XXXXXXX,. L’arbitrato amministrato, in CECCHELLA (a cura di), L’arbitrato, Torino, 2005, § 6; MIRABELLI, Contratti nell’arbitrato (con l’arbitro; con l’istituzione arbitrale), in Rass. Arb., 1990, 25. 69 XXXXXX, L’arbitrato amministrato dalle Camere di commercio in Italia, in Riv. Arb., 2000, 685 ss.: “(s)e il consenso del soggetto all’iscrizione nell’elenco è inquadrabile come offerta al pubblico, il contratto di arbitrato si perfeziona nel momento i cui l’arbitro ha notizia della nomina. In tal caso la mandato arbitrale si perfeziona esclusivamente con l’accettazione da parte dei giudici privati; l’iscrizione dell’elenco, d’altronde, non potrebbe in alcun caso integrare gli estremi dell’offerta al pubblico, in quanto al momento dell’inclusione del nominativo nella lista l’arbitro non fa riferimento ad alcuna specifica controversia e dunque non può formulare un’offerta contrattuale dal contenuto completo e pertanto efficace. Infatti al contrario dell’istituzione, la quale rende pubblico un regolamento nel quale si illustrano dettagliatamente i servizi di amministrazione offerti, il potenziale soggetto giudicante esprime in questa sede una disponibilità generica, che non esclude un successivo rifiuto nel singolo caso, qualora le caratteristiche della controversia inducano una simile, discrezionale decisione. Conseguentemente, non si può che concordare con quella dottrina che nega all’iscrizione nell’elenco qualsiasi vincolatività ai fini della conclusione del contratto di mandato arbitrale: indipendentemente dall’esistenza di una lista e dell’iscrizione nella stessa del soggetto nominato, quest’ultimo mantiene il diritto di accettare o rifiutare la nomina, senza che ciò possa esporlo ad alcun profilo di responsabilità70. mancata accettazione è una forma di recesso, che espone l’arbitro a responsabilità nei confronti delle parti se è priva di giustificato motivo”. 70 FOUCHARD, Relationships Between the Arbitrator and the Parties and the Arbitral Institution, in The Status of the Arbitrator, ICC Bull., supplemento speciale, Parigi, 1995, 12, 21.
XXXXXXX,. Il recesso unilaterale, cit., pp. 2 e 200. ne di volontà recettizia che esercita un influsso di carattere negativo su un preesistente rapporto contrattuale, ponendovi la parola fine 16, ovvero qua- le «atto volontario con cui una parte, soggetto di un rapporto giuridico e per questo tenuta a determinati obblighi, dichiara di volersi ritirare dal rapporto e liberarsi dai relativi obblighi con efficacia vincolante per l’altro soggetto» 17. Tutto quanto segue la definizione – e cioè l’ambito entro il quale opera il recesso, i suoi effetti ed in genere la disciplina dell’istituto nonché la sua funzione – è ancora oggetto di un dibattito, nel quale la parola fine non è stata per il momento pronunciata. Sarà sufficiente, allo scopo che ci proponiamo, dare atto dello stato del- la questione, registrando le opinioni espresse dagli autori che se ne sono espressamente occupati. Innanzitutto due preliminari distinzioni, che s’incontrano sovente nel trattare l’argomento. La prima è quella tra recesso legale, che «appartiene in linea di princi- pio alla disciplina dei singoli tipi legali» 18 e recesso convenzionale, che si ha quando è il contratto stesso ad attribuire ad una delle parti la facoltà di recedere 19. La seconda è quella tra recesso ordinario, cioè il recesso esercitato ri- spetto ad un contratto privo del termine finale di durata, e recesso straor- 16 X. XXXXXXXXX, Vincolo contrattuale, cit., p. 2; G.F. XXXXXXX, Il recesso unilaterale, cit., pp. 2 e 3-4 ove si riportano le due tesi della dottrina in forza delle quali: 1) il recesso è ammissibile nei soli rapporti di durata in fase di esecuzione e 2) recesso vale per qualunque contratto finché le prestazioni sono integre; ma cfr. A. XXXXXXX, Contratto collettivo e li- bertà di recesso, in Arg. dir. lav., 1995, p. 35, e spec. p. 41 per il quale, invece, il recesso dal contratto collettivo di lavoro, ribaltando sulla parte receduta l’onere di riavviare le trattati- ve per giungere alla conclusione di un nuovo accordo, «costituisce non già una vicenda estintiva ma, sostanzialmente, una vicenda modificativa del contratto collettivo o, ancora meglio, l’input iniziale dal quale si sviluppa una fattispecie modificativa a formazione pro- gressiva». Per un riepilogo sulle varie definizioni ed in generale sulla natura, forma ed ef- fetti del recesso si veda ancora X. XXXX-X. XXXXXXXXX (a cura di), Codice Civile Com- mentato, Libro IV, coordinato da G. ALPA-X. XXXXXXX-X. XXXXXXXXX, sub art. 1373, cit., p. 613.
