XXXXXXX, Clausole campione

XXXXXXX,. Il contratto di rete e il diritto dei contratti, cit., 919 ss. 76 X. XXXXXX, Dal consorzio al contratto di rete: spunti di riflessione, in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, 2010, 3, 795 ss. 77 X. XXXXXXXX, Il contratto di rete: una soluzione in cerca del problema, in Reti di impresa e contratto di rete: spunti per un dibattito, I Contratti, 2009, 10, 938 ss. l’affidamento dell’attività esterna ad un organo a tal uopo istituito, alla stregua di quanto previsto dall’art. 2612 c.c. Xxxxxx, al di là delle innumerevoli ricostruzioni proposte dalla dottrina in tema di contratto di rete, la disciplina adottata dal legislatore, ripetutamente modificata ed integrata, appare alquanto lacunosa, risolvendosi in pochi articoli che presentano l’ambizione di offrire linee guida alle imprese contraenti per la determinazione di intense forme di collaborazione in una logica di regolamentazione e gestione attiva delle attività comuni. L’intento, purtroppo non pienamente conseguito, è stato quello di attribuire all’autonomia privata una modalità organizzativa tendenzialmente nuova e presunta, non alternativamente accessibile se non, appunto, attraverso la sua espressa introduzione. L’individuazione della suddetta trans-tipicità del contratto di rete, in definitiva, pone la fattispecie a cavallo tra il contratto associativo e il contratto plurilaterale, a fronte di un dettato normativo che agglutina profili del diritto societario e della normativa in tema di consorzi, attorno ad una disciplina di natura puramente contrattuale. Si è giunti così alla determinazione di una fattispecie in bilico tra il diritto privato generale e la disciplina di singoli tipi nella quale, però, l’elasticità propria dell’istituto consente di tracciare delle linee generali di riferimento per forme di collaborazione reticolari esistenti ancor prima della sua introduzione, attraverso uno strumento duttile ma allo stesso tempo multifunzionale, atto ad operare un mero coordinamento delle attività già svolte individualmente dalle singole imprese, ovvero forme di coordinamento più intense, volte ad attuare una vera e propria regolamentazione e gestione di attività comuni alle rispettive imprese. In definitiva, l’introduzione della normativa in tema di contratto di rete sollecita ampi margini di ricavo all’attività ermeneutica, stante la sua riferibilità ad una pluralità di funzioni e l’individuazione di una disciplina applicabile ad oggetti tra loro notevolmente div...
XXXXXXX,. Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, I, Milano, Società Editrice Libraria, 1917, 250. concezione del termine in chiave teleologica e in ragione dell’interesse perseguito dalle parti: la natura accidentale ovvero essenziale deve essere valutata in ragione dell’assetto d’interessi che emerge in ciascuna operazione dell’autonomia privata, vale a dire in relazione al negozio giuridico in concreto. Non è corretto qualificare unitariamente il termine quale elemento del negozio attribuendogli una collocazione valida per tutte le sue manifestazioni. Infatti, la determinazione temporale esplica una diversa funzione a seconda della sua manifestazione e, soprattutto, della natura dei rapporti in cui opera. L’accidentalità è tale solo in astratto, vale a dire in relazione al tipo legale, ma non sempre in concreto, specie in riferimento all’effettiva volontà delle parti. Alla luce di tali rilievi, si esamineranno le diverse fattispecie contrattuali giuslavoristiche caratterizzate da una preventiva determinazione temporale del rapporto di lavoro per valutare l’incidenza del termine quale elemento intrinseco, id est requisito di validità che caratterizza il negozio. Il secondo nucleo fondamentale è rappresentato dal termine quale elemento funzionale, sempre in àmbito giuslavoristico, di diversificazione dei modelli contrattuali. Nell’analisi si cercherà di porre in luce, anche attraverso un excursus storico relativo alle vicende del termine nell’àmbito del diritto del lavoro, come lo stesso abbia assunto, a seconda delle “stagioni”, una funzione differente e proteiforme. Accanto al modello di rapporto di lavoro standard a tempo indeterminato, sono stati introdotti diversi strumenti negoziali, spesso caratterizzati dal “vincolo contrattuale di respiro ridotto”5, ritenuti più idonei alle nuove esigenze di flessibilità dell’organizzazione produttiva6. Si è passati, così, da un “sistema protettivo statico del lavoro dipendente” a un “sistema regolativo dinamico”7. L’indagine si prefigge, altresì, l’obiettivo di chiarire la differente funzione economico-sociale assolta dal termine all’interno della multiforme realtà contrattuale contraddistinta in funzione della temporaneità del vincolo obbligatorio. La preventiva determinazione della durata del rapporto, pur essendo un elemento caratterizzante
