DIANORA POLETTI
XXXXXXX XXXXXXX
Professore Ordinario di Diritto Privato – Università di Pisa
IL CONTRATTO D’OPERA INTELLETTUALE ANCORA ALLA RICERCA DI IDENTITÀ *
– 4. Pluralità di statuti professionali e disciplina generale del contratto d’opera intellettuale. – 5. Compenso professionale e decoro. – 6. Il necessario ripudio di opposti estremismi.
1. – Poco presente negli studi classici della dottrina civilistica perché riservato alla prevalen- te attenzione dei cultori del diritto commerciale o del diritto del lavoro, il contratto d’opera in- tellettuale costituisce una formidabile specola per ripercorrere i più attuali itinerari di riflessione che avvolgono oggi la tematica generale del contratto, anche a volere riservare prevalentemente l’attenzione alle professioni c.d. protette o “ordinistiche”. Questo, ammesso che abbia ancora senso parlare di contratto d’opera intellettuale 1 rispolverando l’antica terminologia del codice in un contesto in cui è discussa la stessa nozione di prestatore di opera intellettuale o professionale, che da qualche parte si è voluta definire come categoria più sociologica che giuridica 2, quando per lo stesso linguaggio giuridico termini come professione, professionista et similia “non han-
* Il contributo costituisce la rielaborazione della relazione presentata al convegno “Le professioni intellettuali nel tempo delle riforme”, organizzato in data 13 febbraio 2015 dall’Università di Catania in occasione del XXIV Incontro di Coordinamento dei dottorati di ricerca in diritto privato.
1 Il tema è stato trattato, di recente, da F.M. BANDIERA E A.P. UGAS, Commento all’art. 2230, in Commentario del codice civile diretto da X. Xxxxxxxxx, Dell’impresa e del lavoro a cura di X. Xxxxxxxx e X. Xxxxxxxxx, IV, Milanofiori Assago, 2014, p. 492 ss. e da X. XXXXXXX, Il contratto d’opera intellettuale, in I contratti di collaborazione, a cura di
P. Sirena, Trattato dei contratti Xxxxxxxx-Gabrielli, Milanofiori Assago, 2011, p. 764 ss. Tra le trattazioni di respiro monografico: X. XXXXXXXX, Le libere professioni intellettuali, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia diretto da Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXXX, Contratto d’opera professionale, in Il Codice Civile. Commentario Xxxxxxxxxxx diretto da F. D. Busnelli, Milano, 2009.
2A volere riprendere le parole del parere su “Ruolo e futuro delle libere professioni nella società civile europea del 2012” – Sezione specializzata Mercato Unico, produzione e consumo, che definisce le libere professioni “catego- ria sociologica”, tra le caratteristiche di una libera professione figurano “la prestazione di un servizio immateriale di elevato valore e dal carattere spiccatamente intellettuale sulla base di una formazione (universitaria) di alto livello, l’interesse pubblico del servizio prestato, l’indipendenza professionale ed economica nell’esercizio delle funzioni, la prestazione a titolo personale, sotto la propria responsabilità e in modo professionalmente indipendente, l’esistenza di un particolare rapporto di fiducia tra committente e prestatore di servizi, la prevalenza dell’interesse del prestatore a offrire un’assistenza ottimale rispetto all’interesse a ottenere il massimo guadagno e, infine, l’ottemperanza a regole professionali e deontologiche precise e rigorose”.
no un significato univoco” 3, derivando la loro polisemia dallo stesso diritto dell’Unione 4, e per di più allorché è dato riscontrare, nella trattazione dell’argomento, non già un unico statuto normativo, ma la presenza di una pluralità di statuti dei professionisti intellettuali.
Il codice civile del 1942 ha sancito definitivamente la riconduzione delle attività intellettuali negli schemi del contratto oneroso, supplendo al silenzio del previgente codice. Le nuove dispo- sizioni, tuttavia, denunciavano chiaramente la genetica crisi di identità di tale contratto, diviso tra richiami alle mantenute leggi speciali (art. 2230 co. 2° c.c.) – nelle quali si stratificavano sta- tuizioni proprie di diverse epoche e traspariva l’influenza dell’ordinamento sindacale e corpora- tivo delle professioni, come peraltro denunciato nella stessa Relazione al codice – e rinvii alle disposizioni presenti in altro luogo del codice, in primis nel titolo dedicato all’impresa, quando l’esercizio professionale costituisce attività organizzata in questa forma (art. 2238 co. 1° c.c.). Neppure il suo accomunamento al contratto d’opera o di lavoro autonomo, operato con evidenza nella sistematica del codice in forza di una concezione della professione intellettuale svolta di- rettamente e unicamente dal titolare, secondo le modalità del tempo, è valso a celare le signifi- cative differenze tra i due, tanto che il contratto di prestazione d’opera intellettuale si è presto spogliato della veste di species del primo 5 o di sua secondaria appendice 6.
Da tempo esso appare da tempo alla ricerca di una nuova e definitiva identità, che, specie dopo le profonde trasformazioni subite negli ultimi decenni, dovrà attraversare l’attuale crocevia della faticosa riforma delle professioni, nella quale l’aggettivo “faticosa” non risponde certa- mente ad una mera velleità di esasperazione letteraria 7. La nuova identità andrà rintracciata te- nendo presenti tutte le traiettorie che attraversano il campo, che si muovono nell’alternativa tra soluzioni dettate da una concezione ancora “umanistica” delle attività intellettuali e regole im- poste da una progressiva commercializzazione delle professioni 8, tra (antiche) istanze di tutela
3 P. XXXXXX, voce Professioni I) Professioni, arti, mestieri – dir. amm., in Enc. giur., XXIV, Roma, Treccani, 1991.
4 Cfr. ad esempio il riferimento alle attività delle “libere professioni” dell’art. 57 comma 2 del TFUE, dettato in tema di servizi, contrapposto all’accesso alle “attività autonome” dettato nel precedente capo in tema di diritto di sta- bilimento (art. 49, comma 2°).
5 Ribadisce che il rapporto tracciato dal codice civile tra il contratto d’opera e il contratto di prestazione intellet- tuale sia da configurarsi in termini di rapporto tra genere e specie: X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Lavoro autonomo (voce), in Enc. dir., Xxxxxx, V, Milano, 2012, p. 724; di contrario avviso M.A. LIVI, Il contratto d’opera, in Obbligazioni. III. I contratti, Diritto civile diretto da X. Xxxxxx e X. Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 368.
6 X. XXXXXXX, Trattato di diritto civile. II. Le obbligazioni in generale, il contratto in generale, i singoli contrat- ti, Padova, 2010, p. 663, sottolinea come le due figure siano regolate in modo sensibilmente diverso, a partire dal fat- to che “il rischio del lavoro incombe, nel contratto d’opera manuale, sul prestatore d’opera; tutto all’opposto grava, nel contratto d’opera intellettuale, sul cliente”.
7 Cfr. il Piano nazionale definitivo di riforma delle professioni inviato dal Dipartimento Politiche Europee alla Commissione europea il 5 aprile 2016, nel quale il nostro Paese ha provveduto all’aggiornamento delle professioni regolamentate (174 le professioni in totale inserite; 41 quelle di nuovo inserimento). L’attenzione è ora appuntata sul- la riforma delle professioni sanitarie, come tratteggiata dal disegno di legge Xxxxxxxx approvato dal Senato lo scorso mese di maggio e dalle “Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario” approvate dalla Camera lo scorso mese di gennaio (Atto Camera n. 1769).
8 Il punto è ben illustrato in prospettiva storica e diacronica, attraverso i modelli del “professionista gentiluomo” e
di interessi corporativi ed (attuali) esigenze di garanzia di qualità della prestazione professiona- le, tra persistente esclusione dalla totalità delle regole dell’impresa e soggezione alla normativa concorrenziale 9.
