Common use of PRINCIPI COMUNI PER CONCESSIONI, APPALTI E ACCORDI Clause in Contracts

PRINCIPI COMUNI PER CONCESSIONI, APPALTI E ACCORDI. La disciplina degli affidamenti in house è contenuta negli artt. 5 e 192 dello schema qui in esame. L’art. 5, che trova la propria collocazione nel titolo II della parte I, dedicato ai Contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice, enuncia i principî comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito del settore pubblico, ed attua le generali previsioni dall’art. 17 della direttiva 2014/23/UE sulle concessioni, dall’art. 12 della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici nei settori ordinari e dall’art. 28 della direttiva 2014/25/UE sugli appalti pubblici nei settori speciali, disposizioni di eguale tenore e finalità, recanti una disciplina di principio che tratteggia solo nelle sue linee essenziali le caratteristiche salienti e, per così dire, il minimo comun denominatore del vasto e complesso fenomeno dell’in house, ben noto, pur al di là della molteplicità ed eterogeneità dei singoli tipi, all’esperienza giuridica di numerosi ordinamenti nazionali in ambito europeo. L’art. 192, invece, costituisce specifica attuazione di ulteriori criteri contenuti nella legge delega. Come meglio si dirà in sede di osservazioni sull’art. 192, il contenuto di quest’ultimo ha portata generale e andrebbe accorpato con quello dell’art. 5, dentro l’art. 5. Le disposizioni in esame devono essere raccordate con la disciplina generale delle società pubbliche affidata all’attuazione della specifica delega di cui all’art. 18 della l. 124/2015 mediante apposito decreto legislativo, il cui schema recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 20.1.2016. In particolare l’art. 4, dello schema di decreto legislativo citato, nell’elencare le finalità che giustificano la costituzione o partecipazione a società da parte di amministrazioni pubbliche, indica anche “l’autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento” (art. 4, comma 1, lett. d) dello schema. Si rileva, nell’art. 5, comma 1, lett. c), a proposito delle forme di partecipazione del capitale privato alla società in house, una incoerenza tra il recepimento nazionale e le corrispondenti previsioni delle direttive, nonché con l’art. 16, comma 1, dell’approvando decreto legislativo sulle società pubbliche. In particolare, gli artt. 12, par. 1, lett. c), direttiva 24, 17, par. 1, lett. c), direttiva 23, 28, par. 1, lett. c), direttiva 25, con identica formulazione dispongono che: “nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”. Da tale formulazione si evince che spetta ai legislatori nazionali fissare le forme di partecipazione del capitale privato, nel rispetto dei parametri comunitari. A sua volta, l’art. 16, comma 1, dell’emanando d.lgs. sulle società pubbliche, dispone che nelle società in house affidatarie in via diretta di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, “non vi è partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prevista da norme di legge”. Invece, l’art. 5, comma 1, lett. c), si limita a consentire, in via di eccezione, “forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto e che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”. Manca, dunque il riferimento al limite della partecipazione di soci privati fissato dalla legge nazionale. E’ auspicabile che tale limite vada inserito, in coerenza con l’art. 16 dell’approvando d.lgs. sulle società pubbliche, e al fine di lasciare alla legge il compito di delimitare le forme partecipazione di capitale privato alle società sottoposte a controllo pubblico. Pertanto, nell’art. 5, comma 1, lett. c), dopo le parole “potere di veto” aggiungere le parole “, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati,”. Nel comma 1 dell’art. 5, alla lett. a) le parole “un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore” vanno sostituite con le parole “l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore”. Il rilievo ha carattere sia formale che sostanziale. E, invero, anche le direttive 23 e 24 usano l’articolo determinativo e non quello indeterminativo, trattandosi di un rapporto bilaterale tra una data stazione appaltante e le sue società in house, e non di un rapporto tra una qualsiasi stazione appaltante e una società in house facente capo ad un altro soggetto. Sul piano del drafting, nell’art. 5, comma 1, dopo le parole “di diritto privato” aggiungere una virgola.

