Fumo passivo Clausole campione

Fumo passivo. I primi studi epidemiologici sulla relazione tra tumore polmonare ed esposizione a fumo passivo sono del 1981. Xxxxxxxx riportò i risultati di uno studio prospettico condotto su una coorte di 91.540 donne non fumatrici in Giappone: i rapporti standardizzati di mortalità (SMR) per tumore del polmone aumentavano in modo statisticamente significativo con la quantità di sigarette fumate dal coniuge. Nel 1986, sulla base delle evidenze epidemiologiche disponibili, vennero pubblicati tre rapporti che concludevano che il fumo passivo è una causa del tumore polmonare. L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) dell'Organizzazione mondiale della sanità concludeva che "il fumo passivo fa aumentare il rischio di cancro". Nello stesso anno, anche due rapporti americani, rispettivamente del National Research Council e del Surgeon General, conclusero che il fumo passivo aumenta l'incidenza di tumore del polmone tra i non fumatori. Nel 1992, l'Environmental Protection Agency (EPA), sulla base di una meta-analisi degli studi pubblicati fino a quel momento, classificò il fumo passivo come carcinogeno di classe A, cioè un carcinogeno umano noto. Complessivamente, l'analisi trovò un rischio significativamente più elevato di tumore polmonare in donne non fumatrici sposate con uomini fumatori. Molti altri studi sono stati pubblicati negli Stati Uniti. Lo studio multicentrico di Xxxxxxx e coll. è il più grande rapporto americano ad oggi con 651 casi e 1.253 controlli. Lo studio ha messo in evidenza un aumento significativo del rischio relativo complessivo. Dallo studio risultò anche un rischio statisticamente significativo associato ad esposizione al fumo passivo in ambiente lavorativo. Infine, recentemente sono stati pubblicati i risultati di uno studio multicentrico condotto in Europa, coordinato dalla IARC, al quale ha partecipato l'Italia con tre centri (Torino, Veneto e Roma), che ha confermato l'aumento di rischio per l'esposizione al fumo del coniuge e l'esposizione al fumo passivo in ambienti di lavoro.
Fumo passivo. 5.13 Irrilevanza dell’omessa contestazione da parte dell’organo di vigilanza
Fumo passivo. In base alle norme costituzionale e di legge vigenti (art. 32 Cost., art. 2087 C.C., articoli 1, 3, 4, 31 D. Lgs. n. 626/94, art. 9 D.P.R. n. 303/1956) i datori di lavoro “devono attivarsi per verificare che in concreto la salute dei lavoratori sia adeguatamente tutelata” e quindi devono proteggere in via preventiva i non fumatori nei luoghi di lavoro. La prescrizione è “soddisfatta quando, mediante una serie di misure adottate secondo le diverse circostanze, il rischio derivante dal fumo passivo, se non eliminato, sia ridotto ad una soglia talmente bassa da far ragionevolmente escludere che la loro salute sia messa a repentaglio”, sentenza n. 399 dell'11 dicembre 1996 (depositata il 20 dicembre 1996) della Corte Costituzionale (Pres. Granata).
Fumo passivo. In tutte le sedi di lavoro è vietato fumare nel rispetto delle norme vigenti.

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  • Somministrazione di lavoro a tempo determinato Ferme restando le ragioni di instaurazione di contratti di somministrazione a tempo determinato previste dalla normativa vigente, le parti convengono che l’utilizzo complessivo di tutte le tipologie di contratto di somministrazione a tempo determinato non potrà superare il 15% annuo dell’organico a tempo indeterminato in forza nell’unità produttiva, ad esclusione dei contratti conclusi per la fase di avvio di nuove attività di cui all’art. 67 e per sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto. Nelle singole unità produttive che occupino fino a quindici dipendenti è consentita in ogni caso la stipulazione di contratti di somministrazione a tempo determinato per due lavoratori. Nelle singole unità produttive che occupino da sedici a trenta dipendenti è consentita in ogni caso la stipulazione di contratti di somministrazione a tempo determinato per cinque lavoratori. Nelle unità produttive che occupino fino a quindici dipendenti è consentita in ogni caso la stipulazione complessivamente di contratti a tempo determinato o somministrazione per sei lavoratori.

  • Prestazione lavorativa I rapporti di telelavoro possono essere instaurati ex novo oppure trasformati, rispetto ai rapporti in essere svolti nei locali fisici dell'impresa. Resta inteso che la telelavoratrice o il telelavoratore è in organico presso l’unità produttiva di origine, ovvero, in caso di instaurazione del rapporto ex novo, presso l’unità produttiva indicata nella lettera di assunzione. I rapporti di telelavoro saranno disciplinati secondo i seguenti principi: