Prof. Ordinario dell’Università della Calabria avvocato del Foro di Napoli
APORIE E INIQUITÀ SCATURENTI DALLA TEORIA TRADIZIONALE
DEL COLLEGAMENTO CONTRATTUALE NOTA A CASSAZIONE, 10 OTTOBRE 2014, N. 21417
di XXXXXXX XXXXXX
Prof. Ordinario dell’Università della Calabria avvocato del Foro di Napoli
1. La pronuncia. Due imprese operanti nel settore delle onoranze funebri avevano convenuto (simultaneamente) una copiosa serie di attribuzioni, le quali erano preordinate ad uno scambio di beni materiali e immateriali congegnato in un quadro di razionalizzazione e integrazione delle rispettive attività economiche. I vincoli pratico-economici predisposti dalle parti erano tra loro combinati, rimettendone l’identificazione a talune dichiarazioni documentalmente distinte e intitolate con le seguenti denominazioni tecniche alludenti alla stipulazione di una pluralità di contratti: «contratto di affitto di ramo di azienda»; «preliminare di compravendita del ramo di azienda»;
«compravendita di tutta l’attrezzatura aziendale»; «contratto di esclusiva e di non concorrenza».
All’esito di un’ondivaga vicenda processuale, la Cassazione ha pronunciato la formula della nullità per mancanza di oggetto del (solo) contratto, il quale è stato qualificato in termini di «preliminare di compravendita del ramo di azienda»1. Il fulcro della decisione è costituito dalla rappresentazione che il complessivo autoregolamento è idoneo a costituire una pluralità di contratti collegati. Per questa ragione, l’analisi della suddetta sentenza dà modo di mettere in luce talune aporie e iniquità scaturenti dalla concezione generalmente acquisita circa il paradigma del collegamento volontario tra contratti.
2. Le aporie concernenti la struttura del collegamento. Analizzando il caso di specie, emerge una prima inadeguatezza della concezione comunemente accolta del collegamento contrattuale concernente la ricostruzione della sua struttura. In questa fattispecie (ed in circostanze analoghe), è facile dimostrare che essa non consenta di risolvere motivatamente il dilemma tra unità o molteplicità di contratti senza ricorrere all’ausilio di apparati concettuali viziati da un’insostenibile commistione tra causa e tipo contrattuale.
1 Cass., 10 ottobre 2014, n. 21417, il cui testo integrale è rinvenibile in diversi siti Internet
(xxx.xxxxxxx.xxx; xxx.xxxxxxxxxx.xx).
La teoria tradizionale è focalizzata sull’assunto, secondo il quale la struttura del collegamento è composta da un elemento soggettivo dato dalla volontà di unificare le vicende dei singoli contratti e da un elemento oggettivo rappresentato dall’unitarietà funzionale2. Una simile nozione, evidentemente, non affronta il nodo delle condizioni per evocare la rappresentazione che il complessivo accordo concernente un’organica operazione economica costituisca una pluralità di contratti anziché un unico contratto, in quanto presuppone che esso sia già stato risolto3. Là dove risulti comprovato che gli interessati abbiano divisato tutti gli spostamenti patrimoniali richiesti da un affare unico seppure alquanto composito, infatti, il rilievo della volontà di unire le loro vicende patologiche dovrebbe automaticamente rafforzare il convincimento che ci si trovi di fronte ad un contratto unitario. I criteri adottati in concreto dalla giurisprudenza per escludere una simile rappresentazione, tuttavia, rivelano delle precise corrispondenze della teoria tradizionale circa la struttura del collegamento contrattuale con ulteriori costrutti dogmatici. È dato notare che il diritto vivente è sempre stato incline ad affermare l’esistenza di contratti collegati al cospetto di fattispecie connotate da un tratto costante: l’accordo verteva sempre su tanti spezzoni di regolamento in grado di integrare simultaneamente una pluralità di tipi legali4. D’altra parte, anche nel caso in oggetto si assiste alla contemporanea presenza degli elementi dei seguenti tipi contrattuali: «un contratto di affitto di ramo di azienda»; «un preliminare di compravendita del ramo di azienda [con esclusione dei beni immobili]»; «una compravendita di tutta
2 Per un’accurata ricognizione delle teorie tradizionali relative alla struttura del collegamento negoziale, V. BARBA, La connessione tra i negozî e il collegamento negoziale, in AA.VV., Studi in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Napoli, 2008, p. 42 ss. In giurisprudenza molte sentenze hanno dichiarato di aderire al medesimo ordine d’idee. Tra le altre, merita di essere segnalata la declamazione di Cass., 27 gennaio 1997, n. 827, in Foro it., I, c. 1142 ss.
3 Un simile rilievo è avvalorato dalla matrice germanica della teoria del collegamento contrattuale. È bene segnalare che in quell’esperienza giuridica nella disciplina di importanti rapporti intersoggettivi sono imposte dalla legge delle strutture negoziali, le quali configurano l’articolazione in una pluralità di contratti del complessivo accordo sui vincoli pratico-economici preposti ad attuare un unitario assetto d’interessi. Esemplare è il regime del trasferimento volontario di un bene, rispetto al quale è sancita una distinzione tra «negozio obbligatorio» e «negozio dispositivo/traslativo» (denominato Verfügungsgeschäft o Auflassungsvertrag). In un simile quadro normativo, data la preventiva risoluzione del dilemma unità o pluralità di negozi nel senso della molteplicità, la susseguente verifica circa l’atteggiamento della volontà dei contraenti può servire soltanto a distinguere tra pluralità di contratti collegati e pluralità di contratti separati.