XXXXXXX,. (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., pp. 621 ss. 218 X. XXXXXXX, Internet e commercio elettronico nel diritto internazionale dei privati, Milano, 2001, p. 89. Analizzando i modelli di distribuzione caratteristici ed esclusivi della commercializzazione elettronica, emerge la rilevanza dei c.d. portali, o portal provider, la cui funzione principale è di ridurre la distanza tra gli imprenditori, che offrono i loro prodotti sul web, e i consumatori, che navigando in internet si imbattono in una sovrabbondanza di informazioni.219 Un sito internet è tanto più efficace e appetibile quanto più facilmente è raggiungibile e conoscibile;220 in questo contesto, il compito del portale diviene quello di «indurre il navigatore a sceglierlo come sito iniziale di tutte le esplorazioni»221. Il portal provider opera quale distributore ufficiale sul web, che si differenzia da quello tradizionale sia da un punto di vista organizzativo, siccome il gestore del portale non si fa carico della materiale ricezione e movimentazione della merce, sia economico, poiché la sua remunerazione consiste in una c.d e-commerce commission222, corrispondente a una percentuale sulle vendite online del produttore, e non nella differenza tra prezzo di acquisto e di vendita della merce, come avviene, invece, nella distribuzione classica.223 Ulteriore differenza tra i sistemi distributivi risiede nel ribilanciamento del potere contrattuale di cui le parti dispongono.224 Il produttore, che nella distribuzione tradizionale vincola alla sua volontà la controparte, si trova a dover sottostare alle condizioni imposte dal portal provider, al fine di raggiungere il grande pubblico 219 I. XXXXXXXX, è il momento dei portali, in Xxxx, 1999, p. 441. 220 X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., p. 651. 221 Aa, Vv (a cura di) Istituto Indis e Ministero dell’Industria, 2000, p.124. 222 X. XXXXXXX (a cura di), Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell’INTERNET, Milano, 2002, p. 221. 223 L. M. DE GRAZIA, I portali: come si configura il rapporto con la legge?, in Internet al sito: xxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxx/xxxxxxxx/xx00.xxxx, 1999. 224 X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., p. 653, della rete. I gestori dei portali vantano, in relazione alla commercializzazione di beni online, una forza negoziale e un’influenza sconosciute ai distributori tradizionali.225 Lo strumento mediante il quale trova regolazione questo complesso d’interessi è il “co...
XXXXXXX,. Le asimmetrie informative fra regole di vali- dità e regole di responsabilità, in Riv. dir. priv., 2003, 2, p. 241. bilità di ammodernare il BGB in ordine all’adeguamento del contratto a lungo termine. Soltanto dopo il secondo dopoguerra, quando negli Stati Uniti è fiorito il dibattito della dottrina sui contratti relazionali, quale reazione a quella concezione del diritto contrattuale che gli studiosi di common law definivano classico e neoclassico, an- che nel vecchio continente si è cominciato parlare di contratti relazionali. Sicché «la recente attenzione ai contratti di durata sollecitata dalle teorie relazionali non è altro che una riscoperta dell’antico, propiziata da un fenomeno di importazione problematica, pro- prio sul piano delle implicazioni normative»6. In quasi tutti i contratti il tempo, così come lo spazio, rappresenta una coordinata delle vicende umane ed un elemento che in tutti i rapporti giuridi- ci si frappone tra la conclusione del contratto e la sua esecuzione. La peculiarità dei contratti di durata è la intensa relazione che si instaura tra il contratto e il tempo, il quale si configura come vero e proprio elemento di struttura. Ne discende che nei contratti di durata ciò che individua la fattispecie contrattuale è «la prosecuzione o la reiterazione della sua esecu- zione in maniera proporzionale e funzionale al fab- bisogno di una delle parti» e non «la distanza del tempo in sè tra conclusione ed esecuzione»7. Si comprende così, come nei contratti di durata il tem- po costituisca un elemento che ne caratterizza la funzione. L’Autore individua nel contratto di somministra- zione, la cui causa è connotata dal carattere ripetuto delle prestazioni, il paradigma del contratto di dura- ta avente ad oggetto obbligazioni ad esecuzione continuata o periodica. Il legislatore ha previsto per questo tipo di con- tratto una disciplina dell’inadempimento ecceziona- le rispetto a quella generale della risoluzione per i- nadempimento. Si prevede, infatti, che l’inadempimento della singola prestazione rilevi in quanto sia idoneo a ripercuotersi sul rapporto e dunque ad incidere sulla fiducia nei futuri adempi- menti.
