Segue Clausole campione
Segue. Come già quella di custodia, anche l’altra obbligazione principale posta a carico del depositario, vale a dire quella di restituzione del bene, è poi fatta oggetto di un più articolato ventaglio di disposizioni ad essa dedicate, oltre a quella definito- ria (art. 1766 c.c.) ed a quella sulla perdita non imputabile della detenzione (art. 1768 c.c.). Fa sostanzialmente applicazione delle regole generali sul termine di adempi- mento delle obbligazioni la norma sulla esigibilità del diritto di credito relativo alla riconsegna della cosa (art. 1771, comma 1, c.c.), soggetto peraltro a prescrizione ordinaria con decorrenza dal giorno della richiesta di restituzione. Così, il depo- sitario sarà tenuto a restituire il bene a semplice richiesta del depositante – questa ultima inverando, peraltro, atto di messa in mora – salvo che non sia stato conve- nuto un termine (di restituzione) a suo favore, come può bene accadere in funzione dell’interesse di fare un uso della cosa, laddove consentito, per un certo lasso di tempo, ovvero di maturare il diritto al corrispettivo55. La restituzione può tuttavia venire richiesta, ex art. 1771, cpv. ??, c.c., anche dallo stesso depositario, con il solo limite della eventuale sussistenza di un termine a favore del creditore (-depositante), anche qui sostanzialmente in linea con le previsioni generali dettate dagli artt. 1183-1185 c.c. Configurandosi, in tal caso, una precisa (e simmetrica) obbligazione a carico del depositante, consistente nel dover ricevere il bene, è peraltro pacifico che il ritardo nell’adempimento faccia scaturire, in capo a questi, una responsabilità per i danni conseguenti56. Quand’anche manchi ogni determinazione temporale il giudice può, d’altra parte, assegnare allo stesso tradens un congruo termine entro cui effettuare la presa 51 Cfr. Cass. 19 agosto 2009, n. 18419, cit. 52 Cfr. Cass. 28 ottobre 2010, n. 22803, cit. 53 Cfr. Cass. 6 maggio 2010, n. 10956, in Contratti, 2010, p. 417; Cass. 6 luglio 2006, n. 15364, cit. 54 Cfr. X. Xxxxxx, Deposito, in A. Palazzo e X. Xxxxxxxxx (a cura di), I contratti gratuiti, in Trattato dei contratti, diretto da X. Xxxxxxxx x X. Xxxxxxxxx, Torino, 2008, pp. 383 ss., spec. 400-401. 55 Cfr. Xxxxxxxxxxx, Il deposito, cit., p. 525. 56 Ciò è quanto, per esempio, precisato dalla Corte di Cassazione, in relazione all’affidamento a società private, da parte dei comuni, del servizio di rimozione coattiva dei veicoli in sosta vietata, con custodia degli stessi fino a ritiro da pa...
Segue. L’esclusione dalle negoziazioni. Il problema del delisting puro I dubbi appena sollevati circa i possibili limiti, per la società quotata, di uscire dal mercato regolamentato sulla base di una sua libera e incondizionata scelta o per altre cause che non siano quelle espressamente previste dal regolamento del mercato o dalla legge, impongono di approfondire l’indagine sulla base degli altri dati normativi e ordinamentali disponibili. L’art. 133 del t.u.f., significativamente rubricato come «esclusione su richiesta dalle negoziazioni», stabilisce che «le società italiane con azioni quotate nei mercati regolamentati italiani, previa deliberazione dell’assemblea straordinaria, possono richiedere l’esclusione dalle negoziazioni dei propri strumenti finanziari, secondo quanto previsto dal regolamento del mercato, se ottengono l’ammissione su altro mercato regolamentato o di altro paese dell’Unione Europea, purché sia garantita una tutela equivalente degli investitori, secondo i criteri stabiliti dalla Consob con regolamento». Anche in tal caso sembra ricorrere lo schema contrattuale bilaterale osservato in sede di ammissione alla quotazione, dal momento che, ai sensi dell’art. 2.5.6 del regolamento del mercato, l’esclusione può aver luogo se la società di gestione del mercato, a fronte della richiesta di esclusione formulata dalla società quotata, dispone l’esclusione medesima. Si ripropone, quindi, il meccanismo dell’accordo tra la società quotata, che, con delibera dell’assemblea straordinaria, chiede di uscire dal mercato, e la società di gestione, che, valutata tale richiesta, può accettarla o meno al ricorrere di determinate circostanze. È però il caso di osservare che la fattispecie in esame – pur essendo riconducibile ad una manifestazione di autonomia negoziale delle parti – non consente alla società quotata di sottrarsi alla quotazione senz’altro, ma subordina l’esclusione all’ammissione su altro mercato regolamentato dove esistano condizioni di tutela dell’investitore equivalenti a quelle presenti sul mercato dal quale si chiede di uscire24. Si è allora di fronte più che ad un’esclusione incondizionata o a un «delisting puro» ad una migrazione o a un trasferimento su un altro mercato (peraltro solo italiano o di un altro paese dell’Unione Europea), o a un fenomeno, per così dire, di trans listing: la società in realtà mantiene lo status di società quotata non più sul mercato di originaria quotazione ma su un altro mercato. Il t.u.f. peraltro non preved...