XXXXXXX,. La rilevanza della pattuizione degli interessi o vantaggi usurari nella sentenza n.29 del 2002 della Corte costituzionale, op. cit., 236. addirittura del tasso legale72. Alla base di tale ragionamento c’era, lo ricordiamo, una determinata esegesi dell’art. 644 c.p., per la quale il fatto rilevante penalmente era attribuito non solo a chi si facesse “promettere” ma anche a chi si facesse “dare” degli interessi sopra soglia (art. 644-ter c.p.)73. Nella sentenza costituzionale opera un ragionamento radicalmente opposto. Secondo lei, la logica del decreto legge sarebbe quella per cui il “farsi dare” della norma penale rileva solo limitatamente ai casi in cui una prestazione avente ad oggetto degli interessi usurari non sia preceduta da alcuna pattuizione, non essendo esso finalizzato all’estendere l’applicazione del giudizio sanzionatorio ad entrambi i momenti del rapporto – pattuizione e dazione74. In altre parole, la Corte evidenzia come i caratteri di irretroattività che erano stati attribuiti alla legge 108 in realtà non avessero alcun tipo di fondamento75. Il disposto normativo opera solo ed esclusivamente per i contratti a venire, conseguenza questa inevitabile se all’attenzione della normativa possono risaltare solo delle pattuizioni di clausole, e non il pagamento delle medesime pattuite in epoca precedente76. Ribadendo tale concetto, la Corte conferma e rinsalda dunque il contenuto del d.l. 394/2000. A detta della Corte l’intervento del legislatore in via interpretativa è conforme ai criteri di ragionevolezza. La sottoposizione a tale esame del decreto-legge è necessaria per giustificare l’operato del legislatore77. Infatti, qualora tale principio guida non fosse presente nella regola, essa, in rapporto a fattispecie in cui un contrasto giurisprudenziale non è riscontrabile, non potrebbe intervenire, come nel caso di specie78. Tuttavia, sul punto la Corte sembra essersi espressa in maniera alquanto sbrigativa, non spiegando in maniera esaustiva le motivazioni che hanno sorretto la decantata ragionevolezza della 72 Così il primo filone giurisprudenziale di legittimità degli anni 2000, Cass. civ. 2 febbraio 2000, n. 1126; Cass. civ. 17 Novembre 2000, n. 14899; Cass. civ. 22 Aprile 2000.
