Common use of Rischio dei Mercati Emergenti Clause in Contracts

Rischio dei Mercati Emergenti. Il rischio dei mercati emergenti è rappresentato in via generale da una mag- giore volatilità e illiquidità proprie dei mercati emergenti, stanti alcune pecu- liarità economiche, sociali e politiche di tali paesi. Gli investimenti sui mercati emergenti rappresentano rischi aggiuntivi dovuti a regolamentazioni che po- trebbero offrire ridotti livelli di garanzia e protezione agli investitori o connessi alla situazione politico-finanziaria del paese di appartenenza degli emittenti. Le economie emergenti di norma presentano quindi livelli superiori di rischio di investimento. Gli investimenti nei mercati emergenti sono presumibilmente soggetti a variazioni in valore e a problemi di negoziazione a causa di minore efficienza, regolamentazione o liquidità. Rischi connessi all’utilizzo del “bail-in” ed alla riduzione o conversione della azioni e delle obbligazioni bancarie L’investimento in azioni od obbligazioni di emittenti bancari comporta il rischio di perdita, anche integrale, del capitale investito, laddove nel corso della vita dei titoli la banca emittente venga a trovarsi in una situazione di dissesto o a rischio di dissesto. In particolare, nel caso in cui la banca sia in dissesto o a rischio di dissesto (come definito all’art. 17, comma 2, del D. Lgs. n. 180 del 16 novembre 2015), l’investitore è esposto al rischio di riduzione, anche integrale, del valore nominale delle azioni ed obbligazioni, con perdita totale del capitale investito, o, nel caso di obbligazioni, di conversione delle obbligazioni in azioni, anche indi- pendentemente dall’avvio di una procedura di risoluzione (tra cui il “bail-in”). In caso di applicazione di una misura di risoluzione ovvero di riduzione o conversio- ne in azioni, possono essere modificati: la scadenza delle obbligazioni bancarie, l’importo dei relativi interessi ovvero la data di esigibilità degli interessi stessi, prevedendo, al riguardo, la sospensione dei relativi pagamenti per un periodo transitorio. Inoltre, nel caso di applicazione del “bail-in” le azioni sono soggette a riduzione prima delle obbligazioni mentre le obbligazioni subordinate sono ri- dotte o convertite in azioni prima delle obbligazioni non subordinate. Le misure di risoluzione indicate sono applicabili alle azioni ed obbligazioni bancarie, senza distinzione del servizio di investimento utilizzato. La normativa di riferimento è rappresentata dai decreti legislativi 180/2015 e 181/2015 (pubblicati sulla Gaz- zetta Ufficiale) con i quali è stata recepita nell’ordinamento italiano la Direttiva 2014/59/UE, denominata Direttiva BRRD, sul risanamento e la risoluzione delle banche, che introduce regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi, con in- dividuazione delle misure applicabili alle banche ed alle imprese di investimento. La Direttiva BRRD prevede il principio generale in base al quale i costi della crisi devono essere sopportati in primo luogo dagli azionisti e dai creditori, in linea con la gerarchia prevista dalla normativa fallimentare. Solo al ricorrere di pre- supposti specifici è possibile l’intervento di un “Fondo di risoluzione”, finanziato dal sistema bancario, a integrazione delle risorse degli azionisti e dei creditori. L’intervento pubblico è destinato a svolgere un ruolo residuale. Sulla base delle indicazioni fornite dalla Direttiva BRRD, in Italia i compiti e i poteri di risoluzione sono stati attribuiti alla Banca d’Italia. Il bail-in Tra i nuovi strumenti di risoluzione, il bail-in (letteralmente salvataggio interno) prevede la riduzione forzosa del valore delle azioni e di alcune tipologie di debiti della banca in crisi e la conversione di tali debiti in azioni. Le misure di risoluzione introdotte con i decreti legislativi 180 e 181 sono applicabili dal 1° gennaio 2016 su tutti gli strumenti finanziari individuati dalla normativa, a prescindere dalla loro data di emissione, mentre la