DOTTORATO DI RICERCA IN DIRITTO DEI CONTRATTI
Università degli Studi di Cagliari
DOTTORATO DI RICERCA IN DIRITTO DEI CONTRATTI
Ciclo XXIV
TITOLO TESI:
“LE NUOVE TUTELE CONTRATTUALI DEI LEGITTIMARI NELLA CIRCOLAZIONE GIURIDICA”
Settore scientifico disciplinare di afferenza:
ius/01
Presentata da: dott.ssa Xxxxx Xxxx
Coordinatore Dottorato: xxxxx.xx xxxx.xxx Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxx: xxxxx.xx prof. Xxxxxxxxx Xxxxxxx
Esame finale anno accademico 2011- 2012
Indice
Abstract 4
Capitolo I
La successione necessaria
1.1 Le origini 6
1.2 La natura 13
1.3 I beneficiari 26
1.4 I principi 33
Capitolo II
La tutela codicistica dei legittimari
2.1 La tutela tradizionale dei legittimari 59
2.2 L’azione di riduzione 68
2.3 Le azioni di restituzione 82
Capitolo III
L’evoluzione della disciplina codicistica
3.1 La riforma del diritto di famiglia del 1975 89
La posizione del coniuge Le posizione dei figli
3.2 Le modifiche della disciplina sulla donazione del 2005 122
3.3 L’attualità della successione necessaria 135
Capitolo IV Il patto di famiglia
4.1 Nozione e natura giuridica 154
4.2 Struttura, soggetti ed oggetto 176
4.3 Tutele contrattuali dei legittimari 192
Bibliografia 203
Abstract
In this thesis we examine the necessary succession rules whose main feature is the particularly high protection of the forced heirs’ rights. In other legal systems also exist some forms of protection of the reserved portion, but not as intense as in our legal system. One of the clearest example of the level of protection of forced heirs rights is given by the fact that if the testamentary dispositions or donations exceed the portion which the testator can legally dispose of (the reserved portion), then the forced heirs have at their disposal a specific legal action “azione di riduzione” that permits them to restore the reserved portion. The intangibility of the reserved portion and the in rem quality of the legal action aimed at restoring the reserved portion, produces important consequences on the market transaction, since it’s capable of hindering the validity of payment contracts concluded even many years before. All these aspects have lead many scholars to question this kind of legal rules pledging for a reform of them. Another question that we have analysed is the so called “family pact”, which is a contract through which an entrepreneur transfer a productive good to a family member. These kinds of transactions are excluded from the applicability of the necessary succession discipline in order to guarantee the intergeneration transfers of the enterprise. The law has actually set up a double channel in the necessary succession area: from one side, in the case of productive goods, all the potential forced heirs can sign an agreement which upsets the general rule that all forced heirs have to receive goods belonging to the testator’s asset, and they can receive instead a sum on money corresponding to the value of the goods of the asset, they should have received. When a family pact is signed both the sum of money and the goods are in principle excluded from the legal action aimed at restoring the reserved portion.
As a way of conclusion we could say that frequently the different solutions adopted in commercial law have opened new paths and new interpretations, leading to law reforms, that’s why we can say that the complex system of rules of the necessary succession could be modified, taking as an example the specific solutions adopted for the “family pact”.
Capitolo I
La successione necessaria
1.1 Le origini
1.2 La natura
1.3 I beneficiari
1.4 I principi
1.1 Le origini
Con il termine successione necessaria dottrina e giurisprudenza indicano sinteticamente quella branca del diritto delle successioni disciplinata dal Capo X del Titolo I del Libro delle successioni del Codice civile, intitolato "Dei legittimari"1. Peraltro, il legislatore introduce e inquadra il tema sin
1 Senza pretesa di completezza, alcune delle più importanti trattazioni in tema di successione necessaria: AA.VV, Tratt. Dir. delle successioni e donazioni, dir. da X. XXXXXXXX, Milano, 2009; L. XXXXXXXXX XXXX, U. XXXXXXX, X.X. XXXXXXXX, X. XXXXXX, Diritto civile, 4, Le successioni a causa di morte, Torino, 1996; X. XXXXXXXXXX e A. XXXXXXX, La successione dei legittimari, Torino, 2006; G. XXXXXX, X. BURDESE, Le successioni, Parte generale, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1977; V.R. XXXXXXX, X.X. XXXXXXX, voce Successione necessaria, in Noviss. Dig. It., Appendice VII, Torino, 1987,
p. 631 ss.; X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, X. XXXXXX XXXXXXX, X. XXXXXXX, Libro delle successioni per causa di morte e delle donazioni. Illustrato con i lavori preparatori e con note di commento, Milano, 1939; X. XXXXXX, La successione familiare suppletiva, Torino, 1954; M.C. XXXXXXX, voce Legittimari, in Enc. Giur. Xxxxxxxx, XXXX, Xxxx, 0000; GIU. XXXXXXXX, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990; GIU. XXXXXXXX, aggiornato anche da A. IANNACCONE, Successione dei legittimari e successione dei legittimi, in Giur. Sist. Civ. e comm., fondata da X. XXXXXXX, Torino, 1997, III ed.; X. XXXXXXX, Le successioni per causa di morte, Milano, 1944, II ed.; E. BETTI, Appunti di diritto civile. Parte generale delle successioni, Milano, 1928; C.M. BIANCA, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni, Milano, 2005, IV ed.; X. XXXXXXXX, Nozioni di diritto ereditario, Torino, 1986; X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2006, IV ed.; A. XXXXXXX, I legittimari, Milano 2002; X. XXXXXXXX, Principi generali sui legittimari, in Le successioni, II, Successioni legittime e necessarie, in Il diritto privato nella giurisprudenza, a cura di
X. XXXXXX, Torino, 2000, p. 3 ss.; X.X. XXXXXXXX, X xxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000; V.E. XXXXXXXX, I beneficiari della riserva, in Successioni e donazioni, a cura di X. XXXXXXXX, X, Xxxxxx, 0000; V.E. XXXXXXXX, L’istituto della riserva, in Successioni e donazioni, a cura di X. XXXXXXXX, X, Xxxxxx, 0000, p. 465 ss.; X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, Milano, 2009, III ed.; X. XXXXXXX XXXXXXX, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1977; X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, in Tratt. Dir. priv., dir. da X. XXXXXXXX, 0, Xxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, II ed., p. 421 ss.; A. CICU, Successione dei legittima e dei legittimari, Milano, 1947; X. XXXXXXXX XX., Successione legittima e necessaria, Milano, 1938; R. DE XXXXXXXX, Diritto ereditario, in Istituzioni di diritto civile, III, Messina-Milano, 1935; F. FERRARA, La figura del legittimario, in Giur. It., 1923, IV; X. XXXXX, Dei legittimari, in Comm. cod. civ., a cura di A. SCIALOJA e X. XXXXXX, Bologna-Roma, 1981, 7, II ed.; X.X. XXXXXXXX, La successione dei legittimari , in Riv. Dir. civ., 1965, I, p. 30 ss.; X. XXXXXXXXX, Dei legittimari, in Comm. dir. it. Della famiglia, dir. da X. XXXX, X. XXXX, X. XXXXXXXXX, X, Padova, 1992; C. XXXXXXXXXXX, Delle successioni. Disposizioni generali. Successioni legittime, in Comm. Utet, Torino, 1971; C. XXXXXXXXXXX, voce Successione, IV) Successione necessaria, in Enc. giur. Xxxxxxxx, XXX, Xxxx, 0000; X. XXXXXXX, Successioni per causa di morte. Parte generale. La successione necessaria, in Tratt. dir. civ. e comm., già dir. da A. CICU e X. XXXXXXXX, continuato da X. XXXXXXX, Milano, 2000, IV ed.; S. NAPPA, La successione necessaria , Padova, 1999; X. XXXXXX’, La vocazione ereditaria diretta e indiretta, Messina, 1934; A. PALAZZO, voce Successione, IV, Successione necessaria, in Enc. giu. Xxxxxxxx, XXX, Xxxx, 0000; A. PALAZZO, Le successioni, in Tratt. Dir. priv., a cura di X. XXXXXX e X. XXXXX, I, Milano, 2000, II ed.; A. XXXX, La tutela del legittimario, Padova, 1954, 1; A. PORCELLA, La tutela dei legittimari, Milano, 1969; F.
dall'art. 457 cod. civ. delle disposizioni generali delle successioni, che a proposito di delazione dell'eredità, ovvero offerta dell'eredità, stabilisce, al terzo comma, che "le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari".
Per mettere a fuoco la problematica occorre fare un passo indietro ed esaminare integralmente l'art. 457 cod. civ.
La disposizione esordisce con il primo comma secondo cui "l'eredità si devolve per legge o per testamento", e prosegue con il secondo comma in forza del quale "non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria". Con i primi due commi il legislatore ha sancito innanzitutto una prevalenza della successione testamentaria su quella legittima. Pertanto le vicende di un patrimonio, a seguito della morte del suo titolare, dipenderanno in primo luogo da ciò che egli ha previsto quando era ancora in vita. Soltanto nell'ipotesi in cui non dovesse risultare alcuna manifestazione di volontà in tal senso, o le statuizioni in essa contenute dovessero essere insufficienti, si farà luogo alla successione legittima, ovvero il patrimonio sarà ripartito secondo quanto previsto, in linea generale, dal legislatore. Ma il terzo comma citato pone un limite alla successione testamentaria, in quanto questa non può in alcun modo "pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari". Quindi, col termine successione necessaria si fa riferimento alla successione dei legittimari, cioè quei soggetti ai quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione (art. 536 cod. civ.), che perciò possono essere chiamati alla medesima anche contro la stessa volontà del testatore.
I legittimari sono quei soggetti che il legislatore ha ritenuto essere i più vicini al soggetto della cui vicenda successoria si tratta. Sono i discendenti legittimi e naturali, il coniuge, e, qualora manchino i discendenti legittimi, gli ascendenti legittimi. Secondo quanto previsto dal legislatore, al momento dell'apertura della successione, questi acquistano il diritto ad una quota del patrimonio del de cuius. Peraltro, è importante sottolineare come questo diritto sorga non sul solo patrimonio lasciato in successione dal de cuius, il c.d. relictum, ma vada calcolato sulla risultante dalla somma di relictum e donatum, ovvero tutti quei beni usciti dal patrimonio del de cuius per effetto di liberalità effettuate nel corso della sua vita. La quota della quale il de cuius non può disporre a titolo di liberalità o con il
XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, in Comm. cod. civ., Libro delle successioni per causa di morte e donazioni, a cura di M. D’AMELIO e X. FINZI, Firenze, 1941, p. 263 ss.; X. XXXXXXXXXX, voce Successione necessaria (diritto privato), in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990; A. TULLIO, La successione necessaria, in Successioni e donazioni, dir. da X. XXXXXXXX, Torino, 2011; X. XXXXXX, Art. 536, in Comm. riforma del dir. di famiglia, a cura di X. XXXXXXX, X. XXXX, X. XXXXXXXXX, Padova, 1997, I, 2; X. XXXXXXXX, Le successioni per causa di morte, Messina, 1920.
testamento è detta quota di riserva, infatti i legittimari sono detti anche riservatari oltre che successori necessari e legittimari. L'elencazione dei legittimari è tassativa, e comprende una serie di categorie di soggetti che sono anche successibili legittimi, ossia coloro i quali, in assenza di testamento, sono chiamati alla successione in applicazione della disciplina dettata dal legislatore. Ma non si tratta di una duplicazione di attribuzione, poiché la qualifica di legittimario rileva solo quando la successione legittima non dovesse essere sufficiente a trasmettergli quanto gli spetta a titolo di riserva.
Da un punto di vista terminologico è importante rilevare come il legislatore non parli mai di successione necessaria - termine invece largamente usato dalla dottrina2 e dalla giurisprudenza3- ma usi frequentemente il verbo "riservare" ed il sostantivo "riserva", al fine di esprimere l'idea dell'intangibilità di quanto spetta ai legittimari, porzione chiamata nel Codice anche legittima.
Storicamente si rinvengono due istituti, nel diritto romano e nel diritto consuetudinario, che hanno dato origine all’istituto della legittima così come lo conosciamo ai giorni nostri.
Nel diritto romano l’istituto da richiamare è la legitima4.
Inizialmente chi aveva persone sottoposte alla sua potestas (i sui iuris) non poteva fare testamento e si apriva la successione legittima. I soggetti destinatari del patrimonio del de cuius erano detti heredes necessarii. La necessità risiedeva nel fatto che questi acquistassero l’eredità automaticamente, senza
2 X. XXXXXXXX, Principi generali sui legittimari, in Le successioni, II, Successioni legittime e necessarie, cit.; V.R. XXXXXXX, X.X. XXXXXXX, voce Successione necessaria, cit; X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit.; X. XXXXXXXX XX., Successione legittima e necessaria, cit.; C. XXXXXXXXXXX, voce Successione, IV) Successione necessaria, cit.; X. XXXXXXX, Successioni per causa di morte. Parte generale. La successione necessaria, cit.; S. NAPPA, La successione necessaria, cit.; A. PALAZZO, voce Successione, IV, Successione necessaria, cit.; X. XXXXXXXXXX, voce Successione necessaria (diritto privato), cit.
3 Cass. civ. Sez. II, 09-03-1987, n. 2434; Cass. civ. Sez. II, 10-03-1987, n. 2474; Cass. civ. Sez. III, 01-
08-1987, n. 6646; Cass. civ. Sez. II, 07-04-1990, n. 2923; Cass. civ. Sez. II, 01-12-1993, n. 11873;
Cass. civ. Sez. II, 01-03-1994, n. 2031; Cass. civ. Sez. I, 08-05-1996, n. 4281; Cass. civ. Sez. II, 24- 06-1996, n. 5832; Cass. civ. Sez. III, 13-03-1998, n. 2747; Cass. civ. Sez. II, 06-04-2000, n. 4329; XX.
4 X. XXXXXXXX, Istituzioni di diritto romano, con la collaborazione di X. XXXXXX e X. XXXXX, Torino, 1998, II ed.; A. XXXXXXXXXXX, Xxxxx Xxxxxxxx alla Portio legitima: Aspetti della successione necessaria nell'epoca tardo imperiale e giustinianea, Milano, 1996; AA.VV., Trattato di diritto delle successioni e delle donazioni, cit., III, La successione legittima, I, p. 7; X. XXXXXXXXXX, in D. DALLA,
X. XXXXXXXXXX, Istituzioni di diritto romano, Torino, 2006, III ed., p. 459 ss; X. XXXXXXX, Successioni per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 4 ss.; X. XXXXXXXXXX, voce Successione necessaria (diritto privato), cit., p. 1349; A. TULLIO, La successione necessaria, cit., p. 214 ss.
bisogno di accettazione e senza alcuna possibilità di rinunziarvi. Successivamente si consentì al pater familias sia di istituire eredi soggetti estranei alla famiglia, che di concentrare l’eredità su uno o più familiari a scapito degli altri. Quindi, sostanzialmente si affermò il principio opposto di piena libertà di testare. Il meccanismo attraverso il quale l’ereditando poteva escludere alcuni familiari era la diseredazione nel negozio testamentario, nei fatti un onere sostanzialmente formale. L’istituto della diseredazione era nato con l’intento di escludere dalla successione prossimi congiunti ingrati ed irriconoscenti verso il testatore, ma venne presto utilizzato ad altri fini. Qualora taluno di questi soggetti fosse stato praeteritus, ovvero non fosse stato formalmente diseredato, quindi fosse passato sotto silenzio, il testamento sarebbe stato nullo e si sarebbe aperta la successione intestata, così come il testamento sarebbe stato nullo in presenza di una diseredazione di un necessarius, ritenendosi frutto di insanità mentale. In quest’ultimo caso il necessarius avrebbe dovuto esperire la querela inofficiosi testamenti per far dichiarare la nullità per vizio di mente, ed in quel caso si sarebbe aperta la successione legittima. In seguito vi fu un ulteriore allargamento dei diritti dei familiari, i quali poterono impugnare il testamento contenente un lascito troppo esiguo in favore di un necessarius: era considerato troppo esiguo il lascito inferiore ad un quarto dei beni ereditari. Però relativamente a tale ipotesi si iniziò ad avvertire l’iniquità del rimedio della querela inofficiosi testamenti, in quanto era ingiusto che per tale esiguità venisse dichiarata la nullità del testamento, con la conseguente esclusione integrale dell’erede testamentario. Così venne creato il rimedio dell’actio ad supplendam legitimam. In quest’ultimo caso il testamento non si sanzionava con la nullità, pur ritenendo che il testatore avesse violato l’officium pietatis verso i prossimi congiunti, ovvero un dovere di affetto e di assistenza nei confronti del soggetto praeteritus o beneficiario di una quota considerata insufficiente. In sostanza si trattava di una vera e propria azione volta a reintegrare la portio legitima lesa dal testatore. Con portio legitima si faceva riferimento a quella quantità di beni che sarebbe spettata al familiare se si fosse aperta la successione ab intestato, ovvero pari ad un quarto dell’asse ereditario. Si trattava perciò, non di una quota di eredità, ma di una pars bonorum, ossia una frazione dell’utile netto che il necessarius avrebbe conseguito se l’ereditando fosse morto intestato.
La limitazione della libertà del testatore aveva, come anticipato, una funzione assistenziale e alimentare, partendo dal presupposto morale che l’ereditando dovesse continuare ad assicurare ai necessarii ciò di cui avevano bisogno per il loro sostentamento quotidiano. Con quest’ultima azione non veniva meno il testamento, né si aprivano contemporaneamente successione testamentaria ed intestata (anche perché, com’è noto nel diritto romano nemo pro parte testatus pro parte intestatus decedere potest) ma il necessarius conseguiva quella pars bonorum necessaria ad integrare la sua
portio legittima. Peraltro, come ai giorni nostri, si poteva arrivare a ledere la portio legitima anche mediante donazioni effettuate in vita dal testatore, perciò sorse la querela inofficiosae donationis, finalizzata a far cadere la donazione nella parte in cui risultasse lesiva della portio legitima. Attraverso queste azioni si arrivava così ad assicurare al necessarius quanto gli spettava, pur tenendo ferme le disposizioni in favore di erede testamentario e donatario nella parte in cui non risultassero lesive.5
Nel diritto consuetudinario6, anziché da un principio di piena libertà di testare, si partì da un opposto divieto assoluto di testare. La ratio del divieto si rinveniva nella concezione solidaristica della famiglia che, a livello patrimoniale, si traduceva nel principio germanico di comproprietà familiare, in virtù del quale bisognava innanzitutto tutelare il lignaggio, ovvero salvaguardare la posizione economica e sociale della famiglia, impedendo radicalmente l’uscita di qualche cespite dal patrimonio familiare. Lo scopo era quello di evitare la polverizzazione del patrimonio familiare7. L’istituto di diritto ereditario attraverso il quale si realizzava tale risultato era detto réserve.
Peraltro la réserve non colpiva tutti i beni facenti capo al de cuius ma esclusivamente quelli che questi aveva ricevuto per successione o per donazione, i c.d. propres. Si trattava quindi di una pars hereditatis che doveva spettare agli eredi di sangue e che era assistita da un’azione reale. Le prime aperture vi furono in conseguenza dell’affermarsi della Chiesa cattolica: infatti prima fu consentito al de cuius di attribuire parte dei propri beni ad ecclesiam pro redemptione animae sue, successivamente venne riconosciuta la facoltà di testare per parte dei propri beni, in un primo momento solo pro anima, cioè come unica beneficiaria la Chiesa. Solo in un secondo momento vi fu un ulteriore allargamento in favore di qualunque estraneo.
Pian piano l’istituto della réserve fu messo da parte, quanto meno nella sua originaria configurazione, in primo luogo perché i propres erano sempre meno consistenti ed il loro valore, se confrontato con la ricchezza generata da produzione e commercio, era sempre più basso. Ed in secondo luogo perché l’entità della réserve poteva essere ridotta da atti di liberalità tra vivi.
Questo contesto si prestò ad una contaminazione romana con l’istituto della legitima, quindi si realizzò un affiancamento dei due principi che presiedevano ai due istituti originari: il principio della
5 X. XXXXXXXX, Istituzioni di diritto romano, cit., p. 560 ss.; X. XXXXXXXXXX, voce Successione necessaria (dir. priv.), cit., p. 1352; D. XXXXX, X. XXXXXXXXXX, Istituzioni di diritto romano, Torino, 2006, III ed., p. 459 ss.; X. XXXXXX, La successione necessaria tra proposte di abrogazione ed istanze di riforma, in Riv. Not., 2007.
6 X. XXXXXXX, Successioni per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 19 ss.; A. TULLIO, La successione necessaria, cit., p. 215 ss.
7 X. XXXXXXX, Successioni per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 20.
comproprietà familiare, che mirava alla salvaguardia del patrimonio familiare, ed il principio del dovere morale di assistenza familiare, della necessità di assicurare il sostentamento a tutti quei soggetti che dipendevano dal de cuius quando questi era in vita8. E, nella codificazione rivoluzionaria prima e nel codice francese del 1804 poi, con l’istituto della riserva ereditaria si realizzò una vera e propria fusione degli istituti, poiché richiamava la réserve, come si evince anche dal nome, ma il fondamento era quello assistenziale che rinveniamo nelle fonti romane9.
Questa limitazione non era contraria, ma coerente con l’obiettivo di salvaguardare il diritto di proprietà e l’autonomia privata, ovvero i principi che avevano ispirato la codificazione napoleonica. Era coerente perché volta a tutelare il sistema familiare, in quel periodo fortemente patriarcale, nel quale il capo famiglia prendeva qualsiasi decisione in campo economico e sociale.
Per quanto ci riguarda, nel primo codice dello Stato unitario, facendo proprio il modello francese, fu prevista una porzione legittima, quale limite alla libertà testamentaria. Tale fusione è importante, oltreché da un punto di vista sostanziale, anche da un punto di vista terminologico, in quanto spiega l’attuale uso dei termini legittima e riserva come sinonimi da parte del legislatore. Invece, la locuzione successione necessaria non è utilizzata dal legislatore, ma solo da dottrina e giurisprudenza, e la ragione sta nel fatto che nel nostro ordinamento non si può parlare di eredi necessari come si faceva nel diritto romano, in quanto nessuno, come allora avveniva, acquista l’eredità automaticamente, senza che rilevi la sua volontà, ma deve sempre accettare l’eredità e, se vuole, può rinunziarvi. In definitiva nessuno è necessariamente erede.
Nel Codice del 1865 si scelse di non disciplinare unitariamente l’istituto della legittima, ma parte nel capo dedicato alla successione testamentaria e parte nel capo dedicato alle donazioni. La legittima quindi fu vista quale limite alla libertà di testare e quale limite alle liberalità tra vivi.
In seguito alle numerose critiche a questa scelta, il legislatore del 1942, come anticipato, ha dedicato un apposito titolo, il primo, nel capo “Disposizioni generali sulle successioni”, così come ha fatto per la successione legittima, titolo II, e la successione testamentaria, titolo III. Questo in quanto i diritti dei legittimari possono risultare lesi, in tutto o in parte, sia da un testamento che dall’assetto successorio risultante dall’insieme di donazioni fatte in vita dal de cuius e per l’effetto dell’applicazione delle disposizioni in materia di successione legittima. L’attuale sistema è quindi caratterizzato dalla più ampia libertà di testare, espressione dell’autonomia privata, limitata soltanto dall’esigenza di
8 X. XXXXXXX, Successioni per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 24.
9 X.X. XXXXXXXXXX, Histoire de la réserve héréditaire et de son influence morale et économique, Parigi, 1983.
salvaguardare i diritti dei legittimari10.
10 S. DELLE MONACHE, Successione necessaria e sistema di tutele del legittimario, Milano, 2008, p. 4.
2.2 La natura
Il modo di operare e gli effetti della successione necessaria dipendono dalla natura che si riconosce a tale istituto.
La dottrina tradizionale 11 riteneva che la successione necessaria fosse un tertium genus di successione, un genere completamente autonomo di successione, con caratteri propri, tali da distinguerla sia dalla successione testamentaria che da quella legittima. Infatti, pur riconoscendo che successione necessaria e successione legittima trovano fondamento comune nella legge, sottolineavano come se ne distinguono, quanto ai destinatari, nelle quote e nella ratio. La suddetta dottrina individuava tre ipotesi, oltre al caso in cui vi fosse una lesione di legittima, nelle quali si sarebbe aperta la successione necessaria: il primo caso, qualora il de cuius avesse istituito erede il legittimario in una quota di valore coincidente a quella riservata; il secondo, qualora avesse disposto a favore di estranei nei limiti della disponibile; ed il terzo, qualora avesse disposto in vita, con liberalità, in misura inferiore alla disponibile, in modo tale che si sarebbe aperta, solo sulla restante disponibile la successione legittima.
Peraltro tale tesi è sempre stata respinta dalla gran parte della dottrina12 e della giurisprudenza13, che hanno fermamente sostenuto che le norme sulla riserva costituiscono un limite ai modelli successori testamentario e legittimo, e che non lo assorbono mai. Anzi è la vocazione necessaria a restare assorbita in quella testamentaria o legittima. Questa tesi è suffragata innanzitutto dal dato testuale: il primo comma dell’art. 457 cod. civ. prevede che “l’eredità si devolve per legge o per testamento”, implicitamente escludendo una terza fonte di devoluzione dell’eredità. In secondo luogo successione necessaria e successione legittima hanno in comune taluni principi, tali da poterli inquadrare in una generale figura di successione legittima familiare. La successione necessaria non sarebbe quindi un tertium genus di successione bensì una species del più ampio genus successione legittima. E le differenze strutturali tra le due species si spiegherebbero in quanto la successione dei legittimari
11 E. BETTI, Appunti di diritto civile. Parte generale delle successioni, cit., p. 36; V.R. XXXXXXX, X.X. XXXXXXX, voce Successione necessaria, cit., p. 787 ss.; X. XXXXXXXX, Successione legittima e necessaria, cit., p. 283 s.; R. DE XXXXXXXX, Diritto ereditario, in Istituzioni di diritto civile cit., p. 511; F. FERRARA, La figura del legittimario, cit., p. 131; G. XXXXXX, X. XXXXXXX, le successioni, Parte generale, cit., p. 85; X. XXXXXX’, La vocazione ereditaria diretta e indiretta, cit., p. 23.
12 X. XXXXXXX-XXXXXXX, Le successioni per causa di morte, cit., p. 168; X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 426; A. CICU, Le successioni, cit., p. 223; X.X. XXXXXXXX, La successione dei legittimari, cit., p. 46; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit.,
p. 266; X. XXXXXXXX, Le successioni per causa di morte, cit., p. 436.
13 Cass., 1957, n. 2208; per tutte Cass., 9 gennaio 1967, n. 92.
rappresenterebbe una “successione legittima potenziata”14, perché prevalente sulla contraria volontà del testatore, a differenza della successione ex-lege operante solo in difetto di previsioni del testatore.
All’interno di questa dottrina, quindi accogliendo l’idea che vi siano solo due generi si successione, si deve segnalare un autore15 che ha analizzato in maniera puntuale tutte le relazioni e le differenze intercorrenti tra la successione testamentaria e quella legittima e, all’interno di quest’ultima, tra successione ab intestato e dei legittimari.
L’autore individua due criteri per distinguere la successione necessaria da quella ab intestato.
Il primo è quello dell’oggetto. L’oggetto si differenzia sotto tre profili. Innanzitutto il profilo quantitativo, infatti le frazioni delle porzioni riservate ai legittimari, di cui agli artt. 536 e ss. cod. civ., sono inferiori rispetto a quelle previste dalla successione ab intestato agli artt. 566 e ss. cod. civ.
In secondo luogo l’oggetto del calcolo della porzione, che, nell’ipotesi di successione necessaria è, ai sensi dell’art. 556 cod. civ., la risultante della somma tra il relictum ed il donatum, mentre nella successione legittima la porzione è calcolata sul solo relictum.
Il terzo profilo distintivo attiene alla “qualità”, poiché la successione necessaria comporta un acquisto di beni, mentre sia la successione ab intestato che quella testamentaria possono essere prive di contenuto patrimoniale o potrebbero anche avere contenuto patrimoniale negativo.
Il secondo criterio utilizzato dal suddetto autore è la radicale differenza di presupposti in presenza dei quali si aprono la successione necessaria e quella legittima. Perché si apra la prima vi deve essere una lesione della quota riservata, accertata da un giudice per dichiararne l’inefficacia, ovvero per ridurre la disposizione lesiva. Invece la successione ab intestato si apre semplicemente in assenza di testamento o qualora le statuizioni in esso contenute non siano sufficienti a ripartire tutto il patrimonio del de cuius. In tema di relazione tra successione legittima e necessaria, certamente la disposizione più importante è l’art. 553 cod. civ. che sancisce la “prevalenza delle regole di calcolo della quota ereditaria di riserva sulle regole generali della successione legittima ab intestato”16. Tanto è vero che, a proposito di concorso tra legittimari ed altri successibili legittimi “le porzioni che spetterebbero a questi ultimi si riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario integrare la quota riservata ai legittimari” (art. 553 cod. civ.), senza che sia necessario esercitare l’azione di riduzione per reintegrare la quota di riserva.
Infine si deve dar conto di un’ultima teoria prospettata in tema di natura della successione dei
14 A. CICU, Successione legittima e dei legittimari, cit., p. 218.
15 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 61 ss.
16 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 46.
legittimari, che peraltro non ha riscosso grande successo. Secondo questa parte della dottrina 17 il legittimario sarebbe un successore a titolo particolare, non un erede, in quanto non gli viene assegnata una quota di eredità dalla legge ma un attivo netto, che potrebbe anche essere sotto forma di donazioni o legati.
La valutazione della posizione del legittimario, ed in particolare se questi abbia o meno la qualità di erede, è senz’altro uno dei temi più dibattuti del diritto successorio, infatti la dottrina ha prospettato nel tempo diverse teorie.
Dall’esame dei principi generali è sempre stato pacifico che agli eventuali successibili, quindi anche ai legittimari, non spettasse alcuna pretesa o aspettativa sull’eredità in un momento anteriore all’apertura della successione.
Peraltro qualcuno18 ha rilevato che la condizione di legittimario si fonda su uno status familiae che deve preesistere alla morte del de cuius, e perciò si è domandato se la condizione di legittimario possa avere un qualche valore anche prima dell’apertura della successione. In passato la risposta è sempre stata negativa, ma allo stato attuale probabilmente la questione deve essere rivalutata, in considerazione e della disciplina degli effetti della riduzione delle donazioni lesive della legittima, introdotta nel 2005, e della creazione del patto di famiglia nel 2006. Infatti con queste nuove discipline si attribuiscono ai potenziali legittimari alcuni poteri e diritti prima della morte del de cuius19.
Secondo la teoria più risalente nel tempo, proposta fin dal vigore del vecchio codice20, il legittimario acquisterebbe la qualità di erede sin dal momento dell’apertura della successione. L’acquisto di tale qualità avverrebbe anche nell’ipotesi in cui il de cuius avesse esaurito l’intero asse ereditario con disposizioni a titolo universale e particolare, ovvero quindi anche quando fosse necessario esercitare l’azione di riduzione per l’effettivo conseguimento dei beni.
Ma, come è stato evidenziato da alcuni21, tale tesi si pone in contrasto con due principi del diritto successorio.
Il primo contemplato dall’art. 588 cod. civ., secondo il quale la qualità di erede è riconosciuta solo a coloro ai quali, la legge o il testatore abbia attribuito l’universalità astratta o una quota di beni. Il
17 GIU. XXXXXXXX, Le successioni e le donazioni, cit., p. 216; X. XXXXX, Dei legittimari, in Comm. cod. civ. a cura di A. SCIALOJA e X. XXXXXX, cit., p. 7.
18 E. XXXXXXXX, L’istituto della riserva, in Successioni e donazioni, a cura di X. XXXXXXXX, I, cit., p. 470 ss.
19 Il tema sarà approfondito nei prossimi capitoli.
20 X. XXXXXXXX, Successione legittima e necessaria, cit., p. 307.
21 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 50 s.
secondo, di cui all’art. 457, comma 2, cod. civ., in base al quale “ non si fa luogo alla successione legittima – quindi non vi è vocazione legale – se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria”.
La suddetta tesi è stata ripresa anche dopo il 1942 da autorevole studioso 22 , che in tema di successione dei legittimari, ha distinto tra quota di eredità e quota di legittima.
La quota di eredità sarebbe la quota corrispondente ai diritti dei legittimari che si calcola sul solo relictum al lordo dei debiti. E questa quota spetterebbe ipso iure al legittimario anche nell’ipotesi in cui fosse totalmente escluso dalla successione col testamento, senza la necessità di agire in riduzione, ma con la sola accettazione. Quindi, in qualità di erede, a tutela della quota di eredità, il legittimario avrebbe l’azione di petizione dell’eredità.
