenza originaria la cessione non è ancora avvenuta, in tutto o in parte, ma risultano in corso trattative di imminente definizione (art. 66 del Decreto Legislativo).
In tale caso il commissario può chiedere al tribunale la proroga suddetta, previa acquisizione del parere del comitato di sorveglianza e con l’autorizzazione del
Ministero dell’industria. La proroga può essere concessa una sola volta ed è disposta dal tribunale con decreto.
Prima di analizzare più specificamente il contenuto del programma nelle forme alternative previste dalla legge, con riferimento all’esecuzione è importante sottolineare che la stessa è autorizzata con decreto dal Ministero entro trenta giorni dalla sua presentazione e previo consulto del comitato di sorveglianza.
Qualora il Ministero non si pronunci entro novanta giorni dalla presentazione,
l’autorizzazione si presume – iuris et de iure – formalmente concessa (silenzio-assenso); il commissario quindi non può intraprendere il programma se non vi è la preventiva autorizzazione ministeriale; anzi il Ministero può chiedere al commissario chiarimenti, modifiche o integrazioni del programma, in considerazione ovviamente degli obiettivi sopra illustrati imposti dalla legge al programma stesso. In tale caso il termine di novanta giorni entro cui il Ministero deve esprimersi con decreto è sospeso e il commissario deve provvedere a fornire tutti i chiarimenti e le informazioni entro trenta giorni dalla richiesta, a pena di revoca dell’incarico. Val la pena notare che il termine sopradetto è “sospeso” (e non quindi “interrotto”), per cui nei predetti 90 giorni vanno calcolati i giorni già trascorsi prima della richiesta di spiegazioni. Da notare anche che ulteriori richieste ministeriali non producono effetti sospensivi.
Si è detto che il programma ha durata di uno o due anni, a seconda dell’indirizzo individuato; stante il disposto normativo (art. 57, quarto comma) i suddetti termini di durata decorrono dalla data dell’autorizzazione ministeriale.
Una volta intervenuta l’autorizzazione, il commissario straordinario, entro tre
giorni, trasmette copia del programma al tribunale. E’ importante sottolineare come la legge, in tale fase, imponga al commissario di segnalare al tribunale se il programma contenga eventuali notizie o previsioni specifiche che, se divulgate prima della scadenza, potrebbero pregiudicarne l’attuazione. Va rilevato come le dette notizie o previsioni debbano essere specifiche, non meramente generiche, e come tali individuate dal commissario.
Dopo di chè il giudice delegato, senza obbligo di osservanza di termini, dispone il deposito in cancelleria del programma, con esclusione delle parti per le quali il commissario ha segnalato le esigenze di riservatezza, come sopra detto.
Il programma può essere visionato dall’imprenditore insolvente, dai creditori e
da ogni altro interessato (in buona sostanza pressoché da chiunque), e dello stesso può essere estratta copia; nel caso in cui il programma fosse stato stralciato di eventuali parti riservate, di ciò deve essere data indicazione nella copia depositata.
Per quanto attiene all’esecuzione del programma il commissario ha evidentemente tutti i poteri per dare corso ed effettuare le operazioni necessarie per il suo svolgimento e per il raggiungimento degli obiettivi contenuti in esso; tuttavia, anche nel corso dell’esecuzione del programma permane l’attività di vigilanza del Ministero il
quale, ai sensi dell’art. 42 del decreto, deve preventivamente autorizzare, sentito il comitato di sorveglianza:
a) gli atti di alienazione e di affitto di aziende e di rami di aziende;
b) gli atti di alienazione e di locazione di beni immobili e di costituzione di diritti reali sui medesimi;
c) gli atti di alienazione di beni mobili in blocco;
d) gli atti costitutivi di pegno;
e) le transazioni, se di valore indeterminato o superiore ad € 206.582,76.
Durante l’esecuzione del programma, al commissario sono imposti doveri di informativa consistenti nell’obbligo di presentare al Ministro dell’industria, ogni tre mesi, una relazione sia sull’esercizio dell’impresa che, appunto, sull’esecuzione del programma.