4 Circa l’attinenza del collegamento contrattuale agli accordi sulle attribuzioni patrimoniali caratterizzanti una pluralità di schemi legali: F. DI SABATO, Unità e pluralità di negozi, in Riv. dir. civ., 1959, I, p. 412 ss., spec. p. 422 ss.; in senso adesivo, C. DI NANNI, collegamento negoziale e funzione complessa, in Riv. dir. com., 1977, I, p. 297 ss., spec. nota 35. Prospettando il criterio incentrato sui tipi contrattuali predeterminati dalla legge, il Di Sabato ha anche, opportunamente, proceduto a sottolineare che, per la teoria della funzione economico-sociale (v., infra, nota 5), nei suddetti frangenti soltanto eccezionalmente l’esistenza di una serie di contratti collegati potrebbe essere esclusa. In particolare, una simile condizione ricorrerebbe, là dove fosse dimostrato che sia diffuso nella prassi uno schema contrattuale (c.d. tipo sociale) imperniato simultaneamente su tutte le attribuzioni integranti più tipi legali (ad es., la locazione contestuale di un appartamento e del mobilio). In questo caso, infatti, la tipizzazione sociale dell’assetto d’interessi, il quale è complessivamente perseguito, è reputata idonea a comportare la sua elevazione a nuova causa contrattuale. Stante l’unitarietà della causa, ci sarebbero i presupposti per stabilire la ricorrenza di un unico contratto (anziché di una pluralità di contratti).
l’attrezzatura aziendale»; «un contratto di esclusiva [concernente la vendita di fiori] e di non concorrenza [inerente all’attività d’impresa funeraria]». Fa d’uopo notare che la giustificazione sistematica di un simile criterio di scomposizione dell’accordo in una pluralità di contratti può essere stabilita, inferendola sia dalla teoria della causa come funzione economico-sociale5 sia dal c.d. metodo tipologico6. Soltanto a questo punto, stabilito pregiudizialmente che un accordo complesso su tutte le attribuzioni necessarie per la realizzazione di un’operazione economica unitaria sia nello stato di perfezionare una pluralità di contratti, in teoria dovrebbe entrare in gioco l’elemento soggettivo del collegamento (id est
5 I singoli passaggi logici della teoria della causa come funzione economico-sociale possono essere estrapolati da X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, rist. corr. 2a ed. (1950), Napoli, 1994, p. 169 ss. Qui interessa osservare che essa comporta un’identificazione della causa con i tipi contrattuali legali o sociali (per maggiori riferimenti, sia consentito il rinvio a X. XXXXXX, La categoria del «collegamento volontario tra contratti» tra vecchi dogmi e potenzialità incompiute, in AA.VV., Studi in memoria di Xxxxx Xxxxxxx, Napoli, 2010, p. 597 ss.). Data questa premessa, è logico ritenere che l’accordo su ciascuna frazione del complessivo regolamento integrante da sé uno schema previsto dalla legge, avendo una propria causa, costituisca automaticamente un singolo contratto. Per tale ragione, là dove si registrasse l’idoneità di una molteplicità dei gruppi di attribuzioni complessivamente convenuti dagli interessati a perfezionare un tipo legale, si verificherebbero le condizioni per reputare l’esistenza di una pluralità di contratti.
6 La ragione dell’allineamento della teoria maggioritaria sul collegamento contrattuale alla concezione sistematica del metodo tipologico si rivela, considerando che quest’ultima sembra in grado di fornire una specifica spiegazione ad un postulato della prima. L’anello di congiunzione tra le due concezioni è dato dall’assunto che l’interprete debba applicare meccanicamente la disciplina dei tipi legali perfezionati isolatamente da ciascuno dei contratti collegati. In particolare, un simile procedimento ermeneutico sarebbe giustificato indipendentemente da una verifica dell’effettiva funzione economica perseguita. Per questo ordine d’idee, X. XXXXX, A metà strada tra unicità e pluralità dei regolamenti contrattuali: i contratti collegati, in X. XXXXX e G. DE NOVA, Il contratto, in Tratt. dir. civ. a cura di X. Xxxxx, p. 84 ss. L’illustre a. sottolinea la sostanziale coincidenza del concetto che i singoli spezzoni delle operazioni contrattuali complesse sono in grado di perfezionare separatamente gli schemi previsti dalla legge, il quale è enucleato sia dal metodo tipologico sia dalla teoria dominante sul collegamento contrattuale. In vero, da una simile premessa egli ricava non tanto la conclusione che la teoria del collegamento può essere fondata sul metodo tipologico, quanto quella dell’assoluta ridondanza della categoria del collegamento contrattuale. Ciononostante, l’interazione tra metodo tipologico e disciplina dei contratti collegati si manifesta, soprattutto, negli orientamenti giurisprudenziali. Assecondando la propria tendenza a tipizzare, la giurisprudenza perviene alla considerazione dell’esistenza di una pluralità di contratti tipici anche in accordi caratterizzati dal rinvenimento di un’unitaria operazione economica. La diffusione di questo modo di ragionare nella giurisprudenza riceve una puntuale attestazione nella descrizione dei contratti collegati. Le sentenze sono solite indicare la struttura del collegamento tramite l’uso simultaneo delle denominazioni legali dei singoli tipi contrattuali perfezionati nell’autoregolamento. Si possono ricordare una serie di formulazioni più significative. Talune pronunce hanno parlato di «mutuo di scopo» collegato alla
«compravendita di un veicolo» (Cass., 23 aprile 2001, n. 5966, in Rass. dir. civ., 2003, p. 489 ss.). Una decisione ha fatto riferimento ad un «mutuo» collegato ad una «somministrazione di caffè» (Cass., 17 novembre 1983, n. 6864, in Giur. it., 1984, I, 1, c. 1459 ss.). Frequente è l’uso della dizione «comodato degli impianti di erogazione del carburante» collegato alla «somministrazione del carburante» (Cass., 18 novembre 1983, n. 6881, in Riv. giur. circol. e trasp., 1984, p. 508 ss.). In altre circostanze ricorre l’espressione «deposito di garanzia di una somma di danaro» collegato alla «compravendita di un immobile» (Cass., 15 gennaio 1937, n. 123, in Foro it., 1937, I, c. 1476 ss.; Cass., 7 aprile 1995, n. 4071, in Riv. not., 1996, p. 594 ss.). In una pronuncia si rinviene la dizione «contratto d’opera per la ristrutturazione di un appartamento» collegato alla « locazione del medesimo» (Cass., 18 febbraio, 1977, n. 751, in Giur. it., 1978, I, 1, c. 599.). Da segnalare anche la locuzione «contratto di appalto per il completamento di un fabbricato in costruzione» collegato alla «compravendita di una porzione di esso» (Cass., 28 marzo 1977, n. 1205, in Foro it., 1977, I, c. 1089 ss.). Giudicando sui contratti incentrati sul godimento di beni informatici, infine, la giurisprudenza adopera le parole
«compravendita di software» collegata alla «compravendita di hardware» ovvero ad un «contratto d’opera per la manutenzione o assistenza» (App. Torino, 15 febbraio, 1985, in Foro it., 1985, I, c. 2718 ss., con nota – dalla significativa intitolazione – di M.R. XXXXXXX, Vendita di “hardware” con “software”e risoluzione del contratto per inadempimento).