misura della riduzione ov- vero della conversione in azioni degli strumenti finanziari è in vigore dal 16 novembre 2015, sempre a prescindere dalla data di emissione degli strumenti finanziari interessati. Dato l’impatto del nuovo strumento, la Direttiva ha escluso dalla sua appli- cazione le categorie di passività considerate più rilevanti per la stabilità del sistema e quelle protette in sede concorsuale. Non possono pertanto essere oggetto di bail-in i depositi protetti dal sistema di garanzia del Fondo Inter- bancario di Tutela dei Depositi (depositi di valore pari o inferiore a 100.000,00 euro per depositante e per banca, per cui in caso di rapporti cointestati il limite deve intendersi per ciascuno dei contitolari); le obbligazioni garantite da attivi della banca (quali i covered bonds); i debiti interbancari a brevissimo termine; i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali privilegiati dalla normativa fallimentare. Le altre passività possono essere interessate dal bail-in secondo il seguente ordine di priorità, definito dalla normativa: il capitale (le azioni) e riserve dell’in- termediario; gli strumenti aggiuntivi di capitale di classe 1; gli strumenti ag- giuntivi di capitale di classe 2; gli altri debiti subordinati diversi dagli strumenti di classe 1 e di classe 2; le obbligazioni bancarie non garantite (senior) e le altre passività, con esclusione di quelle indicate al punto successivo; i depo- siti superiori a 100.000,00 Euro detenuti da persone fisiche, microimprese o piccole e medie imprese (per la parte che eccede il limite di euro 100.000,00 per depositante). Rischio di complessità e informativa sui prodotti complessi La complessità di uno strumento o prodotto finanziario è un elemento da tenere presente al momento dell’investimento, in quanto rende più difficile la comprensione delle caratteristiche e dei rischi dell’investimento stesso e può pregiudicare la capacità del Cliente di assumere scelte consapevoli. La disciplina sulla distribuzione di prodotti finanziari complessi ai clienti retail è contenuta nella Comunicazione 0097996/14, adottata dalla Consob in data 22 dicembre 2014, nella quale sono richiamate le Opinion pubblicate dall’Au- torità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (European Securities and Market Authority - ESMA) ed in particolare “MiFID practices for firms selling complex products” del 7 febbraio 2014 e “Structured Retail Products - Good practices for product governance arrangements” del 27 marzo 2014. Inoltre, la Consob, in data 23 giugno 2015, ha pubblicato un documento concernente “chiarimenti applicativi in relazione a taluni aspetti trattati nella Comunicazione sulla distribuzione di prodotti finanziari complessi ai clienti retail”. In attuazione di quanto previsto in tali documenti, l’intermediario è tenuto ad effettuare una due diligence su tutti i prodotti complessi che intende inserire nella gamma di offerta, al fine di evitare di prestare consigli su un determinato prodotto ovvero di venderlo quando venga accertato che tale prodotto “in concreto non possa mai soddisfare al meglio gli interessi dei propri clienti o che rispetto ad esso manchino le informazioni sufficienti a valutarne le principale caratteristiche ed i rischi”. L’Autorità di Xxxxxxxxx ha provveduto a redigere un elenco allegato alla Comunicazione n. 0097996/14, da intendersi esemplificativo e non esausti- vo, di prodotti ritenuti a “complessità molto elevata”, rimettendo alla Banca il compito di assumere le proprie determinazioni. La Consob ha individuato spe- cificamente talune tipologie di prodotti che sono state ritenute normalmente non adatte alla clientela al dettaglio (cosiddetta “black list”) e raccomanda che non siano consigliate né distribuite in via diretta (nell’ambito di servizi esecutivi, assistiti o meno da quello di consulenza) alla clientela retail ed in particolare:

Appears in 4 contracts

Samples: Contract, Contract, Contract