Peraltro al legittimario non spetterebbe la sola quota di eredità, ma anche la quota di legittima, ovvero un utile netto, costituito quindi dal solo attivo, da calcolarsi, non sul solo relictum al lordo dei debiti, ma su una massa derivante dalla somma di relictum, detratto dai debiti, e donatum. A differenza della quota di eredità, che gli spetterebbe ipso iure, il legittimario leso o pretermesso, per conseguire la quota di legittima, dovrebbe necessariamente agire con l’azione di riduzione.
Questa tesi è stata radicalmente criticata23 sottolineando, innanzitutto che risentirebbe della genesi dell’istituto della legittima, in quanto, richiamando le categorie romana e consuetudinaria, distingue ancora tra riserva e legittima. Ma tale distinzione è antistorica, poiché l’attuale dettato legislativo non fa in alcun modo riferimento a tale distinzione, ma anzi ha operato una tale fusione ispirata ai due antichi istituti della legitima e della réserve tanto che i termini legittima e riserva sono diventati sinonimi. Nel nostro ordinamento la legittima spetta al legittimario come contenuto di una quota di eredità24.
In secondo luogo, l’applicazione della menzionata teoria contrasterebbe in più punti con la disciplina codicistica.
Segnatamente con l’art. 558, comma 1, cod. civ., che prevede che la riduzione delle disposizioni testamentarie debba avvenire proporzionalmente, senza distinguere tra eredi e legatari, ossia che “la riduzione delle disposizioni testamentarie deve essere fatta in modo che i valori delle disposizioni
22 A. CICU, Le successioni, Milano, 1947, p. 218; A. PORCELLA, La tutela dei legittimari, cit., p. 162 ss.; L. XXXXXXXXX XXXX, U. XXXXXXX, X.X. XXXXXXXX, X. XXXXXX, Diritto civile, 4, Le successioni a causa di morte, cit., p. 234 ss.
23 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 34 ss.
24 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 63.
ridotte conservino tra di loro la medesima proporzione voluta dal testatore”25. Nel caso in cui fosse stato istituito erede un soggetto non legittimario e fosse stato previsto un legato, qualora il legittimario risultasse leso o preterito, questi potrebbe automaticamente appropriarsi della quota di eredità e, in un secondo momento, se la quota di eredità fosse inferiore alla quota di legittima, quindi permanesse la lesione del suo diritto, potrebbe agire in riduzione, e solo in questo secondo caso le porzioni destinate ad erede e legatario verrebbero ridotte proporzionalmente. In definitiva quindi, la prima riduzione della quota spettante all’erede istituito non avverrebbe proporzionalmente alla riduzione del legato, in quanto questo verrebbe ridotto solo in un secondo momento in seguito all’esperimento vittorioso dell’azione di riduzione, e non anche in automatico per formare la quota di eredità destinata al legittimario. In concreto l’erede istituito sarebbe fortemente penalizzato dall’applicazione della suddetta teoria.
Contrasterebbe inoltre con la lettera dell’art. 564, comma 2, cod. civ. secondo la quale “ in ogni caso, il legittimario, che domanda la riduzione di donazioni o disposizioni testamentarie, deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni ed i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato”. Ma in applicazione della summenzionata teoria, l’acquisto della quota di eredità avverrebbe automaticamente, e solo in un secondo momento si procederebbe al calcolo per verificare se la quota di eredità non sia di valore inferiore alla quota di legittima, con la conseguenza che potrebbe essere riconosciuto al legittimario, rispetto all’erede testamentario, un vantaggio che va al di là del valore della stessa quota di legittima26.
Questa tesi è stata riproposta partendo da altre e diverse basi. La dottrina richiamata27 sottolinea come l’esercizio dell’azione di riduzione sia strettamente legato al diritto di accettare l’eredità, anche se non possa esserne considerato una manifestazione. Ragion per cui il legittimario pretermesso si dovrebbe qualificare come destinatario di una speciale vocazione ex-lege, e la pretermissione come una lesione del suo diritto di accettare l’eredità, tale da attribuirgli il titolo per agire in riduzione.
Secondo altro orientamento28, invece, il legittimario pretermesso non acquisterebbe mai la qualità di erede, perché la riduzione delle disposizioni lesive gli farebbe conseguire la sola parte dei beni che gli spetta, cioè la legittima che si dovrebbe qualificare quale pars bonorum e non quota hereditatis. Il legislatore quindi si sarebbe occupato solamente di garantire al legittimario una quota di utile netto,
25 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 64.
26 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 66.
27 L. XXXXXXXXX XXXX, U. XXXXXXX, X.X. XXXXXXXX, X.XXXXXX, Diritto civile, 4, Le successioni a causa di xxxxx, xxx., x. 000 xx.
00 Xxxx proposta prima da GIU. XXXXXXXX, Le successioni e le donazioni, cit., p. 9 ss. e, successivamente accolta da X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 228.
essendo sostanzialmente indifferente che questo valore sia conseguito sotto forma di eredità, legato o donazione. In quest’ordine di idee il legittimario pretermesso sarebbe pertanto un successore a titolo particolare, una sorta di legatario ex-lege.
All’interno del generale orientamento che qualifica il legittimario come legatario ex-lege si deve distinguere tra chi ritiene che il diritto attribuito al legittimario abbia natura reale29 e chi ritiene che abbia natura obbligatoria30.
I primi ritengono non solo che la legittima non sia una quota di eredità, ma che non si tratti neanche di un ordinario legato obbligatorio ex-lege, e che invece vada qualificato come un legato che attribuisce al legittimario un diritto reale a carico dei beneficiari di liberalità poste in essere dal de cuius oltre i limiti della disponibile, evidentemente con tutte le conseguenze che questo comporta sul piano della tutela del diritto. E, proprio sotto questo profilo tale tesi è stata criticata31, in quanto contrasterebbe con la natura stessa dell’azione di riduzione che, come emerge dall’art. 2652 n. 8 cod. civ., è azione di impugnativa negoziale.
I secondi affermano invece che la qualità di erede vada negata al legittimario poiché la posizione di erede è tanto complessa da andare ben al di là del garantire una quota di utile netto a favore dei più stretti congiunti del de cuius. Al legittimario spetterebbe in realtà un diritto di natura obbligatoria più che “nella successione”, “nei confronti della successione”, anzi più precisamente dei suoi soggetti, eredi, legatari ed eventualmente, a seguito della riunione fittizia, donatari.
Tuttavia negare al legittimario la qualità di erede contrasterebbe con il disposto dell’art. 735, comma 1, cod. civ., a mente del quale “la divisione nella quale il testatore non abbia compreso qualcuno dei legittimari o degli eredi istituiti è nulla”, infatti, nel caso di specie si configurerebbe, a favore del legittimario preterito, la devoluzione di una quota di eredità mediante una vocazione contra testamentum.
Xx inoltre si porrebbe in contrasto con l’art. 551 cod. civ., che in tema di legato in sostituzione di legittima32 dispone espressamente che qualora il legatario preferisca rinunciare al legato e conseguire la
29 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 13 e 156.
30 A. XXXXXXX, I legittimari, cit., p. 562 ss.; V.E. XXXXXXXX, I legittimari, cit., p. 149 s.
31 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 61, nota 52.
32 Sull’istituto in generale, v. GIU. XXXXXXXX, Le successioni e le donazioni, cit., p. 248 ss.; GIU. XXXXXXXX, Sul legato a tacitazione di legittima, in Riv. dir. priv., 1934, I, p. 284 ss.; GIU. XXXXXXXX, Successione dei legittimari e successione dei legittimi, cit., p. 157 ss.; M. C. XXXXXX, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni, cit., p. 683 ss.; X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 149 ss.; A. XXXXXXX, I legittimari, cit., p. 269 ss.; X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 292 ss.; X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria, cit., p. 455 ss.; A. CICU,
legittima “acquista la qualità di erede”.
La tesi prevalente in dottrina33 ed in giurisprudenza34 afferma invece che il legittimario preterito non sia erede al momento dell’apertura della successione, mentre il legittimario leso lo sia solo nei limiti della parte insufficiente lasciatagli dal de cuius, e che acquistino la qualità di erede relativamente alla quota che gli spetta solo in seguito all’esperimento vittorioso dell’azione di riduzione. E’ stato detto infatti che “la legittima si chiede in qualità di legittimario, ma si prende in qualità di erede”35.
Tale conclusione discende dai principi generali dettati in tema di successione. Infatti le disposizioni testamentarie lesive, fino a che non ne venga dichiarata la relativa inefficacia dal giudice, sono pienamente efficaci, stante la natura costitutiva della sentenza di riduzione. Pertanto, fino ad allora la qualità di erede non spetterà al legittimario, in quanto non è ancora titolare di alcunchè, ma spetterà al soggetto beneficiario delle disposizioni in parola.
A sostegno vi è anche l’art. 536 cod. civ., che definisce i legittimari come quelle persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità; nonché il già citato art. 551, comma 2, cod. civ., secondo cui se il legatario in sostituzione di legittima “preferisce di conseguire il legato … non acquista la qualità di erede”.
Qualcuno in dottrina36 ha inoltre precisato che a favore del legittimario preterito non vi sarebbe alcuna delazione dell’eredità (mentre sarebbe solo parziale a favore del legittimario leso), poiché la stessa sarebbe impedita dalla delazione di eredità a favore del beneficiario della disposizione lesiva,
Successione legittima e dei legittimari, cit., p. 101 ss.; X. XXXXXXX XXXXXXXX XXXX, voce Successione necessaria, cit., p. 99 ss.; X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 123 ss.; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 130 ss.; A. PALAZZO, Le successioni, cit., p. 543 ss.; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Legato privativo di legittima, in Saggi di diritto civile, II, Napoli, 1961, p. 300 ss.; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 266 ss.; X. XXXXXX, Appunti sull’art. 551 Codice civile, in Giur. it., 1964, I, 2, c. 697 ss.
33 X.X. XXXXXX, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni, cit., p. 507; X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 394 ss.; X. XXXXXXX XXXXXXX, Le successioni a causa di morte, cit., p. 176; X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 459; G. XXXXXX, X. BURDESE, Le successioni. Parte generale, cit., p. 86; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit.; M.R. XXXXXXX, Problemi vecchi e nuovi in tema di pretermissione del legittimario, in Calabria giudiziaria, 1996, p. 1140; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 272.
34 Cass., 9 ottobre 1971, n. 2788; Cass., 10 novembre 1971, n. 3177; Cass. 12 marzo 1975, n. 926;
Cass., 22 ottobre 1988, n. 5731; Cass., 6 agosto 1990, n. 7899; Cass. 4 aprile 1992, n. 4140; Cass., 9
dicembre 1995, n. 12632; Cass., 12 gennaio 1999, n. 251; Cass., 22 marzo 2001, n. 4130; Cass., 29
35 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 237.
36 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 57 ss.; A. XXXX, La tutela del legittimario, cit., p. 5 ss.
non potendo coesistere due delazioni aventi il medesimo oggetto.
Per quanto riguarda il legittimario semplicemente leso è pacifico che questi, prima di agire in riduzione, debba accettare l’eredità col beneficio d’inventario, salvo che la riduzione sia chiesta nei confronti di donazioni o legati fatti a coeredi37. Il dubbio sorge in ordine alla posizione del legittimario pretermesso, in relazione alla quale ci si chiede se questi debba accettare dopo la sentenza di riduzione o se l’accettazione debba considerarsi implicita nella domanda di riduzione.
Secondo parte della dottrina 38 ed alcune pronunzie della giurisprudenza 39 é sempre necessaria l’accettazione dell’eredità, con la differenza che nel caso de quo i termini non decorreranno dall’apertura della successione ma dalla sentenza di riduzione.
Secondo il resto della dottrina e l’impostazione tradizionale della giurisprudenza 40 al contrario, l’accettazione deve ritenersi implicita nella domanda di riduzione. Si tratterebbe di una fattispecie nella quale si segue un ordine cronologico opposto al normale, nel quale l’atto di volontà (la domanda di riduzione) precede la delazione e l’acquisto (la sentenza che realizza la riduzione delle disposizioni lesive), anziché aversi una delazione che precede l’accettazione e l’acquisto. La delazione sarà comunque ex-lege e non ope iudicis, in quanto a seguito della sentenza di riduzione i beni, relativamente al legittimario, torneranno a far parte del patrimonio del de cuius.
Infine, molti 41 precisano che la riduzione delle disposizioni lesive non debba avvenire necessariamente attraverso una sentenza del giudice, ma possa avvenire anche a seguito di un atto di riconoscimento da parte dell’erede testamentario a favore del legittimario pretermesso o leso, detto atto di reintegrazione di legittima, che generalmente ha natura transattiva42.
37 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 395.
38 A. XXXX, La tutela del legittimario, cit., p. 5 ss.
39 Cass., 3 dicembre 1996, n. 10775; Cass., 12 gennaio 1999, n. 251; Trib. Gorizia, 4 agosto 2003,
in Familia, 2004, p. 1187 ss.
40 Cass., 9 dicembre 1995, n. 12632, cit., con nota di M. R. XXXXXXX, Problemi vecchi e nuovi in tema di pretermissione del legittimario, in Corr. giur., 1996, p. 1140 ss. ; Cass., 19 ottobre 1993, n. 10333, in Giur. it., 1995, I, 1, p. 918, con nota di S. T. XXXXXXX, Non è ammessa la diseredazione occulta dei legittimari: brevi cenni sull’usucapione a domino ; Cass., 4 aprile 1992, n.4140, cit.; Cass., 6 agosto 1990, n.7899, cit.; Cass., 7 aprile 1990, n. 2923, in Giust.civ., 1991, I, pag. 707, con nota di GIU. XXXXXXXX, Legittimario non erede e azione di riduzione; Cass., 22 ottobre 1988, n.
41 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 230; X. XXXXXXXXX, Accordi di reintegrazione di legittima: accertamento e transazione, in Riv. Not., 1996, p. 211 ss.; Cass., 18 giugno 1956, n. 2171; Cass., 24 novembre 1981, n. 6235.
42 X. XXXXXXXX, Concetto e fondamento della successione necessaria, in Tratt. Dir. succ. e donaz., dir. da X. XXXXXXXX, XXX, p. 28; Trib. Milano, 10 maggio 2006, in Nuova giur. Civ. comm., 2007, I, p.
Come ricordato, la tesi prevalente vede il legittimario preterito diventare erede solo a seguito del vittorioso esperimento dell’azione di riduzione, ma in contrario è stato rilevato 43 come questa precluderebbe al legittimario di beneficiare degli eventuali aumenti di valore dei beni che costituiscono il relictum sopravvenuti tra l’apertura della successione e la presentazione della domanda di riduzione. Soltanto distinguendo, come fa la dottrina richiamata, tra quota ereditaria riservata e porzione legittima, e quindi ritenendo che il legittimario sia erede fin dall’apertura della successione, si eviterebbe che il legittimario sia erede nella sola quota di legittima determinata facendo riferimento al momento dell’apertura della successione.
Peraltro, altra dottrina44 osserva che è vero che il legittimario leso ha diritto alla riduzione delle disposizioni lesive in misura pari al rapporto tra entità della lesione e valore complessivo delle disposizioni da ridurre, stabilito al momento dell’apertura della successione. Ma che, siccome il rapporto rimane invariato, si tratta di un valore relativo e non assoluto, pertanto si potrà concretamente tenere conto delle variazioni di valore sopravvenute.
Altra conseguenza della qualificazione della posizione giuridica rivestita dal legittimario attiene alla responsabilità per i debiti ereditari ed i legati.
Infatti qualificando il legittimario come erede questi risponde dei debiti ereditari anche ultra vires. L’unica possibilità, per non rispondere dei debiti ereditari, è quella di accettare col beneficio d’inventario. Quindi il legittimario pretermesso, il quale, come si è visto, secondo l’opinione dominante, accetta implicitamente l’eredità con l’esercizio dell’azione di riduzione, una volta ottenuta la riduzione, deve rendere pubblica, nelle forme previste dall’art. 484 cod. civ., l’accettazione con beneficio d’inventario45.
Per quanto riguarda i legati invece, è chiarissimo il disposto dell’art. 662 cod. civ., a mente del quale, salvo previsione espressa del testatore, i legati gravano, in proporzione alla quota di eredità ricevuta, su tutti gli eredi, perciò, secondo l’indirizzo prevalente, anche sui legittimari. Anche in questa ipotesi l’unica via è l’accettazione col beneficio d’inventario che, nel caso del legittimario pretermesso andrà resa pubblica nelle forme ex art. 484 cod. civ. in seguito all’esercizio vittorioso dell’azione di
502, con nota di X. XXXXXXXX, L’atipicità dell’accordo di reintegrazione della legittima; Cass., 9 gennaio 1984, n. 137, in Foro it., 1984, I, c. 393; A. XXXXXXXX, Annullabilità per errore e rescissione per lesione dell’atto di reintegrazione di legittima, in Fam. Pers. e succ., 2007, p. 812 ss.;
X. XXXXXXXXX, Accordi di reintegrazione di legittima: accertamento e transazione, cit., p. 211 ss.
43 A. CICU, Le successioni, cit., pag. 211.
44 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 68 ss.
45 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit, p. 230.
riduzione, mentre nel caso di legittimario leso nella sua quota proprio dal legato, sarà la condizione per poter agire in riduzione, infatti in assenza di accettazione con beneficio d’inventario gli sarà preclusa la possibilità di agire in riduzione46.
A sostegno vi è il disposto dell’art. 553 cod. civ. che prevede le modalità di reintegrazione dei diritti riservati ai legittimari in ipotesi di concorso con gli eredi legittimi, ovvero “le porzioni che spetterebbero a questi ultimi si riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario integrare la quota riservata ai legittimari”. Infatti, nel caso in cui le quote spettanti ab intestato ai legittimari siano inferiori alla quota di legittima a causa dell’incidenza del legato, il peso del legato dovrà essere ripartito in diversa misura tra quote dei legittimari e quote degli altri eredi, in modo da salvaguardare pienamente la quota di legittima.
Un altro aspetto che discende dalla qualificazione della posizione del legittimario è la natura dei diritti del legittimario al momento dell’apertura della successione.
Evidentemente, chi ritiene che il legittimario acquisti la qualità di erede sin dal momento dell’apertura della successione, ritiene che egli sia titolare di una quota di eredità, che peraltro andrà calcolata sul relictum e non sul donatum.
Invece, chi ritiene che il legittimario acquisti la qualità di erede solo in seguito all’esperimento vittorioso dell’azione di riduzione, qualifica il suo diritto come diritto potestativo nei confronti dei beneficiati dalle disposizioni lesive e dei loro aventi causa47. Un autore48 precisa che si tratterebbe di un diritto al diritto ad acquistare la qualità di erede.
E’ pacifico, inoltre, che si tratti di un diritto disponibile, e ciò emerge chiaramente dal disposto dell’art. 557 cod. civ., il quale, tra i legittimati a chiedere la riduzione cita gli “aventi causa” che possono essere solo coloro che hanno acquistato medio tempore dai legittimari.
Come già detto quindi la legge riserva a taluni soggetti, espressamente individuati, “una quota di eredità o altri diritti nella successione” (art. 536 cod. civ.). Tuttavia tale quota è diversa a seconda del soggetto al quale è riservata e dei soggetti con i quali nella fattispecie concreta esso concorre. Per esempio, secondo l’art. 537 cod. civ. “se il genitore lascia un figlio solo, legittimo o naturale, a questi è
46 X. XXXXXXXX, Corso completo di diritto delle successioni, a cura di X. XXXXXXXX, II, Napoli, 1915,
p. 1089; R. DE XXXXXXXX, Diritto delle successioni, in Istituzioni di diritto civile, cit., p. 45; X. XXXXXXX-XXXXXXX, Un caso in tema di legato a carico di legittimari lesi, in Riv. dir. civ., 1959, I, p. 511; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 67.
00 X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Appunti sulla successione necessaria, cit., p. 64; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 76, secondo il quale si tratterebbe di un diritto potestativo per il cui esercizio sarebbe necessario lo strumento del processo.
48 X. XXXXXXX-XXXXXXX, Le successioni a causa di morte, cit., p. 179.
riservata la metà del patrimonio”, invece “se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli”; o, secondo l’art. 538 cod. civ. “se chi muore non lascia figli legittimi né naturali, ma ascendenti legittimi, a favore di questi è riservato un terzo del patrimonio”.
Si è detto anche che il patrimonio sul quale questa quota va calcolata non è il c.d. relictum al lordo dei debiti, cioè ciò che materialmente lascia il de cuius, ma il valore risultante dalla somma di relictum al netto dei debiti e donatum. Tralasciando per ora le problematiche più puntuali attinenti al calcolo della quota, bisogna tratteggiare preliminarmente le differenze intercorrenti tra porzione legittima e quota ereditaria riservata, ed il conseguente carattere elastico della quota di eredità riservata.
Con porzione legittima ci si riferisce a quel valore frazionario fisso indicato a seconda del soggetto dal legislatore. Questa porzione è quindi una parte della massa ereditaria astrattamente e fittiziamente individuata secondo il meccanismo descritto dall’art. 556 cod. civ. Occorre sottolineare che l’individuazione della porzione legittima, quindi della parte di patrimonio della quale il de cuius non poteva disporre, consente l’immediata identificazione della porzione disponibile, trattandosi di un valore speculare. La porzione legittima non è pertanto una quota effettiva dell’eredità ma un valore ideale pari all’utile netto che il legittimario ha diritto a conseguire. Per l’effetto identificare la porzione legittima non significa individuare concretamente la quota di eredità che spetterà al legittimario, anche perché questa dovrà essere concretamente tratta non dal relictum al netto dei debiti aumentato del valore delle donazioni, ma dal relictum al lordo dei debiti. Quindi quella che è chiamata quota ereditaria riservata varierà a seconda che il de cuius abbia lasciato dei debiti ed abbia effettuato in vita donazioni, e nel caso, a seconda che le abbia effettuate a favore di estranei o di legittimari e, in quest’ultima ipotesi, a seconda che fossero dispensate dall’imputazione o meno.
Concretamente, per stabilire a quanta parte dell’eredità ha diritto il legittimario per arrivare a coprire il valore espresso dalla porzione legittima si dovranno effettuare due passaggi.
In primo luogo si dovrà calcolare il rapporto tra valore della porzione legittima ed il relictum al netto dei debiti; successivamente il risultato andrà rapportato a sua volta all’intera eredità, ossia al relictum al lordo dei debiti, in modo da individuare il valore della quota anche comprensiva della porzione dei debiti di cui il legittimario risponde in qualità di erede.
A questo punto appare evidente come mentre il valore della porzione legittima sia per l’appunto fisso, il valore della quota ereditaria riservata sia invece elastico, e così pure evidentemente quello della porzione disponibile49. Infatti l’accrescersi della prima, a causa delle donazioni fatte in vita dal de
49 Si sono espressi a favore dell’elasticità della quota ereditaria riservata X. XXXXXXX,
Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 62 ss.; A. PINO, La tutela del
cuius, determina il decremento della seconda.
Infine è importante sottolineare come, secondo la dottrina prevalente 50 , l’imputazione delle donazioni non ha alcuna funzione di calcolo ma è semplicemente necessaria a stabilire come concretamente si componga la quota del legittimario. Quindi l’imputazione delle donazioni non rientra nel calcolo della legittima ma avviene in un momento successivo. Da ciò deriva che l’effettiva quota di eredità riservata si potrà discostare dai valori fissi della porzione legittima ex art. 537 e ss. cod. civ. sempre e solo in positivo, ovvero la sua elasticità si esprimerà solo in aumento, e non potrà mai accadere il contrario.
A questo punto è facile tracciare il quadro delle differenze tra successione necessaria e successione
ab intestato e testamentaria.
I tratti distintivi della prima sono essenzialmente due: l’oggetto, quindi la legittima, ed il momento, meramente eventuale, in cui si apre, ovvero solo in seguito al vittorioso esperimento dell’azione di riduzione.51
Per quanto riguarda il primo, l’oggetto la distingue dalla successione legittima perché le quote della successione necessaria sono diverse ed inferiori rispetto a quelle della successione intestata. In secondo luogo, come già detto, la base di calcolo delle due quote è diversa: nel primo caso il relictum al netto dei debiti sommato al donatum, nel secondo il relictum al lordo dei debiti. Si aggiunga che, mentre la quota di legittima è sempre un utile netto, ovvero implica sempre un acquisto di beni, le successioni intestata e testamentaria potrebbero anche non avere un contenuto patrimoniale attivo.
Come anticipato però, i tratti distintivi sono due, infatti, osserva la dottrina52, la successione intestata e quella testamentaria potrebbero concretamente avere ad oggetto la sola quota di legittima, ed è pertanto necessario individuare un altro criterio che consenta di distinguerle. La successione necessaria si apre solo eventualmente in seguito al vittorioso esperimento dell’azione di riduzione, quindi vi deve essere primariamente una lesione della quota di legittima. Perciò, nell’ipotesi in cui il testatore avesse istituito erede un soggetto estraneo, ma non avesse intaccato la riserva, a favore dei legittimari si aprirebbe la successione intestata e non la successione necessaria.
legittimario, cit., p. 129 ss.; in senso contrario invece si segnala A. PORCELLA, La tutela dei legittimari, cit., pp. 28, 52 ss.
50 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 62, note 57 e 65. 51 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 76 s.; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Appunti sulla successione necessaria, cit., p. 64.
52 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 76.
Un altro caso chiarificatore, secondo gran parte della dottrina53, potrebbe essere quello nel quale il de cuius abbia istituto il legittimario nella quota di riserva, quindi si realizzerebbe un’ideale sovrapposizione tra successione testamentaria e successione necessaria, ma, a parte che mancherebbe il presupposto della lesione, a fini qualificatori soccorre l’art. 457 cod. civ. Tale disposizione, come già detto, esprime al secondo comma il principio della prevalenza della successione testamentaria su quella legittima, con la sola limitazione (terzo comma) nell’ipotesi in cui il testamento pregiudichi i diritti che la legge riserva ai legittimari.
Parte della dottrina54 evidenziava che, in questo ultimo esempio, dalla qualificazione della successione come testamentaria piuttosto che come necessaria, sarebbero discese importanti conseguenze: in primo luogo, ai sensi dell’art. 537, comma 3, cod. civ., l’inoperatività del c.d. diritto di commutazione, ad esempio nell’ipotesi in cui il testatore avesse istituto eredi più figli, di cui uno naturale, ed avesse lasciato a questi solo la quota di riserva55.
In secondo luogo, se il de cuius avesse istituito eredi in parti uguali il suo unico figlio ed un fratello, nel caso in cui il figlio non voglia o non possa venire all’eredità e non si faccia luogo a rappresentazione, qualificandola come vocazione testamentaria e non necessaria, la quota vacante sarà devoluta per accrescimento al fratello, e non per successione legittima ai successibili di grado inferiore.
Allo stesso modo nel caso in cui fosse stato istituito erede un ascendente nella quota di legittima ed il resto dell’eredità fosse stata attribuita ad un estraneo e questi non possa o non voglia venire all’eredità, qualificando la vocazione dell’ascendente come testamentaria, questi potrà concorrere con gli altri successibili ex-lege nella quota vacante, cosa che non avrebbe potuto fare se la vocazione fosse stata qualificata come legittima.
53 X. XXXXXXX-XXXXXXX, Le successioni a causa di morte, cit., p. 207 s.; A. CICU, Le successioni, cit.,
p. 223; G. XXXXXX, X. BURDESE, Le successioni. Parte generale, cit., p. 90; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 78 ss.; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 278 ss.
54 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 80.
55 Il c.d. diritto di commutazione, ovvero la possibilità riconosciuta ai figli legittimi di soddisfare i diritti di riserva degli eventuali figli naturali concorrenti in denaro o beni immobili ereditari, è messo in discussione dalla recente L., 10 dicembre 2012, n. 219, Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali, pubblicata in G.U., n. 293, del 17 dicembre 2012. Quest’ultima ha l’obiettivo di eliminare qualsiasi forma di discriminazione tra figli legittimi e figli naturali, arrivando ad avere un unico concetto di figlio. La legge, tra le altre cose, modifica direttamente alcune disposizioni del codice civile, e, all’art. 2 delega al Governo l’adozione di uno o più decreti legislativi. In particolare la lettera l) prevede che il Governo dovrà adeguare “la disciplina delle successioni e delle donazioni al principio di unicità dello stato di figlio”.
1.3 I beneficiari
L’art. 536 cod. civ., al primo comma, prevede che “le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione sono: il coniuge, i figli legittimi, i figli naturali, gli ascendenti legittimi”. In seguito precisa che ai figli legittimi sono equiparati i figli legittimati e i figli adottivi, e che i discendenti dei figli legittimi e naturali sono anch’essi legittimari qualora vengano alla successione in luogo del proprio genitore.
Ciò che hanno in comune tutte queste categorie di legittimari è l’appartenenza alla cerchia più ristretta dei familiari del defunto, pertanto lo status familiare è il presupposto per essere beneficiari della quota di riserva.
Come vedremo in seguito, il catalogo dei legittimari è mutato nel tempo rispetto all’originaria previsione del codice del 1942. Ciò che è importante sottolineare adesso è che la legge individua espressamente i soggetti destinatari della quota di legittima. Tale indicazione è considerata dai più tassativa, ma vi è qualcuno56 che ritiene che la locuzione “altri diritti nella successione” sia idonea a ricomprendere nelle categorie dei legittimari anche il coniuge separato con addebito (art. 548 cod. civ.) ed i figli naturali non riconoscibili (art. 549 cod. civ.), in quanto questi sarebbero titolari di un diritto di credito a carico dell’eredità57. Inoltre l’ordine con il quale il legislatore li prende in considerazione ha poi un riverbero sulla concreta disciplina.
Secondo la formulazione originaria del codice del 1942 l’elenco dei legittimari comprendeva: figli legittimi, ascendenti legittimi, figli naturali e coniuge. Il legislatore si rifaceva pertanto al modello di famiglia di allora: la famiglia patriarcale, nella quale era importante che i beni della famiglia del padre non si disperdessero in altre famiglie estranee, quali ad esempio quella della moglie.
Sono soprattutto le posizioni del coniuge e dei figli naturali ad essere mutate con la riforma del diritto di famiglia del 197558, proprio per questa ragione è opportuno rinviare qualche considerazione
56 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., pp. 153 s., 156; X. XXXXXXXXXX, voce Successione necessaria (diritto privato), cit..
57 V.E. XXXXXXXX, I beneficiari della riserva, cit., p. 508 ss., il quale ritiene che dovrebbe essere qualificato come legittimario anche il coniuge divorziato che abbia ottenuto l’assegno a carico dell’eredità.
58 In generale sulla legge 19 maggio 1975, pubblicata in Gazz. Uff., 23 maggio 1975, n. 135, edizione straordinaria, x. X. XXXXXXX, Xx xxxxxxx xx xxxxxxxx, XXXX xx., Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXXX XXXXXXXXX, Diritto di famiglia, Torino, 2003; X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, La riforma del diritto di famiglia: commento a tutti gli articoli della l. 19 maggio 1975 n. 151 raffrontati a quelli della normativa abrogata e coordinato alle leggi sulla maggiore età e sul divorzio, Napoli, 1976;
X.X. XXXXXX, La famiglia, Milano, 2005; X. XXXXXXXX, Il diritto di famiglia, Torino, 2007; A.
sul ruolo di tali soggetti nella successione necessaria al momento in cui ci si occuperà dell’evoluzione del sistema della successione necessaria.
Il legislatore prevede varie ipotesi nelle quali le diverse categorie dei legittimari concorrono. Qualcuno59 ha proposto una classificazione in proposito. Vi sarebbero due classi di legittimari: la classe dei parenti, ripartita in due ordini (figli e ascendenti legittimi) e la classe del coniuge, ripartita a sua volta in due ordini (coniuge legittimo e putativo). All’interno delle classi un ordine esclude sempre l’altro, mentre gli appartenenti alle due classi possono concorrere.
Venendo alle singole categorie. Per quanto riguarda il coniuge si può sinteticamente anticipare che il codice, nella sua originaria formulazione, non lo poneva per primo tra i legittimari e si limitava ad attribuirgli non una quota in proprietà ma il mero usufrutto sui due terzi del patrimonio dell’altro coniuge, sempre che non dovesse concorrere coi figli. Attualmente invece, al coniuge è riservato, sempre salvo il concorso coi figli, la metà del patrimonio del de cuius, che sarà composta in prevalenza da diritti di proprietà ma anche da altri diritti reali o diritti di credito; ciò significa che il coniuge, a seguito della riforma acquista la qualità di erede. Inoltre il coniuge è l’unico destinatario di due particolari diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, che oltretutto gravano sulla porzione disponibile.60
In relazione ai figli, la vecchia normativa riservava un trattamento diverso ai figli legittimi ed ai figli naturali, sempre nella logica della famiglia patriarcale. Attualmente invece, si dice che le loro posizioni siano state quasi totalmente equiparate. Ciò che le distingue è il diritto di commutazione che solo i primi hanno nei confronti dei secondi. Si tratta di un diritto importante, ma, ancora, è opportuno un rinvio per approfondire il tema a quando ci si occuperà dell’evoluzione dell’istituto della successione necessaria.61 Come già detto ai figli legittimi e naturali sono inoltre equiparati i figli adottivi.