la volontà di collegamento). Accertata la ricorrenza di un simile requisito, sarebbe giusto affermare l’esistenza di una pluralità di contratti collegati, anziché di una pluralità di contratti separati. In vero, è facile notare che l’impiego del suddetto criterio rischia di portare anche ad esiti paradossali: mancando una sua chiara esplicazione ulteriore rispetto al dato dell’attinenza degli impegni assunti alla medesima operazione economica (vale a dire all’elemento oggettivo), bisognerebbe reputare che il complessivo accordo nonostante l’unitarietà funzionale configuri una pluralità di contratti separati. Per evitare questa contraddizione, la teoria tradizionale è stata corretta, stabilendo che l’elemento soggettivo del collegamento sia assorbito da quello oggettivo (vale a dire l’unitarietà funzionale)7. In ogni caso, visto che anche in questa visuale un accordo concernente una complessa operazione economica si presta ad essere ricostruito in alternativa come un contratto unitario ovvero come una pluralità di contratti collegati, permane la questione pregiudiziale di definire la vocazione mono- o pluri-contrattuale dell’accordo concreto. Si conferma, pertanto, la tendenza della teoria tradizionale a risolvere pregiudizialmente il dilemma dell’unità o pluralità di contratti, appoggiandosi ad ulteriori costruzioni dogmatiche, quali la concezione della causa come funzione economico-sociale ovvero il metodo tipologico.
La teoria della causa come funzione economico-sociale8 e il metodo
tipologico9 non meritano di essere condivisi, in quanto determinano
7 Per questa concezione: X. XXXXXXXX, Recenti orientamenti in tema di collegamento negoziale, cit., p. 237; IDEM, I contratti collegati: principi della tradizione e tendenze innovative, in Contr. impr., 2000, p. 132 s. Ivi, l’a. precisa il concetto che, stando agli ultimi orientamenti giurisprudenziali, l’elemento soggettivo non abbisognerebbe di nessuna prova riguardo alla propria ricorrenza. Altra teoria ritiene, all’opposto, che l’elemento oggettivo sia assorbito nell’elemento soggettivo (cfr. X. XXXXXXX-XXXXXXX, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1948, p. 325 s., spec. nota 4). Dal punto di vista operativo, l’esplicazione di questa concezione risulta ancora più problematica, salvo che non si parta da una risoluzione aprioristica del dilemma unità e pluralità del negozio (v. p. 319 ss., spec. nota 5). In proposito, basti considerare che secondo detta ricostruzione gl’indici esteriori della volontà del collegamento consistono nella «contemporaneità delle dichiarazioni» e nell’«unità del documento», vale a dire circostanze le quali sono, solitamente, considerate decisive anche per stabilire l’unicità del contratto.
8 Circa l’inclinazione della teoria della funzione economico-sociale a determinare una sovrapposizione tra causa e tipo contrattuale, cfr. E. XXXXX, x.x., x. 000 xx. (x., retro, nota 5). Ad ogni modo, fa d’uopo segnalare che la teoria della causa come funzione economico-sociale è stata, oramai, soppiantata da altre definizioni, le quali dimostrano una maggior considerazione del concreto assetto d’interessi. Per un approfondimento della teoria che identifica la causa con l’operazione economica, è opportuno rinviare a X. XXXXXXXXX, Il contratto e l’operazione economica, in Xxx. xxx. xxx., 0000, X, x. 00 ss., spec. p. 103, dove si evidenzia che «l’idea della causa in concreto, già valorizzata per definire il profilo della meritevolezza degli interessi e dell’illiceità negoziale, è divenuto nel tempo lo strumento interpretativo per spiegare e disciplinare la complessità oggettiva degli atti di autonomia, come appunto accade nel caso del collegamento negoziale, ove la pluralità di negozi tra loro collegati è diretta al conseguimento di un risultato unitario che non rappresenta la somma delle singole cause coinvolte nel disegno costruttivo, ma l’unità formale dell’operazione economica voluta dalle parti». Contributi fondamentali per il riferimento del concetto di causa agli interessi individuali meritevoli dei contraenti sono i seguenti scritti: X. XXXXX, Il contratto, Milano, 1954, I, p. 211 e 223 s.; G.B. XXXXX, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1968, passim. Per la definizione del requisito funzionalistico in termini di «causa in concreto», per tutti: U. BRECCIA, Causa, in Tratt. dir. priv. Xxxxxxx, XIII, Il contratto in generale, III, Torino 1999, p. 55; C.M. BIANCA, Diritto Civile, 3, Il contratto, Milano, 2000, p. 452 ss.; ID, Causa concreta del contratto e diritto effettivo, in Riv. dir. civ., 2014, I, p. 251 ss.
un’indebita commistione tra causa e tipo contrattuale. Un simile costrutto deve essere respinto, non tanto sulla base degli indici testuali che indicano la distinzione tra le due nozioni. Il vero problema è che qualunque concezione tesa ad impedire la considerazione della reale consistenza dell’operazione economica perseguita dai contraenti preclude l’attivazione di discipline giuridiche, le quali siano in grado di adeguare i vincoli pratico-economici convenuti agli interessi meritevoli in gioco10. A questo punto, però, si ripropone l’inettitudine della tradizionale teoria del collegamento contrattuale a prospettare un criterio per sciogliere il dilemma dell’unità o pluralità di contratti.
