Common use of LA CORNICE DI RIFERIMENTO E GLI ELEMENTI IN GIOCO Clause in Contracts

LA CORNICE DI RIFERIMENTO E GLI ELEMENTI IN GIOCO. Il processo di innovazione del welfare corre parallelo alla valorizzazione del ruolo svolto dalla famiglia ed alla centralità del sistema integrato dei servizi sociali. Nel nostro modello di welfare il settore socio-assistenziale e socio-sanitario, nonostante una evoluzione positiva dello scenario che ha investito soprattutto la dimensione territoriale a seguito dei processi di riforma avviati negli ultimi vent’anni, ha ancora carattere residuale e viene lasciato per lo più alle responsabilità di cura dei familiari ed a quote rilevanti di spesa privata. L’onere che pesa sulle famiglie, compensato solo parzialmente dal tradizionale orientamento verso i trasferimenti monetari, si contrappone ad una richiesta crescente rivolta alla presenza ed alla qualità dei servizi, all’accesso unitario al sistema, alla presa in carico a garanzia della continuità assistenziale. Lo attesta, per un verso la quota ridotta di spesa per prestazioni di tipo socio-assistenziale sul complesso della spesa per il welfare (soltanto l’8,3% di quella complessiva peraltro ferma da anni al 2,21% del PIL) per l’altro la tipologia di interventi finanziati, che per ben il 76,2% è composta di prestazioni monetarie e solo per il 23,8% da servizi Inoltre, confrontando la spesa sociale italiana con quella degli altri paesi UE, il nostro Paese appare caratterizzato da prestazioni sociali ancora troppo legate alla posizione lavorativa, da carenza di misure coerenti di contrasto alla povertà ed esclusione (in Italia il rischio di povertà diminuisce di soli 4 punti dopo i trasferimenti, mentre in Europa di 10), dal preponderante affidamento della cura alla rete intra-familiare e dall’assenza di investimenti e politiche mirate e di supporto alla natalità. Il processo di riforma avviato con la Legge 328/2000 intendeva superare questi limiti, definendo un sistema nazionale di interventi e servizi sociali universalistico, da integrare con quello sanitario formativo e del lavoro e fortemente partecipato dai corpi intermedi. Il Fondo Nazionale doveva rappresentare lo strumento intorno al quale costruire processi di programmazione, strutturazione amministrativa, innovazione degli interventi e perequazione delle risorse. Questi obiettivi sono stati raggiunti molto parzialmente, sia a causa delle modifiche costituzionali che hanno indebolito l’iniziativa politico amministrativa centrale e determinato difficili rapporti tra livelli istituzionali, sia per la ri-articolazione ed instabilità delle linee di finanziamento che non hanno determinato quello sviluppo armonico della governance del welfare socio sanitario tra Stato, Regioni e Comuni. La spesa per servizi ed interventi sociali territoriali di pertinenza dei Comuni resta una quota minoritaria (secondo l’Istat ammontava nel 2006 a poco meno di 6 miliardi di euro) ed al suo interno fortemente sperequata tra nord e sud ma anche tra Comuni di grandi e piccole dimensioni, non si integra con le prestazioni nazionali, non sembra favorire processi di coordinamento tra questa e quella out of pocket delle famiglie. Le diseguaglianze che ne derivano sono poi accentuate dalla diversa efficienza delle strutture istituzionali e dalla gestione del complesso delle politiche socio sanitarie effettuate dalle istituzioni regionali e locali. In questo quadro diventa urgente e coerente con il processo di federalismo fiscale, rilanciare i principi ispiratori della Legge di riforma dei servizi sociali ed avviare con maggiore convinzione il percorso per una compiuta definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali,che non possono esaurirsi nel solo riconoscimento dei diritti sociali garantiti attualmente dal livello nazionale, e prevedere il loro adeguato finanziamento sulla base dei fabbisogni e dei costi standard. Questo processo deve essere coordinato strettamente con quello relativo ai Lea sanitari, sia per riproporre la centralità della persona e dei suoi bisogni, la promozione dell’invecchiamento attivo e la considerazione dell’anziano come risorsa, ma anche per ridefinire un sistema meno frammentato dell’attuale tra i diversi attori che gestiscono quote di finanziamento in maniera spesso autoreferenziale e concentrare così la spesa su obiettivi condivisi, rendendola più efficiente ed efficace. La concertazione locale è il livello di governance in cui il focus di azione può essere sulle politiche a favore della famiglia. E’ il livello in cui la dimensione di appartenenza relazionale ad una comunità e trasversale ad un territorio forniscono la chiave di lettura sia per l’accoglimento dei bisogni espressi che per la costruzione collettiva di risposte. L’impegno sinergico nella contrattazione aziendale e nella concertazione locale, a partire dall’analisi dei bisogni rilevati nei luoghi di lavoro e nei luoghi di costruzione della cittadinanza, può offrire in questa direzione spazi di intervento realmente nuovi all’azione sindacale. Particolare rilevanza per le famiglie oggi rivestono i temi legati al contrasto alla povertà e alla creazione di politiche organiche a supporto di non autosufficienti e infanzia per consentire la costruzione di un equilibrio dei tempi di vita e di lavoro.