La forte specificità e la densa regolamentazione di questo contratto non lo separano dai nuo- vi tracciati della discussione su profili generali e sul ruolo del contratto, ma, a contrario, sem- brano elevarlo a banco di prova non solo applicativo ma anche sistematico di queste riflessioni. Le quali devono fare i conti con alcune “coppie di estremi” che si rinvengono nell’analisi del contratto in esame, i cui apici generano – più che contrapposizioni – interrelazioni dialettiche dagli andamenti spesso circolari, che vanno ad accrescere il grado di complessità del quadro.
2. – La singolare miscela di arcaismo, espressione di un atteggiamento tutto peculiare e a lungo difensivo degli appartenenti alle categorie professionali e di modernità – nella quale le prestazioni d’opera intellettuale si trasformano, nel linguaggio del mercato, in servizi, sia pure peculiari – che marchia il contratto in questione (anche questa combinazione, se si vuole, può essere ricondotta ad una “coppia di estremi”) consente di introdurre subito la prima delle molte considerazioni che la prestazione di opera intellettuale solleva allo studioso della disciplina con- trattuale generale.
I tratti distintivi si specificano almeno su un triplice profilo, a volere oltrepassare i connotati più sedimentati individuati dalla dottrina per il contratto di cui si parla, ossia l’intellettualità del- la prestazione, che genera l’esclusività del personale apporto culturale del professionista nell’esecuzione – ritenuti sufficienti a connotare il contratto anche quando presenti in una consi- stenza “minima” 10 – e l’esercizio professionale, dunque continuativo e non occasionale dell’attività.
Il triplice piano si snoda dalla rilevanza dei principi fondamentali al barocco sistema delle fonti eteronome del contratto fino alla struttura intrinseca del rapporto contrattuale.
Sotto il primo aspetto (quello dei principi) costituisce osservazione non inconsueta quella che segnala lo stretto collegamento del contratto in analisi con valori di rilievo primario, anche costituzionale 11. Tuttavia, è ormai da tempo avvertita l’esigenza di appuntare l’angolo di osser-
del “professionista mercante”, da X. XXXXXXXXX, Professionisti e gentiluomini. Storia delle professioni nell’Europa contemporanea, Torino, 2006, specie, in chiave riassuntiva, p. 350 ss.
9 X. XXXXXXX, Professioni (concorrenza nelle), voce, in Digesto disc. priv., Sez. comm., Torino, 2008, p. 711 ss.
10 Per l’affermazione che il contratto de quo sia connotato da un “minimo di intellettualità nello sforzo professio- nale profuso nella produzione del servizio e da un minimo di personalità nella prestazione”: X. XXXXX, L’impresa e le professioni intellettuali, in Diritto commerciale, a cura di X. Xxxx, Torino, 2015, p. 84 ed ivi rimandi.
11 Molto deciso era il richiamo alle norme costituzionali contenuto nella proposta di legge Xxxxxx (n. 1553, presentata alla Camera il 29 luglio 2008) sulla riforma della disciplina delle professioni intellettuali, che si proponeva, ai sensi so- prattutto degli artt. 4, 33 e 35 Cost., di «abbracciare, in un sistema comune, tutte le libere professioni», ovvero tutte quel- le attività economiche dirette al compimento di atti e alla prestazione di servizi o di opere in favore di terzi, abitualmente esercitate «con lavoro intellettuale», per le quali «è richiesto un titolo di studio universitario o equipollente».
vazione oltre la cornice delle norme che assegnano massima rilevanza allo svolgimento delle libere professioni, al cui interno abbondano i riferimenti costituzionali, pur eterogenei (gli artt. 4 e 41, l’art. 33, 5° co., che prescrive l’esame di stato per l’abilitazione professionale, ma anche gli artt. 35, 1° e 2° co., 31, 1° co, e 37) 12. Dato che le professioni intellettuali riguardano que- stioni essenziali per la vita, la salute e i diritti delle persone, oppure questioni economiche fon- damentali o, ancora, la tutela della pubblica e privata incolumità, è ben presente la convinzione dell’essenziale e intrinseco collegamento delle professioni con beni costituzionalmente rilevanti che possono essere incisi dallo svolgimento dell’attività professionale. Con ciò, il riferimento costituzionale assume una valenza duplice, posto che lo stesso presidia l’esercizio attività, da un lato e, dall’altro, si incrocia con le richieste che questa attività è chiamata a soddisfare.
Quale specifica testimonianza di quegli andamenti circolari che si sono detti propri della dia- lettica tra opposti, sul versante “pubblico” il contratto di prestazione professionale produce an- che rilevanti effetti esterni (o “esternalità”, per usare il linguaggio economico): si pensi all’attività dei medici e alla salvaguardia della salute anche collettiva, all’attività degli avvocati e alla garanzia del funzionamento del sistema giudiziario, o, sempre a titolo esemplificativo, alla responsabilità assunta dai revisori contabili verso potenziali azionisti dell’impresa di cui certifi- xxxx il bilancio. A questa “funzione pubblica” del servizio professionale 13 si correla – in una logica di tipo compensativo – l’ambito di protezione di cui altrimenti le libere professioni non godrebbero; ed è proprio alle ragioni di “interesse pubblico” che si riferisce l’art. 3, comma 5, lettera a) del d.l. n. 138/2011 per la giustificazione della previsione di limitazioni all’accesso e all’esercizio delle professioni.
Una simile riflessione può tuttavia essere condotta guardando anche all’interno dell’accordo tra professionista e cliente, dunque oltre l’angolo prospettico del problema delle restrizioni alla libertà di esercizio. Le maglie del contratto racchiudono molto spesso aspetti inerenti la persona e la personalità non solo del cliente ma di entrambi i contraenti, caricandosi in maniera plurima di profili personalistici. I valori personalistici che circondano la persona del cliente hanno senza dubbio un andamento intrinseco al contratto, tanto che è pressoché scontata l’osservazione che taluni diritti inviolabili dell’uomo, come la salute, entrano per così dire direttamente nel contrat- to di prestazione professionale e costituiscono oggetto del suo adempimento. Ma è indubitabile che questo coinvolga, dal versante dell’altro contraente (il professionista) il suo intelletto (dun- que, un risvolto sapienzale, immateriale ma personalistico anch’esso), posto per così dire a ser- vizio del primo.
12 F.M. BANDIERA, Commento all’art. 2229, in Commentario del codice civile diretto da X. Xxxxxxxxx, Dell’impresa e del lavoro a cura di X. Xxxxxxxx e X. Xxxxxxxxx, IV, cit., p. 458; X. XXXXXXXX, Le libere professioni intellettuali, cit., p. 18.
13 Xxxxxx fino a considerare il professionista, in taluni casi, responsabile di comportamenti illeciti tenuti verso la collettività dal proprio cliente: cfr., in tema di illecito tributario, Cass., 26 aprile 2010, n. 9916, in Dir. fisc. ass., 2011,
p. 1106, con nota di X. XXXXXXX, La rischiosa attività del commercialista tra responsabilità civile, amministrativa e penale: consulente di fiducia o guardiano degli interessi pubblici?
In questo quadro si stagliano gli indici normativi dello svolgimento personale dell’incarico da parte del professionista, cui si annoda anche l’autonomia di esercizio dell’attività e il caratte- re fiduciario del rapporto. Definito da Xxxxxxxx Xxxxxxx – allorquando discorreva di contratto di lavoro subordinato – come “qualcosa di intimo, che non sempre si connette con motivi esterio- ri” 14, tale carattere, sebbene progressivamente scoloritosi 15, è alla fine sopravvissuto allo svol- gimento della professione in forma associata 16 e persino alla norma rivoluzionaria dell’art. 10 della legge 183/2011, dedicata alle società tra professionisti e destinata alle professioni ordini- stiche 17, che notoriamente non è riuscita ad attecchire molto nella prassi.
