Organizzazione dei mezzi. L’appaltatore, ai fini della genuinità del contratto, non può rappresentare un semplice intermediario nella esecuzione dell’opera, ma deve essere dotato di una propria struttura imprenditoriale effettivamente utilizzata per l’esecuzione dell’appalto in questione, possibilmente con una collocazione riconoscibile nel mercato di riferimento e con rapporti commerciali verso una pluralità di committenti. Nella valutazione di tale requisito la Commissione di certificazione deve considerare che è venuta meno la disposizione di cui all’art. 1, comma 3, della legge n. 1369 del 1960, secondo la quale era “considerato appalto di mere prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o In base a tale disposizione, il legislatore aveva stabilito una presunzione legale assoluta di pseudo-appalto vietato nei casi in cui l’appaltatore faceva uso di capitali o strumenti del committente, a prescindere da ogni indagine circa la effettiva sussistenza dei requisiti del contratto di appalto (peraltro, la previsione legale era già stata ridimensionata nell’interpretazione giurisprudenziale meno risalente, secondo cui non si aveva interposizione illecita quando l’apporto dell’appaltatore era comunque rilevante, anche attraverso il conferimento di beni immateriali, software, know-how, etc.). Attualmente, invece, il fatto che l’appaltatore utilizzi capitali, macchine o attrezzature del committente, non determina automaticamente la qualificazione del rapporto come somministrazione di mano d’opera, a condizione però che sussistano effettivamente i requisiti di cui si è detto sopra, cioè l’organizzazione dei mezzi ed il rischio d’impresa in capo all’appaltatore, che deve pur sempre esercitare in maniera effettiva ed esclusiva il proprio potere organizzativo e direttivo sul personale impiegato (Cass.civ.sez.lav., sent. 22 febbraio 2007, n. 4138). L’art. 29, comma 1, del decreto indica espressamente quali sono gli elementi cui si deve fare riferimento per qualificare il contratto; ossia, le “esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto” e l’“esercizio del potere direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto”. Il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore deve essere esercitato (esclusivamente) dall’appaltatore o dai dirigenti o preposti dell’appaltatore, mentre ai fini del coordinamento il committente si deve relazionare con l’appaltatore o con un referente indicato da questo. Inoltre, negli appalti in cui non rileva l’utilizzo di attrezzature e macchinari, ma il know-how aziendale e/o l’organizzazione del lavoro da parte dell’appaltatore, la Commissione deve attribuire particolare importanza all’esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltatore e all’elemento della coerenza tra le mansioni esercitate dai lavoratori e l’opera o il servizio dedotto nel contratto d’appalto. Infine, le mansioni che vengono svolte dai dipendenti dell’appaltatore devono essere funzionali esclusivamente alla realizzazione dell’opera o del servizio dedotti nel contratto di appalto. Ad esempio, se l’appalto di pulizie si riferisce ad un solo immobile ubicato in un sito aziendale, i lavoratori di quell’appaltatore non devono dedicarsi alle pulizie di altro immobile del soggetto appaltante, o addirittura a mansioni diverse da quelle di pulizia. La sussistenza di questi due elementi deve permanere per tutta la durata dell’appalto. Di conseguenza, se risulta dalle dichiarazioni delle parti o dalla documentazione prodotta che in un momento successivo all’inizio del lavoro il committente ha assunto il potere direttivo e/o di controllo sui dipendenti dell’appaltatore, ovvero che questi iniziano a svolgere mansioni non funzionali alla realizzazione dell’opera o del servizio, l’appalto si trasforma da quel momento in una somministrazione irregolare di mano d’opera (cfr. Cass. S.U., 21 marzo 1997, n. 2517) e, quindi non può essere certificata la sussistenza di un appalto genuino.
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Organizzazione dei mezzi. L’appaltatore, ai fini della genuinità del contratto, non può rappresentare un semplice intermediario nella esecuzione dell’opera, ma deve essere dotato di una propria struttura imprenditoriale effettivamente utilizzata per l’esecuzione dell’appalto l'esecuzione dell'appalto in questione, possibilmente con una collocazione riconoscibile nel mercato di riferimento e con rapporti commerciali verso una pluralità di committenti. Nella valutazione di tale requisito la Commissione di certificazione deve considerare che è venuta meno la disposizione di cui all’art. 1, comma 3, della legge n. 1369 del 1960, secondo la quale era “considerato appalto di mere prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o subappalto, anche per In base a tale disposizione, il legislatore aveva stabilito una presunzione legale assoluta di pseudo-pseudo- appalto vietato nei casi in cui l’appaltatore faceva uso di capitali o strumenti del committente, a prescindere da ogni indagine circa la effettiva sussistenza dei requisiti del contratto di appalto (peraltro, la previsione legale era già stata ridimensionata nell’interpretazione giurisprudenziale meno risalente, secondo cui non si aveva interposizione illecita quando l’apporto dell’appaltatore era comunque rilevante, anche attraverso il conferimento di beni immateriali, software, know-how, etc.). Attualmente, invece, il fatto che l’appaltatore utilizzi capitali, macchine o attrezzature del committente, non determina automaticamente la qualificazione del rapporto come somministrazione di mano d’opera, a condizione però che sussistano effettivamente i requisiti di cui si è detto sopra, cioè l’organizzazione dei mezzi ed il rischio d’impresa in capo all’appaltatore, che deve pur sempre esercitare in maniera effettiva ed esclusiva il proprio potere organizzativo e direttivo sul personale impiegato (Cass.civ.sez.lav., sent. 22 febbraio 2007, n. 4138). L’art. 29, comma 1, del decreto decreto, indica espressamente quali sono gli elementi cui si deve fare riferimento per qualificare il contratto; ossia, le “esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto” e l’“esercizio lo “esercizio del potere direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto”. Il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore deve essere esercitato (esclusivamente) dall’appaltatore o dai dirigenti o preposti dell’appaltatore, mentre ai fini del coordinamento il committente si deve relazionare con l’appaltatore o con un referente indicato da questo. Inoltre, negli appalti in cui non rileva l’utilizzo di attrezzature e macchinari, macchinari ma il know-how aziendale e/o l’organizzazione del lavoro da parte dell’appaltatore, la Commissione deve attribuire particolare importanza all’esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltatore e all’elemento della coerenza tra le mansioni esercitate dai lavoratori e l’opera o il servizio dedotto nel contratto d’appalto. Infine, le mansioni che vengono svolte dai dipendenti dell’appaltatore devono essere funzionali esclusivamente alla realizzazione dell’opera o del servizio dedotti nel contratto di appalto. Ad esempio, se l’appalto di pulizie si riferisce ad un solo immobile ubicato in un sito aziendale, i lavoratori di quell’appaltatore non devono dedicarsi alle pulizie di altro immobile del soggetto appaltanteimmobile, o addirittura a mansioni diverse da quelle di pulizia. La sussistenza di questi due elementi deve permanere per tutta la durata dell’appalto. Di conseguenza, se risulta dalle dichiarazioni delle parti o dalla documentazione prodotta che in un momento successivo all’inizio del lavoro il committente ha assunto il potere direttivo e/o di controllo sui dipendenti dell’appaltatore, ovvero che questi iniziano a svolgere mansioni non funzionali alla realizzazione dell’opera o del servizio, l’appalto si trasforma da quel momento in una somministrazione irregolare di mano d’opera (cfr. Cass. S.U., 21 marzo 1997, n. 2517) e), e quindi non può essere certificata la sussistenza di un appalto genuino.
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