PROTOCOLLO DIAGNOSTICO TERAPEUTICO DELLO SCREENING PER LA DIAGNOSI PRECOCE DEI TUMORI DELLA MAMMELLA
Assessorato Politiche per la salute
PROTOCOLLO DIAGNOSTICO TERAPEUTICO DELLO SCREENING PER LA DIAGNOSI PRECOCE DEI TUMORI DELLA MAMMELLA
DELLA REGIONE XXXXXX-ROMAGNA
4a edizione – Anno 2012
Si ringraziano i professionisti che hanno contribuito alla stesura del protocollo:
Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx - Azienda USL di Modena
Xxxxxxxxx Xxxxxxx - Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara Xxxxxxx Xxxxxxxx – Azienda Usl di Modena
Xxxx Xxxxxxxx - Azienda USL di Bologna Xxxxxx Xxxxxxx - Azienda USL di Modena
Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxx - Azienda USL di Bologna Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx - Azienda USL di Modena Xxxxxxxx Xxxxxx - Azienda USL di Bologna
Xxxxxxx Xxxxx - Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara Xxxxx Xxx Xxxxxxxx - Azienda USL di Bologna
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx - Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena Xxxxxxxxx Xxxxxx - Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Xxxxx Xxxxx – Azienda USL di Modena
Xxxxxxx Xxxxx - Xxxxxxx Usl di Modena
Xxxxxxxx Xxxxxx - Xxxxxxx Ospedaliero-Universitaria di Parma Xxxxx Xxxxxxxxx - Azienda USL di Modena
Xxxxxxxx Xxxxx - Azienda USL di Modena
Xxxxxxxxx Xxxxx - Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Xxxxxx Xxxxxxxx - Azienda USL di Bologna
Xxxxxxx Xxxxxxxxx – Azienda USL di Bologna
Xxxxx Xxxxxxxxxx - Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Xxxxxxx Xxxxxxx - Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna
Redazione a cura di
Xxxxx Xxxxxxx, Xxxx Xxxxxx Xxxxxxxxx
Direzione Generale Sanità e Politiche sociali - Regione Xxxxxx-Romagna
Redazione e impaginazione a cura di:
Xxxxxxx Xxxxxxx
Direzione Generale Sanità e Politiche sociali - Regione Xxxxxx-Romagna
Centro Stampa Giunta, Regione Xxxxxx-Romagna, Bologna - Marzo 2012
Indice
PRIMO E SECONDO LIVELLO DIAGNOSTICO . - 5 -
REFERTAZIONE...................................................................................................................... - 11 - SECONDO LIVELLO DIAGNOSTICO (ASSESSMENT) .................................................... - 13 -
NUOVE TECNOLOGIE RADIOLOGICHE: QUALE USO NELLO SCREENING.......................................................................................................... - 23 -
TOMOSINTESI DIGITALE MAMMARIA ............................................................................. - 26 -
CITOISTOPATOLOGIA ....................................................................................... - 30 - DIAGNOSI CITOPATOLOGICA PREOPERATORIA MAMMARIA ................................. - 32 - PERFORMANCE QUALITATIVA DELLA DIAGNOSTICA CITOPATOLOGICA ........... - 34 - DIAGNOSI ISTOLOGICA MAMMARIA PREOPERATORIA ............................................. - 39 - ESAME MACROSCOPICO E CAMPIONAMENTO DEL MATERIALE CHIRURGICO
DELLA MAMMELLA.............................................................................................................. - 45 - CLASSIFICAZIONE DEI TUMORI DELLA MAMMELLA (ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ 2003 & AFIP 2009) ............................................................... - 56 - CHECK LISTS .......................................................................................................................... - 58 - CAMPIONAMENTO DEI LINFONODI ASCELLARI........................................................... - 63 - IL MANAGEMENT E LA DIAGNOSI ANATOMO-PATOLOGICA DEL LINFONODO SENTINELLA (SN) ASCELLARE NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA ................. - 63 - VALUTAZIONE E REFERTAZIONE DEI DATI PROGNOSTICI/PREDITTIVI ................ - 71 - TNM MAMMELLA VII Edizione ........................................................................................... - 76 - STADIAZIONE ANATOMO-PATOLOGICA POST CHEMIOTERAPIA
NEO-ADIUVANTE................................................................................................................... - 79 -
TRATTAMENTO CHIRURGICO ........................................................................ - 86 - TRATTAMENTO CHIRURGICO DEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA................... - 89 - BIOPSIA DEL LINFONODO SENTINELLA.......................................................................... - 96 -
MEDICINA NUCLEARE................................................................................... - 104 -
RADIOTERAPIA ................................................................................................ - 110 - TERAPIA MEDICA PRIMARIA E ADIUVANTE............................................ - 122 -
PRIMO E SECONDO LIVELLO DIAGNOSTICO
Coordinatrice percorso diagnostico senologico: Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx Fisica sanitaria: Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx
TSRM: Xxxxx Xxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxx
Hanno contribuito alla stesura di questo capitolo:
- Xxxx Xxxxxxxx
- Xxxxxxx Xxxxxxxx
- Xxxxxx Xxxxxxx
- Xxxxx Xxxxxxxxx
- Xxxxxxx Xxxxx
MAMMOGRAFIA E SECONDO LIVELLO DIAGNOSTICO (ASSESSMENT)
Tutte le attività (formazione del personale, esecuzione del test, processo di produzione delle immagini, interpretazione del test), devono essere sottoposte a continue verifiche di qualità.
PRESTAZIONE MEDICA
Per ottenere una prestazione medica di buon livello è necessario:
• formazione del personale: tutti i radiologi che operano nello screening devono aver partecipato a corsi di formazione professionale presso centri qualificati
• valutazione continua di sensibilità e specificità della diagnosi e confronto con i risultati di altri centri di screening
• doppia lettura indipendente dei mammogrammi e, ove possibile, una revisione, da parte di un terzo lettore, nei casi discordanti
• adeguata esperienza: ogni radiologo deve leggere un numero minimo di mammografie all’anno (5.000)
• riunioni di revisione interna e di tipo multidisciplinare.
Sarebbe inoltre auspicabile, per mantenere sempre alta la qualità, che il personale visiti altri centri di screening e che riceva i colleghi del centro di riferimento o di qualche altro centro maggiore.
Ogni singolo programma di screening deve avere un responsabile della supervisione locale del programma di Quality Assurance (QA) che raccolga, in modo sistematico e periodico, gli "indicatori di qualità" per gli aspetti radiologici.
I principali "indicatori di qualità" valutati globalmente e per alcuni di essi anche per singolo radiologo-lettore sono:
1) Tasso di richiamo: per i primi esami è accettabile un tasso di richiami < al 7%, desiderabile
< 5%; per gli esami successivi il tasso di richiami accettabile è < 5%, desiderabile < 3%;
2) Tasso di richiami intermedi anticipati globali < 1%;
3) Detection rate x 1000 : si suggerisce il calcolo, nessuno standard di riferimento;
4) Valore predittivo positivo del test di screening: si suggerisce il calcolo, nessuno standard di riferimento;
5) Tasso di identificazione tumori invasivi ≤ 10 mm.: viene suggerito il calcolo: nessuno standard
6) Rapporto biopsie chirurgiche benigne/maligne: primi esami: accettabile≤ 1:1; desiderabile
:0,5:1; esami successivi: accettabile≤ 0,5:1; desiderabile: ≤0.25:1
7) Proporzione di tumori in situ: primi esami e successivi : accettabile 10%; desiderabile 10-20% ( primi esami e successivi):
8) Proporzione di tumori invasivi con linfonodi negativi: primi esami: accettabile ≥ 70%; desiderabile > 70%; esami successivi: accettabile ≥ 75%; desiderabile: > 75%
9) Proporzione di di tumori di stadio II e più: primi esami: accettabile ≤ 30%, desiderabile
< 30%; esami successivi: accettabile ≤ 25% , desiderabile< 25%
10) Intervallo Mx-referto negativo: 90% entro 21 accettabile (R.E.R.); Standard GISMA: 90% entro 15 giorni
11) Intervallo Mx-approfondimenti: primi esami e successivi: desiderabile 90% entro 28 giorni (standard R.E.R.); 90% entro 20 giorni ( standard GISMA).
12) Revisione e classificazione dei carcinomi d' intervallo
PRESTAZIONE TECNICA
Per ottenere una prestazione professionale di buon livello è necessario che il personale tecnico sia opportunamente preparato. A tale scopo il Gruppo di Lavoro TRSM , supportato da un referente di ogni Centro di Screening, predispone un programma di formazione e addestramento continuo che comprende gli aspetti tecnici e psico-relazionali.
La formazione continua comprende sia programmi di aggiornamento teorici e pratici sui controlli di qualità pertinenti il personale TSRM, sia l'addestramento teorico e pratico per tecnologie più complesse (come indicato nel documento contenente i Requisiti Minimi per l’Accreditamento del Programma di Screening Mammografico della Regione Xxxxxx-Romagna)
Indicatori di qualità:
• non più del 3% delle donne deve ripetere l’esame per difetti tecnico-metodologici
• più del 97% delle donne deve avere un esame accettabile
• più del 97% delle donne deve essere soddisfatto del test di screening effettuato e dell’operatore tecnico con il quale si sono rapportate
• tutte le donne devono essere informate dal tecnico sulle modalità di effettuazione del test che stanno per eseguire e sui tempi di risposta.
Sarebbe inoltre auspicabile confrontarsi con la realtà operativa di altri centri di screening a livello nazionale e con esperienza pluriennale.
Il personale del centro di riferimento per i controlli di qualità guida il monitoraggio della qualità tecnica delle mammografie attraverso audit attivati presso ogni Centro screening, coordinati e condivisi dal Referente TSRM.
I risultati complessivi, la eventuale modulazione dei correttivi e del successivo monitoraggio vengono condivisi in riunioni periodiche del Gruppo di Lavoro.
All’interno del gruppo Controlli di Qualità per il programma di Screening Mammografico Regionale è operativo il Gruppo Fisici: esso è costituito da tutti gli Esperti in Fisica Medica (EFM) referenti dei programmi di screening mammografici provinciali presenti in Regione.
Il Gruppo Fisici, coordinato dal Servizio di Fisica Sanitaria afferente al Centro di Riferimento, ha lo scopo di armonizzare i protocolli adottati nei vari programmi di screening mammografico regionali che contengono le procedure operative con cui eseguire i Controlli di Qualità delle attrezzature, di redigere un Report regionale periodico sulla qualità delle attrezzature e di effettuare un monitoraggio della dose erogata alle pazienti. Il Gruppo condivide le esperienze maturate all’interno di un workshop che si svolge annualmente.
La qualità della prestazione di screening mammografico dipende in uguale misura dai seguenti fattori:
• addestramento, esperienza e motivazione del personale
• attrezzature
• verifica periodica della conformità dei parametri di qualità delle attrezzature
• capacità relazionali del personale
Per verificare il livello della qualità percepita dalle donne relativamente alla prestazione tecnica devono essere predisposte periodicamente delle indagini dedicate.
CONTROLLO TECNICO DI QUALITÀ
Come riportato nei RAPPORTI ISTISAN 07/26, il DLgs 187/2000 stabilisce che il Responsabile dell’Impianto Radiologico, avvalendosi dell’Esperto in Fisica Medica (EFM), provveda affinché siano intrapresi adeguati programmi di garanzia della qualità, siano effettuate prove di accettazione
Le prove di accettazione e di funzionamento su ogni apparecchiatura, descritte in appositi protocolli, sono effettuate a cura dell’Esperto in Fisica Medica e, in base ai risultati delle prove, il Responsabile dell’Impianto esprime il giudizio di idoneità all’uso clinico.
Tali controlli di qualità coinvolgono comunque, operativamente e costantemente, il Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (TSRM).
Non può essere messo in uso clinico alcun apparecchio radiologico per il quale il Responsabile dell’Impianto radiologico non abbia espresso il “Giudizio di Idoneità”.
In Regione Xxxxxx-Romagna, a partire dal 2004, è iniziata una graduale digitalizzazione dei programmi di screening mammografici attivi sul territorio, ovvero si è passati dall’impiego di apparecchiature radiologiche analogiche (mammografia film-screen) ad attrezzature digitali: esse si suddividono in mammografi digitali con rivelatore digitale integrato (sistemi DR) oppure mammografi analogici digitalizzati con sistemi che utilizzano i lettori di cassette ai fosfori (sistemi CR).
Per i Centri ancora operanti con sistemi film-screen è rimasto valido il protocollo condiviso dal Gruppo Fisici della Regione “Linea Guida per Controllo di Qualità Mammografo Analogico”, che si avvale, come documenti di riferimento, della normativa italiana attuale (D.Lgs 187/00) e delle Linee Guida Europee (LGE).
Sono stati adottati da ciascun Centro protocolli per i controlli di qualità delle attrezzature digitali che si avvalgono, come documenti di riferimento del D.Lgs 187/00, per quanto applicabile, delle LGE IV Edizione e dei Manuali di Qualità delle attrezzature radiologiche prodotti dalle Ditte costruttrici, nonché di varia letteratura scientifica in materia pubblicata da enti scientifici internazionali (vedi Bibliografia). La periodicità dei controlli è rimasta quella indicata per i sistemi film-screen, ovvero sono previsti controlli annuali, controlli semestrali a cura degli EFM e controlli ad alta frequenza (giornalieri, settimanali e mensili) da eseguirsi a cura dei TSRM, sia per i sistemi DR che per i sistemi CR.
I protocolli in uso sono ancora in fase di evoluzione a causa della notevole variabilità delle tecnologie introdotte dalle Ditte costruttrici in ambito mammografico. Al fine di assicurare correttezza e omogeneità dei risultati, alcune misure che riguardano i target essenziali di qualità sono raccolti ed analizzati centralmente dal Centro di Coordinamento secondo le indicazioni riportate nelle LGE IV Ed.
Si raccomanda che in tutte le strutture di screening tutti i Tecnici siano abilitati ad eseguire i controlli di qualità, ma sia formalmente individuato un TSRM responsabile dei controlli di qualità e del corretto funzionamento delle attrezzature.
È importante registrare i problemi riscontrati sulle attrezzature, fermi macchina e variazioni significative sui controlli effettuati.
È necessario che il Responsabile dell’impianto radiologico o il Medico utilizzatore programmi il tempo occorrente per eseguire i controlli previsti, analizzi e valuti i dati che ne sono scaturiti e decida pertanto le misure correttive appropriate.
PRIMO LIVELLO ( MAMMOGRAFIA)
Il primo livello è costituito dalla mammografia effettuata dal tecnico di radiologia in duplice proiezione (CC e MLO).
Attualmente nei centri di screening si utilizza oltre alla tecnologia screen-film anche la tecnologia digitale: sistemi DR e sistemi CR. È auspicabile che i centri dotati di sistemi DR siano dotati
prevalentemente di mammografi con flat-panel 24x30: ciò permette di ridurre la dose alle pazienti e disporre di una ottimale qualità iconografica delle immagini.
La refertazione, nel caso della mammografia digitale, può avvenire sia su sistemi soft-copy (Work- station) che su sistemi hard-copy (radiogrammi prodotti da stampanti laser). In caso di refertazione soft-copy occorre utilizzare monitor con risoluzione non inferiore a 3Mpx, ottimale se è 5Mpx.
Nei centri di screening mammografico in cui è presente un sistema RIS-PACS integrato per l'archiviazione delle immagini e dei referti è necessario effettuare da parte dell’EFM in collaborazione con il TSRM referente il test di consistenza della qualità iconografica delle immagini sulle Work-Station utilizzate per la refertazione.
Inoltre per assicurare che la procedura di acquisizione ed archiviazione delle immagini, ovvero che l’associazione delle immagini all’anagrafica del paziente avvenga in modo corretto, è necessario istituire una figura professionale denominata “Amministratore di Sistema” con opportuna preparazione e con il compito di supervisionare tale procedura ad ulteriore garanzia della qualità dell’esame radiologico. Considerando che la tecnologia digitale progressivamente sostituirà in tutti i centri di screening la tecnologia analogica, si consiglia pertanto, per operare una scelta corretta, di avvalersi di studi HTA (Health Technology Assessment) effettuati sui vari sistemi digitali mammografici immessi in commercio. Si fa notare a tal proposito che nel caso di apparecchi digitalizzati con sistemi CR non è rilevabile a tutt’oggi una reale riduzione dei tempi di esecuzione dell’esame; in alcuni casi si sono evidenziati difficoltà di ottimizzazione sia della dose che della qualità dell’immagine.
FASE PRELIMINARE ALL’ESAME MAMMOGRAFICO
Il tecnico, che deve essere chiaramente identificabile, accoglie la donna e le fornisce tutte le informazioni relative a:
• modalità di effettuazione del test mammografico incluso il numero di proiezioni
• importanza di una corretta compressione
• modalità di notifica dei risultati
Xxx non sia presente un Front Office il Tecnico deve fornire alla donna informazioni sul percorso di Screening.
COMPILAZIONE DELLA SCHEDA INFORMATIVA
Prima di sottoporre la donna al test mammografico, il tecnico provvede alla compilazione della scheda informativa che sarà allegata alla prestazione e successivamente inviata al medico radiologo.
In questa scheda dovranno essere riportate le seguenti informazioni:
• dati anagrafici della donna
• sede e data di esecuzione del test
• notizie anamnestiche (familiarità, patologia mammaria ecc.)
• annotazione di eventuali alterazioni cutanee (cicatrici, nei, ecc.)
• presenza o meno di sintomi mammari
• stato mestruale
• terapia ormonale sostitutiva e durata
• data e luogo di mammografie precedenti
• identificazione del tecnico
EFFETTUAZIONE DEL TEST
Il TSRM effettua la mammografia in duplice proiezione assicurandosi che l’identificazione
dell'utente sia corretta. È opportuno assicurarsi che la donna sia il più possibile a suo agio e informare le donne in età fertile sui rischi derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti.
Al termine della prestazione il TSRM verifica la qualità tecnica delle immagini prodotte.
Sui radiogrammi effettuati devono essere riportati i seguenti dati, ove possibile tecnicamente:
1) nome e cognome della donna
2) data di nascita
3) sede e data di esecuzione dell'esame
4) lato in esame e tipo di proiezione
5) modalità di esecuzione dell'esposizione, spessore del seno compresso in mm, Anodo, Filtro selezionati, kV e mAs erogati (per i mammografi analogici, quindi sia per la mammografia screen-film che per i sistemi CR, è possibile riportare in automatico questi dati sul radiogramma utilizzando appositi apparecchi; per i mammografi digitali con rivelatore integrato questi dati vengono sempre registrati in automatico nell'immagine DICOM prodotta)
6) stima della dose ghiandolare media erogata (questo dato viene riportato in automatico nell'immagine DICOM prodotta solo per i mammografi digitali con rivelatore integrato)
7) sigla dell’operatore.
In base al D.Lgs 187/00 devono essere in ogni caso registrati i parametri di esposizione del paziente.
COMPRESSIONE
Sia in mammografia screen-film che digitale è essenziale che la mammella venga compressa in modo adeguato per:
1) ridurre la dose assorbita diminuendo lo spessore della mammella
2) aumentare la definizione dell’immagine riducendo la sfumatura da movimento
3) ottenere una maggiore uniformità di annerimento
A tal fine è auspicabile esercitare una compressione non inferiore a 5 daN.
La compressione che la donna può tollerare è variabile: se ha un seno particolarmente sensibile si può rimandare l'esame ad un momento più congeniale per lei.
TECNICA DI ESPOSIZIONE
In mammografia screen-film con i moderni mammografi si utilizza la tecnica superautomatica: in base alle caratteristiche morfo-strutturali della mammella, il tecnico posiziona nel modo più idoneo la camera a ionizzazione del sistema automatico di esposizione (CAE) e automaticamente sarà stabilita la tensione del tubo (intervallo tipico 25-35 kV), lo spettro del fascio radiogeno (combinazioni Anodo-Filtro) e il tempo di esposizione in base alla taratura del CAE.
In mammografia digitale occorre distinguere se si impiega un mammografo con rivelatore integrato oppure un sistema CR dedicato per mammografia. Nel primo caso il software che regola il CAE è ottimizzato dalla ditta costruttrice per lo specifico rivelatore digitale integrato: lo sviluppo tecnologico ha portato ad utilizzare spettri con filtrazioni più elevate di quelli impiegati per la tecnologia screen-film (ad esempio Rh/Rh e W/Rh) per tutti gli spessori compressi. Nel secondo caso occorre ottimizzare il software che regola il sistema CAE del mammografo per il sistema CR specifico: ciò a volte è impossibile, in quanto il mammografo non dispone degli spettri radiogeni adatti.
Nelle pazienti con protesi mammaria si utilizza di regola la tecnica manuale sia in mammografia analogica che digitale: vengono impostati i kV e i mAs in base alla componente radiopaca (rapporto tessuto ghiandolare/protesi). In mammografia digitale sono previsti, su alcuni sistemi con rivelatore
integrato, alcuni programmi di esposizione automatici dedicati per le pazienti con protesi mammarie.
USO DELLA GRIGLIA
I moderni mammografi, anche quelli digitali, sono dotati di griglie mobili. La griglia comporta un aumento di dose ma riduce la radiazione diffusa, migliora il contrasto e offre immagini qualitativamente migliori.
PROIEZIONI STANDARD
• Proiezione cranio-caudale
• Proiezione medio-laterale-obliqua
1) Proiezione cranio-caudale
La proiezione cranio-caudale (CC) è complementare alla proiezione medio laterale obliqua in quanto non permette una completa visualizzazione della mammella a causa della conformazione del torace.
Si raccomanda di prestare maggior attenzione ai quadranti interni. I criteri di correttezza dell’immagine sono:
• simmetria delle immagini
• annerimento omogeneo
• dimostrazione dello spazio retro mammario
• capezzolo di profilo
• identificazione corretta.
• assenza di pieghe
• assenza di artefatti
2) Proiezione medio-laterale-obliqua
La proiezione medio laterale obliqua permette di visualizzare tutta la mammella, in particolare i quadranti esterni, i quadranti superiori ed il solco sottomammario.
L’angolazione dello stativo è di 45°, salvo casi particolari nei quali può essere opportuno variarla. I criteri di correttezza dell’immagine sono:
• simmetria delle immagini
• annerimento omogeneo
• capezzolo di profilo
• muscolo pettorale che si proietta formando un angolo di 90° con la linea che lo congiunge al capezzolo
• solco sotto mammario visibile e privo di pieghe
• identificazione corretta
• assenza di pieghe
• assenza di artefatti
REFERTAZIONE
È preferibile che sia la prima che la seconda lettura del test siano centralizzate. Se non è possibile
per la prima lettura, è necessario che almeno la seconda sia centralizzata così come dovrebbero esserlo gli approfondimenti ai test dubbi/positivi.
È inoltre auspicabile l’intervento di un terzo lettore nei casi discordanti. Si devono inoltre effettuare controlli periodici inter/intra radiologi.
La valutazione rappresenta l’ultimo anello della catena dell'ottimizzazione in mammografia ed è la sintesi della capacità professionale del radiologo. Essa è in funzione delle sue basi culturali, della qualità e della durata della sua formazione, della disponibilità di precedenti documenti radiologici e del costante raffronto tra segni mammografici e reperti anatomopatologici.
L’interpretazione si sviluppa attraverso alcune fasi fondamentali:
• controllo della qualità del radiogramma
• percezione
• analisi
• sintesi
CONTROLLO DELLA QUALITÀ DEL RADIOGRAMMA/IMMAGINE RADIOLOGICA
Riguarda essenzialmente il corretto posizionamento della mammella e l’ottimale esposizione, trattamento/elaborazione della mammografia. Bisogna ricercare sempre il massimo della qualità tecnica per minimizzare i possibili errori interpretativi legati ad un non corretto posizionamento o a errori di esposizione/trattamento/elaborazione del radiogramma.
Una buona mammografia deve consentire la massima visualizzazione di dettagli in ogni sua parte.
PERCEZIONE
Deve essere fatta una attenta osservazione sistematica comparativa delle due mammelle. Ogni radiologo deve acquisire un proprio schema di lettura dei mammogrammi che preveda l’osservazione in sequenza invariabile dell’intero mammogramma (ad esempio, maschere orizzontali ed oblique che scorrono gradualmente dall’alto in basso e dalla parete costale ai piani cutanei)
Ciò faciliterà la percezione di densità asimmetriche all’interno del parenchima da non confondere con artefatti o sovrapposizioni.
È bene non soffermarsi sul reperto più evidente trascurando di osservare l’intero esame.
ANALISI
Le lesioni riscontrabili sono: opacità nodulari, addensamenti asimmetrici, distorsioni parenchimali e microcalcificazioni. Per meglio definire tali alterazioni, potrà essere utile, in fase di approfondimento, eseguire particolari mirati in compressione e/o ingrandimenti diretti.
SINTESI
Il primo livello dell’attività di screening comporta la distinzione tra esami ritenuti negativi e quelli dubbi che richiedono ulteriori approfondimenti e quindi il richiamo della donna. In questa fase il radiologo può giovarsi della disponibilità di precedenti mammografie, ma deve utilizzare al meglio la propria esperienza ed il livello di conoscenza raggiunto.
È possibile schematizzare una griglia di conclusioni come segue:
mammelle normali o comunque nei limiti di norma
• presenza di lesione sicuramente benigna (non richiede ulteriori approfondimenti)
• presenza di lesione probabilmente benigna, sospetta o maligna (richiede ulteriori approfondimenti)
La risposta per la mammografia negativa, disponibile preferibilmente entro 21 giorni, deve essere standard e deve specificare chiaramente la negatività per lesioni neoplastiche, non segnalando alterazioni di tipo benigno. Il controllo deve essere effettuato dopo due anni (annuale nelle donne fra i 45 e i 49 anni). I cosiddetti “early rescreened”, richiami intermedi per effettuare una mammografia di 1° livello, non dovrebbero esistere (standard GISMa e LGE-IVEd).
SECONDO LIVELLO DIAGNOSTICO (ASSESSMENT)
Nel caso di test dubbi/positivi, è il Centro stesso che si mette in contatto con l’utente 1-2 giorni prima dell’appuntamento per l’approfondimento, completando, nel minor tempo possibile, tutte le procedure diagnostiche.
La necessità di richiamare la donna ad indagini di 2° livello deve essere guidata dal grado di sospetto mammografico da definirsi secondo una classificazione già standardizzata che consenta una comunicazione più rapida con gli altri specialisti (LGE-IVEd).
R1 : negativo
R2 : lesione con caratteristiche benigne (benigno)
R3 : presenza di anormalità di significato indeterminato (dubbio, probabilmente benigno) R4 : alterazioni sospette per malignità (sospetto)
R5 : alterazioni maligne (positivo)
La classificazione ACR-BIRADS, usata da alcuni in alternativa è in via di abbandono in quanto più complessa e poco riproducibile.
Analoga classificazione viene utilizzata anche per la successiva indagine ecografica (U1-U5), per la definizione delle classi citologiche (C1-C5) e istologiche (B1-B5), al fine di facilitare la comunicazione interdisciplinare. L’approfondimento diagnostico di 2° livello si avvale di procedure non invasive e invasive.
PROCEDURE NON INVASIVE
• Proiezioni mammografiche accessorie
• Esami mirati
• Ecografia
• Risonanza Magnetica
1) Proiezioni mammografiche accessorie
Proiezione medio-laterale (ML).
È ortogonale e complementare alla proiezione cranio caudale e dà la possibilità di una localizzazione spaziale di una eventuale lesione.
Proiezione latero-mediale (LM).
Si distingue dalla ML per la direzione del raggio principale, che incide lateralmente ed emerge medialmente. Si usa quando c’è un interesse ad avere la massima definizione dei quadranti interni.
Proiezioni cranio-caudali ruotate
Sfalsando le strutture all’interno della ghiandola mammaria, permettono di evidenziarne eventuali alterazioni.
Proiezione per evidenziare il cavo ascellare
Mediante l’utilizzo di compressori dedicati, permette di evidenziare gran parte del cavo ascellare, che viene posto il più possibile al centro del piano di appoggio.