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PRINCIPI COMUNI PER CONCESSIONI, APPALTI E ACCORDI. La disciplina degli affidamenti in house è contenuta negli artt. 5 e 192 dello schema qui in esame. L’art. 5, che trova la propria collocazione nel titolo II della parte I, dedicato ai Contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice, enuncia i principî comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito del settore pubblico, ed attua le generali previsioni dall’art. 17 della direttiva 2014/23/UE sulle concessioni, dall’art. 12 della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici nei settori ordinari e dall’art. 28 della direttiva 2014/25/UE sugli appalti pubblici nei settori speciali, disposizioni di eguale tenore e finalità, recanti una disciplina di principio che tratteggia solo nelle sue linee essenziali le caratteristiche salienti e, per così dire, il minimo comun denominatore del vasto e complesso fenomeno dell’in house, ben noto, pur al di là della molteplicità ed eterogeneità dei singoli tipi, all’esperienza giuridica di numerosi ordinamenti nazionali in ambito europeo. L’art. 192, invece, costituisce specifica attuazione di ulteriori criteri contenuti nella legge delega. Come meglio si dirà in sede di osservazioni sull’art. 192, il contenuto di quest’ultimo ha portata generale e andrebbe accorpato con quello dell’art. 5, dentro l’art. 5. Le disposizioni in esame devono essere raccordate con la disciplina generale delle società pubbliche affidata all’attuazione della specifica delega di cui all’art. 18 della l. 124/2015 mediante apposito decreto legislativo, il cui schema recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 20.1.2016. In particolare l’art. 4, dello schema di decreto legislativo citato, nell’elencare le finalità che giustificano la costituzione o partecipazione a società da parte di amministrazioni pubbliche, indica anche “l’autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento” (art. 4, comma 1, lett. d) dello schema. Si rileva, nell’art. 5, comma 1, lett. c), a proposito delle forme di partecipazione del capitale privato alla società in house, una incoerenza tra il recepimento nazionale e le corrispondenti previsioni delle direttive, nonché con l’art. 16, comma 1, dell’approvando decreto legislativo sulle società pubbliche. In particolare, gli artt. 12, par. 1, lett. c), direttiva 24, 17, par. 1, lett. c), direttiva 23, 28, par. 1, lett. c), direttiva 25, con identica formulazione dispongono che: “nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”. Da tale formulazione si evince che spetta ai legislatori nazionali fissare le forme di partecipazione del capitale privato, nel rispetto dei parametri comunitari. A sua volta, l’art. 16, comma 1, dell’emanando d.lgs. sulle società pubbliche, dispone che nelle società in house affidatarie in via diretta di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, “non vi è partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prevista da norme di legge”. Invece, l’art. 5, comma 1, lett. c), si limita a consentire, in via di eccezione, “forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto e che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”. Manca, dunque il riferimento al limite della partecipazione di soci privati fissato dalla legge nazionale. E’ auspicabile che tale limite vada inserito, in coerenza con l’art. 16 dell’approvando d.lgs. sulle società pubbliche, e al fine di lasciare alla legge il compito di delimitare le forme partecipazione di capitale privato alle società sottoposte a controllo pubblico. Pertanto, nell’art. 5, comma 1, lett. c), dopo le parole “potere di veto” aggiungere le parole “, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati,”. Nel comma 1 dell’art. 5, alla lett. a) le parole “un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore” vanno sostituite con le parole “l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore”. Il rilievo ha carattere sia formale che sostanziale. E, invero, anche le direttive 23 e 24 usano l’articolo determinativo e non quello indeterminativo, trattandosi di un rapporto bilaterale tra una data stazione appaltante e le sue società in house, e non di un rapporto tra una qualsiasi stazione appaltante e una società in house facente capo ad un altro soggetto. Sul piano del drafting, nell’art. 5, comma 1, dopo le parole “di diritto privato” aggiungere una virgola.

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L’art. 5, che trova la propria collocazione nel titolo II della parte I, dedicato ai Contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice, enuncia i principî comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito del settore pubblico, ed attua le generali previsioni dall’art. 17 della direttiva 2014/23/UE sulle concessioni, dall’art. 12 della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici nei settori ordinari e dall’art. 28 della direttiva 2014/25/UE sugli appalti pubblici nei settori speciali, disposizioni di eguale tenore e finalità, recanti una disciplina di principio che tratteggia solo nelle sue linee essenziali le caratteristiche salienti e, per così dire, il minimo comun denominatore del vasto e complesso fenomeno dell’in house, ben noto, pur al di là della molteplicità ed eterogeneità dei singoli tipi, all’esperienza giuridica di numerosi ordinamenti nazionali in ambito europeo. L’art. 192, invece, costituisce specifica attuazione di ulteriori criteri contenuti nella legge delega. Come meglio si dirà in sede di osservazioni sull’art. 192, il contenuto di quest’ultimo ha portata generale e andrebbe accorpato con quello dell’art. 5, dentro l’art. 5. Le disposizioni in esame devono essere raccordate con la disciplina generale delle società pubbliche affidata all’attuazione della specifica delega di cui all’art. 18 della l. 124/2015 mediante apposito decreto legislativo, il cui schema recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 20.1.2016. In particolare l’art. 4, dello schema di decreto legislativo citato, nell’elencare le finalità che giustificano la costituzione o partecipazione a società da parte di amministrazioni pubbliche, indica anche “l’autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento” (art. 4, comma 1, lett. d) dello schema. Si rileva, nell’art. 5, comma 1, lett. c), a proposito delle forme di partecipazione del capitale privato alla società in house, una incoerenza tra il recepimento nazionale e le corrispondenti previsioni delle direttive, nonché con l’art. 16, comma 1, dell’approvando decreto legislativo sulle società pubbliche. In particolare, gli artt. 12, par. 1, lett. c), direttiva 24, 17, par. 1, lett. c), direttiva 23, 28, par. 1, lett. c), direttiva 25, con identica formulazione dispongono che: “nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che cke non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”. Da tale formulazione si evince che spetta ai legislatori nazionali fissare le forme di partecipazione del capitale privato, nel rispetto dei parametri comunitari. A sua volta, l’art. 16, comma 1, dell’emanando d.lgs. sulle società pubbliche, dispone che nelle società in house affidatarie in via diretta di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, “non vi è partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prevista da norme di legge”. Invece, l’art. 5, comma 1, lett. c), si limita a consentire, in via di eccezione, “forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto e che cke non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”. Manca, dunque il riferimento al limite della partecipazione di soci privati fissato dalla legge nazionale. E’ auspicabile che tale limite vada inserito, in coerenza con l’art. 16 dell’approvando d.lgs. sulle società pubbliche, e al fine di lasciare alla legge il compito di delimitare le forme partecipazione di capitale privato alle società sottoposte a controllo pubblico. Pertanto, nell’art. 5, comma 1, lett. c), dopo le parole “potere di veto” aggiungere le parole “, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati,”. Nel comma 1 dell’art. 5, alla lett. a) le parole “un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore” vanno sostituite con le parole “l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore”. Il rilievo ha carattere sia formale che sostanziale. E, invero, anche le direttive 23 e 24 usano l’articolo determinativo e non quello indeterminativo, trattandosi di un rapporto bilaterale tra una data stazione appaltante e le sue società in house, e non di un rapporto tra una qualsiasi stazione appaltante e una società in house facente capo ad un altro soggetto. Sul piano del drafting, nell’art. 5, comma 1, dopo le parole “di diritto privato” aggiungere una virgola.

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