Segue. La diligenza del depositario Assodata, dunque, la pregnanza causale della custodia, all’interno dello schema del deposito, di essa restano da chiarire contenuti ed ampiezza quale principale prestazione posta a carico del depositario. A dispetto della rubrica dell’art. 1770 c.c., non è invero dato rintracciare, né in tale disposizione né in altre del medesimo Capo, elementi oggettivi che consentano di legare l’esatto adempimento della obbligazione di custodire alla effettuazione di singole operazioni standard, dettagliatamente individuate. 28 Cfr. Cass. 11 giugno 2008, n. 15490, in Danno e responsabilità, 2008, p. 1045. 29 Cfr. ancora Xxxxxxx, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 370. 30 Cfr. Dalmartello e Xxxxxxx, voce Deposito (diritto vigente), cit., p. 245, da cui i corsivi riportati nel testo. 31 Cfr. Galasso e Xxxxxxx, voce Deposito, cit., p. 267, i quali espressamente prospettano, nell’un senso dell’alternativa di cui al testo, il caso di un deposito che acceda ad una vendita condizionata e, nell’altro, le ipotesi di cui agli artt. 1776 e 1780 c.c. 32 Cfr. Xxxxxxx, Il contratto di deposito, cit., pp. 32-33. Espliciti sono al più taluni limiti al potere del depositario, per il cui tramite vie- ne peraltro ribadito il primato che, nel governo del rapporto, spetta all’autonomia privata, ed in special modo alla volontà del tradens. Così, è preclusa all’accipiens la facoltà d’uso o di sub deposito del bene, salvo espresso consenso del depositante (art. 1770, comma 1, c.c.)33; ed ancora, rispetto ad una custodia che circostanze urgenti impongano di attuare secondo modalità diverse da quanto pattuito, si fa obbligo al depositario di informare tempestivamente la sua controparte (art. 1770, comma 2, c.c.). Più chiaramente definiti o definibili sono, semmai, i c.d. obblighi accessori del depositario, essi stessi correlati alla esecuzione della prestazione principale (di custodia) e fatti oggetto di disposizioni espresse, quando non direttamente desumibili dal canone generale di buona fede. Si iscrivono nel primo gruppo i già menzionati obblighi informativi (art. 1770 c.c.), nonché quello di restituzione dei frutti (art. 1775 c.c.); alla seconda tipologia si ritiene vadano invece ascritti il dovere di provvedere a riparazioni necessarie ed urgenti ai fini della migliore custodia, ovvero quello di mantenere il riserbo su notizie apprese in ragione del contratto34. Tornando ai contenuti propri – e positivi – del custodire può allora dirsi che, al variare dell’og...
Segue. Art. 23 d.l. n. 133 del 2014: la disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione 47 Cfr. X. XXXXXX, Rent to buy: la fattispecie e gli interessi sottesi (provocazioni e spunti), in Xxxxxxxxx, 11, 2015, p. 1041 ss; X. X’XXXXX, op. cit. Con l’art. 23 si mira, dunque, a superare le incertezze derivanti dall’assenza di una specifica normativa sul rent to buy, nell’ottica di incentivarne il ricorso e favorire la ripresa del mercato immobiliare48. È dato rilevare, tuttavia, che rispetto allo schema delineato dal Consiglio Nazionale del Notariato, la fattispecie introdotta dal legislatore sembra avere una portata più ristretta, ove discorre di contratti che «prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine predeterminato, imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto». Difatti, con l’espresso riferimento ad un “diritto” del conduttore sembra escludersi la bilateralità del vincolo, restando il concedente l’unico obbligato al successivo trasferimento della proprietà del bene. Il contratto in esame viene dotato di un nucleo di norme teso a tutelare le parti, attraverso la previsione della trascrivibilità del vincolo e la attenzione posta alla fase patologica. Nel dettaglio, la disciplina introdotta dalla mentovata novella dedica particolare rilievo alla fase di godimento, priva di una disciplina specifica sia nelle forme di rent to buy diffuse sia nelle figure affini conosciute dalla prassi. Difatti, la maggiore novità di tale figura consiste nella previsione di un regime di tutela del conduttore, il quale, provvedendo alla trascrizione del titolo, non si espone alle vicende pregiudizievoli che possono riguardare il concedente prima del trasferimento della proprietà. Disponendo che «la trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all’art. 2643, comma primo, numero 8) del codice civile» (e cioè delle locazioni aventi durata superiore ai nove anni)» si rende opponibile il contratto di godimento ai soggetti ai quali il concedente possa cedere l’immobile dopo la trascrizione, anche se l’acquisto della proprietà da parte del conduttore sia successivo.