Proiezioni tangenziali
Sono indicate per la dimostrazione e/o la localizzazione di lesioni cutanee o sottocutanee. L’area di studio deve essere collocata in corrispondenza del piano cutaneo e ben compressa, l’obliquità del tubo radiogeno deve consentire un’incidenza del raggio centrale sul bordo della cute. Dei piccoli reperi metallici posti in prossimità della cute possono essere di aiuto. Utilizzare la tecnica manuale.
2) Esami mirati
Le piccole dimensioni del limitatore e del compressore permettono:
• di dissociare le strutture del parenchima mammario eliminando eventuali artefatti
• di distendere anche modeste quantità di tessuto
• di evidenziare sia lesioni di piccole dimensioni che focolai localizzati in sedi poco accessibili (regione sottoclaveare ed aree contigue alla parete toracica)
. Ingrandimento mammografico diretto:
• si utilizza per lo studio delle microcalcificazioni o per lo studio dei contorni di opacità di piccole dimensioni.
• L'ingrandimento diretto si utilizza sempre anche se l'immagine è stata acquisita con tecnica digitale in quanto può non essere sufficiente l'ingrandimento elettronico offerto da tale tecnica.
• il fattore d’ingrandimento (x 1,5 - 2) è definito dalla distanza mammella-detettore
• il fuoco deve essere uguale a circa 100 µm per consentire una migliore risoluzione
• il rendimento del tubo radiogeno deve essere sufficiente per ovviare a lunghi tempi di posa
• la griglia deve essere rimossa in quanto lo strato d’aria presente tra il detettore e la mammella compressa serve come antidiffusore (fattore air-gap)
• è consigliato l’uso di compressori e limitatori di piccole dimensioni
3) Ecografia
L’esame ecografico in associazione alla mammografia ne incrementa la sensibilità (90%) ma soprattutto la specificità (98%). È pertanto un utile supporto per approfondimenti di immagini mammografiche dubbie, nonché una valida guida per procedure invasive.
Le apparecchiature ecografiche devono essere provviste di sonde ad alta frequenza (10-15 Mhz) e possibilmente di color doppler.
4) Risonanza Magnetica
La Risonanza Magnetica (RM) non è un’indagine proponibile ai fini dello screening, se non come completamento diagnostico di bilancio pre-operatorio per valutare l’esatta estensione di lesioni mal definibili e per escludere multifocalità e multicentricità.
L’indagine ha un’elevata sensibilità (95-100% per i carcinomi infiltranti e 80% per i carcinomi in situ) ma una bassa specificità (80%).
Va eseguita in centri che abbiano una evidente esperienza e la adeguata attrezzatura per eseguire biopsie RM guidate.
PROCEDURE INVASIVE
Le procedure invasive sono:
1) Esame citologico
2) Esame microistologico
Entrambe possono essere eseguite a mano libera, sotto guida ecografica o stereotassica (stx)
1) Esame citologico Sensibilità 83-98% Specificità 93-97% Vantaggi:
• metodica semplice
• basso costo
• minima invasività
• ottima specificità in caso di diagnosi positiva
Svantaggi:
- metodica operatore-dipendente( prelevatore-lettore)
- possibilità di prelievi inadeguati ( 5-20%)
- possibilità di falsi negativi (7-20%)
- non predice l’infiltrazione
- scarsa la specificità nelle diagnosi di dubbio (C3) e di sospetto (C4)
2) Esame microistologico
Microbiopsia
Le indicazioni alla microbiopsia (CNB o VAB) possono così riassumersi :
• Citologia inadeguata (C1)
• Citologia dubbia (C3) o atipica
• Discordanza tra quadro clinico-strumentale e citologia (sospetto lieve con citologia C4 o sospetto forte con citologia C2)
• Lesioni apprezzabili solo mammograficamente (microcalcificazioni, distorsioni).
• Necessità di definizione istologica pre-operatoria
Core-biopsy (eco o stx)
• Ago da 14 G (18-11 G)
• Anestesia locale
• Almeno 6-8 prelievi che prevedono la ripetuta introduzione dell’ago
Vantaggi
- Più affidabile della citologia
- Meno invasiva della biopsia chirurgica
- Consente di pianificare il percorso terapeutico ( chirurgico e/o oncologico)
Svantaggi
- Più invasiva e costosa dell’esame citologico
- Possibilità di fallire il prelievo
- Difficile centrare lesioni retroareolari o prossime al pettorale
- Rischio di sottostima di alcune lesioni : in particolare ricordiamo che per le lesioni che esitano in un B3 vi è una percentuale variabile da 11 a 66% di conversione da Iperplasia Duttale Atipica (DIN 1A-B / ADH)-B3 a cancro e una elevata probabilità di conversione da Carcinoma Duttale In Situ (CDIS) a Carcinoma Duttale Infiltrante (CDI) (44%).
VAB (vacuum assisted biopsy)
• Ago da 11 G o 8G
• Campionamenti contigui con un’unica introduzione dell’ago
• Maggior quantità di tessuto prelevato quantificabile in minimo di 18 frustoli.
Vantaggi
- Campionamenti contigui con un’unica introduzione dell’ago
- Maggior quantità di tessuto prelevato
- Minor sottostima ADH/CDIS e CDIS /CDI rispetto alla CB
- Possibilità di posizionare repere nel punto biopsiato
Svantaggi
- Invasività moderata
- Maggior costo
- Discreto grado di complessità
- Anche per la VAB non è infrequente la conversione da ADH-B3 a cancro (0-25%) e da DCIS a CDI (0-15%).
L’eventualità di sottostima ADH/DCIS e DCIS/Ca invasivo è un problema non eliminabile con qualsiasi agobiopsia percutanea.
Riassumendo, queste sono le possibilità offerte dalle varie tecniche di prelievo:
FNA | Core-biopsy | Vab | |
Inadeguati | 5-20% | 0-17% | 0% |
Sensibilità | 83-98% | 85-94% | 90-95% |
Specificità | 93-97% | 96-99% | 99/100% |
Le nuove tecniche di prelievo microbioptico, entrate ormai da anni nella pratica routinaria per approfondimenti diagnostici, hanno determinato notevoli cambiamenti nel protocollo. La possibilità di avere maggior sicurezza diagnostica da prelievi sempre più cospicui consente da una parte di limitare interventi chirurgici inutili, ma dall’altra porta ad un incremento del numero di lesioni passibili di divenire pre-cancerose (B3): XXX0X, XXX0X, XXX0, XXX0 per i quali non esiste un protocollo terapeutico e di follow-up condiviso.
Di questo si dovrà tener conto per quanto riguarda gli indicatori di qualità dello screening per i quali non sono previsti i cosiddetti early rescreen mentre gli early recall non devono superare l’1%.
La scelta delle tecniche di approfondimento diagnostico va valutata attentamente e modulata volta per volta al fine di consentire di raggiungere i valori standard di diagnosi pre-operatoria di malignità (≥ 70%) e di raggiungere il livello ottimale di tumori di piccole dimensioni accertati.
Tale scelta inoltre deve tener presente altri obiettivi :
• raggiungere una diagnosi il più certa possibile al minor costo
• raggiungere una diagnosi il più certa possibile nel minor tempo possibile al fine di ridurre l’ansia della paziente.
• Ottenere il massimo beneficio possibile con minimo danno sanitario o costo economico ( DL 230/95 DL 187/00)
Nelle tabelle successive si presenta un iter diagnostico più dettagliato, che suggerisce il comportamento più idoneo, man mano che dagli approfondimenti scaturiscono ulteriori informazioni (o non) per indirizzare il passo successivo più opportuno verso una scelta terapeutica o un semplice follow-up, fermo restando che è difficile prevedere tutte le variabili che possono presentarsi nell’ attività quotidiana.
D’altro canto ci è parso indispensabile sottolineare con queste tabelle come si sia potuto limitare, grazie a queste nuove tecniche di prelievo, l’indicazione alla chirurgia.
Iter diagnostico
CONTROLLO DI QUALITÀ TECNICO IN ECOGRAFIA
L’ecografia del seno è a tutt’oggi una tecnica “operatore dipendente”: essa è di aiuto al medico radiologo nel differenziare la tipologia, benigna o maligna, delle masse solide. Dal punto di vista tecnico è indispensabile l’utilizzo di un ecografo con sonda ad alta frequenza (10-15 MHz). È essenziale che il loro funzionamento sia verificato almeno annualmente (preferibilmente ogni sei mesi) come suggerito dal documento della SIRM e dalle raccomandazioni dell’Associazione di Fisici Medici Americani (AAPM). Devono essere previsti controlli di sicurezza delle sonde e la pulizia periodica. I controlli di qualità eseguiti con l’ausilio di un appropriato fantoccio, dovrebbero riguardare in particolare: la visualizzazione della massima profondità, la verifica delle scale di grigio riportate a monitor e stampate su carta, l’accuratezza della misura di distanze nelle direzioni verticale e orizzontale, l’uniformità dell’immagine a display, la risoluzione di contrasto per oggetti anecoici (sono oggetti anecoici le cisti mammarie) , la risoluzione di contrasto per oggetti con debole eco, la misura spaziale della zona “morta” della sonda.
Essi possono essere svolti dall'EFM o da personale adeguatamente formato sul funzionamento e sull’utilizzo dell’apparecchio ecografico.
CONTROLLO DI QUALITÀ TECNICO PER APPARECCHIATURE CON STEREOTASSI
Anche nel sistema stereotassico vengono effettuati controlli per valutare l'effettiva accuratezza del sistema. È buona norma, prima di ogni procedura sulla paziente, controllare che il sistema mantenga inalterato nel tempo la calibrazione del bersaglio. Tale verifica viene effettuata dal TSRM utilizzando un fantoccio che simula diverse profondità.; vengono acquisite due immagini a +15° e a -15° e dopo aver scelto un bersaglio e riportato le coordinate, si verifica con un ago simile a quello utilizzato per l'esame (stesso diametro e lunghezza) che la profondità calcolata dal sistema sia corretta.
CONTROLLO DI QUALITÀ TECNICO PER VAB (VACUUM ASSISTED BIOPSY)
I controlli di qualità sul VAB sono di pertinenza dell'EFM e del TSRM, secondo lo specifico protocollo di controlli di qualità adottato nel centro.
Il TSRM deve quotidianamente, prima di avviare le procedure sulle pazienti, assicurarsi che il sistema stia funzionando secondo le relative specifiche tecniche, eseguendo una serie di test.
I test da eseguire quotidianamente sono i seguenti:
• verifica calibrazione del rilevatore
• verifica dei bersagli con utilizzo di un fantoccio adeguato
• verifica del funzionamento del Sistema Automatico di Esposizione
I controlli di qualità eseguiti dalla Fisica Sanitaria semestralmente e annualmente sono gli stessi indicati per un apparecchio mammografico digitale con rivelatore integrato.
Bibliografia
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NUOVE TECNOLOGIE RADIOLOGICHE: QUALE USO NELLO SCREENING
Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxx
RISONANZA MAGNETICA
La RM è metodica sempre più largamente utilizzata nella diagnosi del tumore della mammella per la sua alta sensibilità, che può raggiungere il 100% nelle forme duttali infiltranti e nelle forme duttali in situ di alto grado, maggiore quindi sia della mammografia che della mammografia con associata ecografia.
La capacità diagnostica della RM inoltre non è condizionata, come le altre indagini, dalla densità del parenchima mammario e pertanto il vantaggio si verifica particolarmente nei seni densi più difficilmente esplorabili.
La RM, nonostante la crescente diffusione delle apparecchiature sul territorio nazionale, permane metodica ad alto costo, con lunghi tempi di esame, che non può essere quindi utilizzata come metodica di screening su larga scala, ma effettuata su gruppi ristretti di pazienti, individuati dalle linee guida delle principali società scientifiche europee e nord americane.
Aspetti tecnici
Le apparecchiature RM per lo studio della mammella devono avere requisiti tecnici adeguati (magnete da 1.5 T, bobina dedicata multicanale per lo studio di entrambe le mammelle) e l’esame deve essere eseguito utilizzando protocolli di studio validati che contemplano sequenze morfologiche pre-contrasto e dinamiche 2D o 3D dopo somministrazione di mdc ,utilizzando generalmente piani di scansione coronali o assiali , più raramente sagittali.
Sequenze aggiuntive ( diffusione o spettroscopia ) vengono talora utilizzate per migliorare la specificità dell’esame.
È necessario che il sistema sia dotato di consolle per il post-processing , in particolare per l’acquisizione di immagini sottratte e costruzione delle curve intensità /tempo.
La valutazione delle lesioni si basa su parametri sia morfologici che dinamici ed il referto deve essere confezionato indicando la sede, le dimensioni ed il grado di sospetto delle lesioni rilevate( eventualmente utilizzando il BIRADS ).
È inoltre importante che nelle donne in pre-menopausa l’esame venga effettuato tra il 5° ed il 12° giorno dall’inizio del ciclo mestruale; analogo periodo è valido anche per le donne che assumono la pillola anticoncezionale, mentre per le donne in terapia ormonale sostitutiva sarebbe preferibile sospendere la terapia per 2-3 mesi prima di eseguire l’esame. Queste limitazioni temporali sono consigliate per ridurre le focalità di enhancement legate solo alle variazioni ormonali e non correlate a lesioni neoplastiche; ovviamente in situazioni di urgenza questi criteri possono essere omessi.
Indicazioni alla RM
Fatto salvo quanto già indicato alle pagine 14 e 15 a proposito dell’utilizzo della RNM nell’ambito del percorso diagnostico del programma di screening mammografico si precisa quanto segue:
Screening
Il principale ambito di utilizzo della RM come indagine di screening , comunque in associazione alla mammografia e all’ecografia, è la ricerca di neoplasie nelle donne ad alto rischio eredo- familiare, con lifetime risk superiore al 25%. In tali pazienti la RM viene effettuata annualmente, contemporaneamente alle altre indagini o sfasata di 6 mesi, a partire dai 25-30 anni.
Per le pazienti più giovani si sta ipotizzando l’uso della sola RM, vista la maggiore radiosensibilità del tessuto mammario in questo gruppo di pazienti .
Analogo protocollo viene riservato alle pazienti che in età giovanile sono state sottoposte a radioterapia dei linfonodi ascellari e mediastinici per il Linfoma di Hodgkin. La sorveglianza dovrebbe iniziare circa 8 anni dopo la radioterapia .
Tutte queste pazienti vengono generalmente seguite in ambito di trials clinici e non di screening di popolazione.
Al momento non vi è evidenza clinica circa la necessità di sorveglianza con RM di pazienti con lifetime risk compreso tra 15 e 25 %, sulla base della storia familiare e/o della storia personale (ad es. riscontro di LIN o DIN in biopsie precedenti).
Problemsolving
La RM, per la sua alta sensibilità, non condizionata dalla densità parenchimale e per l’alto valore predittivo negativo, può essere efficacemente utilizzata nei casi più complessi, nei quali le indagini di diagnostica convenzionale e le procedure agobioptiche non siano state conclusive .
Casi particolari di utilizzo della RM sono inoltre la CUP syndrome (linfonodi ascellari positivi per neoplasia ed eco-mammografia negativa), in presenza di secrezioni ematiche nelle quali la galattografia non sia effettuabile o non diagnostica, di fronte a distorsioni cicatriziali estese o nei casi di silicone iniettato nel contesto della ghiandola mammaria.
La valutazione di rottura protesica esula dai compiti specifici dello screening, ma può essere talora necessario effettuare lo studio delle protesi per una diagnosi differenziale in presenza di reperti dubbi per neoplasia.
Stadiazione pre-operatoria
Al momento attuale non esistono linee guida universalmente accettate per quanto riguarda l’uso della RM nella stadiazione preoperatoria delle pazienti con neoplasia accertata.
Una accurata valutazione preoperatoria è indispensabile per una corretta pianificazione terapeutica chirurgica. La RM si è dimostrata più affidabile rispetto a mammografia ed ecografia nella rilevazione della reale estensione del tumore, dell’eventuale coinvolgimento della regione areolare o della parete toracica e nell’identificazione di foci aggiuntivi, nello stesso quadrante, in quadranti diversi o controlaterali.
Tuttavia sono possibili falsi positivi (4 % dei casi circa) nei quali la RM può portare ad escissioni più ampie o a mastectomie non necessarie. Per contro la RM dovrebbe evitare reinterventi per margini di escissione infiltrati o interventi a distanza per recidive locali, in altri quadranti o quadranti controlaterali.
In particolare risultano avvantaggiate da questa metodica pazienti giovani, con seno denso, con lesioni di grandi dimensioni o affette da forme lobulari infiltranti, pazienti nelle quali l’incidenza di multifocalità, multicentricità e bilateralità è maggiore.
La RM preoperatoria viene consigliata anche in donne ad alto rischio ed in possibili candidate ad irradiazione parziale della mammella (PBI).
Indicazioni minori sono per le pazienti candidate a mastectomia con risparmio di cute (skinspared) o con morbo di Xxxxx.
Controverso è l’utilizzo della RM nelle forme tumorali in situ, nelle quali la sensibilità varia dal 40 al 100% a seconda delle casistiche, variabilità verosimilmente legata all’eterogeneità delle lesioni esaminate. È comunque indicata nelle forme più estese o con parametri istologici di maggiore aggressività .
Al momento non è possibile proporre la RM preoperatoria a tutte le donne e solo ulteriori studi su ampie casistiche e prolungati nel tempo potranno dire se questo approccio diagnostico può avere una favorevole ricaduta non solo sul controllo loco-regionale della malattia ma anche sulla sopravvivenza delle pazienti.
Le pazienti devono essere informate dei rischi-benefici dell’esame RM ed i risultati devono essere valutati alla luce di tutte le preliminari indagini diagnostiche; inoltre un eventuale cambiamento del piano terapeutico deve essere discusso in ambito multidisciplinare.
Ogni reperto aggiuntivo dubbio-sospetto deve essere rivalutato con ecografia ed eventualmente sottoposto ad ago biopsia; è inoltre fortemente consigliata la dotazione di dispositivi per biopsie o localizzazioni prechirurgiche RM-guidate .
Infine si raccomanda che questo complesso iter diagnostico non porti ad un significativo ritardo terapeutico.
Bibliografia
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TOMOSINTESI DIGITALE MAMMARIA
La Tomosintesi digitale mammaria (Digital Breast Tomosynthesis: DBT), metodica ancora in costante evoluzione, rappresenta una evoluzione tecnologica della mammografia digitale (9).
Il sistema acquisisce multiple immagini bidimensionali mentre il tubo radiogeno ruota su un definito angolo di pendolamento intorno alla mammella compressa.
La dose radiante per ogni immagine assunta deve essere bassa per mantenere corretta la esposizione totale alla donna.
Dalla ricostruzione mediante algoritmo si ottengono immagini a strati sottili, mediamente di 1 mm, che possono essere visualizzati singolarmente, in progressione, o continuativamente nella funzione cine loop.
La proiezione “centrale”, a 0 gradi, rappresenta un mammogramma standard (14).
Valutazioni cliniche
La DBT incrementa la sensibilità mammografica, con particolare riferimento ai problemi legati alla sovrapposizione delle strutture tissutali nell’imaging bidimensionale, che possono rendere inapprezzabili alcune lesioni o microcalcificazioni mammarie (14).
Lo studio tridimensionale può inoltre fornire informazioni mammografiche più precise sulle reali dimensioni di una lesione (11).
Può esserne anche considerato l’incremento di specificità, per riduzione del tasso dei falsi positivi legato alla migliore e più completa definizione dei margini di un reperto.
Vengono inoltre risolte le apparenti immagini focali legate agli artefatti da sovrapposizione.
Tecnica di esecuzione della indagine
La indagine si effettua collocando la donna nella modalità tradizionale, e nelle proiezioni standard assiali ed oblique di ogni mammella, per il tempo necessario al completamento della pendolamento. Vengono proposti commercialmente sistemi a vario angolo di escursione, a diverso numero di esposizioni e a diversa angolazione delle stesse (4,12).
È da considerare che:
• L’ampiezza dell’angolo è proporzionale alla ricchezza informativa tridimensionale (6)
• Un numero ridotto di esposizioni accresce il rapporto Segnale/Rumore
• La distribuzione non uniforme delle proiezioni sull’angolo permette una alta risoluzione planare in combinazione con una scansione ampia.
• Gli avanzati algoritmi di ricostruzione permettono un ridotto numero di esposizioni, diminuendo altresì artefatti e rumore.
• La velocità di pendolamento deve essere sufficientemente alta per evitare movimenti della donna
• La dose erogata non deve essere superiore a quella della mammografia digitale standard (2).
Impiego nell’ attività di screening
Al momento attuale la Tomosintesi Digitale Mammaria non può ancora essere considerata metodica utilizzabile nell’ambito dell’attività di screening.
La possibile efficacia di un suo utilizzo nel primo livello di screening o negli approfondimenti del secondo livello trova fondamento concettuale nelle caratteristiche tecniche riportate, e iniziale evidenza nei primi dati provenienti dalla letteratura scientifica di settore (7,8,13).
È ipotizzabile che la progressiva diffusione di impiego porti ad una riduzione dei richiami a secondo livello (5), delle proiezioni di studio radiografico aggiuntivo (1,3) e delle procedure di prelievo cito-istologico, con conseguente riduzione dei tempi del percorso diagnostico e dei costi.
Rimane necessario ribadire la necessità di puntuali e rigorosi controlli di qualità relativi alla dose mammografica.
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CITOISTOPATOLOGIA
Coordinatori:
Xxxxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxx
Segreteria scientifica:
Xxxx Xxxxxxx e Xxxxx Xxx Xxxxxxxx
Con la collaborazione del
Gruppo Emiliano-Romagnolo Screening Mammografico
- Xxxxxx Xxxxx Xxxxxxx, Ravenna (RA) (x.xxxxxx@xxxx.xx.xx)
- Xxxxxxxxx Xxxxxx, Bologna, P.O. Bellaria (BO) (x.xxxxxxxxx@xxxxx.xxx)
- Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx, Bologna, P.O. Bellaria (BO) (xxxxxxxxxxx.xxxxxxx@xxxx.xxxxxxx.xx)
- Xxxxxxxxxx Xxxx, Bologna, P.O. Bellaria (BO) (xxxx.xxxxxxxxxx@xxxxxxxxxxx.xx)
- Xxxxxxx Xxxxx, Xxxxxx (MO) (xxxxxxx.xxxxx@xxxxxxxxxxx.xx.xx)
- Xxxxxx Xxxxx, Reggio Xxxxxx (RE) (Xxxxx.Xxxxxx@xxxx.xx.xx)
- Xxxxxxx Xxxxxxx, Reggio Xxxxxx (RE) (xxxxxxx.xxxxxxx@xxxx.xx.xx)
- Xxxx Xxxxx, Modena (MO)(xxxx.xxxxx@xxxxxxxxxxx.xx.xx)
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- Xxxxx Xxxxxxxx, Cesena (FC) (xxxxxx@xxxx-xxxxxx.xxx.xx)
- Xxxx Xxxxxx, Xxxxxxxx (PC) (x.xxxx@xxxx.xx.xx)
- Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Bologna P.O. Bellaria (BO)(xxxxxxxx.xxxxxxxxx@xxxxx.xxx)
- Xxxxxx Xxxxx, Xxxxxxxx (PC) (x.xxxxxx@xxxx.xx.xx)
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Collaborazioni e consulenze da altre regioni
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- Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx (GR) (x.xxxxx@xxx0.xxxxxxx.xx)
DIAGNOSI CITOPATOLOGICA PREOPERATORIA MAMMARIA
Nonostante alcuni limiti (impossibilità di predire la presenza o assenza d’infiltrazione nelle lesioni neoplastiche, tasso di diagnosi inadeguate e sospette, non conclusive, correlato alla sempre più esigua dimensione e alla peculiare morfologia delle lesioni rilevate nell’ambito dell’attività di screening), la diagnostica citopatologica riveste tuttora un ruolo importante nello screening del carcinoma mammario, consentendo di definire la lesione e contribuendo alla stadiazione pre- operatoria. La sua accuratezza diagnostica permette di ridurre gli interventi chirurgici per patologie benigne, di ridurre il ricorso alla chirurgia diagnostica e di programmare un’unica seduta di chirurgia terapeutica e di stadiazione. Inoltre, la citologia può essere utilizzata, in casi particolari, nelle neoplasie per le quali sia indicata una terapia neoadiuvante, per la valutazione dei fattori biologici predittivi di risposta alla terapia con metodiche d’immunocitochimica e di biologia molecolare (FISH, CISH). Tale approccio è talora impiegato con finalità terapeutica neoadiuvante. Per la migliore efficienza della diagnosi citopatologia, è raccomandabile per un Laboratorio di Citodiagnostica un carico di lavoro pari ad almeno 200 agoaspirati/anno e/o la partecipazione a un programma di Controllo di Qualità (CQ) citologico.
Le categorie diagnostiche
Le categorie diagnostiche in uso sono le stesse suggerite dalla precedente versione del Protocollo regionale.
La valutazione diagnostica dell’ago-aspirato non dovrebbe prescindere dalla conoscenza dettagliata delle notizie cliniche relative al dato mammografico ed ecografico. A questo proposito si rimanda all’allegato 1 (check-list clinica pag.12), ricordando che tale check-list deve essere obbligatoriamente compilata dall’agoaspiratore in tutte le sue parti e inviata al Laboratorio di Citologia insieme alla scheda anagrafica della paziente e ai vetrini.
Si ricorda che il reperto mammografico di microcalcificazioni sconsiglia, come indicazione, l’utilizzo della citologia ai fini diagnostici, mentre la citologia agoaspirativa sotto guida rimane valida per la tipizzazione di lesioni nodulari, rivelate anche dalla ecografia.
Nei casi per i quali la valutazione diagnostica delle differenti procedure (mammografia, ecografia, citologia) sia discordante, è consigliabile la discussione collegiale multidisciplinare ai fini decisionali.
C1: inadeguato
la definizione di un agoaspirato come “inadeguato” è in certa misura soggettiva e può dipendere dall’esperienza dell’agoaspiratore e del citopatologo. Diverso è invece il discorso della rappresentatività del preparato citologico, che deriva dal confronto e dalla coerenza dei reperti clinico-radiologici e morfologici.
Esistono, tuttavia, alcune condizioni oggettive di non adeguatezza:
- campione privo di cellularità o comprendente meno di 5 gruppi di cellule epiteliali non atipiche, i quali dovrebbero essere costituiti da almeno 10 cellule per singolo cluster
- allestimento dei vetrini non ottimale per
a) artefatti da schiacciamento
b) essiccamento inappropriato o troppo lento
c) eccessivo spessore dello striscio
d) eccesso di sangue
e) eccesso di fluido
A questo proposito si sottolinea come la fissazione liquida in soluzione alcolica sia preferibile, pur rimanendo valida la fissazione con citospray.
Suggerimenti :
- descrizione della presentazione e delle componenti costitutive del campione
- commento sulle cause d’inadeguatezza
- registrazione e monitoraggio delle cause di inadeguatezza
Note
Aspirati di lesioni specifiche, quali cisti, processi infiammatori, liponecrosi e campioni di secreto mammario possono non contenere cellule epiteliali, ma non appartengono a questa categoria diagnostica.
C2: benigno
definisce un ago-aspirato adeguato, in cui non si riscontrano cellule con caratteristiche di atipia o malignità.
Caratteristiche morfologiche:
- cellularità scarsa o moderata
- cellule epiteliali duttali regolari
- monostrato cellulare
- fondo di nuclei ovali (bipolari-mioepiteliali)
- macrofagi
- cellule in metaplasia apocrina
- frammenti di stroma fibroso e/o adiposo
Suggerimenti:
- qualora possibile e utile ai fini multidisciplinari, dovrebbe essere formulata non solo la diagnosi conclusiva di benignità, ma anche quella specifica di lesione (cisti apocrina, fibroadenoma, ecc.)