Nella stessa ottica del coinvolgimento di valori personalistici si può a ragione collocare il se- greto professionale, che presenta un diverso grado di impermeabilità a seconda del tipo di pro- fessione: unito al diritto alla riservatezza delle informazioni rilasciate esso rappresenta sotto questa angolatura l’acme di un rapporto di affidamento estremo, di tipo sostanzialmente confes- sorio, del cliente con il professionista prescelto. Se l’antropologia definitiva del diritto moderno è stata instaurata dal diritto del lavoro, come scriveva Xxxxx Xxxxxxx negli anni Cinquanta 18, il settore lavoristico più evoluto dello svolgimento di prestazioni professionali, con le quali si “vendono” competenze intellettuali, fornendole a chi ne è privo, indurrebbe senz’altro a compie- re nuove riflessioni in subiecta materia.
Neppure appare senza significato, da questa specifica angolatura oggetto di considerazione, che il divieto di discriminazione sia a piene mani disseminato nella normativa di riforma delle professioni. Proprio il principio di uguaglianza costituisce l’ultima discussa frontiera del nuovo diritto dei contratti, foriera di animati contrasti che vedono contrapposto soprattutto il legislatore europeo e quello autoctono, e che spingono la più accorta dottrina, dopo il superamento dello scoglio del suo confronto con l’autonomia contrattuale, un tempo ritenuto inammissibile, a indi-
14 X. XXXXXXX, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, ristampa anastatica a cura di X. Xxxxxx, Milano, 2003, p. 354.
15 X. XXXXXXXX, Xxxxx colpa grave alla responsabilità professionale, 2ª ed., Torino, 2016, p. 3, sottolinea come si possa seriamente cominciare a dubitare che nell’ordinamento sussista ancora quel carattere “rigorosamente professio- nale” caratterizzato, nel rapporto tra professionista e cliente, dall’intuitus personae.
16 Cfr., tra altre, Cass., 29 novembre 2004, n. 22404, in Giust. civ. Mass., 2004, p. 11, che ribadisce il carattere ri- gorosamente personale del rapporto tra professionista e cliente, fondato sull’intuitus personae anche quando il profes- sionista è associato ad uno studio.
17 In argomento cfr. X. XXXX, La nuova società tra professionisti. Primi interrogativi e prime riflessioni, in NLCC, 2012, p. 3 ss.; X. XXXXXXXXX, Professioni intellettuali e società tra professionisti (lemma), in Diritto commer- ciale, a cura di X. Xxxxxxx, Dizionari del diritto privato promossi da N. Irti, Milano, 2011, p. 669 ss., nonché Società tra professionisti, speciale della rivista Le Società, 2012 (in particolare XXXXXXX, Società tra professionisti e profes- sioni protette, ivi, p. 15 ss.). E v. anche lo studio n. 224/2014 (“Società tra professionisti-Questioni applicative ad un anno dall’entrata in vigore”) approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato in data 3 aprile 2014. Il tema della re- sponsabilità verso il cliente nel caso di esercizio in forma associata dell’attività è trattato, per esempio, da X. XXXXX- DO, Profili di responsabilità nelle società tra professionisti. Riflessioni sulla responsabilità personale e societaria dei soci, in NLCC, 2014, p. 836 ss.
18 X. XXXXXXX, La tutela giuridica della vita materiale nelle varie età dell’uomo, ora in Diritto e valori, Bologna, 1985, p. 127.
viduare i limiti (o le mediazioni) della sua applicazione 19. Riferito al tema che ci occupa, si trat- ta questa volta di un divieto di discriminazione proveniente dal mercato e fondato sulla naziona- lità del professionista o della sede legale delle associazioni di professionisti 20, che – sulla spinta degli osteggiati processi di liberalizzazione di matrice europea – si colloca in una fase prelimi- nare all’esercizio dell’autonomia privata, perché riguarda il momento di accesso all’esercizio dell’attività. In proposito si può notare che l’art. 2229, che apre lo sparuto gruppo di norme de- dicato dal codice civile alla prestazione d’opera intellettuale, si occupa proprio di disciplinare l’accesso all’esercizio delle professioni intellettuali. A questo risvolto si collega il tema delle
c.d. misure compensative (tirocini, prove attitudinali), che appare bene esplicitato, ad esempio, nel recente regolamento per permettere l’esercizio in Italia della professione di ingegnere 21.
Proiettata all’interno del contratto, la tematica pare fare intravedere contorni che fuoriescono dai collaudati confini dell’art. 2231 c.c., ossia dalla disciplinata mancanza di compenso del pro- fessionista non iscritto all’albo che si è voluta presidiare con il rimedio della nullità 22, cui ha fatto da corollario la ritenuta impossibilità di applicazione anche dell’art. 2126 c.c. 23 Il tema è troppo rilevante e delicato per essere analizzato solo per brevi accenni, ma ad esempio la pro- spettiva del rifiuto discriminatorio di contrarre, allorquando il contratto di prestazione profes- sionale diventa in un certo qual modo “imposto”, ossia tutte le volte in cui il professionista sia il solo soggetto legalmente legittimato al compimento di determinate, necessarie attività, potrebbe schiudere interessanti risvolti di riflessione.
3. Segue. – Sul piano delle fonti, il contratto di opera professionale si caratterizza per una
19 U. BRECCIA, Sub art. 1322 c.c., in Dei contratti in generale, a cura di X. Xxxxxxxxxx e X. Xxxxxxxx, Commenta- rio del codice civile diretto da X. Xxxxxxxxx, Torino, 2011, p. 106. Sulle preoccupazioni che l’ampliamento a dismisura del divieto di discriminazione nel contesto contrattuale induca a pensare che tale divieto “costituisca un limite intolle- rabile alla libertà contrattuale … invece che una delle regulae iuris maggiormente espressive del rinnovato significato della libertà contrattuale nelle società del terzo millennio”: X. XXXXXXX, Il diritto contrattuale antidiscriminatorio nelle indagini dottrinali recenti, in NLCC, 2015, p. 163. Sul tema v. anche le riflessioni di X. XXXXXXXXXX, Principio di uguaglianza, divieto di non discriminazione e contratto, in Riv. dir. civ., 2014, p. 558 ss.
20 Cfr. l’art. 2, ultimo comma, del regolamento n. 137/2012 sulla riforma degli ordinamenti professionali.
21 Si tratta del decreto del Ministero della Giustizia del 3 dicembre 2014 n. 200, recante “Regolamento recante misure compensative per l’esercizio della professione di ingegnere, di cui all’articolo 24 del decreto legislativo 9 novembre 2007 n. 206”.
22 La giurisprudenza è al riguardo costante: tra le tante Xxxx., 21 marzo 2011, n. 6402 (su cui X. XXXXXX, La “de- negatio actionis” del professionista non iscritto all’albo, in Rass. dir. civ., 2013, p. 1077), che esclude – ai fini della possibilità di ottenere il pagamento della retribuzione – anche l’azione sussidiaria di arricchimento senza causa. La propensione, anche se non mancano in dottrina opinioni diverse, è verso la configurazione della nullità del contratto per contrasto con l’ordine pubblico: esplicita Cass., 12 ottobre 2007, n. 21495, in I contr., 2008, p. 274; e x. X. XX- XXXXXX, Il “monopolio” del professionista: la nullità del contratto d’opera intellettuale per mancanza di iscrizione all’albo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, p. 957 ss.