Tradizionalmente la quota di legittima riservata ai figli può seguire due sistemi: la quota fissa e la quota mobile.
Il codice del 1865 riservava ai figli legittimi metà del patrimonio del de cuius, quindi utilizzava il
XXXXXXXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, Diritto di famiglia: commento sistematico della Legge 19 maggio 1975, n. 151: legislazione, dottrina e giurisprudenza, Milano, 1984; G. XX XXXXXX, Matrimonio, diritto e giustizia, Milano, 2003; S. XXXXX, X.X. XXXXXXX, Introduzione al diritto della famiglia in Europa, Milano, 2008; L. POMODORO, X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Manuale di diritto di famiglia e dei minori, Torino, 2009; X. XXXXXXXX, Matrimonio e famiglia: cinquant’anni del diritto italiano, Torino, 2000; M. SESTA, Manuale di Diritto di famiglia, Xxxxxx, 0000.
59 X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p.436 s.
60 v. par. 2 e nota 155 p. 20.
61 v. par. 2.
sistema della quota fissa.
Il codice del 1942 si è discostato da questo modello adottando il sistema della quota mobile, infatti riserva ai figli la metà o due terzi del patrimonio del de cuius a seconda che il genitore lasci uno o più figli.
Tale scelta non è neutra, tanto è vero che ha suscitato un grande dibattito in dottrina e giurisprudenza, soprattutto relativamente alle conseguenze che derivano dall’eventuale rinunzia di uno dei legittimari concorrenti o dalla perdita del diritto per prescrizione. In altri termini si pone il problema se il legittimario rinunziante, quando non si abbia rappresentazione, faccia numero per il calcolo della legittima62.
La teoria più risalente, accolta in passato dalla giurisprudenza63 e da una dottrina minoritaria64, è quella dell’accrescimento. Secondo tale tesi la quota che spetta al legittimario, in seguito alla sua rinunzia, si accresce a favore degli altri legittimari accettanti chiamati nella stessa quota. A sostegno vi sarebbe un argomento letterale. Infatti l’art. 537, primo comma, cod. civ. dice “se il genitore lascia un figlio (…)”, pertanto si dovrebbe interpretare l’espressione figli lasciati come riferita ai figli esistenti al momento di apertura della successione. Ossia per calcolare la quota spettante a ciascun legittimario si dovrebbe far riferimento al numero ed alla qualità dei legittimari chiamati all’eredità. Sarebbe irrilevante, ai fini del calcolo, che uno dei legittimari rinunci ai suoi diritti o li perda per prescrizione, e la sua quota andrebbe ad accrescere, in senso tecnico, la quota degli altri legittimari.
La dottrina maggioritaria65 e la giurisprudenza66 (fino al 2006) sostengono invece la teoria della
62 Per le operazioni di calcolo della legittima, v. X. XXXXXXX, Le successioni per causa di morte, cit.,
p. 194 ss.; A. XXXXXXX, I legittimari, cit., p. 345 ss.; C. R. XXXXXXXXX, Della successione legittima e dei legittimari, cit., p. 255 ss.; A. XXXXXXX, voce Massa ereditaria, in Digesto civ.., XI, Torino, 1994,
p. 213 ss.; X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 301 ss.; V.R. XXXXXXX, X.X. XXXXXXX, voce Riunione fittizia, in Xxxxxx. Xxx. xx., Xxx. XX, Xxxxxx, 0000, p. 900 ss.; X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 448 ss.; A. PALAZZO, voce: “Successione, IV) Successione necessaria”, cit., p. 9.
63 Cass., 27 gennaio 1943, n. 188; Cass., 24 gennaio 1957, n. 221; Cass., 11 maggio 1962, n. 949;
Cass., 26 ottobre 1976, n. 3888.
64 X. XXXXXXX, Sistema del diritto privato italiano, Torino, 1962, p. 1038, il quale fa derivare l’accrescimento delle quote degli altri chiamati sia dalla rinunzia sia dalla morte dopo l’apertura della successione di uno di essi; C. XXXXXXXXXXX, Delle successioni, cit., p. 216; X. XXXXXXX, L’accrescimento, in Tratt. di dir. priv., dir. da X. XXXXXXXX, XX, Xxxxxx, 0000, p. 262, secondo il quale la rinunzia ad un diritto individuale non incide sull’entità aritmetica della riserva spettante a ciascun legittimario, la cui quota rimane invariata.
65 A. CICU, Le successioni, cit., p. 252; N. DI XXXXX, Effetti della rinunzia alla legittima da parte di uno degli eredi necessari: rideterminazione delle quote di riserva o accrescimento?, in Giust. Civ., 1995, I, p. 2119 ss.; X. XXXXX, Dei legittimari, Artt. 536-564, cit., p. 27; X. XXXXXXX, Successione
retroattività della rinunzia e la teoria dell’incremento della partecipazione o della quota.
Secondo tali tesi, per il calcolo della quota di legittima, non si deve fare riferimento alla situazione teorica esistente al momento dell’apertura della successione, ma a quella concreta degli eredi legittimari che effettivamente concorrono alla ripartizione del patrimonio ereditario.
Perciò, qualora uno dei legittimari rinunzi, o perda il proprio diritto in seguito a prescrizione, quindi non venga all’eredità, si dovrebbe ricalcolare la quota degli altri chiamati all’eredità come se il primo non fosse mai stato chiamato all’eredità. Evidentemente ciò porterebbe ad un incremento delle quote degli altri chiamati all’eredità, ma non a causa di un accrescimento in senso tecnico, bensì in applicazione degli ordinari meccanismi di calcolo della successione necessaria.
Questa dottrina67 ha criticato la tesi dell’accrescimento affermando che l’argomento letterale sul quale essa si basa è inconsistente. Infatti il termine “lascia” usato dal legislatore all’art. 536 cod. civ. non dovrebbe essere interpretato come riferito ai figli esistenti al momento dell’apertura della successione, ma ai figli che effettivamente vengono all’eredità. Ciò sarebbe suffragato da due disposizioni.
La prima è l’art. 521 cod. civ. che prevede che “chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato”, quindi la rinunzia ha effetto retroattivo. E se la rinunzia ha effetto retroattivo, il legittimario che la compie non può in alcun modo essere computato tra coloro che fanno numero ai fini del calcolo della quota, che andrà pertanto calcolata in base all’effettivo numero di coloro che sono presenti alla ripartizione del patrimonio ereditario.
La seconda è l’art. 538 cod. civ. che prevede che “se chi muore non lascia figli legittimi né naturali, ma ascendenti legittimi (…)”. Tale disposizione è sempre stata interpretata nel senso di ricomprendere nell’espressione “non lascia figli”, non solo la vera e propria inesistenza dei figli ma anche la loro
per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 159 ss.; X. XXXXXXXX, Manuale di diritto civile e commerciale, III, 2, cit., p. 210; X. XXXXXXX XXXXXX, Xxxxx quota spettante al legittimario che accetta l’eredità in caso di rinuncia degli altri legittimari, in Riv. dir. priv., 1944, II, p. 941 ss.; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 276.
66 In tal senso x. Xxxx. SS. UU., 24 gennaio 1957, n. 221; Cass., 11 maggio 1962, n. 949; Cass., 9
marzo 1987, n. 2434; Cass., 11 febbraio 1995, n. 1529, secondo la quale: “ai fini della determinazione della quota di riserva spettante ai discendenti in relazione alla varie ipotesi di concorso con altri legittimari, non deve farsi riferimento alla situazione teorica al momento dell’apertura della successione, ma alla situazione concreta degli eredi legittimi che effettivamente concorrono alla ripartizione dell’asse ereditario” con nota di N. XX XXXXX, Effetti della rinunzia alla legittima da parte di uno degli eredi necessari: rideterminazione delle quote di riserva o accrescimento?, cit.
67 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 161 s.
premorienza o un’eventuale loro rinunzia68.
Questa tesi, in dottrina ancora dominante, è stata analiticamente criticata dalla Corte di Cassazione69, che ha sposato una tesi fino ad allora minoritaria in dottrina70 ed in giurisprudenza71.
La Corte ha affermato che, ai fini della determinazione della quota spettante alle singole categorie, ed al loro interno ai singoli legittimari, bisogna fare riferimento alla situazione esistente al momento dell’apertura della successione, e non, come precedentemente sostenuto, alla situazione che si realizza in seguito al mancato esperimento dell’azione di riduzione, sia per rinunzia sia per prescrizione. Da ciò deriva che la quota degli altri legittimari non muterà al mutare della situazione, cioè non si avrà né accrescimento per rinunzia di altro legittimario all’azione di riduzione (teoria dell’accrescimento), né la quota verrà ricalcolata come se il legittimario rinunziante non fosse mai stato chiamato (teoria della retroattività della rinunzia).
Anche tale tesi motiva il dover fare riferimento al momento di apertura della successione ai fini del calcolo delle quote dei legittimari con il medesimo argomento letterale utilizzato dalla dottrina più
68 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 162, il quale rileva come non sia sufficiente a sostenere la tesi dell’accrescimento neanche il richiamo all’art. 522 cod. civ. che prevede che “la parte di colui che rinunzia si accresce a coloro che avrebbero concorso col rinunziante”, in quanto tale richiamo sarebbe una mera petizione di principio poiché sarebbe l’interpretazione dell’art. 522 a dipendere dalla soluzione del problema in esame, e non il contrario. L’A. afferma che sia indubbio che la rinunzia di uno dei legittimari comporti l’incremento della quota degli altri, ma occorre stabilire se tale incremento dipenda dall’operare del meccanismo dell’accrescimento (come ritiene la dottrina minoritaria citata) o non sia piuttosto l’effetto del ricalcolo delle quote spettanti, effettuato escludendo dal novero dei legittimari il rinunziante (come ritiene l’A. e la dottrina dominante).
69 Cass., SS.UU., 9 giugno 2006, n. 13429 e Cass., SS.UU., 12 giugno 2006, n. 13524. In proposito v.
M. XXXXXX, Invariabilità delle quote di legittima: il nuovo corso della Cassazione e i suoi riflessi in tema di donazioni e legati in conto di legittima, in Riv. Dir. civ., 2008, II, p. 211 ss.; A. XXXXXXXXXX e X. XXXXXXXXXX, Il legittimario c’è, ma non si vede, in Giust. civ., 2007, I, p. 2859 ss.; X. XXXXXX, La determinazione della quota di riserva e alcune considerazioni in tema di rinunzia all’azione di riduzione, rinunzia all’eredità e accrescimento, in Riv. Not., 2008, p. 208 ss., il quale indica la tesi seguita dalle Sezioni Unite come teoria della cristallizzazione della quota di legittima; X. XXXXXXXXX, Xxxxx e quota di riserva: contrasto risolto, grazie alle Sezioni Unite la volontà del de cuius sarà più tutelata, in Dir. e giust., 2006, 16, p. 35; E. DE BELVIS, Mancato esercizio dell’azione di riduzione ed espansione della quota di riserva, in Nuova giur. Civ. comm., 2007, I, p. 736 ss.; X. XXXXXXXX, La determinazione della quota di riserva spettante ai legittimari nel caso in cui uno di essi rinunci all’eredità ovvero perda, per rinuncia o per prescrizione, il diritto di esperire l’azione di riduzione, in Notariato, 2006, p. 671 ss.; X. XXXXXXXX, Criteri per il calcolo della quota di legittima, in Giur. It., 2007, p. 1118 ss.; X. XXXXXXX, Determinazione della quota di riserva in presenza di legittimari rinunzianti all’azione di riduzione, in Corr. Giur., 2006, p. 1713 ss.
70 X. XXXXXXX, L’accrescimento, cit., 1997, p. 260 ss.
71 Cass., 22 ottobre 1975, n. 3500.
risalente. Viene sottolineato infatti come il legislatore negli artt. 537, comma 1; 538, comma 1 e 542, commi 1 e 2, utilizzi sempre il termine “lasciare”, e ciò porterebbe inequivocabilmente a considerare irrilevante qualsiasi mutamento della situazione rispetto alla quella esistente al momento dell’apertura della successione. La Corte ha rilevato come l’obiettivo ultimo del legislatore sia solo quello di garantire ad ogni legittimario una porzione del patrimonio del de cuius, anche contro la stessa volontà del testatore. Tuttavia la Corte si discosta dall’orientamento più risalente relativamente alla sorte della quota del legittimario che non dovesse venire all’eredità, negando che questa accresca la quota degli altri legittimari chiamati all’eredità perché mancherebbe proprio il presupposto logico all’accrescimento, ovvero una chiamata congiunta ad una quota che possa essere considerata unitariamente. La Suprema Corte prosegue precisando che la fattispecie sarebbe diversa anche da quella che si verifica nella successione legittima, nella quale la rinunzia ha effetto retroattivo e si riconosce che la quota del rinunziante vada ad accrescere le quote degli altri accettanti perché altrimenti non si saprebbe quale dovrebbe essere la sorte della quota del rinunziante. Invece nella successione necessaria non vi è alcuna incertezza perché la quota del legittimario rinunziante va a favore di xxxxxxxx, eredi o legatari che in questo modo mantengono una porzione di patrimonio del de cuius superiore alla quota disponibile.
Questa tesi garantisce sia al testatore che ai legittimari una maggior certezza72. Il testatore infatti è messo nelle condizioni di determinare con esattezza la quota di cui può disporre, senza che imprevedibili e futuri comportamenti dei legittimari possano influenzare l’assetto da lui deciso. I legittimari invece, in quest’ordine di idee, possono, sin dall’apertura della successione calcolare la quota di loro spettanza, senza rischiare che questa venga successivamente modificata e ricalcolata in seguito a rinunzie o prescrizioni dei diritti degli altri legittimari.
Inoltre la Corte mette in discussione anche il riferimento che la dottrina dominante fa all’art. 538 cod. civ. Tale norma non dovrebbe essere interpretata come ricomprendente anche le ipotesi in cui i figli premuoiano o rinunzino ai diritti loro spettanti, in quanto la disciplina sulla successione necessaria rappresenta un limite alla libertà del de cuius di disporre del proprio patrimonio, pertanto tutte le disposizioni in tema devono essere interpretate in senso restrittivo. Da ciò deriva che gli ascendenti legittimi non riceveranno nessuna quota di legittima in presenza anche di un solo figlio del de cuius che
72 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 429; X. XXXXXXXX, Concetto e fondamento della successione necessaria, in Tratt. dir. succ. e donaz., dir. da X. XXXXXXXX, cit., III, p. 35; X. XXXXXXXX, La determinazione della quota di riserva spettante ai legittimari nel caso in cui uno di essi rinunci all’eredità ovvero perda, per rinuncia o per prescrizione, il diritto di esperire l’azione di riduzione, cit., p. 682 s.
poi rinunzi ai propri diritti.
In sintesi la Suprema Corte afferma che nel caso in cui un legittimario rinunzi alla propria quota o ai verificherà né l’accrescimento in senso tecnico delle quote, né un ricalcolo delle stesse quote sulla base della situazione effettivamente esistente. La quota in questione andrà ad accrescere la porzione disponibile, quindi proporzionalmente gli eredi, i donatari ed i legatari73.
L’ultima categoria di legittimari è quella degli ascendenti legittimi, che hanno diritto alla quota di riserva ogni qualvolta il de cuius non lasci alcun figlio né legittimo né naturale. Invece è possibile che essi concorrano alla successione necessaria col coniuge.
Uno dei problemi più attuali in relazione agli ascendenti riguarda l’esclusione degli ascendenti naturali, tema del quale ci occuperemo in seguito a proposito delle prospettive della successione necessaria.
73 La sintesi sull’orientamento delle SS. UU. è di X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 428 ss., il quale afferma che l’analisi e le critiche mosse dalla Suprema Corte alla tesi dominante fino al 2006 non siano condivisibili.
1.4 I principi
La successione necessaria è un istituto che nasce dal bilanciamento di due valori, quello che tradizionalmente è detto della solidarietà familiare, e quello dell’autonomia privata, nello specifico della libertà di testare74. Pertanto si pone come limite a quest’ultima libertà, e la sua applicazione presuppone un contrasto tra volontà della legge e volontà del defunto75.
In realtà, dietro il c.d. principio di solidarietà familiare76 vi è una più ampia valutazione, infatti il legislatore non si limita semplicemente a tutelare i soggetti legati al de cuius da un vincolo particolarmente intenso, ma intende tutelare tutti coloro che avevano una relazione tale da presupporre una certa condivisione della vita col de cuius, avente anche riflessi patrimoniali. Si tratta di ipotesi nelle quali sarebbe ingiusto che questi soggetti non potessero godere dei vantaggi del patrimonio del de cuius o perché ne hanno già beneficiato in passato, o perché addirittura hanno contribuito non solo a conservarlo ma anche ad integrarlo 77 . Pertanto il fondamento dell’istituto risiede nelle concrete esigenze di tutela di alcuni familiari78.
74 In tema di rapporti tra autonomia privata e testamento v. X. XXXXXXXX, Autonomia negoziale e diritto ereditario, in Riv. Not., 2000, p. 789 ss., che definisce il principio dell’autonomia testamentaria come la “determinazione della sorte dei rapporti patrimoniali che sopravvivono alla morte del testatore, che indubbiamente, è la fondamentale funzione che il negozio (il testamento) è chiamato ad assolvere”, precisando inoltre che “è consentita altresì, suo tramite, la realizzazione di interessi sguarniti del carattere della patrimonialità”. L’A. rileva che “la libertà di disporre per testamento è singolarmente ampia; l’autonomia testamentaria conosce i suoi più importanti, ma esclusivi limiti, nell’intangibilità dei diritti riservati ai legittimarii (artt. 457, 536 ss. e 549 c.c.) e nella liceità e possibilità delle singole disposizioni contenute nella scheda” e aggiunge che il sistema successorio dà “significativo spazio all’autonomia testamentaria, pur eleggendo alcuni famigliari a riservatari, i quali possono venire alla successione anche contro il testamento. Esso, nondimeno, dà tutti i suoi frutti, anche nel caso in cui leda i diritti dei legittimari, ché le sue disposizioni non sono, per questo , nulle: più semplicemente esse possono venire private di efficacia, se i riservatari agiscano in riduzione, nel qual caso, l’esito vittorioso del giudizio scolora la volontà testamentaria sino alla misura necessaria a reintegrare quei diritti”; A. MANIACI, Autonomia privata e successioni mortis causa, in Riv. Dir. priv., 2006, p. 731 ss.
75 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 89.
76 v. X.X. XXXXXX, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni, cit., p. 668; X. XXXXXXXX, Sulla proposta di novellazione delle norme relative alla successione necessaria, in Fam. Pers. e Succ., 2007, p. 583; M. COMPORTI, Riflessioni in tema di autonomia testamentaria, tutela dei legittimari, indegnità a succedere e diseredazione, in Familia, 2003, p. 30; X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 3s. 77 X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 121.
78 X. XXXXXXXX, Concetto e fondamento della successione necessaria, in Tratt. delle succ. e donaz., cit., p. 17, nota 45 “Il legittimario, infatti, pur traendo il suo titolo dal rapporto di parentela o di coniugio, non agisce quale membro del gruppo e nell’interesse di questo, ma come singolo, per la
Tra i principi nei quali si declina la successione dei legittimari vi è il principio di intangibilità della legittima. Xxxxxxxx principio si ricava dall’art. 457, comma 3, cod. civ. citato, secondo cui “le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari”.
A presidio di tale principio il legislatore ha previsto due strumenti.
Da un lato l’azione di riduzione (artt. 554 e 555 cod. civ.) nei confronti delle disposizioni testamentarie e delle donazioni lesive della legittima.
Dall’altro l’art. 549 cod. civ. che vieta al testatore “di imporre pesi e condizioni sulla quota spettante ai legittimari”. Si tratta di una forma di tutela molto più intensa di quella realizzabile con l’azione di riduzione, proprio perché non implica la necessità di agire in giudizio e di ottenere un riconoscimento giudiziale della lesione della riserva. Da ciò deriva l’importanza di distinguere le disposizioni meramente riducibili con l’azione di riduzione e le disposizioni gravate da “pesi o condizioni” ai sensi dell’art. 549 cod. civ.
Ulteriore problema che deve essere risolto nell’esame del principio di intangibilità è se si tratti di un’intangibilità quantitativa o qualitativa, ovvero se il legittimario abbia soltanto diritto a conseguire un valore pari alla quota che gli spetta, o abbia invece diritto a conseguire un quota che sia formata proporzionalmente da una parte di ogni cespite ereditario.
Per quanto riguarda il primo problema posto, ovvero distinguere le disposizioni riducibili da quelle assoggettabili al divieto ex 549 cod. civ., bisogna ricordare che l’effettivo valore della quota di legittima può essere determinato solo a posteriori, ossia riunendo il relictum al netto dei debiti ed il donatum, conseguentemente anche l’eventuale lesività di una disposizione può essere affermata con certezza soltanto a posteriori. Questo passaggio non è invece necessario per quanto riguarda i pesi e le condizioni vietate, poiché la loro qualificabilità come lesive ai sensi dell’art. 549 cod. civ. emerge immediatamente al momento di apertura della successione.
Sul criterio distintivo dei due tipi di disposizioni si registrano diverse posizioni in dottrina.
Secondo alcuni79 ciò che distingue le disposizioni riducibili da quelle sanzionate dall’art. 549 cod. civ. è l’elemento causale della lesione. Nel caso in cui la lesione fosse la causa del testamento, ovvero conseguenza diretta della volontà del testatore di violare i diritti dei legittimari, la disposizione sarebbe
tutela di un suo interesse patrimoniale”, nello stesso senso v. A. XXXXXXX, I legittimari, cit., p. 558;
X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 4 s.
79 V.E. XXXXXXXX, I limiti alla libertà di disporre, in Successioni e donazioni, I, a cura di X. XXXXXXXX, Xxxxxx, 0000, p. 516; X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 103.
sanzionata con la nullità (o l’inefficacia)80. Invece, qualora il legato, la donazione o l’istituzione di erede di un estraneo fossero solo accidentalmente, quindi come conseguenza indiretta, lesivi della legittima, non sarebbero nulli, ma assoggettabili all’azione di riduzione.
La dottrina richiamata ritiene pertanto che la distinzione non emerga sul piano degli effetti ma sul piano causale. Questo perché “imporre pesi o condizioni” sulla quota di riserva non andrebbe qualificata come una lesione ordinaria dei diritti dei legittimari ma una lesione “aggravata”81. Infatti una qualsiasi disposizione, al momento della successione, può rivelarsi lesiva, ma si tratterà di una lesione accidentale. Invece la condizione o il peso imposto sulla quota di riserva derivano da un intento dichiarato del testatore, di “diminuire o ledere la legittima”82, e pertanto vanno considerati come causa o oggetto della disposizione, ed in quanto tali, sanzionati con la nullità per illiceità della causa o dell’oggetto. Secondo l’autore le disposizioni testamentarie, se eccedenti la disponibile, sono riducibili, ed in questo caso il de cuius potrà anche “aver previsto e voluto la lesione ma come motivo che (…) non influisce sulla sua validità, per la irrilevanza giuridica dei motivi”83.
Secondo altri84, al contrario, sarebbe necessario ricercare un criterio che oggettivamente distingua le disposizioni riducibili da quelle nulle, e tale criterio si rinverrebbe nella natura stessa del peso o della condizione. Infatti il peso o la condizione nulla non graverebbero sulla quota disponibile eccedendone il valore ma sulla quota di legittima. In quest’ottica il divieto colpirebbe sia le disposizioni autonome, legati, che quelle non autonome che accedono alla quota di legittima.
Un’altra dottrina85 osserva come i due criteri non si escludano a vicenda ma anzi si integrino. Infatti mentre il primo fa leva sull’elemento soggettivo, ossia la volontà del testatore di ledere la quota di legittima, il secondo attiene all’oggetto della lesione.
Peraltro si deve aggiungere che, se in teoria questi criteri appaiono chiari, nel concreto non è così semplice distinguere le disposizioni riducibili da quelle nulle o inefficaci in applicazione dell’art. 549 cod. civ.
Il principio di intangibilità si declina nel divieto di pesi e condizioni. L’art. 549 cod. civ. vieta al testatore di apporre qualsiasi peso o condizione che diminuisca vel in quantitate vel in tempore i diritti
80 A seconda della posizione che si assume relativamente alla sanzione conseguente all’applicazione dell’art. 549 cod. civ.
81 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 103. 82 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 103. 83 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 103.
84 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 90 s.
85 A. TULLIO, La tutela dei diritti dei legittimari, in Tratt. Dir. delle succ. e delle donaz., dir. da X. XXXXXXXX, cit., p. 451.
dei legittimari, dal momento che ne deriverebbe una modifica della loro posizione giuridica rispetto ai beni che formano oggetto della riserva86. In altri termini la norma vieta qualsiasi modalità che, anche se non dovesse intaccare il valore dei beni costituenti la riserva, rappresenti comunque un limite alla disponibilità ed al godimento dei medesimi 87 . Tutela quindi sia l’ammontare delle quote che la possibilità di utilizzarle liberamente88.
Per quanto riguarda il “peso”, esso è stato definito come ricomprendente “tutte le obbligazioni ereditarie nascenti ex-novo in capo all’erede”89. Si tratta certamente dell’onere in senso tecnico, che se posto sulla quota di legittima genera un semplice obbligo morale, nonché dei debiti, pur già presenti nel patrimonio del de cuius, in misura maggiore a quella proporzionale alla sua quota di legittima.
Relativamente alla “condizione”, l’art. 549 cod. civ. deroga alla generale facoltà del testatore di sottoporre a condizione le disposizioni testamentarie, comportando un divieto di sottoporre a condizione l’istituzione di erede del legittimario nella quota di riserva. Evidentemente la ratio del divieto sta nel fatto che il legittimario ha diritto a conseguire la riserva anche contro la volontà del testatore, e l’eventuale condizione renderebbe incerto l’acquisto sia nell’an che nel quando, mentre la quota di legittima spetta al legittimario indipendentemente dalla volontà del de cuius.
La dottrina si è interrogata sulla sanzione ricollegabile al divieto ex art. 549 cod. civ.
Alcuni l’hanno qualificata come inefficacia che opererebbe in via automatica a favore del legittimario, che conseguirebbe la quota indipendentemente dall’avverarsi della condizione o dall’adempimento dell’onere90.
Altri ritengono che il peso o la condizione posti sulla quota di legittima siano nulli. Corollario di tale qualificazione è che chiunque sarà legittimato a far valere la violazione della norma, e non solo il legittimario leso come sostengono i fautori della tesi dell’inefficacia.
86 X. XXXXXXXX, Autonomia testamentaria e soluzione delle controversie in via arbitrale, in Contratti, 1999, p. 633, che, condividendo la posizione in precedenza espressa da X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 90, riconduce nel divieto stabilito dall’art. 549 cod. civ., non solo l’onere e la condizione in senso tecnico, ma, al contrario, “ogni disposizione che diminuisca, vel in quantitate vel in tempore i diritti riservati ai legittimari o comunque modifichi la loro posizione giuridica rispetto ai beni appartenenti alla riserva”.
87 X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 146.
88 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 477.
89 A. BURDESE, in G. GROSSO e A. BURDESE, Le successioni. Parte generale, cit., p. 391.
90 X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 147; L. BULLO, Divieto di pesi e condizioni sulla quota dei legittimari, in Studium iuris, 1999, p. 58 ss.; V.E. XXXXXXXX, I limiti alla libertà di disporre, cit., p. 516.
Tra coloro che qualificano la sanzione come nullità vi è chi91 la motiva con l’illiceità della causa o dell’oggetto, ravvisabile nell’intento del testatore di ledere la quota di legittima.
Altri92 in particolare ritengono che la fattispecie rientri nel disposto dell’art. 634 cod. civ. che considera come non apposte le condizioni illecite o contrarie a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. In proposito però è stato osservato che tale norma non sarebbe applicabile perché riferita all’illiceità o all’impossibilità della condizione, e non all’apposizione della medesima come nella fattispecie in esame93.
Altri ancora sostengono invece, che si tratti di una nullità virtuale ex art. 1418 cod. civ., in quanto l’art. 549 cod. civ. avrebbe certamente natura di norma imperativa, come emerge sia dalla formulazione letterale di un divieto che dalla finalità perseguita di tutelare il legittimario94.
Si registrano ancora opinioni di chi qualifica la menzionata sanzione nel senso dell’annullabilità, il che comporterebbe la necessità di una pronuncia costitutiva del giudice, come nel caso delle disposizioni riducibili95; o chi ritiene che si tratti di inefficacia relativa, operante senza una pronuncia costitutiva del giudice ma rilevabile solo su istanza di parte96.
Peraltro, in conclusione, vi è chi97 ha distinto a seconda che l’onere o la condizione siano o meno leciti. Nel caso in cui fossero leciti, l’inefficacia colpirebbe la parte di disposizione che grava sulla legittima e permarrebbe sulla parte che grava sulla disponibile. Qualora invece fossero illeciti, si considererebbero non apposti ai sensi degli artt. 634 e 647, comma 3, cod. civ., salva l’applicazione dell’art. 626 cod. civ. che sanziona con la nullità l’intera disposizione testamentaria nell’ipotesi in cui il motivo illecito sia stato l’unico a determinare il testatore a disporre.
Tra gli oneri vietati è interessante osservare come rientri nella disposizione de qua anche la clausola arbitrale. Infatti il de cuius potrebbe apporla all’intero testamento, ma non potrebbe farlo relativamente
91 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 105; M. VASCELLARI, in AA. VV., Comm. breve Cod. civ. Xxxx- Xxxxxxxxx, a cura di X. XXXX, Padova. 2007, VIII ed., sub art. 549, p. 577.
92 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 289; X. XXXXXXXXXX, voce Successione necessaria (dir. priv), cit., p. 1361.
93 X. XXXXXXX, Successioni per causa di morte, cit., p. 95; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 295.
94 B. XXXXXXX, Considerazioni su “nullità” e “non apposizione” in tema di intangibilità della legittima, in Vita not., 1998, p. 3 ss.
95 X. XXXXXXX XXXXXXX, Un caso in tema di legato a carico dei legittimari lesi, in Riv. Dir. civ., 1959, I, p. 510 s. e nota 8.
96 X. XXXXXXX XXXXXXXX XXXX, voce Successione necessaria, cit., p. 112.
97 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 96.
alle controversie che dovessero sorgere sulla quota di riserva98.
Si pone poi il problema se siano riconducibili al divieto in esame anche i legati, nel caso in cui siano posti a carico del legittimario istituito nella sola quota di legittima e comportino il sorgere di un’obbligazione o la costituzione in tutto o in parte della quota in godimento a favore di altri. L’opinione prevalente99 fa rientrare con certezza tali legati tra i “pesi” ex art. 549 cod. civ., infatti il legittimario non risulterebbe istituito nella quota disponibile, pertanto il legato graverebbe integralmente sulla sola quota di riserva. Il discorso sarebbe diverso se il legato gravasse in parte anche sulla disponibile. In questo caso sarebbe necessario agire con l’azione di riduzione al fine di verificare se ed in che misura il legato gravi sulla quota riservata, ed in quanto tale sia riducibile.
Altri100 invece negano che il legato rientri nell’ambito di applicazione della norma richiamata perché la stessa sarebbe finalizzata a colpire le sole disposizioni che ledono in via immediata e diretta le ragioni dei legittimari, e non in via indiretta come i legati. A sostegno portano la lettera dell’art. 558 cod. civ. che parla di riducibilità dei legati, che prevarrebbe sull’art. 549 cod. civ. perché norma speciale rispetto a quest’ultima, visto il puntuale riferimento ai legati.
98 “Al de cuius, nell’ambito della propria autonomia testamentaria, è altresì riconosciuta la facoltà di prevedere che eventuali controversie, che dovessero insorgere circa l’interpretazione od esecuzione delle disposizioni testamentarie, siano devolute ad un arbitro o ad un collegio arbitrale” (…) “E’ d’immediata intelligenza come il testatore non possa gravare, con tale clausola modale, la quota di legittima, giusta il divieto contenuto nell’art. 549 cod. civ. Ne discende che consimile disposizione deve considerarsi tamquam non esset, i legittimari potendo disattenderla senza temere conseguenze giuridiche”, A. TULLIO, La tutela dei diritti dei legittimari, cit., p. 456 s.;
X. XXXXXXXX, Autonomia testamentaria e soluzione delle controversie in xxx xxxxxxxxx, xxx., x. 000. 99 X. XXXXXXXX, La prelazione testamentaria, in Riv. dir. civ., 1984, I, p. 233 ss.; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 91.
