POLITICHE DEL LAVORO E WELFARE
POLITICHE DEL LAVORO E WELFARE
Lavoro Contrattazione e Relazioni Sindacali
Roma, 01/08/2014 Prot. 0009180
Com n. 32
Oggetto: Ministero del lavoro - Circolare n. 18/2014 – Indicazioni operative sul d.l. n. 34/2014, convertito dalla legge 78/2014
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con circolare n. 18 del 30 luglio 2014 , ha fornito chiarimenti interpretativi sull'applicazione della Legge n. 78/2014 di conversione del Decreto Legge n. 34/2014 relativamente al contratto a tempo determinato, alla somministrazione di lavoro ed al contratto di apprendistato.
Nel rinviare ad un'attenta lettura del provvedimento, si forniscono di seguito le principali indicazioni.
Il dl 34/2014 nel modificare il d.lgs.368/2001 ha introdotto la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato indipendentemente dalla causale che lo pone in essere; infatti, ha eliminato l'obbligo di indicazione delle ragioni tecnico organizzative e produttive giustificatrici dell'apposizione del termine al contratto di lavoro indicando esclusivamente il limite di durata che non può superare i 36 mesi comprensiva di eventuali proroghe.
Tuttavia, la sussistenza di ragioni giustificatrice continua ad avere effetti in taluni casi specifici. Tra questi, la circolare ricorda le ragioni di carattere sostitutivo o stagionale. In tali ipotesi, infatti, l'assunzione a tempo determinato non ha limitazioni quantitative e non sussiste in capo al datore di lavoro l'obbligo di versamento del contributo addizionale dell'1.4% così come previsto all'art. 2 comma 29 della legge 92/2012.
Pertanto in questi casi appare opportuno, benché ai soli fini di "trasparenza", continuare ad indicare nel contratto la ragione giustificatrice.
Limiti percentuali
Per quanto riguarda i limite quantitativo di assunzione pari al 20% del numero dei lavoratori a tempo
indeterminato, il Ministero del lavoro ha chiarito che il datore di lavoro che intende assumere con contratto a termine è tenuto a rispettare la percentuale individuata per legge, fatta salva una diversa disciplina contrattuale applicata.
Il legislatore, infatti, ha affidato ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi la possibilità di prevedere diversi limiti quantitativi o diversi periodi di riferimento per il calcolo delle assunzioni. A tal fine, peraltro, non è necessaria l'introduzione di nuove clausole poiché, come espresso dalla legge ("in sede di prima applicazione"), trovano applicazione quelle già esistenti, che potranno essere successivamente modificate.
Pertanto, per i datori di lavoro che applicano Il CCNL TDS, i limiti quantitativi sono quelli stabiliti dall'art. 63 del CCNL. In particolare il tetto percentuale massimo di utilizzo viene individuato nel 20% medio annuo dell'organico a tempo indeterminato in forza nell'unità produttiva (vedi circolare n. 50/2004 dello scrivente settore). Sono altresì individuati limiti minimi garantiti di assunzione con contratti a tempo determinato nelle unità che occupino fino a 15 dipendenti (fino a 4 contratti a tempo determinato) e nelle unità che occupino da 16 a 30 dipendenti (fino a 6 contratti a tempo determinato).
Benché il legislatore assegni alla contrattazione nazionale l'individuazione dei limiti di utilizzo, occorre coordinare tale disposizione con il nostro sistema di contrattazione.
Com'è noto, il rinnovo del 2011 ha precisato che si può ricorrere alla contrattazione di secondo livello, tra i vari casi, anche per intese derogatorie finalizzate al miglioramento dei livelli di produttività, competitività ed efficienza delle imprese, su una serie di materie tra cui rientra quella del contratto a termine.
Nell'ambito di tali accordi, pertanto, è possibile derogare al contratto collettivo prevedendo percentuali diverse rispetto a quanto previsto al livello nazionale ovvero specifiche ipotesi di esclusione dalla percentuale.
Tale possibilità risulta avallata anche dalla stessa circolare che, pur ricordando il rinvio alla contrattazione nazionale in tema di limiti quantitativi, fa espressamente salva l'ipotesi di delega al secondo livello.
Diversamente, dai chiarimenti ministeriali sembra emergere che il computo dell'organico non rientri tra le ipotesi di deroga da parte della contrattazione collettiva. Pertanto, in via prudenziale, occorre far riferimento ai criteri di computo riportati nella circolare, che esclude dalla verifica dell'organico a tempo indeterminato:
• Rapporti di natura autonoma
• Lavoro accessorio
• Lavoratori parasubordinati
• Associati in partecipazione
• Lavoratori a chiamata a tempo indeterminato privi di indennità di disponibilità.