23 X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Lavoro autonomo, cit., p. 726; ID., Lavoro autonomo, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1990, p. 15.
spiccata e policentrica articolazione, che annovera (sempre giocando all’interno delle “coppie di estremi”) il rapporto tra diritto generale e leggi speciali, tra diritto pubblico e diritto privato, ma ormai anche tra diritto statuale e diritto regionale 24, tra fonti primarie e fonti secondarie di at- tuazione, come pure tra norme giuridiche e norme deontologiche, tra tutele giudiziarie e sanzio- ni disciplinari, tra competenze riconosciute da titoli legali o equipollenti e comportamenti im- prontati a lealtà e probità e a condotte anche di vita specchiate e irreprensibili, con andamenti a volte oscillanti. Riprova ne è, per tutte, il ritorno alla legiferazione che, in un orizzonte caratte- rizzato da un andamento contrario, ha accompagnato la recente riforma dell’avvocatura 25.
La regolamentazione “multilivello” del contratto è estesa e pervasiva, poiché traccia diago- nali che vanno dalla vigilanza sull’accesso alla professione fino agli standard qualitativi del suo svolgimento, dal vaglio preventivo dei requisiti di professionalità all’imposizione di obblighi comportamentali, dal controllo statuale, con risvolto giudiziale, a quello degli ordini professio- nali, con conseguenze in primo luogo di “polizia” disciplinare, oggi rafforzate dalla introduzio- ne dei consigli di disciplina, tanto da fare domandare quanto spazio resti riservato – dinanzi alla crescente eteronomia – alla pura autonomia contrattuale e quale sia, in definitiva, il ruolo dell’accordo tra le parti.
La complessità è ulteriormente rafforzata perché le fonti di esso non solo si intersecano per completarsi, ma spesso appaiono a doppia valenza: si pensi, per tutte, alle norme deontologiche che hanno da tempo aggiunto alla natura di regole di comportamento nell’interesse della catego- ria professionale quella di regole idonee a misurare il corretto adempimento del professionista nei rapporti con il cliente 26.
Per di più, certi profili tradizionalmente già assestati devono essere forse ripensati. È questo il caso del diritto pubblico, che non è certamente arretrato, posto che anche la recente riforma degli ordinamenti professionali approvata solo qualche mese prima con il dPR n. 137/2012 ha convintamente confermato il ruolo di “agente di legittimazione” delle professioni intellettuali
24 Cfr. in particolare il discusso d. lgs. n. 30 del 2006, contenente la “ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell’articolo 1 della legge 4 giugno 2003, n. 131” ed emanato in attuazione della dele- ga all’individuazione di principi fondamentali su materie a competenza ripartita Stato-Regioni, sul quale v., sinteti- camente, C. XXXXXX, Commento all’art. 2229, in Codice civile annotato a cura di X. Xxxxxxxxxxx, Napoli, 2010, p. 722.
25 Il Dossier n. 1/2013 del CNF, esplicativo della nuova legge di riforma, ha chiarito espressamente che l’’approvazione della legge 31 dicembre 2012, n. 247 ha determinato la sopravvenuta inapplicabilità alla professione forense delle norme contenute nell’art. 3, comma 5°, del d.l. 138/2011, conv. in l. n. 148/2011 e s.m.i. e, conseguen- temente, delle norme contenute nel d.P.R. n. 137/2012. “Questo – si legge nel Dossier – tanto in considerazione del criterio cronologico (lex posterior derogat legi priori) quanto del criterio di specialità (lex specialis derogat legi ge- nerali) e gerarchico (con riferimento specifico alla sorte delle disposizioni di cui al d.p.r. n. 137/2012). Non potranno, pertanto, avere applicazione, neanche nella fase transitoria, le norme sugli organi disciplinari contenute nell’art. 8 del
D.P.R. n. 137/12, che … necessitano, per essere operative, dell’insediamento dei consigli di disciplina (previsione ormai inattuabile per la professione forense)”. Più in generale, il primo e più significativo effetto della riforma è quel- lo di sottrarre la professione forense alla delegificazione degli ambiti materiali di cui all’art. 3, comma 5°, cit., com- portando una “rilegificazione” dello statuto normativo dell’avvocatura.
riservato allo Stato (che opera essenzialmente attraverso la regolamentazione dell’accesso e la vigilanza sugli ordini, i quali a loro volta esercitano la vigilanza delegata ma anche autonoma sugli iscritti), ma che affida a certe professioni intellettuali ruoli di supplenza inquadrabili ormai a pieno titolo nel principio di sussidiarietà. Il riferimento a questo riguardo va alla recente intro- duzione della “negoziazione assistita” degli avvocati 27, diversa dalle più antiche forme dei rap- porti di servizi onorari con lo Stato.
Lungo questo crinale, la disputa ancora aperta sulla soluzione al quesito se gli artt. 2229 ss.
c.c. regolamentino il contratto d’opera intellettuale oppure disciplinino l’attività appare forse un dilemma non così tragico, che si spiega con una doppia causale: una più antica, che riposa nella diversa logica del libro quinto del codice, proteso proprio a guardare al dinamismo della presta- zione lavorativa più che alla staticità delle formule definitorie del contratto e una più moderna o almeno di recente riscoperta, che può essere ravvisata nel segno ante litteram di quella che oggi siamo soliti definire “procedimentalizzazione” del contratto 28.
Nella disciplina delle professioni regolamentate la procedimentalizzazione è così forte che l’esecuzione del contratto all’esterno funzionalizza questa attività, la quale in alcuni casi diventa addirittura “ministero” (per tutti, quello di difensore). Nei rapporti interni tra il professionista e il cliente, la procedimentalizzazione assume un altro risvolto peculiare, che si lega al carattere di sapere tecnico proprio della prestazione e che, anzitutto, rende sempre più spiccato il passaggio dall’attuazione del rapporto al rispetto dei diversi protocolli, diversamente configurati per le singole professioni, a partire da quella medica, che ha conosciuto normativamente il confronto con standard operativi predefiniti 29.
In questa direzione un risvolto rinnovato è generato, per la professione forense, dal tema del- la “competenza specializzata”. È noto che il nuovo codice deontologico forense (art. 12) fa di- vieto all’avvocato di accettare incarichi che “sappia di non potere svolgere con adeguata compe- tenza”, aggiungendo che l’accettazione di un determinato incarico fa presumere la competenza a realizzarlo, affidando così all’autovalutazione del professionista la determinazione a monte della
27 In tema: F.P. XXXXX, Xxxxxxxxxxxx assistita (art. 6 e 12 d.l. n. 132/2014), in NLCC, 2015, p. 649 ss.
28 Sul tema della procedimentalizzazione del contratto fondamentale rimane il contributo di SALV. XXXXXX, In- troduzione allo studio del procedimento giuridico nel diritto privato, Milano, 1961, specie pp. 64, 110 ss. In argo- mento, quanto al contratto ad effetti traslativi, cfr., specificamente, X. XXXXXXXXX, Il contratto con effetti reali tra procedimento e fattispecie complessa: prime considerazioni, in Diritto privato, I, Il trasferimento della proprietà, Padova, 1995, p. 83 ss.; più di recente X. XXXXXX (a cura di), La circolazione del contratto preliminare. Profili rico- struttivi e strumenti operativi, Milanofiori Assago, 2011, X. XXXXX, La compravendita immobiliare dall’atto al pro- cedimento (2013), in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx; X. XXXXX, La vendita come procedimento, in Rass. dir. civ., 2015, p. 1359 ss.
Un contributo che rilegge in chiave procedimentale l’intero iter di formazione del contratto è quello di A.M. BE- NEDETTI, Autonomia privata procedimentale. La formazione del contratto fra legge e autonomia delle parti, Torino, 2002.