100 A. MAGRI’, Principio di intangibilità della legittima e legato, in Riv. Dir. civ., 1998, I, p. 47.
101 Sulla divisione in generale v. X.X. XXXXXX, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni, cit., p. 575 ss.; X. XXXXXXXX, La divisione, in Dig. disc. priv., VI, Torino, 1999, p. 482 ss.; A. BURDESE, La divisione ereditaria, Torino, 1980; V.R. XXXXXXX, voce Divisione ereditaria (diritto civile), in Xxxxxx. Xxx. xx., XX, Xxxxxx, 0000; A. CICU, La divisione ereditaria, Milano, 1948; V. DE XXXXXX XXXXX, La comunione e la divisione ereditaria, in Successioni e donazioni, a cura di X. XXXXXXXX, XX, Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Xxxxx divisione, artt. 713- 768, in Comm. cod. civ., a cura di A. SCIALOJA- X. XXXXXX, Bologna, 2000; X. XXXXXXX, Divisione ereditaria (dir. priv.), in Enc. Dir., XIII, Milano, 1964; X. XXXXXXXXX, voce Divisione (diritto civile), in Xxxxxx. Xxx. Xx., XX, Xxxxxx, 0000;
A. MORA, Il contratto di divisione, Milano, 1995; M.R. MORELLI, La comunione e la divisione
Non vi sono dubbi che il testatore possa rinviare di un quinquennio la divisione dell’eredità o di alcuni beni (art. 713 cod. civ.), o possa addirittura rimandarla ad un anno dal compimento della maggiore età qualora il beneficiario sia un minore d’età. Il vero problema è se il testatore possa individuare i beni con cui comporre la quota di riserva, poiché ciò significa prendere una posizione sulla natura qualitativa o quantitativa dell’intangibilità della quota di legittima.
Il codice del 1865 aveva optato per un’intangibilità in senso qualitativo, pertanto il legittimario non aveva diritto solo ad un valore corrispondente alla quota di legittima, ma aveva diritto di ottenere una frazione di ogni singolo bene ereditario. Da ciò derivava l’impossibilità per il testatore di specificare i beni che dovessero rientrare nella quota.
Nell’attuale codice invece gli artt. 733 e 734 attribuiscono al testatore la facoltà di dettare norme vincolanti sulla divisione del patrimonio ereditario e sulla formazione delle rispettive porzioni, sia di rimetterne la formazione ad un terzo che di dividere i beni tra gli eredi, ricomprendendo anche la disponibile. Ciò significa che il testatore può sia individuare i beni che compongono la quota di legittima che escludere che certi altri ne facciano parte.
Il che ha portato ormai la quasi totalità della dottrina102 a ritenere che il legislatore del ’42 si sia discostato dal codice precedente scegliendo un’intangibilità quantitativa.
In altri termini, l’art. 549 cod. civ. vieta al testatore di ridurre il valore della riserva apponendo pesi o condizioni, ma lo stesso può comporla con beni di diversa natura. Il diritto del legittimario potrà dirsi leso solo nell’ipotesi in cui questi consegua una quota di valore inferiore a quella riservatagli dalla legge. A sostegno di tale tesi vi è poi l’art. 588, comma 2, cod. civ., che ammette l’institutio ex re certa 103 , cioè riconosce al testatore la facoltà di attribuire beni determinati in funzione di quota
ereditaria, Torino, 1999; E. MOSCATI, La divisione (profili generali), in Enc. giur. Xxxxxxxx, XX, Xxxx, 0000; A. PALAZZO, Le successioni, cit., p. 960 ss.
102 X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 147; X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 474; X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 112; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 101-110.
103 Per una disamina sull’istituto dell’ institutio ex re certa v. X. XXXXXXX, Il sistema del diritto privato, cit., p. 1156 ss.; G.F. BASINI, “Lasciti” di beni determinati ed istituzione di erede “ex re certa”, in Fam. Pers. e Succ., 2007, p. 245 ss.; L. XXXXXXXXX XXXX, Il testamento, in Tratt. dir. priv., dir. da X. XXXXXXXX, XXX, 0, Xxxxxx, 0000, p. 144 s.; X. XXXXXXXXX, Delle successioni testamentarie, Novara, 1976, p. 35 ss.; X. XXXXX, X xxxxxx, Xxxx, 0000, p. 48 ss.; X. XXXXX, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, Milano, 1947, p. 381; X. XXXXX, L’institutio ex re certa e la volontà del testatore, in Riv. not., 2003, p. 220 ss.; X. XXXXXX, Interpretazione del testamento, rilevanza dei motivi e “institutio ex re certa”, in Foro pad., 1974, I, p. 130; A. TORRENTE, X. XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto privato, Milano, 2008, p. 894 ss.; A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova, 1992, p. 862 ss.
ereditaria, consente quindi che la quota dell’erede sia formata da beni liberamente scelti dal de cuius. La facoltà del testatore di comporre la quota di legittima avrebbe come unico limite il fatto che il legittimario abbia diritto ad essere soddisfatto con beni ereditari, non sarebbe pertanto possibile prevedere una quota composta da solo denaro, salvo che esso sia parte del patrimonio ereditario e non provenga in tutto o in parte da eredi o da terzi.
In conclusione l’art. 549 cod. civ. pone il principio dell’intangibilità, intesa in senso quantitativo, della quota di legittima. Il richiamato inciso finale della disposizione consente però alcune eccezioni al divieto. Tra queste vi sono senz’altro i già citati artt. 588 (institutio ex re certa), 713 (rinvio della divisione ereditaria di un quinquennio dalla morte), 733 (facoltà di dettare norme sulla divisione) e 734 (facoltà di dividere i beni ereditari). Inoltre si devono richiamare, in primo luogo l’art. 540, comma 2, cod. civ. che riserva al coniuge i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, i quali diritti graveranno sulla disponibile, ma nel caso in cui eccedessero il valore di quest’ultima graveranno anche sulla quota di legittima di altri legittimari concorrenti. In secondo luogo costituisce eccezione al principio anche l’art. 692 cod. civ. che disciplina la sostituzione fedecommissaria e prevede che questa possa avere ad oggetto anche beni che fanno parte della legittima dell’istituito.
Ulteriori eccezioni sono rappresentate dagli artt. 550 e 551 cod. civ., rispettivamente in tema di x.x. xxxxxxx sociniana e legato in sostituzione di legittima.
L’art. 550 cod. civ. si occupa della c.d. cautela sociniana104.
Si tratta dell’ipotesi in cui il testatore, con una sua disposizione abbia lasciato ad un estraneo legatario un usufrutto o una rendita, o una nuda proprietà eccedente la quota disponibile, rendendo così impossibile l’assegnazione al legittimario della quota in piena proprietà, ed allo stesso tempo la porzione di nuda proprietà attribuita al legittimario ecceda la legittima. In tali casi, la disposizione riconosce al legittimario la possibilità di scegliere se eseguire la disposizione testamentaria o abbandonare la quota disponibile per ottenere la legittima105.
104 Sulle origini dell’istituto v. X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 274. Sull’istituto in generale v. tra i tanti GIU. XXXXXXXX, Le successioni e le donazioni. Libro secondo del Codice civile, Napoli, 1990, p. 243 ss.; X.X. XXXXXX, Diritto civile. II. La famiglia. Le successioni, cit., p. 691 ss.; X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 147- 148; X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 290 ss.; A. CICU, Successione legittima e dei legittimari, Milano, 1943, p. 197 ss.; A. TORRENTE, X. XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto privato, cit., p. 1205 ss.
105 “L’improprietà dell’uso dell’espressione “cautela sociniana”, per indicare la fattispecie prevista e disciplinata dall’art. 550, emerge con tutta evidenza in primo luogo qualora si consideri che il
E’ doveroso sottolineare come il termine cautela sia improprio e concettualmente inesatto, ma che venga mantenuto per esigenze identificative. L’origine del termine cautela è romana. Allora indicava un escamotage utilizzato dai giuristi per sottrarsi alla rigida applicazione delle norme. Attualmente, non è evidentemente giustificato visto che fa riferimento ad un meccanismo previsto espressamente dalla legge. Inoltre la cautela sociniana romana era una precauzione suggerita ai testatori che attribuivano espressamente ai legittimari, istituiti eredi nell’intero asse e gravato da usufrutto universale, la facoltà di eseguire la disposizione e ottenere la sola legittima, per sottrarsi all’esercizio delle azioni a tutela della legitima, ritenute eccessivamente penalizzanti. Invece, nella fattispecie attuale si tratta di un meccanismo che opera contro la volontà del testatore ogni qualvolta questi abbia gravato la quota del legittimario, superiore alla legittima con un legato di usufrutto o rendita vitalizia106.
Come anticipato, la legge attribuisce al legittimario una scelta: se eseguire la disposizione testamentaria, scelta che escluderebbe il successivo ricorso all’azione di riduzione; o se abbandonare la parte di disponibile attribuitagli in nuda proprietà o in usufrutto, rendendo poi possibile l’esercizio dell’azione di riduzione.
Nel ricostruire il potere di scelta riconosciuto al legittimario si è parlato di obbligazione alternativa107 e facoltà alternativa108, ma la ricostruzione prevalente è nel senso di ritenere che il legislatore abbia usato il termine “scelta” in senso atecnico in quanto il legittimario non avrebbe concretamente alcun potere di scelta. Qualora eseguisse la disposizione testamentaria non effettuerebbe alcuna scelta, ma si limiterebbe a non far valere la legittima in piena proprietà; qualora invece abbandonasse la disponibile,
106 A. TULLIO, La tutela dei diritti dei legittimari, cit., p. 483.
107 X.X. XXXXXXXX, GIU. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Successioni a causa di morte e donazioni, 1948, p. 231; X. XXXXX, I legati nel diritto civile italiano. Parte generale, Padova, 1932, p. 355, nota 376.
108 X. XXXXXXXX, Corso completo del diritto delle successioni. II. Successioni legittime e testamentarie, Napoli, 1915, p. 1096.
non sceglierebbe di eseguire la disposizione in forma diversa, ma si opporrebbe ad essa109.
Stesso discorso vale per il termine “abbandono”, qualificato da alcuni quale c.d. rinunzia abdicativa110, da altri quale “abbandono liberatorio”, ovvero caratterizzato dalla circostanza di essere a vantaggio di un soggetto determinato111, ma anch’esso ritenuto dalla dottrina più recente112 un termine usato in senso atecnico, perché non implicante, neppure parzialmente, una rinunzia all’eredità (cosa implicita se si accogliessero le altre due tesi), ma anzi presupponendo in entrambi i casi un’accettazione dell’eredità. Conseguentemente, l’atto con il quale il legittimario sceglie di conseguire la legittima in piena proprietà sarebbe una “dichiarazione di rifiuto di esecuzione della disposizione” che ha come effetto legale l’abbandono della disponibile113.
La disposizione de qua attribuisce al legittimario tali opzioni perché, per accertare se vi sia effettivamente lesione della legittima, sarebbe necessario capitalizzare l’usufrutto o la rendita che, essendo commisurati alla vita del beneficiario, rendono tale accertamento incerto ed aleatorio. Così il legittimario può liberamente valutare ciò che più gli conviene.
La ratio della norma pare dunque la possibilità di evitare lunghe controversie tese ad accertare il valore dell’usufrutto o della rendita, per, successivamente, verificare se vi sia o meno una lesione della quota di legittima, allo stesso tempo tutelando il legittimario da possibili disposizioni testamentarie potenzialmente lesive sotto il profilo quantitativo114.
Si pone il problema di individuare la natura della c.d. cautela sociniana.
109 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 361 s.
110 A. CICU, Successione legittima e successione dei legittimari, cit., p. 97.
111 E. XXXXX, Successioni legittima intestata e successione legittima necessaria, II, Milano, 1928-29,
p. 32; X. XXXXXXX-XXXXXXX, Le successioni per causa di morte. Parte generale, Napoli, 1977, p. 206, nota 120.
112 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 362 s.
113 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 362.
114 X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 297; G. VILLA, La cautela sociniana, Milano, 1994, p. 51 ss.
115 X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 453 ss.
Certamente non rientra nell’ambito dell’azione di riduzione poiché questa presuppone la constatazione oggettiva della lesione, mentre la cautela sociniana prospetta una mera lesione potenziale116. Pare invece più corretto qualificarla come diritto potestativo che si esercita con negozio giuridico unilaterale recettizio117, e tale diritto non può essere escluso dal testatore né direttamente né indirettamente. Quest’ultima qualificazione è seguita anche dalla Suprema Corte la quale ha affermato che l’art. 550 cod. civ. attribuisce al legittimario “il potere di incidere unilateralmente sulla successione, senza ricorrere all’azione di riduzione” e tale potere “configura, quale diritto potestativo, una scelta”118. L’esercizio di tale diritto determina un mutamento oggettivo del legato, infatti l’originario oggetto della disposizione testamentaria viene sostituito ex lege da una quota di beni in piena proprietà119.
E’ stato osservato che in conseguenza del suddetto diritto si realizza uno stato di comunione tra legittimario e legatario che, pur non potendo essere qualificata come comunione ereditaria, soggiace alle disposizioni dettate in materia di divisione ereditaria120.
Anche in tema di vocazione del legatario in seguito all’esperimento del rimedio vi sono voci discordanti.
Alcuni121 sostengono che il legatario sarebbe destinatario di due vocazioni, quella testamentaria, ridotta nei limiti del reddito o della nuda proprietà disponibile, e una nuova vocazione legale legata alla nuda proprietà o all’usufrutto abbandonato dal legittimario, che gli farebbe ottenere la piena proprietà per consolidazione.
116 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 348 s., il quale osserva come l’art. 550 prenda in considerazione una particolare e speciale ipotesi di potenziale lesione dei diritti del legittimario, apprestando un adeguato meccanismo di tutela, in luogo dell’azione di riduzione che non garantirebbe al legittimario il conseguimento della legittima in piena proprietà e non sarebbe in grado di assicurarne il valore, se non in modo aleatorio.
117 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 485, il quale in proposito alla nota 1036 richiama Xxxx., 18 gennaio 1995, n. 511, secondo cui “La norma di cui all’art. 550 (…) configura, quale diritto potestativo, una scelta (…) di cui la legge non determina la forma, con la conseguenza che essa, espressa o tacita, può essere provata anche per testimoni o per presunzioni, anche se è in questione l’usufrutto o la nuda proprietà di beni immobili. L’effettuazione di tale scelta è incompatibile con il successivo ricorso all’azione di riduzione per la diversità di presupposti, struttura e finalità delle norme di cui agli artt. 550 e 554”.
118 Cass., 18 gennaio 1995, n. 511, cit.
119 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 486.
120 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., pp. 358 e 360 ss. 121 G.M. XXXXXXXXXX, Usufrutto e nuda proprietà eccedenti la disponibile, in Xxx. xxxx. xxx. x xxxx. xxx., 0000, x. 00; A. CICU, Le successioni, cit., p. 239 s.; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 298.
Altri 122 , invece, ritengono che vi sarebbe una sostituzione della vocazione testamentaria con la vocazione legale. Questo perché la prima attributiva dell’usufrutto o della nuda proprietà diverrebbe totalmente inefficace e subentrerebbe la seconda attributiva al legatario della piena proprietà della disponibile.
Tuttavia, la dottrina prevalente 123 sostiene invece che la vocazione sia sempre quella originaria testamentaria, e che la legge modifichi solo e soltanto l’oggetto del legato. Quindi il legatario rimane beneficiario di una disposizione testamentaria a titolo particolare, mentre l’oggetto del legato muta da disposizione di usufrutto a lascito in piena proprietà.
E’ controversa anche la forma che deve rivestire la manifestazione di scelta da parte del legittimario di abbandonare la disponibile per conseguire la legittima.
La dottrina maggioritaria 124 e la giurisprudenza 125 affermano che, nel silenzio della legge, la dichiarazione di abbandono si debba ritenere a forma libera, anche quando l’abbandono riguardi la nuda proprietà o l’usufrutto di beni immobili. Pertanto i legittimari possono provarlo con tutti i mezzi di prova, anche con testimoni o per fatti concludenti. A sostegno di tale tesi si è argomentato che, siccome l’atto di abbandono presuppone l’avvenuta accettazione dell’eredità, non può essere equiparato alla rinunzia, che, ai sensi dell’art. 519 cod. civ., deve essere espressa in forma scritta126.
In contrario altri127 hanno osservato che, qualora l’abbandono abbia ad oggetto beni immobili, si dovrebbe applicare l’art. 1350, n. 5, cod. civ., che prevede per relationem l’onere della forma scritta per gli atti di “rinunzia” alla proprietà o ad altri diritti reali immobiliari. Alcuni inoltre, insistono per la forma scritta “in omaggio alla certezza dei rapporti giuridici”128.
Ma, come già detto, la dichiarazione di abbandono non può essere assimilata ad una rinunzia alla stessa, poiché questo comporterebbe per il legatario l’acquisto ex nunc della disponibile abbandonata
122 X. XXXXXXXX XX., Successione legittima e necessaria, cit., p. 319 ss.
123 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 486; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 358 ss.; X. XXXXXXXXX, Xxxxx così detta cautela sociniana, in Diritto civile. Saggi, Milano, 1951; G. VILLA, La cautela sociniana, cit., p. 64.
124 X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 148; X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 113 ss.; X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, cit., p. 476; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 363.
125 Cass., 7 ottobre, 1960, n. 2599; Cass., 18 gennaio 1995, n. 511.
000X.X. XXXXXXXX, I limiti alla libertà di disporre, cit., p. 523; V.R. XXXXXXX, voce Successioni (diritto civile): successione necessaria, cit., p. 801.
127 A. CICU, Successione legittima e dei legittimari, cit., p. 207; X. XXXXXXXX, Successione legittima e necessaria, cit., p. 324; X. XXXXX, I legati nel diritto civile italiano, cit., p. 359.
128 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 487.
dal legittimario per atto inter vivos, mentre egli acquista ex tunc a titolo di successione mortis causa direttamente dal testatore. Inoltre l’applicazione dell’art. 1350, n. 5, cod. civ. è esclusa “non trattandosi di atto traslativo della proprietà di beni immobili tra vivi”129. In quest’ordine di idee si deve ritenere quindi che la dichiarazione di abbandono non debba essere trascritta, non essendo un atto che trasferisce il diritto dal legittimario al legatario, ma debbano essere trascritti l’atto d’acquisto mortis causa del legittimario e del legatario dal testatore e la domanda di divisione della comunione sorta tra gli stessi130. Tale tesi è stata accolta anche dalla Suprema Corte131 che ha affermato che “la scelta non si sostanzia in una rinunzia all’eredità, ma in una opzione di cui la legge non determina la forma; non sono quindi necessarie le solennità richieste dall’art. 519 c.c. potendosi la scelta stessa provarsi con testimoni o per presunzioni, anche se trattasi di usufrutto o nuda proprietà riflettenti beni immobili, e potendo essa effettuarsi sia espressamente che tacitamente”.
Un ulteriore profilo problematico è l’ambito di applicazione della norma.
Ci si è infatti interrogati se si applichi solo quando il legittimario sia chiamato all’eredità o anche quando sia destinatario di un legato, più precisamente se la lettera dell’art. 550, comma 2, cod. civ. sia
129 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 113.
130 V.E. XXXXXXXX, I limiti alla libertà di disporre, cit., p. 523; X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 117;
X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 363.
131 Cass., 18 gennaio 1995, n. 511, in Nuova giur. civ. comm., 1996, I, p. 113, con nota di X. XXXXXXX, La cautela sociniana e l’esperibilità dell’azione di riduzione.
In sede di merito, v. Trib. Cagliari, 19 giugno 1992, n. 825, in Riv. giur. sarda, 1993, p. 702, con nota di X. XXXXXXX, In tema di cautela sociniana.
Tuttavia in tema di forma della rinunzia al legato in sostituzione di legittima avente ad oggetto diritti reali immobiliari si è espressa la Corte di Cassazione, Sezioni unite civili, sentenza 29 marzo 2011, n. 7098, affermando che il legittimario in favore del quale il testatore abbia disposto ai sensi dell’art. 551 cod. civ. un legato avente ad oggetto beni immobili in sostituzione di legittima, qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare al legato stesso in forma scritta ex art. 1350 n. 5 c.c., “per la rinuncia ad un legato avente ad oggetto beni immobili è necessaria la forma scritta ai sensi dell’art. 1350 c.c., n.5; tali conclusioni non sono infirmate dal sopra enunciato rilievo in senso contrario secondo cui tale assunto non spiegherebbe come mai il bene oggetto del legato a seguito della rinuncia rientri nell’asse ereditario; invero ciò deriva dal fatto che la rinuncia determina la risoluzione dell’acquisto già avvenuto in favore del legatario con effetto retroattivo al tempo dell’apertura della successione, come confermato sia dalla retroattività della rinuncia all’eredità espressamente prevista dall’art. 521 c.c., sia, come è stato osservato dalla dottrina, dalla equivalenza, ai fini dell’accrescimento tra collegatari, delle ipotesi in cui il legatario non possa o non voglia acquistare il legato (artt. 674 e 675 c.c.); pertanto la retroattività spiega il ripristino della situazione antecedente, e tale “fictio juris” opera come se l’acquisto del legato da parte del legatario rinunciante non fosse mai avvenuto”, con nota di X. XXXXXXXX, Legato immobiliare: rapporti tra regime d’acquisto, natura e forma della rinunzia, in Riv. not., 2012, p. 3 ss.
applicabile solo quando il legittimario sia anche erede o anche quando sia legatario del diritto di usufrutto correlativo alla nuda proprietà sull’intero patrimonio o comunque su una porzione di esso eccedente la disponibile sulla quale sia stato istituito erede un terzo estraneo.
Secondo una parte della dottrina, in questo caso la disposizione si applicherebbe solo al legittimario chiamato all’eredità che l’abbia accettata. Nel secondo caso si dovrebbe parlare piuttosto di un legato in sostituzione di legittima, caso in cui il legittimario, volendo conseguire la legittima, dovrebbe rinunziare al legato ed agire in riduzione132.
Altra parte della dottrina, invece sottolinea come l’art. 550, comma 2, cod. civ. non distingua in alcun modo queste ipotesi, ma semplicemente attribuisca tale scelta al legittimario qualora il testatore abbia disposto della nuda proprietà di una parte eccedente la disponibile. E che, scopo dell’istituto in esame, sia quello di far conseguire al legittimario la propria quota di legittima in piena proprietà con un negozio giuridico unilaterale, senza dover agire in riduzione. In ossequio a questa tesi, il legittimario legatario, in seguito alla scelta, acquisendo la nuda proprietà, diventerebbe erede, ma limitatamente alla sua porzione di legittima. Pertanto la fattispecie non rientrerebbe nel disposto dell’ultima parte del primo comma dell’art. 550 cod. civ., che nega che l’estraneo legatario, acquistando la disponibile, diventi erede. La ragione sta nel fatto che si tratta di una norma eccezionale che deroga al sistema, che perciò non può essere estesa al di là del suo preciso ambito di applicazione (il legatario estraneo), trattandosi pur sempre di un legittimario e non di un estraneo.
La tesi negatoria è confutata anche dall’orientamento pacifico della giurisprudenza di legittimità133, secondo la quale perché si abbia legato in sostituzione di legittima non è sufficiente la semplice disposizione a titolo di legato fatta al legittimario, ma sarebbe necessaria la manifestazione di una volontà satisfattiva che emerga in maniera non equivoca sia da una espressa proposizione che dal complesso delle proposizioni testamentarie. Tanto è vero che la dottrina prevalente, nel dubbio, ritiene sempre che si tratti di legato in conto di legittima.
Inoltre si deve segnalare una pronuncia 134 della Suprema Corte che avrebbe dei riflessi sull’individuazione dell’ambito di applicazione del secondo comma della disposizione de qua.
La Corte ha affermato che l’attribuzione dell’usufrutto universale costituisce un’istituzione di erede e non un legato. Tale considerazione avrebbe dei riflessi perché la tesi più restrittiva si basa sul
132 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 364 ss.
133 Cass., 26 gennaio 1990, n. 459, in Riv. notar., 1990, p. 1121.
134 Cass., 12 settembre 2002, n. 13310, Giur. it., 2003, p. 644 ss., con nota di X. XXXXX; Riv. not., 2003, II, p. 234 ss., con nota di X. XXXXXX TRANSETTI; Nuova giur. civ. comm., 2003, I, p. 644, con nota di F. XXXXXXX, Usufrutto generale sui beni ereditari e sostituzione fedecommissaria.
presupposto che l’attribuzione al legittimario dell’usufrutto universale avvenga invece mediante un legato, e non un’istituzione di erede. Pertanto, accogliendo tale qualificazione il legittimario destinatario dell’usufrutto universale è comunque erede e non legatario, e può quindi in ogni caso esperire il rimedio della cautela sociniana.
A questo punto vi sarebbero due possibilità: la prima è che il testatore ceda i suoi beni con disposizioni a titolo particolare, legando l’usufrutto al legittimario e la nuda proprietà ad un estraneo: in questo caso il legittimario è erede ab intestato; la seconda è che il testatore disponga dei suoi beni a titolo universale attribuendo l’usufrutto al legittimario e la nuda proprietà all’estraneo, in questo caso il legittimario è erede testamentario. Da ciò deriva che in entrambi i casi il legittimario è erede, pertanto può senz’altro accedere al meccanismo ex art. 550, comma 2, cod. civ., per ottenere la legittima in piena proprietà.
Altro problema si è posto nel caso in cui l’usufrutto o la rendita eccedenti la disponibile siano attribuiti a più soggetti.
La dottrina prevalente135 propende per la tesi positiva. Però al suo interno si divide per l’ipotesi in cui la scelta sia nel senso dell’abbandono della nuda proprietà perché alcuni 136 ritengono che gli usufruttuari, a questo punto, si ripartiranno la nuda proprietà della disponibile in proporzione al valore dei singoli usufrutti, mentre altri137 ritengono che i singoli usufrutti si trasformeranno in piena proprietà e saranno ridotti in modo da essere ricompresi nell’ambito della disponibile.
La dottrina si divide anche in relazione alla possibilità che la scelta possa essere attuata anche solo nei confronti di uno o alcuni legatari.
Chi138 propende per la tesi positiva la motiva innanzitutto con la mancanza di un tale divieto nella legge, ed in secondo luogo per analogia con l’azione di riduzione. Altri139 invece negano tale possibilità per esigenze di parità di trattamento e di semplificazione.
Il legislatore ha poi previsto che “se i legittimari sono più, occorre l’accordo di tutti perché la disposizione testamentaria abbia esecuzione”, mentre per la scelta opposta, ovvero per abbandonare la nuda proprietà, sarà sufficiente la scelta di uno perché tutti conseguano la legittima in piena proprietà.
135 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 118 ss.; X. XXXXX, I legati, cit., p. 345 s.; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 349 ss.; X. XXXXXXXXX, Xxxxx così detta cautela sociniana, cit., p. 603;
136 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 351.
137 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 119 ss.
138 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 119.
139 X. XXXXX, I legati, cit., p. 353; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 371 ss.
Infine, la cautela sociniana si applica anche quando “dell’usufrutto, della rendita o della nuda proprietà è stato disposto con donazione” (art. 550, comma 4, cod. civ.). Peraltro la norma non si applicherà qualora il donante abbia riservato a sé l’usufrutto, poiché alla sua morte, nuda proprietà e usufrutto si consolideranno in capo al donatario. A questo punto il legittimario potrà eventualmente agire in riduzione.
I problemi sorgono qualora il donante abbia riservato l’usufrutto a vantaggio proprio e del legittimario. Secondo alcuni140 è necessario interpretare restrittivamente la disposizione de qua, nel senso che presupporrebbe necessariamente una chiamata ereditaria a favore del legittimario, quindi le disposizioni donative dovrebbero essere almeno richiamate nel testamento. Ma prevale la tesi di coloro141 che osservano come la disposizione non contenga alcuna limitazione e che sia sufficiente un’eccedenza rispetto alla disponibile, a prescindere dal fatto che abbia origine in una disposizione testamentaria o donativa.
L’art. 551 cod. civ. si occupa invece del legato in sostituzione di legittima, istituto di origine dottrinaria recepito soltanto nel 1942 dal legislatore. La funzione dell’istituto è quella di escludere un legittimario dall’eredità, ed eventualmente in caso di più chiamati, dalla comunione ereditaria, allo stesso tempo rispettando i suoi diritti di legittima.
Il legislatore ha riconosciuto al testatore tale possibilità coerentemente con la natura quantitativa della riserva, che pertanto può essere attribuita con disposizioni mortis causa, sia a titolo universale che particolare. Tale possibilità rientra nell’autonomia testamentaria, ed ha la funzione di soddisfare interessi oggettivi e soggettivi del testatore.
Il de cuius potrebbe tacitare i diritti del legittimario anche con una o più donazioni senza dispensa dall’imputazione ex se, però questo sistema si dimostra più incerto, in quanto, prima dell’apertura della successione, risulta difficile stabilire con precisione l’entità del diritto di riserva del singolo legittimario. E non si potrebbe neanche pensare di estendere la disciplina dell’art. 551 cod. civ. alla donazione, poiché la rinunzia a chiedere la legittima, contestualmente all’accettazione della donazione violerebbe il divieto di patti successori rinunziativi142.
La disciplina di questa forma di legato è tipica, quindi il de cuius non potrà incidervi in alcun modo,
140 X. XXXXXXXXXXXXX, In tema di lascito eccedente la porzione disponibile (note all’art. 550 c.c.), in Scritti in onore di X. Xxxxxxx, X, Xxxxxx, 0000.
000 X.X. XXXXXXXX, Liniti alla libertà di disporre, cit., p. 515 ss.; A. CICU, Successione legittima e dei legittimari, cit., p. 240; X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 121.
142 X. XXXXXXXX, Imputazione del legittimario, in Dig. Disc. Priv. Sez. civ., cit., p. 357; X. XXXXXXX,
Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 113.
se non riconoscendo o meno al legatario in sostituzione il diritto al supplemento qualora il valore del legato in sostituzione fosse inferiore alla porzione riservata che gli sarebbe spettata.
E’ importante sottolineare come l’esclusione operata con il legato in sostituzione di legittima dall’eredità non sia definitiva, in quanto la legge prevede espressamente che il legittimario possa rinunziarvi e chiedere la legittima.
“Il legato tacitativo della legittima è una disposizione a titolo particolare sottoposta a condizione risolutiva, nel senso che la vocazione testamentaria rimane priva di efficacia nel caso di rinunzia dell’onorato”143. In tal caso questi diverrà un legittimario pretermesso e come tale potrà agire in riduzione per chiedere la legittima.
Si è posto il problema della natura della vocazione del legatario in sostituzione. Xxxxxxxx ha sostenuto che vi sia una doppia vocazione contemporanea, testamentaria ed ex-lege. La dottrina maggioritaria144 ritiene però che vi sia una chiamata successiva. La prima, al momento dell’apertura della successione, di tipo testamentario; successivamente, in seguito all’eventuale rinunzia da parte del legatario ed al vittorioso esperimento dell’azione di riduzione, una chiamata ex-lege, così il legittimario diventerà erede.
Il legato in sostituzione di legittima si definisce per differenza col legato in conto di legittima.
Infatti, nel primo caso il legatario, volendo ottenere la legittima, dovrà rinunziare al legato e agire in riduzione, mentre nel secondo caso potrà accettare il legato e richiedere la differenza tra il valore del legato e la porzione di legittima che gli spetta. Ciò che li distingue è pertanto la natura tacitativa dei diritti di legittima del primo. Proprio per questa grave conseguenza, nell’interpretazione della volontà del testatore, nel dubbio il legato viene qualificato sempre come legato in conto di legittima. Quindi deve emergere chiaramente “l’intenzione del testatore di soddisfare integralmente” con tale legato “i diritti del legittimario, non essendo peraltro richiesto che l’alternativa offerta al predetto di richiedere l’integrazione della legittima o conseguire il legato risulti espressamente nel contesto dell’atto, atteso che le conseguenze giuridiche dell’esercizio (o del mancato esercizio) del potere di scelta spettante all’istituito sono espressamente previste dall’art. 551”145. Evidentemente l’intenzione del testatore deve
143 Cass., 9 gennaio 1964, n. 37, in Foro it., 1964, I, con nota di X. XXXXXXX, Accettazione tacita o preferenza del legato in sostituzione di legittima?, p. 1210 ss.
144 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 123 ss.; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 113 ss.
145 “ al riguardo, la mera richiesta della legittima formulata con la domanda di riduzione della disposizione testamentaria lesiva della quota di riserva non costituisce manifestazione chiara e non equivoca della volontà di rinunziare al legato, essendo ipotizzabile un residuo duplice
risultare in maniera inequivoca o da una proposizione testamentaria espressa o dall’esame complessivo della scheda testamentaria, ma mai può desumersi da altri dati esterni.
Come anticipato, la disposizione de qua riconosce al legatario in sostituzione un diritto di scegliere. Potrà scegliere innanzitutto di accettare il legato. In questo caso perderà il diritto di agire in riduzione per richiedere la legittima, anche qualora il valore del legato sostitutivo non coprisse il valore della legittima. Perciò non conseguirà la qualità di erede e sarà estraneo alla comunione ereditaria, e non potrà chiederne la divisione.