Il commissario deve poi presentare anche la relazione finale, nei dieci giorni successivi alla scadenza del programma. L’importanza di questa relazione è fondamentale, in quanto, per espressa disposizione della legge (art. 61), il Commissario deve analiticamente illustrare gli esiti e quindi i risultati raggiunti nell’esecuzione del programma, specificando se sono stati o meno conseguiti gli obiettivi del medesimo secondo uno dei due indirizzi di legge (cessione dei complessi aziendali o ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa).
Non è lasciata quindi alcuna autonomia valutativa al commissario in ordine ai risultati conseguiti, posto che allo stesso viene richiesta una dettagliata ed analitica (non sommaria) esposizione dell’esecuzione del programma e, soprattutto, la specificazione se sono stati raggiunti o meno, senza mezzi termini, gli obiettivi alternativi suddetti.
L’importanza attribuita alla relazione finale e alle obbligatorie informative che essa deve contenere vanno ovviamente considerate nell’ottica dei loro effetti concreti: solo infatti a seguito dei pareri espressi dal commissario, dipenderà il futuro dell’azienda: ritorno in bonis o fallimento.
Le relazioni, sia quelle trimestrali che quella finale, sono sottoposte al parere del comitato di sorveglianza, il quale dovrà esprimere il proprio giudizio in ordine alle affermazioni riferite dal commissario.
Una volta acquisito il parere, qualunque esso sia, il commissario deve entro tre giorni depositare la relazione e copia del parere presso la cancelleria del tribunale, ove qualunque interessato può prendere visione dei due atti ed estrarne copia. Inoltre il Commissario, entro dieci giorni dal deposito in cancelleria, deve trasmettere copia, sia di ogni relazione periodica che di quella finale, a tutti i creditori a mezzo posta elettronica certificata. In caso di mancata indicazione, da parte del creditore, del proprio indirizzo di posta elettronica certificata, la trasmissione delle relazioni suddette si effettua mediante il deposito nella cancelleria del Tribunale.
Mentre non sussistono dubbi circa la analiticità e dettagliatezza della relazione finale, un’osservazione può avanzarsi in ordine a quelle periodiche nel caso in cui il
deposito del programma sia stato stralciato dalle parti riservate, come sopradetto. In tali casi appare pacifico che il commissario xxxxx specificare, nelle relazioni, gli eventuali esiti riferibili alle parti riservate del programma, ma che di essi debba farsi stralcio nella copia depositata: in caso contrario si annullerebbe l’effetto di riservatezza richiesto dalla legge alle cosiddette parti riservate, che verrebbero invece in tal modo rese palesi dalla copia integrale della relazione.
Continuando l’analisi delle disposizioni riguardanti l’esecuzione del programma,
molto importante è la previsione dell’art. 60 del d. lgs. 270, xxx viene espressamente detto che il commissario straordinario può chiedere al Ministero dell’industria, indicandone le ragioni, la modifica del programma autorizzato o, addirittura, la sua sostituzione con un altro che adotti l’indirizzo alternativo previsto dall’art. 27.
Pertanto il programma originario non solo può essere modificato nell’ambito
dello stesso indirizzo previsto (cessione complessi aziendali o ristrutturazione dell’impresa), ma può anche essere sostituito con un altro avente l’indirizzo alternativo rispetto a quello originariamente proposto.
La modificazione o la sostituzione del programma è soggetta agli stessi obblighi autorizzativi e di pubblicità previsti per il programma originario dagli artt. 57, comma 1, 58, comma 1, e 59 del d. lgs. 270.
La possibilità di modificare o sostituire il programma è soggetta tuttavia a taluni limiti temporali, che trovano ragione nel fatto che, per espressa disposizione della legge, il termine di durata del programma, anche se modificato o sostituito, è sempre quello di uno o due anni previsto dall’art. 27 e si computa a decorrere dalla data di autorizzazione del programma originario.