Una congrua soluzione del nodo unità/pluralità di negozi nella fattispecie in analisi (ed in quelle analoghe) potrebbe essere rinvenuta, muovendo da una diversa sintesi concettuale. Fa d’uopo notare che la giurisprudenza tende meccanicisticamente ad affermare l’esistenza di una pluralità di contratti collegati, quando le parti abbiano descritto in documenti distinti i singoli spezzoni dell’autoregolamento complesso preposto a realizzare un assetto d’interessi unitario11. Così, anche nel caso qui analizzato i contraenti hanno elaborato distinti documenti concernenti i diversi spezzoni di autoregolamento, i quali – come si è detto – sono stati enucleati con riferimento ai seguenti tipi contrattuali: «un contratto di affitto di ramo di azienda»; «un preliminare di compravendita del ramo di azienda»; «una compravendita di tutta l’attrezzatura aziendale»; «un
9 In particolare, è stato osservato che il metodo tipologico sostiene, tra l’altro, la tesi che l’interprete possa reputare un accordo concreto conforme ad un tipo contrattuale legale anche indipendentemente da una verifica sulla causa, purché dimostri la coincidenza delle attribuzioni convenute con quelle caratteristiche del tipo (cfr. X. XXXXXXXXXXX, Nuovi profili del contratto, in Il diritto dei contratti tra persona e mercato, Napoli, 2003, p. 421 s., e già in Rass. dir. civ., 2000, p. 545 ss.).
10 La tendenza a tipizzare sottesa alle operazioni qualificatorie della giurisprudenza, non è sorretta da alcun dato di diritto positivo. Essa sembra fondarsi, essenzialmente, sull’esigenza di agevolare la motivazione delle sentenze. Occorre notare, però, che l’art. 111, comma 6, cost. impone la presenza nei provvedimenti giurisdizionali di una motivazione adeguata. Tale carattere non si può riconoscere alla motivazione scelta semplicemente perché più agevole. D’altra parte, i tentativi di dare altre giustificazioni all’adozione del metodo tipologico non sembrano godere di miglior sorte. Significativamente, G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, Padova, 1974, p. 57, sostiene l’esistenza di una
«spinta alla tipizzazione», professando la convinzione che nell’ordinamento sia «la tradizione [che] dissuada il giudice dal motivare invocando esclusivamente una clausola generale». Non consta, però, la sussistenza in termini di stretta legalità di un tale apprezzamento della prassi giurisprudenziale. Argomentando dal principio di legalità (art. 101, comma 2, cost.), al contrario, bisognerebbe escludere che la reiterazione delle decisioni sia ragione sufficiente a dimostrarne l’esattezza.
11 Un simile schema decisionale è in evidente contraddizione con l’individuazione dell’elemento soggettivo del collegamento nella volontà di unificare l’autoregolamento, visto che l’evenienza evidenziata nel testo è, piuttosto, idonea a manifestare la volontà di scindere l’affare in più contratti. Ciononostante, la giurisprudenza, valutando questo tipo di circostanze, ha articolato la seguente connessione logica: preliminarmente ha sancito l’assunto della loro irrilevanza; da una simile premessa ha finito col dedurre surrettiziamente l’esistenza di una pluralità di contratti collegati. Paradigmatica è la pronuncia di Xxxx., 27 aprile 1995, n. 4645, in Giust. civ., 1996, I, p. 1093 ss., dove pregiudizialmente si cristallizza l’assunto che «il criterio distintivo fra contratto unico e contratto collegato non è dato da elementi formali quali l'unità o la pluralità dei documenti contrattuali (ben potendo un contratto essere unico anche se ricavabile da più testi e, per converso, un unico testo riunire più contratti)». Un simile ragionamento è evidentemente paradossale. Sembra corretto rimarcare che dal concetto dell’irrilevanza, tutt’al più, si potrebbe dedurre la tesi che l’esistenza di accidentali indici della volontà di separare le attribuzioni non impedisce all’interprete di ricercare la manifestazione di una prevalente volontà di unificarle. È illogico, invece, ritenere che l’irrilevanza di queste circostanze costituisca indirettamente la prova dell’esistenza di una volontà opposta a quella effettivamente manifestata.
contratto di esclusiva e di non concorrenza». È facile notare che il suddetto iter decisionale non potrebbe essere spiegato con la teoria tradizionale del collegamento (in particolare, con riguardo alla definizione dell’elemento soggettivo)12. Diversamente, esso avrebbe l’opportunità di ricevere una congrua motivazione scientifica da un diverso apparato concettuale, il quale ritenga che l’elemento soggettivo del collegamento consista nella volontà di escludere la considerazione che l’autoregolamento complessivamente programmato costituisca un contratto unitario. Un simile parametro strutturale, infatti, è congegnato in modo tale che sarebbe corretto asserirne l’esistenza, quando ricorrono la separazione documentale o altri indici solitamente sussistenti nei casi conclamati di collegamento contrattuale (dichiarazioni rese in diverse unità di luogo o tempo; uso di termini alludenti alla stipulazione di più contratti; etc.) 13.
Prima di prospettare l’opportunità di risolvere (anche) nel caso controverso il nodo unità/pluralità di contratti mediante il ricorso alla propugnata teoria concernente la struttura del collegamento contrattuale, occorre a questo punto sgombrare il campo da alcuni dubbi circa la sua compatibilità con taluni parametri estrapolabili dal sistema dell’autonomia contrattuale. Secondo la suesposta ricostruzione, la soluzione del dilemma unità/pluralità di contratti si basa sulla volontà di non far qualificare come un unico contratto l’accordo sulla molteplicità di situazioni impegnative preordinate alla realizzazione di un’operazione economica complessa, la quale, al contempo, funge da elemento soggettivo del collegamento contrattuale. È evidente che, in questa visuale, si finisce per configurare un potere dell’autonomia negoziale di scegliere, a determinate condizioni, tra unità e pluralità di contratti. Non sembra che una simile libertà di scelta sia direttamente preclusa dalla legge, data la riconducibilità al principio espresso dall’art. 1322 c.c. Occorre verificare, tuttavia, se essa sia surrettiziamente preclusa da disposizioni di carattere generale. In questo senso, merita di essere vagliata un’evidente discrasia con i procedimenti legali in tema di formazione del contratto. In particolare, è innegabile un’incompatibilità
12 In questi casi, innanzitutto, la teoria tradizionale non sarebbe utile per risolvere il dilemma unità/pluralità di contratti. Inoltre, anche data per aprioristicamente risolta la questione nel senso della pluralità, essa condurrebbe all’esito paradossale di indurre a configurare la ricorrenza di una pluralità di contratti separati (salvo che non si dispieghino gli artifici logici di cui alla nota precedente).