Segue. Il patto di famiglia quale contratto nominato, in cui sono compresenti profili di gratuità e di onerosità: il dilemma della disciplina applicabile, con particolare riferimento al rapporto tra gli assegnatari ed i legittimari. Riqualificazione della cau- sa, rescissione per lesione e altri fenomeni problematici. – 8. L’oggetto del patto di famiglia: un delicato equilibrio fra tassatività delle possi- bili attribuzioni e flessibilità delle soluzioni operative. a) Il c.d. oggetto del primo rapporto: l’azienda e le partecipazioni sociali. Effettività del controllo societario e certezza dei rapporti giuridici; rinvio. – 9. b) Il c.d. oggetto del secondo rapporto ed il rilievo della commistione fun- zionale: aliquid datum, aliquid retentum ed intento distributivo. Una possibile scissione ideale tra oggetto mediato e oggetto immediato del contratto. Liquidazione effettuata dal disponente e rilevanza della na- tura dei beni; rinvio.
Segue. L’ARTICOLO 1564 CC.: XXXXX XXXXXXXX MA INTERPRETAZIONE SBAGLIATA Prima di interventi normativi recenti, si rinvengono solo sporadiche indicazioni per far fronte all’hold up, oltre a quella che fa leva sull’interpretazione della buona fede in senso anti-opportunistico. Si è messo in evidenza che lo stesso contratto rappresenta una fonte di meccanismi intrinseci di prevenzione, poiché ogni azione interna ad esso presuppone costi transattivi che vanno sottratti dall’utilità attesa dal comportamento opportunistico e poiché la reputazione nei contesti commerciali è un dato importante, che è rischioso mettere a repentaglio con comportamenti scorretti62. A riprova della moderna sensibilità relazionale, alcune norme sulla somministrazione mostrano virtù ad esempio nella repressione dell’opportunismo in caso di inesatto adempimento, come notiamo dall’art.1564 cc. che subordina la risoluzione per inadempimento al fatto che esso sia di « una notevole importanza » e sia « tale da menomare la fiducia nell’esistenza dei successivi adempimenti »; la norma alza la soglia in corrispondenza della quale il somministrante può liberarsi dal vincolo. Per la funzione che svolge bisognerebbe considerare tale art. una norma imperativa ed evitare che nella prassi si possano introdurre regole che escludano ogni giudizio sulla discrezionalità del somministrante. 61 Cfr. par. 3. 62 Per completezza, si segnala che nel diritto statunitense tutte le ipotesi di modificazioni del rapporto si scontrano con le difficoltà create dalla legal duty rule (se una parte è già legata da un contratto ad eseguire un certo obbligo, questo non può costituire giustificazione per un secondo contratto), che richiede, salvo eccezioni, il requisito di fresh consideration (valida giustificazione) perché si possa riconsiderare l’assetto di interessi consacrato nel contratto; tale regola, pur essendo concepita per contenere condotte anti-opportunistiche, accede ad uno dei due estremi esposti in precedenza: negare validità a ogni modificazione. Lo UCC ha attenuato la rigidità della regola, prevedendo che le modifiche di un accordo preesistente non richiedano autonoma consideration per la loro validità. C’è poi da precisare che tale norma, nel complesso efficace a fronte di problemi opportunistici, è stata resa poco attenta alla dimensione relazionale da una linea interpretativa di cui si ha traccia in giurisprudenza, ovvero quella che ritiene che l’inadempimento in prossimità della scadenza di un contratto di du...