Stabilito quindi che la durata del programma non può mai eccedere i suddetti periodi, la legge si premura di precisare che:
- l’autorizzazione ministeriale di modifica o di sostituzione del programma è inefficace se interviene dopo la scadenza del termine del primo programma autorizzato. In tale caso, infatti, quest’ultimo deve considerarsi concluso, nel bene o nel male, alla sua scadenza naturale, per cui ogni ipotesi di successiva modifica o di sostituzione si porrebbe in contrasto con la normativa stessa;
- l’autorizzazione è altresì inefficace se interviene dopo il decorso di un anno dalla data di autorizzazione del primo programma, nell’ipotesi di sostituzione di un programma di ristrutturazione (la cui durata è di due anni) con uno di cessione dei complessi aziendali o dei complessi di beni e contratti da parte delle società operanti nel settore dei servizi pubblici (la cui durata è di un solo anno). Ove pertanto tale autorizzazione pervenga dopo il primo anno, essa sarà priva di effetto e quindi il commissario dovrà continuare l’esecuzione dell’originario programma di ristrutturazione oppure, se ritiene che la procedura non possa utilmente essere proseguita, dovrà richiedere al tribunale la conversione della stessa in fallimento (art. 69 D. Lgs. 270).
La legge, da ultimo, disciplina la sorte delle azioni revocatorie in corso nell’ipotesi di sostituzione del programma. Come già detto, nella procedura di amministrazione straordinaria di cui al d. lgs. 270, le azioni revocatorie previste dalla legge fallimentare sono esperibili solo nell’ambito di un programma di cessione di complessi aziendali, la cui durata è di un anno. Dal chè il legislatore (art. 60, comma 4) si premura di precisare che, nell’ipotesi di sostituzione di un programma di cessione dei complessi aziendali in uno di ristrutturazione (nell’ambito del quale le azioni revocatorie non sono esperibili), le eventuali azioni già proposte dal commissario straordinario sono sospese sino a quando è in corso l’esecuzione del programma sostitutivo. La sospensione diventerà definitiva qualora il nuovo programma di ristrutturazione abbia esito positivo, mentre cesserà nel caso in cui la procedura si converta in fallimento; in tale caso le azioni revocatorie proposte e successivamente sospese riprenderanno il loro iter.
Vediamo ora quale deve essere il contenuto del programma, che la legge individua all’art. 56.
Preliminarmente si ricorda che il programma, qualunque sia l’indirizzo prescelto, è redatto in modo da salvaguardare l’unità operativa dei complessi aziendali, tenuto conto degli interessi dei creditori (art. 55).
Il contenuto di tale norma pone in evidenza i differenti obiettivi della procedura di amministrazione straordinaria rispetto a quelli delle ordinarie procedure concorsuali. In queste ultime il risultato da conseguire è la migliore soddisfazione economica dei creditori, che spesso conduce a quella rapida disgregazione aziendale, che si verifica nella maggior parte dei casi con la vendita separata dei cespiti patrimoniali.
Nell’amministrazione straordinaria, invece, l’obiettivo principale è la salvaguardia della realtà produttiva in funzionamento (concetto ben espresso nel programma CIRIO), della quale si cerca di preservare la piena operatività. Non solo, ma tale obiettivo deve essere perseguito tenuto conto degli interessi dei creditori. Il che certamente indica, come si legge nel programma CIRIO, che ferma restando la prevalenza dell’interesse collettivo di salvaguardia di una grande impresa insolvente, lo strumento che viene scelto per conseguire tale obiettivo non può prescindere dall’interesse dei creditori, la cui rilevanza appare attenuata ma giammai scompare dall’orizzonte dell’impianto legislativo.
Nella relazione dei commissari giudiziali della procedura CIRIO si legge: appare evidente che nel bilanciamento dei vari interessi che si confrontano e si scontrano in ogni ipotesi di insolvenza, qui l’interesse dei creditori si colloca su un piano decisamente subordinato dinanzi alla preminente esigenza di salvaguardare la continuità dell’attività imprenditoriale, tutelando l’efficienza del patrimonio produttivo ed il mantenimento dell’occupazione. Tale esigenza di salvaguardia soddisfa - secondo la legge – un interesse pubblico superiore rispetto all’interesse, pur sempre privato, dei creditori.
Si è anche detto che il programma, nel rispetto dei principi sopra illustrati, può avere due indirizzi alternativi: la cessione dei complessi aziendali e la ristrutturazione economico – finanziaria dell’impresa.
La noma (art. 56) prevede dapprima alcune parti comuni di entrambi i tipi di programma, dopodichè stabilisce gli elementi ulteriori specifici di ognuno dei due tipi.