Altrimenti potrà scegliere di rinunziare al legato. In tale ipotesi diverrà un legittimario pretermesso, ed in quanto tale avrà diritto ad agire in riduzione per conseguire la porzione di riserva alla quale ha diritto, e quindi la qualità di erede.
La valutazione di opportunità è totalmente rimessa al legatario che, nel caso concreto potrà ritenere più conveniente conseguire uno o più beni di valore nominalmente inferiori alla legittima e non dover agire in giudizio per far valere il proprio diritto o viceversa.
La scelta del legatario è una manifestazione di volontà negoziale, sottoposta alla ordinaria disciplina in materia di annullamento. La giurisprudenza ha infatti ammesso l’annullabilità per violenza o dolo146. Per quanto riguarda l’errore l’ha esclusa se questo abbia ad oggetto la consistenza o il valore del legato o dell’asse ereditario, mentre l’ha ammessa se l’errore sia consistito nell’ignoranza del legittimario circa il fatto che uno dei beni legati era già di sua proprietà e che quindi il legato era parzialmente nullo.
In caso di accettazione si seguono le regole dettate in generale per i legati (art. 649 cod. civ.), quindi il bene o il diritto oggetto del legato è acquistato in modo automatico al momento dell’apertura della successione e senza bisogno di una formale accettazione. Quest’ultima è necessaria solo al fine di rendere definitivo l’acquisto. Ciò, come ritiene la dottrina prevalente 147 , anche se tale scelta ha l’ulteriore effetto di precludere al legatario il diritto di chiedere la legittima.
Di conseguenza, non essendo prevista espressamente alcuna forma particolare, l’accettazione potrà avvenire in qualunque modo, anche tacitamente per fatti concludenti.
intento di conservare il legato e conseguire la legittima” x. Xxxx., 00 marzo 2006, n. 5779, in Riv. not., 2007, II, p. 198 ss., con nota di X. XXXXXXXX, La rinunzia al legato in sostituzione di legittima. 146 x. Xxxx., 17 febbraio 1965, n. 261, in Giust. civ., 1965, I, p. 448; Cass., 17 maggio 1968, n. 1154,
in Giur. it., 1969, I, 1, p. 1212; Foro it., 1968, I, p. 2558; v. anche App. Milano, 28 maggio 1968, in
Foro pad., 1968, I, p. 677; App. Messina, 5 marzo 1956, in Giust. civ. Mass. App., 1956, p. 11.
147 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 124; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 117 ss.
La rinunzia al legato è invece un negozio unilaterale dismissivo di un diritto, reale o obbligatorio, il cui acquisto si è verificato automaticamente al momento dell’apertura della successione148. Tale atto mette il soggetto nella situazione del legittimario pretermesso che, se vorrà conseguire la riserva e la qualità di erede, così partecipando alla comunione ereditaria, dovrà esercitare vittoriosamente l’azione di riduzione149.
La rinunzia al legato rappresenta una vera e propria condizione all’esercizio dell’azione di riduzione. Peraltro, come sempre è possibile, il legittimario pretermesso potrà accordarsi negozialmente con gli eredi, al fine di evitare le controversie giudiziali.
Si è posto il problema di quale sia il termine di prescrizione del diritto a rinunziare al legato in sostituzione di legittima.
Non essendovi alcuna previsione espressa si è pensato che si applichi la disciplina della prescrizione ordinaria, quindi un termine decennale. Tuttavia la giurisprudenza 150 ha osservato che siccome la rinunzia al legato è condizione per agire in riduzione, il suo termine di prescrizione dovrebbe essere legato a quello di quest’ultima, in quanto non avrebbe alcun senso rinunziare al legato se non si potesse più agire in riduzione.
In relazione all’istituto della rappresentazione, la dottrina151 ritiene che questo non operi, in quanto non si tratterebbe di una vera e propria rinunzia, ma più che altro un negozio di scelta, con il quale il legatario decide di avere il diritto di agire in riduzione.
Un ulteriore problema si è posto relativamente alla forma della rinunzia, in quanto il legislatore non prevede nulla sul tema.
La dottrina è divisa tra chi152 ritiene che la forma della rinunzia sia libera, anche nel caso in cui abbia ad oggetto beni immobili, perché si tratterebbe di una omissio adquirendi, cioè di un atto che impedisce
148 Cass., 16 maggio 2007, n. 11288, in Riv. not., 2008, p. 1154, con nota di X. XXXXXX, Brevi cenni sul legato in sostituzione di legittima.
149 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 118; in giurisprudenza x. Xxxx., 0 agosto 1972, n. 2604, in Comm. al cod. civ., artt. 456- 712, Successioni legittime e testamentarie, a cura di X. XXXXXX, Milano, 2009, con commento di X. XXXXXXXX, p. 637; Cass., 12 febbraio 2000, n. 1573, in Giur. it., 2000, II, p. 1801 ss., con nota di X. BERGAMO, Xxxxx cenni su un’ipotesi di diseredazione anomala implicita; Cass., 16 maggio 2007, n. 11288.
150 Cass., 26 gennaio 1990, n. 459, con nota di X. XXXXXX, Brevi cenni sul legato in sostituzione di xxxxxxxxx, cit.
151 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 499.
152S. PATTI, La rinunzia al legato in sostituzione di legittima, in Fam. Pers. e Succ., 2006, p. 65 ss.;
A. TRABUCCHI, Forma necessaria per la rinunzia al legato immobiliare e natura della rinunzia al legato sostitutivo, in Giur. It., 1954, I, 1, p. 911 ss.
il consolidarsi dell’acquisto in capo al legittimario- legatario, quindi di un rifiuto impeditivo dell’ingresso del bene nella sfera del soggetto.
E tra chi153, e pare essere l’orientamento prevalente, ritenendo che la rinunzia al legato debba essere qualificata come rinunzia abdicativa di un diritto già esistente nella sfera del legatario perché acquistato automaticamente all’apertura della successione, e pur ammettendo che la rinunzia possa desumersi anche da fatti concludenti, afferma che quando il legato ha ad oggetto beni immobili, debba essere necessariamente utilizzata la forma scritta, in applicazione dell’art. 1350, n. 5, cod. civ., e debba conseguentemente essere trascritta, in applicazione dell’art. 2643, n. 5, cod. civ. Sulla questione hanno definitivamente preso posizione le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che con la sentenza, 29 marzo 2011, n. 798, hanno aderito all’opinione prevalente, statuendo che il legittimario in favore del quale il testatore abbia disposto ai sensi dell’art. 551 c.c. un legato avente ad oggetto beni immobili in sostituzione di legittima, qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare al legato stesso in forma scritta ex art. 1350 n. 5 cod. civ.
L’art. 551, comma 3, cod. civ. recita “Il legato in sostituzione della legittima grava sulla porzione indisponibile. Se però il valore del legato eccede quello della legittima spettante al legittimario, per l’eccedenza il legato grava sulla disponibile”. Ciò significa che il legatario, pur non acquisendo mai la qualità di erede, mantiene evidentemente quella di legittimario, e come tale sarà considerato nel calcolo della riserva.
Il problema che si pone qualora il valore del legato in sostituzione sia inferiore alla quota di legittima che in astratto gli sarebbe spettata è quello di stabilire a vantaggio di chi vada questa differenza se degli altri legittimari o della quota disponibile.
La dottrina prevalente154 e la giurisprudenza della Suprema Corte155 affermano che la disposizione indica chiaramente che sono gli eredi legittimari ad essere tenuti alla prestazione del legato, pertanto saranno loro a dover beneficiare dell’eventuale differenza di valore tra questo e la quota di legittima.
Altri156 hanno distinto: se l’onorato dal legato fosse un figlio, siccome, secondo questa dottrina, la sua quota di legittima che spetta complessivamente ai figli è solidale e collettiva, la differenza di valore beneficerebbe gli altri figli; qualora invece l’onorato fosse il coniuge, l’eventuale differenza di valore andrebbe ad accrescere la disponibile.
153 GIU. XXXXXXXX, Le successioni e le donazioni, cit., p. 523.
154 X. XXXXXXXX, La vocazione legittima e la vocazione necessaria, cit., p. 456.
155 Cass., 7 gennaio 1984, n. 111, in Giust. civ. Mass., 1984.
156 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 125, nota 45.
Altri157 ancora hanno sostenuto che la differenza rimanga nell’asse ereditario e possa essere attribuita anche ad un terzo.
La dottrina si è interrogata sull’applicabilità o meno al legato del divieto di porre pesi e condizioni alla quota di legittima di cui all’art. 549 cod. civ.
Si registrano due opinioni. Secondo la prima158 tale legato sarebbe soggetto al richiamato divieto, stante la natura sostitutiva del legato. In altri termini tale legato sarebbe un’altra forma di attribuzione della legittima, ed in quanto tale non potrebbe essere gravato da pesi e condizioni. La dottrina maggioritaria159 al contrario esclude l’applicabilità dell’art. 549 cod. civ., anzitutto perché non si tratta di una quota di riserva, ma anzi di un legato che la sostituisce, in secondo luogo, perchè in caso di eccedenza grava sulla disponibile, quindi non c’è ragione per assoggettarla al divieto. Ed in terzo luogo perchè la tutela del legittimario è sempre garantita dal fatto che egli possa rinunziare al legato e richiedere la legittima.
In ultimo si dibatte sulla possibilità che il beneficiario di un legato in sostituzione di legittima partecipi alla divisione dell’asse ereditario sul quale si apra eventualmente la successione ab intestato. Secondo alcuni 160 non vi sarebbe questa possibilità perché il legato tacitativo implicherebbe una volontà del testatore di escludere il soggetto dall’integrale successione. L’opinione prevalente 161 argomenta invece come non sia possibile alcuna diseredazione implicita e che pertanto il legatario concorrerà alla successione ab intestato.
Si è più volte detto che, in genere, al legatario in sostituzione di legittima compete la scelta tra accettare il legato, e così tacitare i propri diritti di legittima senza poter mai più agire in riduzione per ottenerla, e rinunziarvi, così riacquisendo il diritto di agire in riduzione. Peraltro nella seconda parte del secondo comma dell’art. 551 cod. civ., il legislatore soggiunge attribuendo al testatore il potere di riconoscere espressamente all’onorato dal legato il diritto di richiedere il supplemento, ovvero di richiedere l’eventuale differenza di valore tra l’oggetto del legato ed il proprio diritto di riserva.
Il primo problema è quello di individuare la natura dell’istituto.
157 X.X. XXXXXX, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni, cit., p. 604, nota 56.
158 X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 150; X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 123.
159 X. XXXXXXXXXX, voce Successione necessaria, cit., p. 1364; X.X. XXXXXXXX, X xxxxxxxxxxx, xxx.,
x. 00; A. XXXXXXXXXXX, I misteriosi confini del divieto di pesi e condizioni sulla legittima: il rapporto con il legato in sostituzione, in Dir. e giur., 2007, p. 280 ss.
160 X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, I legittimari, cit., p. 697.
161 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 131 ss.; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 114 ss.
Secondo una parte della dottrina162 non si potrebbe più parlare di legato in sostituzione di legittima ma si tratterebbe di un legato in conto di legittima, visto che si riconosce al “legatario” il potere di agire in riduzione per richiedere il supplemento. Quindi la disposizione, escludendo che la rinunzia al legato condizioni l’esperibilità dell’azione, rappresenterebbe il prototipo del legato in conto di legittima.
Secondo altri163, invece, si dovrebbe verificare caso per caso se il testatore abbia voluto disporre un legato in conto di legittima, ipotesi nella quale le azioni a tutela del legatario sarebbero l’azione di petizione dell’eredità e di divisione, o se invece abbia voluto disporre un vero e proprio legato in sostituzione con diritto al supplemento. Secondo tale orientamento quest’ultima figura avrebbe rilevanza autonoma. In questo caso infatti rimarrebbe precluso al legatario il diritto di agire in riduzione, ed il diritto al supplemento si configurerebbe quale mero diritto di credito da far valere nei confronti degli eredi con un’azione obbligatoria. Questa dottrina ritiene inoltre che la richiesta di supplemento andrebbe soddisfatta con beni della stessa natura di quello legato. In ultimo, la dottrina prevalente164 afferma che la volontà espressa di consentire di richiedere il supplemento implichi la volontà di non privare il legatario della quota di legittima a lui riservata, pertanto l’onorato da tale legato dovrebbe essere qualificato come erede testamentario perché il testatore ha manifestato la volontà di istituirlo nella quota di riserva. Questa dottrina argomenta sostenendo che la locuzione “non si applica” della disposizione in esame sarebbe riferita non solo alla scelta del legatario, ma anche al fatto che questi non acquisti la qualità di erede. Pertanto il legatario sarà erede testamentario, la cui quota è composta dal de cuius in parte con l’oggetto del legato ed in parte col diritto al supplemento. In quest’ordine di idee, il legatario deve essere considerato erede sin dall’apertura della successione, in una quota pari a quella di riserva, ed in quanto tale, per richiedere il supplemento non dovrà agire in riduzione ma con l’azione di petizione dell’eredità. L’accoglimento di tale tesi comporta che il legittimario dovrà accettare l’eredità come tutti gli altri eredi.
L’art. 552 cod. civ. è rubricato Donazioni e legati in conto di legittima ma in realtà non delinea
162 A. CICU, Successione legittima e dei legittimari, cit., p. 243- 244; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 302; X. XXXXXXX, Le successioni per causa di morte, cit., p. 262; X. XXXXXXXX, La vocazione legittima e la vocazione necessaria, cit., p. 408.
163 X.X. XXXXXX, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni, cit., p. 604 ss.; X. XXXXXXX,
Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 128 ss.
164 W. D’AVANZO, Delle successioni, cit., p. 438 ss.; GIU. XXXXXXXX, Le successioni e le donazioni, cit.,
p. 274 ss.; A. CICU, Le successioni, cit., p. 243; X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, cit., p. 466 ss.
A. XXXXXXXX, Commentario essenziale del libro II, Padova, 1998, p. 40.
compiutamente l’istituto del legato in conto di legittima165.
Il legato in conto di legittima si ha qualora il testatore leghi un bene determinato al legittimario senza specificare nulla. Si tratta pertanto dell’ipotesi più comune di legato.
All’apertura della successione il legatario potrà tenere il legato o rinunziarvi. Nel primo caso acquisterà il bene oggetto del legato automaticamente, in ossequio alle regole generali, senza bisogno di alcuna accettazione. E se il bene legato dovesse avere un valore inferiore alla quota di legittima che gli spetterebbe potrà agire in riduzione. Invece, se il bene dovesse avere un valore superiore, potrà ritenerlo e l’eccedenza graverà sulla disponibile. E’ scontato che qualora anche la disponibile fosse incapiente, ed il legato ledesse i diritti degli altri riservatari, sarebbe soggetto a riduzione.
Al contrario, in ipotesi di rinunzia al legato, si ritroverà nella posizione di legittimario pretermesso e potrà agire in riduzione al fine di vedere integralmente soddisfatto il proprio diritto alla legittima. A questa conclusione giunge la dottrina argomentando sulla base dell’efficacia retroattiva di tale rinunzia, che si ricava dall’art. 521 cod. civ.
L’art. 552 cod. civ. si occupa in realtà di una fattispecie particolare: il caso in cui il legatario (o donatario) in conto di legittima sia chiamato a succedere, per vocazione testamentaria o legittima, e decida di rinunziare all’eredità ma di ritenere il legato (o la donazione).
In primo luogo, la legge ammette che il legittimario possa tenere la disposizione a titolo particolare (dispensata o meno dall’imputazione) e prevede che questa graverà sulla disponibile. In seguito, in relazione alle donazioni o ai legati in conto di legittima l’art. 552 citato prevede che “saranno salve le assegnazioni fatte dal testatore sulla disponibile, che non sarebbero soggette a riduzione se il legittimario accettasse l’eredità, e si riducono le donazioni e i legati fatti a quest’ultimo”.
L’interpretazione costante 166 della norma è nel senso di ritenere che il legittimario che rinunzi
165 Il legato in conto di legittima si distingue sia dal prelegato (art. 661 cod. civ.), che è un legato cumulabile con la quota di legittima, sia dall’assegno divisionale, quale porzione formata direttamente o indirettamente dal testatore in sede di divisione.
Sul legato in conto di legittima v. X.X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX, XXX. XXXXXXXX, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1979; X. XXXXXXXX, Commento agli artt. 649- 673 c.c., in Comm. Xxxxxx, XX, Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXXX, voce Legato, in Dig. disc. priv., Sez. X, Torino, 1993; A. XXXXXXXX- XXXXXXXX, voce Legato (dir. civ.), in Enc. dir., XXIII, Milano, 1973; X. XXXXXX, Il legato in conto di legittima nel sistema dei legati in favore del legittimario, in Familia, 2003, p. 287 ss.; A. MASI, Dei legati, Art. 649-673, in Comm. cod. civ., a cura di A. XXXXXXXX, X. XXXXXX,
Bologna- Roma, 1979, p. 87 ss.; A. XXXX, voce Legato, in Enc. giu. Treccani, XVIII, Roma, 1990; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 130 ss.; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Legato privativo di legittima, cit., p. 659 ss.; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 304 ss.; A. XXXXXXXXX, voce Legato (dir. civ.), in Noviss. Dig. it., Torino, 1963.
all’eredità potrà trattenere legati e donazioni nei limiti della disponibile, e che perderà quanto ecceda tale quota, così incrementando le quote dei legittimari accettanti. La rinunzia all’eredità viene vista come rinunzia anche alla legittima, conseguentemente il peso di donazioni e legati non dispensati graverà sulla disponibile. Questo potrebbe modificare l’assetto voluto dal testatore, rendendo la disponibile insufficiente a beneficiare sia i legittimari rinunzianti che gli estranei, eventualmente destinatari di una porzione dell’eredità. In questo caso verrebbero lesi anche gli altri legittimari, che correttamente potrebbero far valere i propri diritti agendo in riduzione. La disposizione de qua deroga al principio generale di riduzioni delle disposizioni lesive posto dall’art. 558 cod. civ., prescrivendo un ordine di riduzione, infatti dovranno essere ridotte prima le donazioni ed i legati fatti al legittimario rinunziante.
La norma è pertanto finalizzata a tutelare la volontà del testatore e metterla al riparo da possibili manovre dei legittimari che, facendo gravare le disposizioni a loro favore sulla disponibile, potrebbero alterare l’assetto immaginato dal de cuius.
La norma non si applica in caso di rappresentazione, perciò i discendenti dei legittimari dovranno imputare alla propria quota di legittima i legati o le donazioni fatti al rappresentato.
Tuttavia questa interpretazione della dottrina tradizionale deve essere ripensata alla luce delle citate pronunzie delle Sezioni Unite della Cassazione167 relative agli effetti derivanti dalla perdita dei diritti di legittima di uno o più legittimari per il calcolo delle altre quote di legittima.
La dottrina tradizionale168 ritiene che la rinunzia all’eredità di un legittimario abbia effetto retroattivo, quindi che le quote degli altri legittimari ne beneficeranno perché saranno calcolate come se questo legittimario non vi fosse mai stato.
Secondo la successiva Cassazione169, invece, la rinunzia di un legittimario non determina il ricalcolo delle altre quote di legittima che rimangono invariate. Conseguentemente la quota del rinunziante andrà a favore degli estranei che beneficeranno di una porzione di patrimonio superiore a quella di cui il
166 X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 304 s.; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 148 ss.; A. CICU, Le successioni, cit., p. 246 s.; X. XXXXXXXX, Manuale di diritto civile e commerciale, VI, cit., p. 534.
167 SS. UU., 9 giugno 2006, n. 13429 e SS. UU., 12 giugno 2006, n. 13524, sulle quali v. par. 3.
168 A. CICU, Le successioni, cit., p. 252; X. XXXXX, Dei legittimari, Art. 536- 564, cit., p. 27; X. XXXXXXXX, Manuale di diritto civile e commerciale, III, cit., p. 210; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 159 ss.; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 276.
169 SS. UU., 9 giugno 2006, n. 13429 e SS. UU., 12 giugno 2006, n. 13524, cit., v. par. 3.
testatore avrebbe potuto disporre. Tale nuova interpretazione ha portato un autore170 ad osservare che, se la quota del legittimario rinunziante non incrementa le quote degli altri legittimari, egli non è privato del suo diritto di legittima, ma semplicemente tacitato dalle disposizioni a titolo particolare fatte in suo favore. E l’interpretazione costante, che ravvisa una rinunzia alla legittima nella rinunzia all’eredità, contrasterebbe con la volontà del testatore, che è quella di beneficiarlo con una disposizione in conto e non in sostituzione di legittima, che quindi non lo vorrebbe privare del diritto di agire per ottenere l’eventuale integrazione della propria quota. Accogliere l’interpretazione tradizionale implicherebbe la creazione di un’ingiustificata disparità di trattamento in danno del legittimario rinunziante all’eredità legatario in conto di legittima rispetto al legatario in sostituzione di legittima. Infatti, il primo non potrebbe cumulare la legittima con la disponibile, e, nell’ordine di riduzione delle disposizioni lesive, la propria liberalità sarebbe prima rispetto a quella del legatario in sostituzione di legittima, mentre il secondo potrebbe cumulare la legittima con la disponibile. Per queste ragioni, quest’ultima dottrina ritiene che l’art 552 cod. civ. non debba più essere interpretato nel senso di ritenere che la rinunzia all’eredità determini per il legittimario l’impossibilità di ritenere sulla legittima i legati e le donazioni in conto di legittima. Ma che l’interpretazione più corretta sia nel senso di ritenere che il legittimario legatario ( o donatario) in conto, rinunziante all’eredità, possa ritenere i legati (o le donazioni) nei limiti in cui sia rispettata la quota degli altri legittimari e non siano pregiudicate le assegnazioni sulla disponibile che non sarebbero state soggette a riduzione se il legittimario avesse accettato l’eredità.
170 M. XXXXXX, Invariabilità delle quote di legittima: il nuovo corso della Cassazione e i suoi riflessi in tema di donazioni e legati in conto di legittima, cit., p. 211 ss.
Capitolo II
La tutela codicistica dei legittimari
2.1 La tutela tradizionale dei legittimari
2.2 L’azione di riduzione
2.3 Le azioni di restituzione
2.1 La tutela tradizionale dei legittimari
La sezione II del capo dedicato ai legittimari è rubricata “reintegrazione della quota di riserva”. Si occupa infatti degli strumenti e delle modalità attraverso i quali concretamente il legittimario leso è tutelato.
Il mezzo di tutela principale del legittimario è l’azione di riduzione171.
In realtà, al di sotto di questa formula unitaria, stanno tre azioni172.
La prima è la vera e propria azione di riduzione, che ha lo scopo di accertare la sussistenza della lesione e quantificarla.
La seconda e la terza sono rispettivamente l’azione di restituzione contro i beneficiari delle disposizioni ridotte e l’azione di restituzione contro i terzi acquirenti. Tali azioni dovranno essere esperite solo in seguito al vittorioso esito della prima, al fine di riottenere i beni oggetto delle disposizioni dichiarate inefficaci.
Sebbene la sezione si apra con le norme relative alla vera e propria riduzione delle disposizioni lesive, è opportuno passare ad analizzare l’art. 556 cod. civ., che si occupa delle operazioni necessarie a determinare la porzione disponibile, e quindi l’indisponibile.
La disposizione indica tre operazioni che devono essere compiute per calcolare la legittima: la prima è formare una massa di tutti i beni appartenenti al defunto al tempo della morte, il c.d. relictum, detraendone i debiti; successivamente si devono unire a questi, seppur fittiziamente, i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione. A questo punto si potranno calcolare quota di legittima e quota disponibile.
E’ importante l’uso di quel “fittiziamente” perché ciò implica che la somma delle donazioni sia
171 Sull’azione di riduzione in generale v. X. XXXXXXX, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, cit., p. 1031 ss.; X. XXXXXXX, voce Riduzione delle donazioni e disposizioni testamentarie lesive della legittima, in Dig. disc. priv. Sez. civ., XVII, 1999, p. 615 ss.; V.R. XXXXXXX, voce Riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie lesive della legittima, in Noviss. Dig. it., XV, Torino, 1968, p. 1055 ss.; X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 304 ss.; X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 459 ss.; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 232 ss.; F. MONCALVO, Sulla natura giuridica dell’azione di riduzione, in Familia, 2004, I, p. 177 ss.; A. PALAZZO, Le successioni, cit., p. 565 ss.; A. XXXXXXX, voce Riduzione (azione di), in Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma, 1991, p. 1 ss.; A. XXXX, La tutela del legittimario, cit., p. 78 ss.; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 307 ss.
172 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 232; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 310. La distinzione tra azione di riduzione e azioni di restituzione è avvallata, in giurisprudenza, da Cass., 22 marzo 2001, n. 4130, in Riv. not., 2001, p. 1503; Cass., 26 febbraio 1993, n. 2543, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 1846; Cass., 22 giugno 1965, n.
1309, in Giust. civ., 1966, I, p. 388.
un’operazione meramente contabile. In altri termini, i beni donati non escono materialmente dalla sfera giuridica del donatario, per entrare a far parte, in concreto della massa dei beni relitti ma ne verrà sommato il loro valore, come dice la disposizione, secondo il valore determinato in base alle regole previste per la collazione. Infatti, nel caso in cui il relictum fosse capiente a soddisfare i diritti dei legittimari, le donazioni rimarranno intangibili.
Sin da ora è perciò evidente che il de cuius non potrà agevolmente calcolare quand’è ancora in vita la quota di cui può liberamente disporre, dovendo compiere tutte queste operazioni e, per esempio, non potendo considerare le oscillazioni di valore dei beni donati in vita, nonché il perimento o la consumazione di parte o tutti i cespiti del defunto nell’ultimo periodo della sua vita.
Si è detto che la prima operazione che deve essere compiuta è formare il relictum, quindi verificare quali beni abbia lasciato il defunto e calcolarne il valore. Il relictum comprende tutti i beni e i diritti suscettibili di valutazione economica che il de cuius lascia alla sua morte. Il momento in relazione al quale deve essere effettuato il suddetto calcolo non è previsto espressamente relativamente al relictum, ma solo al donatum, la disposizione infatti rinvia espressamente agli artt. 747 e 750 cod. civ., quindi per determinare il valore delle donazioni si deve fare riferimento al momento di apertura della successione. Tuttavia è pacifico173 che tale momento vada esteso anche per calcolare il valore del relictum, anche al denaro, che deve essere calcolato sulla base del valore nominale al momento dell’apertura della successione, senza tener conto di eventuali fenomeni di svalutazione monetaria174.
Per quanto riguarda i beni appartenuti al defunto sotto condizione, la valutazione cambierà a seconda che i tratti di condizione sospensiva o risolutiva. Nel primo caso il bene non andrà calcolato, mentre nel secondo si. Naturalmente si dovrà poi fare i conti con l’eventuale avveramento della condizione e le conseguenze che essa comporta175.
Invece, in relazione ai beni oggetto di alienazioni simulate, dovranno essere calcolati i beni oggetto
173 In questo senso in giurisprudenza v. tra le tante Xxxx., 19 maggio 2005, n. 10564, in Giust. civ. Mass., 2005; Cass., 24 novembre 2003, n. 17878, in Dir. e giust., 2003; Cass., 17 gennaio 2003, n.
654, in Giust. civ. Mass., 2003; Cass., 23 maggio 1990, n. 4654, in Giust. civ. Mass., 1990; Cass., 5 giugno 2000, n. 7478, secondo la quale “in tema di reintegrazione della quota di legittima, l’accertamento della lesione va effettuato procedendo alla formazione della massa dei beni relitti ed alla determinazione del loro valore al momento dell’apertura della successione”.
174 “il denaro e i crediti che fanno parte del relictum debbono essere calcolati secondo il loro valore nominale al tempo dell’apertura della successione, senza tener conto della svalutazione”, Cass., 19 ottobre 1959, n. 2698, in Foro it., 1959, I, c. 1344.
000 X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 310; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 177; A. CICU, Le successioni, cit., p. 270; X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 263.
di simulazioni assolute e relative, nel caso in cui il negozio simulato non abbia i requisiti di forma e sostanza previsti per quello dissimulato, in quanto sarà come se non fossero mai usciti dal patrimonio del de cuius176, stante il chiaro disposto dell’art. 1414 cod. civ. a mente del quale il contratto simulato non produce effetti tra le parti. In questo caso graverà sul legittimario l’onere di proporre l’azione di simulazione. Egli però potrà avvalersi di qualsiasi mezzo di prova perché deve essere considerato terzo, ovvero non parte del negozio, in quanto agisce non in qualità di erede, ma di legittimario, quindi in forza di un diritto che gli proviene direttamente dalla legge, ragion per cui non sarà soggetto alle limitazioni previste dall’art. 1417 cod. civ.177.
Rientrano nel relictum anche i legati di specie, purchè il bene legato appartenesse al testatore178, ed anche i crediti, salvo il caso in cui siano inesistenti o di dubbia esigibilità, ipotesi nella quale si applicherà la stessa regola prevista per i crediti sottoposti a condizione sospensiva.
Sono comprese anche le aziende ed il relativo avviamento. Nonché i beni che il defunto abbia acquistato con patto di riservato dominio o in leasing, in questi casi però, il debito di rate non ancora pagate andrà indicato tra le passività179.
Invece non devono essere ricompresi tutti quei diritti che si estinguono per effetto della morte, come ad esempio l’usufrutto, o quei diritti per i quali la morte costituisca termine finale o condizione risolutiva.
Sono esclusi anche i frutti naturali non ancora percepiti ed i frutti civili non ancora maturati.
Inoltre sono evidentemente esclusi i beni ed i diritti acquistati iure proprio dagli eredi, cioè quei beni acquistati non a causa ma in occasione della morte. La ragione sta nel fatto che non erano presenti nel patrimonio del de cuius e che vengono acquistati a titolo originario dagli eredi. Si fa riferimento al credito risarcitorio a titolo di danno biologico, di danni da morte, morali e da lutto patiti dal defunto, nonché alle pensioni di reversibilità. Ancora, il diritto al capitale assicurato in forza di un contratto di assicurazione sulla vita, che spetta ai soggetti individuati dall’assicurato, eventualmente anche nel testamento. Quest’ultima esclusione è confermata dal fatto che tali soggetti acquistano queste indennità
176 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 184 ss.; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 181 ss.
177 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 181 ss.; in giurisprudenza, a conferma dell’orientamento consolidato, x. Xxxx., 12 giugno 2007, n. 13706, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
178 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 184; X. XXXXXXXXXX, voce Successione necessaria (dir. priv.), cit., p. 1371.
179 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 178 ss.
anche qualora non siano stati istituti eredi, o abbiano rinunziato all’eredità180.
Una volta formata la massa dei beni relitti, si dovrà procedere alla detrazione dei debiti.
Innanzitutto bisogna sottrarre non solo i debiti contratti in vita dal defunto, ma anche quelli sorti in occasione della morte, come le spese funerarie, o quelle per la pubblicazione del testamento182.
Xxxxxx detrarsi anche i debiti che il de cuius aveva nei confronti del legittimario e sarà irrilevante che questi abbia o meno accettato l’eredità con beneficio d’inventario.
Come anticipato, non si detraggono ma si sommano i legati di specie e lo stesso vale per i legati obbligatori, trattandosi anch’essi di liberalità, quindi di debiti a carico degli eredi che quindi non danno luogo ad un maggiore attivo dell’eredità.
Ancora non si detraggono le obbligazioni naturali, poiché non si tratta di veri e propri obblighi giuridici, ma obbligazioni da cui scaturisce un dovere morale o sociale di adempiere (art. 2034 cod. civ.). A queste è equiparato il pagamento dei debiti prescritti prima dell’apertura della successione.
Per quanto riguarda i debiti sottoposti a condizione, il discorso è speculare a quello fatto per i beni da sommare. I debiti sottoposti a condizione risolutiva andranno detratti, mentre quelli sottoposti a condizione sospensiva no, salva anche in questo caso il tener conto dell’eventuale successivo avveramento della condizione.
L’art. 556 cod. civ. precisa che la detrazione dei debiti si effettua solo dai beni relitti, e non anche da quelli donati, pertanto qualora non vi fosse relictum, la quota di legittima andrà calcolata sul solo donatum.184
Terminata la detrazione dei debiti, si procederà alla riunione fittizia delle donazioni, che, come
180 A. TULLIO, La tutela dei diritti dei legittimari, cit., p. 420.
181 X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 312; A. CICU, Le successioni, cit., p. 266; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 178.
182 A. CICU, Le successioni, cit., p. 263.
183 A. CICU, Successione legittima e dei legittimari, cit., p. 267; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 188, nota 38; A. PALAZZO, Le successioni, cit., p. 10.
184 X. XXXXXXX, Sistema istituzionale di diritto privato italiano, cit., p. 1025 s.; X. XXXXXXX,
Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 191 s.
anticipato è un’operazione meramente contabile che non influisce in alcun modo sulla situazione giuridica dei beni donati, infatti le donazioni potranno essere messe materialmente in discussione solo in seguito all’esercizio vittorioso dell’azione di riduzione da parte del legittimario (art. 555 cod. civ.)185.