Segue. I rimedi. Nella versione originale della norma, l’unico rimedio azionabile dall’im- presa « abusata » era l’azione volta a ottenere la declaratoria di nullità del patto attraverso il quale l’abuso aveva trovato realizzazione. La disposizione aveva subito sollecitato un acceso dibattito nella dottrina, soprattutto civi- listica, la quale s’era lungamente interrogata circa la natura di questa nullità e la conseguente disciplina applicabile. Era prevalsa la tesi della natura pro- tettiva di tale nullità, argomentata sulla base di operazioni di ortopedia in- terpretativa più o meno ardite (65). Era poi stato il legislatore, ad appena tre anni di distanza, a novellare l’art. 9, arricchendo il c. 3 con l’espressa intro- duzione delle azioni risarcitorie e inibitorie. L’esperienza applicativa maturata negli anni ha dimostrato che il vero rimedio per gli abusi di dipendenza economica è innanzi tutto inibitorio e, solo in subordine, risarcitorio; raramente è stata invocata la nullità del patto. In particolare, come è emerso anche dai paragrafi precedenti, le azioni in materia di abuso di dipendenza economica sono di regola precedute da una fase cautelare, in cui il provvedimento richiesto mira normalmente alla pro- secuzione del rapporto commerciale. Proprio in sede di cautela sono stati costantemente oggetto di discus- sione due classici problemi del diritto processuale: i) l’ammissibilità del provvedimento urgente richiesto rispetto al successivo provvedimento di merito, sotto il profilo della sua strumentalità; ii) l’ammissibilità di una tutela anticipatoria di condanna a un facere infungibile, sotto il profilo della sua utilità. Rispetto a entrambi questi problemi si è registrato, nel corso del tempo, un indirizzo incline a ritenere superabili entrambi gli ostacoli. In ordine alla risoluzione in senso positivo della prima questione ha certa- mente giocato un ruolo l’espressa previsione del rimedio inibitorio, il quale, allargando le maglie dei provvedimenti di merito ottenibili dall’im- presa dipendente, ha ovviamente allargato le maglie dei provvedimenti anticipatori richiedibili. In ordine alla seconda questione si è invece valo-
Segue. La tesi del patto di famiglia quale ipotesi legale di contratto a favore di terzi. Cenni introduttivi e rinvio. – 3. Il patto di famiglia avente, unitariamente, una “causa familiae”. La variante sui generis, e particolarmente marginale, della c.d. “causa successoria”. Linee critiche verso la tendenza alla sincreticità funzionale. – 4. La funzione distributivo-divisionale del patto. Sedes materiae, affinità e riduttivismo: critica e rilievi di validità. – 5. La teoria della causa mi- sta, i.e. il patto come negotium mixtum cum donatione aut solutionis causa: dissertazioni introduttive ed errori di prospettiva metodica. – 6. Tesi della poliedricità funzionale del patto: la causa complessa quale ipotesi ricostruttiva più aderente all’istituto. La transattività come chiave di volta dell’intera operazione negoziale: giudicato sostanziale e reciproche concessioni. – 7.