I contenuti che entrambi i programmi devono contenere sono i seguenti:
a) Le attività imprenditoriali destinate alla prosecuzione e quelle da dismettere.
Il commissario straordinario ha la gestione dell’impresa e l’amministrazione dei beni della stessa, per cui dovrà individuare, nell’ambito del programma predisposto, quali siano le attività che dovranno essere destinate alla prosecuzione dell’impresa e quali invece dovranno essere destinate alla dismissione attraverso la vendita. E’ ovvio che ben diverso sarà il criterio di valutazione di tale aspetto in presenza di programma di cessione dei complessi aziendali rispetto a quello di ristrutturazione.
Nel primo caso, infatti, le attività aziendali, contribuendo a formare, insieme con altri beni, i complessi o rami aziendali, non potranno che essere destinati alla dismissione nell’arco di tempo di esecuzione del programma. Nel secondo caso, invece, la dismissione di determinate attività patrimoniali è funzionale al raggiungimento dell’obiettivo della ristrutturazione previsto dal programma, per cui verosimilmente parecchie attività saranno mantenute nell’ambito del complesso aziendale.
b) Il piano per l’eventuale liquidazione dei beni non funzionali all’esercizio dell’impresa.
Sotto questo profilo il commissario deve innanzitutto individuare quali siano i beni non necessariamente funzionali all’esercizio dell’attività aziendale e deve predisporre, nell’ambito del programma, il piano per la loro eventuale liquidazione.
Anche qui occorre considerare come diverse debbano essere le indicazioni del
commissario in presenza di un programma di cessione di beni aziendali, posto che il detto piano rientra in genere in un più ampio piano di vendita dell’intero complesso, rispetto a quelle di un programma di ristrutturazione ove invece i singoli beni aziendali possono essere ritenuti più o meno funzionali per l’esercizio dell’impresa.
c) Le previsioni economiche e finanziarie connesse alla prosecuzione dell’esercizio dell’impresa.
Questi elementi potranno essere opportunamente individuati attraverso la predisposizione di un budget economico dell’impresa relativo al periodo di durata del programma e alla redazione di un rendiconto finanziario relativo allo stesso periodo, elaborato secondo i comuni principi contabili.
c/bis) I costi generali e specifici complessivamente stimati per l’attuazione della procedura, con esclusione del compenso dei commissari e del comitato di sorveglianza.
Le informazioni qui richieste sono connesse, ovviamente, a quelle già richieste con la precedente lettera c) di cui sopra, con l’integrazione della individuazione dei costi, sia generali che specifici, che il commissario deve stimare per l’attuazione, della procedura nel suo complesso, con l’esclusione dei costi riguardanti il compenso del Commissario e dei componenti del comitato di sorveglianza.
d) I modi della copertura del fabbisogno finanziario, con specificazione dei finanziamenti o delle altre agevolazioni pubbliche di cui è prevista l’utilizzazione.
Ovviamente la norma si riferisce al fabbisogno finanziario necessario per la
prosecuzione dell’impresa sino al completamento del programma e richiede che il commissario xxxxx precisare con quali fonti trovino copertura i fabbisogni finanziari suddetti, specificando se siano previsti il ricorso e l’utilizzazione di finanziamenti o agevolazioni pubbliche.
Ai contenuti sopra illustrati, che devono considerarsi comuni a ciascun tipo di
programma, la norma (art. 56) ne impone altri, differenziati a seconda del tipo di programma predisposto.
Se è adottato l’indirizzo della cessione dei complessi aziendali, il programma deve altresì indicare le modalità della cessione dei complessi, segnalando le offerte pervenute o acquisite nonchè le previsioni in ordine alla soddisfazione dei creditori.
Per quanto riguarda le modalità della cessione è chiaro che il commissario dovrà indicare prezzo, condizioni e modalità di pagamento, suffragate queste ultime da idonee garanzie in caso di dilazioni di pagamento.