13 Xxxx’ottica della ricostruzione prospettata, è sensato considerare un indice della volontà di scindere l’autoregolamento in una pluralità di contratti collegati anche la predisposizione di condizioni generali concernenti la concessione del godimento di un programma informatico operativo secondo le quali «il software [è] concesso in licenza con il computer come un prodotto singolo integrato e potrà essere utilizzato esclusivamente con il computer. Se il software non è accompagnato dall’hardware, l’utente non potrà utilizzare il software». La suesposta formula dispositiva, infatti, sembra alludere alla volontà di realizzare un’unica fornitura attraverso la vendita dell’hardware e la licenza del software preinstallato. Una simile fattispecie è stata di recente analizzata da Cass., 11 settembre 2014, n. 19161, in Foro it., 2014, I, c. 3459, con nota di X. XXXXX, La «vendita» di hardware e software tra unità è pluralità di contratti. Fa d’uopo rimarcare che, la suddetta pronuncia ha reputato la ricorrenza di una pluralità di contratti separati, mentre l’annotatore – sia pure senza distaccarsi dalla teoria tradizionale – ha argomentato la sussistenza di un collegamento tra contratti.
con la regola della completezza della proposta contrattuale (arg. ex art. 1326 c.c.)14. Ammessa questa divergenza, tuttavia, bisogna chiarire che essa non è indefettibilmente in grado d’impedire la vigenza del suddetto regime del collegamento contrattuale. Bisogna ricordare che nella teoria moderna si tende ad ammettere la possibilità di deviazioni dai procedimenti legali di formazione del contratto. Così, argomentando dalla gerarchia delle fonti (e dei valori) dell’ordinamento, è sensato ritenere che i regimi derogatori siano sottoposti a valutazione positiva se connessi ad utilità di carattere sociale15. Per questa ragione, una ricostruzione della struttura del collegamento contrattuale funzionale ad utilità sociali come quelle attinenti alla procedimentalizzazione e conservazione degli autoregolamenti complessi16 deve essere valutata positivamente, anche se configura una libertà contrattuale incompatibile con la regola della completezza della proposta contrattuale.
Tirando le fila del discorso, bisogna dire che l’analisi del caso di specie ha evidenziato un’insanabile lacuna della teoria del collegamento contrattuale comunemente accolta. Data l’unitarietà dell’operazione economica perseguita attraverso una serie articolata di vincoli pratico- economici, automaticamente s’innesca l’alternativa tra unità e pluralità di contratti. È stato dimostrato che a queste condizioni l’impiego della concezione tradizionale del collegamento non permette – senza il ricorso ad artifici logici – di stabilire la configurazione del complessivo autoregolamento come un unico contratto o una pluralità di contratti. Diversamente, il dilemma potrebbe ottenere un’adeguata soluzione, accogliendo la tesi che l’elemento subiettivo del collegamento sia rappresentato dalla volontà delle parti che il complessivo accordo non sia qualificato come un contratto unitario. Un tale criterio, infatti, esplicandosi nella separazione documentale ricorrente nel caso di specie, consente di argomentare la rappresentazione che gli spezzoni di regolamento richiamati in ciascun documento costituiscano una pluralità di contratti collegati. Alla luce di tali considerazioni, sembra corretto
14 Teoricamente, il requisito della completezza della proposta implicherebbe che il singolo contratto stabilisca tutte le attribuzioni essenziali per la realizzazione del regolamento d’interessi definitivamente concordato. Circa il canone per cui un singolo contratto non può reputarsi perfezionato fino all’integrale manifestazione di un accordo su tutti gli elementi essenziali dell’operazione economica pianificata dagli interessati, cfr. G.B. XXXXX, In tema di formazione progressiva del contratto e di negozio formale “per relationem”, in Riv. dir. comm., 1964, II, p. 194.
15 Per ulteriori riferimenti, cfr. X. XXXXXX, Promesse unilaterali, in Tratt. dir. civ. CNN X. Xxxxxxxxxxx, IV, 42, 2014, p. 166 ss., spec. nota 442. Una diversa teoria perviene all’assunto che le deroghe ai procedimenti legali di formazione del contratto siano ammissibili, argomentando dal carattere non cogente delle disposizioni legislative in materia. In tale prospettiva, degli autoregolamenti incompatibili con i procedimenti legali di formazione del contratto sarebbero configurabili, qualora si riscontri (non tanto l’idoneità alla realizzazione di utilità sociali, ma) la presenza di un semplice accordo delle parti (così A.M. BENEDETTI, Autonomia privata procedimentale, Torino, 2002, passim, spec. p. 26 ss.)
16 Sulla corrispondenza tra la concezione concernente la struttura del collegamento contrattuale, la quale ne identifica l’elemento soggettivo nella volontà di attenuare il nesso tra le vicende patologiche coinvolgenti i singoli spezzoni di autoregolamento preordinati al conseguimento della unitaria operazione economica, e le utilità sociali convergenti con gli interessi individuali alla procedimentalizzazione e conservazione della medesima, v. X. XXXXXX, La categoria del «collegamento volontario tra contratti» tra vecchi dogmi e potenzialità incompiute, p. 607 ss.
ritenere che la pronuncia in oggetto, muovendo dal concetto che l’elemento soggettivo del collegamento sia costituito dalla volontà di unificare le vicende degli spezzoni di regolamento strumentali al perseguimento dell’unitaria operazione economica, è incorsa nel vizio di decidere in modo apodittico per l’esistenza di un collegamento contrattuale17. Al contrario, questa rappresentazione avrebbe ricevuto un’adeguata motivazione, premettendo l’assunto che l’elemento soggettivo del collegamento sia la volontà di attenuare il nesso tra le vicende negative delle singole frazioni di vincoli pratico-economici preposte a realizzare l’unico affare programmato18.