Segue. In siffatto scenario, non resta che focalizzare l’at- tenzione dell’interprete sull’unico elemento certo riveniente sin dalle “origini” dell’istituto: la previ- sione dell’obbligo per l’impresa concorrente di di- mostrare alla stazione appaltante di “disporre effet- tivamente di mezzi e capacità” del soggetto terzo ausiliario. L’avvalimento, al di là della forma negoziale pre- scelta e d’ogni considerazione sulla natura del rela- tivo contratto, non deve mai trasformarsi in una sorta di "scatola vuota", non essendo per vero con- sentito ai concorrenti, privi di taluni requisiti di qualificazione, di ottenerli in prestito al fine di par- tecipare alle gare d’appalto senza che sussistano adeguate garanzie circa gli effettivi impiego e di- sponibilità, in fase di esecuzione contrattuale, delle risorse necessarie. L’esaltazione di tale profilo passa, così, attraverso l’indefettibile requisito della specificità e determi- natezza dell’oggetto del contratto di avvalimento, che trova un inequivocabile fondamento giuridico nella disposizione di cui all’art. 88, d.P.R. n. 207/2010, secondo cui il negozio in questione deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico. Come condivisibilmente osservato dal C.G.A. siciliano, la norma regolamentare, oltreché dare concreta attuazione al generico e scarno precetto dell’art. 49, comma 2, lett. f) del Codice (che ri- chiede di “mettere a disposizione le risorse necessa- rie”), si pone in rapporto di specialità anche con la disciplina generale dei contratti di cui all’art. 1346 c.c., in quanto a differenza di quest’ultima, impone, peraltro con formula volutamente ridondante, che l’oggetto del contratto sia “determinato e specifi- co”, non anche solo determinabile. E all’obiezione di carattere solo formale secondo cui l’art. 88 si applicherebbe esclusivamente agli appalti di lavori per la sua collocazione nella parte II, titolo III del Regolamento, è sufficiente opporre considerazioni di carattere sostanziale e sistematico per cui: - in mancanza del presidio assicurato dalla citata norma regolamentare, rimarrebbe del tutto “sco- perto” il precetto generale di cui all’art. 49 del Co- dice con riguardo agli appalti di servizi e forniture (con la conseguenza di agevolare troppo agevoli ef- fetti discorsivi di aggiramento delle regole di gara attraverso la creazione di cd. “avvalifici”); - l’esigenza del rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 88, D.P.R. n. ...
Segue. Gli «adattamenti» proposti nelle elaborazioni di dottrina e giurisprudenza La verifica di compatibilità tra il regime della ripetizione e quello di risoluzione del contratto non è nuova. Anche gli autori che hanno ritenuto di superarla positivamente, non hanno mancato di osservare come le norme sull’indebito non possano essere applicate «meccanicamente»194. L’idea che pervade gli studi della dottrina e le massime della giurisprudenza è, tuttavia, che, pur non potendosi parlare – a stretto rigore – di buona e mala fede dell’accipiens, così come fanno gli art. 2033 e ss. c.c., sarebbero comunque possibili degli adattamenti capaci di salvaguardare il rinvio alla disciplina del pagamento dell’indebito195. L’interpretazione adeguatrice che ha avuto più seguito è quella secondo cui la valutazione sulla buona o mala fede dovrebbe per analogia trasformarsi in giudizio sull’imputabilità all’accipiens del fatto che dà luogo a risoluzione196. Conseguentemente sarebbe accipiens in buona fede il contraente fedele, accipiens in mala fede il contraente inadempiente. 194 Così X. XXXXXXXXX, voce Interessi, cit., 115 nonché U. BRECCIA, La buona fede nel pagamento dell’indebito, cit., 165. 195 Secondo U. BRECCIA, La ripetizione dell’indebito, cit., 264, l’indagine deve rivolgersi ad un diverso ordine di conoscenze dell’accipiens «eventualmente idonee a far ritenere esistente, su altro piano, la buona o mala fede di quest’ultimo». Cfr. anche X. XXXXXXXX, Risoluzione per inadempimento e obbligazioni restitutorie, cit., 255 ss. 196 In questo senso sempre X. XXXXXXXXX, voce Interessi, cit., 115; U. BRECCIA, La ripetizione dell’indebito, cit., 267 appare più cauto laddove afferma «a titolo di indicazione generale» che «potrebbe» essere decisivo il ruolo dell’imputabilità dell’accipiens e che resta confermata «l’opportunità di tenere presente la distinzione» tra buona e mala fede. La cautela con cui si muove l’A. in questo punto delicato è ancor più evidente nella successiva nota 215 dove, a chiare lettere, lo stesso avverte che «non vi è dubbio che nel suo complesso questa materia attende ancora una sistemazione adeguata e coerente». Questa corrente, che pur vanta l’opinione favorevole di parte della dottrina ed è stata applicata senza (o quasi) soluzione di continuità dalla giurisprudenza sino ai primi anni novanta197, è stata oggetto di dure critiche198. Da una parte, è stato osservato che l’equiparazione «contraente fedele = accipiens in buona fede» risulta inficiata da una co...
