IL XXXX.xx. In altri termini, l’ammissione alla procedura di concordato preventivo apre una fase giudiziale in cui - nell’attesa che il ceto creditorio si esprima sulla proposta di concordato - il debitore, che pur continua nel frattempo l’esercizio dell’impresa, è posto sotto la sorveglianza del commissario xxxxxxxxxx e del Tribunale, affinché la gestione da lui svolta non leda l’integrità del patrimonio posto a garanzia dei creditori. Tali previsioni inducono implicitamente a ritenere che, a seguito del provvedimento di ammissione al concordato preventivo ex art. 163 l.fall., il giudizio d’istruttoria prefallimentare diventi, in concreto, (temporaneamente) improcedibile, dovendosi sperimentare in linea prioritaria la procedura pattizia già ammessa, e potendosi soltanto successivamente (e su domanda dei soggetti legittimati) dichiarare il fallimento (ad esempio, oltre che nel citato caso della revoca ex art. 173, anche nell’ipotesi in cui il Tribunale, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 180 l.fall., respinga il concordato). Ed ad eguale conclusione si deve, a maggior forza, pervenire allorché il concordato preventivo sia stato omologato dal Tribunale, fermo restando che la risoluzione del concordato per inadempimento, ovvero il suo annullamento, ai sensi dell’art. 186 l.fall., potrebbero aprire la strada - ma pur sempre su richiesta dei soggetti legittimati - ad un nuovo giudizio prefallimentare. La fattispecie oggi all’esame di questo Collegio, però, è caratterizzata dagli ulteriori, e senza dubbio peculiari, aspetti:
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IL XXXX.xx. In altri termini, l’ammissione alla procedura di concordato preventivo apre una fase giudiziale in cui - nell’attesa che il ceto creditorio Né si esprima sulla proposta di concordato - il debitore, che pur continua nel frattempo l’esercizio dell’impresa, è posto sotto la sorveglianza del commissario xxxxxxxxxx e del Tribunale, affinché la gestione da lui svolta non leda l’integrità del patrimonio posto a garanzia dei creditori. Tali previsioni inducono implicitamente a ritenere dica che, a seguito del provvedimento di ammissione al concordato preventivo ex art. 163 l.fall., il giudizio d’istruttoria prefallimentare diventi, in concreto, (temporaneamente) improcedibile, dovendosi sperimentare in linea prioritaria la procedura pattizia già ammessa, e potendosi soltanto successivamente (e su domanda dei soggetti legittimati) dichiarare il fallimento (ad esempio, oltre che nel citato caso della revoca ex art. 173, anche nell’ipotesi in cui il Tribunale, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 180 l.fall., respinga il concordato). Ed ad eguale conclusione si deve, a maggior forza, pervenire allorché il concordato preventivo sia stato omologato dal Tribunale, fermo restando che la risoluzione del concordato per inadempimento, ovvero il suo annullamento, ai sensi dell’art. 186 175, comma 2, l.fall., potrebbero aprire . il debitore può modificare la strada - ma pur sempre su richiesta dei soggetti legittimati - ad un nuovo giudizio prefallimentareproposta di concordato prima dell’inizio delle operazioni di voto. La fattispecie oggi all’esame di questo Collegioreplica, peròdifatti, è caratterizzata dagli ulteriorifin troppo agevole: la proposta di concordato non può più essere modificata dopo l’inizio delle operazioni di voto sempre che la procedura di concordato sia in corso. Se vuole dire, e senza dubbio peculiaricioè, aspetti:che prima dell’inizio delle operazioni di voto la proposta concordataria può essere modificata sempre che non sia stato in precedenza (come nella specie) attivato il procedimento di revoca ex art. 173 l.fall. Ed invero, una volta attivato il procedimento ex art. 173 l.fall. la procedura di concordato entra in una fase di “limbo” durante la quale non possono essere invocate le norme che quella procedura caratterizzano. Del resto all’udienza del 24.10.2012, fissata per l’inizio delle operazioni di voto, il giudice delegato non ha aperto quelle operazioni proprio per consentire al debitore di (eventualmente) modificare la proposta nel senso auspicato dai commissari con la relazione ex art. 172 l.fall. del 20.10.2012. E sempre per consentire l’utile modifica della proposta concordataria, il decreto con cui il tribunale ha attivato la procedura ex art. 173 l.fall. è stato emesso ben sei giorni dopo l’udienza del 24.10.2012. Se, dunque, la “Farmacia Xxxxx Xxxxxx di Xxxxxxx Xxxxxxx s.a.s.” non ha modificato in tempo utile la proposta di concordato imputet sibi.