- aspirati di lesioni specifiche, quali cisti, processi infiammatori, liponecrosi e campioni di secreto mammario possono non contenere cellule epiteliali, ma devono essere registrati in questa categoria diagnostica
- linfonodi intra-mammari non neoplastici vanno registrati in questa categoria
C3: atipie in lesioni probabilmente benigne
definisce un agoaspirato adeguato con tutte le caratteristiche di lesione benigna, descritte nel precedente paragrafo, cui si aggiungono alcuni aspetti generalmente non riscontrati negli ago- aspirati benigni, quali:
- pleomorfismo nucleare
- tendenza alla discoesione cellulare
Note
- il parametro “ipercellularità” non è necessario, né sufficiente, per collocare una lesione in tale categoria diagnostica
- le lesioni papillari senza evidenti o sospette atipie indicative di malignità vanno inserite in tale categoria diagnostica
C4: sospetto di malignità
definisce un aspirato con caratteristiche suggestive, ma non conclusive ai fini diagnostici per malignità.
Condizioni :
- alcune cellule con aspetti di malignità in campione con cellularità scarsa o con interpretazione limitata da artefatti di conservazione e/o preparazione
- campione con caratteristiche di malignità non inequivocabili
- cellule con aspetti di malignità in contesto di tipo benigno, con numerosi nuclei nudi sul fondo e/o aggregati cellulari compatti (doppia popolazione)
C5: maligno
Definisce un ago-aspirato adeguato comprendente cellule con inequivocabili caratteri di carcinoma, oppure di altre neoplasie maligne.
Suggerimenti :
non si dovrebbe porre diagnosi di malignità sulla base di un singolo criterio, ma sulla combinazione di più criteri citologici.
Performance qualitativa della diagnostica citopatologia, modalità di calcolo dei parametri di accuratezza e risultati della Regione Xxxxxx-Romagna triennio 2006-2008 sono descritti in seguito.
PERFORMANCE QUALITATIVA DELLA DIAGNOSTICA CITOPATOLOGICA
I parametri seguenti riflettono la qualità dell’ intero processo di diagnostica citopatologica agoaspirativa e pertanto il tasso di inadeguati C1 non è escluso dal calcolo. La qualità della diagnosi citopatologica per sé può essere calcolata escludendo la categoria C1 dal calcolo dei parametri.
La qualità del processo è calcolata considerando standard la diagnosi istopatologica conclusiva della lesione sottoposta ad accertamento mediante ago-aspirazione e quindi sottoposta a chirurgia.
Sensibilità assoluta (C5): numero dei carcinomi diagnosticati C5 espresso come percentuale del numero totale dei carcinomi aspirati. Si assume che tutti i casi C5 non sottoposti a chirurgia siano carcinomi trattati con altra modalità terapeutica.
Sensibilità completa (C3+C4+C5): numero dei carcinomi diagnosticati non C1 né C2 espresso come percentuale del numero totale dei carcinomi aspirati.
Specificità (casi biopsiati): numero delle lesioni benigne correttamente identificate (numero di C2 meno i falsi negativi) espresso come percentuale del numero totale delle lesioni benigne aspirate.
Valore Predittivo Positivo di C5: numero dei carcinomi correttamente identificati C5 (numero di C5 meno i falsi positivi) espresso come percentuale del numero totale delle diagnosi C5.
Valore Predittivo Positivo di C4: numero dei carcinomi identificati C4 (numero di C4 meno i falsi sospetti) espresso come percentuale del numero totale delle diagnosi C4.
Valore Predittivo Positivo di C3: numero dei carcinomi identificati C3 (numero di C3 meno i C3 benigni) espresso come percentuale del numero totale delle diagnosi C3.
Valore predittivo Negativo di C2: numero delle lesioni benigne identificate C2 (inclusi i casi non biopsiati) espresso come percentuale del numero totale delle diagnosi C2.
Caso Falso Negativo: il caso diagnosticato C2 che nell’arco di due anni si dimostra essere un carcinoma di intervallo. Questo parametro include i carcinomi non rilevati dalla mammografia piuttosto che i misinterpretati in sede di diagnosi citopatologica.
Caso Falso Positivo: il caso diagnosticato C5 che risulta benigno (compresa l’iperplasia atipica) alla diagnosi istopatologica finale.
Tasso di Falsi Negativi: numero di falsi negativi espresso come percentuale del numero totale dei carcinomi aspirati.
Tasso di Falsi Positivi: numero di falsi positivi espresso come percentuale del numero totale dei carcinomi aspirati.
Tasso di Inadeguati: numero dei campioni inadeguati C1 espresso come percentuale del numero totale dei casi aspirati.
Tasso di C3: numero di C3 espresso come percentuale del numero totale dei casi aspirati.
Tasso di C4: numero di C4 espresso come percentuale del numero totale dei casi aspirati.
Tasso di Sospetti: numero di C3+C4 espresso come percentuale del numero totale dei casi aspirati.
Modalità di calcolo dei parametri di accuratezza
Ciascuna cella deve contenere il Numero delle diagnosi citologiche per categoria C abbinato alla peggiore diagnosi istopatologica corrispondente.
Per il calcolo di sensibilità e specificità si procede con le formule seguenti, in cui i numeri corrispondono al numero della cella.
NB: per il diverso significato contenuto nella definizione delle Categorie C3 e C4, si ritiene più appropriato valutarne separatamente il rispettivo tasso percentuale ed il rispettivo Valore Predittivo Positivo.
Dati Linee Guida Europee 2006
Likelyhood Ratio per carcinoma (LR+)
Indica la probabilità che una Paziente ha di avere un carcinoma, a seguito di quella specifica diagnosi citologica. LR+ può essere calcolata per ciascuna delle categorie C1-C2-C3-C4-C5. Si calcola dividendo, per ciascuna categoria C, il rapporto tra veri positivi e falsi positivi. I valori di LR+ variano da 0 (zero) ad infinito. Maggiore è il valore di LR+, maggiore è la probabilità di avere un carcinoma. Il calcolo consente di ottenere valori di rischio di una singola paziente con quella specifica diagnosi citologica.
Il valore di LR+ è oggettivo e può essere incorporato con fiducia nel processo decisionale.
ALLEGATO 1
CHECK-LIST CLINICA | ||||||
CITOPATOLOGIA SCREENING MAMMOGRAFICO | ||||||
COGNOME | NOME | |||||
DATA DI NASCITA | ||||||
CENTRO SCREENING | OSPEDALE | |||||
TOPOGRAFIA | □ DESTRA | □ SINISTRA | QUADRANTE: | |||
NOTIZIE CLINICHE | ||||||
CATEGORIA RADIOLOGICA: | □ R1 | □ R2 | □ R3 | □ R4 | □ R5 | |
CATEGORIA ECOGRAFICA: | □ U1 | □ U2 | □ U3 | □ U4 | □ U5 | |
ASPETTO RADIOLOGICO: | ||||||
□ MASSA SPICULATA | □ LESIONE STELLATA | |||||
□ MICROCALCIFICAZIONI, | □ GROSSOLANE | □ RAMIFICATE | ||||
□ FINI | □ AGGREGATE | |||||
□ MASSA BEN DEFINITA | □ DISTORSIONE ARCHITETTURALE | |||||
TECNICA DI PRELIEVO | ||||||
□ MANO LIBERA | □ STEREOTASSI | □ ECOGUIDATA | ||||
TIPO DI PRELIEVO | ||||||
□ FNA (lesione solida) | □ FNA (cisti) | |||||
□ secrezione del capezzolo | □ scraping del capezzolo o cute | |||||
NOME DELL’AGOASPIRATORE | DISCIPLINA DELL’AGOASPIRATORE | |||||
DATA | ||||||
COMMENTI | ||||||
Bibliografia
1. Xxxx A.S, Xxxxx E.L, Xxx X.X and Xxxxx JA : BI-RADS for Sonography : Positive and Negative Predictive Values of Sonographic Features. American Journal of Radiology : 184, April 2005; 1260-1265
2. Kopans DB : Standardized mammographic reporting. Radiol Clin North Am 1992; 30 : 257- 261
3. D’Orsi CJ, Kopans DB : Mammographic feature analysis. Xxxxx Xxxxxxxxxx 1993; 28 : 204-230
4. American College of Radiology. BI-RADS : mammography. In : Breast imaging reporting and data system : BI-RADS atlas, 4th ed. xxxxxx, VA : American College of Radiology, 2003
5. American College of Radiology. BI-RADS : ultrasound, 1st ed. In : Breast imaging reporting and data system : BI-RADS atlas, 4th ed. Xxxxxx, VA : American College of Radiology, 2003
6. Xxxxxxxxxx M, Xxxxx P, Xxxxxxx C, Xxxxxxxxxxxx G, Xx Xxxxx G, Xxxxxx L : Solid breast mass characterization : use of the sonographic BI-RADS. Radiol Med 112 : 877-894, 2007
DIAGNOSI ISTOLOGICA MAMMARIA PREOPERATORIA
La biopsia percutanea preoperatoria (core biopsy) costituisce una pratica diagnostica ampiamente diffusa nei programmi di screening. Essa fornisce una diagnosi istologica pre-operatoria affidabile che consente una specifica programmazione terapeutica, idealmente in un'unica procedura operativa.
Ruolo della diagnosi istologica pre-operatoria è di:
• Fornire la diagnosi di natura della lesione, evitando l’intervento chirurgico in molte lesioni benigne.
• Consentire la programmazione di provvedimenti terapeutici specifici essendo in grado di stabilire se un carcinoma è in situ o infiltrante e di fornire l’istotipo della neoplasia.
• Evitare il ricorso all’esame istologico in estemporanea.
• Fornire i principali markers biologico prognostici (assetto recettoriale, indici di proliferazione, sovraespressione del C-erb2) prima dell’intervento chirurgico, indispensabili in caso di chemioterapia neoadiuvante.
Schematicamente si parla di:
• Agobiopsia tradizionale (tru-cut) prevalentemente impiegata nelle lesioni palpabili della mammella: puo’ essere effettuata a mano libera o sotto guida ecografica.
• Agobiopsia con aspirazione automatica (vacuum-assisted), indicata prevalentemente nelle lesioni non palpabili mammograficamente sospette: puo’ essere effettuata sotto guida ecografica o piu’ comunemente stereotassica.
Diagnosi istologica preoperatoria mediante aspirazione automatica: standardizzazione della procedura.
1. Indicazione elettiva
Cluster di microcalcificazioni radiologicamente dubbie o sospette (classificazione radiologica BI- RADS: R3 o R4) di dimensioni inferiori ai 2 cm. La metodica puo’ essere impiegata anche per la valutazione di distorsioni, noduli od opacità.
2. Modalità prelievo
Lo strumento (probe), inserito sotto guida mammografica e fornito di un ago da 8-11-14 gauge, è in grado di effettuare una rotazione di 360° all’interno della lesione consentendo l’ esecuzione di prelievi di tessuto multipli e contigui. Per l’ottimale campionamento della lesione, sono indicati da 6 a 24 prelievi (in media 12) che vengono condotti in corrispondenza di specifiche coordinate topografiche idealmente riconducibili al quadrante di un orologio: in media 6 prelievi in corrispondenza delle ore pari, 6 in corrispondenza delle ore dispari. In presenza di microcalcificazioni, i frustoli tissutali ottenuti vengono radiografati e successivamente posti in formalina tamponata al 10 %.
3. Modalità trattamento del materiale
Al laboratorio di Anatomia Patologica vanno inviati:
- Frustoli di tessuto mammario in contenitori contrassegnati con le coordinate topografiche corrispondenti alla sede del prelievo, tutti immersi in formalina tamponata.
- Dati clinici (auspicabile mammografia o copia del referto mammografico contenente le indicazioni relative alle caratteristiche della lesione individuata e alle sue dimensioni).
- È auspicabile anche immagine radiografica dei frustoli prelevati.
Nel laboratorio di Anatomia Patologica il materiale agobioptico puo’ essere processato secondo routine o con il metodo fast-track[1].
Metodo fast-track: i frustoli vengono trattati con microonde. In questo modo si riducono i tempi di processazione a 2 h e 10 minuti. Il procedimento puo’ essere seguito da immunoistochimica rapida (ulteriori 1 ora e 30 minuti).
Per ogni blocchetto viene allestito un preparato istologico con tre sezioni in E.E. (Ematossilina- Eosina) ad almeno tre diversi livelli separati da 40 micron.
Se nel vetrino non si evidenziano le microcalcificazioni presenti nell’allegata lastra mammografica, il blocchetto corrispondente viene seriato con allestimento di ulteriori E.E.
È consigliato che non più di tre frustoli siano inclusi in un unico blocchetto.
4. Diagnosi istologica e refertazione
La diagnosi istologica prevede la descrizione morfologica e le conclusioni. Vengono sempre riportati la presenza e il tipo di microcalcificazioni e, possibilmente, anche la loro distribuzione nel preparato, distinguendo tre localizzazioni: intraepiteliali, intraluminali e stromali.
Le principali difficoltà diagnostiche che il patologo puo’ incontrare in fase pre-operatoria sono dovute a:
• Frammentazione della lesione. La indicazione delle coordinate topografiche in corrispondenza delle quali vengono effettuati i prelievi consente l’ideale ricostruzione della lesione stessa e riduce questa problematica.
• Complessità della lesione. Si tratta delle stesse difficoltà che il patologo puo’ incontrare nella diagnosi intraoperatoria di lesioni proliferative complesse mammarie. La diagnosi pre- operatoria su agobiopsia consente, pero’, a differenza dell’esame intraoperatorio, di ricorrere all’utilizzo di tecniche immunoistochimiche e la seriazione del materiale.
• Valutazione parziale della lesione. Il non totale campionamento della lesione puo’ comportare una sottostima della lesione stessa: circa il 20% dei carcinomi in situ, associati a microcalcificazioni, presenta focolai infiltrativi all’intevento chirurgico definitivo [2].
• All’ intervento chirurgico successivo alla biopsia si possono verificare:
• Asportazione totale della lesione in fase preoperatoria. Nelle lesioni piccole è possibile che il focolaio neoplastico venga completamente asportato per cui al momento dell’ intervento chirurgico definitivo, non sono piu’ reperibili residui neoplastici. Si tratta di un’evenienza relativamente frequente e in tal caso la caratterizzazione biologica della lesione dovrà essere effettuata sul materiale istologico preoperatorio.
• Alterazioni sul tessuto residuo. L’introduzione pre-operatoria di un ago tranciante induce sul tessuto modificazioni architetturali cicatriziali.
• Dislocazione cellule epiteliali lungo il tragitto dell’ago e nei linfonodi regionali. Le manovre diagnostiche che comportano l’inserimento di un ago all’interno di una lesione (dal prelievo citologico alla biopsia istologica) possono determinare dislocazione artefattuale di cellule epiteliali che possono creare aspetti di pseudoinfiltrazione[3].
• La valutazione delle dimensioni della lesione neoplastica sottoposta a biopsia preoperatoria, se effettuata unicamente sul tumore residuo dopo la biopsia, puo’ portare ad una sottostima del T, come sottolineato dall’ AJCC, VII edition, 2010. In tali casi le dimensioni totali della lesione devono derivare dalla combinazione dell’imaging, della valutazione macroscopica, e soprattutto della misurazione su sezione istologica. Sommare la dimensione massima misurata istologicamente su agobiopsia a quella del tumore residuo puo’ portare ad una sovrastima delle dimensioni della lesione. In genere, per la valutazione del T, l’AJCC 2010 consiglia di adottare la dimensione massima del tumore misurato o su agobiopsia o sul pezzo operatorio, a meno che l’imaging non deponga per un tumore di maggiori dimensioni.
5. Standardizzazione della modalità di refertazione
Il sistema di refertazione adottato è quello proposto dalle Linee Guida Europee (Guidelines for non-operative diagnostic procedure and reporting in breast cancer Screening NSHSBSP Publication, n.58 Gennaio 2005) e dall’ AFIP[2] che prevede l’adozione di cinque categorie diagnostiche, analoghe ma non uguali alle cinque categorie della refertazione citologica.
B1: Tessuto normale/inadeguato. Rientrano in questa categoria: 1) frustoli costituiti unicamente da tessuto fibroadiposo, 2) frustoli costituiti da tessuto mammario normale (lobuli ghiandolari e tessuto stromale) senza lesioni istologicamente apprezzabili, 3) frustoli costituiti da tessuto mammario in cui, nonostante la seriazione del materiale, non sono presenti le microcalcificazioni che hanno costituito l’indicazione alla biopsia.
In questa categoria diagnostica è particolarmente importante la valutazione multidisciplinare della lesione per stabilire se il quadro istologico sia rappresentativo della lesione radiologicamente identificata o se il prelievo sia da ritenersi non rappresentativo e quindi inadeguato.
B2: Lesione benigna. Questa categoria include tutte le lesioni benigne della mammella, dal fibroadenoma all’adenosi sclerosante sino all’ epiteliosi florida e alla steatonecrosi.
L’approccio multidisciplinare è fondamentale per stabilire la corrispondenza dell’aspetto istologico al reperto clinico e/o mammografico.
B3: Lesione ad incerto potenziale di malignità. Questa categoria comprende due gruppi di lesioni: 1) lesioni morfologicamente benigne che, tuttavia, data la frammentarietà del prelievo, non possono essere valutate nella loro interezza, come le lesioni papillari, le proliferazioni epiteliali sclerosanti, la lesione focale scleroelastotica, l’epiteliosi infiltrativa ed il tumore filloide, 2) lesioni con aumentato rischio di progressione neoplastica (RR), come la neoplasia lobulare intraepiteliale (LN; LIN), l’atipia epiteliale piatta (DIN 1a), le proliferazioni intraduttali atipiche (intendendo con questa definizione tutte le condizioni in cui non si è sicuri della diagnosi di carcinoma duttale in situ ben differenziato ), e le lesioni mucocele-like.
Le lesioni che piu’ frequentemente rientrano nella categoria B3 sono:
I. Lesioni papillari Le lesioni papillari sono un gruppo eterogeneo di lesioni che nella maggioranza dei casi rientrano nella categoria B3. Se la lesione è di piccole dimensioni ed è ampiamente campionata, puo’ rientrare nella categoria B2. Al contrario, se la lesione papillare mostra atipia, ed è sospetta per carcinoma papillare in situ, è piu’ appropriata la categoria B4.
II. Lesione focale scleroelastotica/epiteliosi infiltrativa Lesioni con immagine mammografica di distorsione, o con l’aspetto morfologico della cicatrice scleroelastotica o dell’epiteliosi infiltrativa [4], che non appaiono completamente escisse nei frustoli esaminati, vanno classificate come B3 (NSHSBSP, 2005).
III. Neoplasia lobulare intraepiteliale (LN; LIN) La neoplasia lobulare intraepiteliale puo’ costituire un reperto occasionale in biopsie condotte per anomalie mammografiche di diverso tipo. Talora la distinzione morfologica con un carcinoma duttale in situ puo’ non essere agevole e in tal caso è indicato l’utilizzo immunoistochimico dell’e-caderina. Il carcinoma lobulare in situ pleomorfo va classificato come B5.
IV. Proliferazione epiteliale atipica di tipo duttale In questo gruppo vanno incluse la FEA (Flat Epithelial Atypia; atipia epiteliale piatta) e le proliferazioni epiteliali atipiche di tipo duttale. Tale termine va preferito rispetto a quello d’ iperplasia duttale atipica che, per definizione, richiede criteri morfologici e dimensionali che vanno valutati sul pezzo operatorio definitivo. A seconda del grado di atipia le proliferazioni duttali atipiche possono rientrare nella categoria B3 o B4 (NSHSBSP, 2005). Il ricorso all’immunoistochimica con utilizzo di marcatori quali la citocheratina 14 e recettori per estrogeno puo’ aiutare nella diagnosi differenziale con l’epiteliosi (iperplasia duttale florida di tipo usuale).
La categoria B3 richiede frequentemente la discussione multidisciplinare del singolo caso. L’incidenza di questa categoria diagnostica è diversa a seconda del tipo di lesione che viene biopsiata: piu’ elevata (fino al 15 %) nei clusters di microcalcificazioni individuati nella patologia da screening, piu’ bassa nelle lesioni palpabili.
Il valore predittivo positivo complessivo di tale categoria (VPP=numero di lesioni maligne trovate all’intervento chirurgico/lesioni operate) è di circa il 25 %. La maggioranza delle lesioni B3 richiede un ulteriore approfondimento diagnostico, tutti i casi vanno comunque discussi al meeting multidisciplinare.
B4: lesione sospetta. Comprende i casi in cui la diagnosi di carcinoma in situ o invasivo non puo’ essere posta con certezza per la scarsità del materiale in esame (ad es. singole ghiandole atipiche al bordo di un frustolo) o per modificazioni artefattuali del materiale stesso.
La frequenza di questa categoria diagnostica è bassa nei prelievi da mammotome (< 2 %), il valore predittivo positivo è dell’85 %.
La diagnosi preoperatoria B4 richiede ulteriori approfondimenti istologici (biopsia escissionale diagnostica o estemporanea) e non costituisce un’ indicazione diretta all’intervento chirurgico definitivo (ad es. quadrantectomia).
B5: lesione neoplastica maligna. Comprende il carcinoma in situ, il carcinoma invasivo e le altre piu’ rare neoplasie maligne (linfomi, sarcomi, etc). Il carcinoma lobulare in situ pleomorfo (LIN 3) rientra in questa categoria.
Il carcinoma duttale in situ (CDIS/DIN) puo’ essere distinto in tre gradi. È consigliato specificare nella diagnosi il numero di frustoli in cui la lesione neoplastica è presente. La classificazione delle
lesioni proliferative intraduttali in situ, come proposto dal WHO [5] e da Cancer Staging Manual, AJCC, VII Edition (Springer, 2010), include come sinonimi il carcinoma duttale in situ (terminologia tradizionale) e la neoplasia duttale intraepiteliale (DIN). Si consiglia l’uso contemporaneo di entrambe le terminologie. Per il carcinoma infiltrante, viene indicato l’istotipo prevalente nel materiale esaminato. La presenza di focolai di microinvasione stromale va segnalata se istologicamente accertata, ed eventualmente supportata dal dato immunoistochimico. Non è possibile in fase preoperatoria la diagnosi definitiva di carcinoma microinvasivo che, per definizione, richiede la valutazione del pezzo operatorio nella sua totalità.
Sottostima accettabile della diagnosi preoperatoria.
Il 20 % circa dei carcinomi in situ presenta focolai di carcinoma infiltrante all’ intervento chirurgico definitivo[6].
Il materiale ottenuto da agobiopsia è idoneo per la valutazione dei biomarcatori. Tuttavia, data la possibilità di sottostima della lesione, tale valutazione viene in genere effettuata successivamente all’ intervento chirurgico definitivo, se nel pezzo operatorio il materiale in esame è meno rappresentativo (assenza della componente invasiva o assenza di residuo neoplastico).
Per garantire la migliore riproducibilità e attendibilità diagnostica è necessaria la stretta collaborazione multidisciplinare radiologo/patologo/chirurgo/oncologo/radioterapista. È auspicabile l’adesione del centro a programmi di qualità regionali, nazionali e/o internazionali.
(Per la valutazione della accuratezza dei dati vedi capitolo I “Diagnosi citopatologia pre-operatoria mammaria”)
ALLEGATO 2
DIAGNOSI ISTOLOGICA PREOPERATORIA | ||||||
N. ESAME ISTOLOGICO | ||||||
COGNOME | NOME | |||||
DATA DI NASCITA | ||||||
CENTRO SCREENING | OSPEDALE | |||||
TOPOGRAFIA | □ DESTRA | □ SINISTRA | QUADRANTE: | |||
NOTIZIE CLINICHE | ||||||
CATEGORIA RADIOLOGICA: | □ R1 | □ R2 | □ R3 | □ R4 | □ R5 | |
(BI-RADS) | ||||||
ASPETTO RADIOLOGICO: | ||||||
□ MICROCALCIFICAZIONI, | □ GROSSOLANE | □ RAMIFICATE | ||||
□ FINI | □ AGGREGATE | |||||
□ OPACITÀ | □ DISTORSIONE ARCHITETTURALE | |||||
□ ADDENSAMENTO □ LESIONE STELLATA | ||||||
TECNICA DI PRELIEVO | ||||||
□ MANO LIBERA | □ STEREOTASSI | □ ECOGUIDATA | ||||
NUMERO DI FRUSTOLI PRELEVATI □ | ||||||
PRESENZA DI MICROCALCIFICAZIONI SULLA LASTRA | ||||||
□ SI | □ NO | |||||
□ LASTRA NON DISPONIBILE | ||||||
RADIOLOGO | ||||||
DATA | ||||||
COMMENTI | ||||||
ESAME MACROSCOPICO E CAMPIONAMENTO DEL MATERIALE CHIRURGICO DELLA MAMMELLA
L’intervento chirurgico preferibilmente deve essere preceduto da una diagnosi istologica (tru-cut, mammotome) o citologica (ago-aspirato) o dall’eventuale esame estemporaneo condotto durante l’intervento stesso (vedi Allegato 3). . Nei rari casi in cui una diagnosi anatomopatologica non fosse ancora stata effettuata, l’intervento ha il significato di una “biopsia diagnostica a cielo aperto” e quindi la lesione dovrebbe essere rimossa con un minimo di tessuto sano circostante, per evitare inutili danni cosmetici in caso di benignità del processo patologico (Linee guida Europee, 2006) .
1. INVIO DEL MATERIALE CHIRURGICO
La procedura ottimale prevede l’invio immediato di materiale fresco per:
• poter effettuare la valutazione intraoperatoria dello stato dei margini di resezione quando richiesto (vedi Allegato 3);
• garantire una corretta fissazione della neoplasia essenziale per una adeguata esecuzione dell’esame istologico e per la determinazione, mediante indagini immunoistochimiche e/o molecolari, dei fattori biopatologici necessari per l’impostazione prognostico-terapeutica;
• poter realizzare analisi citogenetiche, tests molecolari, tissue banking;
• facilitare l’eventuale allestimento di macrosezioni.
Fissazione in formalina neutra tamponata al 10% o suoi sostituti
Qualora non sia possibile inviare immediatamente il materiale chirurgico presso l’Anatomia Patologica, esso va posto subito in adeguato contenitore con quantità sufficiente di formalina tamponata (il pezzo chirurgico deve essere completamente immerso in una quantità di fissativo pari ad almeno 2 volte il volume del pezzo stesso). Il pezzo va comunque fatto pervenire al laboratorio di istopatologia il prima possibile affinché il Patologo possa sezionarlo per garantire l’adeguata penetrazione del fissativo. La corretta fissazione è un momento cruciale del percorso di processazione istologica: i diversi operatori coinvolti devono pertanto concordare tutti gli accorgimenti atti a garantire che essa risulti immediata, adeguata e completa. Viene suggerita una fissazione superiore alle 6 ore per le agobiopsie e di 24-48 ore per i grossi pezzi chirurgici[7, 8] sia per preservare i tessuti che per ottimizzare le reazioni immunoistochimiche per i recettori ER & PR.
Richiesta di esame istologico
Il pezzo operatorio deve giungere al patologo con la relativa richiesta di esame istologico, se possibile specifica per la mammella, debitamente compilata in tutte le sue parti (vedi a titolo esemplificativo Allegato 4).
Il tecnico di laboratorio che prende in consegna il campione al suo arrivo deve accertarsi che il foglio di accompagnamento sia correttamente compilato e soprattutto che i dati anagrafici e la segnalazione di eventuali diagnosi o trattamenti precedenti siano leggibili.
In particolare, si raccomanda che alla richiesta risultino allegati o indicati:
• precedenti referti radiologici (mammografia, ecografia, RMN)
• precedenti referti citologici o istologicieventuale radiogramma di controllo del pezzo asportato (se possibile, con referto/giudizio del Radiologo circa la distanza del target dai margini)
ALLEGATO 3
Valutazione intraoperatoria:
1. dello stato dei margini chirurgici di escissione
Si tratta di una procedura ormai indispensabile in caso di chirurgia conservativa, soprattutto se seguita da radioterapia intra-operatoria (I.O.R.T.). Tale valutazione ha infatti lo scopo di consentire al chirurgo un intervento radicale in un'unica seduta, evitando successivi reinterventi.