XXXXXXX,. Il contratto, cit., 627. 91 Così X. XXXXXXXXX, op. cit., 349 s., che conclude nel senso dell’inesistenza in tal caso di un fondo comune (sul presupposto che non possano aversi contemporaneamente conferimenti tradizionali e apporto di patrimonî destinati). 92 X. XXXXXXXXX, op. cit., 356 ss.; X. XXXXXXX-X. XXXXX, Il «contratto di rete», cit., 515. 93 Favorevole X. XXXXXX, La nuova normativa sui contratti di rete (Legge 33/2009) ed il rapporto con i patrimoni destinati ad uno specifico affare, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, n. 1/2009, 52; dubita X. XXXXXXX, Il contratto, cit., 627; in senso contrario X. XXXXXXX-X. XXXXX, Il «contratto di rete», cit., 515; P. IAMICELI, Contratto di rete, fondo comune e responsabilità patrimoniale, in AA.VV., Il contratto di rete, a cura di X. Xxxxxxx, Bologna, 2009, 85; E.M. TRIPPUTI, op. cit., 75 ss. controverso poiché nello zibaldone che è il comma 4 ter ad un certo punto il legislatore del 2012 si è curato di aggiungere che «il contratto di rete che prevede l'organo comune e il fondo patrimoniale non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto… » (corsivo mio); inoltre, la lett. e attribuisce all’organo comune la rappresentanza della rete-soggetto, sicché si è detto che la nomina di questo sarebbe condicio sine qua non della soggettività94. Ora, è facile immaginare che nella pratica un organo comune sia sempre istituito, sicuramente quando la rete voglia operare sul mercato, ma forse anche ove si limiti a governare i rapporti inter-imprenditoriali fra gli aderenti, sicché il problema rischia di essere più teorico che pratico. Devo confessare però che la tesi dell’obbligatorietà dell’organo comune non mi convince95: la lett. e esordisce indicandone chiaramente il carattere facoltativo e detta una regola sulla rappresentanza per il caso in cui vi sia, ma non lo impone. E così anche il precetto negativo aggiunto nella prima parte del comma sembra più che altro dettato dalla preoccupazione contingente di chiarire una volta per tutte che non vi è alcun automatismo fra adozione di una struttura corporativa ed entificazione della rete96. Resta peraltro da dire, per completezza, che l’assenza di un organo comune impone di chiedersi a chi sia affidata la gestione e la rappresentanza della rete e mi sembra che la soluzione più equilibrata sia di far applicazione analogica dell’art. 2257 cod. civ. e riconoscere a ciascuna impresa retista il potere di agire e di rappresentare la rete in modo disgiuntivo.