XXXXXXX,. La riforma delle sanzioni patrimoniali : verso un actio in rem?, in AA.VV., Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, a cura di Xxxxx X., Xxxxxx X., Xxxxxx 0000. misure di prevenzione spetta a tre organi: il Questore, il Procuratore distrettuale25 e il direttore della Direzione investigativa antimafia26. L’art 19 comma 1 attribuisce, senza alcun margine di discrezionalità, ai titolari del potere di proposta il compito di svolgere le indagini patrimoniali nei confronti di tutti i possibili destinatari delle misure di prevenzione personali applicate dall’autorità giudiziaria. Dalla lettura del testo normativo si ritiene fondata la tesi che attribuisce all’azione di prevenzione natura obbligatoria in relazione alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso o ad associazioni finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti. Per quanto riguarda la competenza dell’organo giudicante, la sola indicazione presente nel Codice è data dall’art 5, comma 4, che prevede la presentazione della proposta al Presidente del Tribunale del capoluogo della provincia in cui la persona dimora. Poiché anche nel nuovo codice manca ogni preclusione temporale, deve ritenersi che l’incompetenza territoriale del giudice sia rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, avendo natura funzionale e inderogabile. Il criterio del luogo di dimora del proposto, utilizzato dal testo legislativo per la determinazione della competenza, si riferisce, per giurisprudenza consolidata, allo spazio geografico-ambientale in cui il soggetto manifesta i suoi comportamenti socialmente pericolosi, anche se tale luogo è diverso da quello di dimora abituale. Se le manifestazioni di pericolosità sono plurime e si verificano in luoghi diversi, la competenza va individuata nel luogo dove le condotte di tipo qualificato appaiono di maggiore spessore e rilevanza27. Anche la competenza dell’organo proponente ha carattere funzionale ed è pertanto inderogabile, ne consegue che “l’eventuale incompetenza dell’organo di accusa, non suscettibile di ratifica, conferma, convalida o conversione, integra un’ipotesi di nullità assoluta, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento”28.
XXXXXXX,. Oltre la locazione: il rent to buy, nuovo contratto per l’acquisto di immobili, in Corr. Giur., 2015, 5. vedeva degli obblighi per il conduttore e corrispondenti vantaggi, economici o normativi, per il locatore, oggi la sanzione della nullità viene esclusivamente stabilita per colpire qualsiasi pat- tuizione specificatamente finalizzata ad attribuire al locatore un canone locativo superiore a quello contrattualmente stabilito 26. Del tutto innovativa è, invece, la previsione di cui al comma 5 dell’art. 13. Tale ultima disposizione, nello specifico, prende le mosse dalla sentenza della Corte Costitu- zionale n.50 del 2014 che aveva dichiarato costituzionalmente illegittimi i commi 8 e 9 dell’art. 3 del Decreto Legislativo n.23 del 2011, i quali, con la finalità di combattere gli affitti “in nero”, concedevano la possibilità al conduttore di registrare di propria iniziativa il contratto di locazio- ne ritenuto,invece, inesistente per il fisco, beneficiando di un canone annuo pari al triplo della rendita catastale dell’immobile medesimo. Successivamente alla pronuncia della Corte Costituzionale del 2014 fu emanato il Decreto Legge n.47 /2014 il quale 27, fino al 31 dicembre 2015, aveva mantenuto fermi gli effetti deri- vanti dai contratti travolti dalla relativa dichiarazione di incostituzionalità. Anche tale disposizione normativa fu però dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale nel 2015 28. Grazie alla nuova previsione di cui al comma 5 dell’art.13, il legislatore stabilisce espressa- mente che i conduttori, i quali hanno versato nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore del Decreto legislativo n. 23 del 2011 e la data di emissione della pronuncia di incostituzionalità dello stesso un canone annuo coincidente con il quantum legalmente imposto, saranno tenuti a pagarlo nella misura coincidente con il triplo della rendita catastale dell’immobile 29. È stato previsto poi, al comma 6 dello stesso articolo, che, qualora il locatore non abbia provveduto alla registrazione nel termine statuito dal comma 1, il conduttore ha la facoltà di agi- re in giudizio al fine di ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate e la ricondu- zione del contratto a condizioni conformi a quanto tassativamente sancito dall’art. 2 commi 1 e 3 della medesima legge del 1998. Sostanzialmente immutato è rimasto poi il comma 4 dell’art.13 ai sensi del quale, nelle ipo- tesi di nullità sancite dal comma 4 il conduttore, attraverso un’azione proponibile entro i ...