I passaggi fondamentali prevedono:
• marcatura della superficie del pezzo con inchiostro di china (vedi Allegato 5)
• sezione del pezzo con tagli paralleli condotti dalla fascia al margine cutaneo, dello spessore necessario all’identificazione della lesione
• identificazione e descrizione della lesione
• Se la lesione è palpabile e facilmente delimitabile, si procede alla misurazione macroscopica della sua distanza dal margine di resezione più vicino e da almeno altri tre margini tra cui il piano cutaneo e quello profondo.
Non esistendo in letteratura una definizione di distanza macroscopica di sicurezza della lesione dai margini chirurgici di escissione, è necessario che le misure rilevate vengano comunicate al chirurgo, al quale è demandata la decisione di allargare.
Quando possibile è bene eseguire una fotografia macroscopica della sezione, che documenti gli aspetti della neoplasia ed il margine più vicino.
L’esame al congelatore del margine è consigliato:
• nel caso in cui tra lesione e margine sia interposto tessuto mammario di consistenza duro- elastica, che renda quindi difficoltosa la valutazione macroscopica della reale estensione della lesione.
• nel caso in cui venga identificata un’area macroscopicamente dubbia in stretta prossimità della china, a distanza dal nodulo principale. In questo contesto l’esame al congelatore ha la funzione di verificare la natura neoplastica di tale area.
• Il prelievo dei margini andrà eseguito mediante sezioni perpendicolari che consentono di misurare la distanza tra il margine e la lesione.
Al chirurgo devono sempre essere comunicate le distanze rilevate e sarà lui a decidere se e quali margini allargare in base alla possibilità di asportare ulteriore tessuto mammario.
L’esame al congelatore del margine dovrà essere effettuato:
• nel caso di mastectomia “nipple sparing” per la valutazione del margine retroareolare, in presenza di lesione che coinvolga i quadranti centrali (vedi Raccomandazioni specifiche nella sezione 2.5).
• Qualora la lesione neoplastica non fosse chiaramente identificabile macroscopicamente, la valutazione dei margini deve essere rimandata all’esame definitivo. Dove possibile, è consigliata la radiografia del pezzo ancora integro, per poter effettuare un immediato allargamento dell’intervento se la lesione si trova in prossimità dei margini.
2. della lesione
Nei rari casi in cui non fosse stata posta una diagnosi pre-operatoria ma sussista un forte sospetto clinico e radiologico di malignità la conferma intraoperatoria consente di effettuare subito l’intervento chirurgico più adeguato. Questo va condotto anche nelle lesioni con diagnosi citologica C4 e nelle tissue biopsies con diagnosi B4.
L’esame al congelatore è sconsigliato in caso di:
• lesioni non palpabili (microcalcificazioni) e lesioni papillari, in quanto nella maggior parte dei casi produrrà diagnosi non conclusive, pregiudicando la valutazione definitiva del pezzo.
• lesioni inferiori a cm 1, per il rischio di non avere poi abbastanza materiale per l’esame definitivo su cui effettuare la valutazione dell’assetto recettoriale e dell’indice di proliferazione.
Integrità/Orientamento del campione
Per una completa valutazione dell’estensione della lesione e dello stato dei margini di resezione, è necessario che il Chirurgo invii un campione unico, integro (non tagliato) e ben orientato mediante reperi (fili di sutura, clips, ecc).
In particolare, in assenza di cute, è fondamentale che i reperi vengano posizionati secondo i 3 piani spaziali, uno dei quali – se possibile - comprensivo della direzione capezzolo.
Soprattutto nelle escissioni terapeutiche, la procedura chirurgica standard prevede l’asportazione di tessuto mammario “a tutto spessore”, cioè dal sottocute alla fascia profonda: qualora ciò non avvenga, è indispensabile che tale informazione sia trasmessa al Patologo.
Nel caso siano stati asportati più frammenti di tessuto mammario, andranno specificati i rapporti topografici reciproci e l’orientamento dei diversi campioni nel tentativo di ricostruire le superfici “finali” di sezione. È evidente che, in presenza di campioni multipli, o di campione singolo giunto già sezionato, lo studio dei margini potrà risultare inaccurato o anche impossibile; allo stesso modo le dimensioni (T) e la uni o plurifocalità della neoplasia non potranno essere definite qualora la stessa compaia in più di un campione .
ALLEGATO 4
Data e ora,
RICHIESTA ESAME ISTOLOGICO MAMMELLA
DATI ANATOMIA PATOLOGICA
NOSOGRAFICA/
Dati anagrafici
AMBULATORIALE
Divisionale 🗀
L.P. 🗀
RICOVERO
Ordinario 🗀
D.H. 🗀
🗀 ESAME STANDARD
MATERIALE IN ESAME 🗀 ESAME ESTEMPORANEO
A B C D E
REPERI: REFERTI ALLEGATI:
🗀 Filo singolo corto (1 clip): superiore 🗀 Esame senologico
🗀 Filo doppio corto (2 clip): inferiore 🗀 FNAB, istologia precedente
🗀 Filo singolo lungo (3 clip): mediale 🗀 Mammotome
🗀 Filo doppio lungo : superficiale 🗀
🗀 ALLEGATO RX PEZZO OPERATORIO
TIPO DI INTERVENTO
🗀 Biopsia Incisionale
🗀 Enucleoresezione./biopsia escissionale
🗀 Nodulectomia
🗀 Quadrantectomia
🗀 Quadrantectomia + Linfoadenectomia
🗀 Mastectomia Semplice
🗀 Mastectomia radicale con linfoadenectomia
🗀 Linfoadenectomia. ascellare
🗀 Linfonodo sentinella
🗀 Mastectomia “nipple xxxxxxxx”
🗀
Destra Sinistra
NOTIZIE CLINICHE AGGIUNTIVE
MEDICO RICHIEDENTE
🕿
FIRMA
2. ESAME MACROSCOPICO DEL CAMPIONE CHIRURGICO
L’esame macroscopico ha come obiettivo finale la descrizione macroscopica che comprenda la valutazione del campione chirurgico e la descrizione delle modalità seguite nel suo campionamento. Un esame macroscopico non corretto o una descrizione deficitaria possono condurre a una diagnosi errata o incompleta, è pertanto consigliabile che sia lo stesso patologo ad eseguire l’esame macroscopico e quello microscopico. In ogni caso è indispensabile che il campionamento venga effettuato da parte di personale medico esperto.
L’esame macroscopico si compone di varie fasi:
Esame “esterno” del campione
Il Patologo dovrà annotarne le seguenti caratteristiche:
• le tre dimensioni
• le due dimensioni della cute quando presente, con specifica dell’eventuale presenza del capezzolo e descrizione di eventuali alterazioni
• la presenza di reperi chirurgici per l’orientamento
• la consistenza, ovvero la presenza di nodularità palpabili
Marcatura dei margini chirurgici con inchiostro di china
I campioni – in particolare quelli da chirurgia conservativa (biopsie diagnostiche, nodulectomie, ampie escissioni, ecc) – andranno marcati con inchiostro di china, che va fissato con rapida immersione in liquido di Bouin, acido acetico o alcool etilico assoluto (vedi Allegato 5 a pag 47); per i campioni da mastectomia, la marcatura del pezzo operatorio può essere utile in caso di vicinanza macroscopica della lesione a uno dei margini (ad es. fascia profonda, muscolo pettorale adeso) o nel caso di forme radiologicamente estese di DCIS. Coloranti multipli sono egualmente adeguati per la marcatura.
Sezionamento del pezzo e suo esame interno
I pezzi andranno sezionati per consentire adeguata penetrazione del fissativo, senza alterarne la forma o pregiudicarne l’orientamento (vedi Allegato 5).
Il Patologo esaminerà poi ogni sezione per valutare la presenza di lesioni e le caratteristiche del tessuto. In particolare, andranno annotate nella descrizione:
• numero, dimensioni e posizione (in relazione ai margini, se indicati da reperi) delle lesioni individuate
• aspetto della/e lesione/i: consistenza, colore, margini arrotondati/sfrangiati, eventuale riscontro macroscopico di necrosi, emorragia, calcificazioni
• utile, quando possibile, fotografare ogni sezione e le relative lesioni
• nel caso di pregressa microbiopsia-mammotome occorre identificare l’area cicatriziale e/o la clip di riferimento.
ALLEGATO 5
Marcatura dei margini chirurgici e sezionamento del pezzo per fissazione ottimale
A. Per marcare i margini è bene asciugare accuratamente il pezzo dall’eventuale fissativo in cui era posto con carta bibula. Successivamente, con un pennello si distribuisce l’inchiostro di china sulla superficie, si cosparge o si immerge il pezzo in Liquido di Bouin, in acido acetico al 10%, o in alcool etilico assoluto, al fine di fissare definitivamente l’inchiostro, e infine si asciuga nuovamente con carta bibula o garza.
B. Si passa poi al sezionamento del pezzo. Se orientato, il pezzo andrà sezionato con tagli paralleli in direzione capezzolo – piano profondo per poter seguire la direzione delle diramazioni duttali in caso di carcinoma duttale in situ (fig.1). Se il pezzo giunge a fresco o necessita comunque di ulteriore permanenza in fissativo, è opportuno eseguire sezioni di 1 cm. circa di spessore. Per mantenere inalterato l’orientamento si potranno fissare le sezioni su apposito piano di sughero, mediante spilli, apponendo etichette scritte a matita (non a penna che nel liquido di fissazione si cancellerebbe) con la dicitura dei reperi (fig.2).
Figura 1 MEDIALE
PIANO
PROFONDO CAPEZZOLO
Figura 2
LATERALE
profondo
sinistra
capezzolo
destra
Esame radiologico del materiale chirurgico
Qualora il campione sia di dimensioni tali da non poter essere incluso in toto, in caso di lesioni non palpabili/calcificazioni, è raccomandabile eseguire o avere a disposizione i radiogrammi delle singole sezioni macro ottenute dopo sezionamento, onde poter campionare selettivamente le aree corrispondenti alle anomalie radiologiche. Alternativamente, per lesioni non palpabili/calcificazioni, è raccomandabile che il pezzo giunga posizionato su griglia radiologica, con radiogramma accluso, per poter effettuare i prelievi in corrispondenza delle aree di interesse radiologico.
Campionamento
La tecnica di campionamento e il numero di prelievi/inclusioni necessari nel singolo caso varieranno necessariamente in funzione di:
• dimensioni del pezzo chirurgico
• estensione e caratteristiche clinico-radiologiche del target: lesione palpabile (opacità, addensamento, distorsione) vs. lesione non palpabile/calcificazioni
• modalità di organizzazione dei diversi Laboratori
È indispensabile che, a prescindere dalle variabili intrinseche in ogni procedura di campionamento, vengano raggiunti – come obiettivi minimi assoluti – un’accurata misura dell’asse maggiore della lesione e un dettagliato esame dello stato e – quando possibile - della distanza della lesione dai margini chirurgici.
Considerazioni generali
• Per campioni di dimensioni contenute (indicativamente fino a 5-7 cm. di asse maggiore) o in presenza di lesioni non palpabili/non visibili macroscopicamente (ad es. calcificazioni) è preferibile l’inclusione totale in blocchi ordinari mediante prelievi sequenziali/seriati o, alternativamente, in “large blocks” (macrosezioni) [9] (vedi Allegato 6).
• Per campioni di maggiori dimensioni, vedi paragrafo successivo (raccomandazioni specifiche).
• I margini chirurgici possono essere campionati e valutati con varie modalità (vedi Allegato 6 a pag 41):
− prelievi perpendicolari in blocchi ordinari
− prelievi perpendicolari in “large blocks” (macrosezioni)
− prelievi “shaved” (peeling)
− biopsie separate della cavità/letto chirurgico.
• In caso di lesioni multiple macroscopicamente sospette, ciascuna di esse andrà campionata; è buona norma campionare anche il tessuto apparentemente sano interposto per verificare istologicamente che le lesioni siano effettivamente separate.
• Campionamento dei linfonodi ascellari: si rimanda alla sezione apposita del Protocollo.
Campionamento del pezzo
ALLEGATO 6
A fissazione avvenuta (per quanto riguarda le tempistiche ottimali di fissazione si rimanda alla sezione relativa alla “Valutazione dei recettori ormonali”), si potrà procedere a ridurre lo spessore delle sezioni a 4-5 mm, con apposite lame, ed effettuare la campionatura per esame istologico.
Può avvenire in blocchi ordinari perpendicolari, che per ciascuna sezione (livello) sequenziale potranno essere singoli o multipli in relazione alla grandezza del campione. Alternativamente, è possibile utilizzare la tecnica in large blocks (macrosezioni), che consiste nell’allestire blocchi in paraffina, e vetrini istologici successivi, includendo grandi porzioni di tessuto mammario. Le macrosezioni consentono di esaminare ampie parti di tessuto, conservando inalterati i rapporti topografici esistenti tra le lesioni e le strutture anatomiche o tra differenti lesioni[11, 12].
Per quanto concerne i margini di exeresi
entrambe le procedure permettono una loro corretta valutazione, con possibilità di misurare con precisione la distanza tra superficie di escissione e lesione. Usando la tecnica in large blocks si ha il vantaggio di indagare i margini nella loro interezza, almeno per il piano preso in studio, di poter definire più agevolmente le dimensioni della lesione (in particolare DCIS) e di allestire un minor numero di inclusioni.
Ulteriori possibili metodiche per lo studio dei margini sono:
- tecnica dei margini shaved (peeling): dopo aver marcato i margini con inchiostro di china, si eseguono sezioni parallele/tangenziali al margine e si includono dal lato del margine stesso (lato marcato con inchiostro di china). Questa modalità permette di esaminare tutta la superficie dei margini con un numero di inclusioni minore rispetto alla modalità in blocchi ordinari, ma presenta lo svantaggio di non permettere una reale valutazione del margine in quanto il blocco paraffinato deve comunque essere “sgrossato” prima di ottenere una sezione valutabile e quindi parte del margine viene persa. Inoltre, e soprattutto, con questo metodo non è possibile misurare la distanza tra il margine e la lesione [13] .
- Biopsie della cavità/letto chirurgico, inviate separatamente dal Chirurgo: si rimanda a quanto descritto riguardo agli “Allargamenti (riescissioni)”.
Il capezzolo deve essere incluso in toto in due o più frammenti mediante taglio/i longitudinale/i, perpendicolare/i alla cute, più il prelievo di una “rondella” del tessuto alla base del capezzolo, mediante due sezioni parallele al piano cutaneo, che consentiranno di valutare la regione dei dotti galattofori.
Raccomandazioni specifiche in relazione ai differenti tipi di campione chirurgico
• Nodulectomie o Biopsie chirurgiche “diagnostiche”
• Ampie Escissioni Terapeutiche/Quadrantectomie (Chirurgia mammaria conservativa)
A. Come già indicato (vedi sopra), in presenza di lesioni non palpabili/non visibili macroscopicamente (ad es. calcificazioni), quando le dimensioni del pezzo asportato lo consentono, la procedura ottimale è l’inclusione in toto.
Qualora ciò non sia possibile, è altamente raccomandabile eseguire una radiografia del pezzo (preferibilmente delle fette macro ottenute dopo sezionamento) ed effettuare un campionamento selettivo delle aree corrispondenti alle anomalie mammografiche. Per una corretta ricostruzione spaziale della lesione e valutazione della sua estensione, il campionamento delle aree selezionate dovrà comunque essere condotto con tecnica in blocchi ordinari sequenziali/seriati consecutivi o in large blocks (macrosezioni). Soprattutto nei casi con diagnosi preoperatoria di DCIS o con sospetto di DCIS (calcificazioni) – in cui le dimensioni radiologiche spesso “sottostimano” la reale estensione della lesione – è opportuno che il campionamento comprenda le estremità (ad es. prossimale e distale) del target radiologico, ma anche il tessuto apparentemente sano circostante, per una corretta valutazione delle dimensioni della lesione. L’esame condotto su macrosezioni è una procedura ottimale[9].
In caso di mancato riscontro delle microcalcificazioni al momento dell’esame microscopico, i blocchi paraffinati potranno essere radiografati per accertarsi che microcalcificazioni non siano presenti nello spessore di tessuto incluso, non raggiunto dalla sezione esaminata microscopicamente
B. In caso di lesioni palpabili o visibili macroscopicamente, il campionamento potrà essere mirato ed effettuato mediante prelievi in blocchi radiali (radial block) secondo i piani ortogonali dello spazio (superiore-inferiore, mediale-laterale, superficiale-profondo). In caso di piccole escissioni sarà possibile comprendere la lesione e i margini di resezione in un’unica inclusione; per exeresi più ampie sarà necessario utilizzare più inclusioni. Per ogni neoplasia mammaria, quando le dimensioni lo consentono, vanno ottenute almeno 3 inclusioni. Anche in questo caso la macrosezione è ottimale.
C. Come già specificato se vengono inviati più pezzi chirurgici separati, le dimensioni reali della/e lesione/i potranno essere ricostruite solo se i pezzi sono tra loro orientati reciprocamente. In ogni caso, è buona norma misurare la/e lesione/i in ogni pezzo giunto separato.
D. Nel caso di pregressa microbiopsia-mammotome è consigliabile prelevare in toto la corrispondente area cicatriziale e/o la clip di riferimento, campionando adeguatamente il parenchima circostante in considerazione dei dati della mammografia e della diagnosi pre- operatoria.
• Allargamenti (riescissioni)
A. Il pezzo chirurgico di un allargamento o riescissione per margini positivi, deve essere orientato: il Chirurgo dovrebbe inviare il pezzo con un repere sul versante corrispondente al nuovo margine di resezione (versante opposto alla lesione), che sarà così opportunamente inchiostrato dal patologo.
B. Nel caso si rilevi ancora tumore nel tessuto dell’allargamento la ricostruzione delle reali dimensioni della lesione è difficile. Tuttavia, a tal fine, è buona norma campionare separatamente il tessuto adiacente alla cavità chirurgica dell’escissione precedente e quello a distanza dalla cavità. In tal modo sarà possibile almeno una ricostruzione parziale delle dimensioni e si potrà valutare se si tratta di lesione singola o multifocale.
• Mastectomia
A. Se la mammella giunge separata dal cavo ascellare deve essere orientata dal chirurgo, per esempio ponendo un repere sul versante ascellare.
B. Come già specificato, i pezzi chirurgici di mastectomia non devono essere posti a fissare interi, poichè la scarsa penetrazione della formalina pregiudicherà la valutazione dell’istotipo tumorale e, soprattutto, il ritardo di fissazione influirà sull’indice mitotico (che andrà valutato istologicamente) e sullo smascheramento antigenico in relazione alle indagini immunoistochimiche. La procedura per il sezionamento dei campioni da mastectomia è descritta nell’allegato 5 a pag……..
C. Campionamento. Ogni lesione neoplastica, quando le dimensioni lo consentono, va campionata con almeno 3 inclusioni, facendo attenzione a comprendere almeno in alcuni prelievi la parte periferica del tumore (ove andrà valutato l’indice mitotico) e il tessuto sano limitrofo. Il parenchima circostante il tumore e quello degli altri quadranti vanno sezionati, esaminati e descritti, campionando ogni lesione macroscopicamente sospetta. È buona norma effettuare alcuni prelievi a distanza, su ogni quadrante, anche in caso di tessuto apparentemente indenne. Il capezzolo deve essere incluso in toto.
D. Come per gli interventi conservativi di grandi dimensioni (vedi sopra), in caso di mastectomie effettuate per lesioni non palpabili/non visibili (per lo più DCIS) si raccomanda il campionamento selettivo delle aree corrispondenti alle anomalie mammografiche (in genere calcificazioni) rilevate ai radiogrammi delle fette da sezionamento macro. Qualora ciò non sia possibile, è indispensabile avere a disposizione almeno i referti delle precedenti indagini radiologiche, sulla scorta dei quali potranno essere selezionate le zone topografiche su cui concentrare il campionamento.
E. In caso di vicinanza macroscopica della lesione a uno dei margini (ad es. fascia profonda/muscolo pettorale adeso), è consigliabile marcare e campionare tale margine.
• Mastectomia “Nipple Sparing”
A. Per l’esame istologico del parenchima retroareolare (intraoperatorio e/o definitivo), è necessario che il chirurgo invii separatamente il frammento discoidale prelevato direttamente dal pezzo operatorio, con diametro corrispondente al diametro dell’areola, in considerazione del fatto che i dotti si aprono anche in corrispondenza dell’areola la cui estensione è valutabile solo dal chirurgo in sala operatoria. Il chirurgo deve inviare il frammento discoidale (di spessore 0,5 - 1 cm) marcandolo sul versante verso il capezzolo (vero margine) con filo-repere o con clip metallica. L’esame del parenchima retroareolare può essere eseguito durante l’intervento chirurgico come esame intraoperatorio (esame estemporaneo al congelatore) oppure successivamente all’intervento chirurgico come esame definitivo.
B. Modalità di valutazione del frammento di parenchima retroareolare. Il frammento discoidale, in genere unico, viene misurato (diametro massimo e spessore) e il vero margine deve essere chinato. La valutazione può essere eseguita mediante:
- l’esame di sezioni coronali (perpendicolari all’asse del capezzolo) ottenute sezionando il versante verso la mammella del frammento discoidale “a piatto” (con recupero del vero margine mediante ulteriori sezioni sino quasi ad esaurimento del frammento).
- l’esame di sezioni sagittali ottenute dopo aver sezionato sagittalmente (dal versante verso il capezzolo a quello mammario, parallelamente all’asse del capezzolo) l’intero frammento discoidale in fette di 3-5 mm. di spessore, interamente incluse. Si possono prevedere 3 sezioni al congelatore a livelli di 200-300 micron e una ulteriore sezione al definitivo del frammento/i precedentemente valutato/i oppure 4 sezioni ogni 200-300 micron per l’esame definitivo.
C. La risposta dell’esame al congelatore/definitivo dovrebbe essere:
o negativo per neoplasia
o presenza di neoplasia in situ
o presenza di neoplasia infiltrante
e dovrebbe quantificare l’estensione della componente neoplastica (in mm) e la distanza dal margine verso il capezzolo (vero margine) [10]
• Campione chirurgico dopo chemioterapia neoadiuvante: si rimanda alla sezione apposita del Protocollo.
Metodo alternativo per la fissazione di pezzo chirurgico di mastectomia
In caso di non disponibilità di spazio sufficiente per fissare ogni sezione separatamente su sughero, si potrà procedere nel seguente modo:
A. disporre la mammella con il piano profondo rivolto verso l’alto;
B. marcare con inchiostro di china i margini chirurgici. Lasciare in sede i reperi posti dal chirurgo;
C. effettuare sezioni parallele all’asse medio-laterale e perpendicolari alla cute, in modo tale che il taglio interessi il parenchima mammario a tutto spessore, lasciando integra la cute. Con questo metodo sarà possibile mettere a fissare l’intera mammella in un unico contenitore, avendo cura di inserire nei tagli tra una sezione e l’altra pochi fogli di garza che aiuteranno la formalina a penetrare, impedendo alle sezioni di tessuto di collabire.
Esame microscopico e diagnosi finale
Nell’esecuzione dell’esame istologico che conduce alla diagnosi finale si suggerisce di seguire la classificazione delle lesioni mammarie fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (2003)[5] e/o AFIP 2009[2]. .
CLASSIFICAZIONE DEI TUMORI DELLA MAMMELLA (ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ 2003 & AFIP 2009)
1. TUMORI EPITELIALI
a. CARCINOMA DUTTALE INVASIVO NON ALTRIMENTI SPECIFICATO
i. Carcinoma misto
ii. Carcinoma a cellule pleomorfe
iii. Carcinoma con cellule giganti osteoclasto-simili
iv. Carcinoma con aspetti a tipo coriocarcinoma
v. Carcinoma melanotico
b. CARCINOMA LOBULARE INVASIVO (Classico e Pleomorfo)
c. CARCINOMA TUBULARE
d. CARCINOMA CRIBRIFORME INVASIVO
e. CARCINOMA MIDOLLARE
f. CARCINOMA MUCINOSO E ALTRI CARCINOMI RICCHI IN MUCINE
i. Carcinoma mucinoso
ii. Cistoadenocarcinoma e carcinoma mucinoso a cellule cilindriche
iii. Carcinoma a cellule ad anello con castone
g. TUMORI NEUROENDOCRINI
i. Carcinoma neuroendocrino solido
ii. Carcinoma a piccole cellule (microcitoma)
iii. Carcinoma a grandi cellule neuroendocrino
h. CARCINOMA INVASIVO MICROPAPILLARE
i. CARCINOMA PAPILLARE INVASIVO
j. CARCINOMA APOCRINO INVASIVO
k. CARCINOMI METAPLASTICI
i. Carcinomi metaplastici epiteliali puri (Carcinomi sarcomatoidi mono-bifasici)
1. Carcinoma squamoso
2. Carcinoma con cellule fusate
3. Carcinoma adenosquamoso
4. Carcinoma mucoepidermoide
5. Carcinoma simil fascite proliferativa
ii. Carcinomi metaplastici misti epiteliali/mesenchimali
l. CARCINOMA RICCO IN LIPIDI
m. CARCINOMA SECRETORIO
n. CARCINOMA ONCOCITICO
o. CARCINOMA ADENOIDOCISTICO
p. CARCINOMA ACINICO
q. CARCINOMA A CELLULE CHIARE, RICCHE IN GLICOGENO
r. CARCINOMA SEBACEO
s. CARCINOMA INFIAMMATORIO
t. NEOPLASIA LOBULARE IN SITU
i. Carcinoma lobulare in situ (LIN 1, LIN 2, LIN3)
u. LESIONI PROLIFERATIVE INTRADUTTALI
i. Iperplasia duttale tipica (usuale)- (epiteliosi) (UDH)
ii. Atipia epiteliale piatta (clinging carcinoma) /DIN Ia
iii. Iperplasia duttale atipica /DIN Ib
iv. Carcinoma duttale in situ/ DIN Ic, II, III
v. CARCINOMA MICROINVASIVO
w. NEOPLASIE PAPILLARI INTRADUTTALI
i. Papilloma dei dotti centrali
ii. Papilloma dei dotti periferici
iii. Papilloma atipico
iv. Carcinoma papillare intraduttale
v. Carcinoma papillare intracistico
vi. Carcinoma solido papillifero
x. PROLIFERAZIONI BENIGNE
i. Adenosi
1. Adenosi sclerosante
2. Adenosi apocrina
3. Xxxxxxx “xxxxx duct”
4. Adenosi microghiandolare
ii. Cicatrice radiale / lesione focale sclero-elastotica/ epiteliosi infiltrativa.
iii. Adenomi
1. Adenoma tubulare
2. Adenoma lattazionale
3. Adenoma apocrino
4. Adenoma pleomorfo
5. Adenoma duttale
2. TUMORI MIOEPITELIALI
a. Adenosi adenomioepiteliale (adenosi apocrina)
b. Adenomioepitelioma
c. Mioepitelioma/adenomioepitelioma maligno
3. TUMORI MESENCHIMALI
x. XXXXXXX
i. Angioma
ii. Angiomatosi
iii. Tumori stromali a cellule fusate (Emangiopericitoma; miofibroblastoma; tumore solitario fibroso; lipoma a cellule fusate)
iv. Iperplasia pseudoangiomatosa
v. Fibromatosi aggressiva
vi. Tumore infiammatorio miofibroblastico
vii. Lipoma
viii. Angiolipoma/angiomiolipoma
ix. Leiomioma
x. Tumore a cellule granulose
xi. Neurofibroma
xii. Schwannoma
xiii. Fascite proliferativa nodulare
b. MALIGNI
i. Angiosarcoma
ii. Liposarcoma
iii. Rabdomiosarcoma
iv. Osteosarcoma
v. Sarcoma miofibroblastico
vi. Leiomiosarcoma
4. TUMORI FIBROEPITELIALI
a. FIBROADENOMA
b. TUMORE FILLOIDE
i. Benigno
ii. Borderline
iii. Maligno
iv.
c. SARCOMA STROMALE PERIDUTTALE A BASSO GRADO
d. AMARTOMA
5. TUMORI DEL CAPEZZOLO
a. ADENOMA DEL CAPEZZOLO
b. TUMORE SIRINGOMATOSO
c. MALATTIA DI XXXXX DEL CAPEZZOLO
6. LINFOMI MALIGNI (TIPI SPECIFICI)
a. LINFOMA DIFFUSO A GRANDI CELLULE B
b. LINFOMA DI BURKITT
c. LINFOMA MARGINALE EXTRANODALE TIPO MALT
d. LINFOMA FOLLICOLARE
7. TUMORI DELLA MAMMELLA MASCHILE
a. GINECOMASTIA
b. CARCINOMA DUTTALE
i. Invasivo
ii. In situ
8. METASTASI
CHECK LISTS
In questa sezione presenteremo alcuni suggerimenti per la stesura della diagnosi istologica, ai fini di standardizzare il più possibile il referto anatomopatologico di lesioni mammarie.