Inoltre, posto che dall’apertura della procedura alla presentazione del programma è trascorso del tempo (non oltre sessanta giorni eventualmente prorogati a centoventi), il commissario deve segnalare nel programma stesso se, in tale arco di tempo, ha ricevuto o acquisito offerte di acquisto per taluno dei complessi aziendali, evidentemente illustrandone le condizioni; da ciò si deduce che il commissario, nelle more tra l’apertura della procedura e la presentazione del programma, può attivarsi, su autorizzazione del Ministero delle attività produttive, ad effettuare pubblico invito per a richiedere, con pubblici inviti, manifestazioni di interesse all’acquisizione di determinate attività (rectius: complessi aziendali).
Ciò evidentemente può determinare una accelerazione dei tempi di cessione dei complessi aziendali, consentendo di avviare la procedura di dismissione avendo già individuato una prima rosa di potenziali acquirenti (così come è stato fatto, a suo tempo, dai commissari della procedura XXXXX).
Infine il commissario dovrà segnalare nel programma le previsioni circa il pagamento dei creditori. A tale proposito dovrà opportunamente confrontare
l’ammontare degli incassi previsti dalla dismissione dei complessi aziendali costituenti l’attivo patrimoniale della società con l’ammontare del passivo accertato. Se invece è adottato l’indirizzo della ristrutturazione dell’impresa, il programma deve indicare, oltre alle informazioni obbligatorie sopra illustrate:
a) le eventuali previsioni di ricapitalizzazione dell’impresa e di mutamento degli assetti imprenditoriali;
b) i tempi e le modalità di soddisfazione dei creditori, anche sulla base di piani di
modifica convenzionale delle scadenze dei debiti o di definizione mediante concordato.
Con riferimento al punto a) il commissario deve avere individuato, nell’ambito del piano, la necessità o meno di attingere risorse finanziarie fresche dal mercato o da nuovi investitori e, in caso positivo, dovranno essere opportunamente illustrati le fonti della ricapitalizzazione e l’entità della stessa, nonchè i mutamenti degli assetti imprenditoriali conseguenti, quali: il cambiamento delle quote di partecipazione al capitale, a seguito dell’intervento, ad esempio, di investitori istituzionali; eventuali patti di sindacato o modificazioni di quelli in essere a seguito del cambiamento della compagine sociale.
Circa gli elementi richiesti al punto b) il commissario dovrà dare atto, sia sulla base di precorse intese con i creditori sociali sia di opportune previsioni economico – finanziarie conseguenti alla prosecuzione dell’impresa, dei tempi e delle modalità con cui avverrà il pagamento dei creditori.
Nell’ambito di questa attività preliminare, il commissario dovrà acquisire o
meno la disponibilità dei creditori di modificare i termini di pagamento o, addirittura, di addivenire ad un concordato secondo le previsioni stabilite dalla legge stessa.
Con riferimento poi alle operazioni di cessione dei complessi aziendali o dei complessi di beni e ai contratti previsti rispettivamente dall’art. 27, comma 2, lettera a) e b-bis), viene espressamente stabilito (art. 56, comma 3-bis) che le medesime non configurano trasferimento di azienda, di ramo o di parti dell’azienda agli effetti previsti dall’art. 2112 del Codice Civile.
Questa disposizione va coordinata con quella prevista dall’art. 63, commi 2 e 4, le quali stabiliscono rispettivamente che i livelli occupazionali che l’acquirente dell’azienda deve impegnarsi a mantenere (almeno per un biennio)sono quelli convenuti nell’atto della vendita e che nel medesimo può essere convenuto il trasferimento solo parziale dei lavoratori nonché le eventuali modifiche delle condizioni di lavoro.
Dal coordinamento delle disposizioni normative si evince in modo inequivoco che per l’acquirente dell’azienda o di rami o parti di essa non sussiste la responsabilità né gli fanno carico gli obblighi di mantenimento dei diritti di tutti i lavoratori appartenenti all’azienda previsti dal citato art. 2112 Codice Civile, ma solo quelli relativi ai lavoratori specificatamente indicati nell’atto di vendita.
La ratio della norma è intuitiva: rientra infatti nella normalità l’esigenza per l’acquirente di adeguare i livelli occupazionali alle proprie effettive esigenze e quindi di subordinare ad esse il limite numerico di trasferibilità dei dipendenti.