3. Le iniquità attinenti alla valenza argomentativa del collegamento. La teoria tradizionale del collegamento contrattuale ha indotto nella pronuncia qui esaminata un vizio ulteriore (e ben più grave) rispetto a quello di «apoditticità», il quale colpisce il passaggio della motivazione concernente l’accertamento della ricorrenza empirica di una pluralità di contratti collegati. Meritano una censura di «irragionevolezza» (id est di contrarietà alla gerarchia dei valori dell’ordinamento) anche le situazioni giuridiche, la cogenza delle quali è stata motivata mediante la metafora dell’esistenza di un collegamento contrattuale.
La S.C. ha ripreso due capisaldi della concezione in auge del collegamento negoziale: che i contratti collegati «conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento
17 La stessa Cass., 10 ottobre 2014, n. 21417, cit., riconosce di aver ritenuto l’inessenzialità di una specifica dimostrazione sul punto dell’esistenza del collegamento, sostenendo che «anche se il giudice non ha motivato su tali profili, il collegamento negoziale può ritenersi pacifico nella causa, atteso che la stessa ricorrente si muove nell’ottica del collegamento dei contratti per affermare l’assenza dell’oggetto nel preliminare di vendita, dato il contratto collegato di cessione dei beni aziendali». Specularmente, Cass., 11 settembre 2014, n. 19161, cit., richiamando l’impostazione tradizionale, ha stabilito in modo altrettanto arbitrario la ricorrenza di una pluralità di contratti distinti (anziché collegati) nel complessivo accordo teso al trasferimento della proprietà di un hardware ed alla concessione in uso del software preinstallato (sul punto, v. retro, nota 13).
18 Questa ricostruzione si distingue da altre teorie, le quali pure sono orientate a riconoscere rilevanza alla volontà di scindere l’autoregolamento complesso preordinato ad attuare un’unica operazione economica (v.: X. XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1990, p. 192 s; A.M. XXXXXX, Contratto e negozio nel «frazionamento» del rapporto giuridico, Torino, 2009, p. 206 ss.). Nella concezione qui sostenuta, infatti, il suddetto atteggiamento volitivo è reputato in grado di giustificare il ricorso proprio al paradigma del collegamento, consentendo di risolvere contestualmente il dilemma unità/pluralità di contratti al cospetto di un complessivo accordo sulle molteplici attribuzioni patrimoniali strumentali ad un unico affare. Diversamente, l’altra visuale delineata dalla dottrina stabilisce che un tale elemento soggettivo abbia il ruolo d’identificare un fenomeno simmetrico (e quindi distinto) rispetto al collegamento contrattuale. Segnatamente, contrapponendo i due paradigmi, si reputa che «la differenza fondamentale sta nel fatto che, se mediante il frazionamento si opera la scomposizione di un negozio che per sua natura o in ragione di un determinato assetto di interessi prefigurato dall’ordinamento avrebbe di regola una configurazione unitaria, con il collegamento, al contrario, si tende ad aggregare, sul piano funzionale entità negoziali distinte» (così, A.M. XXXXXX, o.l.u.c.). È facile notare che una simile definizione del collegamento presuppone che il dilemma unità o pluralità di contratti sia risolto a priori attraverso ulteriori costrutti dogmatici (v., retro, note 4, 5 e 6) o vincoli strutturali imposti dalla legge (v., retro, nota 3). Questa considerazione si forma, osservando che la richiamata descrizione del collegamento prospetta la seguente scansione logica: prima si fissa l’opinione che un complessivo accordo sulle attribuzioni patrimoniali preposte ad attuare un’unitaria operazione economica (c.d. elemento oggettivo del collegamento) costituisca una pluralità di contratti; soltanto a questo punto ci sarebbero le condizioni per procedere all’apprezzamento della ricorrenza di un collegamento contrattuale in alternativa ad una pluralità di contratti separati.
dei reciproci interessi»; che i contratti della serie «restano soggetti alla disciplina propria del rispettivo schema negoziale, mentre la loro interdipendenza produce una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale, per cui essi “simul stabunt, simul cadent”». Attraverso questi argomenti essa ha stabilito la nullità per mancanza di oggetto del principale fascio di attribuzioni complessivamente convenute, vale a dire quelle designate come contratto
«preliminare di compravendita del ramo di azienda». Consequenzialmente, essa avrebbe dovuto decidere la nullità dell’intero gruppo di contratti. La S.C., tuttavia, presentendo forse l’irragionevolezza di una tale situazione giuridica, ha cercato di circoscrivere gli effetti (iniqui) della sentenza alla nullità del singolo contratto. Una simile decisione è stata fondata sulla seguente operazione logica: la pronuncia, effettuando una manipolazione della disciplina della c.d. «patologia derivata», ha estrapolato il canone per cui «se un contratto è nullo il collegamento negoziale con altri contratti non nulli non comporta la validità dell’intero complesso dei contratti collegati». È facile notare l’artificiosità di questo modo di ragionare: bisogna considerare che, ad ogni modo, una volta stabilita la nullità del singolo contratto, secondo il canone dell’interdipendenza comunemente accolto, il medesimo regime rimediale dovrebbe automaticamente estendersi a tutti i contratti della serie.
Il perno della decisione in oggetto consiste nel rilievo che il c.d. contratto di «compravendita di tutta l’attrezzatura aziendale» abbia assorbito in gran parte i potenziali effetti patrimoniali del «preliminare di compravendita del ramo di azienda». In tale ottica, il contenuto del predetto atto risulterebbe circoscritto alla cessione delle licenze amministrative e dell’avviamento commerciale. Entrambe queste entità, tuttavia, non sono reputate idonee a formare un valido oggetto di un contratto per le seguenti ragioni: la cessione delle licenze, contrastando con il canone che esse sono sottratte alla disponibilità dei privati, comporterebbe, addirittura, la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative (in vero, questo rilievo sollevato dalla ricorrente non è reputato decisivo dalla S.C.); la cessione dell’avviamento, contraddicendo la regola dell’intrasferibilità separatamente dall’azienda, è considerata incline a determinare la nullità del contratto per mancanza di oggetto.