Segue. La clausola generale di abusività (rectius: vessatorietà). La buona fede. Alla direttiva n. 13 del 5 aprile 1993 deve riconoscersi il pregio di avere condotto a conclusione un tormentato dibattito lungo oltre un secolo, quello relativo alle modalità e al contenuto della tutela dell’aderente a condizioni contrattuali unilateralmente predisposte44. Nella prospettiva dell’ordinamento italiano, in particolare, l’intervento del legislatore europeo ha rappresentato la spinta per superare definitivamente la resistenza che, per decenni, la giurisprudenza e il legislatore italiani avevano opposto all’introduzione di controlli di tipo sostanziale dei contratti standard. Il contenuto e la portata precettiva degli artt. 1341 e 1342 c.c. - la cui collocazione nella sezione dedicata all’accordo delle parti già tradiva lo scopo di garantire la mera sussistenza dei presupposti formali di un consenso - non avevano invero consentito il ricorso a criteri più elastici, quale quello della buona fede (intesa nella sua portata oggettiva), che consentissero un controllo di tipo sostanziale- contenutistico45. Sulla scorta dell’esperienza tedesca, e in particolare del modello di cui al § 9 della legge del 1976 (AGB-Gesetz)46, la direttiva 1993/13/CEE ha quindi imposto derivanti dal contratto»[…]». Per più completo un quadro delle posizioni dottrinali, si rimanda a X. XXXXXXX, sub art. 34, in Commentario breve al diritto dei consumatori, cit., pp. 386 ss. Quanto ai caratteri essenziali della trattativa, v., su tutti, L.A. XXXXXXX, x.x.x., pp. 969 ss., secondo il quale essi sono: i) l’individualità, ii) la serietà, iii) l’effettività.
Segue. I diritti autodeterminati (diritti reali e diritti di credito a prestazioni di specie). 35
Segue. L’argomento che faceva leva sulla necessità di impedire una rinuncia eccessivamente ampia alla giurisdizione dello Stato.
Segue. Le agevolazioni fiscali a favore delle reti e la disciplina europea sugli aiuti di Stato. La disciplina della concorrenza, sotto il profilo delle norme sugli aiuti, ha comportato un primo effetto limitativo sull’impiego dello strumento del contratto di rete e sulle scelte organizzative inerenti. La rete ha goduto di un particolare sistema di agevolazione fiscale; ciò ha comportato la necessità di verificare la compatibilità del regime di agevolazioni a favore delle reti di impresa con le norme europee in materia di aiuti di Stato secondo le quali <sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza> (art. 107.1 TFUE). Al fine di incentivare l’adozione del contratto di rete da parte delle imprese è stata prevista, per il periodo 2011-201330, una misura di sostegno finanziario, 30 Cfr. l’art.42, comma 2-quater, D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. Legge n. 122/2010), Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competività economica, secondo il quale <<fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, una quota degli utili dell’esercizio destinati dalle imprese che …aderiscono ad un contratto di rete…per realizzare nella forma di differimento d’imposta, in favore delle imprese che intendono cooperare e accrescere la competività e il livello di innovazione. La misura consisteva in una sospensione d’imposta. Una quota degli utili destinata dalle imprese partecipanti alla realizzazione dell’obiettivo del contratto ed accantonata in apposita riserva, veniva esclusa dal calcolo del reddito imponibile per la durata del contratto. L’agevolazione fiscale prevista era temporanea poiché le somme accantonate per la partecipazione alla rete venivano incluse nella base imponibile alla fine del contratto. Ogni società poteva accantonare per la rete fino ad un importo massimo di un milione di euro31. Sul punto è intervenuta la Commissione europea specificando che la misura di sostegno in esame non costituisce aiuto di stato perché è destinata a tutte le imprese, a prescindere dall’ambito di attività e dalle dimensioni aziendali32 entro l’esercizio successivo gli investimenti previsti dal programma comune di rete, preventivamente asseverato da organismi espressione dell’associazionismi imprenditoriale muniti dei requisiti pr...