Check list per diagnosi di routine
L’uso di check lists è raccomandato perchè, soprattutto in patologia mammaria, il Patologo si trova spesso di fronte a varie lesioni differenti nello stesso campione chirurgico. Le check lists aiutano a non tralasciare nella trascrizione del referto dati utili alla stadiazione, alla terapia o anche solo interessanti ai fini di un futuro studio. Nella compilazione delle check lists è importante inserire anche i dati negativi (es. non evidenza di invasione vascolare etc.) Esistono due modi di concepire le check lists: una si rifà ad una modalità discorsiva, l’altra viene proposta per fornire referti schematici. A questo scopo, come esempio di check list discorsiva , viene presentata quella in uso nella Sezione di Anatomia, Istologia e Citologia Patologica dell’Università di Bologna presso l’Ospedale Bellaria (Allegato 7). Una check list analoga che darà luogo a referti schematici sarà redatta entro breve dal gruppo ad hoc insediato a livello di Regione Xxxxxx-Romagna. Entrambe vogliono costituire un esempio operativo.
Allegato 7
CHECKLIST CARCINOMA DELLA MAMMELLA
Nome N. istologico
M0 | NON EVIDENZA DI TUMORE PRIMITIVO (T0) |
il tumore primitivo non puo’ essere misurato (Tx). | |
M10 | CARCINOMA DUTTALE INFILTRANTE NAS (M850030) |
M13 | CARCINOMA INFILTRANTE DI TIPO MUCINOSO PURO (M848030) |
M11 | CARCINOMA TUBULARE (M821130) |
M15 | CARCINOMA INFILTRANTE DI TIPO PAPILLARE (M805030) |
M16 | CARCINOMA INFILTRANTE DI TIPO MIDOLLARE TIPICO / ATIPICO (M851030) |
M17 | CARCINOMA INFILTRANTE DI TIPO ISTIOCITOIDE (M832030) |
M18 | CARCINOMA DUTTALE /LOBULARE INFILTRANTE CON ASPETTI DI |
DIFFERENZIAZIONE ENDOCRINA (M814036) / OSSIFILA (M829030) | |
APOCRINA (M857330) / ACINICA (M855030) | |
M19 | CARCINOMA LOBULARE INFILTRANTE DI TIPO (M852030) |
[ ] CLASSICO | |
[ ] SOLIDO | |
[ ] “AD ALVEOLI CHIUSI” | |
[ ] TUBULO-ALVEOLARE | |
[ ] PLEOMORFO | |
[ ] ALTRO | |
M12 | CARCINOMA MISTO INVASIVO DUTTALE (10-49% NAS) E (M850030) |
M20 | CARCINOMA INFILTRANTE CON CELLULE GIGANTI OSTEOCLASTO-SIMILI (803130) |
M9 | CARCINOMA SARCOMATOIDE (M898230) |
M80 | CARCINOMA METAPLASTICO RICCO DI MATRICE (M898230) |
M1 | CARCINOMA INFILTRANTE DI TIPO |
M1A | ADENOSQUAMOSO A BASSO GRADO DI MALIGNITÀ (M807530) |
M1B | ADENOIDOCISTICO (M820030) |
M1C | SQUAMOSO PURO (M807030) |
M1D | SECRETORIO (M850230) |
M1E | CRIBRIFORME (M820130) |
M1F | MICROPAPILLARE |
M1G | RICCO DI LIPIDI |
M1H | A CELLULE CHIARE (M831030) |
M27 | ADENOMIOEPITELIOMA (M856230) |
M28 | CARCINOMA MIOEPITELIALE INFILTRANTE (M856230) |
M21 | DI GRADO ISTOLOGICO I. |
M22 | DI GRADO ISTOLOGICO II. |
M23 | DI GRADO ISTOLOGICO III. |
M29 | NELL’AMBITO DEL NODULO NEOPLASTICO È PRESENTE |
M4 | CARCINOMA DUTTALE IN SITU DI TIPO BEN / SCARSAMENTE DIFFERENZIATO |
(DIN IC) (DIN III) / A DIFFERENZIAZIONE INTERMEDIA (DIN II) (TIS) (M85002) | |
M6 | CON STRUTTURA PREVALENTEMENTE CRIBRIFORME / CLINGING / SOLIDA / MICROPAPILLARE / PAPILLARE /A TIPO COMEDOCARCINOMA. |
M8 | carcinoma/neoplasia lobulare (LIN) in situ di tipo classico / pleomorfo (Tis). (M852020). |
M8B | LA LESIONE IN SITU OCCUPA MENO DEL 25% /CIRCA IL 50% / OLTRE IL 75% |
DELLE DIMENSIONI TOTALI DEL NODULO. |
MOZ | NON SI OSSERVA LIN/DIN. |
MOC | LA COMPONENTE INVASIVA DELLA / LA NEOPLASIA È DI CM ……. |
MOA | il LIN/DIN si estende per un’area istologica di cm………… |
MOB | È / SONO PRESENTE / I FOCOLAIO / I MICROINVASIVO / I DI DIMENSIONI COMPRESE ENTRO |
CM 0,1 (PT1 MIC). | |
M31 | LE DIMENSIONI DEL FOCOLAIO NEOPLASTICO MAGGIORE SONO DI CM……………… |
(MISURAZIONE SU PREPARATI ISTOLOGICI). | |
(NOTA: SE CI SONO PIU’ FOCI MICROINVASIVI, OCCORRE MISURARE IL MAGGIORE , | |
NON SOMMARE TRA LORO I FOCI) | |
M35 | IL CAPEZZOLO, I DOTTI GALATTOFORI E LA CUTE SONO INDENNI DA NEOPLASIA. |
M36 | IL CAPEZZOLO È INFILTRATO DA NEOPLASIA. |
M37 | IL CARCINOMA IN SITU SI ESTENDE AI DOTTI GALATTOFORI. |
M3 | LA NEOPLASIA RAGGIUNGE LA CUTE. |
M3A | carcinoma di xxxxx senza tumore (Tis, Xxxxx) |
M5 | CARCINOMA DI XXXXX (M854030) |
MOD | LA NEOPLASIA SI ESTENDE ALLA PARETE TORACICA (PT4a). |
MOI | È PRESENTE EDEMA DELLA CUTE / PEAU D’ORANGE / ULCERAZIONE DELLA CUTE / |
NODULI CUTANEI SATELLITI (PT4b) (PT4C SE PRESENTI CARATTERISTICHE DI PT4A E PT4B). | |
M48 | IL RESTANTE TESSUTO MAMMARIO È INDENNE DA NEOPLASIA. |
M81 | A distanza dal nodulo principale (cm….)/ nel/i quadrante/i……….. |
È/SONO INOLTRE PRESENTE/I FOCOLAIO/I MULTIPLI E DIFFUSI/ MICROFOCOLAIO/I | |
di neoplasia/carcinoma duttale/lobulare in situ (LN/DIN I/DIN II/DIN III)/ | |
infiltrante (G1/G2/G3) (prelievi ). | |
M46 | TUTTI I MARGINI DI RESEZIONE SONO INDENNI DA NEOPLASIA. |
M44 | LA NEOPLASIA INFILTRANTE GIUNGE A MM DAL MARGINE DI RESEZIONE PIÙ VICINO |
(…………………..). | |
M45 | LA NEOPLASIA IN SITU GIUNGE A MM DAL MARGINE DI RESEZIONE PIÙ VICINO (…………………..). |
M47 | LA NEOPLASIA INFILTRANTE/IN SITU RAGGIUNGE IL / I MARGINE / I DI RESEZIONE………….. |
M38 | La neoplasia presenta ampie\focali aree di necrosi. |
M2 | SI OSSERVANO/NON SI OSSERVANO/ |
CELLULE NEOPLASTICHE IN VASI LINFATICI / VENOSI PERITUMORALI E/O ASPETTI DI INFILTRAZIONE PERINEURALE. | |
M39 | SI OSSERVANO/NON SI OSSERVANO NUMEROSE / RARE MICROCALCIFICAZIONI |
CONSISTENTI /NON CONSISTENTI CON QUANTO OSSERVATO DAL CONFRONTO | |
CON | |
LA MAMMOGRAFIA / | |
L’ESAME RADIOLOGICO DEL PEZZO OPERATORIO / | |
L’ESAME CON FAXITRON. | |
M30 | LE CALCIFICAZIONI SONO GRANULARI / LAMINARI (PSAMMOMATOSE) E SONO |
NELLO STROMA / NEL CARCINOMA IN SITU / NEL CARCINOMA INVASIVO / | |
IN LESIONI BENIGNE. | |
M41 | NEL RESTANTE TESSUTO MAMMARIO SI OSSERVA |
M54 | iperplasia lobulare atipica/ LN (M721050). |
M55 | PAPILLOMA INTRADUTTALE (M850300). |
M56 | ADENOSI SCLEROSANTE (M742200). |
M56 | lesione focale sclero-elastotica (M742210). |
M43 | ADENOMA DEL CAPEZZOLO (M814000). |
M65 | FIBROADENOMA (M90100). |
M42 | IPERPLASIA EPITELIALE DUTTALE /LOBULARE DI TIPO USUALE (M724202). |
M52 | iperplasia duttale atipica (DIN Ib)/ atipia epiteliale piatta (DIN Ia) (M720050). |
M7 | Sono stati esaminati linfonodi reattivi(pN0). |
M49A | I linfonodi regionali non possono essere valutati (pNx). |
M7E | PRESENZA DI CELLULE METASTATICHE SINGOLE (ITC) O IN GRUPPI DI NON OLTRE 200 MICRON (PN0). |
M7F | MICROMETASTASI A LINFONODI ASCELLARI OMOLATERALI (DI DIMENSIONI COMPRESE TRA 0,2 E 2 MM= PN1MI). |
M7A | METASTASI A LINFONODI ASCELLARI OMOLATERALI (ALMENO 1 > 2MM) su esaminati (1-3 metastasi= pN1a; 4-9 metastasi= pN2a; >=10 metastasi= pN3a). |
M7B | METASTASI A LINFONODI MAMMARI INTERNI (CLINICAMENTE INAPPARENTI, TROVATE CON tecnica del linfonodo sentinella) su ……esaminati (pN1b). |
M7C | METASTASI A LINFONODI ASCELLARI OMOLATERALI E METASTASI A LINFONODI MAMMARI interni (clinicamente inapparenti se 1-3 linfo ascellari metastatici = pN1c). |
M7D | METASTASI (CLINICAMENTE APPARENTI) IN…..LINFONODI MAMMARI INTERNI SU …..ESAMINATI |
(in assenza di meta ascellari = pN2b; in presenza di meta ascellari= pN3). | |
M58 | METASTASI IN …………..LINFONODI INFRACLAVICOLARI/ SOPRACLAVICOLARI OMOLATERALI SU …...esaminati (pN3). |
M59 | ESEGUITO PROTOCOLLO “LINFONODO SENTINELLA”. SECONDO LINEE GUIDA RER |
M69 | IL ……% DELLA POPOLAZIONE NEOPLASTICA È POSITIVO CON ANTISIERO ANTI-RECETTORI |
ESTROGENICI (SPECIFICARE CLONE) | |
M70 | LE CELLULE NEOPLASTICHE SONO NEGATIVE CON ANTISIERO ANTI-RECETTORI ESTROGENICI |
(SPECIFICARE CLONE) | |
M71 | IL ……% DELLA POPOLAZIONE NEOPLASTICA È POSITIVO CON ANTISIERO ANTI-RECETTORI |
PROGESTINICI (SPECIFICARE CLONE) | |
M72 | LE CELLULE NEOPLASTICHE SONO NEGATIVE CON ANTISIERO ANTI-RECETTORI PROGESTINICI |
(SPECIFICARE CLONE) | |
M73 | IL ……% DELLA POPOLAZIONE NEOPLASTICA È POSITIVO CON ANTISIERO ANTI-KI67 |
(SPECIFICARE CLONE) | |
M74 | IL ……% DELLA POPOLAZIONE NEOPLASTICA È POSITIVO CON ANTISIERO ANTI- |
Her2 (score dako ). | |
M75 | le cellule neoplastiche sono negative con antisiero anti-Her2 neu |
M32 | LE CELLULE NEOPLASTICHE SONO RISULTATE POSITIVE CON ANTICORPO ANTI-RECETTORI PER GLI ANDROGENI (SPECIFICARE CLONE) |
M33 | LE CELLULE NEOPLASTICHE SONO POSITIVE CON ANTICORPO ANTI (SPECIFICARE CLONE) |
M60 | eseguita macrosezione (snomed F0100). |
M61 | staging: xX…….xX………(XXX, vii edizione 2010) |
M62 | Grading (quota infiltrante): G… (sec.xxxxxx e xxxxx histopathology 19:403, 1991) |
M63 | Grading (quota in situ): G……. (xxxxxxx et al sem diagn pathol 11:167, 1994) |
FIRME…………………………………………………. |
nota: per poter attribuire un pN occorrono almeno i linfonodi del I livello | |
IN UN NUMERO NON INFERIORE A 6 | |
CM 0,1 - 0,5 … PT1a | |
CM 0,5 -1 …… PT1b | |
CM 1 - 2 PT1c | |
CM 2 - 5 PT2 | |
> 5 cm pT3 | |
ESTENSIONE ALLA PARETE TORACICA PT4a (se edema o ulcerazione= pT4b) |
CAMPIONAMENTO DEI LINFONODI ASCELLARI
Se il tessuto adiposo del cavo ascellare viene inviato con reperi per la suddivisione in livelli, questi andranno rispettati nel campionamento. È comunque buona norma che il Chirurgo invii separatamente o chiaramente identificati da reperi i linfonodi dell’apice ascellare.
I linfonodi devono essere esaminati interamente. Pertanto al momento dell’esame macroscopico del pezzo chirurgico, andranno ricercati tutti i linfonodi. I linfonodi possono essere isolati dal grasso ascellare sia a tessuto fresco, sia a fissazione avvenuta. Per visualizzare i linfonodi immersi nel grasso può essere utile la fissazione in liquido di Bouin che indurisce i linfonodi e provoca una parziale dissoluzione del grasso. Tuttavia, quest’ultimo metodo ritarda il campionamento di un giorno.
È comunque importante cercare di eliminare il più possibile il grasso che circonda il linfonodo, al fine di facilitarne la processazione.
Ogni linfonodo deve essere esaminato in toto. Quindi, si potranno includere nel medesimo blocco linfonodi di dimensioni inferiori a 0.5 cm (da due a massimo 4 linfonodi, avendo cura di mettere nello stesso blocco linfonodi di dimensioni analoghe, per facilitarne il taglio) mentre linfonodi di dimensioni superiori andranno divisi in 2 o più parti (preferibilmente con sezioni lungo l’asse minore che permettono la visualizzazione di una maggiore superficie del seno marginale, punto di arrivo delle metastasi) e inclusi individualmente. La metodica di inclusione (più linfonodi o linfonodo singolo in più parti) deve essere descritta in modo da essere ricostruibile al momento dell’esame microscopico.
IL MANAGEMENT E LA DIAGNOSI ANATOMO-PATOLOGICA DEL LINFONODO SENTINELLA (SN) ASCELLARE NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA
I Linfonodi sentinella (SN) sono la sede più probabile di metastasi da tumore della mammella. Pertanto occorre individuare eventuali foci metastatici, se presenti, per consentire una corretta stadiazione che consenta di intraprendere i più appropriati interventi terapeutici e di follow-up. Lo scopo della stadiazione patologica dei linfonodi è di definire lo stato linfonodale, positivo o negativo che sia. I SN sono più frequentemente ascellari e solo occasionalmente appartengono ad altri distretti. La definizione del SN si basa sulla teoria di Xxxxxxx[14] che presuppone che i SN siano le prime stazioni di drenaggio della linfa proveniente dal tumore e, in quanto tali, rappresentano la sede più probabile di diffusione metastatica per via linfatica. La rimozione selettiva di questi linfonodi costituisce un’opportunità per studiarli dettagliatamente sul piano anatomopatologico.
Pertanto i SN sono sottoposti a indagini diagnostiche più approfondite rispetto agli altri linfonodi .
Campioni
I SN individualmente definiti come tali, devono essere identificati separatamente e chiaramente etichettati. Tre modalità di esami di linfonodi sono previste:
1 - Esame esclusivamente criostatico: tutto il SN viene esaurito durante l’esame intraoperatorio su sezioni criostatiche.
2 - Esame esclusivamente in paraffina: il SN viene fissato in formalina ed incluso in paraffina, secondo il protocollo descritto in seguito.
3 - Esame ibrido (in parte criostatico ed in parte su tessuto in paraffina): il SN giunge al laboratorio di Anatomia Patologica non fissato, viene sezionato e congelato in toto. Si eseguono due sezioni seriate, una viene colorata con ematossilina-eosina e la seconda con metodica immunoistochimica rapida. Al termine dell’esame intraoperatorio il tessuto linfonodale rimanente viene fissato in formalina, incluso in paraffina ed esaminato secondo le modalità descritte in seguito.
Se viene richiesto l’esame estemporaneo al criostato i SN vanno inviati privi di fissativo, immediatamente dopo l’asportazione, al laboratorio di Anatomia Patologica.
Se non viene richiesto l’esame estemporaneo al criostato i SN vanno fissati in formalina in contenitori idonei e quindi inviati al laboratorio di Anatomia Patologica.
Raccomandazione: La scelta del metodo da utilizzare per l’esame del SN sarà basata sulle risorse disponibili e sugli orientamenti assunti dall’Unità Operativa operante nelle singole Aziende sanitarie. L’esame intraoperatorio non dovrebbe essere richiesto nel caso in cui sia stato previsto il trattamento chirurgico in due tempi.
A- Esame intraoperatorio
È necessario valutare sempre il SN macroscopicamente in prima istanza (esame macroscopico ad occhio nudo e valutazione della consistenza alla palpazione). Occorre tenere presente che consistenza sostenuta e modificazione di colore della superficie possono essere conseguenza di processi non metastatici, come ad esempio fibrosi o linfomi. Il tessuto adiposo eccedente va rimosso con attenzione, salvaguardando la capsula del linfonodo.
L’esame microscopico del SN durante l’esame intraoperatorio può essere eseguito con sezioni criostatiche (FS) ed anche talvolta con citologia da apposizione (IC).
• È raccomandato di eseguire sezioni del linfonodo sentinella perpendicolari all’asse longitudinale.
• Il criostato nei SN più piccoli di 3 mm. è sconsigliato, ma occorre includerli in toto in paraffina.
• Quando si utilizza la tecnica aggiuntiva IC, si raccomanda di eseguire un’apposizione di tutta la superficie di sezione (una sola apposizione è sufficiente).
La sensibilità e il valore predittivo positivo dell’esame intraoperatorio del SN possono essere migliorati da tecniche specifiche come l’immunoistochimica rapida ( max 10 minuti) o l’indagine molecolare dei linfonodi.
L’immunoistochimica rapida [15] è la tecnica più utile nei carcinomi lobulari invasivi e in particolare consente una migliore e più esatta valutazione delle dimensioni del deposito metastatico e quindi della classificazione in cellule tumorali isolate, micro o macrometastasi[16].
Le indagini molecolari (basate sulla RT-PCR) possono rilevare le ITC più frequentemente rispetto alle metodiche istologiche. Tuttavia i risultati non possono essere convalidati rispetto al gold standard istologico in quanto tutto il tessuto linfonodale viene utilizzato per l’indagine molecolare.
B- Esame esclusivo in paraffina
Ciascun SN deve essere prelevato in maniera indipendente per l’esame microscopico.
Una sezione rappresentativa di ogni SN macroscopicamente metastatico è adeguata per diagnosi di metastasi senza ulteriore ricorso alla immunocitochimica.
• Se le dimensioni lo permettono, il SN va sezionato in campioni di 2 mm., perpendicolarmente all’asse longitudinale del linfonodo.
• Tutti i SN negativi all’esame macroscopico devono essere inclusi ed esaminati istologicamente.
C-Esame ibrido (criostato, immunocitochimica e paraffina):
Il SN giunge al laboratorio di Anatomia Patologica non fissato, viene sezionato e congelato in toto. Si eseguono due sezioni seriate, un viene colorata con ematossilina-eosina e la seconda con metodica immunoistochimica rapida.
Al termine dell’esame intraoperatorio il tessuto linfonodale rimanente viene fissato in formalina ed incluso in paraffina ed esaminato secondo le modalità descritte nella sezione seguente.
Sezioni in paraffina (tronco comune a B & C).
• Attualmente, per raggiungere il risultato minimo, nei SN negativi macroscopicamente o al criostato, tenendo comunque presente che l’obiettivo dovrebbe essere quello di identificare le micrometastasi, le sezioni tissutali dovrebbero essere eseguite in modo da identificare al meglio le metastasi di dimensioni comprese tra 0.2 mm e 2 mm di asse maggiore (micrometastasi).
• L’immunocitochimica con citocheratina è opzionale, secondo quanto indicato dalle linee guida Europee. Il Philadelphia consensus statement sui SN suggerisce l’uso della citocheratina per casi speciali, quando vi è incertezza diagnostica sul preparato in Ematossilina Eosina (EE) o quando il tumore primitivo è un carcinoma lobulare invasivo.
• La raccomandazione ottimale per ottenere la massima sensibilità prevede livelli a distanza di 200 micron sino all’esaurimento di ogni blocchetto, con sezioni colorate con EE, riservando una delle sezioni (nei casi negativi) per eventuale immunocitochimica oppure, in alternativa, come intervento essenziale, 4 sezioni, sempre a distanza di 200 micron, colorate con EE, ed in aggiunta un’ ulteriore sezione (nei casi negativi) per eventuale immunocitochimica. In questo secondo caso, se vi è interessamento del livello più profondo, il SN deve essere esaminato in toto (Protocollo RER 2008 Allegato 8 a pag. 61).
• Poiché l’esaurimento completo del blocchetto in paraffina non lascia ulteriore materiale, si raccomanda di iniziare ed esaminare inizialmente un limitato numero di sezioni, in modo da avere materiale residuo qualora vi siano possibili indicazioni di patologia di altra natura (es. linfoma).
In tutte e tre le metodiche descritte il referto istologico deve includere:
• il numero totale dei SN ricevuti,
• l’interessamento macroscopico se presente,
• il numero di linfonodi con malattia metastatica,
• l’entità dell’interessamento metastatico (categorie pN della 7th edition of the TNM classification of malignant tumours).
Nella clasificazione TNM deve essere usato il suffisso (sn) nel caso che lo stato linfonodale sia stato determinato unicamente sulla base della biopsia del SN (cioè senza dissezione ascellare).
In pratica il deposito metastatico va classificato come segue (UICC XXX, 0000):
a) macrometastasi = metastasi con asse maggiore > 2 mm [PN1(sn)].
b) micrometastasi = metastasi con asse maggiore compreso tra 0,2 e 2 mm [PN1 mi(sn) ]
c) cellule tumorali isolate(ITC) = singole cellule tumorali o metastasi con asse maggiore < 0,2 mm, oppure aggregati che contengano meno di 200 cellule [PN0 i+ (sn)].
La valutazione istologica del SN può essere di difficile interpretazione [17-19], soprattutto in caso di diagnosi differenziale tra ITC e micrometastasi. A tale proposito sono state formulate indicazioni sia da parte dello European Working Group on Breast Screening Pathology (EWGBSP) [17], sia da parte di un gruppo statunitense [20]. I due metodi, pur avendo alcune differenze, danno risultati sostanzialmente sovrapponibili nella classificazione delle metastasi da carcinoma duttale [21].
Il metodo proposto dallo EWGBSP si è dimostrato più accurato nella classificazione delle metastasi da carcinoma lobulare e pertanto viene qui adottato [22].
Suggerimenti per la diagnosi differenziale tra micrometastasi e ITC in casi dubbi [23]:
• La dimensione di un deposito metastatico di più cellule neoplastiche va misurata considerando qualsiasi aggregato di cellule in contatto tra loro.
• Se la metastasi induce reazione stromale desmoplastica, va misurata l’intera area che comprende cellule neoplastiche e reazione stromale.
• Il deposito metastatico va misurato indipendentemente dalla posizione, intra o extralinfonodale.
• In caso di depositi metastatici multipli nell’ambito di un linfonodo, solo il maggiore va misurato e considerato per la stadiazione.
• In caso di depositi metastatici multipli in linfonodi diversi di una singola paziente, va riportato il numero dei linfonodi interessati da ogni categoria (macrometastasi, micrometastasi o ITC).
Si raccomanda di esplicitare il protocollo usato e se la positività è stata verificata solo sulla base della EE o dell’immunocitochimica.
Commenti aggiuntivi
È importante eseguire una corretta valutazione del SN in quanto essa riflette lo stato dei restanti linfonodi ascellari. In questi ultimi anni sta emergendo anche l’importanza prognostica delle ITC [24, 25].
La sezione criostatica (FS) e la citologia da apposizione (IC) comportano il rischio di fornire falsi negativi o, più raramente, falsi positivi. Ciascuno di questi metodi è utile per valutazione intraoperatoria di SN, ma persiste il rischio, per ognuno di essi, di mancata identificazione di alcune metastasi del linfonodo.
In Allegato 9 a pag 65 una proposta di check-list per la refertazione del linfonodo sentinella.
Ringraziamenti
La parte patologica del SN è stata redatta in collaborazione con il Dr. Gabor Cserni.
ALLEGATO 8
LINFONODO SENTINELLA (STRALCIO DEL DOCUMENTO REGIONALE, LIMITATAMENTE ALLA ANATOMIA PATOLOGICA).
RACCOMANDAZIONI PER IL MANAGEMENT E LA DIAGNOSI ANATOMO- PATOLOGICA DEL LINFONODO SENTINELLA (SN) ASCELLARE NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA
I Linfonodi sentinella (SN) sono la sede più probabile di metastasi da tumore della mammella, pertanto occorre adoperarsi per individuare tali foci metastatici, se presenti, per consentire una corretta stadiazione del caso che consenta di intraprendere i più appropriati interventi terapeutici e di follow-up successivi.
a) Campioni
• I SN individualmente definiti come tali, devono essere identificati separatamente e chiaramente etichettati. I campioni dovrebbero essere inviati freschi, immediatamente dopo l’asportazione, al laboratorio di Anatomia Patologica o fissati in formalina in contenitori idonei nel caso non possa essere o non venga richiesto l’esame in estemporanea.
• Raccomandazione: la scelta del metodo da utilizzare per l’esame del SN sarà basata sulle risorse disponibili e sugli orientamenti assunti dall’Unità Operativa operante nelle singole Aziende sanitarie. L’esame intraoperatorio non dovrebbe essere richiesto nel caso in cui sia stato previsto il trattamento chirurgico in due tempi.
b) Esame intraoperatorio
• È necessario valutare sempre il SN macroscopicamente in prima istanza (esame macro ad occhio e valutazione della consistenza alla palpazione). Occorre tenere presente che consistenza sostenuta e modificazione di colore della superficie possono essere conseguenza di processi non metastatici, come ad esempio fibrosi o linfomi. Il tessuto adiposo eccedente va rimosso con attenzione, salvaguardando la capsula del linfonodo.