Rischio dei Mercati Emergenti. Il rischio dei mercati emergenti è rappresentato in via generale da una mag- giore volatilità e illiquidità proprie dei mercati emergenti, stanti alcune pecu- liarità economiche, sociali e politiche di tali paesi. Gli investimenti sui mercati emergenti rappresentano rischi aggiuntivi dovuti a regolamentazioni che po- trebbero offrire ridotti livelli di garanzia e protezione agli investitori o connessi alla situazione politico-finanziaria del paese di appartenenza degli emittenti. Le economie emergenti di norma presentano quindi livelli superiori di rischio di investimento. Gli investimenti nei mercati emergenti sono presumibilmente soggetti a variazioni in valore e a problemi di negoziazione a causa di minore efficienza, regolamentazione o liquidità. Rischi connessi all’utilizzo del “bail-in” ed alla riduzione o conversione della azioni e delle obbligazioni bancarie L’investimento in azioni od obbligazioni di emittenti bancari comporta il rischio di perdita, anche integrale, del capitale investito, laddove nel corso della vita dei titoli la banca emittente venga a trovarsi in una situazione di dissesto o a rischio di dissesto. In particolare, nel caso in cui la banca sia in dissesto o a rischio di dissesto (come definito all’art. 17, comma 2, del D. Lgs. n. 180 del 16 novembre 2015), l’investitore è esposto al rischio di riduzione, anche integraleinte- grale, del valore nominale delle azioni ed obbligazioni, con perdita totale del capitale investito, o, nel caso di obbligazioni, di conversione delle obbligazioni in azioni, anche indi- pendentemente indipendentemente dall’avvio di una procedura di risoluzione (tra cui il “bail-in”). In caso di applicazione di una misura di risoluzione ovvero di riduzione o conversio- ne conversione in azioni, possono essere modificati: la scadenza scaden- za delle obbligazioni bancarie, l’importo dei relativi interessi ovvero la data di esigibilità degli interessi stessi, prevedendo, al riguardo, la sospensione dei relativi pagamenti per un periodo transitorio. Inoltre, nel caso di applicazione applicazio- ne del “bail-in” le azioni sono soggette a riduzione prima delle obbligazioni mentre le obbligazioni subordinate sono ri- dotte ridotte o convertite in azioni prima delle obbligazioni non subordinate. Le misure di risoluzione indicate sono applicabili ap- plicabili alle azioni ed obbligazioni bancarie, senza distinzione del servizio di investimento utilizzato. La normativa di riferimento è rappresentata dai decreti legislativi 180/2015 e 181/2015 (pubblicati sulla Gaz- zetta Gazzetta Ufficiale) con i quali è stata recepita nell’ordinamento italiano la Direttiva 2014/59/UE, denominata Direttiva BRRD, sul risanamento e la risoluzione delle banche, che introduce regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi, con in- dividuazione individuazione delle misure mi- sure applicabili alle banche ed alle imprese di investimento. La Direttiva BRRD prevede il principio generale in base al quale i costi della crisi devono essere sopportati in primo luogo dagli azionisti e dai creditori, in linea con la gerarchia prevista dalla normativa fallimentare. Solo al ricorrere di pre- supposti specifici presupposti specifi- ci è possibile l’intervento di un “Fondo di risoluzione”, finanziato dal sistema bancario, a integrazione delle risorse degli azionisti e dei creditori. L’intervento pubblico è destinato a svolgere un ruolo residuale. Sulla base delle indicazioni fornite dalla Direttiva BRRD, in Italia i compiti e i poteri di risoluzione sono stati attribuiti alla Banca d’Italia. Il bail-in Tra i nuovi strumenti di risoluzione, il bail-in (letteralmente salvataggio interno) prevede la riduzione forzosa del valore delle azioni e di alcune tipologie di debiti della banca in crisi e la conversione di tali debiti in azioni. Le misure di risoluzione introdotte con i decreti legislativi 180 e 181 sono applicabili dal 1° gennaio 2016 su tutti gli strumenti finanziari individuati dalla normativa, a prescindere