Nella riunione sono ricomprese tutte le liberalità compiute con atto tra vivi dal de cuius, chiunque sia stato il donatario, e senza che, se la donazione fosse stata effettuata a favore del legittimario, rilevi l’eventuale dispensa dall’imputazione.
Come anticipato, per quanto riguarda le donazioni, l’art. 556 cod. civ. , prevede espressamente che il valore debba essere determinato in base alle regole dettate per la collazione, quindi al momento dell’apertura della successione. La dottrina estende questo rinvio anche all’oggetto della donazione, osservando che l’oggetto della riunione fittizia è lo stesso dell’imputazione ex se, per la quale l’ultimo comma dell’art. 564 cod. civ., richiama espressamente l’oggetto della collazione186. Tale rinvio rende applicabili alla riunione fittizia le regole contenute negli artt. 741- 744 cod. civ.
Perciò, ex art. 741 cod. civ., è soggetto a riunione, “ciò che il defunto ha speso a favore dei suoi discendenti per assegnazioni fatte a causa di matrimonio, per avviarli all’esercizio di un’attività produttiva o professionale, per soddisfare premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita a loro favore o per pagare i loro debiti”.
L’art 742 cod. civ. esclude invece “le spese di mantenimento e di educazione e quelle sostenute per malattia” e “quelle ordinarie fatte per abbigliamento o per nozze”. Per quanto riguarda “le spese per il corredo nuziale e quelle per l’istruzione artistica o professionale sono soggette” a riunione “solo per quanto eccedono notevolmente la misura ordinaria, tenuto conto delle condizioni economiche del defunto”. Non è soggetta a riunione nemmeno “la liberalità che si suole fare in occasione di servizi resi o comunque in conformità agli usi” (art. 770 cod. civ.).
Ai sensi dell’art. 743 cod. civ. non deve essere riunito nemmeno “ciò che si è conseguito per effetto di società contratta senza frode tra il defunto e alcuno dei suoi eredi, se le condizioni sono state regolate con atto di data certa”.
Infine l’art. 744 cod. civ. esclude la cosa perita per causa non imputabile al donatario.
185 X. XXXXXXX, Sistema istituzionale di diritto privato italiano, cit., p. 997 s.; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 194; X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 177.
186 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 195 ss.; X. XXXXX,
Dei legittimari, cit., p. 189.
Dovranno essere sottratte anche le c.d. donazioni indirette.187
Per quanto riguarda le donazioni di somma di denaro, il legislatore non ha richiamato espressamente l’art. 751 cod. civ. dettato in materia di collazione, ma ciononostante lo si ritiene applicabile. Tale disposizione prevede che debba essere conferita una somma di danaro pari a quella donata. Ciò sembra contrastare con quanto previsto relativamente alle donazioni dei beni mobili e immobili, in quanto in questo caso si deve fare riferimento al loro valore al momento della successione. In proposito era stata sollevata anche la questione di legittimità costituzionale, peraltro respinta dalla Consulta, sia in materia di collazione che di riunione fittizia188. Così una parte della dottrina189 ha proposto di distinguere tra le diverse donazioni di somma di danaro. Se la donazione ha avuto ad oggetto esclusivamente una somma di danaro, che rileva come somma capitale, senza essere ricollegata ad una operazione negoziale, è giustificata la riunione fittizia del denaro secondo il valore nominale. Qualora, invece, il denaro sia donato in considerazione del potere d’acquisto, perché finalizzato ad esempio all’acquisto di un’immobile, l’oggetto di liberalità in realtà sarà l’immobile. Tale fenomeno è ricondotto da questa dottrina alle donazioni indirette, pertanto non sarebbe corretto riunire fittiziamente la somma di danaro nel suo valore nominale, ma l’oggetto della riunione sarà il bene immobile, quindi col valore che esso ha al momento dell’apertura della successione.
Tale distinzione è stata poi confermata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione190 che hanno affermato che nel primo caso oggetto della riunione è il danaro “perché in questo caso ciò che proviene dal patrimonio del donante è solo il danaro”, mentre nel secondo caso deve essere conferito l’immobile
187 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 199 ss.; X. XXXXXXXXX, Sull’azione di riduzione delle donazioni indirette che hanno leso la quota di legittima, in Scritti in onore di Xxxxx Xxxxxxx, I, Milano, 1995, p. 131 ss.; X. XXXXXXX, Riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie lesive della legittima, cit., p. 131 ss.; V.R. XXXXXXX, Riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie lesive della legittima, cit., p. 770 ss.
In tema di donazioni indirette v. A. PALAZZO, Le donazioni indirette, in La donazione, Tratt. dir. da
X. XXXXXXXX, Torino, 2001, p. 52- 148, e A. PALAZZO, Le donazioni. Artt. 769- 809, in Cod. Comm., dir. da X. XXXXXXXXXXX, Milano, 2000, II ed., p. 559- 562.
188 Xxxxx Xxxx., 00 gennaio 1981, n. 107, in Foro it., 1981, I, c. 2108; Xxxxx Xxxx., 00 ottobre 1985,
n. 230, in Xxxx xx., 0000, X, x. 00; Corte Cost., ord. 27 luglio 1989, n. 463, in Giur. cost., 1989, p. 2145, con nota di X. XXXXXXXXXXX, Collazione e principio nominalistico.
189 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 204- 208.
190 Cass., Sez. Un., 5 agosto 1992, n. 9282, in Resp. Civ. e prev., 1993, p. 283, con nota di G.F. BASINI, L’oggetto della liberalità ai fini della collazione, dell’imputazione ex se e della riunione fittizia, in ipotesi di “intestazione di beni a nome altrui”; in Foro it., 1993, I, c. 1544, con nota di C. DE XXXXXXX, Intestazione del bene in nome altrui e collazione: il nuovo corso della Cassazione si consolida; in Giust. civ., 1992, p. 2991, con nota di GIU. AZZARITI, Somma erogata per l’acquisto di un immobile intestato a soggetto diverso dall’acquirente e collazione.
perché il patrimonio del de cuius “resta depauperato non solo per la donazione del denaro, ma pure per la perdita del diritto potestativo alla conclusione della compravendita”.
Sono soggette a riunione fittizia anche le donazioni fatte con dispensa dall’imputazione, in quanto il donante non può in alcun modo impedirne la riunione. A tal fine sarebbe inutile anche la dispensa dall’imputazione ex se che deve fare il legittimario che agisce in riduzione perché l’imputazione è finalizzata a consentire al legittimario di conseguire la donazione in aggiunta alla legittima, ma non può modificare la base del calcolo per la determinazione della legittima stessa191.
Riguardo alla donazione con riserva di usufrutto a favore del donante, nella riunione si farà riferimento al valore della piena proprietà, in quanto, con la morte del de cuius usufrutto e nuda proprietà si saranno consolidati.
Si è detto che sono escluse le donazione previste dal secondo comma dell’art. 770 cod. civ., e tale esclusione viene fatta anche dall’art. 809 cod. civ. il quale così, implicitamente ammette la riunione di quelle previste al primo comma, ossia le donazioni rimuneratorie.
In tema di donazioni modali, invece bisogna distinguere tra la disciplina della collazione e quella della riunione fittizia. Esse differiscono relativamente alla misura del conferimento. Nel caso di collazione, infatti, il valore dell’onere va sempre sottratto, invece in caso di riunione fittizia bisogna distinguere a seconda che il modus sia stato apposto a vantaggio del donante o di un terzo. Nel primo caso andrà detratto, ma nel secondo no, perché limita l’arricchimento del donatario ma non il depauperamento del donante.192
Per quanto riguarda invece le donazioni simulate, bisognerà distinguere a seconda che la simulazione sia assoluta o relativa. Nel primo caso, ed anche in ipotesi di simulazione relativa in assenza dei requisiti di forma e sostanza del negozio dissimulato, il negozio non sarà soggetto a riunione fittizia perché i beni sono solo apparentemente usciti dalla sfera del donante, e pertanto andranno calcolati con il relictum. Nel caso invece di simulazione relativa, in presenza dei requisiti di forma e sostanza del negozio dissimulato, si procederà alla riunione perché si tratta di vere e proprie donazioni anche se mascherate da negozi onerosi.
Di conseguenza il legittimario leso o pretermesso ha interesse a far accertare le donazioni dissimulate, in maniera tale che siano dichiarate inefficaci qualora venisse accertata la lesione dei suoi diritti di
191 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 523.
192 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 524; X. XXXXXX, La riduzione della donazione modale, in Xxxxxxxxx, 1999, p. 959.
legittima. Ciò ha portato la giurisprudenza193 e la dottrina tradizionale194 a ritenere che vi sia carenza di interesse ad esperire l’azione di simulazione quando non vi siano le condizioni per l’esperimento dell’azione di riduzione, quindi che vi sia un rapporto di mezzo a fine fra azione di simulazione ed azione di riduzione. Tuttavia altra dottrina195 ha osservato che il rapporto funzionale esistente tra le due azioni non preclude sempre l’esperimento dell’azione di simulazione per carenza di interesse quando non vi siano i presupposti per quella di riduzione. Ciò è vero solo nel caso in cui il diritto ad agire in riduzione sia prescritto mentre potrebbe non esserlo nel caso in cui il legittimario abbia accettato puramente e semplicemente, infatti egli, pur non potendo agire in riduzione avverso le donazioni dissimulate fatte ad estranei, potrebbe comunque agire contro disposizioni testamentarie fatte a favore di coeredi, caso in cui l’accertamento delle donazioni dissimulate si rivelerebbe importante per il calcolo della legittima, e quindi per determinare l’entità della lesione eventualmente subita.
In ultimo la dottrina è divisa sulla necessità di assoggettare a riunione fittizia quanto è stato attribuito col patto di famiglia, ma anche per questo aspetto si rimanda ai capitoli successivi196.
Al termine della riunione fittizia sarà finalmente possibile determinare il valore del patrimonio ereditario. A questo punto ci si dovrà riferire alla disciplina prevista dagli artt. 536 e ss. cod. civ. per individuare concretamente la quota dei singoli legittimari, poiché, come detto tale disciplina distingue a seconda del numero della classe e dell’ordine dei legittimari.
Per ciò che attiene a questo aspetto, la dottrina e la giurisprudenza tradizionali 197 hanno sempre affermato che si dovesse fare riferimento alla situazione che concretamente si realizza, anche a seguito
193 Cass., 13 maggio 1949, n. 1188; Cass., 5 gennaio 1980, n. 66, in Foro it., 1980, I, p. 2441, ed in
Giur. it., 1980, I, 1, p. 802; Cass., 23 gennaio 1980, n. 567, in Rep. Xxxx xx., 0000, xxxx Xxxxxxxxxxx xx xxxxxxx xxxxxx, x. 00; Cass., 11 ottobre 1986, n. 5947, in Foro it., 1987, I, p. 1175 e in Giur. it., 1987, I, 1, p. 1866, con nota di GIU. XXXXXXXX; Cass., 29 ottobre 1994, n. 8942, in Rep. Foro it., 1994, voce Successione ereditaria, n. 94; Cass., 24 maggio 1995, n. 5700, in Foro it., Rep. 1995, voce Successione ereditaria, n. 91 e in Notariato, 1995, p. 539, con nota di A. DE BONIS.
194 GIU. XXXXXXXX, Il legittimario e l’azione di riduzione, in Giur. It., 1986, I, p. 1 ss.; X. XXXXXXX,
Impugnazione e prova della simulazione da parte del legittimario, in Foro pad., 1953, I, p. 719 ss.;
X. XXXXXX, In tema di prescrizione dell’azione di riduzione, in Giur. it., 1986, I, p. 1 ss.
195 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 210 s.; A. TORRENTE, Sull’inapplicabilità dell’art. 564 c.c. all’azione dichiarativa della simulazione, in Foro it., 1954, I, p. 148 ss.
196 v. cap. IV.
197 In dottrina v. X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 159 ss.; ed in giurisprudenza Cass., 11 febbraio 1995, n. 1529, in Giust. civ., 1995, I, p. 2117; Cass., 9 marzo 1987, n. 2434, in Giust. civ., 1987, I, p. 1046, con nota di GIU. XXXXXXXX, Criteri per il calcolo della riserva nel caso di rinuncia da parte di alcuni degli aventi diritto, ed in Riv. not., 1987, p. 578 ss.
eventualmente di rinunzie o prescrizioni dei diritti di ciascun legittimario. In contrario però, come già ricordato, si sono espresse più di recente le sezioni unite della Corte di Cassazione198, le quali hanno ritenuto che la rinunzia o la prescrizione del diritto di un legittimario non comportino il ricalcolo delle quote spettanti agli altri legittimari, perché le stesse devono essere individuate avendo riguardo alla situazione esistente al momento dell’apertura della successione, ed una volta individuate le stesse siano invariabili perché insensibili alle vicende relative ad ogni legittimario.
198 Cass., S.U., 9 giugno 2006, n. 13429 e Cass., 12 giugno 2006, n. 13524, cit., x. xxx. 0 xxx. I.
2.2 L’azione di riduzione
L’azione di riduzione è il particolare strumento che il legislatore attribuisce al legittimario al fine di far dichiarare inefficaci nei suoi confronti le disposizioni testamentarie e le donazioni lesive del suo diritto alla legittima.
Come anticipato, questa è l’azione di riduzione in senso stretto, che può essere seguita, se esercitata vittoriosamente, dalle azioni di restituzione avverso i donatari e agli aventi causa dei beneficiari delle disposizioni lesive. Tali azioni si distinguono dalla prima quanto alla natura, agli effetti prodotti, e ai legittimati passivi. Quindi, mentre la prima azione è volta a far dichiarare l’inefficacia delle disposizioni lesive, l’azione di restituzione sarà utilizzata dallo stesso legittimario per ottenere la restituzione dei beni oggetto delle disposizioni private dell’efficacia, seppur relativamente al solo legittimario attore.
L’azione di riduzione in senso stretto non è un’azione di nullità, in quanto presuppone proprio la validità delle disposizioni impugnate199. Infatti, se si trattasse di un’azione di nullità, il legittimario agirebbe con un’azione di mero accertamento, senza rispettare i requisiti previsti per l’esercizio dell’azione di riduzione, e l’effetto non sarebbe quello di rendere le disposizioni inefficaci, ma farebbe in modo che l’oggetto delle disposizioni rientri per intero nell’asse ereditario. Inoltre, se le disposizioni fossero nulle non potrebbero risultare lesive dei diritti del legittimario, mentre nella fattispecie è pacifico che in caso di mancata proposizione dell’azione di riduzione le stesse continuino a dispiegare i propri effetti sia verso i legittimari che verso i terzi200. Esclude ulteriormente la qualifica in termini di nullità, la circostanza che la lesività si verifichi al momento dell’apertura della successione, pertanto al più si potrebbe qualificare come nullità sopravvenuta, figura che è ritenuta inammissibile201.
Non si tratta neanche di un’azione di rescissione o di risoluzione, in quanto queste colpiscono il negozio per un vizio originario o sopravvenuto, mentre l’azione di riduzione non travolge le disposizioni lesive, ma le rende inefficaci nei confronti del legittimario.
In ultimo, si deve ritenere scorretta anche la qualificazione nel senso di azione revocatoria, poiché non
199 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 530, il quale alla nota 1127 richiama Xxxx., 30 luglio 2002, n. 11286, secondo cui “Le norme relative all’intangibilità della quota riservata ai legittimari, non ponendo il divieto assoluto dell’atto lesivo ma comminandone l’inefficacia nei confronti del soggetto tutelato ove questi intenda avvalersene, non rientrano nella categoria delle norme imperative inderogabili, la cui violazione rende illecito il negozio”.
200 X. XXXXXXX, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, cit., p. 1032; X. XXXXXXXXXX, voce Successione necessaria, cit., p. 1368; X. XXXXXXX, voce Riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie lesive della legittima, cit., p. 617.
201 X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 250.
è sufficiente affermare che entrambe rendono inefficaci nei confronti dei soli soggetti lesi le disposizioni impugnate, in quanto le due azioni hanno peculiarità non sovrapponibili.
Altri203 hanno affermato in contrario che l’azione di riduzione abbia una natura meramente dichiarativa sul presupposto che le disposizioni e le donazioni lesive siano inidonee a ledere la legittima e che “l’azione di riduzione mira ad una reintegrazione di fatto della legittima, di cui il legittimario non è mai stato, de iure, privato”. Tale opinione però si pone in contrasto con la circostanza che le disposizioni lesive siano valide ed efficaci fino a che non intervenga una pronuncia costitutiva di riduzione.
Si tratta di un’azione di inefficacia relativa perché pronunciata solo nei confronti del legittimario che agisce in giudizio. Si tratta inoltre di un’azione di inefficacia sopravvenuta perché non attua un nuovo trasferimento dei beni al patrimonio del defunto, ma fa in modo che il trasferimento dal defunto al beneficiario delle disposizioni lesive non sia mai avvenuto. Pertanto il legittimario non acquista i beni in forza della sentenza, ma in forza della vocazione necessaria, che, per effetto della sentenza, si produce in suo favore.
Dottrina e giurisprudenza 204 sono concordi nell’attribuire al legittimario un diritto potestativo a conseguire la rimozione degli effetti delle disposizioni lesive, che può essere esercitato solo in sede processuale. Infatti la riduzione delle liberalità viene ottenuta a prescindere dalla collaborazione del beneficiario della medesima.
L’azione di riduzione è poi un’azione personale perché può essere proposta solo contro i beneficiari delle disposizioni lesive, e non contro gli aventi causa degli stessi. Da ciò discende l’assenza di litisconsorzio necessario, in quanto in giudizio è richiesta unicamente la presenza del legittimario e del
202 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 231; in senso conforme anche V.E. CANTELMO, L’istituto della riserva, in AA. VV., Successioni e donazioni, cit., p. 537; X. XXXXXXX, voce Riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie lesive della legittima, cit., p. 617; A. XXXX, La tutela del legittimario, cit., p. 63; X. XXXXXXXXXX, voce Successione necessaria (dir. priv.), cit., p. 1368.
203 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 248.
204 X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 154; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 230 s.; in giurisprudenza x. Xxxx., 0 marzo 1992, n. 2708, in Vita not., 1992, p. 1215; Cass., 19 giugno 1981, n. 4024, in Giust. civ. Mass.,
1981, p. 1424; Cass., 19 novembre 1973, n. 3098, in Giust. civ., 1974, I, p. 1041.
beneficiario della disposizione lesiva. Peraltro potrebbe essere opportuno chiamare in giudizio tutti i legittimati passivi per avere una sentenza opponibile nei confronti di tutti.
Gli effetti della sentenza di riduzione sono pacificamente ritenuti retroattivi.
Tuttavia si discute se essi retroagiscano al momento dell’apertura della successione o al momento della proposizione della domanda.
Nel primo senso pare decisiva la circostanza che il diritto a conseguire la quota di legittima sorga al momento dell’apertura della successione, perché è da quel giorno che le disposizioni e le donazioni possono rivelarsi lesive della quota di riserva, e questo è proprio il presupposto dell’azione di riduzione. Quindi quest’ultima rimuoverebbe gli effetti lesivi da questo momento206.
I sostenitori della seconda tesi argomentano sulla base del secondo comma dell’art. 561 cod. civ., secondo il quale i frutti devono essere restituiti solo dal giorno della proposizione della domanda giudiziale, ma questo principio non può essere generalizzato per tutti gli effetti dell’azione di riduzione. Infatti, costituisce principio generale in materia che l’inefficacia sopravvenuta del titolo sul quale si fonda il godimento di un bene, non dipendente da cause di nullità, annullabilità o altri vizi, non pregiudichi gli atti di godimento anteriori207.
Gli artt. 553 e ss. cod. civ. sono dedicati alla riduzione delle disposizioni lesive della legittima.
In limine si deve rilevare che il legislatore pone un ordine secondo cui le disposizioni devono essere ridotte: si parte dalle quote legali ab intestato, si prosegue con le disposizioni testamentarie ed infine si passa alle donazioni.
L’art. 553 cod. civ. prevede che, qualora si apra la successione legittima, in caso di concorso tra
205 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 235- 238, il quale ha osservato che nell’ipotesi in cui l’azione di riduzione si rivolga contro disposizioni a titolo universale, essa comporta l’acquisto, da parte del legittimario, non dei beni determinati, ma una quota di eredità, ed il conseguimento dei beni avverrà solo in seguito all’azione di divisione.
206 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 306; F. MONCALVO, Sulla natura giuridica dell’azione di riduzione, cit., p. 177; X. XXXXXXXXXX, voce Successione necessaria (dir. priv.), cit., p. 1368.
207 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 302; X. XXXXXXXX, Manuale di diritto civile e commerciale, VI, p. 351; F. MONCALVO, Sulla natura giuridica dell’azione di riduzione, cit., p. 177.
legittimari ed eredi legittimi, le attribuzioni a favore di questi ultimi si riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario a reintegrare la quota di riserva. Parte della dottrina208 ha ritenuto che tale disposizione sia inutile poiché nella disciplina della successione legittima ci si occupa già del concorso tra legittimari ed eredi legittimi. Ma la dottrina prevalente209 sottolinea invece come la norma sia indispensabile proprio per questi casi, in quanto stabilisce la prevalenza delle disposizioni che tutelano il legittimario rispetto a quelle dettate per la successione legittima.
La dottrina inoltre si è divisa sul fatto che le posizioni dei successibili si riducano automaticamente210 o solo mediante l’azione di riduzione211.
E’ più corretto ritenere che si riducano solo in seguito all’esercizio dell’azione di riduzione, perché qualunque attribuzione, per legge o per testamento deve avere la medesima disciplina, con l’unica differenza che nel primo caso non si rende inefficace un negozio ma un’attribuzione che deriva dalla legge. Tra l’altro, accogliendo la prima tesi, i creditori ed i legatari, al momento dell’apertura della successione, non potrebbero sapere in che misura far valere i loro crediti nei confronti dei singoli coeredi, ne questi come ripartire fra loro il carico dei xxxxxx000.
Come anticipato, dopo aver ridotto le quote legali ab intestato, qualora fosse necessario, si riducono le disposizioni testamentarie, salvo che la successione sia regolata integralmente col testamento, al che si procederà a ridurre direttamente le disposizioni testamentarie lesive.
L’art. 554 cod. civ. prevede che le disposizioni testamentarie saranno ridotte nei limiti in cui eccedano la quota disponibile. La riduzione avverrà nella misura necessaria a far conseguire al legittimario la quota di utile netto che gli spetta, che dovrà essere calcolata avendo a mente il tempo di apertura della successione.
La riduzione può avere ad oggetto sia le disposizioni a titolo universale che particolare. Sono riducibili anche quelle soggette a condizione, se hanno effetto. Inoltre sono riducibili le attribuzioni testamentarie remunerative di servizi resi o secondo gli usi, in quanto la motivazione del de cuius è del tutto irrilevante. Si discute invece la riduzione di oneri e sublegati213.
208 X. XXXXXXX, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, cit., p. 1027 s.
209 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 144 ss.; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 229 ss.; A. XXXX, La tutela del legittimario, cit., p. 37.
210 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 46, 77 ss., 102 ss. e 230 ss.; A. XXXX, La tutela del legittimario, cit., p. 32.
211 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 144 ss.
212 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 534.
213 Per la tesi positiva si vedano: X. XXXXXXXXX, La donazione modale, Milano, 1969, il quale a p. 46 qualifica il modus come una liberalità indiretta, in quanto tale riducibile ai sensi degli artt. 555
Qualora anche il valore della quota disponibile per testamento non fosse sufficiente a reintegrare i diritti di legittima, si procederà con la riduzione delle donazioni.
L’art. 559 cod. civ. dispone che “le donazioni si riducono cominciando dall’ultima e risalendo via via alle anteriori”, pertanto in questo caso viene abbandonato il criterio proporzionale ed accolto il criterio cronologico ascendente.
Tale scelta si giustifica per la vigenza del principio di irrevocabilità delle donazioni215. Infatti, se si operasse una riduzione proporzionale anche delle donazioni, si consentirebbe al donante, effettuando una nuova donazione, di revocarne in parte alcuna precedente.
Il legislatore si occupa delle donazioni successive ma non di quelle coeve. In relazione a queste, sia la dottrina216 che la giurisprudenza217 sono d’accordo nell’applicare in via analogica il principio della proporzionalità previsto per le disposizioni testamentarie, riconoscendo, anche in questo caso, al donante la possibilità di prevedere un ordine di preferenza nello stesso atto di donazione. Bisogna sottolineare che non essendo configurabile tra i donatari un obbligo solidale, in caso di riduzioni proporzionali, ognuno risponderà per la propria quota.
e 809 cod. civ.; X. XXXXX, I legati nel diritto civile italiano, cit., p. 355 e 319 e X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 173 s., i quali affermano che la riduzione del legato comporta la proporzionale riduzione anche dell’onere. Per la tesi negativa vedi X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 413; A. MARINI, Il modus come elemento accidentale del negozio gratuito, Milano, 1976, p. 93 ss.; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 248 ss.
214 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 216; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 265.
215 X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 464.
216 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 219 ss.; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 276; A. PALAZZO, Le successioni, cit., p. 579.
217 Cass., 22 giugno 1961, n. 1495, in Foro pad., 1962, I, c. 22.
Una previsione specifica si ha a proposito di riduzione di legati o donazioni che abbiano ad oggetto beni immobili. L’art. 560 cod. civ. disciplina i casi in cui il valore del bene legato x xxxxxx ecceda il valore della quota disponibile in quanto, in questo caso, la restituzione successiva all’esperimento vittorioso dell’azione di riduzione ha anche funzione divisoria, visto che dovrà sciogliere la comunione sul bene legato x xxxxxx sorta tra il legatario o donatario ed il legittimario. La disposizione si occupa delle modalità di riduzione in questa peculiare ipotesi, ma la dottrina maggioritaria218 ritiene che queste modalità siano derogabili, ed applicabili anche in caso di riduzione di beni mobili.
Il primo comma dell’art. 560 cod. civ. prevede che, qualora il bene oggetto di riduzione sia comodamente divisibile, la riduzione andrà effettuata in natura, ovvero separando la porzione necessaria a reintegrare la quota spettante al legittimario. Il secondo comma invece si occupa del caso in cui non sia comodamente divisibile, ovvero l’ipotesi in cui la divisione del bene causerebbe la svalutazione delle singole parti dello stesso rispetto al suo intero valore, prevedendo che in tal caso sia assegnato per intero.
Distingue due ipotesi. La prima è quella in cui il valore del bene superi il valore della disponibile per un ammontare superiore ad un quarto del valore della disponibile medesima. In questo caso il bene sarà assegnato in natura al legittimario, che sarà però obbligato a corrispondere al legatario o al donatario un conguaglio in danaro pari al valore della disponibile.
La seconda ipotesi è quella in cui il valore del bene superi il valore della disponibile per un ammontare inferiore ad un quarto del valore della medesima. In questo caso il bene sarà assegnato interamente al legatario o donatario che avrà l’obbligo di corrispondere al legittimario una somma pari alla differenza tra il valore del bene ed il valore della disponibile.
La dottrina219 precisa che il legislatore ha configurato delle facoltà e non degli obblighi, pertanto qualora il soggetto non volesse che il bene gli venisse assegnato il bene dovrà essere venduto all’incanto.
Il terzo comma si occupa invece del caso in cui destinatario del legato o della donazione eccedente la disponibile sia il legittimario, che li riceve non in conto o in sostituzione di legittima ma cumulativamente rispetto a questa. La disposizione attribuisce al legittimario la facoltà di imputare l’eccedenza tra il valore del bene ed il valore della disponibile alla propria quota di legittima. Peraltro se il valore del bene oltrepassasse anche la somma di disponibile e legittima si procederà applicando i
218 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 223 e 226; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 286.
219 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 286 ss.
primi due commi220.
Per quanto riguarda il patto di famiglia si rinvia all’ultimo capitolo.
L’art. 557 cod. civ. dispone che legittimati a proporre l’azione di riduzione siano i legittimari, i loro eredi ed aventi causa. In caso di pluralità di legittimati si deve precisare che non si tratta di una legittimazione collettiva, ma di una legittimazione individuale e divisibile, sia dal lato attivo che da quello passivo221. Ogni legittimario ha quindi diritto ad agire in giudizio indipendentemente dagli altri, nonché di esperire l’azione contro uno solo dei beneficiari delle disposizioni lesive. Peraltro il legittimario potrà richiedere soltanto la reintegrazione della propria quota, e potrà richiedere la riduzione della liberalità impugnata soltanto proporzionalmente alla lesione del proprio diritto. Come anticipato, anche i beneficiari delle disposizioni lesive rispondono, nei confronti del legittimario, non in via solidale ma in proporzione alla propria quota.
La giurisprudenza, nel tempo, ha tratto diversi corollari da queste regole.
Innanzitutto ha negato la configurabilità del litisconsorzio necessario fra tutti i legittimari, affermando la necessità della presenza in causa del solo legittimario e del beneficiario della disposizione lesiva222. Conseguentemente ha negato che il giudicato faccia stato nei confronti di chi non ha partecipato al giudizio, quindi la riduzione promossa da uno di essi non può avere l’effetto di operare direttamente la reintegrazione spettante agli altri legittimari. Da ciò deriva anche che l’interruzione della prescrizione giova soltanto a colui che ha effettivamente agito223.
Oltre ai legittimari, si è detto, possono agire in riduzione anche i loro eredi ed aventi causa. Questo discende dalla natura patrimoniale del diritto del legittimario, che, in quanto tale, è disponibile e
220 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit. 299.
221 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 209; X. XXXXXXXXXXX, Xxxxx xxxxxxxxxxx, xxx., x. 000.; A. PALAZZO, voce Riduzione (azione di), cit., p. 1; X. XXXXXXXXXX, voce Successione necessaria (dir. priv.), cit., p. 1369.
222 Cass., 28 novembre 1978, n. 5611, in Foro it. Mass., 1978, e, implicitamente, Cass., S.U., 12 giugno 2006, n. 13524, cit., a proposito della determinazione delle quote di riserva; nello stesso senso già Cass., 15 giugno 1964, n. 1510, in Giust. civ., 1965, I, p. 1688. Xxxxxxxxx che non vi sia neanche litisconsorzio passivo anche in Cass., 22 ottobre 1975, n. 3500, in Foro it., 1976, I, p.
1952; Cass., 30 novembre 1963, n. 3077, in Giur. it., 1964, I, 1, p. 990; Cass., 9 luglio 1971, n. 2200,
in Giust. civ., 1972, I, p. 164; Cass., 21 marzo 1983, n. 1979, in Giust. civ. Mass., 1983; Cass., 27
223 Cass., 5 dicembre 1966, n. 2845, in Foro it. Mass., 1966; Cass., 22 giugno 1963, n. 1679, in Foro
it., 1963, I, c. 1919.
trasferibile sia inter vivos che mortis causa, naturalmente con i mezzi predisposti per la sua tutela224. Per quanto riguarda gli aventi causa rientrano in questa categoria il legatario dei diritti di legittima e l’acquirente a titolo gratuito o oneroso. Tale regola, come ha osservato la dottrina225, non è in contrasto con il principio della personalità del diritto di accettare perché la possibilità di agire in luogo del legittimario preterito è subordinata ad una sua manifestazione di volontà di ottenere la quota ereditaria riservata, manifestazione di volontà che si ritiene implicita nell’atto dispositivo.
Si discute poi se possano agire, in via surrogatoria, i creditori personali del legittimario. La dottrina prevalente226 ritiene di si, e motivano tale tesi stanti la patrimonialità del diritto e la legittimazione degli aventi causa che ne conferma la natura non personale. Anche in questo caso sarà necessario che il legittimario abbia prima manifestato la volontà di conseguire la legittima.
Il terzo comma dell’art. 557 cod. civ. esclude espressamente che possano agire in riduzione i donatari ed i legatari. Evidentemente tale esclusione è limitata ai donatari e legatari che non siano anche legittimari, poiché in questo caso conserverebbero il diritto ad agire. Sempre il terzo comma, relativamente ai creditori del de cuius distingue a seconda che i legittimari abbiano o meno accettato con il beneficio d’inventario.
224 A. ALBANESE, I soggetti che possono chiedere la riduzione, in Fam. Pers. e Succ., 2006, p. 740 ss.; X. XXXXXXXX, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 153; X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 199; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 302; A. PALAZZO, Le successioni, cit., p. 571.
225 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 199.
226 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 199- 200; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 242; A. XXXX, La tutela dei legittimari, cit., p. 69; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 316.