XXXXXXX,. L’arbitrato amministrato, cit., § 6, con riferimento a XXXXXXXXXX, L'obbligazione senza prestazione ai confini tra contratto e torto, in La nuova responsabilità civile, Milano, 1997, 177 ss. 107 V. in tal senso, limitandosi alla più recente esperienza giurisprudenziale, Cass. Sez. III, 21 luglio 2011, n. 15992, con riferimento ad un pregresso rapporto di lavoro tra le parti; Xxxx. Sez. III, 13 luglio 2010, n. 16394; Cass. Sez. III, 26 aprile 2010, nn. 9906 e 9325, in Xxxxx e resp., 2011, 4, 392 ss. con nota di PASTORE; Xxxx. Sez. III, 3 marzo 2010, n. 5067; Cass. Sez. III, 2 febbraio 2010, n. 2352; Cass. Sez. III, 26 gennaio 2010, n. 1538; Cass. Sez. III, 1 dicembre 2009, n. 25277; Cass. Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577; Cass. Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712; Cass. Sez. III, 21 marzo 2007, n. 8067; Cass. Sez. III, 19 aprile 2006, n. 9085; Cass. Sez. III, 18 novembre 2005, n. 24456; Cass. Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9346; Cass. Sez. III, 22 gennaio 1999, n. 589. raffronto tra il comportamento tenuto ed il paradigma contrattuale, e non necessita di una prova in concreto. Così, ad esempio, il paziente di una struttura sanitaria conclude con la stessa un contratto di spedalità, ma l’eventuale responsabilità del medico sarà contrattuale108; allo stesso modo, risponderà a titolo contrattuale l’insegnante che abbia cagionato danni all’allievo, sebbene questi intrattenga un rapporto negoziale con l’istituto scolastico e non con il singolo docente109. Nel caso dell’istituzione arbitrale, non è dato vedere quale contratto venga in evidenza e possa fornire il modello di raffronto rispetto al quale valutare gli eventuali profili di responsabilità: la camera arbitrale si limita a tenere un elenco di possibili arbitri, a cui i soggetti interessati possono richiedere l’iscrizione. Qualora le attività connesse alla tenuta dell’elenco cagionino un danno agli aspiranti arbitri, pertanto, la responsabilità avrà necessariamente carattere extracontrattuale. Anche nel caso in cui, secondo l’opinione che appare preferibile, si ritenga sussistente un rapporto contrattuale tra l’istituzione e le parti, il titolo di responsabilità per i danni cagionati dall’ente in conseguenza della tenuta dell’elenco di arbitri continua ad avere indole extracontrattuale: come illustrato, infatti, il contratto di cooperazione arbitrale non si perfeziona prima dell’accettazione di un effettivo incarico. Tuttavia, atteso che l’accettazione della nomina avrebbe quale conseguenza la stipulazione d...