La sezione criostatica (FS) e la citologia da apposizione (IC) comportano il rischio di fornire falsi negativi o, più raramente, falsi positivi. Ciascuno di questi metodi è utile per valutazione intraoperatoria di SN, ma persiste il rischio, per ognuna di esse, di mancata identificazione di alcune metastasi del linfonodo.
È raccomandato di eseguire sezioni del linfonodo sentinella perpendicolari all’asse longitudinale. Il criostato nei SN più piccoli di 3 mm è sconsigliato, ma occorre includerli in toto in paraffina. Qualsiasi metodo si voglia seguire si raccomanda comunque di esaminare una parte del tessuto incluso in paraffina.
Se viene preferita la tecnica IC, si raccomanda di eseguire un’apposizione di tutta la superficie di sezione (una sola apposizione è sufficiente).
c) Tessuto incluso in paraffina
• Ciascun SN deve essere prelevato in maniera indipendente per l’esame microscopico.
• La metodologia seguita dovrebbe fornire le più ampie possibilità di rinvenire la malattia metastatica (macro/micrometastasi) per mezzo della colorazione con Ematossilina-Eosina (EE).
• Una sezione rappresentativa di ogni SN positivo (esame macro o intraoperatorio) è adeguata per diagnosi di metastasi senza ulteriormente ricorrere alla immunocitochimica.
• Se le dimensioni lo permettono, il SN dovrebbe essere sezionato in campioni di 2 mm., lungo l’asse perpendicolare.
• Tutti i SN negativi (esame macro o criostato) dovrebbero essere inclusi ed esaminati istologicamente.
d) Sezioni di tessuto in paraffina
• Attualmente, per raggiungere il risultato minimo, nei SN negativi, macro o FS tenendo comunque presente che l’obiettivo dovrebbe essere quello di tendere ad identificare le micrometastasi, le sezioni tissutali dovrebbero essere eseguite in modo da identificare al meglio le metastasi > 0.2 mm (micrometastasi).
• L’immunocitochimica con citocheratina è opzionale, secondo quanto indicato dalle linee guida Europee. Il Philadelphia consensus statement sui SN suggerisce l’uso della citocheratina per casi speciali come incertezza diagnostica sul preparato Ematossilina Eosina (EE) o come il carcinoma lobulare invasivo come tumore primario.
• La raccomandazione ottimale per ottenere la massima sensibilità prevede livelli a distanza di 200 micron sino all’esaurimento di ogni blocchetto, con sezioni colorate con EE, riservando una delle sezioni (nei casi negativi) per eventuale immunocitochimica oppure, in alternativa, come intervento essenziale, 4 sezioni, sempre a distanza di 200 micron, colorate con EE, ed in aggiunta un’ ulteriore sezione (nei casi negativi) per eventuale immunocitochimica. In questo secondo caso, se vi è interessamento del livello più profondo, il SN deve essere esaminato in toto.
• Poiché l’esaurimento completo del blocchetto in paraffina non lascia ulteriore materiale, si raccomanda di iniziare ed esaminare inizialmente un limitato numero di sezioni.
• Qualora vi siano possibili indicazioni di patologia di altra natura (es. linfoma) il linfonodo esce dal protocollo.
e) Referto
Dovrebbe includere:
- il numero totale dei SN ricevuti,
- l’interessamento macroscopico se presente,
- il numero di linfonodi con malattia metastatica,
- l’entità dell’interessamento metastatico (categorie pN della 6th edition of the TNM classification of malignant tumours).
Se si osservano diversi foci metastatici all’interno di un linfonodo, dovrebbe essere preso in considerazione il più ampio. Usando le categorie TNM deve essere usato il suffisso (sn) nel caso che lo stato linfonodale sia stato determinato unicamente sulla base della biopsia del SN (cioè senza dissezione ascellare).
Si raccomanda di esplicitare il protocollo usato e se la positività è stata verificata solo sulla base della EE o dell’immunocitochimica.
f) Commenti aggiuntivi
L’analisi molecolare al momento non viene raccomandata. Le cellule isolate tumorali, se riscontrate, vanno incluse nel referto, ma non è raccomandata la loro ricerca sistematica.
ALLEGATO 9
LINFONODO SENTINELLA MAMMELLA
DESCRIZIONE MACROSCOPICA
• Frammento di tessuto fibroadiposo di cm…….dal quale si isola linfonodo di cm… di
asse maggiore .
• Frammento di tessuto fibroadiposo di cm…….dal quale si isolano… linfonodi
rispettivamente di cm…….,………, ………, di asse maggiore .
DIAGNOSI ISTOLOGICA
• Un linfonodo reattivo, libero da neoplasia (PN0 sn).
• ……linfonodi reattivi, liberi da neoplasia. (PN0 sn).
• Un linfonodo con deposito di cellule tumorali di MM………(C.D. ITC) [deposito di dimensioni ≤0,2 MM]. PN0(I+)
• Alla seriazione del linfonodo in esame si evidenziano, con tecnica immunoistochimica (con anticorpo anti-citocheratina a basso peso molecolare) rare cellule tumorali isolate (C.D. ITC). PN0(I+) (sn).
• Alla seriazione del linfonodo in esame si evidenzia, con tecnica immunoistochimica (con anticorpo anti-citocheratina a basso peso molecolare) , un deposito metastatico di mm… (C.D. ITC) [DEPOSITO ≤0,2 MM]. PN0(I+) (sn)
• Deposito metastatico di MM………(C.D. ITC) [deposito ≤0,2 MM]. PN0(I+)(SN) in …..
su… linfonodi esaminati.
• depositi metastatici multipli, il maggiore dei quali ha dimensioni inferiori a mm… (C.D.
ITC) [deposito ≤0,2 MM]. PN0(I+)(sn) in ….. su… linfonodi esaminati.
• Un linfonodo con deposito metastatico di mm……..riferibile a micrometastasi [deposito metastatico >0,2 mm e < 2 mm]. PN1MI(sn)
• Deposito metastatico di mm… riferibile a micrometastasi [deposito metastatico >0,2 mm
e < 2 mm] in ….. su linfonodi esaminati. PN1MI (sn).
• Depositi metastatici multipli, il maggiore di di mm……..riferibile a micrometastasi [deposito metastatico >0,2 mm e < 2 mm] in ….. su linfonodi esaminati. PN1MI(sn).
• ………….linfonodi con micrometastasi [deposito metastatico >0,2 mm e < 2 mm] su
………linfonodi esaminati. PN1MI(sn)
• Un linfonodo sede di deposito metastatico di mm………riferibile a macrometastasi [deposito metastatico >2mm] (PN1 sn).
• Deposito metastatico di mm… riferibile a macrometastasi [deposito metastatico >2mm]
in …..su linfonodi esaminati. (PN1 sn).
• Depositi metastatici multipli, il maggiore di mm………riferibile a macrometastasi [deposito metastatico >2mm] in …..su linfonodi esaminati. (PN1 sn).
• [ ] ……….linfonodi con macrometastasi (dimensioni del deposito metastatico maggiore mm…....) su linfonodi esaminati. (PN1 sn).
• [ ] non si osserva superamento della capsula.
• [ ] si osserva superamento della capsula.
NB: IN TUTTE LE DESCRIZIONI VA AGGIUNTA LA DESCRIZIONE DEL METODO DI INDAGINE ESEGUITO. ESEMPIO: ESEGUITO PROTOCOLLO SECONDO LINEE GUIDA REGIONE XXXXXX-ROMAGNA.
VALUTAZIONE E REFERTAZIONE DEI DATI PROGNOSTICI/PREDITTIVI
DIMENSIONI DEL TUMORE
Carcinoma invasivo
Le dimensioni massime di ogni nodulo devono essere misurate macroscopicamente (vedere paragrafo dell’esame macroscopico).
Nel caso di tumori a crescita diffusa, soprattutto CLI, frequentemente le dimensioni vengono sottostimate macroscopicamente8. In questi casi il tumore andrà misurato su preparati istologici e nel referto dovrà comparire la nuova misurazione. Le macrosezioni sono ottimali.
Problemi nella valutazione delle dimensioni possono esserci anche in casi con precedente biopsia diagnostica o esame al congelatore o chemioterapia neoadiuvante. In questi casi è consigliabile confrontare le dimensioni macroscopiche e microscopiche con quelle radiologiche per ottenere una valutazione ottimale.
Nelle lesioni di piccole dimensioni precedentemente sottoposte a diagnosi pre-operatoria mediante mammotome è opportuno che la valutazione finale integri i dati pre-operatori con quelli dell’esame istologico definitivo.
Le dimensioni devono essere refertate in millimetri, come “asse maggiore”. Ogni focolaio separato deve essere misurato indipendentemente. Invasioni vascolari o nervose non devono essere incluse nella misurazione.
Talora può essere difficile capire se due focolai vicini fanno parte di un’ unica massa o sono realmente separati: in questo caso la presenza di strutture ghiandolari normali interposte tra i due foci può aiutare a considerare i due foci come distinti. Anche la distanza tra le lesioni può essere utile nel prendere una simile decisione: è praticamente impossibile fornire criteri oggettivi in questo tipo di valutazione, tuttavia, indicativamente si possono considerare foci indipendenti con ragionevole sicurezza quelli separati da 5 mm o più di tessuto sano.
Carcinoma in situ
La LN è spesso multifocale8 e la misurazione della sua estensione è poco realistica, nonchè poco utile ai fini prognostici. Solo il CDIS/DIN deve essere misurato.
Tuttavia la misurazione del CDIS/DIN in due dimensioni induce quantomeno una sottostima della sua reale estensione. Infatti la struttura arborescente dell’albero duttale mammario fa sì che il CDIS/DIN non formi una struttura rotondeggiante, ma crescendo lungo i dotti formi invece una struttura ramificata, il cui reale volume richiederebbe un calcolo complesso.
In caso di CDIS/DIN esteso, le macrosezioni consentono una migliore ricostruzione dell’estensione poichè, anche in casi in cui macroscopicamente la reale estensione non è apprezzabile, si hanno maggiori possibilità di comprendere tutta la lesione in un unico vetro istologico.
Carcinoma invasivo e circostante carcinoma in situ
Il CI deve essere misurato come indicato sopra. Tuttavia, se il CI è associato a CDIS, e quest’ultimo si estende oltre 1 mm dalla periferia della componente invasiva, occorrerà indicare sia le dimensioni del CDIS che quelle complessive, comprendenti tutte e due le componenti (fig.3)
Figura 3
A
B
A = dimensioni carcinoma invasivo B = dimensioni totali del tumore
MULTICENTRICITÀ
La definizione di lesione multicentrica o multifocale ha sempre creato numerosi dibattiti. Attualmente si tende a considerare come multicentrici i focolai di carcinoma invasivo che siano chiaramente separati tra loro da tessuto sano (2 cm) e, quindi, non connessi da foci di CDIS/DIN.
GRADO DI DIFFERENZIAZIONE
Il grado istologico fornisce importanti informazioni prognostiche. La sua valutazione richiede però criteri stringenti. Il metodo più seguito è quello descritto da Xxxxxx e Xxxxx [26] e comprende la valutazione di 3 parametri: formazione di tubuli/acini, aspetti nucleari, e mitosi. Ogni parametro riceve un punteggio da 1 a 3 e la somma finale dei punteggi corrisponde al grado (vedi schema sotto).
La formazione di tubuli deve essere valutata su tutto il tumore. La conta delle mitosi è preferibilmente effettuata alla periferia del nodulo.
INVASIONE VASCOLARE
La presenza di invasione vascolare è un fattore prognostico sfavorevole, in quanto fornisce indicazioni riguardo la possibilità di recidive e sopravvivenza . Poichè è difficile distinguere tra capillari ematici e vasi linfatici, si suggerisce di riferirsi genericamente a “spazi vascolari”; marcatori come CD31 (endoteli ematici) e X000 (xxxxxxxx linfatici) possono essere utili. È anche difficile distinguere se le cellule tumorali sono effettivamente dentro spazi vascolari o all’interno di spazi artefattuali. A questo proposito si suggerisce di verificare la presenza della rima endoteliale con immunocitochimica e di eritrociti o materiale trombotico all’interno dello spazio. Infine si sottolinea che negli spazi artefattuali di solito i gruppi di cellule neoplastiche assumono la stessa forma dello spazio in cui sono contenuti.
VALUTAZIONE RECETTORI ORMONALI, HER 2, KI 67 .
SCELTA DEL CAMPIONE
È necessario mettere in opera tutte le procedure atte a garantire l’immediata, adeguata e completa fissazione, anche attraverso la rivisitazione delle procedure che possono coinvolgere altri operatori.
− Pezzo operatorio: tempo di fissazione ottimale compreso tra 24 e 48 ore in formalina neutra tamponata al 10%.
− Materiale bioptico: tempo di fissazione uguale o superiore a 6 ore in formalina neutra tamponata al 10%.
L’uso di altri fissativi è ammesso purchè sia validato presso l’istituzione stessa.
È auspicabile che l’inclusione scelta comprenda oltre alla neoplasia anche parenchima non neoplastico.
La valutazione dei parametri biologici va sempre effettuata sulla componente invasiva del tumore anche nelle forme micro-invasive. Qualora la componente micro-invasiva non sia più disponibile sulle sezioni successive, va esplicitato nel referto che la valutazione è limitata alla componente in situ.
Nel caso di neoplasie multiple la determinazione dei parametri biologici va effettuata su tutte le lesioni se di diverso istotipo o grado. Nel caso di recidiva o metastasi va ripetuta.
Nei casi di carcinoma duttale in situ la determinazione dell’assetto recettoriale va eseguita su richiesta.
Si raccomanda l’effettuazione dei test entro 2 settimane dall’allestimento delle sezioni (3-5 micron di spessore)[27].
DETERMINAZIONE DEI RECETTORI ORMONALI
Il referto deve riportare il clone utilizzato e la ditta fornitrice del sistema di rivelazione per la determinazione immuno-cito-chimica dei recettori. La valutazione è nucleare.
Il controllo positivo interno e/o esterno deve mostrare una colorazione eterogenea delle cellule luminali normali con cellule non colorate accanto ad altre debolmente colorate ed intensamente colorate.
Le cellule mioepiteliali e stromali sono un utile controllo interno negativo. La colorazione di questi elementi è segno di aspecificità della reazione.
La valutazione semiquantitativa dell’assetto recettoriale deve essere espressa in valori percentuali e deve corrispondere alla espressione media di recettore dell’intera sezione esaminata.
L’intensità di colorazione (lieve, moderata, intensa) è facoltativa.
In caso di negatività dei recettori per gli Estrogeni e di positività per il Progesterone, si raccomanda di ripetere la determinazione in quanto, pur possibile, l’evento è poco probabile.
Non è ancora definito il significato prognostico-predittivo dei Recettori Androgeni nel carcinoma della mammella, nonostante la determinazione non sia raccomandata, l’uso può essere ammesso nell’ambito di protocolli di ricerca[28-30].
DETERMINAZIONE DELL’INDICE DI PROLIFERAZIONE (KI67)
La valutazione della frazione di cellule proliferanti è espressa come percentuale di cellule positive per Ki67 indipendentemente dall’intensità di colorazione e va effettuata alla periferia della neoplasia su più campi non selezionati. La valutazione è nucleare. Il referto deve riportare il clone utilizzato e la ditta fornitrice.
DETERMINAZIONE DI HER 2
L’immuno-istochimica (IIC) è la metodica più comunemente usata come valutazione di primo livello.
Le metodiche di ibridizzazione in situ (ISH) sono normalmente utilizzate per confermare i casi equivoci in IIC (2 +), ma possono essere utilizzate come valutazione di primo livello per determinare lo stato di Her2. Il referto deve riportare il clone utilizzato e la ditta fornitrice.
LETTURA DEL PREPARATO IN IMMUNO-ISTOCHIMICA:
La valutazione è di membrana.
È opportuno valutare l’intera neoplasia infiltrante evitando campi con artefatti morfologici più spesso periferici.
CRITERI DI VALUTAZIONE (AIOM/SIAPEC)
Lo stato di Her 2 deve essere espresso mediante lo score system:
- Score 0 quando c’è assenza completa di reattività o la reattività è debole e discontinua in meno del
10% delle cellule neoplastiche.
- Score 1 + quando la reattività è debole e discontinua in più del 10% delle cellule
- Score 2 + quando la reattività è continua lungo la membrana e l’intensità è debole o moderata in più del 10% delle cellule.
- Score 3 + quando la reattività è continua e l’intensità è forte in più del 10% delle cellule. Nel referto vanno riportati i dati salienti della procedura analitica impiegata[27].
Controlli di qualità
In presenza di immuno-reattività 2 + in strutture duttulo-lobulari normali la procedura va nuovamente standardizzata (con particolare riferimento a tempi e modalità di fissazione).
È necessario che ogni laboratorio includa sezioni e/o linee cellulari di controllo positivo (3 +) e negativo (0; 1 +) in ogni sessione di colorazione.
La valutazione dell’immunoreattività dei controlli deve precedere quella dei campioni in esame.
LETTURA DEL PREPARATO IN IBRIDIZZAZIONE IN SITU (ISH)
Le metodiche di ibridizzazione in situ sono normalmente utilizzate per confermare i casi equivoci in IIC (2 +), ma possono essere egualmente utilizzate come valutazione di primo livello per determinare lo stato di Her 2.
Le metodiche utilizzate sono la FISH quando la sonda è coniugata con un florocromo, la CISH quando la sonda è coniugata con un cromogeno e la SISH quando la sonda è coniugato con sali d’argento.
FISH/CISH/SISH possono essere efficacemente impiegati su preparati istologici fissati in formalina neutra tamponata. ISH rappresenta la metodica di elezione per preparati citologici (convenzionali o in monostrato) di lesioni metastatiche. I tessuti fissati in Bouin o decalcificati non sono adeguati per la valutazione di amplificazione di Her 2.
Nel referto vanno riportati i dati salienti della procedura analitica impiegata.
VALUTAZIONE DEI RISULTATI FISH
Si raccomanda di valutare non meno di 20 cellule/campo in almeno 2 campi della componente invasiva identificata sulla sezione in ematossilina eosina. I preparati citologici vanno esaminati interamente.
Nel caso di FISH dual-color si contano i segnali del centromero ed i segnali del gene per ogni singola cellula. Si sommano i segnali del gene e del centromero e si fa il rapporto delle 2 somme. Se il rapporto è >2, la neoplasia va considerata amplificata.
Nei casi con rapporto gene/cromosoma 17 tra 1,8-2,2 (casi border-line) la conta dovrebbe essere ripetuta dallo stesso o da un secondo osservatore oppure il caso va ritestato in immuno-istochimica se ISH è utilizzato come test iniziale.
Nel caso di test FISH con la sola sonda del gene, si contano il numero di copie di HER 2 per ogni singolo nucleo e se il valore medio delle copie del gene di tutti i nuclei valutati è >6 il caso è considerato amplificato. Neoplasie con valori medi tra 4-6, sono considerate border-line.
È auspicabile documentare il risultato delle indagini con una immagine fotografica digitale.
VALUTAZIONE DEI RISULTATI CISH/SISH
Si deve esaminare tutta la sezione a 20x, ma l’analisi viene condotta ad ingrandimento 40x.
Nel caso in cui si rilevi omogeneità di segnale, selezionare almeno 2 campi della neoplasia infiltrante e valutarli ad alto ingrandimento, evitando le aree periferiche della sezione.
I preparati citologici vanno esaminati interamente. In caso di sicura amplificazione (>10 segnali o clusters) o non amplificazione (1-4 segnali), l’analisi può essere effettuata a 40x.
In presenza di un numero di segnali compreso tra 5 e 10 è opportuno proseguire l’analisi a maggior ingrandimento (63x o 100x) contando almeno 40 cellule.
È opportuno determinare la media dei segnali CEP17 e la media dei segnali HER 2 osservati nelle due sezioni consecutive.
È opportuno esaminare il preparato allestito con la CISH sulla base della reattività dell’IIC. Nei casi
eterogenei si può esprimere il risultato anche come percentuale di cellule amplificate[27].
Casi particolari: Eterogeneità
Non è raro il riscontro di eterogeneità nella iperespressione/amplificazione di HER 2 nei tumori mammari. In caso di popolazione neoplastica eterogenea è opportuno riportare la percentuale di cellule in cui il gene risulta iperespresso/amplificato.
È opportuno aggiungere nel referto la percentuale di cellule con amplificazione del gene (ratio>2 o numero di copie HER 2 >6 o cluster), anche se inferiore al 10%.
Casi particolari: Polisomia
Il carcinoma è considerato polisomico quando la media delle copie del centromero 17 è ≥3. La vera polisomia del cromosoma 17 è un evento molto raro.
La presenza di un numero di segnali >2 del centromero del 17 è quasi sempre causata da gain o da amplificazione di tale regione e non da polisomia. In questi casi, onde evitare sottostime della amplificazione di HER 2, si deve considerare amplificato il carcinoma che mostri un valore medio
>6 copie del gene per cellula, o clusters. Il referto deve includere la dizione "non amplificato" o "amplificato" e la giustificazione (ratio ≥2 per i casi disomici, o >6 copie del gene o clusters di HER2 nei casi apparentemente polisomici)[27, 31].
CONTROLLI DI QUALITÀ
È opportuno utilizzare controlli positivi esterni di reazione periodicamente e, comunque, a ogni cambio di lotto del kit.
È necessario pianificare la verifica periodica (annuale/semestrale) del tasso di positività IIC/ISH per HER 2 nei casi testati localmente (percentuale attesa di casi con iperespressione/amplificazione di HER 2 =15-20% dei casi di carcinoma mammario primitivo).
È fortemente raccomandata la partecipazione a programmi di controllo esterno della qualità (VEQ) per la determinazione di ER, PR, Ki67 e HER 2.
Chi valuta il risultato
L’interpretazione dei risultati relativi allo stato di HER 2 deve essere effettuata da personale con esperienza in patologia mammaria e nelle procedure utilizzate. I dati devono essere integrati nel referto istopatologico e la loro congruità garantita dal Patologo (Raccomandazioni AIOM-SIAPEC- IAP).
TNM MAMMELLA VII Edizione
Stadiazione clinica
Viene rappresentata con il prefisso “c”.
Tumore primitivo (cT)
Nel caso in cui siano presenti più tumori primitivi nella stessa mammella, il T viene assegnato sulla base delle dimensioni del tumore più grande. La presenza e la dimensione degli altri tumori viene registrata utilizzando il suffisso “m”.
< . TX Tumore primitivo non identificato
< . T0 Non evidenza del tumore primario
< . Tis Carcinoma duttale in situ (DCIS), carcinoma lobulare in situ (LCIS), malattia di Xxxxx del capezzolo senza carcinoma infiltrante (se presente l’infiltrante, la malattia di Xxxxx viene classificata sulla base delle dimensioni del carcinoma sottostante)
< . T1 Tumore di dimensioni massime < o uguali a 2.0 cm:
o T1mi Tumore di dimensioni massime < o uguali a 0.1 cm
o T1a Tumore di dimensioni massime > 0.1 cm ma < o uguali a 0.5 cm
o T1b Tumore di dimensioni massime > 0.5 cm ma < o uguali a 1.0 cm
o T1c Tumore di dimensioni massime > 1.0 cm ma < o uguali a 2.0 cm
< . T2 Tumore di dimensioni massime > 2.0 cm ma < o uguali a 5.0 cm
< . T3 Tumore di dimensioni massime > 5.0 cm
< .T4 Tumore di qualsiasi dimensioni esteso alla parete toracica (per cui si intende invasione di coste, muscolo serrato anteriore e/o muscoli intercostali; il muscolo pettorale non è dunque compreso) o alla cute:
o T4a Estensione alla parete toracica
o T4b Edema (compresa la peau d’ orange), ulcerazione della cute della mammella, presenza di noduli satelliti confinati nella stessa mammella.
o T4c,= T4a + T4b
o T4d Carcinoma infiammatorio, definito come eritema diffuso ed edema che coinvolge almeno 1/3 della cute della mammella.
Linfonodi regionali (cN)
Per “clinicamente rilevabile” si intende una rilevazione, con esami fisici o strumentali (escludendo la linfoscintigrafia), di caratteristiche altamente sospette per malignità, oppure una rilevazione, con agoaspirato con ago sottile, di una presumibile macrometastasi (in tal caso si utilizza il suffisso (f)).
< . cNX Informazione non disponibile sui linfonodi regionali
< .cN0 Linfonodi regionali liberi da metastasi
< .cN1 Metastasi a linfonodi ascellari omolaterali del 1° e 2° livello, mobili
< . cN2 Metastasi in linfonodi ascellari omolaterali del 1° e 2° livello fissi o in linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili in assenza di metastasi clinicamente evidenti nei linfonodi ascellari del 1° e 2° livello:
o cN2a Metastasi a linfonodi ascellari del 1° e 2° livello omolaterali, fissi tra loro o ad altre strutture
o cN2b Metastasi solo clinicamente rilevabili in linfonodi mammari interni in assenza di metastasi clinicamente evidenti nei linfonodi ascellari
< .cN3 Metastasi in linfonodi sottoclaveari omolaterali (linfonodi ascellari del 3° livello) con o senza coinvolgimento di linfonodi ascellari del 1° e 2° livello; o in linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili in presenza di metastasi clinicamente evidenti in linfonodi ascellari del 1° e 2° livello; o metastasi in linfonodi sovraclaveari omolaterali con o senza coinvolgimento dei linfonodi ascellari o mammari interni:
o cN3a Metastasi linfondali sottoclaclaveari omolaterali
o cN3b Metastasi linfondali mammari interni e ascellari omolaterali
o cN3c Metastasi linfondali sovraclaclaveari omolaterali
Metastasi a distanza (cM)
< . cM0 No evidenza di metastasi a distanza
< . cM0(i+) Presenza di depositi di cellule tumorali < o uguali a 0.2 cm evidenti microscopicamente
o con tecniche di biologia molecolare nel sangue circolante e/o nel midollo osseo e/o in tessuto nodale non regionale
< . cM1 Evidenza di metastasi a distanza
Classificazione anatomo-patologica
Viene rappresentata con il prefisso “p”.
Tumore primitivo (pT)
La stadiazione ricalca quella del T clinico preoperatorio.
N.B. In caso di diagnosi clinica di carcinoma infiammatorio (cT4d), se la biopsia della cute è negativa per carcinoma e non vi è cancro primitivo localizzato misurabile, nello staging patologico la categoria T va indicata come pTX.
Linfonodi regionali (pN)
Nel caso in cui la valutazione patologica interessi solo da 1 a 6 linfonodi sentinella, viene utilizzato il suffisso (sn).