L’impianto valutativo, il quale – nel solco della dogmatica maggiormente accreditata – è stato riferito dalla sentenza in oggetto alla categoria scientifica del collegamento contrattuale, si rivela
«irragionevole». Una simile caratterizzazione non attiene tanto alle situazioni patrimoniali alla fine venutesi a determinare nei confronti delle parti19. Il giudizio negativo si delinea, soprattutto, ragionando in una
19 La decisione in oggetto, in finale, ha comportato una situazione ad esclusivo vantaggio di una delle parti, vale a dire il ricorrente-promittente acquirente il quale ha beneficiato dell’esclusione del dovere di pagare una caparra penitenziale in conseguenza dello scioglimento, da lui auspicato, del
prospettiva di politica del diritto. La rappresentazione, secondo la quale i contratti della serie «conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi» e
«restano soggetti alla disciplina propria del rispettivo schema negoziale», preclude la configurazione di una disciplina adeguata alla reale consistenza dell’operazione economica perseguita. A queste condizioni, le parti, se vogliono determinare una corrispondenza tra la valutazione legale dell’accordo e l’affare effettivamente programmato, sono costrette a concludere un contratto unitario20. Una simile configurazione dell’accordo, però, è incompatibile con gli interessi alla procedimentalizzazione e alla conservazione dell’affare, i quali sono potenzialmente soddisfatti da una teoria del collegamento contrattuale rinnovata rispetto a quella tradizionale. Visto che tali interessi si coniugano nella pratica a talune utilità sociali concernenti la massimizzazione delle risorse individuali21, appare corretto concludere che la surrettizia costrizione delle parti a servirsi dello schema del contratto unitario contrasta con la gerarchia dei valori dell’ordinamento. Per questa ragione, le valutazioni indotte nella sentenza dalla teoria tradizionale del collegamento devono ritenersi «irragionevoli».
È evidente che i suesposti problemi non si presenterebbero, là dove si riferissero alla categoria del collegamento contrattuale delle valutazioni informate agli interessi delle parti alla procedimentalizzazione e alla conservazione delle operazioni economiche complesse. Tali obiettivi richiedono, innanzitutto, un regime dell’interdipendenza delle vicende (negative) relative alle singole frazioni del regolamento preposto ad attuare il complessivo assetto d’interessi, il quale sia maggiormente articolato rispetto a quello generalmente prospettato della c.d. «patologia derivata». Un simile impianto decisorio è costituito dai seguenti canoni22:
rapporto contrattuale. Una tale disciplina non appare propriamente equa, visto che essa prescinde da qualunque considerazione della distribuzione tra le parti dei costi della mancata realizzazione dell’operazione economica originariamente convenuta.
20 Una simile costrizione si presenta a maggior ragione, se il giudice in base alle ambiguità della teoria tradizionale concernenti l’elemento soggettivo del collegamento (v., retro, § 2), decide arbitrariamente che l’accordo complessivo, nonostante l’unitarietà dell’operazione economica, integra una pluralità di contratti separati. Emblematica la sentenza di Xxxx., 11 settembre 2014, n. 19161, cit., la quale ha configurato come due contratti separati la vendita di un hardware e la licenza del software preinstallato (v. note 13 e 17).
21 Gli interessi alla conservazione e alla procedimentalizzazione sono connaturati alla realizzazione delle operazioni complesse. Bisogna notare che simili ingegnerie negoziali sono, sempre più frequentemente, necessarie per un’ottimizzazione degli scambi. La massimizzazione degli interessi individuali si verifica, perché la complessità dell’autoregolamento consente di esplicarsi ai fattori marginali di riduzione dei costi/incremento dei benefici insiti nel particolare contesto pratico. Ad es., se il proprietario concede in locazione una casa in cattive condizioni ad un soggetto specializzato in lavori edili, è facilmente intuibile che entrambi le parti otterranno un vantaggio dalla circostanza che una componente del corrispettivo del godimento sia rappresentata dalla ristrutturazione dell’immobile. Per un’illustrazione maggiormente puntuale, si rinvia a X. XXXXXX, Il collegamento volontario tra contratti nel sistema dell’ordinamento giuridico, Napoli, 2000, p. 30 s., e, più di recente, a IDEM, La logica del collegamento funzionale tra contratti nell’attuale esperienza giuridica, in Rass. dir. civ, 2003, p. 507, spec., nota 20.
22 È opportuno sottolineare che questa disciplina dell’interdipendenza dei contratti collegati ha modo di essere estrapolata, sia pure forzando il dato letterale, da una particolare interpretazione delle disposizioni in tema di impossibilità sopravvenuta temporanea (comb. disp. artt. 1256, comma 2, e 1463 c.c.) e di formazione del contratto (art. 1326 ss. c.c.). Per questa ragione, l’operazione
una regola idonea a favorire la conservazione dell’operazione, là dove sussista una circostanza idonea a comportare l’inefficacia di uno solo dei contratti collegati23; una disciplina conforme all’interesse alla procedimentalizzazione, la quale sia destinata ad operare nell’ipotesi in cui le parti non siano in grado di determinare da sùbito tutte le prestazioni e gli spostamenti patrimoniali necessari per la realizzazione del complessivo affare voluto24. Fissata una simile distinzione rispetto alla disciplina del contratto unitario, non ci sarebbero più ragioni di ordine logico per escludere un ulteriore ordine di valutazioni basate sull’assunto che la causa in senso giuridico di ciascuno dei contratti collegati sia costituita dalla loro funzione economica unitaria. Premettendo questa nozione, la categoria del collegamento contrattuale si presta ad essere impiegata nell’esplicazione di un’apprezzabile processo decisionale: essa diviene idonea per rimodulare in considerazione del complessivo assetto d’interessi effettivamente perseguito le regole, le quali sono desumibili da una serie di criteri valutativi previsti dalla legge concernenti direttamente o surrettiziamente l’elemento funzionale del contratto25. Rinnovando con questi criteri di giudizio la teoria del collegamento contrattuale, si risolve la questione legata alla concezione tradizionale: le regole sopra delineate
ermeneutica che si propone non ha la fisionomia di una vera e propria Drittwirkung del principio dell’utilità sociale (ex art. 41 cost.), ma configura un’interpretazione adeguatrice delle norme ordinarie. Per una simile esegesi delle disposizioni di cui agli artt. 1256, comma 2, e 1463 c.c., cfr. X. XXXXXX, Il collegamento volontario tra contratti nel sistema dell’ordinamento giuridico, cit., p. 123 ss. Un input decisivo nel senso di inferire la disciplina dell’interdipendenza delle vicende dei contratti collegati dal canone dell’impossibilità sopravvenuta proviene da F. DI SABATO, o.c., p. 438.