Viceversa vengono computati i lavoratori part time, i dirigenti a tempo indeterminato e gli apprendisti (ad esclusione delle specifiche ipotesi di cui all'art. 4, c. 5 e di cui al c.2 quater dell'art. 3 del D.Lgs 167/2011).
Qualora, nel calcolo percentuale, si ottenga un numero decimale superiore o uguale allo 0.5, il numero di contratti a termine potrà essere arrotondata all'unità superiore.
Assume rilievo l'interpretazione ministeriale che ricomprende nella base di calcolo anche gli apprendisti, in quanto assunzioni a tempo indeterminato. La ricomprensione nella base di calcolo favorisce infatti le opportunità occupazionali dei contrati a tempo determinato.
I contratti a tempo determinato che sono in ogni caso esenti dalle limitazioni quantitative previste sono quelli conclusi:
1. nella fase di avvio di nuove attività
2. per ragioni di carattere sostitutivo o di stagionalità (ipotesi DPR 1525/1963 e ulteriori ipotesi che possono essere rintracciate nel contratto collettivo applicato anche aziendale)
3. per specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi
4. con lavoratori di età superiore ai 55 anni
5. i contratti a termine stipulati ai sensi dell'art. 23 del DL 179/2012 da parte di una start up innovativa
6. le altre fattispecie di esclusione dell'art. 10 del D.Lgs. 368/2001 comprese le assunzioni ai sensi dell'art. 8 c. 2 della legge 223/91 e quelle ai sensi del nuovo comma 5 bis del predetto art. 10 per i contratti stipulati da istituti pubblici ed enti privati di ricerca
7. assunzioni di lavoratori disabili con contratto a tempo determinato ai sensi dell'art. 11 della legge 68/99
8. le acquisizioni di personale a termine in caso di trasferimenti di azienda.
Disciplina sanzionatoria
Il d.l. n. 34/2014 ha introdotto, in sede di conversione, una specifica sanzione amministrativa per i casi di violazione dei limiti quantitativi (di legge o, secondo quanto sopra specificato, di CCNL). Tale sanzione si applica a partire dal 20 maggio 2014 ed è in misura percentuale (20% o 50%) alla retribuzione di ciascun lavoratore assunto in violazione, per il suo periodo di occupazione.
Sul punto, la circolare chiarisce che l'importa sanzionatorio si calcola sulla retribuzione lorda mensile spettante al lavoratore (o lavoratori) assunti in violazione del limite, gli ultimi, pertanto, assunti in ordine di tempo e il risultato derivante dall'applicazione della percentuale va arrotondato all'unità superiore qualora il primo decimale sia pari o superiore a 0,5.
Il calcolo del periodo di occupazione va dalla data di instaurazione del rapporto all'accertamento dell'esistenza dello sforamento ovvero, se il rapporto è già concluso, alla data di scadenza del contratto. Non si tiene quindi conto di eventuali sospensioni del rapporto (malattia, maternità, infortunio, etc.).
La sanzione non è diffidabile ma è soggetta alle riduzioni di cui alla legge 689/1981. La circolare fornisce altresì alcuni esempi di calcolo, cui si rinvia per approfondimenti.
Poiché la stessa legge fa riferimento a mese o frazione di mese superiore a 15 giorni ai fini dell'applicazione della sanzione, il Ministero conclude che la stessa non si applica ai rapporti di lavoro a tempo determinato inferiori a 16 giorni.
Nel caso in cui la violazione riguardi il limite percentuale complessivo tra contratti a tempo determinato e contratti in somministrazione, previsto dalla contrattazione (vedi artt. 65 – 66 CCNL TDS), la nuova sanzione si applica esclusivamente nel caso in cui il superamento del limite contrattuale derivi dall'assunzione di almeno un lavoratore a tempo determinato. In caso contrario, infatti, trova applicazione la sanzione prevista in materia di somministrazione di lavoro (vedi oltre).
In base alle disposizioni transitorie (art. 2-bis d.l. n. 34/2014), è previsto che il datore che alla data di entrata in vigore del decreto avesse in corso rapporto in violazione dei limiti quantitativi debba rientrarvi entro il 31.12.2014, salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi. A tal proposito il Ministero chiarisce che tale possibilità è in capo alla contrattazione collettiva di qualsiasi livello (che può pertanto stabilire una data diversa per il rientro nei limiti ovvero una percentuale particolare per il regime transitorio), fermo restando che, al termine dello stesso, il limite applicabile sarà quello del CCNL.
Infine, viene chiarito che i datori che al 21 marzo avessero in corso contratti a termine in violazione dei limiti quantitativi, non possono effettuare nuove assunzioni a partire dal 2015 ma che gli stessi, qualora invece di rientrare nei limiti abbiano effettuato nuove assunzione, sono, già a partire dal 20 maggio, passibili delle sanzioni sopra descritte. Tale sanzione non si applica nel caso in cui il datore non abbia effettuato una nuova assunzione ma abbia prorogato contratti già in essere.