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LA CORNICE DI RIFERIMENTO E GLI ELEMENTI IN GIOCO. Il processo L’invarianza sostanziale del tasso di innovazione disoccupazione stimato a maggio dall’ISTAT (8,7%) e l’arretramento di quei pur timidi segnali di aumento dell’occupazione registrati invece nel mese precedente, confermano tutta l’instabilità che la crisi ha scaricato sulle dinamiche del welfare corre parallelo alla valorizzazione mercato del ruolo svolto dalla famiglia ed alla centralità lavoro nazionale, seppure in un quadro europeo che desta maggiori preoccupazioni, con un tasso medio di disoccupazione del sistema integrato dei servizi sociali10,1%. Nel nostro modello di welfare il settore socio-assistenziale La vera emergenza, però, è rappresentata dall’aggravarsi della disoccupazione giovanile (29,2%), e socio-sanitario, nonostante una evoluzione positiva dello scenario che ha investito soprattutto la dimensione territoriale a seguito dei processi di riforma avviati negli ultimi vent’anni, ha ancora carattere residuale e viene lasciato per lo più alle responsabilità di cura dei familiari ed a quote rilevanti di spesa privata. L’onere che pesa sulle famiglie, compensato solo parzialmente dal tradizionale orientamento verso i trasferimenti monetari, si contrappone ad una richiesta crescente rivolta alla presenza ed alla qualità dei servizi, all’accesso unitario al sistema, alla presa in carico a garanzia della continuità assistenziale. Lo attesta, per un verso la quota ridotta di spesa per prestazioni di tipo socio-assistenziale sul complesso della spesa per il welfare (soltanto l’8,3% di quella complessiva peraltro ferma da anni al 2,21% del PIL) per l’altro la tipologia di interventi finanziati, che per ben il 76,2% è composta di prestazioni monetarie e solo per il 23,8% da servizi Inoltre, confrontando la spesa sociale italiana con quella degli altri paesi UE, il nostro Paese appare caratterizzato da prestazioni sociali ancora troppo legate alla posizione lavorativa, da carenza di misure coerenti di contrasto alla povertà ed esclusione femminile (in Italia il rischio di povertà diminuisce di soli 4 punti dopo i trasferimenti, mentre in Europa di 1010,1%), dal preponderante affidamento della cura alla rete intra-familiare e dall’assenza di investimenti e politiche mirate e di supporto alla natalità. Il processo di riforma avviato con la Legge 328/2000 intendeva superare questi limiti, definendo un sistema nazionale di interventi e servizi sociali universalistico, da integrare con quello sanitario formativo e una forte incidenza nella realtà del lavoro e fortemente partecipato dai corpi intermedi. Il Fondo Nazionale doveva rappresentare lo strumento intorno al quale costruire processi di programmazione, strutturazione amministrativa, innovazione degli interventi e perequazione delle risorse. Questi obiettivi sono stati raggiunti molto parzialmente, sia a causa delle modifiche costituzionali che hanno indebolito l’iniziativa politico amministrativa centrale e determinato difficili rapporti tra livelli istituzionali, sia per la ri-articolazione ed instabilità delle linee di finanziamento che non hanno determinato quello sviluppo armonico della governance del welfare socio sanitario tra Stato, Regioni e Comuni. La spesa per servizi ed interventi sociali territoriali di pertinenza dei Comuni resta una quota minoritaria (secondo l’Istat ammontava nel 2006 a poco meno di 6 miliardi di euro) ed al suo interno fortemente sperequata tra nord e sud ma anche tra Comuni di grandi e piccole dimensioni, non si integra con le prestazioni nazionali, non sembra favorire processi di coordinamento tra questa e quella out of pocket