29 X. XXXXXX, Protocolli medici e colpa penale secondo il “decreto Xxxxxxxx”, in Riv. it. med. leg., 2013, p. 820 ss.; X. XXXXX, Responsabilità medica tra regole giurisprudenziali e recenti interventi normativi, in Contr. e impresa, 2014, specie p. 788 ss.
sua capacità di esatto adempimento. Il profilo è destinato a trovare un significativo elemento di raccordo con la professionalità che si articola nelle nuove specializzazioni 30 e genererà sicura- mente nuove ripercussioni sull’adempimento/inadempimento dell’obbligazione e dunque sulla stessa responsabilità del professionista. Non è difficile immaginare una valutazione più rigorosa di questa responsabilità quando la controversia intercorsa con il cliente 31 insoddisfatto riguardi, per esempio, proprio il settore di competenza del legale specialista.
4. – La complessità appena accennata del contratto di prestazione professionale genera qua- dri articolati e compositi, il cui primo effetto è quello di confrontare la pur unitaria disciplina del contratto d’opera intellettuale con le regole speciali dettate per le diverse tipologie di professio- nisti.
Da questo punto di vista, non si tratta più di prendere atto delle distinzioni già tracciate, ad esempio, tra professioni interamente protette (esercitate solo da soggetti iscritti all’albo compe- tente, come nel caso del medico) e professioni parzialmente protette (nelle quali solo alcune del- le attività necessitano obbligatoriamente dell’iscrizione all’albo, come nel caso dell’avvocato), oppure – da diversa visuale – da professioni con aree di esclusiva (i notai) e altre con zone prive di esclusiva (i commercialisti), nella consapevolezza che non fanno difetto alcuni spostamenti o attrazioni di materia: si pensi alla consulenza legale svolta in modo sistematico, ricondotta nello spettro della competenza del professionista forense dall’art. 2, comma 6°, l. n. 247/2012.
Si tratta invece di constatare – come si è accennato in apertura – che sussiste una pluralità di statuti normativi del libero professionista, che affonda le sue radici nella legislazione precodici- stica, già diversificata per le singole professioni, che il più recente diritto comunitario e interno continua a ribadire.
Così, sul primo versante, la direttiva servizi 2006/123/CE non si applica agli esercenti le pro- fessioni sanitarie e alla professione meno liberalizzata, quella dei notai, ai quali neppure si ap- plica la più recente direttiva 2013/55/UE sul riconoscimento delle qualifiche professionali. Per il diritto autoctono basterebbe pensare alla riforma professionale forense tracciata dalla legge n. 247/2012 32, che sottrae gli avvocati alla disciplina generale della riforma degli ordinamenti pro-
30 V. il Decreto del Ministero della Giustizia 12 agosto 2015, n. 144 (regolamento recante disposizioni per il con- seguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista). In argomento, prima del regolamento: X. XXXXX, La nuova legge sulla professione forense. Riforma forense e “specializzazione” degli avvocati, in Xxx. xxx. xxx., 0000, x. 000 xx.
00 È generalmente ammesso che la qualità di cliente del professionista d’opera intellettuale possa non coincidere con quella del soggetto a favore del quale l’opera del professionista deve essere svolta, dovendo ravvisarsi in colui che, stipulando il relativo contratto, ha conferito l’incarico al professionista, assumendo l’obbligo del pagamento del compenso: Cass., 25 novembre 2004, n. 22233, in Mass. Giur. it., 2004.
32 La quale si affianca alla precedente disciplina, risalente al r.d.l. 27.11.1933, n. 1578, che non è stata interamen- te cancellata. Sulla legge cfr. i saggi pubblicati in Riv. dir. civ., 2013 ed ivi (p. 389 ss.) le considerazioni di apertura di
X. XXXX, La nuova legge sulla professione forense. Introduzione.
fessionali approvata solo qualche mese prima con il già ricordato d.P.R. n. 137/2012 33 o al dise- gno di legge specificamente rivolto solo alla riforma delle professioni sanitarie 34.
Non vi è dubbio che una spinta significativa non solo alla creazione di “sottosistemi” di re- gole ma alla fissazione di un loro più esatto confine sia provenuta dal diritto giurisprudenziale anche (e in alcuni casi soprattutto) sotto il profilo del risvolto rimediale, che – una volta com- preso nei suoi esatti termini quel singolare richiamo alla “colpa grave” contenuto nell’art. 2236
c.c. 35 – si è soliti ormai declinare in termini di responsabilità differenziata per le varie profes- sioni (a partire da quella sanitaria per arrivare a quella del progettista e del revisore) 36. Uno sta- tuto, dunque, che si costruisce a ritroso, dal lato della “vittima”.
Ma alla diversificazione della disciplina, propria di plurime categorie professionali – conti- nuando a scrutinare il tema con la lente della coppia di estremi – si contrappone con sempre maggiore decisione la spinta unificante delle regole di fonte comunitaria sul contratto del con- sumatore, quando lo stesso è cliente/utente del professionista, che tende a rendere indifferenzia- to l’acquisto del “sapere specialistico” dall’acquisto di un qualsiasi bene di consumo.
Il discorso conduce inevitabilmente verso la considerazione dell’asimmetria informativa che, nel contratto di opera intellettuale, caratterizzato dalla natura altamente tecnica dei servizi offer- ti, si presenta particolarmente elevata. Se l’aforisma di Xxxxxx Xxxxxxx Xxxx (“Tutte le profes- sioni sono delle cospirazioni contro i profani”) riesce a strappare un sorriso, è indubitabile che già nello stesso codice civile una significativa traccia di asimmetria informativa – sebbene mista al carattere fortemente fiduciario del rapporto tra professionista e cliente – si rinviene nella pre- visione del recesso. La natura fiduciaria del rapporto, giustificata (o, per meglio dire, indotta) dall’esclusività della prestazione, rinviene una precisa testimonianza nella disciplina dell’art.
33 Per l’affermazione che la l. 31.12.2012, n. 247 abbia sottolineato la specialità della professione forense “in quanto destinataria di regole specifiche che la sottraggono alla curvatura mercantista impressa alle altre professioni dalle più recenti leggi”, U. PERFETTI, Riforma della legge forense, in Libro dell’anno del Diritto 2014, Xxxxxxxx.xx.
34 V. supra, nota 7.
35 X. XXXXXXXXX XXXX, U. BRECCIA, F.D. BUSNELLI, X. XXXXXX, Diritto civile, 3, Obbligazioni e contratti, Torino, 1989, p. 526. E v., sebbene non del tutto in termini, C.M. BIANCA, Diritto civile, 5, La responsabilità, Milano, 2012,
p. 34 ss.
Per una sintesi dell’evoluzione della giurisprudenza volta a circoscrivere progressivamente il campo di operatività dell’art. 2236 c.c., con riguardo alla responsabilità medica: X. XXXXXXXXXX, La responsabilità contrattuale tra tradi- zione e innovazione, in Resp civ. e prev., 2016, p. 75 ss.
36 Tra i molti contributi in tema: X. XXXXXXX, Responsabilità del professionista, in Digesto disc. priv., Sez. civ., Torino, 1998; AA.VV., Professioni e responsabilità civile. Professioni legali, tecniche, mediche, opera diretta da X. Xxxxxxxxx e X. Xxxx, Bologna, 2006; con riguardo a talune specifiche professioni, ad es., M e X. XXXXXXXXXX, La re- sponsabilità dei professionisti tecnici: ingegnere-architetto-geometra, Xxxxxx, 0000.
La specificità della responsabilità medica rispetto alla responsabilità del prestatore d’opera intellettuale è gene- ralmente evidenziata: per tutti, X. XXXXXXXX, Xxxxx colpa grave alla responsabilità professionale, cit., p. 11. A testi- moniarlo basta ricordare la speciale disciplina sulla responsabilità sanitaria, oggetto ad oggi di modifica ad opera del ddl Gelli. In argomento: X. XXXXXXX, La riforma della responsabilità sanitaria al bivio tra conferma, sovversione, confusione e … no-blame giurisprudenziale, in Riv. it. med. leg. dir. san., 2016, p. 3 ss.