Anche in questo caso, tuttavia, relativamente ad es. al CCNL Terziario, deve essere considerata l'applicabilità della percentuale del 20% quale media annua, pertanto la violazione del limite quantitativo di cui sopra dovrà essere conteggiata in tal senso.
Proroga
Rispetto alla disciplina della proroga, la circolare chiarisce che il nuovo regime sia applicabile ai rapporti costituiti a partire dal 21 marzo 2014, mentre a quelli precedentemente stipulati continua ad applicarsi la previgente disciplina.
Rispetto al numero di proroghe, tuttavia, viene evidenziato come la nuova regolamentazione faccia riferimento a 5 proroghe all'arco dei complessivi 36 mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi e a condizione che si riferiscano alla stessa attività.
Pertanto, nell'ambito della stessa attività (intendendosi per tale le stesse mansioni, le mansioni equivalenti o comunque quelle svolte ex 2103 c.c.), le proroghe totali non posso essere più di 5,
indipendentemente dal numero dei rinnovi. Ciò implica che qualora un contratto sia stato prorogato in base alla vecchia disciplina (quindi, una sola volta) e successivamente rinnovato per la medesima attività, è possibile prorogarlo per ulteriori 4 volte.
In ragione, poi, dell'esplicita previsione del d.l. n. 34/2014 ("sono fatti salvi gli effetti già prodotti dalle disposizioni introdotte dal presente decreto") ed in base alla disciplina della proroga prevista prima della conversione in legge del decreto, resta legittimo aver prorogato un contratto fino ad 8 volte nel periodo 21 marzo – 19 maggio.
Proroghe e rinnovi
La circolare ricorda la distinzione tra proroga e rinnovo di un contratto. La prima consiste nella possibilità di prorogare il termine inizialmente fissato, prima della sua scadenza. Diversamente, il rinnovo prevede la stipula di un nuovo contratto una volta che sia scaduto il precedente.
Vengono altresì ricordate le ipotesi di superamento del limite di durata di 36 mesi secondo quanto già previsto dal d.lgs. n. 368/2001, così come la disciplina degli intervalli tra due contratti a termine.
In particolare, viene ricordato come sia derogabile il limite dei 36 mesi nei confronti delle attività stagionali previste dal Legislatore, come pure nei confronti delle attività aventi carattere di "stagionalità" come individuate dalla contrattazione collettiva, anche di secondo livello, ad esempio riguardanti le attività degli esercizi commerciali in località a vocazione turistica e come non operi l'obbligo di intervallo di 10 o 20 giorni per le medesime attività, ai sensi dei commi 4bis e 4ter dell'art. 5, d.lgs. n. 368/2001.
Diritto di precedenza
La circolare ministeriale, dopo aver ricordato le disposizioni vigenti in materia di diritto di precedenza, ripercorre altresì le novità intervenute. A tal proposito, si ricorda che il lavoratore che abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine, fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi. In base alle nuove disposizioni, poi, nel caso di lavoratrici in congedo obbligatorio di maternità, tale periodo si computa ai fini del conseguimento del diritto di precedenza e alle medesime lavoratrici spetta il diritto di precedenza anche nelle assunzioni a tempo determinato effettuate nei 12 mesi successivi.
A tal proposito si ricorda che il CCNL TDS (art. 68) disciplinando la materia secondo quanto previsto dalla legge, rinvia al secondo livello di contrattazione, con ciò escludendo che i datori che applicano esclusivamente il contratto nazionale siano soggetti al diritto di precedenza.
La circolare evidenzia altresì come l'obbligo del datore di richiamare tale diritto di precedenza nel contratto individuale, pur previsto, non risulta comunque sanzionato.
SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO
La circolare del Ministero del Lavoro, nel ricordare che il nuovo regime di acausalità trova applicazione anche nei confronti del contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato, contiene importanti chiarimenti in merito al rapporto fra il quadro normativo e la contrattazione collettiva.
In particolare, il Dicastero ribadisce che le previsioni normative non contengono alcuna limitazione quantitativa per l'utilizzo di tale tipologia contrattuale e che gli unici limiti che possono essere legittimamente posti discendono unicamente dai contratti collettivi nazionali, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, ai quali il legislatore riconosce in via esclusiva tale competenza.
Da ciò discende, innanzitutto, la validità delle previsioni contrattuali che introducano un limite percentuale (o numerico) di utilizzo del contratto di somministrazione a tempo determinato e, pertanto, per quanto riguarda il CCNL Terziario, si conferma la validità degli articoli 65 e 66 e le percentuali di utilizzo ivi previste.