XXXXXXX,. L’arbitrato amministrato, cit., § 6, con riferimento a XXXXXXXXXX, L'obbligazione senza prestazione ai confini tra contratto e torto, in La nuova responsabilità civile, Milano, 1997, 177 ss. 107 V. in tal senso, limitandosi alla più recente esperienza giurisprudenziale, Cass. Sez. III, 21 luglio 2011, n. 15992, con riferimento ad un pregresso rapporto di lavoro tra le parti; Xxxx. Sez. III, 13 luglio 2010, n. 16394; Cass. Sez. III, 26 aprile 2010, nn. 9906 e 9325, in Xxxxx e resp., 2011, 4, 392 ss. con nota di PASTORE; Xxxx. Sez. III, 3 marzo 2010, n. 5067; Cass. Sez. III, 2 febbraio 2010, n. 2352; Cass. Sez. III, 26 gennaio 2010, n. 1538; Cass. Sez. III, 1 dicembre 2009, n. 25277; Cass. Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577; Cass. Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712; Cass. Sez. III, 21 marzo 2007, n. 8067; Cass. Sez. III, 19 aprile 2006, n. 9085; Cass. Sez. III, 18 novembre 2005, n. 24456; Cass. Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9346; Cass. Sez. III, 22 gennaio 1999, n. 589. raffronto tra il comportamento tenuto ed il paradigma contrattuale, e non necessita di una prova in concreto. Così, ad esempio, il paziente di una struttura sanitaria conclude con la stessa un contratto di spedalità, ma l’eventuale responsabilità del medico sarà contrattuale108; allo stesso modo, risponderà a titolo contrattuale l’insegnante che abbia cagionato danni all’allievo, sebbene questi intrattenga un rapporto negoziale con l’istituto scolastico e non con il singolo docente109. Nel caso dell’istituzione arbitrale, non è dato vedere quale contratto venga in evidenza e possa fornire il modello di raffronto rispetto al quale valutare gli eventuali profili di responsabilità: la camera arbitrale si limita a tenere un elenco di possibili arbitri, a cui i soggetti interessati possono richiedere l’iscrizione. Qualora le attività connesse alla tenuta dell’elenco cagionino un danno agli aspiranti arbitri, pertanto, la responsabilità avrà necessariamente carattere extracontrattuale. Anche nel caso in cui, secondo l’opinione che appare preferibile, si ritenga sussistente un rapporto contrattuale tra l’istituzione e le parti, il titolo di responsabilità per i danni cagionati dall’ente in conseguenza della tenuta dell’elenco di arbitri continua ad avere indole extracontrattuale: come illustrato, infatti, il contratto di cooperazione arbitrale non si perfeziona prima dell’accettazione di un effettivo incarico. Tuttavia, atteso che l’accettazione della nomina avrebbe quale conseguenza la stipulazione d...
XXXXXXX,. La riforma delle sanzioni patrimoniali : verso un actio in rem?, in AA.VV., Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, a cura di Xxxxx X., Xxxxxx X., Xxxxxx 0000. misure di prevenzione spetta a tre organi: il Questore, il Procuratore distrettuale25 e il direttore della Direzione investigativa antimafia26. L’art 19 comma 1 attribuisce, senza alcun margine di discrezionalità, ai titolari del potere di proposta il compito di svolgere le indagini patrimoniali nei confronti di tutti i possibili destinatari delle misure di prevenzione personali applicate dall’autorità giudiziaria. Dalla lettura del testo normativo si ritiene fondata la tesi che attribuisce all’azione di prevenzione natura obbligatoria in relazione alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso o ad associazioni finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti. Per quanto riguarda la competenza dell’organo giudicante, la sola indicazione presente nel Codice è data dall’art 5, comma 4, che prevede la presentazione della proposta al Presidente del Tribunale del capoluogo della provincia in cui la persona dimora. Poiché anche nel nuovo codice manca ogni preclusione temporale, deve ritenersi che l’incompetenza territoriale del giudice sia rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, avendo natura funzionale e inderogabile. Il criterio del luogo di dimora del proposto, utilizzato dal testo legislativo per la determinazione della competenza, si riferisce, per giurisprudenza consolidata, allo spazio geografico-ambientale in cui il soggetto manifesta i suoi comportamenti socialmente pericolosi, anche se tale luogo è diverso da quello di dimora abituale. Se le manifestazioni di pericolosità sono plurime e si verificano in luoghi diversi, la competenza va individuata nel luogo dove le condotte di tipo qualificato appaiono di maggiore spessore e rilevanza27. Anche la competenza dell’organo proponente ha carattere funzionale ed è pertanto inderogabile, ne consegue che “l’eventuale incompetenza dell’organo di accusa, non suscettibile di ratifica, conferma, convalida o conversione, integra un’ipotesi di nullità assoluta, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento”28.