delle famiglie. Le diseguaglianze che ne derivano sono poi accentuate dalla diversa efficienza delle strutture istituzionali e dalla gestione del complesso delle politiche socio sanitarie effettuate dalle istituzioni regionali e localiSud. In questo quadro, pertanto, occorre attuare rapidamente le misure e gli strumenti di politica attiva per la formazione ed il reimpiego individuati dall’Accordo sulla formazione dello scorso febbraio, attivando in tutte le regioni le sedi di concertazione tra istituzioni e parti sociali, per definire, nel quadro diventa urgente delle specificità locali, le priorità, le modalità di intervento, incluse le azioni di verifica e coerente monitoraggio, nonché le necessarie risorse finanziarie e strumentali. Un percorso concertativo che si rivelerà tanto più efficace quanto più solido e funzionale sarà il raccordo, strategico ed operativo, del livello nazionale con quello regionale e territoriale, che comunque rappresenta la sede decisiva per l’attivazione concreta, il processo monitoraggio e la valutazione delle politiche. Un ruolo esplicito, quello del territorio e, in esso, dei soggetti firmatari degli accordi sugli ammortizzatori sociali, che la Cisl ha fortemente rivendicato per rafforzare il valore complementare e integrato di federalismo fiscalequeste iniziative rispetto a quelle derivanti dagli accordi tra Regioni e parti sociali attuativi dell’intesa nazionale del febbraio 2009. La centratura territoriale, rilanciare i principi ispiratori della Legge come sede di riforma governance e ambito di attuazione, consentirà inoltre di attivare, con modalità realmente aderenti ai fabbisogni e alle potenzialità locali, le necessarie sinergie con la rete degli operatori, pubblici e privati accreditati, dei servizi sociali ed avviare con maggiore convinzione per il percorso per una compiuta definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali,che non possono esaurirsi nel solo riconoscimento dei diritti sociali garantiti attualmente dal livello nazionale, e prevedere il loro adeguato finanziamento sulla base dei fabbisogni e dei costi standard. Questo processo deve essere coordinato strettamente con quello relativo ai Lea sanitari, sia per riproporre la centralità della persona e dei suoi bisogni, la promozione dell’invecchiamento attivo e la considerazione dell’anziano come risorsa, ma anche per ridefinire un sistema meno frammentato dell’attuale tra i diversi attori che gestiscono quote di finanziamento in maniera spesso autoreferenziale e concentrare così la spesa su obiettivi condivisi, rendendola più efficiente ed efficace. La concertazione locale è il livello di governance in cui il focus di azione può essere sulle politiche a favore della famiglia. E’ il livello in cui la dimensione di appartenenza relazionale ad una comunità e trasversale ad un territorio forniscono la chiave di lettura sia per l’accoglimento dei bisogni espressi che per la costruzione collettiva di risposte. L’impegno sinergico nella contrattazione aziendale e nella concertazione locale, a partire dall’analisi dei bisogni rilevati nei luoghi di lavoro e nei luoghi di costruzione della cittadinanzaformazione professionale, può offrire in questa direzione spazi di intervento realmente nuovi all’azione sindacale. Particolare rilevanza per le famiglie oggi rivestono i temi legati al contrasto alla povertà e alla creazione di politiche organiche a supporto di non autosufficienti e infanzia per consentire la costruzione di un equilibrio dei tempi di vita e di lavorononché delle strutture della bilateralità, cui concretamente potrà essere demandata l’attuazione degli interventi.

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