Altro aspetto di particolare rilevanza è rappresentato dall'impossibilità per il personale ispettivo di applicare la sanzione amministrativa introdotta nell'art. 5, comma 4 septies del D.L. 34/2014, convertito dalla L. n. 78/2014, in quanto tale norma si riferisce esclusivamente al contratto a tempo determinato.
Pertanto, in caso di violazione dei limiti percentuali previsti dalla contrattazione collettiva, non potranno essere applicate le sanzioni introdotte dal predetto articolo 5, rimanendo, al contrario in vigore, per tale tipologia contrattuale unicamente le sanzioni amministrative previste dall'art. 18, comma 3, del D. Lgs. n. 276/2003.
CONTRATTO DI APPRENDISTATO
Con riferimento alla forma richiesta per l'instaurazione del contratto di apprendistato, il D.L. 34/2014, convertito nella L. 78/2014, richiede oltre alla forma scritta del contratto e del patto di prova, anche quella del Piano Formativo Individuale, seppur in forma sintetica.
A tale proposito, il Dicastero chiarisce che, seppur sia venuto meno il termine di 30 giorni per la sua elaborazione, laddove la contrattazione collettiva nazionale lo preveda, tale termine dovrà essere rispettato.
Pertanto, poiché il D.Lgs. n. 176/2011 attribuisce alla contrattazione collettiva nazionale ampia delega in materia, i termini previsti nel CCNL Terziario per la predisposizione del Piano formativo individuale continueranno a trovare piena applicazione.
La circolare ministeriale fornisce anche chiarimenti in merito alla clausola di stabilizzazione degli
apprendisti.
In particolare, superando una precedente interpretazione, la cui incongruenza era stata fortemente evidenziata da Confcommercio nelle sedi ministeriali, viene precisato che la sanzione "trasformativa" in caso di violazione della clausola di stabilizzazione potrà trovare applicazione unicamente nei confronti dei datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti.
Ciò in quanto la normativa introduce una limitazione alla delega già conferita alle parti sociali, che potranno introdurre clausole modificative del regime legale esclusivamente nei confronti di tali datori di lavoro.
Pertanto, pur restando ferma la validità delle percentuali di stabilizzazione previste nel CCNL Terziario, la trasformazione del contratto di apprendistato in contratto a tempo indeterminato potrà operare unicamente nei confronti di quei datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti e che violino il limite dell'80% previsto dal CCNL Terziario. Mentre invece, il suddetto limite contrattuale, come pure quello legale (20%), non operano alcune effetto sanzionatorio trasformativo nelle imprese che occupino fino a 50 dipendenti.
Con riferimento alle modifiche introdotte in materia di apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale, la circolare ministeriale chiarisce che la determinazione del compenso introdotta nel novellato art. 3 del D. Lgs. n. 167/2011 costituisce un limite minimo retributivo sul quale la contrattazione collettiva potrà operare unicamente modifica in melius.
Tale limite minimo è costituito dalla sommatoria delle ore di lavoro effettivamente prestate, nonché del 35% delle ore di formazione.
Viene, inoltre, ammessa la possibilità, anche per tale tipologia di apprendistato, di un utilizzo anche a tempo determinato e, quindi, per le attività stagionali.
Per quanto concerne la formazione trasversale e di base prevista per il contratto di apprendistato professionalizzante, viene riconfermata l'obbligatorietà, subordinandola alla sussistenza dei seguenti specifici criteri:
• venga disciplinata come obbligatoria a livello regionale:
• sia realmente disponibile;
• ovvero in via sussidiaria sia definita obbligatoria dalla disciplina contrattuale vigente.
Pertanto, i datori di lavoro saranno tenuti a far svolgere agli apprendisti la formazione trasversale e di base unicamente nel caso in cui la stessa sia stata definita come obbligatoria a livello regionale ed abbiano ricevuto entro 45 giorni dalla comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro comunicazione sulle modalità di svolgimento dell'offerta formativa pubblica (ivi compresi le sedi ed il calendario delle attività previste).
In caso contrario il mancato svolgimento, atteso che il CCNL Xxxxxxxxx non definisce tale attività
obbligatoria, non potrà essere sanzionato dal personale ispettivo.
Da ultimo, il dicastero evidenzia come durante la fase transitoria debbano essere fatti salvi gli effetti prodotti. Pertanto, nel periodo 21 marzo – 19 maggio 2014 l'eventuale mancata formalizzazione del piano formativo individuale ovvero il mancato rispetto delle clausole di stabilizzazione non possono produrre alcun effetto sul piano sanzionatorio.
Il Responsabile Xxxx. Xxxxx Xxxxxxxxxx