< . pNX I linfonodi regionali non possono venire valutati (non sono stati esaminati o sono stati rimossi in precedenza)
< . pN0 Non metastasi nei linfonodi regionali:
o.. pN0(i-) Non metastasi rilevabili con tecniche immunoistochimiche
o ..pN0(i+) Rilevazione di ITC (cellule tumorali isolate o formanti aggregati non più grandi di 0.2 mm o non più di 200 cellule)
o.. pN0(mol-) Non metastasi nei linfonodi regionali rilevabili con tecniche di biologia molecolare (RT-PCR)
o .. pN0(mol+) Rilevazione unicamente molecolare (RT-PCR)
< .pN1 Micrometastasi (aggregati di cellule tumorali > 0.2 mm e/o > 200 cellule, ma < o uguali a 2 mm) o metastasi a 1-3 linfonodi ascellari omolaterali, e/o linfonodi mammari interni omolaterali con metastasi microscopica rilevata valutando il linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabile:
o.. pNmi Micrometastasi
o.. pN1a Metastasi in 1-3 linfonodi ascellari
o ..pN1b Metastasi in linfonodi mammari interni o .. pN1c = pN1a + pN1b
< . pN2 Metastasi in 4-9 linfonodi ascellari omolaterali, o in linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili in assenza di metastasi in linfonodi ascellari:
o pN2a Metastasi in 4-9 linfonodi ascellari
o pN2b Metastasi clinicamente rilevabile in linfonodi mammari interni, in assenza di metastasi in linfonodi ascellari
< .pN3 Metastasi in >=10 linfonodi ascellari omolaterali; o in linfonodi sottoclaveari (linfonodi ascellari del 3° livello) o metastasi clinicamente rilevabili in linfonodi mammari interni omolaterali in presenza di metastasi in uno o più linfonodi ascellari; o in > 3 linfonodi ascellari con metastasi microscopiche, clinicamente negative, in linfonodi mammari interni; o in linfonodi sovraclaveari omolaterali:
o pN3a Metastasi in .>=10 linfonodi ascellari o metastasi in linfonodi sottoclaveari
o pN3b Metastasi clinicamente rilevabili in linfonodi mammari interni in presenza di
metastasi in linfonodi ascellari; o metastasi in > 3 linfonodi ascellari e linfonodi mammari interni con metastasi microscopiche rilevate valutando il linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabili
o pN3c Metastasi in linfonodi sovraclaveari omolaterali
Metastasi a distanza (pM)
La stadiazione ricalca quella del M clinico preoperatorio. M0 non è previsto.
Classificazione dei residui tumorali
Presenza o assenza di residui tumorali dopo il trattamento chirurgico vengono indicate con la lettera R.
< . RX non può essere accertata la presenza di residui tumorali
< R0 non vi sono residui tumorali
< R1 residui tumorali microscopici
< R2 residui tumorali macroscopici
Classificazione dei residui tumorali post-terapia neoadiuvante
Viene rappresentata con il prefisso “y”, cui segue “c” o “p”. Per il T, si misura il più grande focus di tumore invasivo residuo, utilizzando “m” se multipli foci sono residui; per l’N e per l’M rimane la stessa stadiazione preoperatoria..
Per concludere
La stadiazione TNM non viene mai cambiata nella storia della malattia, eccetto i casi in cui:
- si è verificata una risposta patologica completa a terapia neoadiuvante (ypT0ypN0M0), in tal caso non si effettua più stadiazione;
- si ha comparsa di metastasi post-intervento entro 4 mesi dalla diagnosi in assenza di progressione di malattia e a patto che non sia stata effettuata terapia neoadiuvante.
STADIAZIONE ANATOMO-PATOLOGICA POST CHEMIOTERAPIA NEO- ADIUVANTE
Dopo il trattamento primario, in relazione alla risposta valutata con metodiche clinico-strumentali, le pazienti sono sottoposte a terapia conservativa o a mastectomia totale.
La valutazione macroscopica deve prendere in considerazione che spesso non c’è corrispondenza fra risposta clinica e risposta patologica.
La valutazione anatomo-patologica dei campioni chirurgici di mastectomie in pazienti sottoposte a trattamento neo-adiuvante può essere difficile soprattutto nei casi con buona risposta al trattamento.
Per eseguire un corretto campionamento è indispensabile che il chirurgo indichi:
a) la sede della neoplasia.
b) le dimensioni della neoplasia prima del trattamento.
c) se la neoplasia è uni o multifocale.
Lo specialista che esegue l’agobiopsia prima del trattamento può favorire il corretto campionamento dell’area patologica inserendo un repere al momento dell’agobiopsia [32].
È auspicabile che il patologo abbia la possibilità di rivalutare le immagini radiologiche (inclusa la risonanza magnetica nucleare – RMN) ed i relativi referti assieme al radiologo senologo che le ha refertate[33] in modo che il campionamento sia mirato specificatamente alle aree che risultano patologiche radiologicamente.
Queste precauzioni sono particolarmente importanti nei casi con risposta quasi completa al trattamento neo-adiuvante.
L’agobiopsia pre-operatoria deve essere rivalutata al momento dell’esame istologico della mastectomia post-chemioterapia neoadiuvante.
ESAME MACROSCOPICO E CAMPIONAMENTO
Per quanto valgano tutte le indicazioni generali relative alle varie fasi di esecuzione del campionamento macroscopico in funzione delle diverse tipologie chirurgiche, vi sono alcuni suggerimenti specifici riguardanti i casi sottoposti a trattamento neoadiuvante. In particolare è consigliato:
• invio a fresco del pezzo operatorio
• in caso di terapia conservativa talvolta è consigliabile eseguire esame al congelatore,
• specie nei casi di risposta clinica completa, per:
A. identificazione del “tumour bed”
B. la valutazione dei margini rispetto al “tumour bed”.
Dopo opportuna marcatura con inchiostro di china dei margini in caso di TERAPIA CONSERVATIVA o del piano profondo in caso di mastectomia:
• eseguire tagli seriati di 0,5 cm al massimo di spessore, lungo l’asse minore del campione: si ottengono sezioni di tessuto mammario che vengono disposte su un piano facendo attenzione a rispettare l’orientamento dei margini.
È utile valutare radiologicamente le sezioni macroscopiche ottenute[34].
Se l’area neoplastica è stata marcata prima del trattamento neo-adiuvante si deve ricercare il marcatore utilizzato ed effettuare il campionamento su tale sede[35]. In caso sia possibile valutare radiologicamente le sezioni si procede nel seguente modo:
• Le sezioni così preparate vengono radiografate: si ottengono radiogrammi che mostrano le clips inserite in stereotassi, prima del trattamento,
• Campionamento mirato del tessuto mammario sotto guida radiografica: in particolare eseguire prelievi su tutte le sezioni mantenendo la corrispondenza con le immagini radiologiche valutabili direttamente sul radiogramma, a livello di ogni singola sezione ottenuta: insieme all’area tumorale, il radiologo deve segnalare ogni area sospetta (di microcacificazioni, fibrosi) che quindi va campionata.
In ogni caso:
• Il campionamento deve essere il più esteso possibile e comprendere tutta l’area riferibile al
c.d. “tumour bed”
• L’area riferibile al “tumour bed” deve essere prelevata e inclusa in toto e misurata nelle 3 dimensioni
• Il campionamento in caso di risposta clinica completa deve includere tutta l’area fibrotica e/o corrispondente per sede ed estensione alla neoplasia pre-terapia (è sempre consigliabile effettuare la valutazione con l’ausilio dei dati ottenuti dai radiogrammi e/o dalla RNM pre- e post-terapia).
• Il campionamento in caso di risposta clinica parziale deve includere tutta l’area neoplastica residua identificabile, che va misurata nelle sue dimensioni maggiori, e la componente fibrotica e/o corrispondente per sede ed estensione alla neoplasia pre-terapia (è sempre consigliabile effettuare la valutazione con l’ausilio di radiogrammi e/o dati RNM pre- e post- terapia).
• Le macrosezioni possono essere di notevole ausilio e pertanto è auspicabile che vengano incentivate per meglio ricostruire le dimensioni ed il numero degli eventuali foci neoplastici residui.
I linfonodi del cavo ascellare vanno isolati, contati ed inclusi in toto, con modalità sovrapponibili a quelle impiegate nei casi non preceduti da chemioterapia. È possibile che il numero dei linfonodi isolati sia inferiore a quello che si trova normalmente[36].
ESAME MICROSCOPICO:
Quando si verifica risposta al trattamento chemioterapico neo-adiuvante è importante identificare istologicamente l’intera area corrispondente alla neoplasia, per verificare se sia stata asportata chirurgicamente per
a) valutare l’entità della risposta al trattamento
b) in caso si sia deciso di fare un trattamento conservativo, è necessario essere certi che tutta l’area precedentemente occupata dalla neoplasia sia inclusa nel prelievo. In pratica l’area patologica va trattata come si fa normalmente con le neoplasie comuni (misurarla e valutarne la distanza dai margini).
La risposta completa alla terapia è indicata da infiltrato flogistico con aggregati di macrofagi e depositi di emosiderina. Edema e necrosi possono essere presenti[34].
Per identificare cellule tumorali singole o piccoli nidi di cellule neoplastiche residue può essere utile l’indagine immunoistochimica con anticorpi anti citocheratine ad ampio spettro.
La chemioterapia può sterilizzare l’intera area di carcinoma infiltrante ma possono residuare foci di carcinoma in situ o emboli neoplastici endovascolari [37].
L’epitelio di rivestimento dei lobuli non neoplastici può presentare modificazioni apocrine.
FATTORI PROGNOSTICI E PREDITTIVI.
Dimensioni della neoplasia residua, grading e fattori predittivi, quali positività per recettori estrogenici (ER), progestinici (PR) e per HER 2, vengono in genere modificati dal trattamento chemioterapico.
Gli stessi parametri peraltro possono essere di difficile valutazione sulla biopsia pre-operatoria [38, 39].
Pertanto è importante ripetere sempre le valutazioni su tessuto asportato chirurgicamente dopo la chemioterapia e confrontare i risultati con quanto osservato prima della terapia neo-adiuvante.
ESAME ISTOLOGICO DEI LINFONODI
Tutti i linfonodi identificati macroscopicamente devono essere esaminati istologicamente in toto. Il referto istologico relativo ai linfonodi del cavo ascellare deve includere:
a) il numero totale dei linfonodi esaminati
b) il numero dei linfonodi contenenti metastasi e l’eventuale superamento capsulare
c) il numero dei linfonodi che presentano aspetti correlati alla regressione tumorale (fibrosi, macrofagi con emosiderina, alterazioni architetturali)
In casi dubbi la ricerca di cellule neoplastiche residue può essere eseguita con indagine immunoistochimica con sieri anti citocheratine ad ampio spettro[40].
REFERTO SULLA RISPOSTA TUMORALE
Sono stati pubblicati vari sistemi di grading per valutare la risposta neoplastica alla terapia neo- adiuvante e attualmente non vi è consenso unanime su quale abbia il miglior impatto prognostico.
Di seguito viene proposto il sistema recentemente elaborato da Xxxxxx e coll.[34] che è quello adottato dalle linee guida Europee 2012 (in stampa).
Risposta tumorale
1. | Risposta tumorale completa suddivisa in: i) assenza di carcinoma residuo (ii) assenza di carcinoma infiltrante residuo, ma presenza di carcinoma in situ. |
2. | Risposta parziale alla terapia suddivisa in: (i) minimo residuo neoplastico ( < 10% della totale area neoplastica) (ii) evidenza di risposta alla terapia, ma con residuo neoplastico pari al 10–50% della neoplasia (iii) residuo neoplastico > 50% del tumore, e presenza di aree di fibrosi, flogosi, macrofagi con emosiderina. |
3. | Non evidenza di risposta alla terapia. |
Risposta a livello linfonodale
1. | Non evidenza di depositi metastatici e non evidenza di modificazioni a carico del parenchima linfonodale. |
2. | Non evidenza di depositi metastastici ma evidenza di modificazioni (fibrosi, flogosi ecc) che indicano un down-staging legato alla chemioterapia neo-adiuvante. |
3. | Presenza di depositi metastatici associati a modificazioni indicative di risposta parziale alla terapia. |
4. | Presenza di depositi metastatici non associati a modificazioni indicative di risposta parziale alla terapia. |
Riassumendo il patologo deve riportare i seguenti punti:
1. Presenza o assenza di carcinoma in situ o invasivo.
2. Tipo e grado istologico della neoplasia residua (analogamente ai casi non trattati).
3. Dimensioni dei residui neoplastici o dell’area con modificazioni post-chemioterapia.
4. Percentuale di fibrosi, necrosi e risposta infiammatoria.
5. Presenza o assenza di multifocalità neoplastica.
6. Presenza o assenza di modificazioni post-chemioterapia sul carcinoma in situ od invasivo.
7. Margini di resezione.
8. Interessamento linfonodale (Numero totale dei linfonodi, numero dei linfonodi metastatici, numero dei linfonodi con modificazioni regressive).
Sull’agobiopsia precedente il trattamento chemioterapico vanno riportati:
1. Istotipo
2. Grado
3. Presenza o assenza di invasione vascolare
4. Presenza di carcinoma in situ
5. ER, PR, Ki67 ed HER 2.
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TRATTAMENTO CHIRURGICO
Xxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx
La parte relativa al trattamento chirurgico del Protocollo è stato sottoposto e condiviso dai seguenti chirurghi della regione Xxxxxx-Romagna (in ordine alfabetico): Paolo Carcoforo (Ferrara), Xxxxxxxx Xxxxxxxxx (Parma), Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxx (Bologna), Xxxxxxxx Xxxxxxx (Ravenna), Xxxxxxxxx Xxxxxxx (Reggio Xxxxxx), Xxxxxxx Xxxxx (Forlì), Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxx (Carpi), Xxxxxxx Xxxxxxxxx (Piacenza), Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx (Imola), Xxxxx Xxxxx (Parma)
La tempestività e l’elevata qualità del trattamento chirurgico rappresentano momenti essenziali per il successo di un programma di screening mammografico per il cancro mammario. Gli svantaggi del programma di screening in termini di biopsie inutili, false rassicurazioni, ansia indotta e sovratrattamento devono essere minimizzati dal controllo di qualità della procedura a tutti i livelli: diagnostico, organizzativo e terapeutico; per garantire un’elevata qualità di prestazione occorre monitorare i risultati come suggerito dalle European Guidelines for Quality Assurance così come dal Gruppo Italiano per lo Screening Mammografico (GISMa).
Standard adeguati di trattamento sono necessari, non solo per ottenere un corretto risultato in termini di recidive e sopravvivenza, ma anche per garantire risultati cosmetici e funzionali validi ed evitare mutilazioni oncologicamente inutili e complicanze invalidanti.
Questo principio dovrebbe essere valido sempre, ma è indispensabile, prima di disegnare un programma di screening, verificare le condizioni che garantiscano questi presupposti per bilanciare positivamente gli svantaggi e permettere il raggiungimento degli obiettivi finali: adeguata sopravvivenza globale e libera da malattia, appropriatezza del trattamento meno mutilante possibile, minima percentuale di complicanze, alta percentuale di esiti estetici soddisfacenti.
In un’area geografica ove si voglia organizzare un programma di screening è necessario non solo garantire strutture adeguate per il trattamento ma intervenire sulla formazione degli operatori, e qualora si rilevino carenze organizzativo-strutturali, suggerire alle autorità preposte i correttivi necessari.
La verifica dell’aderenza al protocollo dovrebbe ridurre la variabilità dei processi decisionali terapeutici e ridurre disparità nei trattamenti.
La raccolta di dati relativi al trattamento rappresenta il mezzo per verificare il raggiungimento degli obiettivi proposti nelle linee guida.
L’introduzione di indicatori di qualità misurabili permette di valutare se nelle varie sedi deputate al trattamento chirurgico si ha la possibilità di garantire un livello accettabile di prestazione fino ad un livello ottimale ottenuto da un adeguato training ed esperienza degli operatori.
Tutti gli indicatori, almeno quelli minimi accettabili, dovranno essere analizzati per singole unità e per la situazione globale regionale con audit programmati volti alla discussione e alla risoluzione delle criticità.
INDICATORI DI QUALITÀ DEL TRATTAMENTO CHIRURGICO
Indicatori della qualità | Risultato ottimale desiderabile |
Intervento chirurgico entro 30 giorni dalla prescrizione chirurgica | ≥ 80% |
Diagnosi preoperatoria di carcinoma sul totale di carcinomi operati | ≥ 90% desiderabile ≥70% accettabile |
Unico intervento dopo diagnosi preoperatoria di carcinoma | ≥90% |
Repere posizionato entro 10mm. nelle lesioni non palpabili | ≥95% |
Escissione corretta della lesione non palpabile al primo intervento chirurgico | ≥90% |
Rx pezzo operatorio dopo exeresi di lesioni non palpabili | ≥95% |
Margini indenni (>1mm.) all’intervento chirurgico definitivo | ≥90% |
No esame istologico intraoperatorio se diametro tumorale < 5 mm. | ≥99%. |
Intervento chirurgico conservativo nei casi pT1 | ≥ 80% |
Pezzo operatorio giunto orientato al patologo | ≥99% |
Pezzo operatorio non aperto dal chirurgo | ≥95% |
Clip (o Clips) al titanio posizionata sul letto tumorale dopo intervento conservativo | ≥99% |
Numero linfonodi asportati >10 | ≥95% |
No dissezione ascellare nei carcinomi duttali in situ (escluso linfonodo sentinella) | ≥95% |
- Tasso di identificazione del linfonodo sentinella - Esecuzione della sola biopsia del linfonodo sentinella nelle pazienti che non presentano linfonodi ascellari clinicamente positivi (N0) | ≥90% >95% |
Recidive mammarie dopo chirurgia conservativa | ≤ 4% desiderabile a 5 anni ≤ 8% accettabile |
Recidive ascellari | ≤ 0% desiderabile a 5 anni ≤ 3% accettabile |
Recidive parietali dopo mastectomia | ≤ 4% desiderabile a 5 anni ≤ 10% accettabile |
Esiti neurologici dopo linfoadenectomia | 0% ≤ 3% accettabile |
No reinterventi per complicanze chirurgiche precoci | ≥90% |
È importante che il chirurgo assicuri che si abbiano, dall’intervento chirurgico, tutti i dati necessari per potere decidere la terapia adiuvante sistemica o la radioterapia successiva alla chirurgia intervenendo attivamente nella fase preanalitica del test (trattamento adeguato del pezzo operatorio).
È altresì importante evitare l’eccesso di trattamento chirurgico nelle donne portatrici di lesioni a prognosi favorevole in particolare nei carcinomi in situ .
Tutti i chirurghi coinvolti nel trattamento dei carcinomi diagnosticati dallo screening devono essere a conoscenza del fatto che sono disponibili differenti scelte di trattamento da adottare per ogni donna .
Ogni donna, d’altronde, dove essere edotta dal chirurgo sulle diversi possibilità terapeutiche e sui risultati che con le diverse opzioni si ottengono in termini di estetica , sopravvivenza, ripresa locale e a distanza della malattia e, ove possibile, deve poter scegliere il tipo di trattamento chirurgico che ritiene più consono sulla base di fattori personali che possono variare da caso a caso.
TRATTAMENTO CHIRURGICO DEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA
CARCINOMI NON INVASIVI
Carcinoma lobulare in situ (LCIS, LIN):
Riscontro istologico occasionale
• Atteggiamento astensionistico con controlli periodici nel LIN 1-2
• Per LIN 3 stesso trattamento chirugico come per DCIS alto grado (DIN 3) (vedi)
• In caso di multicentricità e fattori di rischio positivi può essere presa in considerazione una mastectomia totale con eventuale ricostruzione o una mastectomia "skin sparing" con ricostruzione immediata (anche bilaterale).
Carcinoma duttale in situ (DCIS, DIN 1C , DIN 2, DIN 3):
Le seguenti linee guida derivano dal Van Nuys Prognostic Index che si è rivelato l'indice prognostico più correlabile alla comparsa di recidiva e quello più facilmente applicabile nell'iter decisionale del trattamento del carcinoma duttale in situ (3-8) (tab 1-2).
Per il grado di differenziazione il DCIS può presentare aspetti variabili sia nell’architettura che nel tipo cellulare che nell’estensione della lesione. Le classificazioni fondate sul tipo di crescita hanno dimostrato scarsa riproducibilità e scarsa rilevanza clinica. Attualmente è generalmente riconosciuto che i DCIS con grado nucleare elevato si comportano più aggressivamente rispetto a quelli con nuclei regolari e, quindi, la distinzione fra questi è raccomandata in quanto permette di predire la probabilità di recidiva locale e il rischio di carcinoma invasivo. I sistemi di classificazione proposti sono vari, per lo più fondati su di una combinazione di vari aspetti: morfologia nucleare, polarizzazione cellulare, architettura e presenza e assenza di necrosi.
Tabella 1
Van Nuys Prognostic Index Scoring System | ||||
Parametro | 1 Punto | 2 Punti | 3 Punti | |
Grado di differenziazione | DCIS a basso grado DIN 1C | DCIS di grado intermedio DIN 2 | DCIS di alto grado DIN 3 | |
Margini Liberi | > o = 10 mm | 1-9 mm | <1 mm | |
Dimensioni Lesione | < o = 15 mm | 16-40 mm | > 41 mm | |
Tabella 2 | ||||
Score Finale | ||||
Gruppo 1 | 3 - 4 punti | sola chirurgia conservativa | ||
Gruppo 2 | 5 - 7 punti | chirurgia conservativa + RT |
Gruppo 3 8 - 9 punti | mastectomia +/- ricostruzione |
Ad alto grado - GIII • Lesione di estensione inferiore a 40 mm | , con margini liberi >10 mm o compresi fra 1 e 9 mm. : |
ampia resezione mammaria + radioterapia (È da sottolineare che in tali casi difficilmente si ottiene un buon risultato estetico con chirurgia conservativa per cui è preferibile optare per un intervento demolitivo-mastectomia totale senza dissezione ascellare con eventuale ricostruzione immediata o skin sparing mastectomy con ricostruzione immediata) • Lesione di estensione compresa fra 15 e 40 mm. con margini liberi inferiori a 1 mm o con margini interessati: mastectomia totale con eventuale ricostruzione immediata o mastectomia "skin sparing" con ricostruzione immediata. In casi selezionati di 1,5-2 cm può essere presa in considerazione una ampia exeresi seguita da radioterapia | |
• Lesione di estensione superiore ai 40mm. con margini liberi inferiori a 10 mm: mastectomia totale con eventuale ricostruzione immediata o mastectomia "skin sparing" con ricostruzione immediata. | |
Non ad alto grado - G I -G II • Lesioni di estensione inferiore a 15 mm., con margini liberi superiori a 10 mm, senza necrosi: ampia resezione mammaria • Lesione di estensione inferiore a 15 mm, con margini liberi superiore a 10 mm., con necrosi: | |
ampia resezione mammaria. • Lesione di estensione compresa fra 16 e 40 mm, con margini liberi superiore a 10 mm., senza necrosi: ampia resezione mammaria • Lesione di estensione compresa fra 16 e 40 mm, con margini liberi superiore a 10 mm., con necrosi: ampia resezione mammaria + radioterapia. | |
• Lesione di estensione compresa fra 16 e 40 mm, con margini liberi compresi fra 1 e 10 mm. o inferiori a 1mm., con o senza necrosi: ampia resezione mammaria + radioterapia. • Lesione di estensione superiore a 40mm., con margini liberi compresi fra 1 e 10 mm. o superiori a 10 mm., con o senza necrosi: ampia resezione + radioterapia | |
(È da sottolineare che in tali casi difficilmente si ottiene un buon risultato estetico con chirurgia conservativa per cui è preferibile optare per un intervento demolitivo-mastectomia totale senza dissezione ascellare con eventuale ricostruzione immediata o skin sparing mastectomy con ricostruzione immediata) • Lesioni di estensione superiore a 40 mm., con margini interessati o liberi <1 mm, senza necrosi: riescissione con margini liberi + radioterapia o mastectomia totale + eventuale ricostruzione o skin sparing mastectomy + ricostruzione |
(È da sottolineare che in tali casi difficilmente si ottiene un buon risultato estetico con chirurgia conservativa per cui è preferibile optare per un intervento demolitivo-mastectomia totale senza dissezione ascellare con eventuale ricostruzione immediata o skin sparing mastectomy con ricostruzione immediata)
• Lesioni di estensione superiore a 40 mm.,con margini interessati o liberi <1 mm, con necrosi: mastectomia totale + eventuale ricostruzione o skin sparing mastectomy + ricostruzione. (1-8)
In tutti i casi sia ad alto grado che non ad alto grado deve essere considerato come fattore prognostico l’età della paziente. Il Van Nuys Prognostic Index viene pertanto modificato anche in funzione di questo parametro (30) (tab. 3-4)
Tabella 3
Van Nuys Prognostic Index Scoring System | |||
Parametro | 1 Punto | 2 Punti | 3 Punti |
Grado di differenziazione | DCIS a basso grado DIN1C | DCIS di grado intermedio DIN 2 | DCIS di alto grado DIN 3 |
Margini Liberi | > o = 10 mm | 1-9 mm | <1 mm |
Dimensioni Lesione | < o = 15 mm | 16-40 mm | > 41 mm |
Età | >60 | 40-60 | <40 |
Tabella 4
Score Finale | ||
Gruppo 1 | 4 – 5 – 6 punti | sola chirurgia conservativa |
Gruppo 2 | 7 – 8 – 9 punti | chirurgia conservativa + RT |
Gruppo 3 | 10 – 11 – 12 punti | mastectomia +/- ricostruzione |
Alla luce di diversi trials randomizzati, per quanto riguarda il carcinoma duttale in situ ad alto grado, la chirurgia conservativa deve sempre essere seguita dalla radioterapia, in quanto la percentuale di recidiva a 5 anni si riduce in maniera netta. Un tasso di recidiva nei carcinomi in situ a basso e medio grado di circa il 3-6% a 5 anni sembra giustificare l’astensione dalla radioterapia dopo chirurgia conservativa in questi casi. Tuttavia un’ incidenza del 15% a 10 anni sembra indicare che vi sia un tempo protratto di recidiva locale. Nei due trials randomizzati NSABP e EORTC l’incidenza di recidiva locale, dopo chirurgia non seguita da radioterapia, è aumentata di circa il 40% dopo i 5 anni.
I risultati di 5 trials randomizzati mostrano tuttavia come la radioterapia dopo chirurgia conservativa per carcinoma duttale in situ in generale riduca nettamente l’incidenza di recidiva omolaterale a 5 e 10 anni di follow-up. Questa riduzione del rischio sembra essere indipendente dall’età della paziente, dall’estensione dell’exeresi, dallo stato dei margini, dall’impiego del tamoxifene, dalla mono e dalla multifocalità, dal grado istologico, dalla comedonecrosi e dalla dimensione clinico-patologica del tumore. Pertanto l’indicazione alla radioterapia deve essere valutata attentamente caso per caso anche nel carcinoma duttale in situ di basso e medio grado.
In tutti i casi di carcinoma duttale in situ, sia ad alto grado che non ad alto grado, indipendentemente dall'estensione, non trova indicazione la dissezione ascellare radicale.
Per quanto riguarda l’indicazione all’impiego della metodica del linfonodo sentinella, in caso di carcinoma duttale in situ, la comunità scientifica internazionale caldeggia di non eseguirla nelle forme di basso e medio grado. Questa può trovare indicazione nelle pazienti con lesioni di grandi dimensioni (>4 cm) e per le varianti comedocarcinoma di alto grado per le quali sia programmata una mastectomia semplice e/o una mastectomia “skin sparing”. (40-41)
In tutti i casi di carcinoma duttale in situ, sia ad alto grado che non ad alto grado, indipendentemente dall'estensione, il trattamento chirurgico va sempre riferito al rapporto fra estensione della lesione e volume mammario e va comunque concordato con la paziente che deve essere edotta delle possibili recidive che la chirurgia conservativa comporta anche se seguita da
radioterapia con la quantificazione percentuale delle stesse. Deve essere anche tenuto in considerazione che oltre il 50% di tali recidive intramammarie risultano infiltranti e non più "in situ" con chiari risvolti negativi sulla prognosi.
CARCINOMA MICROINVASIVO |
Si intendono per tale entità quelle neoplasie con componente dominante in situ e uno o più foci di invasione non superiore al millimetro; se il focolaio di invasione supera tale misura la neoplasia è classificata pT1a. |
Stesso comportamento in base alle caratteristiche del carcinoma duttale in situ + biopsia del linfonodo sentinella. |
MALATTIA DI XXXXX SENZA MASSA PALPABILE
Asportazione di cilindro di parenchima centrale (compreso areola e capezzolo) o mastectomia totale
+ eventuale ricostruzione o skin sparing mastectomy + ricostruzione (9). In caso di mastectomia si consiglia biopsia del linfonodo sentinella. Se l’esame istologico rileverà nel parenchima ghiandolare carcinoma infiltrante come reperto occasionale si procederà a biopsia del linfonodo sentinella differita.