dalla loro data di emissione, mentre la misura della riduzione ov- vero della conversione in azioni degli strumenti finanziari è in vigore dal 16 novembre 2015, sempre a prescindere dalla data di emissione degli strumenti finanziari interessati. Dato l’impatto del nuovo strumento, la Direttiva ha escluso dalla sua appli- cazione le categorie di passività considerate più rilevanti per la stabilità del sistema e quelle protette in sede concorsuale. Non possono pertanto essere oggetto di bail-in i depositi protetti dal sistema di garanzia del Fondo Inter- bancario di Tutela dei Depositi (depositi di valore pari o inferiore a 100.000,00 euro per depositante e per banca, per cui in caso di rapporti cointestati il limite deve intendersi per ciascuno dei contitolari); le obbligazioni garantite da attivi della banca (quali i covered bonds); i debiti interbancari a brevissimo termine; i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali privilegiati dalla normativa fallimentare. Le altre passività possono essere interessate dal bail-in secondo il seguente ordine di priorità, definito dalla normativa: il capitale (le azioni) e riserve dell’in- termediario; gli strumenti aggiuntivi di capitale di classe 1; gli strumenti ag- giuntivi di capitale di classe 2; gli altri debiti subordinati diversi dagli strumenti di classe 1 e di classe 2; le obbligazioni bancarie non garantite (senior) e le altre passività, con esclusione di quelle indicate al punto successivo; i depo- siti superiori a 100.000,00 Euro euro detenuti da persone fisiche, microimprese o piccole e medie imprese (per la parte che eccede il limite di euro 100.000,00 per depositante). Rischio di complessità e informativa sui prodotti complessi La complessità di uno strumento o prodotto finanziario è un elemento da tenere presente al momento dell’investimento, in quanto rende più difficile la comprensione delle caratteristiche e dei rischi dell’investimento stesso e può pregiudicare la capacità del Cliente cliente di assumere scelte consapevoli. La disciplina sulla distribuzione di prodotti finanziari complessi ai clienti retail è contenuta nella Comunicazione 0097996/14, adottata dalla Consob in data 22 dicembre 2014, nella quale sono richiamate le Opinion pubblicate dall’Au- torità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (European Securities and Market Authority - ESMA) ed in particolare “MiFID practices for firms selling complex products” del 7 febbraio 2014 e “Structured Retail Products - Good practices for product governance arrangements” del 27 marzo 2014. Inoltre, la Consob, in data 23 giugno 2015, ha pubblicato un documento concernente “chiarimenti applicativi in relazione a taluni aspetti trattati nella Comunicazione sulla distribuzione di prodotti finanziari complessi ai clienti retail”. In attuazione di quanto previsto in tali documenti, l’intermediario è tenuto ad effettuare una due diligence su tutti i prodotti complessi che intende inserire nella gamma di offerta, al fine di evitare di prestare consigli su un determinato prodotto ovvero di venderlo quando venga accertato che tale prodotto “in concreto non possa mai soddisfare al meglio gli interessi dei propri clienti o che rispetto ad esso manchino le informazioni sufficienti a valutarne le principale caratteristiche ed i rischi”. L’Autorità di Xxxxxxxxx ha provveduto a redigere un elenco allegato alla Comunicazione n. 0097996/14, da intendersi esemplificativo e non esausti- vo, di prodotti ritenuti a “complessità molto elevata”, rimettendo alla Banca il compito di assumere le proprie determinazioni. La Consob ha individuato spe- cificamente talune tipologie di prodotti che sono state ritenute normalmente non adatte alla clientela al dettaglio (cosiddetta “black list”) e raccomanda che non siano consigliate né distribuite in via diretta (nell’ambito di servizi esecutivi, assistiti o meno da quello di consulenza) alla clientela retail ed in particolare:

Appears in 1 contract

Samples: Contract