23 In questo caso, sarebbe sensato, da un lato, ritenere che la parte interessata ad evitare la realizzazione di un affare diverso da quello originariamente voluto abbia il potere di chiedere al giudice anche l’eliminazione delle attribuzioni dei contratti non viziati. D’altro lato, sarebbe giusto conferire alla parte interessata alla conservazione dell’operazione la facoltà di impedire questa richiesta, offrendo la sostituzione delle attribuzioni eliminate (o da eliminare) con altre equivalenti. È bene notare che un simile regime è conforme all’interesse meritevole alla conservazione dell’operazione nella sua originaria complessità. Sul punto, cfr. X. XXXXXX, La categoria del «collegamento volontario tra contratti», cit., p. 602 s.
24 In simili circostanze, sarebbe opportuno riconoscere che la parte interessata abbia il potere di chiedere immediatamente l’esecuzione dei gruppi di attribuzioni già pattuite. L’altra parte, però, avrebbe il diritto alla rimozione degli spostamenti patrimoniali precedentemente eseguiti, qualora in tempo utile non intervenisse anche la specificazione degli ulteriori gruppi di attribuzioni reputate necessarie per l’operazione originaria. Xxxxxxx, X. XXXXXX, La categoria del «collegamento volontario tra contratti», cit., p. 603.
25 Diffusamente, X. XXXXXX, La categoria del «collegamento volontario tra contratti», cit., p. 604 ss. Tra i criteri valutativi, i quali sono, direttamente o indirettamente, basati sulla considerazione dell’elemento funzionalistico del contratto, meritano di essere ricordati soprattutto quelli relativi a: l’esistenza (comb. disp. artt. 1325, numero 2, e 1418, comma 2, c.c.) e l’illiceità (comb. disp. artt. 1343 e 1418, comma 2, c.c.) della causa; l’interpretazione del contratto secondo buona fede (art. 1366 c.c.); l’esecuzione del contratto secondo buona fede (art. 1375 c.c.); l’esperibilità dell’azione revocatoria (art. 2901 c.c.). Soprattutto, accolta l’idea che la causa dei singoli contratti collegati è data dalla loro funzione complessiva, l’interprete si trova in condizione di rimodulare l’applicazione della disciplina prescritta dalla legge per i singoli tipi contrattuali. Un simile procedimento ermeneutico si articola in una serie di passaggi logici. È frequente che taluno dei contratti collegati stabilisca le attribuzioni costitutive di un certo schema legale, ma insieme agli altri contratti della serie sia diretto a realizzare una funzione economica del tutto anomala rispetto a quella di quest’ultimo. In una simile ipotesi, l’interprete avrebbe ragione ad escludere la disciplina del suddetto tipo contrattuale. A questo punto, il ragionamento si declina in due ordini di valutazioni. Alle volte il giudice dovrà determinare i diritti e doveri scaturenti dal singolo contratto della serie, ricavandoli dalla disciplina generale del contratto piuttosto che da quella del tipo legale strutturalmente più simile. Altre volte, il giudice dovrà stabilire gli effetti di ciascuno dei contratti collegati, estrapolandoli dal regime del tipo contrattuale funzionalmente più simile piuttosto che da quello del tipo strutturalmente più vicino.
consentono alle parti di stabilire una valutazione legale dell’accordo adeguata alla reale consistenza dell’operazione economica realmente perseguita, evitando, al contempo, di sacrificare gli interessi alla sua procedimentalizzazione e conservazione.
Il mutamento del quadro teorico, naturalmente, comporterebbe una diversa ricostruzione delle situazioni, le quali dovrebbero essere reputate cogenti nel caso di specie. Merita di essere richiamata, soprattutto, l’attitudine del collegamento a rimodulare le rappresentazioni sottese all’interpretazione secondo buona fede ex art. 1366 c.c.26. Dando un adeguato risalto all’operazione economica complessiva, appaiono giusti i seguenti rilievi: che il contratto «preliminare di compravendita del ramo di azienda» abbia (tra l’altro) ad oggetto la creazione di un vincolo concernente il trasferimento dei beni (mobili) aziendali; che il contratto di
«compravendita di tutta l’attrezzatura aziendale», pur essendo contestuale, abbia carattere esecutivo degli impegni assunti nell’altro contratto. Una simile rappresentazione consente di sostenere che, avendo il contratto «preliminare di compravendita del ramo di azienda» un valido oggetto, non sia giusto desumerne la nullità dal comb. disp. artt. 1325, n. 3, e 1418, comma 2, c.c. A questo punto, dovrebbero ritenersi vincolanti tutte le situazioni consequenziali alla validità del contratto (in particolare, il diritto alla caparra penitenziale del promittente alienante).
26 V., retro, nota 25.
27 V. retro, § 3, spec. nota 21.
finalizzata alla procedimentalizzazione e alla conservazione dell’assetto d’interessi definitivamente programmato; che per la determinazione delle regole convenzionali o integrative, le quali secondo le valutazioni predisposte dall’ordinamento discendono dalla considerazione, diretta o indiretta, dell’elemento funzionalistico dell’accordo, la causa dei singoli contratti deve essere identificata con l’assetto d’interessi complessivamente perseguito.