2337 c.c. Sono note le ormai lontane sentenze della Corte costituzionale 37 che, ponendo a raf- fronto il recesso senza giustificazioni del cliente con il recesso condizionato da “giusta causa” del professionista, hanno ritenuto questo diverso trattamento giustificato anche “da ragioni di tutela del contraente che può definirsi più debole o meno organizzato” 38.
A volere accantonare la precisazione che anche la disciplina del recesso si articola diversa- mente a seconda del tipo di attività professionale 39, il risvolto è dichiarato con molta chiarezza, ad esempio, nel parere reso in data 11 marzo 2014 dalla Sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo del Comitato economico e sociale europeo sul tema “Ruolo e futuro del- le libere professioni nella società civile europea del 2020”. Si legge in esso che “la prestazione di servizi nell’ambito delle libere professioni è caratterizzata da un’asimmetria informativa tra i prestatori di servizi da un lato e i loro fruitori dall’altro” 40. All’atto del conferimento dell’incarico, il fruitore del servizio opera infatti – continua il parere – un’“apertura di credito” verso il professionista ed è per questo che le libere professioni poggiano sulla fiducia: nel qua- dro di questa asimmetria informativa, il fruitore del servizio “deve fidarsi che il prestatore non sfrutti la situazione a proprio vantaggio, ma gli eroghi invece il miglior servizio possibile, commisurato alle sue necessità”.
Rispetto alle già immaginate situazioni di disparità di posizioni contrattuali il tratto peculiare è rappresentato in questo caso da un’asimmetria informativa ispessita, che – per usare un lin- guaggio economico – riconduce i servizi professionali tra i c.d. credence goods 41. Sospingono in questa direzione vari elementi, tra i quali la mancanza in capo al cliente di informazioni, co- noscenze ed esperienze sufficienti per valutare i servizi al momento della loro offerta, la sua
37 X. XXXXXXXX, Contratto d’opera professionale, cit., p. 535, i ivi i riferimenti a Corte cost., 4 luglio 1979, n.
209, in Giur. cost., 1974, p. 1730 e Id., 13 febbraio 1974, n. 24, in Foro it., 1974, I, c. 597.
38 Ma è noto che alcune professioni derogano al disposto codicistico: è questo il caso degli ingegneri e degli archi- tetti, per i quali l’art. 10 della l. n. 133/1949, pur non limitando l’incondizionato diritto di recesso concesso al cliente, pone a suo carico un’obbligazione indennitaria ex lege, prevedendo l’automatico aumento del compenso dovuto al professionista nella misura del 25%.
39 Sul recesso del cliente nel rapporto con il professionista tecnico cfr. ancora X. XXXXXXXX, Contratto d’opera professionale, cit., p. 548 ss.
40 Tuttavia – continua il parere di cui al testo – “a tutti gli Stati membri in egual misura spetta impedire che la ca- ratteristica distintiva delle libere professioni, cioè l’asimmetria informativa tra prestatori e fruitori di servizi, venga sfruttata a favore dei primi. I servizi offerti dai liberi professionisti sono complessi e richiedono un alto grado di competenze specialistiche. Pertanto, il fruitore di tali servizi risulta sprovvisto di informazioni, conoscenze ed espe- rienza sufficienti per giudicare la qualità dei servizi offerti, sia al momento di sceglierne il prestatore sia ad erogazio- ne del servizio avvenuta”.
41A seconda del tipo di asimmetria informativa, gli economisti hanno classificato i servizi professionali tra i cre- dence goods, gli experience goods e i search goods. Più precisamente, quando l’asimmetria informativa grava sia nel- la fase di specificazione della domanda indirizzata al professionista, che successivamente nella valutazione della sua performance, i servizi professionali possono essere classificati tra i credence goods, il che implica che l’attività pro- fessionale può essere considerata come una forma di assistenza fiduciaria, sostanzialmente slegata da vincoli di ob- bligatorietà di risultato. Alternativamente, se esiste una qualche forma di verifica ex-post della prestazione basata su precedenti esperienze, i servizi professionali possono essere più propriamente classificati come experience goods.
l’incapacità di assegnare al professionista obiettivi precisi al lavoro che gli richiede e, ancora, la sua incompetenza a giudicare la bontà e l’efficacia della prestazione al momento del suo com- pimento. A questo si somma la sostanziale impossibilità dello stesso di comparare i prezzi in un mercato, per di più, in cui l’elevata richiesta di compenso è considerata espressione di una con- correnza a contrario, ossia della selezione già compiuta dalla clientela, che fa emergere le situa- zioni di più elevata professionalità o dalla quale traspaiono livelli di eccellenza nel settore.
Vari sono stati e sono gli strumenti messi in campo per rimediare a questa asimmetria 42. Sot- to questa specifica visuale si ripropone la stessa, già segnalata pluralità di fonti che investe il contratto, che mescola “rules-based regulation” e “principles-based regulation”: dal richiamo alla presenza di standard professionali minimi e al rispetto di norme deontologiche del citato parere sul “Ruolo e futuro delle libere professioni nella società civile europea del 2020” al raf- forzamento dei doveri di informativa (operato soprattutto dall’art. 9 della l. n. 1/2012 43) fino alle clausole generali. Queste ultime sono spesso invocate in maniera quasi eccessiva, come testi- monia il riferimento alla “lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza” con la quale deve essere esercitata la professione forense che si rinviene nell’art. 3 della legge n. 247/12 e che è riproposto dalle norme dei codici deontologici, tutti dominati dal richiamo alla correttezza. In ordine al dovere di informazione (a tacere delle considerazioni sull’inutilità del surplus in- formativo e sulla deresponsabilizzazione che da ciò discende), si può notare il legame con la complessità dell’incarico, che evoca la soluzione di problemi tecnici “di particolare difficoltà” dell’art. 2236 c.c. Ma, soprattutto, esso – progressivamente esteso dal medico ad altre categorie professionali – spinge a considerare l’uso della generale disciplina di stampo consumeristico nella correzione delle asimmetrie informative, cui dovrebbe supplire anche l’accresciuto requisi- to di forma scritta nella pattuizione sul compenso ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2233 c.c.,
per quanto riguarda avvocati e praticanti abilitati.
A questo proposito appare ben definibile il più recente trend giurisprudenziale, non solo au- toctono, volto ad applicare questa disciplina al contratto d’opera intellettuale. Tale tendenza ha riguardato soprattutto la professione ordinistica forense: si allude alle sentenze che, in tema di azione spettante all’avvocato per il pagamento dei compensi professionali, già da qualche tempo hanno sancito l’inderogabilità del foro di competenza del consumatore, fino alle recenti decisio- ni della Corte di Cassazione che hanno confermato l’applicabilità di questa disciplina, “a nulla rilevando che il rapporto tra l’avvocato e il professionista sia caratterizzato dall’intuitu perso-
42 Che tuttavia, nella complessità delle relazioni economiche odierne, può porre lo stesso professionista in posi- zione di subalternità. È questo il caso dei legali, professionisti fiduciari, di fronte a enti pubblici o privati conferenti gli incarichi: in merito v. X. XXXXXXXXXX, Regole e mercato nella disciplina del contratto d’opera professionale, in Contr. e Impresa, 2016, specie p. 528 ss.