La vendita dei beni dell’impresa deve avvenire, da parte del commissario, con forme adeguate alla natura dei beni stessi e finalizzata al conseguimento del migliore realizzo, cioè al raggiungimento del prezzo più elevato. La mancanza di una elencazione espressa circa le modalità di vendita esclude l’obbligo per il commissario del ricorso alle forme di vendita coatta previste dalla Legge Fallimentare.
Per quanto riguarda poi la vendita di beni immobili e di aziende di valore superiore a £ 100.000.000 (ora € 51.645,68) la stessa dovrà avvenire previo espletamento di idonee forme di pubblicità.
La Legge (art. 62, comma 3) stabilisce infine che il valore dei beni oggetto della
cessione è determinato da uno o più esperti nominati dal commissario. Se la vendita riguarda aziende in esercizio la valutazione deve tenere conto della redditività, anche se negativa dell’azienda stessa all’epoca della stima e nel biennio successivo. Viene quindi individuato nel cosiddetto metodo reddituale il criterio che i periti dovranno utilizzare nella valutazione del patrimonio da attribuire all’azienda da trasferire e viene indicato anche l’arco temporale per il quale deve tenersi conto dei flussi reddituali attesi (due anni). Gli esperti dovranno quindi effettuare innanzi tutto una previsione economica per i due anni successivi alla vendita, finalizzata alla determinazione del reddito prospettico da utilizzare per la valutazione dell’azienda con l’applicazione del sopra detto metodo reddituale come definito dalla disciplina aziendalistica.
Per quanto riguarda la scelta dell’acquirente, di esclusiva individuazione del commissario straordinario, la stessa deve avvenire tenendo conto dei seguenti elementi, da valutarsi in modo omogeneo e complessivo:
• dell’ammontare del prezzo offerto, considerando, ovviamente, anche i tempi e le adeguate garanzie di pagamento;
• dell’affidabilità dell’offerente con riferimento al piano di prosecuzione delle attività di impresa presentato dal medesimo, avendo riguardo anche alle garanzie di mantenimento dei livelli occupazionali.
Il commissario, riguardo questi elementi, dovrà quindi esaminare il piano
predisposto dall’acquirente circa la prosecuzione dell’attività dell’impresa cedenda, anche, ma direi soprattutto, considerando con particolare attenzione la affidabilità del cessionario relativamente al mantenimento dei lavoratori il cui trasferimento sia previsto nell’atto di vendita.
Sempre con riferimento alla vendita delle aziende, viene espressamente prevista (art. 63,
comma 5) l’esclusione della responsabilità dell’acquirente per i debiti, anteriori alla data del trasferimento, relativi all’azienda ceduta, il tutto salvo diversa e contraria pattuizione convenuta tra i commissari e l’acquirente convenuta nell’atto di vendita.
Questa disposizione deroga alla previsione di cui all’art. 2560, comma 2, del Codice Civile in forza della quale l’acquirente di un’azienda commerciale risponde dei debiti, risultanti dai libri contabili obbligatori, relativi all’azienda ceduta anteriori al trasferimento. E’ ovvio quindi che, se non fosse stata espressamente codificata la deroga suddetta, l’acquirente dell’azienda appartenente ad un’impresa in procedura di amministrazione straordinaria verrebbe a trovarsi nella incomoda situazione di rispondere anch’egli, seppure insieme con il venditore, dei debiti anteriori al trasferimento facenti capo all’azienda ceduta: questo, ovviamente, avrebbe intralciato notevolmente la possibilità di concludere la vendita stessa.
2. Il programma delle leggi Marzano e Marzano-bis
Come è noto il D.L. 23 dicembre 2003, n. 347 (comunemente detto decreto Parmalat in quanto emanato a seguito del crack del gruppo parmense), convertito dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39 (Legge Marzano), disciplina la particolare procedura di amministrazione straordinaria delle imprese in crisi di più rilevanti dimensioni, essendo rivolto alle imprese che abbiano, congiuntamente, qualificati requisiti dimensionali e di indebitamento.
Successivamente il Governo ha emanato il Decreto Legge 3 maggio 2004, n. 119, convertito successivamente dalla legge 5 luglio 2004, n. 166, recante disposizioni correttive ed integrative del D.L. 347/2003.