227 In tema di azione revocatoria v. X. XXXXXXX, La teoria generale delle obbligazioni, III, L’attuazione, Milano, 1964, p. 974 ss.; X. XXXXXXXX, Responsabilità patrimoniale. Disposizioni generali. Artt. 2740- 2744, in Cod. civ. comm., dir. da X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxx, 0000; E. XXXXX, Teoria generale delle obbligazioni, III, 2, Milano, 1955, p. 180 ss.; L. XXXXXXXXX XXXX, voce Revocatoria (azione), in Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma, 1991, p. 1 ss.; A. CICU, L’obbligazione nel patrimonio del debitore, Milano, 1948, p. 25 ss.; X. XXXXXXXXX, La revoca degli atti fraudolenti, a cura di X. XXXXXXX, Padova, 1950, p. 126 ss.; X. XXXXXXX, I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, in Giur. sist. Dir. civ. e comm., fondata da X. XXXXXXX, Torino, 1973; X. XXXXXX e L.
Per quanto riguarda la legittimazione passiva, invece, l’azione di riduzione può essere proposta solo contro i beneficiari della disposizione lesiva ed i loro eredi, non contro i loro aventi causa. Contro questi ultimi si dovrà proporre, solo in seguito al vittorioso esperimento dell’azione di riduzione, la diversa azione di restituzione.
L’art. 564 cod. civ. è rubricato “Condizioni per l’esercizio dell’azione di riduzione” e le stesse sono l’accettazione con beneficio d’inventario e l’imputazione di tutto ciò che egli abbia ricevuto, per successione o donazione, dal defunto.
Il primo comma prevede che “Il legittimario che non ha accettato l’eredità col beneficio d’inventario non può chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi, ancorchè abbiano rinunziato all’eredità. Questa disposizione non si applica all’erede che ha accettato con beneficio d’inventario e che ne è decaduto”. La ratio della disposizione è stata a lungo dibattuta, ma la dottrina prevalente228 la individua nell’esigenza di tutelare i donatari ed i legatari contro possibili abusi del legittimario che agisca in riduzione, perché per questi è necessaria la preventiva constatazione ufficiale della lesione. In altri termini, tende ad evitare che il legittimario agisca in riduzione anche quando il relictum sia tanto capiente da soddisfare la quota di legittima che gli spetta. Tanto è vero che non è richiesta quando il legittimario agisca contro un coerede, che, in quanto compartecipe della comunione ereditaria, ha tutti gli strumenti necessari per calcolare l’esatto ammontare del relictum. Peraltro tale previsione appare sproporzionata rispetto all’obiettivo che intende perseguire, visto che a tal fine sarebbe stata sufficiente la sola redazione dell’inventario.
Evidentemente l’accettazione beneficiata è richiesta solo da parte del legittimario leso, poiché quello preterito non è in condizione di accettare in qualsiasi modo l’eredità, poiché sarà delato solo in seguito all’esperimento vittorioso dell’azione di riduzione.
La dottrina prevalente229 e la giurisprudenza della Corte di Cassazione230 qualificano l’accettazione
XXXXXXXXX XXXX, I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, Milano, 1974; X. XXXXXX, voce Azione revocatoria, in Enc. dir., VI, Milano, 1959, p. 888 ss.; X. XXXXXX’, Conservazione della garanzia patrimoniale. Art. 2900- 2969, in Comm. cod. civ., a cura di A. SCIALOJA e X. XXXXXX, cit.,
p. 181 ss.; X. XXXXX, voce Responsabilità patrimoniale, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, p. 1041 ss.; X. XXXXX, La responsabilità patrimoniale del debitore, in Tratt. dir. priv., dir. da X. XXXXXXXX, XIX, Tutela dei diritti, I, Torino, 1997, p. 363 ss.
228 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 243; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 326.
229 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 252- 253; C. XXXXXXXXXXX, Delle successioni. Disposizioni generali – Successioni legittime, in Comm. cod. civ., Torino, 1978, p. 345.
beneficiata come condizione di ammissibilità dell’azione e non come requisito costitutivo, tanto è vero che il legittimario, che avesse agito senza richiedere il beneficio d’inventario, potrebbe sanare la situazione, in quanto agendo in riduzione avrebbe implicitamente accettato puramente e semplicemente l’eredità.
L’ultima parte del primo comma pone un’eccezione, prevedendo che la disposizione non si applichi all’erede che abbia accettato col beneficio d’inventario e ne sia decaduto.
Alcuni in dottrina231 precisano però che quest’ultima norma non si applicherà nell’ipotesi in cui l’erede non abbia provveduto alla redazione dell’inventario, poiché questa è la principale garanzia per i soggetti passivi dell’azione di riduzione, e la sua mancanza fa si che sia considerato quale erede puro e semplice e non possa esperire tale azione.
Il secondo comma prevede invece l’onere di imputare le donazioni ed i legati a lui fatti, salvo espressa dispensa. Pertanto si deve presumere che tali disposizioni in suo favore siano fatte in conto di legittima. In questo modo il legislatore circoscrive l’ambito di applicazione dell’azione di riduzione. Tale norma è comunemente interpretata estensivamente, in modo da ricomprendere tutto ciò che il legittimario abbia ricevuto per successione.
E, secondo l’ultimo comma, andrà dispensato dell’imputazione tutto ciò che è dispensato dalla collazione. Si è già detto, occupandoci della riunione fittizia, delle donazioni imputabili, poiché anche questa disciplina richiama la disciplina della collazione. L’unica differenza si avrà per le donazioni modali, in quanto, qualora il modus sia a favore di un terzo, e non dello stesso donante, il legittimario non dovrà detrarre l’onere come per la riunione fittizia, ma imputare l’intero valore. Anche in questo caso, l’imputazione andrà fatta avendo riguardo al valore che le liberalità hanno al momento dell’apertura della successione.
Il terzo comma è dedicato all’imputazione del rappresentante e prevede che questi debba imputare donazioni e legati ricevuti del rappresentato. In passato la norma è stata criticata232 perché imporrebbe al rappresentante di imputare delle disposizioni di cui potrebbe non aver mai concretamente beneficiato, ma altri233 hanno rilevato che la rappresentazione è volta, non solo ad assicurare la parità di
230 Cass., 15 giugno 2006, n. 13804, in Giust. civ. Mass., 2006; Cass., 7 ottobre 2005, n. 19527, in
Giust. civ. Mass., 2005; Cass., 9 dicembre 1995, n. 12632, in Giust. civ. Mass., 1995; Cass., 1
dicembre 1993, n. 11873, in Giust. civ. Mass., 1993; Cass., 6 agosto 1990, n. 7899, in Giust. civ.
Mass., 1990; Cass., 5 ottobre 1974, n. 2621, in Giust. civ., 1975, I, p. 51 ss.
231 X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 462.
232 X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 329.
233 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 255 ss.
trattamento tra coeredi, ma anche tutelare le aspettative dei terzi.
Il secondo comma prevede la dispensa dall’imputazione, pertanto in questi casi, il legittimario potrà comunque agire in riduzione per richiedere integralmente la propria quota di legittima. La dispensa, in analogia con la dispensa dalla collazione, deve essere considerato un negozio mortis causa, nonostante eccezionalmente possa essere contenuto in un atto inter vivos, in quanto deve disciplinare situazioni conseguenti alla morte del de cuius. Essendo atto autonomo potrà essere contestuale all’atto di liberalità o contenuto in un atto successivo. La dispensa, pur non essendo previste formule sacramentali, dovrà essere espressa, quindi non saranno ammissibili dispense tacite o addirittura desumibili da fatti concludenti. La dispensa costituisce un’inequivocabile vantaggio per il legittimario, poiché le disposizioni fatte a suo vantaggio andranno imputate alla disponibile e non saranno considerate, come di consueto, un acconto della propria legittima.
Tuttavia, il quarto comma della disposizione de qua prevede che la dispensa non abbia effetto a danno delle donazioni anteriori. Ciò significa che, se il de cuius abbia effettuato delle donazioni a favore di terzi, che quindi graveranno sulla disponibile, le eventuali donazioni dispensate, fatte a favore del legittimario, graveranno sulla disponibile residua. Tale norma è espressione del principio di irrevocabilità delle donazioni234, e concretamente limita, o può arrivare ad escludere, che il legittimario agisca in riduzione nei confronti dei donatari anteriori. Evidentemente, in caso di legato dispensato, la disposizione tutelerà tutti i beneficiari di donazioni, poiché necessariamente precedenti al legato. Invece la norma non preserverà dall’azione di riduzione tutti i destinatari di donazioni successive o lasciti testamentari, in quanto posteriori, nonché i destinatari di donazioni, pur anteriori, che siano stati beneficiati dal de cuius eccedendo i limiti della disponibile.
Oltre alle condizioni predette, per esercitare l’azione di riduzione occorre, ovviamente, che il diritto ad agire non sia estinto. Ciò potrebbe accadere sia per prescrizione che per rinunzia all’azione.
In tema di prescrizione, dottrina e giurisprudenza, sono concordi nel ritenere che il termine sia quello ordinario decennale (art. 2946 cod. civ.). Tuttavia, nel tempo, è sorto un dibattito relativamente al dies a quo.
Un primissimo orientamento della Cassazione 235 sosteneva che non fosse possibile distinguere tra donazioni e disposizioni di ultima volontà lesive dei diritti dei legittimari, e che in tutti i casi, il termine di prescrizione sarebbe decorso dalla data di apertura della successione. Peraltro, non operare tale
234 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 268 ss.
235 Cass., 28 novembre 1978, n. 5611, in Foro. It. Mass., 1978; Cass., 22 ottobre 1988, n. 5731, in
Vita not., 1988, I, p. 735 ss.; Cass., 25 novembre 1997, n. 11809, in Giust. civ. Mass., 1997.
distinzione avrebbe creato un’ingiusta disparità di trattamento, infatti mentre il legittimario leso da una donazione sarebbe in grado di conoscere dall’apertura della successione la disposizione lesiva, il legittimario leso da una disposizione testamentaria lo sarebbe solo con la pubblicazione del testamento. Così la Corte di Cassazione ha mutato orientamento236 affermando che il termine di prescrizione dell’azione di riduzione decorrerebbe dalla pubblicazione del testamento, poiché i legittimari solo da tale data potrebbero essere a conoscenza della lesione, quindi da tale data si avrebbe una presunzione iuris tantum di conoscenza delle disposizioni lesive.
Per superare il contrasto sorto all’interno della Cassazione sono state investite del problema le Sezioni Unite237, che non hanno aderito a nessuna delle due tesi proposte precedentemente.
La Corte ha osservato anzitutto che non esiste alcuna disposizione dalla quale si possa trarre che il termine di prescrizione dell’azione di riduzione decorra dalla data di apertura della successione. In secondo luogo ha evidenziato come, in realtà, il problema dell’individuazione del dies a quo, si ponga solo in relazione alle lesioni di legittima realizzate con disposizioni testamentarie, perchè per le lesioni realizzate con donazioni, potendosi avere contezza della lesione dalla data di apertura della successione, il termine può decorrere da questo momento. Invece, nell’ipotesi in cui la lesione derivasse da disposizioni testamentarie, la stessa non sarebbe attuale fino a che il legittimario non avesse accettato l’eredità. Quindi sarebbe evidente che mancando la situazione di danno alla quale si intende porre rimedio con l’azione di riduzione, non potrà decorrere il termine di prescrizione di tale azione.
La Corte ha altresì riconosciuto, allo scopo di porre fine alla situazione di incertezza, la possibilità di esperire nei confronti del chiamato all’eredità per testamento un’azione interrogatoria, ai sensi dell’art. 481 cod. civ.
Per quanto riguarda invece, la rinunzia, il secondo comma dell’art. 557 cod. civ. prevede che i soggetti che possono chiedere la riduzione non possano “rinunziare a questo diritto, xxxxxx vive il donante, né con dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla donazione”. Infatti il legittimario, prima della morte del de cuius è titolare di una mera aspettativa non tutelata, e solo con
236 Cass., 15 giugno 1999, n. 5920, in Giur. it., 2000, p. 923, ed in senso conforme x. xxxxx xxxxxxxxxxxxxx xx xxxxxx Xxx. Xxxxxxx, 0 maggio 2000, in Giust. civ., 2000, I, p. 3293, con nota di
X. XXXXXXXX, Il dies a quo del termine di prescrizione dell’azione di riduzione.
237 Cass., SS. UU., 25 ottobre 2004, n. 20644, in Foro it., 2005, I, p. 1782; in Rass. dir. civ., 2005, II, p. 759, con nota di X. XXXXXXXXX, Il termine iniziale di prescrizione dell’azione di riduzione; in Giur. it., 2005, p. 1605 ss., con nota di A. BUCELLI, Azione di riduzione e decorrenza della prescrizione: l’ultima parola alle Sezioni unite della Cassazione.
l’apertura della successione diviene titolare del diritto all’azione, quindi in un momento precedente non è possibile rinunziarvi. In ogni caso un tale atto si dovrebbe qualificare come patto commissorio rinunziativo, che sarebbe nullo in applicazione dell’art. 458 cod. civ.
La rinunzia all’azione di riduzione è diversa dalla rinunzia all’eredità, infatti, a differenza di quest’ultima non è un atto formale, e quindi può manifestarsi anche con fatti concludenti. Inoltre la rinunzia al diritto di agire in riduzione non implica rinunzia all’eredità; mentre non è vero il contrario, infatti, nella rinunzia all’eredità si ravvisa una volontà di dismettere qualsiasi diritto ereditario, sia come erede testamentario che come legittimario. L’effetto della rinunzia è quello di rendere definitive le statuizioni poste dal testatore.
In conclusione, l’azione di riduzione è finalizzata ad ottenere una sentenza costitutiva che accerti l’esistenza di una lesione dei diritti di riserva del legittimario, e che quindi dichiari l’inefficacia delle disposizioni lesive, in modo da consentire al legittimario di vedere reintegrato il proprio diritto. Concretamente sono possibili diverse ipotesi di lesione.
Può accadere innanzitutto che il legittimario sia totalmente pretermesso, ipotesi in cui il legittimario non sarà stato istituito erede, ed il testatore avrà disposto del suo intero asse ereditario, con istituzioni universali a favore di terzi. In questo caso, verrà dichiarata l’inefficacia relativa delle disposizioni testamentarie a titolo universale, nella misura in cui eccedono la disponibile, ed il legittimario sarà chiamato all’eredità nella quota resa libera. Per l’effetto si creerà uno stato di comunione ereditaria con gli altri eredi, ed il legittimario avrà diritto al possesso pro quota dei beni ereditari.
Una seconda ipotesi è che il legittimario sia chiamato all’eredità per legge o per testamento, ma in una quota insufficiente a garantirgli il pieno soddisfacimento dei suoi diritti, a causa di altre disposizioni testamentarie in favore di altri. In questo caso, il vittorioso esperimento dell’azione di riduzione gli consentirà di conseguire una quota ereditaria integrativa, tale da soddisfare i propri diritti di legittima. Pertanto si realizzerà una modificazione della comunione ereditaria.
La terza ipotesi è che la lesione del legittimario derivi da legati o donazioni. In questo caso la sentenza di riduzione non inciderà sulla delazione ereditaria, ma colpirà parzialmente o totalmente il legato o la donazione, in misura tale da ristorare il diritto del legittimario. Qualora si tratti di inefficacia relativa, si determinerà uno stato di comunione sul bene oggetto della disposizione lesiva, tra il legittimario ed il beneficiario di quest’ultima. Se si tratti invece di inefficacia totale, il legittimario avrà diritto alla restituzione del bene oggetto del legato o della donazione.
E’ importante evidenziare che la sentenza di riduzione ha efficacia retroattiva reale, cioè produce i suoi effetti non solo fra le parti ma anche verso i terzi, e ciò emerge in maniera inequivocabile sia dal
primo comma dell’art. 561 cod. civ. che prevede che “gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario può averli gravati”, sia dall’art. 563 cod. civ. che prevede che possano essere legittimati passivi dell’azione di restituzione anche gli aventi causa dal donatario o dal beneficiario della disposizione lesiva.
La retroattività reale distingue l’azione di riduzione dalle altre azioni di impugnativa negoziale, che hanno un effetto retroattivo di tipo obbligatorio238. Tale carattere è considerato una conseguenza del principio resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis, in quanto il legittimario può opporre il proprio diritto anche a terzi aventi causa.
Tuttavia tale retroattività è soggetta ad alcuni limiti.
Certamente i limiti generali di cui agli artt. 2652 n. 8 e 2690 n. 5 cod. civ. relativi alla trascrizione delle domande giudiziali di riduzione relative a beni immobili o mobili registrati. In particolare, in applicazione della prima disposizione, qualora la domanda di riduzione venga trascritta dopo dieci anni dall’apertura della successione, “la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda”.
Un ulteriore limite si ha in relazione ai frutti, che “sono dovuti dal giorno della domanda giudiziale” (art. 561, comma 2, cod. civ.), in conseguenza di una presunzione legale iuris et de iure di possesso in buona fede a favore del legittimato passivo dell’azione di riduzione239.
Per quanto riguarda i limiti relativi alla riduzione delle donazioni si rinvia alla trattazione successiva240.
238 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 301.
239 S. DELLE MONACHE, Successione necessaria e sistema di tutele del legittimario, cit., p. 51; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 301.
240 v. cap. III.
2.3 Le azioni di restituzione
Si è avuto modo di spiegare che l’azione di riduzione abbia come unico effetto quello di rendere inefficace la disposizione lesiva rispetto ai legittimari, ma non quello di imporre la restituzione del bene oggetto della medesima. Per questo sarà necessario agire con un’ulteriore azione di restituzione appunto. Ciò evidentemente non sarà necessario qualora il legittimario sia già nel possesso del bene, o qualora sia preterito, e con l’azione di riduzione abbia ottenuto di partecipare alla divisione della comunione ereditaria.
L’azione di restituzione ha carattere personale, in quanto può essere esperita soltanto contro i beneficiari delle disposizioni lesive e non contro i terzi acquirenti, per i quali è prevista una specifica azione all’art. 563 cod. civ.
L’azione di restituzione contro i terzi acquirenti
L’art. 563 cod. civ. è dedicato all’ipotesi in cui sia stata esperita vittoriosamente l’azione di riduzione contro un donatario, e questi abbia alienato a terzi i beni oggetto della donazione ridotta.
Come anticipato, la sentenza di riduzione non produce alcun effetto nei confronti dei terzi, ma il legittimario dovrà agire contro questi in restituzione.
La disposizione è relativa alle donazioni, ma la dottrina prevalente241 ritiene che vada estesa anche a tutti i casi in cui siano stati alienati beni oggetto di disposizione testamentaria lesiva. Naturalmente la disposizione sarà applicabile per quanto compatibile, segnatamente non saranno applicabili le particolari norme introdotte nella disposizione dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge dalla
L. 14 maggio 2005, n. 80 e dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, per le quali si rinvia alla successiva trattazione242.
Tale azione ha carattere reale, perché non è proponibile contro soggetti determinati, ma segue il bene oggetto della disposizione lesiva.
Sono diversi i presupposti affinchè possa essere esercitata l’azione di restituzione.
Primo fra tutti è che sia stata vittoriosamente esercitata l’azione di riduzione contro i beneficiari della disposizione lesiva e la relativa sentenza sia passata in giudicato.
In secondo luogo che il beneficiario medesimo abbia alienato il bene così conseguito.
Successivamente il legittimario deve preventivamente escutere i beni del soggetto contro il quale aveva
241 X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., pp. 417 ss., 467; C. XXXXXXXXXXX, Delle successioni. Disposizioni generali. Successioni legittime, cit., p. 341 s.; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 305; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dei legittimari, cit., p. 308.
242 v. cap. III.
esercitato l’azione di riduzione. Quindi l’insolvenza di quest’ultimo è condizione dell’azione ex art. 563 cod. civ.
Inoltre la disposizione richiama l’art. 2652 n. 8, pertanto, in base alle regole generali della trascrizione243, il diritto del terzo su beni immobili sarà fatto salvo qualora la domanda di riduzione sia stata trascritta dopo dieci anni dall’apertura della successione, ed il terzo abbia trascritto l’atto di acquisto a titolo oneroso del bene prima della trascrizione della domanda244.
Se invece la disposizione avesse avuto ad oggetto beni mobili, sono comunque fatti salvi gli effetti del possesso in buona fede. In tale ipotesi la dottrina245 ha affermato che la buona fede non può consistere nell’ignoranza dell’altruità del bene, ma consisterà nell’oggettiva impossibilità di prevedere il futuro esercizio dell’azione di riduzione.
Qualora il beneficiario della disposizione ridotta avesse compiuto più di un’alienazione, il secondo comma della disposizione de qua prevede che “l’azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l’ordine di data delle alienazioni, cominciando dall’ultima”.
Il terzo comma invece prevede per il terzo acquirente la possibilità di liberarsi dall’obbligo di restituire in natura i beni pagando l’equivalente il danaro.
Come anticipato, in applicazione dell’art. 562 cod. civ., presupposto perché si possa agire in restituzione è che il beneficiario della disposizione ridotta sia insolvente.
243 Xxxxx trascrizione in generale v. P. DE XXXX, Xxxxx trascrizione, in Comm. teorico pratico del cod. civ., Roma, 1970; X. XXXXX, Note introduttive ad uno studio sulla trascrizione immobiliare, in AA. VV., Studi in onore di A. Cicu, Milano, 1951, I, p. 297 ss.; X. XXXXX- X. XXXXXXX, Della trascrizione. Trascrizione immobiliare, in Comm. cod. civ., a cura di A. SCIALOJA e X. XXXXXX, cit., p. 1 ss.; X. XXXXXXX, La trascrizione immobiliare, Milano, 1998; F.S. GENTILE, La trascrizione immobiliare, Napoli, 1959; X. XXXXXXX, Della trascrizione degli atti relativi ai beni immobili, in Codice civile, Comm. dir. da M. X’XXXXXX, Libro della tutela dei diritti, Firenze, 1943; X. XXXXXXXXX, La trascrizione, in Tratt. dir. priv., dir. da X. XXXXXXXX, XIX, Tutela dei diritti, cit., p. 84 ss.; X. XXXXXXX, La trascrizione nei contratti traslativi della proprietà immobiliare, Milano, 1936; X. XXXXXX, Trascrizione, in Comm. cod. civ., Torino, 1971; X. XXXXXX’, La trascrizione, Milano, 1973;
X. XXXXXXXXX, La trascrizione. La pubblicità immobiliare, Milano, 1957; X. XXXXXX, Della tutela dei diritti. La trascrizione, in Tratt. dir. priv., dir. da X. XXXXXXX, XX, Xxxxxx, 0000.
244 S. DELLE MONACHE, Successione necessaria e sistema di tutele del legittimario, cit., p. 64; X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 309 ss.
245 X. XXXXXXXX, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 468 ss.
246 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 308 ss.
La disposizione si occupa del caso specifico in cui il beneficiario sia insolvente e non sia possibile recuperare l’oggetto della disposizione medesima perché perita per causa imputabile al beneficiario o suoi aventi causa o la restituzione non possa essere richiesta all’acquirente. In tale caso “il valore della donazione che non si può recuperare dal donatario si detrae dalla massa ereditaria, ma restano impregiudicate le ragioni di credito del legittimario e dei donatari antecedenti contro il donatario insolvente”. La detrazione dalla massa ereditaria implica che si avranno una proporzionale riduzione e della disponibile e della legittima, in conseguenza della quale i legittimari potranno chiedere la riduzione delle disposizioni anteriori, seppur in misura inferiore. Inoltre il legittimario conserverà il diritto di chiedere al beneficiario della prima disposizione ridotta la differenza tra quanto ottenuto in seconda battuta e la legittima calcolata in un primo momento, mentre i beneficiari delle disposizioni successive potranno sempre agire in regresso contro il beneficiario insolvente.
Il primo comma dell’art. 561 cod. civ. si occupa del c.d. effetto purgativo, prevedendo il principio generale che i beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri debbano essere restituiti liberi da ogni peso e ipoteca. Con il limite dell’art. 2652 n. 8 cod. civ., ovvero che se la trascrizione della domanda di riduzione avviene oltre dieci anni dall’apertura della successione, la sentenza che la accoglie non pregiudica i terzi che abbiano acquistato a titolo oneroso diritti in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda giudiziale.
Un ulteriore limite è previsto in tema di donazioni, per il quale si rinvia sempre alla successiva trattazione247.
Si è posto il problema dell’interpretazione dell’espressione “pesi”, e la dottrina prevalente248 ha ritenuto che non vada inteso in senso tecnico ma che ricomprenda tutti i diritti reali o personali di godimento o di garanzia, anche se costituiti senza la volontà del legatario o del donatario (es. ipoteca legale o giudiziale), ed i vincoli di indisponibilità (come il sequestro o il pignoramento). Sembrerebbe che il legislatore abbia usato questo termine rifacendosi al medesimo concetto di pesi ex art. 549 cod. civ., e xx abbia assoggettati alla medesima regola di inefficacia ipso iure. A ben vedere questo crea una disparità di trattamento tra i terzi acquirenti di diritti parziali, sempre sacrificati, ed i terzi acquirenti ex art. 563 cod. civ. che hanno invece la possibilità di liberarsi dall’obbligo di restituzione pagando l’equivalente in danaro.
Il secondo comma dell’art. 561 cod. civ. si occupa dei frutti, stabilendo che debbano essere restituiti
248 X. XXXXXXX, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 304; A. PALAZZO, voce Riduzione (azione di), cit., p. 1.
dal giorno della domanda giudiziale, ponendo, come si è detto, un limite all’efficacia retroattiva della pronuncia di riduzione. Qualora i frutti fossero stati consumati, andrà restituito il loro valore, calcolato al momento della liquidazione.
Gli accordi di reintegrazione dei diritti dei legittimari
L’art. 554 cod. civ. prevede che “le disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione nei limiti della quota medesima”.
La dottrina è solita interpretare il termine “riduzione” come riferita non solo all’azione di riduzione ma a qualsiasi operazione con la quale si riducono disposizioni testamentarie e donazioni che eccedano la disponibile. Tra queste vi sono senz’altro i c.d. accordi di reintegrazione della legittima249, ovvero quegli atti con i quali si attuano in via negoziale i diritti riconosciuti dall’ordinamento al legittimario leso o pretermesso. Pertanto si riconosce ai legittimari ed ai soggetti beneficiati dalle disposizioni del de cuius la facoltà di comporre in via convenzionale il conflitto che può essere sorto tra loro in ordine all’esistenza o al contenuto delle specifiche situazioni giuridiche soggettive, quindi senza dover ricorrere necessariamente all’autorità giudiziaria.
Peraltro una parte della dottrina251 ha distinto tali accordi in due categorie principali.
La prima ipotesi è che legittimario e beneficiario della disposizione, una volta riconosciuta la sussistenza della lesione della riserva, si accordino affinchè il secondo lasci al primo la quota di beni facenti parte dell’asse ereditario spettante al beneficiario nella misura in cui ecceda la quota disponibile. In questo modo i diritti del legittimario saranno totalmente ristorati.
La seconda ipotesi è l’accordo a carattere transattivo, cioè quello nel quale le parti non si limitino ad accordarsi per porre fine ad una situazione di incertezza, ma intendano, con reciproche concessioni, porre fine ad un conflitto sorto tra loro. Reciproche concessioni che potranno perciò alterare non solo i diritti attribuiti al beneficiario, ma anche quelli attribuiti al legittimario dalla legge.
La prima ipotesi, che implica la completa reintegrazione dei diritti del legittimario, ha fatto discutere
249 X. XXXXXXXXX, Accordi di reintegrazione di legittima: accertamento e transazione, in Riv. not., 1996, p. 211 ss.
250 A. XXXXXXXX, L’atipicità dell’accordo di reintegrazione della legittima, in Nuova giur. civ. comm., 2007, I, p. 506 ss.
251 X. XXXXXXX, Successioni e donazioni, cit., p. 600; X. XXXXXXXXX, Accordi di reintegrazione di legittima: accertamento e transazione, cit., p. 220.
la dottrina circa la sua natura.
Secondo alcuni 252 si dovrebbe ricondurre alla categoria dei negozi di accertamento 253 meramente dichiarativo. In tale ordine di idee le parti accerterebbero negozialmente quale sia la situazione che si è determinata in seguito all’apertura della successione, e si accorderebbero per definire la realtà giuridica in modo conforme a ciò che ritengono. In questo modo eliminerebbero retroattivamente la situazione di incertezza, al contempo precludendo una qualsiasi contestazione futura. Questa tesi presuppone l’accoglimento sia dell’idea che il negozio di accertamento abbia natura meramente dichiarativa che dell’idea che al legittimario spetterebbero in ogni caso diritti ereditari sin dall’apertura della successione. Ciò significherebbe, in primo luogo che l’effetto traslativo non deriverebbe dall’accordo, in quanto i beni provengono direttamente dal de cuius, ed in secondo luogo che, sin dall’apertura della successione sorgerebbe la comunione ereditaria tra il legittimario e l’erede, e che quindi, anche l’azione di riduzione avrebbe un mero effetto dichiarativo.
Tale tesi è confutata dalla gran parte della dottrina innanzitutto poiché la stessa esclude radicalmente che il legittimario sia in ogni caso da considerarsi erede sin dall’apertura della successione, affermando, come ricordato 254, che se pretermesso sia totalmente estraneo all’eredità e se leso sia erede solo limitatamente alla quota nella quale è stato istituito, in quanto, in virtù dell’art. 457 cod. civ., non è possibile configurare una doppia delazione relativamente alla medesima eredità. Ed inoltre è confutata perché qualificando il negozio come di accertamento meramente dichiarativo sarebbe problematico individuare il titolo in base al quale spetterebbero al legittimario reintegrato i propri diritti.
252 X. XXXXX, Dei legittimari, cit., p. 22 ss.; X. XXXXXXX- XXXXXXXXXX, L’accertamento negoziale e la transazione, in Riv. trim. proc. civ., 1956, p. 1 ss.
253 “Il negozio di accertamento è l’atto con cui le parti precisano l’esistenza, l’essenza, il contenuto e gli effetti di un fatto o di un rapporto giuridico preesistente, e convengono di rimanere vincolate a quanto hanno stabilito, con preclusione di ogni pretesa contrastante, allo scopo di eliminare l’incertezza intorno ad una data situazione giuridica”, X. XXXXXXX, Il negozio di accertamento: inquadramento sistematico e profili di rilevanza notarile, in Riv. not., 1996, p. 1423 ss. Sull’istituto in generale v. A. CATRICALA’, voce Accertamento (negozio di), in Enc. giur., I, p. 1 ss.; X. XXXXXXX, Il negozio di accertamento, Torino, 1942; X. XXXXXXX, voce Negozio di accertamento, in Noviss.
Dig. it., XI, 1965, p. 196 ss.; X. XXXXXXXXX, Il negozio di accertamento, Milano, 1996; G. DI XXXXX, voce Negozio di accertamento, in Dig. disc. priv., XIII, 1995, p. 54 ss.; A. XXXXXX, voce Accertamento a) teoria generale, in Enc. dir., I, 1958, p. 205 ss.; X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, cit., p. 99 ss.; X. XXXXXXXXXX, Negozio di accertamento, in Enc. del dir., voce Accertamento,
p. 227 ss.; X.X. XXXXXX, Accertamento o negozio traslativo, in Riv. dir. civ., 1972, II, p. 105 ss.; X. XXXXXXXXX, Il negozio di accertamento, in Riv. dir. civ., 1987, II, p. 643 ss.; F. SANTORO- PASSARELLI, L’accertamento negoziale e la transazione, in Scritti in memoria di Vassalli, Torino, 1960, p. 1491 ss.
254 v. par. 2, cap. I.
Altra parte della dottrina255 richiama sempre il negozio di accertamento ma ritiene che questo avrebbe eccezionalmente carattere traslativo. Questa dottrina quindi ravvisa nell’accordo tra le parti il titolo per il trasferimento al legittimario dei beni facenti capo all’erede beneficiato, non potendolo ravvisare né nella successione, testamentaria o legittima, né in alcuna pronuncia giuridica. L’erede beneficiato, riconoscendo il diritto del legittimario, si accorderebbe per cedergli, in tutto o in parte, la propria quota ereditaria, quindi il negozio di accertamento avrebbe efficacia anche costitutiva e non solo dichiarativa. Tale seconda tesi è stata contestata in quanto, anche a voler affermare che il negozio di accertamento possa produrre effetti dispositivi e costitutivi, non si potrà mai ritenere che questi effetti riguardino fatti o rapporti non riferibili alla situazione preesistente. Il negozio di accertamento, per definizione, è teso ad eliminare una situazione di incertezza, senza mutare la situazione giuridica preesistente.
Altri ancora256 si oppongono alla qualificazione nel senso di negozio di accertamento, ritenendo che quest’ultimo non potrebbe mai autonomamente produrre il trasferimento dei beni in capo al legittimario. Al più il negozio di accertamento potrebbe rappresentare la premessa per una successiva operazione negoziale che sia in grado di sostenere causalmente l’effetto traslativo.
Non sembra possibile individuare una generale categoria alla quale ricondurre tali operazioni ma è sembrato possibile ravvisare un principio comune, che è l’obiettivo di consentire la risoluzione unilaterale delle controversie, senza il necessario ricorso ad un giudice, privando una parte dell’interesse a ricorrervi in forza dell’accordo con l’altra. Questa dottrina ha affermato che si ricorrerebbe ad un negozio di rinunzia del beneficiario dei diritti attribuitigli verso un corrispettivo.