43 Nella quale si legge: “Il professionista deve rendere noto al cliente il grado di complessità dell’incarico, for- nendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell’incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale”.
nae” 44. In questa direzione appare significativa una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sui contratti standard di assistenza legale, che considera a tale fine irrile- vante la “natura pubblica dell’attività svolta dagli avvocati”, dichiarandosi d’accordo con quanto sostenuto dalla Commissione europea in udienza: “escludere dall’ambito di applicazione della direttiva 93/13 i numerosi contratti stipulati dai ‘clienti consumatori’ con le persone che eserci- tano libere professioni, che si caratterizzano per l’indipendenza e gli obblighi deontologici ai quali tali prestatori sono soggetti – si legge nella sentenza – priverebbe l’insieme di tali ‘clienti- consumatori’ della tutela accordata dalla direttiva” 45.
Emerge così, dal versante del controllo sul contratto, una nozione indifferenziata di profes- sionista, che sopravanza la diversa articolazione degli statuti e che – sotto l’aspetto della corre- zione degli squilibri – è idonea ad abbracciare anche lo svolgimento di attività di carattere intel- lettuale. Questo è l’inevitabile portato, come noto, della linea seguita nel contesto europeo, che prescinde da categorizzazioni giuridiche formali del concetto di impresa 46 e che di questa privi- legia l’aspetto funzionale, dando rilevanza predominante all’esercizio dell’attività consistente nell’offerta di beni e servizi, all’interno di una nozione che risulta idonea a comprendere anche le attività degli esercenti le professioni intellettuali, incluse quelle protette, in quanto le stesse si sostanziano nell’erogazione di servizi a fronte di un corrispettivo.
Se questo è, l’equiparazione tra imprenditore e professionista anche intellettuale appare pas- saggio compiuto sia ai fini dell’applicazione della normativa anticoncorrenziale 47 sia ai fini dell’applicazione della normativa sul contratto, frutto di un approccio – quello comunitario – ben diverso da quello di diritto interno, perché rivolto alla “regolazione delle professioni legata essenzialmente alla salvaguardia di interessi dei ‘consumatori’ dei servizi stessi”: da qui la con- ferma delle convinzioni di chi aveva subito segnalato che l’assimilazione dell’attività professio- nale all’attività di impresa, riferita puntualmente al diritto della concorrenza, sembrava in grado di trascendere l’ambito di questa 48.
44 Cfr. Cass., 14 gennaio 2014, n. 1464 (ord.), in Quotidiano giuridico, 6 febbraio 2014, con annotazioni di M. DONA E X. XXXXX, Il foro speciale ed esclusivo del consumatore è applicabile alle controversie tra avvocato e cliente.
45 CGUE Sez. IX, 15 gennaio 2015, n. C-537/13, in Giur. it., 2015, p. 1636, con nota di I. XXXXXXXXX, Clausole abusive nei contratti con i consumatori. Avvocato e cliente nella normativa a tutela del consumo e in NGCC, 2015, p. 740, con nota di X. XXXXXXXXX, Contratti tra avvocato e cliente: è applicabile la tutela del consumatore.
46 È però noto che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea separa la libertà professionale (art. 15) dalla libertà d’impresa (art. 16).
47 Ravvisava già nell’art. 9 del d.l. n. 1/2012 (Disposizioni urgenti in materia di concorrenza, liberalizzazioni e in- frastrutture) il punto di arrivo di una tendenza che mira a “ricondurre una volta per tutte, e definitivamente, la disci- plina delle professioni intellettuali … ed il loro stesso esercizio concreto, nel quadro delle attività d’impresa”, X. XXXXXXX, Riflessioni su professione intellettuale forense, liberalizzazione dei compensi e disciplina contrattuale, in NGCC, 2013, II, 165 ss.
48 X. XXXXXXXXXXXXX-X. XXXXXXXXXX, La disciplina delle professioni tra Costituzione italiana ed ordinamento europeo, in La Costituzione economica: Italia, Europa, a cura di X. Xxxxxxx x X. Xxxx, Xxxxxxx, 0000, p. 280 (e a p. 277 il virgolettato del testo).
Avverte che l’elaborazione giurisprudenziale non esita ad applicare il diritto antitrust all’esercizio delle libere
Per limitarsi ad evocare un’unica prospettiva di “ritorno” nel diritto nazionale, si può segna- lare la necessità di riconsiderare, in chiave di inderogabilità, almeno quando il cliente rivesta il ruolo di consumatore (e trascurando le perplessità suscitate dalla completa adattabilità della normativa consumeristica al rapporto contrattuale proprio delle professioni intellettuali), la di- sciplina sull’esercizio del diritto di recesso dell’art. 2237 c.c., che la giurisprudenza, dopo alcuni ripensamenti, ha invece considerato derogabile 49.
5. – Nel percorso qui seguito, un ultimo profilo assume ancora significato: si tratta di quello che concerne il compenso e la sua determinazione. È risaputo che l’impiego del termine “com- penso” in luogo di quello di “corrispettivo” traccia un’ulteriore differenza dal contratto di pre- stazione d’opera manuale: la remunerazione dell’attività intellettuale secondo criteri non mer- cantili costituisce il retaggio della sussiegosa antica inconciliabilità tra prestazioni rese dagli uomini “liberi” (da qui l’espressione “professioni liberali”), che trasmettono un “sapere” e prez- zo del lavoro prestato.
Al riguardo si può muovere da una parola – il decoro – che, se si eccettua il suo essere riferi- to agli edifici nel regime del condominio, è presente nel codice civile solo nell’art. 2233 c.c. quale elemento per commisurare il compenso del prestatore intellettuale. Il riferimento al deco- ro, ossia al “prestigio sociale che circonda quel determinato tipo di professione intellettuale” 50, introduce nel codice civile un elemento di sapore antico, contrapposto alla modernità e all’apertura del mercato, in unione con il riferimento alla dignità della professione. Esso è stato utilizzato su più fronti: dalla difesa del mantenimento del divieto di pubblicità al recupero di minimi tariffari insopprimibili proprio perché contrastanti con esso, per il tramite delle norme deontologiche, alla giustificazione della reintroduzione del divieto del patto di quota lite nel di- ritto interno, e precisamente nella riforma della professione forense 51.
In questo campo, le spinte che provengono dall’Europa sono altre: l’avvento della normativa
professioni, in tal modo “reputando gli ordini professionali come associazioni tra imprese; gli esami di abilitazione all’esercizio delle professioni come barriere all’entrata sul mercato, le tariffe professionali obbligatorie come intese”:
X. XXXXX, L’impresa e le professioni intellettuali, cit., p. 85. E v. ora, esemplarmente, per l’attribuzione della qualifi- ca di “associazione di imprese” ai sensi dell’art. 101 TFUE al Consiglio Nazionale Forense, la recente decisione del Consiglio di Stato 22 marzo 2016, n. 1164, in Banca dati Pluris, che ha confermato la sanzione inflitta dall’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato al Consiglio Nazionale Forense, cui veniva contestato di aver posto in essere condotte restrittive della concorrenza, attraverso l’adozione di due decisioni (parere n. 48/2012 e circolare n. 22/2006) finalizzate a restringere l’autonomia dei professionisti in relazione alla determinazione del loro comporta- mento economico sul mercato, attraverso la limitazione dell’utilizzo di canali di diffusione delle informazioni e la reintroduzione della vincolatività dei minimi tariffari.
49 Per una recente ricognizione, X. XXXXXXXXXXX, Contratto d’opera intellettuale con termine finale e recesso ad nutum ai sensi dell’art. 2237 c.c., in I contr., 2016, in nota a Xxxx., 14 gennaio 2016, n. 469.
50 X. XXXXXXX, Trattato di diritto civile. II. Le obbligazioni in generale, cit., p. 666.
51 In argomento: X. XXXXX, La tormentata disciplina del “patto di quota lite” e le equivoche novità introdotte con la riforma forense, in Contr. e impresa, 2013, p. 1109 ss.
concorrenziale, penetrato con certa prepotenza nel già intrapreso percorso della c.d. commercia- lizzazione delle libere professioni 52, ha sicuramente richiesto un ampliamento dell’autonomia contrattuale, fosse solo sul versante della determinazione del compenso professionale.