MALATTIA DI XXXXX CON MASSA
Mastectomia totale o skin sparing mastectomy + eventuale ricostruzione + biopsia del linfonodo sentinella Quadrantectomia centrale + biopsia del linfonodo sentinella se il nodulo ha un diametro < a 2,5 cm e non è a più di 3 cm dal capezzolo (necessita di équipe esperta in chirurgia plastica ricostruttiva per ottimizzare il risultato estetico). |
CARCINOMI INVASIVI • T ≤ 1 cm : |
- ampia resezione mammaria (quadrantectomia) + biopsia del linfonodo sentinella. La dissezione ascellare va riservata a pazienti con linfonodo sentinella macro o micro metastatico. |
• T > 1 T ≤ 3 cm: - ampia resezione mammaria (quadrantectomia) + biopsia del linfonodo sentinella. La |
dissezione ascellare va riservata a pazienti con linfonodo sentinella macro o micro metastatico In particolare per tumori superiori ai 2 cm., in vista di un intervento conservativo, si dovrà sempre attentamente valutare il rapporto volume tumore/volume mammella al fine di ottenere un buon risultato estetico. |
In tutti gli interventi conservativi il chirurgo deve posizionare, al termine dell’intervento, sul letto tumorale più clips al titanio per consentire al radioterapista una precisa centratura dell’area da irradiare. |
• T ≤ 3 cm multicentrici: - mastectomia totale + eventuale ricostruzione o skin o NAC sparing mastectomy + ricostruzione + biopsia del linfonodo sentinella. La dissezione ascellare va riservata a pazienti |
con linfonodo sentinella macro o micrometastatico • T≤ 3 cm in regione retroareolare: |
- mastectomia totale + eventuale ricostruzione o mastectomia skin sparing + ricostruzione + biopsia del linfonodo sentinella. La dissezione ascellare va riservata a pazienti con linfonodo sentinella macro o micrometastatico - quadrantectomia centrale + biopsia del linfonodo sentinella (necessita di équipe dedicata alla chirurgia mammaria con esperienza di chirurgia oncoplastica per ottimizzare il risultato estetico) |
(10-21) La dissezione ascellare va riservata a pazienti con linfonodo sentinella macro o micrometastatico
• T > 3 cm:
- mastectomia totale con dissezione ascellare + eventuale ricostruzione. La biopsia del linfonodo sentinella può essere indicata in pazienti N0 anche se in neoplasie di grandi dimensioni presenta una minore sensibilità.
- chemioterapia neoadiuvante e, in caso di riduzione significativa della neoplasia, quadrantectomia + dissezione ascellare previa valutazione clinico-strumentale del tumore dopo la chemioterapia; la biopsia del linfonodo sentinella in questo setting di pazienti non è ancora da considerarsi gold standard, anche se numerosi studi retrospettivi indicano la sua fattibilità.
In caso di non riduzione significativa: mastectomia totale con dissezione ascellare (22,23).
• Carcinoma mammario localmente avanzato (stadio IIIA e III B, T3 o T4 abc con qualsiasi N o N2 con qualsiasi T, T4d).
Il trattamento primario d’elezione è sistemico con chemioterapia neoadiuvante
• Tumori tecnicamente operabili dopo chemioterapia: mastectomia radicale con asportazione del muscolo grande pettorale solo se estesamente infiltrato + radioterapia. Resezione parziale del muscolo grande pettorale se non estesamente infiltrato.
Per T1 e T2 < 3 cm N2 con linfonodi non fissi ad altre strutture può essere eseguito un intervento conservativo + RT.
• Tumori tecnicamente non operabili dopo chemioterapia: Radioterapia (24,25).
• Carcinoma mammario bilaterale
Sia per sincroni che per i metacroni il trattamento va programmato considerando i due tumori separatamente tenendo conto del risultato estetico.
• Metastasi linfonodali ascellari senza T mammario evidente
Il trattamento di scelta è la dissezione ascellare completa + radioterapia e chemioterapia. Lo svuotamento ascellare deve essere preceduto dalla conferma istologica ( anche su microbiopsia con caratterizzazione dei parametri biopatologici) di metastasi da carcinoma mammario. Trova indicazione una RMN preoperatoria per rilevare focolai neoplastici non rilevabili all’imaging tradizionale (mammografia ed ecografia)
• Sarcomi Mammari
Mastectomia totale o resezione mammaria con ampi margini di resezione. No dissezione ascellare.
• Recidive intramammarie o nuovi tumori dopo chirurgia conservativa seguita da Radioterapia
Il trattamento standard rimane la mastectomia totale.
Il casi selezionati, in particolare nelle pazienti con recidiva unica di piccole dimensioni (< a 2 cm), in mammelle di taglia medio-grande, con un intervallo di tempo fra il tumore primario e la recidiva o nuovo tumore superiore ai 5 anni, in donne con forte desiderio di conservazione della mammella, può essere presa in considerazione una riquadrantectomia senza radioterapia postoperatoria. La paziente deve però essere adeguatamente informata sulla alta probabilità (15- 30%) di ulteriore recidiva nella ghiandola residua ed accettare questa evenienza e del risultato estetico spesso insoddisfacente. Va ricordato inoltre che la recidiva dopo chirurgia conservativa può avere un impatto negativo, a lunga distanza, sulla prognosi.(37)
Dopo mastectomia, il tempo ricostruttivo con espansore + protesi, è gravato da un’alta percentuale di complicanze (> al 40%) per cui bisognerà optare per tecniche ricostruttive alternative (es. tessuti autologhi).
Nelle pazienti sottoposte a biopsia del linfonodo sentinella al primo intervento il trattamento standard del cavo ascellare è rappresentato dalla dissezione ascellare. Studi osservazionali hanno dimostrato la fattibilità anche di una reiterata biopsia del linfonodo sentinella, ma non esistono sull’argomento studi randomizzati.
TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE MICROCALCIFICAZIONI E DELLE OPACITÀ NON PALPABILI
Vengono trattate chirurgicamente quelle microcalcificazioni che presentano caratteri radiologici dubbi o sospetti. È raccomandato l’impiego di una microbiopsia in stereotassi, tranne nei casi di microcalcificazioni diffuse, per un accertamento istologico preoperatorio.
Previo posizionamento di repere (metallico o polvere di carbone) si procede alla exeresi dell’area contenente il cluster di microcalcificazioni o l'opacità non palpabile segnalate dal repere.
Attualmente è possibile inoculare nell'area contenente le microcalcificazioni o in sede intralesionale nelle opacità non palpabili, un tracciante radioattivo (99Tc) e reperire il cluster di microcalcificazioni o l' opacità non palpabile con una sonda dedicata per chirurgia radioguidata (ROLL Radioguided Occult Lesion Localization), la stessa che si utilizza per il rilevamento del linfonodo sentinella. Le metodiche di posizionamento di reperi e la ROLL non trovano indicazioni nelle microcalcificazioni diffuse.
Asportata la zona di parenchima ghiandolare è sempre necessaria la radiografia del pezzo chirurgico per la verifica dell’avvenuta asportazione delle microcalcificazioni o dell'opacità nodulare. Il pezzo operatorio deve essere orientato dal chirurgo con almeno tre reperi radioopachi (almeno due in presenza di losanga cutanea) per consentire al radiologo di verificare la centricità, nel pezzo, della lesione.
L’exeresi può essere eseguita sia in anestesia locale che generale a seconda delle caratteristiche della lesione, della preferenza dell’operatore e delle possibilità organizzative della struttura ove l’intervento chirurgico viene eseguito.
Seguirà l’esame istologico definitivo del settore asportato, previa marcatura dei margini. L'esame istologico intraoperatorio non trova indicazione nelle pazienti con microcalcificazioni, né nelle pazienti con lesioni nodulari inferiori ai 5 mm., né nelle pazienti con lesione da 5 a 10 mm. non palpabile neppure nel pezzo operatorio. Se l'esame istologico definitivo risulterà negativo per carcinoma, l’iter terapeutico può ritenersi concluso; altrimenti potrà essere necessario procedere all’intervento chirurgico adeguato.
MASTECTOMIE CONSERVATIVE (Skin Sparing Mastectomy, Nipple Areola Complex (NAC) Sparing Mastectomy)
Per mastectomie conservative si intendono quelle mastectomie con risparmio del mantello cutaneo e/o del capezzolo.
Rappresentano l’intervento ideale in caso di ricostruzione immediata minimizzando le cicatrici visibili.
Se viene conservato solo il mantello cutaneo, con asportazione quindi di tutto il complesso areola- capezzolo, si parla di Skin Sparing Mastectomy; nel caso in cui si conservi anche il complesso areola capezzolo si parlerà di Nipple Areola Complex (NAC) Sparing Mastectomy.
Tali mastectomie non devono essere considerate un’alternativa ad una chirurgia conservativa eseguibile con buoni risultati estetici.
Presentano precise indicazioni e controindicazioni:
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• Per la Skin Sparing Mastectomy le indicazioni sono piuttosto estese: quando non è possibile eseguire un intervento conservativo per alterato rapporto dimensione tumore( infiltrante o in situ)/dimensione della mammella, o per neoplasie della regione areolare anche di piccole dimensioni (compresa la malattia di Xxxxx), o per tumori multipli, in pazienti motivate e che desiderano una ricostruzione immediata. Controindicazioni assolute sono invece rappresentate dal carcinoma infiammatorio o da neoplasie molto voluminose e/o con interessamento cutaneo. Per neoplasie molto superficiali è prevista l’asoprtazione di una losanga cutanea soprastante la neoplasia. Controindicazioni relative sono rappresentate dal fumo, dall’obesità e da una pregressa radioterapia sulla mammella che possono compromettere il trofismo cutaneo con necrosi nel postoperatorio immediato.
Tutta la ghiandola mammaria deve essere asportata lasciando un residuo ghiandolare nullo. Così facendo il tasso di recidive è praticamente sovrapponibile a quello che si ottiene con la mastectomia totale (34).
• Per la NAC Sparing Mastectomy esistono indicazioni più limitate Questa mastectomia trova indicazioni nel carcinoma duttale in situ esteso o nel carcinoma duttale infiltrante in mammelle di taglia media con grado di ptosi minimo/moderato ove non si possibile un intervento conservativo.
Ottiene un notevole vantaggio psicologico per la paziente conservando il capezzolo nativo.
È fondamentale che non vi sia un interessamento del complesso areola capezzolo: per tale motivo occorrerà una accurata valutazione preoperatoria, non solo clinica ma anche di imaging. La neoplasia non dovrà essere localizzata a meno di 4 cm alla mammografia e a 2 cm alla Risonanza Magnetica che in questo particolare settore risulta particolarmente utile per escludere multifocalità in prossimità del complesso areola-capezzolo. In caso di presenza di microcalcificazioni, da sole o in associazione ad una opacità, tali misure devono essere considerate dall’ultima microcalcificazione più prossima al complesso areola-capezzolo.
Controindicazioni assolute sono rappresentate da una secrezione patologica dal capezzolo (C4- C5), dal carcinoma infiammatorio e dalla malattia di Xxxxx. Controindicazioni relative, come per la skin sparing, il fumo, l’obesità, una pregressa radioterapia sulla mammella per le stesse motivazioni.
Seguendo queste indicazioni la sicurezza oncologica dell’intervento è garantita: i tassi di recidiva a livello della regione areola capezzolo sono molto contenuti variando dallo 0 al 4% (35). Il problema principale è rappresentato dalla necrosi del capezzolo parziale (dall’1 al 10%) con ancora possibilità di recupero, totale (dallo 0 al 7%), con la necessità di rimuoverlo nel periodo postoperatorio.
Anche nella NAC Sparing Mastectomy tutta la ghiandola mammaria deve essere rimossa ed in particolare tutto il tessuto retroareolare fino ai dotti galattofori principali del capezzolo. Durante l’intervento sarà necessario un esame istologico intraoperatorio del disco areolare: in caso di interessamento neoplastico del margine verso il capezzolo questo verrà asportato convertendo la NAC in Skin Sparing.
Nelle mastectomie conservative, per la ricostruzione immediata ci si avvale delle comuni metodiche di ricostruzione: la più comunemente usata prevede l’impiego di espansori e protesi. Mantenendo tutto il mantello cutaneo e/o il capezzolo possono essere posizionate anche protesi definitive in pazienti con mammelle di taglia media. I tessuti autologhi trovano indicazione in casi molto selezionati.(36)
BIOPSIA DEL LINFONODO SENTINELLA
La presenza di metastasi ascellari rappresenta ancora oggi un parametro prognostico di primaria importanza nel carcinoma infiltrante della mammella.
La linfoadenectomia ascellare dei tre livelli rappresenta sicuramente una metodica efficace nella stadiazione: rispetto ad altre tecniche come il sampling linfonodale o la dissezione del I livello, consente di effettuare l'esame istologico di tutti i linfonodi e quindi di determinare la presenza di metastasi ascellari, il numero di linfonodi coinvolti e il livello di interessamento. Rappresenta inoltre la migliore prevenzione nei confronti delle recidive ascellari che, quando si verificano possono creare importanti problemi chirurgici di difficile risoluzione.
La linfoadenectomia ascellare è però gravata da una relativa morbilità, dovuta alla metodica, che varia in percentuali molto variabili a seconda di quali sequele vengono considerate, se minori (parestesie all'arto, modesta dolenzia, sieromi, variabili dal 15 al 70 %) o maggiori (linfedema dell'arto superiore, ipo-immobilità del cingolo scapolare, variabili dal 3 al 15%); anche il tipo di tecnica adottata, con conservazione o meno di strutture vascolari e nervose (nervo intercosto- brachiale, vasi toraco-dorsali, nervi e vasi pettorali) incidono su tale morbilità oltre alle misure di fisioterapia che si mettono in atto dopo l'intervento chirurgico.
A questa morbilità si deve comunque sommare una percentuale, seppure bassa, (circa il 5%) di complicanze dovute ad errori di tecnica con lesioni di strutture vascolari (vena ascellare) o nervose (nervo toracico lungo che va sacrificato solo in caso di infiltrazione neoplastica).
L'interessamento linfonodale ascellare cresce proporzionalmente all'aumentare del diametro della neoplasia: per i T1 la probabilità di metastasi ascellari è nell'ordine del 15% circa. Tale percentuale si eleva al 30-45% nei T2 ed arriva al 60-85% nei T3 e nei T4.
Oggi, grazie alla maggiore sensibilizzazione della popolazione femminile sul problema della diagnosi precoce del carcinoma della mammella, ma soprattutto ai programmi di screening mammografici attuati su scala regionale e nazionale, oltre il 70% delle pazienti che giungono all'osservazione chirurgica è costituito da casi T1, molti del quali di diametro fino ad 1 cm., con ascella clinicamente negativa, ove la probabilità di riscontrare metastasi linfonodali è particolarmente bassa. Sottoporre tutte queste pazienti, quindi, a linfoadenectomia ascellare radicale o di I e II livello, significherebbe effettuare un overtreatment in considerazione del ruolo prettamente stadiante della linfoadenectomia. Tali pazienti non avrebbero pertanto vantaggi in termini prognostici dalla linfoadenectomia, mentre ne subirebbero gli effetti negativi della morbidità. Tale atteggiamento male si confà soprattutto per le pazienti screening detected, poichè una delle finalità dello screening mammografico è proprio quello di evitare il più possibile una chirurgia demolitiva non giustificata.
Del resto, non eseguendo alcun intervento sul cavo ascellare si esporrebbe ad un undertreatment un 20% circa di pazienti che non riceverebbero un’esatta stadiazione e per le quali non si avrebbero dati importanti né sulla prognosi né sulla necessità di trattamenti adiuvanti sistemici postchirurgici.
Né la clinica, né la diagnostica per immagini è del resto oggi in grado di predire con accettabile attendibilità il reale interessamento dei linfonodi ascellari.
Per avere informazioni attendibili sul reale stato dei linfonodi ascellari senza ricorrere alla linfoadenectomia ascellare è oggi utilizzata la metodica della "biopsia del linfonodo sentinella" ovvero l'asportazione del (o dei) primo linfonodo che drena la linfa dall'area sede del tumore. Tale linfonodo viene accuratamente analizzato all'esame istologico e si procede alla asportazione di tutti gli altri solo in caso di una sua positività. In caso infatti di negatività istologica, sia con le comuni tecniche di colorazione anatomo-patologiche che con le metodiche di immunoistochimica per la
ricerca di micrometastasi, la probabilità di avere altri linfonodi metastatici nel cavo ascellare è risultata, da casistiche con numerosità molto consistente, nell'ordine del 3% circa.(26)
La concordanza della metodica è pertanto estremamente elevata e la morbilità nei casi negativi, ove quindi non si ricorre alla dissezione ascellare, è praticamente nulla. Tale tecnica consente quindi di selezionare le pazienti che devono essere sottoposte a linfoadenectomia ascellare evitando la dissezione ove risulterebbe inutile.
INDICAZIONI
La biopsia del linfonodo trova oggi indicazioni in tutti i casi di carcinoma infiltrante della mammella con linfonodi ascellari clinicamente negativi. Controindicazione assoluta è rappresentata dal carcinoma infiammatorio.
Le dimensioni del tumore non rappresentano un elemento totalmente condizionante anche se bisogna ricordare che per neoplasie superiori ai 3 cm la metodica ha una minore accuratezza diagnostica e va valutata caso per caso.
Trova anche indicazione in quei casi ove una biopsia escissionale abbia già rimosso la neoplasia o dopo intervento di quadrantectomia con diagnosi istologica di carcinoma infiltrante. In questi casi l’inoculo del tracciante sarà eseguito per via subdermica a livello della cicatrice del pregresso intervento o in sede periareolare.
Anche nelle neoplasie multifocali e multicentriche la metodica sembra presentare una buona accuratezza diagnostica.
Controindicazioni relative sono rappresentate da precedenti interventi di chirurgia plastica maggiore, (mastoplasiche riduttive, posizionamento di protesi per aumentare il volume della mammella, ecc.), in particolare se il precedente intervento riguardava l’area compresa fra la neoplasia e il cavo ascellare e dopo interventi chirurgici pregressi sul cavo ascellare..
La metodica non trova attualmente indicazione standard nelle pazienti sottoposte a chemioterapia neoadiuvante: studi retrospettivi recentemente pubblicati hanno evidenziato la fattibilità della metodica, in particolare al termine della chemioterapia, al momento dell’intervento chirurgico per il tumore mammario. Non esistono però studi randomizzati (31,32).
È possibile eseguire la biopsia del linfonodo sentinella anche nelle pazienti in gravidanza e nel carcinoma della mammella maschile con le stesse indicazioni del carcinoma femminile.
Nel carcinoma duttale in situ la biopsia del linfonodo sentinella non trova generalmente indicazione: può essere indicata nelle pazienti con diagnosi preoperatoria di DCIS ad alto grado e/o di considerevole estensione (superiore ai 3-4 cm.). In tali casi infatti la diagnosi istologica definitiva può portare ad un referto di carcinoma microinvasivo (meno frequentemente di carcinoma invasivo) e la biopsia del linfonodo sentinella può trovare indicazione proprio per evitare un secondo intervento metacrono di stadiazione sul cavo ascellare. In tali casi la biopsia del linfonodo sentinella va concordata con la paziente con un esaustivo consenso informato.
Nel carcinoma duttale in situ la biopsia del linfonodo sentinella trova invece indicazione tutte le volte che o per caratteristiche della neoplasia o volontà della paziente si decida di eseguire una mastectomia: in caso di diagnosi istologica definitiva di microinvasione o invasione, infatti non sarebbe più possibile eseguire la biopsia del linfonodo sentinella e per la stadiazione ascellare si dovrebbe ricorrere necessariamente alla dissezione ascellare (33).
È indispensabile che almeno un chirurgo dell’equipe abbia effettuato un periodo di apprendimento che consiste nel trattamento di almeno 30 casi consecutivi ove all’identificazione ed asportazione del linfonodo sentinella sia seguita contestualmente la dissezione radicale del cavo ascellare per verificare il tasso di identificazione (che deve essere superiore al 90%) e dei falsi negativi (non superiore al 3-4%). A tale chirurgo è poi affidato il compito di tutor nei confronti degli altri colleghi dell’equipe
Tale metodica inoltre non deve essere utilizzata da un Centro in maniera episodica, ma occorre un training continuo della tecnica con l'esecuzione di almeno 50 casi/anno/chirurgo.
La biopsia del linfonodo sentinella deve essere sempre preceduta da un esame citologico o da una microbiopsia sulla neoplasia, positiva o fortemente indicativa per carcinoma (C5 o diagnosi istologica di carcinoma infiltrante-B5). Un esame citologico o microistologico sospetto (C4, B4), con radiologia o ecografia suggestiva per carcinoma (R5, U5) possono essere indicazioni sufficienti.
TECNICHE DI IDENTIFICAZIONE
Le metodiche di identificazione sono due e possono essere anche combinate (soprattutto nella fase iniziale di apprendimento poiché la loro associazione rende più semplice la metodica ed aumenta il tasso di identificazione):
• La prima prevede l'impiego di un tracciante radioattivo che viene inoculato (dal medico nucleare) al massimo 24 ore prima dell'intervento per lo più per via sottodermica (o perilesionale) in corrispondenza della lesione mammaria nei casi in cui questa sia palpabile. Per i carcinomi infiltranti non palpabili l'inoculo viene eseguito sulla proiezione cutanea determinata per via ecografica o mammografica o per via ecoguidata o stereotassica nell'inoculo perilesionale. Durante l'intervento si utilizza quindi una sonda dedicata per rilevare le radiazioni gamma. Lo spot di radioattività corrisponde al (o ai) linfonodo sentinella.
• La seconda metodica prevede l'impiego di un colorante linfotropo (Patent blu) che viene inoculato, sempre sulla proiezione cutanea della neoplasia, per via subdermica, circa 20 minuti prima dell'intervento (27). Il linfonodo sentinella risulta così più o meno intensamente colorato all'esplorazione del cavo ascellare. Per facilitare la progressione del colorante è buona norma massaggiare continuativamente la zona dell'inoculo per circa 15 minuti. Tale metodica è da considerare oggi complementare a quella che utilizza il tracciante radioattivo, poiché la detection rate e l'accuratezza diagnostica di questa tecnica, da sola, è sensibilmente inferiore all'altra.
PROBLEMATICHE CHIRURGICHE RELATIVE ALLA VALUTAZIONE ANATOMO- PATOLOGICA
La valutazione anatomopatologica del linfonodo sentinella può avvenire sia durante l'intervento chirurgico con esame istologico intraoperatorio, sia con esame istologico definitivo
L'esame istologico intraoperatorio su tutto il linfonodo presenta il vantaggio di eseguire un unico intervento nella grande maggioranza dei casi: se il linfonodo sentinella è metastatico si procederà contestualmente alla dissezione ascellare. Una analisi completa del linfonodo sentinella (anche con metodiche immunoistochimiche) è infatti possibile anche durante l'esame intraoperatorio, ma il tempo necessario (circa 45-50 minuti per linfonodo) allunga notevolmente la durata dell'intervento interferendo negativamente sulla gestione della sala operatoria e sulle liste d'attesa. Inoltre è necessaria una equipe di medici e tecnici di anatomia patologica dedicata alla metodica con notevole dispendio di risorse che probabilmente non tutti gli Ospedali hanno a disposizione. Esiste inoltre un certo tasso di falsi negativi, seppure contenuto, anche dell'esame istologico intraoperatorio di tutto il linfonodo e la perdita di un certo quantitativo di materiale per l'allestimento dei preparati istologici al congelatore.
L’esame istologico intraoperatorio di alcune sezioni (dalle 3 alle 5, a seconda delle dimensioni del linfonodo) potrebbe rappresentare un valido compromesso sia per i tempi di esecuzione sia sulla buona possibilità di diagnosticare macrometastasi (> al 90%) Per la diagnosi di micrometastasi, però, questa proceduta ha una sensibilità molto bassa, nulla per le cellule tumorali isolate.
La metodologia più affidabile risulterebbe pertanto la valutazione istologica del linfonodo sentinella con l'esame istologico definitivo, senza quindi "tempi morti" di sala operatoria, ma con il considerevole svantaggio della possibilità di un secondo intervento chirurgico se il linfonodo
sentinella dovesse risultare metastatico o, allo stato attuale, anche solo micrometastatico (importanza dell'informazione e del consenso informato prima di effettuare la metodica).
Un’alternativa a questi due procedimenti è rappresentata dall'esecuzione della biopsia del linfonodo sentinella in anestesia locale in regime di Day-Surgery. L'intervento definitivo sulla neoplasia e sul cavo ascellare verrà quindi eseguito solo dopo l'esame istologico definitivo del linfonodo sentinella. Il principale svantaggio di tale percorso è rappresentato dal dovere ricorrere nel 100% dei casi ad un duplice intervento (anche se il primo è eseguibile anche in anestesia locale e in regime di Day Surgery) e della convivenza con la neoplasia da parte della paziente in attesa dell’esame istologico del linfonodo sentinella. In caso di negatività si procederà al solo trattamento della neoplasia mammaria (chirurgia conservativa o chirurgia demolitiva con eventuale ricostruzione); in caso di positività istologica del linfonodo sentinella si procederà sia alla chirurgia della neoplasia primitiva che alla dissezione ascellare. Tale procedura richiede un chiaro consenso informato da parte della paziente e una specifica organizzazione della struttura che eroga questa prestazione.
PROBLEMATICHE APERTE
Sebbene la metodica si sia diffusa in tutto il mondo e vi siano chiare evidenze su casistiche assai numerose sulla sua validità e riproducibilità (29), esistono ancora alcune problematiche aperte che gli studi multicentrici randomizzati in corso dovranno in un prossimo futuro chiarire (28). Innanzitutto la metodica richiede ancora un preciso consenso informato da parte della paziente, non solo sulla procedura ma soprattutto sulla consapevolezza di possibili recidive ascellari che i più recenti studi comunque hanno riscontrato in percentuali decisamente inferiori alle attese (29).
La paziente dovrà accettare di sottoporsi ad un follow-up, nel caso di linfonodo sentinella negativo (e quindi di astensione dalla dissezione ascellare), per una diagnosi precoce di una eventuale recidiva ascellare (peraltro rara ed inferiore in termini percentuali alle attese) e per il monitoraggio di tale dato.
È necessaria inoltre l'organizzazione di una rete di Centri di Riferimento per l'insegnamento della metodica e di codificare un numero significativo di casi necessari per l'apprendimento.
La biopsia del linfonodo sentinella si inserisce in un discorso multidisciplinare per cui è necessaria la stretta collaborazione e l'interscambio di dati fra varie professionalità non sempre presenti nella stessa struttura: oncologo medico, radiologo, chirurgo, anatomopatologo, medico nucleare.
Una ulteriore problematica aperta è rappresentata dal significato prognostico della micrometastasi nel linfonodo sentinella soprattutto se identificata solo grazie alle metodiche immunoistochimiche ed in particolare, da un punto di vista procedurale, sul come comportarsi, ovvero se effettuare in tutti i casi o meno la dissezione ascellare (in considerazione soprattutto del fatto che in molti casi la micrometastasi non si evidenzi all'esame istologico intraoperatorio ma solo all'esame istologico definitivo con la necessità quindi di un reintervento).
Recentemente sono stati pubblicati i dati del Trial Randomizzato Z0011 (38-39) che paragona i risultati sulla sopravvivenza e sulla recidiva ascellare in pazienti con carcinoma infiltrante (T1-2, linfonodi clinicamente negativi) con uno o due linfonodi sentinella positivi (macro o micro metastatici), sottoposti a chirurgia conservativa e radioterapia postoperatoria e a dissezione ascellare, o meno.
I risultati dello studio randomizzato, ad un follow-up di 6.3 anni, non hanno dimostrato alcuna differenza in termini di overall survival e di disease-free servival nei due gruppi. Va sottolineato comunque che questo studio riguarda pazienti selezionate, tutte sottoposte a chirurgia conservativa con radioterapia postoperatoria con campi tangenziali (che quindi viene ad interessare anche in parte il primo livello ascellare)