La seconda ipotesi, invece, è quella nella quale le parti reintegrano la legittima mediante un accordo transattivo, quindi un accordo con il quale le parti si fanno reciproche concessioni, allo scopo di scongiurare un conflitto in ordine alla lesione dei diritti del legittimario. In altri termini un accordo con il quale ognuna delle parti sacrificherebbe parte della propria pretesa circa i beni ereditari.
Si tratterebbe di un negozio bilaterale inter vivos volto ad evitare il successivo esercizio dell’azione di riduzione, con il quale l’obbligazione originaria dell’erede di reintegrare completamente il legittimario, sarebbe sostituita da una nuova obbligazione con oggetto e titolo diversi che assegnerebbe al legittimario a titolo transattivo, o parte della legittima o beni personali dell’erede di valore equivalente o il loro valore in denaro257.
255 F. SALVATORE, Accordi di reintegrazione di legittima: accertamento e transazione, cit., p. 215 ss.
256 A. BULGARELLI, Gli atti dispositivi della legittima, in Notariato, 2000, p. 481 ss.
257 G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., p. 605.
Capitolo III
L’evoluzione della disciplina codicistica
3.1 La riforma del diritto di famiglia del 1975
3.2 Le modifiche della disciplina sulla donazione del 2005
3.3 L’attualità della successione necessaria
3.1 La riforma del diritto di famiglia del 1975
Con la riforma del diritto di famiglia del 1975258 è stata significativamente modificata anche la disciplina della successione mortis causa per via del suo particolare legame con gli istituti familiari259. Le principali novità apportate sono state la quasi totale equiparazione tra la posizione successoria dei figli legittimi e quella dei figli naturali, inquadrabile nel più generale contesto di abolizione delle discriminazioni tra le due categorie di soggetti260; ed il trattamento di gran lunga più favorevole riconosciuto al coniuge superstite261.
Al coniuge, infatti adesso è sempre attribuita una quota di eredità in piena proprietà, e la sua posizione è equiparata a quella dei discendenti; addirittura delle volte la quota che consegue può essere superiore a quella conseguita da questi ultimi.
La situazione è cambiata radicalmente rispetto al passato, nel quale vi era l’istituto dell’usufrutto
uxorio. Si trattava di un usufrutto su una quota di eredità, che spettava al coniuge qualora concorresse,
258 Per una panoramica sulla riforma del diritto di famiglia del 1975 si rinvia alla nota 58.
259 A. LISERRE, Evoluzione storica e rilievo costituzionale dl diritto ereditario, in Tratt. Dir. priv., dir. da P. RESCIGNO, 5, Successioni, t. I, Torino, 1997, II ed., p. 7 e 21, il quale osserva come “è comune il riferimento all’inscindibile collegamento della vicenda ereditaria con quella (…) della famiglia” e che “la tradizionale connessione tra i valori e i criteri normativi che presiedono all’assetto giuridico della famiglia e a quello dei rapporti aperti dalla morte della persona, doveva ricevere nuova clamorosa conferma con l’emanazione della legge 19 maggio 1975, n. 151, superando, per questo verso, l’astratta e statica separazione delle due vicende, evidenziata dalla sistematica dell’ultimo codice a formale suggello di una (…) speciale autonomia del diritto familiare”.
260 L’abolizione delle discriminazioni tra le figure della filiazione legittima e la filiazione naturale pare essere giunta ad un punto di svolta con la già citata Legge 10 dicembre 2012, n. 219, v. cap. I. 261 A. LISERRE, Evoluzione storica e rilievo costituzionale dl diritto ereditario, cit., p. 22, che afferma che “le linee fondamentali della regolamentazione successoria attuata con la novella del 1975, segnano una marcatissima svolta rispetto agli indirizzi del diritto ereditario previgente, giungendo a recepire sul piano normativo un ordine di esigenze e di valori da tempo fatti propri dalla coscienza sociale più avanzata: e ciò vale tanto con riguardo alla giusta tendenza ad equiparare il trattamento successorio dei figli naturali (anche adulterini) riconoscibili a quello dei figli legittimi, quanto con riferimento alla vocazione del coniuge superstite che (come legittimario o come erede legittimo) può ora succedere nella titolarità di una quota (in proprietà) uguale o superiore a quella dei figli, beneficiando altresì, del(la garanzia di) godimento della casa familiare arredata; per non dire, infine, della felice trasformazione dell’istituto del fedecommesso (improvvidamente e inutilmente reintrodotto, in versione tradizionale, dal codice del 1942) in funzione di garanzia per la cura familiare dell’incapace”.
262 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 148.
sia in sede di successione necessaria che intestata, con i discendenti legittimi, i quali potevano inoltre esercitare nei confronti del coniuge la facoltà di commutazione, ovvero la facoltà di commutare in danaro la quota spettante al coniuge. Qualora invece il testatore avesse disposto dei suoi beni, l’usufrutto rappresentava la legittima del coniuge. In tutti gli altri casi aveva diritto ad una quota in piena proprietà nel concorso con tutti gli altri successibili.
La riforma del 1975 si è fatta carico di adeguare la disciplina successoria alla rinnovata concezione della famiglia, vista come famiglia di eguali, nella quale, da un punto di vista patrimoniale, un coniuge non conta più dell’altro ed il genitore non conta più del figlio.
Prima della legge 19 maggio 1975, n. 151, l’art. 536 cod. civ. stabiliva che le persone a favore delle quali la legge riservava una quota di eredità o altri diritti nella successione fossero: i figli legittimi, gli ascendenti legittimi, i figli naturali ed il coniuge.
Nella nuova formulazione l’ordine è mutato in: coniuge, figli legittimi, figli naturali ed ascendenti legittimi. Continuano ad essere esclusi i parenti collaterali ed i genitori naturali.
Il primo comma della disposizione de qua distingue tra soggetti ai quali è riservata una quota di eredità e soggetti ai quali sono riservati altri diritti nella successione. Tra questi ultimi vi è il coniuge, al quale spettano, in aggiunta alla quota di eredità, due diritti speciali di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano (art. 540, comma 2, cod. civ.) e due nuove figure di legittimari: il coniuge separato con addebito, purchè al momento dell’apertura della successione riceva gli alimenti (artt. 548, comma 2, e 585, comma 2, cod. civ.), ed i figli naturali non riconoscibili, ai quali spetta un diritto di credito a carico dell’eredità (art. 594 cod. civ.). Evidentemente non si tratta di una categoria omogenea, infatti vi rientrano diritti sia di natura reale che di credito.
Il secondo comma invece equipara ai figli legittimi, i legittimati e gli adottivi.
Inoltre, al terzo comma, prevede che i diritti di legittima spettanti ai figli legittimi e naturali sono riservati anche a loro eventuali discendenti per rappresentazione. Ciò comporta che l’eventuale sostituzione disposta dal testatore, per il caso in cui il figlio non possa o non voglia accettare, è soggetta ad azione di riduzione esercitabile dai discendenti del figlio se preteriti.
La posizione del coniuge
Come anticipato, il coniuge ha assunto una posizione preminente nel diritto successorio263. Al coniuge infatti spetta sempre una quota di eredità, sia nella successione legittima che in quella
263 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 153. Addirittura G. STOLFI, Commento all’art. 536, in Comm. riforma dir. di famiglia, dir. da L. CARRARO, G. OPPO e A. TRABUCCHI, I, 2, Padova, 1977, a p. 820 definisce il coniuge superstite come il “successore egemone”.
necessaria. Inoltre è menzionato al primo posto sia dall’art. 536 cod. civ., nell’elenco dei legittimari, che dall’art. 565 cod. civ., nell’elenco dei successibili.
Non gli è più riservato il mero usufrutto su due terzi del patrimonio del coniuge deceduto a titolo di legato ex lege, ma il primo comma dell’art. 540 cod. civ. gli riserva metà del patrimonio dell’altro coniuge, salve le ipotesi di concorso coi figli.
E’ importante sottolineare che questa metà del patrimonio potrà essere composta da diritti di qualsiasi natura, quindi anche da diritti di proprietà. Ai sensi dell’art. 542 cod. civ., la quota riservata si riduce ad un terzo qualora concorra con un figlio, e ad un quarto qualora concorra con più figli. Ex art. 544 cod. civ. non si riduce, invece, qualora concorra con gli ascendenti.
Nel valutare l’effettiva preminenza del coniuge, si osserva che il legislatore del 1975 ha introdotto come regola nei rapporti patrimoniali tra i coniugi, la comunione dei beni, pertanto, alla morte di uno dei due, il coniuge superstite sarà già titolare della metà del patrimonio comune, e tutti i calcoli sulla quota ereditaria andranno fatti in relazione alla restante metà del patrimonio.
Tanto è vero che parte della dottrina264 ha affermato che la sostituzione del nuovo sistema di una quota di piena proprietà a quello del vecchio usufrutto uxorio, sarebbe stata soddisfacente se accompagnata anzitutto dal mantenimento della separazione dei beni come regime legale dei rapporti patrimoniali fra coniugi, poiché sarebbe stato giusto riconoscere alla moglie, per il contributo arrecato all’incremento della fortuna del marito, un titolo di partecipazione sui beni da lui lasciati, e non di semplice godimento, ed in secondo luogo se si fosse conservato il principio dell’indissolubilità del matrimonio, integrato dal dato statistico di aumento della durata media della vita umana, con conseguente diminuzione della probabilità di passaggio a seconde nozze, infatti l’ipotesi più frequente appare quella in cui i figli del defunto sono comuni al coniuge superstite, come anche le proprietà dei beni devoluti a quest’ultimo sarebbe rimasta nella stirpe del de cuius. Il legislatore, invece, non ha considerato i diritti che già normalmente derivano al coniuge dal regime legale di comunione dei beni, ed ha semplicemente trasformato in piena proprietà le stesse quote che prima spettavano al coniuge in usufrutto senza alcun altro vantaggio.
La dottrina maggioritaria265 ritiene che qualora il coniuge rinunzi alla sua quota di eredità, la stessa
264 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 140 ss., il quale ricorda che l’opportunità di sostituire la quota in usufrutto con una quota in piena proprietà era stata da lui sostenuta, nelle edizioni della sua opera precedenti alla riforma, sulla base di due presupposti, che poi non si sono verificati, ossia il mantenimento del regime legale di separazione dei beni e l’indissolubilità del matrimonio.
265 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 165 s.
svanisca, e quelle che dovessero concorrere con lui debbano esse calcolate sul presupposto della sua assenza. Peraltro, relativamente agli effetti della rinunzia si deve tener conto del già citato recente orientamento della Cassazione266, che ha statuito il principio dell’invariabilità delle quote di legittima come determinate al momento dell’apertura della successione, ritenendo irrilevanti le vicende (rinunzia o prescrizione) che possano interessare i legittimari in seguito a tale momento. Pertanto, l’eventuale rinunzia del coniuge non determinerà il ricalcolo delle quote degli altri legittimari, che rimarranno invariate, ma la quota di legittima del coniuge andrà ad incrementare la disponibile, quindi a favore dei donatari, degli eredi e dei legatari.
Tuttavia, al coniuge, anche in caso di rinunzia alla quota, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Ai sensi del secondo comma dell’art. 540 cod. civ., questi graveranno sulla disponibile, e solo in caso di incapienza sulla legittima del coniuge, ed in subordine su quella dei figli.
Il titolo successorio del coniuge è naturalmente il rapporto di matrimonio, che deve sussistere al momento dell’apertura della successione. Secondo l’interpretazione comune267 quindi, a tale data, non deve essere passata in giudicato la pronunzia di nullità, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Al coniuge superstite spetta l’onere di provare la sussistenza del matrimonio, presentando l’atto di matrimonio estratto dai registri dello stato civile (art. 130 cod. civ.), in mancanza si applicheranno gli artt. 131 e 132 cod. civ.268
Il coniuge verrà considerato come validamente coniugato anche in ipotesi di matrimonio invalido, qualora ricorrano i presupposti perché si producano gli effetti del c.d. matrimonio putativo, infatti la dottrina ritiene che si applichi anche alla successione necessaria l’art. 584 cod. civ. dettato per la successione legittima269. Pertanto la sentenza di invalidità dovrà intervenire in seguito alla morte del de cuius, diversamente il soggetto avrebbe ancora lo status di coniuge, ed occorrerà anche che il coniuge defunto, al momento della morte, non fosse legato da valido matrimonio.
Al contrario, il titolo a succedere mancherà in caso di matrimonio inesistente, a prescindere dal fatto che la pronunzia di inesistenza avvenga prima o dopo la morte del de cuius, poiché in questo caso non
266 Cass., SS. UU., 12 giugno 2006, n. 13524, cit.
267 G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., p. 411.
268 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 150; M. SALA, Il diritto del coniuge ad una quota di eredità, in Il diritto delle successioni. Successione e diritti del coniuge superstite e del convivente more uxorio, in Il diritto di famiglia dir. da G. BONILINI e G. CATTANEO, Torino, 2004, p. 35.
269 G. CATTANEO, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 444.
si producono gli effetti del matrimonio putativo.
Il primo comma dell’art. 548 cod. civ. prevede che il coniuge separato senza addebito abbia diritto allo stesso trattamento del coniuge non separato, sia per quanto riguarda la quota di eredità, che i diritti di abitazione ed uso già citati270.
Il secondo comma, invece, esclude dalla successione il coniuge separato con addebito, tuttavia questi avrà diritto ad un assegno vitalizio, se la momento della morte del de cuius beneficiava degli alimenti a suo carico. La ratio di quest’ultima attribuzione si rinviene innanzitutto nella considerazione che l’attuale concetto di addebito sia diverso dal concetto di “separazione per colpa” utilizzato prima della riforma, che aveva anche carattere punitivo. Ed, in secondo luogo in quanto non si vede perché la morte del coniuge debba privare il coniuge separato con addebito del medesimo trattamento economico di cui godeva in precedenza. Al momento della morte, la sentenza di separazione deve essere passata in giudicato, e deve contenere espressamente l’addebito271.
Il diritto al vitalizio presuppone l’effettivo godimento degli alimenti, a prescindere dal fatto che al momento sussistano le condizioni per il mantenimento del credito alimentare, quindi si tratta di un presupposto di fatto. Infatti, il vitalizio è un legato obbligatorio ex lege che ha ad oggetto un diritto che nasce ex novo a favore del coniuge superstite e non il precedente diritto agli alimenti, poiché quest’obbligo cessa con la morte del de cuius 272 . A sostegno di tale tesi vi è il criterio di determinazione del vitalizio, che fa riferimento all’assegno alimentare solo per individuarne l’importo massimo. Se invece si trattasse del medesimo obbligo del de cuius trasmesso agli eredi, non sarebbe giustificata una modificazione dell’ammontare dell’assegno.
270 Sulla posizione del coniuge separato senza addebito v. G. BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 129; L. MENGONI, Successioni per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 164 s.
271 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 191. Sulla posizione del coniuge separato con addebito v. G. CATTANEO, La vocazione necessaria, in Tratt. dir. priv., dir. da P. RESCIGNO, V, Successioni, cit., p. 470 ss.; L. FERRI, Dei legittimari, cit., p. 94 ss.; A. e M. FINOCCHIARO, Diritto di famiglia, II, Milano, 1984, p. 2315 ss.; A. GIUSTI, Successione del coniuge separato con addebito e pena privata, in Giur. it., 1986, IV, c. 320 ss.; G. GABRIELLI, Commento all’art. 548 c.c., in Comm. dir. it. Famiglia, a cura di G. CIAN, G. OPPO e A. TRABUCCHI, V, Padova, 1992, p. 82 ss.; A. IANNACCONE, Diritti del coniuge separato con addebito, in GIU. AZZARITI e A. IANNACCONE, Successione dei legittimari e successione dei legittimi, in Giur. sist. Civ. e comm., fondata da W. BIGIAVI, Torino, 2000, p. 111 ss.; F. LAZZARO, I diritti successori del coniuge nei casi di separazione addebitata e di divorzio, in Studi in onore di Cesare Grassetti, II, Milano, 1980, p.
272 G. CATTANEO, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 472; G. GABRIELLI, Dei legittimari, cit., p. 84; L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 191.
In dottrina è sorto un dibattito sulla natura alimentare o meno dell’assegno vitalizio.
Qualcuno 273 ha sostenuto che non abbia natura alimentare, in quanto la disposizione, nella commisurazione dell’assegno, non fa alcun riferimento agli alimenti ed allo stato di bisogno, ma piuttosto alle sostanze ereditarie ed alla qualità ed al numero degli eredi legittimi, ovvero criteri che non richiamano le sostanze economiche del soggetto passivo. Inoltre, il termine “vitalizio” sarebbe di per sé incompatibile con uno stato di bisogno che si può modificare e addirittura cessare nel corso del tempo. Questa dottrina aggiunge anche che la mancanza dello stato di bisogno non potrebbe essere eccepita agli eredi, in quanto il presupposto per il godimento del vitalizio è meramente di fatto, ossia il godimento dell’assegno alimentare al momento della morte del de cuius. Sostenere questa tesi comporta la non applicabilità al suddetto assegno della disciplina dettata in materia di alimenti.
Altri274 sostengono al contrario la natura alimentare del vitalizio. Ammettono infatti che le norme non siano chiare ma che il diritto al vitalizio sorga soltanto se il coniuge superstite godeva al momento della morte del de cuius dell’assegno alimentare, quindi si trovava in stato di bisogno. Questa dottrina osserva che il diritto al vitalizio ha la stessa funzione del diritto all’assegno alimentare, pertanto non c’è ragione perché tale diritto, con la morte del coniuge debba essere ampliato. Inoltre il termine “vitalizio” non contrasterebbe con la natura alimentare, in quanto per definizione gli alimenti cessano con la morte del titolare. Accogliendo tale tesi si applicherà al vitalizio la disciplina dettata in materia di alimenti.
In particolare l’art. 447 cod. civ. che sancisce l’indisponibilità del diritto agli alimenti, che perciò non potrà essere ceduto, né offerto in compensazione, né pignorato, e soprattutto non potrà costituire oggetto di transazione al momento dell’apertura della successione.
Il diritto al vitalizio ha inoltre natura di riserva 275 , in quanto il de cuius non avrebbe alcuna possibilità di incidere sull’an e sul quantum dell’attribuzione. Secondo questa dottrina quindi il coniuge separato con addebito concorrerà con gli altri legittimari, ed il peso dell’assegno graverà proporzionalmente sulla legittima e sulla disponibile. Altri276 invece ritengono che gravi prima sulla disponibile, e solo se questa fosse insufficiente sulla legittima.
273 L. CARRARO, La vocazione legittima alla successione, Padova, 1979, p. 109; M. COSTANZA, Osservazioni in tema di successione del coniuge separato, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1978, p. 753 ss.; L. FERRI, Dei legittimari, cit., p. 97 ss.; L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 190 ss.
274 G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., p. 414; G. CATTANEO, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., 473; G. GABRIELLI, Dei legittimari, cit., p. 86.
275 G. GABRIELLI, Dei legittimari, cit., p. 84; L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 194 s.
276 G. CATTANEO, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 474.
E’ dibattuto se il coniuge, come qualsiasi altro legittimario, debba procedere all’imputazione ex se di tutte le donazioni. Una parte della dottrina 277, stante l’equiparazione del coniuge separato con addebito ad ogni altro legittimario, ritiene di si, altri invece, vista la natura alimentare dell’assegno, la negano.
Tuttavia, la gran parte della dottrina concorda sul fatto che, pur avendo natura di riserva, il vitalizio abbia ad oggetto un diritto di credito e non un trasferimento di diritti, pertanto sarà tutelato dalle azioni normalmente poste a tutela dei crediti, e non dall’azione di riduzione.
Come anticipato, i parametri per la commisurazione dell’assegno sono le sostanze ereditarie, la qualità ed il numero degli eredi legittimi, ed il limite massimo dell’ammontare degli alimenti precedentemente goduti.
Secondo alcuni 278 il richiamo al numero ed alla qualità degli eredi legittimi servirebbe anche ad individuare i soggetti obbligati a corrispondere il vitalizio, ed andrebbe interpretato estensivamente, in modo da ricomprendere non solo gli eredi legittimi ma anche gli eredi testamentari, i legatari ed i donatari.
Altri279, invece, sostengono che tale richiamo abbia una mera funzione quantitativa. Si tratta della medesima formula utilizzata nel testo ante riforma, che a sua volta ripeteva la formula usata nel codice del 1865. E la Relazione al codice del 1942 indica che la funzione del richiamo è soltanto quella di esprimere il concetto che più stretti sono i parenti superstiti meno spetta al coniuge superstite. Accogliere questa tesi implica ammettere che il legislatore non abbia individuato espressamente i soggetti tenuti al pagamento dell’assegno, e che pertanto bisognerà fare riferimento ai principi generali. Segnatamente il primo comma dell’art. 662 cod. civ., in mancanza di diversa disposizione testamentaria, pone a carico degli eredi (sia legittimi che testamentari) l’onere della prestazione dei legati, e non c’è motivo per il quale tale norma non si dovrebbe applicare al caso di specie.
Per quanto riguarda invece il coniuge divorziato280, la sentenza di scioglimento del matrimonio
277 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 195 s. contra G. GABRIELLI, Dei legittimari, cit., p. 92.
278 G. CATTANEO, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 473; L. MENGONI,
Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 196.
279 L. CARRARO, La vocazione legittima alla successione, cit., p. 69; G. GABRIELLI, Dei legittimari, cit., p. 90.
280 Sulla posizione del coniuge divorziato v. G. BONILINI, Divorzio ed effetti di diritto ereditario, in
G. BONILINI, F. TOMMASEO, Lo scioglimento del matrimonio, in Cod. civ. Comm., fondato da P. SCHLESINGER e continuato da F.D. BUSNELLI, Milano, 2004, II ed., p. 903 ss.; G. BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 129 ss.; G. CATTANEO, La vocazione
civile o di cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso determina la perdita del diritto a succedere perché ne viene meno lo stesso presupposto. Col passaggio in giudicato della sentenza, il superstite perderà, unitamente alla qualità di coniuge, quella di chiamato alla successione; il che anche quando non si sia ancora proceduto all’annotazione nei registri dello stato civile281.
Peraltro, l’art. 9-bis della l., 1 dicembre 1970, n. 898, come modificata dalla l., 1° agosto 1978, n.
436 e dalla l., 6 marzo 1987, n. 74, prevede, in favore del coniuge divorziato, un’attribuzione patrimoniale in virtù del precedente vincolo matrimoniale.
La disposizione individua i presupposti perché il coniuge divorziato superstite possa richiedere l’assegno successorio. In primo luogo è necessario che egli sia titolare del diritto all’assegno ex art. 5, comma 6, l., 1 dicembre 1970, n. 898 ed inoltre che, alla morte dell’ex coniuge, permanga lo stato di bisogno accertato dal tribunale.
Si deve considerare che il primo presupposto, ovvero la titolarità dell’assegno, può venir meno anche quando, ai sensi dell’ottavo comma del richiamato art. 5, il coniuge obbligato abbia estinto in vita tale diritto in un’unica soluzione, in accordo con il beneficiario, nonché quando, ai sensi del decimo comma della suddetta disposizione, il coniuge avente diritto passi a nuove nozze.
La dottrina dibatte sulla natura giuridica dell’assegno in favore del coniuge divorziato.
Alcuni282, argomentando sulla base della lettera dell’art. 9-bis, che prevede che sia il tribunale ad attribuirlo, affermano che il titolo costitutivo del diritto sarebbe la decisione del giudice, e che quindi, il beneficiario in stato di bisogno non sarebbe titolare di un diritto soggettivo a conseguire l’assegno di cui all’art. 9- bis, ma di una mera aspettativa su tale diritto.
La dottrina maggioritaria283, al contrario, ritiene che si tratti senz’altro di un acquisto mortis causa in quanto, in primo luogo la norma lo pone letteralmente “a carico dell’eredità”; in secondo luogo sia il limite massimo del suo ammontare sia il valore dei beni ereditari e la sua entità vadano commisurati al numero ed alla qualità degli eredi; ed in terzo luogo che il giudice non compie una scelta discrezionale, ma si limita ad accertare se ricorrono i presupposti per l’attribuzione dell’assegno.
necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 426 ss.; M. DOSSETTI, Gli effetti della pronunzia di divorzio, in Il diritto di famiglia, I, Famiglia e Matrimonio, Tratt. dir. da G. BONILINI e G. CATTANEO, continuato da G. BONILINI, Torino, 2007, II ed., p. 871 ss.; L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 193 ss.; A. PALAZZO, Le successioni, cit., p. 466 ss.
281 Cass., 9 giugno 1992, n. 7089, in Dir. fam., 1993, p. 63 ss.; nello stesso senso L. MENGONI,
Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 155 ss.
282 L. BARBIERA, Il divorzio dopo la seconda riforma, Bologna, 1988, p. 110.
283 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 198.
Deve inoltre essere qualificato come legato obbligatorio ex lege. Tuttavia è un legato con alcune particolarità visto che la sua nascita è eventuale, perché deve ricorrere lo stato di bisogno dell’ex coniuge superstite; inoltre ha un oggetto che varia a seconda delle scelte dei coeredi e del giudice; ed infine, non determina un acquisto definitivo perché è condizionato al permanere dello stato di bisogno del beneficiario ed al non verificarsi di certi eventi quali le nuove nozze del beneficiario medesimo.
La dottrina maggioritaria284 classifica quest’assegno tra le c.d. vocazioni anomale. Nella fattispecie l’anomalia risiederebbe nella circostanza che il coniuge divorziato si trovi al di fuori della famiglia, non essendo nelle categorie dei successibili ex lege, per i quali si giustifica l’attribuzione di diritti ereditari. A differenza dell’assegno in favore del coniuge separato con addebito, in questo caso non vi sono dubbi sulla natura alimentare dell’assegno, in quanto la legge fa espresso riferimento allo “stato di bisogno del coniuge superstite”. Ciò comporta, evidentemente, l’applicazione di tutta la disciplina dettata per gli obblighi alimentari. Quindi si dovrà qualificare come debito di valore, come tale suscettibile di variazione per mutamento di valore della moneta e dello stato di bisogno del beneficiario.
La legge dice genericamente che l’assegno è posto “a carico dell’eredità”, quindi in dottrina si discute su quali siano i soggetti tenuti alla corresponsione del medesimo.
Alcuni285 osservano come l’assegno abbia funzione assistenziale anche contro la volontà dell’obbligato, pertanto l’”eredità” che deve essere considerata ai fini della commisurazione dell’assegno è la massa ereditaria di cui all’art. 556 cod. civ., ossia il relictum al netto dei debito, sommato al donatum. Ciò significa che saranno obbligati al pagamento dell’assegno, in proporzione al vantaggio ricevuto, eredi, legatari e donatari.
Altri286 ritengono invece che il riferimento all’”eredità” implichi che obbligati siano gli eredi ed i legatari, ma non i donatari.
Altri ancora287 sostengono che siano obbligati alla corresponsione dell’assegno solo gli eredi legittimi o testamentari e non i legatari o i donatari. Questa dottrina precisa che il legatario sarebbe chiamato a contribuire alla corresponsione in proporzione al valore della cosa legata, ma che tale obbligo
284 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 242 s.
285 C.M. BIANCA, Sub art. 9-bis l.d., in Comm. al dir. it. Della famiglia a cura di G. CIAN, G. OPPO, A. TRABUCCHI, VI, 1, Padova, 1993, p. 486 ss.
286 G. CATTANEO, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, cit., p. 428; G. GABRIELLI, Dei legittimari, cit., p. 176; F. LAZZARO, I diritti successori del coniuge nei casi di separazione addebitata e di divorzio, in Studi in onore di C. Grassetti, II, Milano, 1980, p.1185.
287 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 204.
sorgerebbe solo nei rapporti interni con gli eredi, e non direttamente nei confronti del coniuge divorziato. L’accoglimento di tale tesi implica che l’”eredità” in relazione alla quale deve essere calcolato l’assegno non ricomprenda i beni donati ma solo il valore dei beni ereditari, ed inoltre che lo stesso dovrebbe essere preso dalla disponibile, non potendo intaccare la quota riservata ai legittimari. Ciò significherebbe che, qualora il de cuius avesse disposto integralmente della disponibile con donazioni, il coniuge divorziato superstite non potrebbe avanzare alcuna pretesa nei confronti degli eredi.
L’art. 9- bis citato, individua anche i parametri di commisurazione dell’assegno.
Si tratta anzitutto, di un’attribuzione mortis causa quindi deve essere determinato in modo direttamente proporzionale alle sostanze ereditarie, ed inversamente proporzionale al numero ed alla qualità degli eredi.
In secondo luogo la disposizione richiama sia lo stato di bisogno del beneficiario che le condizioni economiche degli eredi vista la natura alimentare dell’assegno; infine, il fatto che tale assegno sostituisca l’assegno divorzile fa si che questo venga considerato come punto di riferimento, sia per la determinazione dello stato di bisogno che come misura massima della sua entità.
Generalmente l’assegno viene corrisposto periodicamente ma le parti possono accordarsi perché venga corrisposto in un’unica soluzione, o mediante il pagamento di una somma capitale o mediante il trasferimento o la costituzione di un diritto reale. La dottrina prevalente288 sussume tale convenzione nella figura della datio in solutum, il che comporta che l’estinzione del diritto avvenga solo con pagamento effettivo. Pertanto, qualora a seguito della conclusione dell’accordo ma prima del pagamento, si verifichino fatti che attribuiscano all’ex coniuge il diritto alla revisione dell’accordo o fatti estintivi del diritto, tale accordo non sarebbe più vincolante.
Nell’ipotesi in cui il de cuius abbia lasciato più coniugi divorziati superstiti che abbiano tutti diritto alla corresponsione dell’assegno di cui all’art. 5 della legge sul divorzio, si è posto il problema se ad ognuno di essi spetti una quota di un unico assegno a carico dell’eredità, o se ognuno abbia diritto alla corresponsione di un singolo assegno.
L’orientamento prevalente 289 opta per questa seconda interpretazione, in quanto l’assegno è commisurato alle condizioni personali del singolo coniuge. Tanto è vero che l’art. 9 bis citato impone, al tribunale, di valutare le somme godute all’apertura della successione e l’entità del bisogno, parametri evidentemente variabili a seconda del caso.
288 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 206.
289 G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., p. 423.
Le cause estintive del diritto all’assegno di cui all’art. 9 bis della legge sul divorzio sono, in primo luogo il venir meno dello stato di bisogno del coniuge superstite, poiché si tratta non di un mero requisito costitutivo, ma anche di conservazione di tale diritto 290 , in secondo luogo anche il peggioramento delle condizioni economiche dei soggetti tenuti a corrisponderlo, qualora si trovino nell’impossibilità oggettiva di farsi carico del suo pagamento291.
Tuttavia, in queste due ipotesi non sembra si possa parlare di vere e proprie cause estintive del diritto, ma piuttosto di quiescenza del diritto, infatti la disposizione richiamata prevede espressamente che, qualora il coniuge superstite si trovi nuovamente in stato di bisogno avrà diritto all’assegno.
Come già detto, estingue il diritto all’assegno anche la corresponsione in un’unica soluzione.
In ultimo, il diritto si estingue anche in caso di morte del coniuge divorziato o dei soggetti tenuti alla corresponsione, perché si tratta di un diritto e di un obbligo intrasmissibili a causa di morte293.
L’intento ispiratore della riforma si è realizzato compiutamente attribuendo al coniuge i diritti di abitazione e d’uso sulla casa adibita a residenza familiare e sui mobili che la corredano.
Secondo l’opinione pacifica in dottrina294, la ratio dell’istituto si dovrebbe identificare con la volontà di tutelare il coniuge non solo sotto il profilo patrimoniale, ma anche sotto quello etico, sentimentale e morale legato alla conservazione dei rapporti affettivi e di consuetudine con la casa familiare, oltre che al mantenimento del tenore di vita, delle relazioni sociali e degli status symbol goduti durante il matrimonio, sul presupposto che la ricerca di un nuovo alloggio potrebbe essere fonte di un grave danno, psicologico e materiale, per la stabilità e le abitudini di una persona. Tali diritti rappresenterebbero la continuazione ideale delle prerogative sorte con la celebrazione del matrimonio ed ispirate al principio di solidarietà familiare, principio declinato anche dal diritto-dovere alla coabitazione in uno stesso luogo scelto di comune accordo.
290 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 286. 291 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 206. 292 L. MENGONI, Successione per causa di morte. Successione necessaria, cit., p. 207. 293 C.M. BIANCA, Sub art. 9-bis l.d, cit., p. 490 s.
294 A. BUCELLI, I legittimari, cit., p. 58 ss.; R. CALVO, Il diritto di abitazione del coniuge tra regole e valori, in Riv. trim. proc. civ., 2006, p. 20 ss.; L. MENGONI, Successione per causa di morte.
Successione necessaria, cit., p. 176 ss.