Non è un caso che, di fronte al rilancio della “decorosità” del compenso e della sua corri- spondenza all’“importanza dell’opera”, in assenza di altri parametri, da determinarsi alla luce delle tariffe professionali minime, ritenute quindi di fatto nuovamente vincolanti (sul presuppo- sto che “prezzo decoroso” coincida, di fatto, con la tariffa predeterminata) la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, investita della questione se l’art. 101 TFUE sulla libertà di concorrenza vieti il riferimento alle componenti di dignità e decoro del professionista nella composizione del compenso professionale 53, abbia rimandato al giudice nazionale tale verifica.
La vicenda si è chiusa con una pronuncia del Consiglio di Stato 54 che ha ritenuto le regole deontologiche in esame (proprie dell’Ordine dei geologi, ma estensibili evidentemente a tutte le professioni) restrittive della concorrenza e non necessarie al perseguimento di obiettivi di tutela del consumatore.
Di particolare interesse appaiono le considerazioni del rapporto tra norme deontologiche e art. 2233 c.c., in ordine al quale la sentenza riprende le considerazioni formulate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, parte in causa: la norma del codice si indirizza al sin- golo professionista, si legge nella sentenza, disciplinando essa rapporti di tipo privatistico tra le parti di un contratto e non attribuendo alcun potere agli ordini professionali (considerati, alla stregua della disciplina della concorrenza, associazioni tra imprese) in termini di verifica della corrispondenza del compenso richiesto al decoro della professione e all’importanza dell’opera. Non solo la disposizione codicistica non vale a supportare quella deontologica, ma la presenza della prima conferma la superfluità della seconda, essendo evidentemente ritenuta sufficiente la regola dell’art. 2233 c.c. ad assicurare l’adeguatezza del compenso del professionista.
L’effetto, dettato chiaramente dall’intento di evitare la reintroduzione di minimi tariffari per il tramite delle regole deontologiche, è la cancellazione di sanzioni disciplinari nel caso di com- portamento “indecoroso” del professionista che pratichi prezzi stracciati, ma con una imper- meabilità di questa vicenda – stando alla sentenza in esame, ma della quale pare lecito dubitare
– alla disciplina contrattuale.
52 Le linee dell’atteggiamento dell’U.E. sulle professioni regolamentate possono essere sintetizzate nella salva- guardia dell’esistenza di regolazione delle professioni legata essenzialmente alla tutela degli interessi degli “utenti” dei servizi stessi; in un approccio pro-concorrenziale al mercato dei servizi professionali; in un diverso fondamento della stessa attività professionale, non più presupposta o menzionata implicitamente in Costituzione, ma ancorata allo statuto costituzionale dell’impresa o, comunque, delle attività economicamente rilevanti: così E. XXXXXXXXXXXXX-X. XXXXXXXXXX, op. e loc. cit.
53 Sentenza 18 luglio 2013, C-136/2, in Foro it., 2014, IV, c. 154, con nota di richiami di X. XX XXXXXXXXXX.
00 Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 gennaio 2015, n. 238, in Banca dati Pluris.
6. – Come si evince da queste rapide notazioni, il contratto d’opera al tempo delle riforme presenta scenari delicati e xxxxxxxxx, in ordine ai quali occorre allontanarsi da opposti estremi- smi 55. Questo si traduce nell’esigenza di abbandonare difese corporative (o, più propriamente, di riaffermare protezioni neocorporative) ma anche, sul versante antitetico, nell’intento di sfug- gire alla deriva mercantilistica o a forme di completa deregulation, lasciando arbitro il mercato, che ha dimostrato da più parti le sue falle, fosse solo per il fatto che le professioni regolamentate sono volte al perseguimento di interessi di stampo primario 56.
Sul piano del contratto, questo significa evitare tutele ad oltranza dei professionisti o visioni tripudianti delle professioni, che in molti settori – specie per le giovani generazioni – vedono notevolmente ridimensionata la loro capacità di guadagno, come pure tutele ad oltranza dei clienti, a volte committenti di una pluralità di incarichi e tutt’altro che soggetti deboli o in situa- zione di “minorità culturale” 57. Nella definizione ancora in essere del nuovo modello dell’esercizio dell’attività professionale, antico privilegio e nuova debolezza devono dunque stemperarsi a vicenda.
Ciò appare altresì in linea con la più accorta letteratura che ha studiato il fenomeno dal punto di vista sociologico, la quale raccomanda di evitare, in una visione non preconcetta, “l’assunzione della unidirezionalità”, sul presupposto che il processo di professionalizzazione non sia un percorso lineare ma un percorso complesso che non “finisce con un ‘traguardo’ (il riconoscimento statale) o con uno ‘stadio finale’ (lo status di professione), ma è un processo permanente di negoziazione e di conflitto” che ciascuna professione sostiene innanzitutto con le altre professioni, ma anche con lo Stato e con i clienti stessi (in difesa della propria autonomia e per il controllo del mercato professionale) 58. Costituiscono il più immediato precipitato di ciò gli obblighi di formazione continua e di aggiornamento professionale, diretti ad adeguare “per tutto l’arco della vita professionale le conoscenze professionali” 59.
Lungo questa traiettoria possono essere riproposte, anche per questo contratto, la cui specia- lità traspare dallo stesso linguaggio impiegato dal legislatore del ‘42, proprio nel raffronto con
55 X. XXXXXXX, Il contratto d’opera intellettuale, cit., p. 785; X. XXXXXXXXX, Pubblicità, concorrenza e deontologia forense, in Riv. dir. ind., 2012, I, p. 259 ss.
56 Per questo, le coordinate di una incisiva regolazione delle attività professionali dovrebbero essere dirette ad as- sicurare un livello minimo di qualità delle prestazioni (con selezione degli accessi e vigilanza permanente sull’esercizio delle attività), da un lato e, dall’altro, rivolte a garantire obiettivi di “servizio universale”, cioè “il diritto di accesso di chiunque, in ogni parte del territorio e a condizioni eque e non discriminatorie, ai servizi professionali di base”: così X. XXXXXXXXX, Il d.d.l. sulla concorrenza 2015 e le professioni intellettuali, in Xxxxxxxxxxx.xx, 2015, n. 4.
57 X. XXXXXXX, La responsabilità civile del professionista, Milano, 1984, p. 1.
58 W. XXXXXXX, Professioni, in Enciclopedia delle Scienze sociali Treccani, 1997.
59 Cfr. l’art. 16-bis del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario na- zionale), inserito dall’art. 14 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229. Ormai la compenetrazione tra aggiornamento continuo e qualifica professionale è tale per cui l’apprendimento permanente “diventa elemento di valutazione nell’ambito del riconoscimento della qualifica professionale”, sulla scorta delle indicazioni della direttiva 2005/36/CE, come modifi- cata dalla direttiva 2013/55/CE.
le riflessioni generali che attraversano la disciplina contrattuale, le considerazioni che animano in generale la discussione sul tema. Queste inducono a prospettare una possibile e meditata (an- che se non agevole) conciliazione tra le logiche del mercato e le clausole generali, in primis quella della correttezza, depurata però da eccessi diluenti e presa – o ripresa – sul serio.
Anche le coppie di estremi che hanno attraversato questo discorrere del tema potrebbero es- sere così destinate ad un loro “armonizzazione temperata”, per riprendere un’espressione in uso nel diritto europeo, atta a rinvenire, di fronte a scenari necessariamente rammodernati, quegli equilibri che la disciplina del contratto esaminato ha sempre rincorso.