XXXXXXX,. (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., pp. 621 ss. 218 X. XXXXXXX, Internet e commercio elettronico nel diritto internazionale dei privati, Milano, 2001, p. 89. Analizzando i modelli di distribuzione caratteristici ed esclusivi della commercializzazione elettronica, emerge la rilevanza dei c.d. portali, o portal provider, la cui funzione principale è di ridurre la distanza tra gli imprenditori, che offrono i loro prodotti sul web, e i consumatori, che navigando in internet si imbattono in una sovrabbondanza di informazioni.219 Un sito internet è tanto più efficace e appetibile quanto più facilmente è raggiungibile e conoscibile;220 in questo contesto, il compito del portale diviene quello di «indurre il navigatore a sceglierlo come sito iniziale di tutte le esplorazioni»221. Il portal provider opera quale distributore ufficiale sul web, che si differenzia da quello tradizionale sia da un punto di vista organizzativo, siccome il gestore del portale non si fa carico della materiale ricezione e movimentazione della merce, sia economico, poiché la sua remunerazione consiste in una c.d e-commerce commission222, corrispondente a una percentuale sulle vendite online del produttore, e non nella differenza tra prezzo di acquisto e di vendita della merce, come avviene, invece, nella distribuzione classica.223 Ulteriore differenza tra i sistemi distributivi risiede nel ribilanciamento del potere contrattuale di cui le parti dispongono.224 Il produttore, che nella distribuzione tradizionale vincola alla sua volontà la controparte, si trova a dover sottostare alle condizioni imposte dal portal provider, al fine di raggiungere il grande pubblico 219 I. XXXXXXXX, è il momento dei portali, in Pinf, 1999, p. 441. 220 X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., p. 651. 221 Aa, Vv (a cura di) Istituto Indis e Ministero dell’Industria, 2000, p.124. 222 X. XXXXXXX (a cura di), Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell’INTERNET, Milano, 2002, p. 221. 223 L. M. DE GRAZIA, I portali: come si configura il rapporto con la legge?, in Internet al sito: xxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxx/xxxxxxxx/xx00.xxxx, 1999. 224 X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di distribuzione, cit., p. 653, della rete. I gestori dei portali vantano, in relazione alla commercializzazione di beni online, una forza negoziale e un’influenza sconosciute ai distributori tradizionali.225 Lo strumento mediante il quale trova regolazione questo complesso d’interessi è il “co...
XXXXXXX,. L'impresa assicuratrice.
XXXXXXX,. L'associazione in partecipazione, cit., 139, che sostiene che la gestione dell’impresa spetta all’associante come diritto, quale espressione della sua esclusiva titolarità dell’impresa; altra parte della dottrina sottolinea invece che, per l'associante, la gestione non è solo un diritto, ma anche un obbligo verso la controparte. Perciò l'associante è tenuto a iniziare e a proseguire l'attività (G. DE XXXXX, Associazione in partecipazione, cit., 5); cfr. anche App. Genova, Sez. I, 11 marzo 2006 e Trib. Milano 25 maggio 1989 che rileva giustamente che l’associante non ha alcun diritto ad essere compensato per la propria attività di gestione dell'affare oggetto dell'associazione. quella spettante all’associato26, rende più sottile la linea di demarcazione tra i due istituti: emerge, in effetti, che in entrambe le figure vi è, da una parte, un vero e proprio gestore dell’attività e, dall’altra, un mero finanziatore, con meri poteri di controllo, che partecipa solo agli utili, senza incidere direttamente sullo svolgimento delle operazioni economiche27. La dottrina e la giurisprudenza28 si sono così impegnate nel ricercare i concreti elementi differenziatori per stabilire la delimitazione delle due categorie giuridiche. Così, oltre a ribadire che la società rappresenta un soggetto giuridico distinto dai suoi partecipanti, cui è possibile imputare l’attività di impresa, mentre nell’associazione in partecipazione l’attività o il singolo affare sono imputabili solo all’associante29, si è autorevolmente sottolineato che in tutte le società, e quindi anche nelle s.a.s., i risultati positivi o negativi dell’attività sarebbero 26 Una parte della dottrina ammette che l'associante possa attribuire vasti poteri di gestione all'associato ( X. XXXXXXX, L’associazione, cit., 142; in termini problematici, G. DE XXXXX, Dell'associazione in partecipazione, cit., 72); in parti- colare si ritiene che nei rapporti interni tra associante e associato, possono essere considerati efficaci i limiti contrattuali alla libera determinazione dell'associante, purché naturalmente non valgano a vuotare di contenuto la posizione dell'asso- ciante e non valgano a rendere la gestione comune all'associato (X. XXXXX, voce Associazione in partecipazione, in Dig., cit., 511). Un orientamento più restrittivo, tuttavia, argomentando dall’art. 2320 cod. civ., in tema di divieto di immistione dell'accomandante, giunge a ritenere che l'art. 2552, 1° co., sia inderogabile e, dunque, l'associato non possa ...
XXXXXXX,. 1 - Gegenstand der Versicherung