XXXXXXX,. L’usura “sopravvenuta” e l’indigenza del dato positivo, op. cit., 894. contenuto ed effetti del contratto, la sopravvenienza definita come usura sopravvenuta è facilmente riconducibile all’ambito applicativo dell’art. 1375 c.c., relativo all’esecuzione del contratto199. Proseguendo, si evidenzia come la dottrina ricostruisca, servendosi della buona fede, un mezzo di integrazione di quanto già pattuito dalle parti che prende forma nell’obbligo legale di rinegoziazione200. Infatti, la buona fede, come manifestazione del principio costituzionale di solidarietà, impone l’impegno alla collaborazione reciproca delle parti nello sviluppo dei rapporti di cui sono partecipi201. Oltretutto, la solidarietà tra i contraenti è definita come mezzo potenzialmente in grado di perseguire, come fine ultimo, l’interesse della parte anche qualora ciò importi il contrasto con norme di legge o con quanto disposto da ulteriori regole contrattuali202. Il principio, assimilabile alla correttezza nell’esecuzione del contratto, è fonte di obblighi per i contraenti e, nel caso di specie, imporrebbe ad essi di ridiscutere il contenuto del patto quando esso non sia più equo. Il valore del principio di buona fede e la sua funzione integrativa ai fini dell’esecuzione del contratto sono riconosciuti non solo dalle ricostruzioni della dottrina ma anche riprese, e pertanto confermate, dalla Cassazione relativamente ai mutui oggetto di usura sopravvenuta203. Sembra necessario valutare se il monito della Suprema Corte, attraverso il quale la stessa cerca di porre le basi per un approccio alternativo al problema dell’usura sopravvenuta, con i contributi fin’ora apportati prenda corpo e si riempia di contenuti. Ci si chiede se sia ipotizzabile che l’”integrazione” cui fa riferimento il giudice possa sostanziarsi in un obbligo legale di rinegoziare le clausole contrattuali, presente all’interno dell’ordinamento, derivante dalla buona fede in executivis e in grado di costringere le parti a riportare la prestazione d’interessi, divenuta eccessivamente onerosa, entro i limiti del livello soglia. Almeno in via di prima approssimazione, parte della dottrina giunge alla conclusione che il debitore, grazie alla buona fede, possa 199 X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, op. cit., 787; Art. 1375 c.c.: “il contratto deve essere eseguito secondo buona fede”.
XXXXXXX,. Il lungo processo per la messa a regime del nuovo apprendistato, in Dir. Rel. Ind., 2006, n. 1, pag. 195 e segg. A poco più di un anno dalla riforma era cominciata un’opera di manutenzione ordinaria, con l’inserzione in qualche legge, come tipicamente il “Collegato Lavoro”, di una disposizione correttiva od integrativa del decreto del 2003. Di manutenzione ordinaria si poteva parlare già con riguardo al d.lgs. 6 ottobre 2004, n. 251, che, all’art. 19, sopprimeva il divieto di adibire l’apprendista “a lavori di manovalanza e di serie” che, se rispettato, avrebbe reso difficile se non impossibile il sotto-inquadramento di due livelli permesso apertis verbis (modificando la lett. b, co. 1, art. 85, d.lgs. n. 276/2003); ed, all’art. 11, precisava la sanzione prevista per l’“inadempimento nella erogazione della formazione” richiesta per i tre tipi di apprendistato (riscrivendo il co. 3 dell’art. 53, d.lgs. n. 276/2003): la prevista “quota dei contributi agevolati” da corrispondere doveva essere intesa come costituita dalla “differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato”; e la maggiorazione del 100% escludeva “l’applicazione di qualsiasi altra sanzione prevista in caso di omessa contribuzione”. Solo che questa non bastava, perché la riforma faceva fatica a decollare per la carenza delle fonti che avrebbero dovuto completarla: così l’apprendistato “qualificante” di cui all’art. 48, visto lo stallo della c.d. riforma Xxxxxxx, prolungatosi anche dopo il d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226, che conteneva le norme generali e fissava i livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo di educazione e formazione; così, ancora l’apprendistato “professionalizzante” di cui all’art. 49, visto il diffuso astensionismo regionale. Certo potevano avvalersi della l. n. 25/1955, come modificata ed integrata, peraltro con tutta la problematica relativa alla interazione fra vecchia e nuova disciplina in progress; ma non senza soffrire per questa provvisorietà. Occorreva un’attività di manutenzione straordinaria a cominciare dall’apprendistato più importante e frequentato, quello “professionalizzante”, come fu fatto con l’aggiunta di un co. 5-bis all’art. 49 (art. 13, co. 13-bis del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni nella l. 14 maggio 2005, n. 80). Di diritto e di fatto si creava un bypass, per ...
XXXXXXX,. L'impresa assicuratrice.