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IL XXXX.xx. In altri termini, l’ammissione alla procedura La Corte di concordato preventivo apre una fase giudiziale in cui - nell’attesa che il ceto creditorio si esprima sulla proposta di concordato - il debitoreCassazione, che pur continua nel frattempo l’esercizio dell’impresaha optato per una applicazione “restrittiva” del concetto, è posto sotto la sorveglianza del commissario xxxxxxxxxx e del Tribunaleha osservato viceversa (con le sentenze prima ricordate) che l’atto di frode, affinché la gestione da lui svolta non leda l’integrità del patrimonio posto a garanzia dei creditori. Tali previsioni inducono implicitamente a ritenere che, a seguito del provvedimento di ammissione al concordato preventivo ex art. 163 l.fall., il giudizio d’istruttoria prefallimentare diventi, in concreto, (temporaneamente) improcedibile, dovendosi sperimentare in linea prioritaria la procedura pattizia già ammessa, e potendosi soltanto successivamente (e su domanda dei soggetti legittimati) dichiarare il fallimento (ad esempio, oltre che nel citato caso della revoca per avere rilievo ex art. 173, anche nell’ipotesi comma 1, l.fall. deve essere “accertato” dal commissario xxxxxxxxxx, e quindi dallo stesso scoperto, essendo prima ignorato dal tribunale e dai creditori. Pertanto, nel concetto di “frode” non rientra (a dire dei giudici di legittimità) qualunque comportamento volontario idoneo a pregiudicare le aspettative di soddisfacimento del ceto creditorio e, quindi, risulta estraneo a tale qualificazione il comportamento del debitore che, già nel ricorso, abbia indicato gli atti di disposizione del patrimonio, stipulati anteriormente, implicanti la concessione di diritti di godimento a terzi e che, successivamente esaminati dal commissario xxxxxxxxxx, siano ritenuti suscettibili di depauperare il detto patrimonio, così da scoraggiare l’acquisto degli immobili oggetto della cessione ai creditori, pregiudicando la fattibilità della proposta concordataria. Per la Corte “può in cui il Tribunale, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 180 l.fall., respinga il concordato). Ed ad eguale conclusione si deve, a maggior forza, pervenire allorché osservarsi che nessun intervento sul patrimonio del debitore è di per sè qualificabile come atto di frode ma solo l’attività del proponente il concordato preventivo sia stato omologato dal Tribunale, fermo restando che la risoluzione del concordato per inadempimento, ovvero il suo annullamento, ai sensi dell’art. 186 l.fall., potrebbero aprire la strada - ma pur sempre su richiesta dei soggetti legittimati - volta ad un nuovo giudizio prefallimentare. La fattispecie oggi all’esame di questo Collegio, però, è caratterizzata dagli ulteriori, e senza dubbio peculiari, aspetti:occultarlo in modo da poter
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IL XXXX.xx. In altri terminiLa Suprema Corte, l’ammissione alla procedura con la stessa sentenza n. 13817/2011, introduce comunque un ulteriore limite di ammissibilità della proposta di concordato preventivo apre una fase giudiziale da parte del debitore che in cui - nell’attesa precedenza abbia compiuto atti pregiudizievoli per i creditori, essendovi “un limite implicito che il ceto creditorio è quello, più volte e anche di recente, richiamato dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 1^, sent. n. 3274/10 ed altre ivi citate), dell’abuso del diritto che nella specie si esprima sulla proposta declina nell’abuso dello strumento concordatario in violazione del principio di concordato - il debitore, buona fede laddove emerga la prova che pur continua nel frattempo l’esercizio dell’impresa, è posto sotto la sorveglianza del commissario xxxxxxxxxx e del Tribunale, affinché la gestione da lui svolta non leda l’integrità determinati comportamenti depauperativi del patrimonio posto a garanzia dei creditorisiano stati posti in essere con la prospettiva e la finalità di avvalersi dello strumento del concordato, ponendo i creditori di fronte ad una situazione di pregiudicate o insussistenti garanzie patrimoniali in modo da indurli ad accettare una proposta comunque migliore della prospettiva liquidatoria. Tali previsioni inducono implicitamente a ritenere cheE’ indubbio che in presenza di una tale condotta (del cui accertamento, a seguito del provvedimento di ammissione nella fattispecie, non vi è sicura traccia) il concordato non sia ammissibile in quanto rappresenterebbe il risultato utile della preordinata attività contraria al concordato preventivo ex artrichiamato principio immanente nell’ordinamento”. 163 l.fallD’altra parte, simile indicazione era già provenuta da App. Napoli 11.06.2010 (in Dir. fall., il giudizio d’istruttoria prefallimentare diventi2011, in concretoII, (temporaneamente) improcedibile54), dovendosi sperimentare in linea prioritaria la procedura pattizia già ammessa, e potendosi soltanto successivamente (e su domanda dei soggetti legittimati) dichiarare il fallimento (ad esempio, oltre che nel citato caso della revoca ex artsecondo cui “l’art. 173, anche nell’ipotesi in cui il Tribunale, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 180 l.fall., respinga il concordato). Ed ad eguale conclusione si deve, a maggior forza, pervenire allorché il concordato preventivo sia stato omologato dal Tribunale, fermo restando che la risoluzione del concordato per inadempimento, ovvero il suo annullamento, ai sensi dell’art. 186 l.fall., potrebbero aprire la strada - ma pur sempre su richiesta dei soggetti legittimati - ad un nuovo giudizio prefallimentare. La fattispecie oggi all’esame di questo Collegio, però, è caratterizzata dagli ulteriori, e senza dubbio peculiari, aspetti:173 funge da
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