Inoltre il Governo, con il Decreto Legge 29 novembre 2004, n. 281(cosiddetto decreto VOLARE, in quanto emanato in seguito all’insolvenza della compagnia aerea avente tale nome), convertito, senza modifiche, con L. 28 gennaio 2005 n. 6, ha ulteriormente modificato il citato D.L. 347/2003 sostituendo l’art. 1 che disciplina i requisiti per l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria. Ulteriori modifiche e integrazioni sono state introdotte dal D.L. 28 agosto 2008, n. 134 convertito dalla Legge 27 ottobre 2008, n. 166 (Legge Marzano-bis).
A seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 281, avvenuta lo stesso giorno di pubblicazione (Gazzetta Ufficiale n. 280 del 29 novembre 2004), la particolare procedura di amministrazione straordinaria prevista dalla Legge Marzano è consentita alle imprese che abbiano, singolarmente o come gruppo di imprese, costituito da almeno un anno, entrambi i seguenti requisiti:
a) lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a cinquecento unità da almeno un anno (in precedenza il limite era di mille unità);
b) debiti, inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a trecento milioni di euro (in precedenza: un miliardo).
Sono dunque stati fortemente ridotti i requisiti dimensionali richiesti per accedere alla speciale procedura di amministrazione straordinaria prevista dal D.L. 347,
evidentemente al fine di consentire l’ingresso ad un più vasto numero di imprese, in considerazione dell’obiettivo di evitare procedure concorsuali liquidatorie, mantenendo invece la prosecuzione dell'impresa mediante il suo risanamento economico-finanziario.
Nella stessa ottica viene precisato che, in presenza di insolvenze di gruppo, i nuovi requisiti dimensionali non necessariamente devono essere posseduti da ogni singola impresa del gruppo, ma è sufficiente che sussistano per il gruppo nel suo complesso, purchè esistente giuridicamente da almeno un anno.
Ovviamente, poiché la normativa sulle grandi imprese in stato di insolvenza, originariamente regolata dal citato D.L. 347/2003, ha subito le modificazioni e le integrazioni che si sono sopra ricordate, nel prosieguo di questo articolo, ogni qualvolta ci si riferisce al D.L. 347/2003, si intende fare riferimento al testo attualmente vigente per effetto di dette modifiche e integrazioni. Anche nel modello procedurale regolato dalle nuove norme, così come in quella previsto dal d. lgs. 270/99, il programma riveste il ruolo principale, attorno al quale si sviluppa tutta la procedura.
Si è già detto sopra che, nell’ambito delle procedure rientranti nel d. lgs. 270/99, il programma:
- è redatto in modo da salvaguardare l’unità operativa dei complessi aziendali,
tenuto conto degli interessi dei creditori;
- nel rispetto dei detti obiettivi, può assumere l’indirizzo della cessione dei complessi aziendali oppure quello della ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa.
Nel Decreto Legge 347/2003 (Legge Marzano) il programma poteva assumere
solo l’indirizzo della ristrutturazione già previsto dall’art. 27, comma 2, lettera b), del d. lgs. 270/99, salvo quanto verrà detto nel proseguo. Con il D.L. 134/2008 (Marzano-bis) è stata reintrodotta la possibilità per le imprese de quibus di presentare un programma di cessione dei complessi aziendali così come già era previstro dal D.L. 347/2003 (Prodi- bis).
Limitando la nostra analisi agli aspetti dei D.L. 347 (Xxxxx Xxxxxxx) e del D.L. 134/2008 (Xxxxx Xxxxxxx-bis) che riguardano il programma, preliminarmente va osservato che il Ministero delle attività produttive, su istanza dell’impresa interessata che si trovi in possesso dei requisiti dimensionali richiesti, provvede con proprio decreto all’ammissione immediata dell’impresa stessa alla procedura di amministrazione straordinaria e alla nomina del commissario straordinario. Questi, entro centottanta giorni dalla nomina, presenta al Ministro il programma di cui all’art. 54 del d. lgs. 270, predisposto secondo uno degli indirizzi previsti dall’art. 27 dello stesso d. lgs., e cioè con l’obiettivo di recuperare l’equilibrio delle attività imprenditoriali tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni oppure tramite la cessione dei complessi aziendali o rami d’azienda.