Segue. I rimedi e la tutela dei consumatori collettivamente considerati. La direttiva 2005/29/CE reca – come si è visto – un’analitica e dettagliata disciplina delle fattispecie sostanziali di pratiche commerciali sleali. Altrettando non può invece dirsi quanto alla previsione dei rimedi esperibili nel caso di 146 Non deve fuorviare l’utilizzo da parte del legislatore italiano anche dei termini di «lealtà» e «scorrettezza», accanto alla «buona fede». Fanno correttamente notare G. DE CRISTOFARO, Il divieto di pratiche commerciali scorrette e i parametri di valutazione, in Pratiche commerciali scorrette e codice del consumo – Il recepimento della direttiva 2005/29/Ce nel diritto italiano (decreti legislativi nn. 145 e 146 del 2 agosto 2007), a cura di ID., cit., p. 126 e X. XXXXXXX, o.u.c., p. 1698, che le nozioni di «lealtà» e «correttezza» vengono utilizzate sempre in combinazione con la «buona fede», di cui, in definitiva, rappresentano solamente particolari articolazioni dai medesimi significato e portata. 147 Cfr. G. DE CRISTOFARO, sub art. 39, in Commentario breve al diritto dei consumatori, cit., p. 435-436, il quale correttamente osserva, a bontà della lettura qui sostenuta, che alla norma in commento non possa essere attribuita «la funzione di individuare parametri di valutazione della liceità delle condotte dei professionisti diversi e ulteriori rispetto a quelli dettati dalla disciplina delle pratiche commerciali scorrette contenuta negli artt. 18 ss.». 148 Nella relazione illustrativa del D.lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo) si legge invero che la disposizione dell’art. 39 «introduce regole generali nelle attività commerciali, conformi ai principi generali di diritto comunitario in tema di pratiche commerciali sleali». 149 Anche la relazione al D.lgs. n. 221/2007 - che ha introdotto la lett. c bis) all’art. 2, comma 2 - evidenzia come il richiamo ai principi di correttezza e buona fede sia stato introdotto in conformità ai principi sanciti dalla direttiva 2005/29/CE e dal D.lgs. 147/2007 che a quella ha dato attuazione. violazione del generale divieto di porre in essere siffatte pratiche, rispetto ai quali agli Stati membri è stato riconosciuto un più significativo margine di manovra. L’art. 11 della direttiva ha invero lasciato ai legislatori nazionali il compito di assicurare «che esistano mezzi adeguati ed efficaci per combattere le pratiche commerciali sleali […]», limitandosi a imporre che detti mezzi includano (ma non si esauriscano in) «[…] di...
Segue. I diritti autodeterminati (diritti reali e diritti di credito a prestazioni di specie). 35
Segue. L’argomento che fa leva sulla necessità di impedire una rinuncia eccessivamente ampia alla giurisdizione dello Stato. 13
Segue. Il recesso di pentimento
Segue. Le agevolazioni fiscali a favore delle reti e la disciplina europea sugli aiuti di Stato. La disciplina della concorrenza, sotto il profilo delle norme sugli aiuti, ha comportato un primo effetto limitativo sull’impiego dello strumento del contratto di rete e sulle scelte organizzative inerenti. La rete ha goduto di un particolare sistema di agevolazione fiscale; ciò ha comportato la necessità di verificare la compatibilità del regime di agevolazioni a favore delle reti di impresa con le norme europee in materia di aiuti di Stato secondo le quali <sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza> (art. 107.1 TFUE). Al fine di incentivare l’adozione del contratto di rete da parte delle imprese è stata prevista, per il periodo 2011-201330, una misura di sostegno finanziario, 30 Cfr. l’art.42, comma 2-quater, D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. Legge n. 122/2010), Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competività economica, secondo il quale <<fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, una quota degli utili dell’esercizio destinati dalle imprese che …aderiscono ad un contratto di rete…per realizzare nella forma di differimento d’imposta, in favore delle imprese che intendono cooperare e accrescere la competività e il livello di innovazione. La misura consisteva in una sospensione d’imposta. Una quota degli utili destinata dalle imprese partecipanti alla realizzazione dell’obiettivo del contratto ed accantonata in apposita riserva, veniva esclusa dal calcolo del reddito imponibile per la durata del contratto. L’agevolazione fiscale prevista era temporanea poiché le somme accantonate per la partecipazione alla rete venivano incluse nella base imponibile alla fine del contratto. Ogni società poteva accantonare per la rete fino ad un importo massimo di un milione di euro31. Sul punto è intervenuta la Commissione europea specificando che la misura di sostegno in esame non costituisce aiuto di stato perché è destinata a tutte le imprese, a prescindere dall’ambito di attività e dalle dimensioni aziendali32 entro l’esercizio successivo gli investimenti previsti dal programma comune di rete, preventivamente asseverato da organismi espressione dell’associazionismi imprenditoriale muniti dei requisiti pr...
Segue. Le obbligazioni a carico del coniuge che gode dei beni dell’altro e la relativa responsabilità. – 12.