PROTOCOLLO DI INTESA
PROTOCOLLO DI INTESA
PER IL MIGLIORAMENTO DELLA PROTEZIONE DELLE DONNE CHE HANNO SUBITO VIOLENZA NELL'AMBITO DI RELAZIONI DI INTIMITÀ
Tutti i partecipanti al presente Protocollo operativo, ciascuno nell'ambito della propria competenza, si impegnano nel contrasto della violenza contro le donne e intendono porre in essere interventi fattivi per il miglioramento della protezione delle donne vittime di violenza nelle relazioni di intimità.
La violenza contro le donne è fenomeno ampio e diffuso. L'Istat nel Report 2015 “La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia” ha rilevato che 6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni: il 20,2% ha subìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Nel Report del novembre 2016 “Stalking sulle donne” Istat ha stimato che il 21,5% delle donne fra i 16 e i 70 anni abbia subito comportamenti persecutori da parte di un ex partner nell'arco della propria vita. Nel 2018, l’Istat ha diffuso un Report sulle vittime di omicidi, che evidenzia chiaramente le differenze strutturali fra gli omicidi delle donne e degli uomini. L’80,5% delle donne uccise è infatti vittima di una persona che conosce: nel 43,9% dei casi è un partner (35,8% attuale, 8,1% precedente), nel 28,5% un parente (inclusi figli e genitori) e nell’8,1% un’altra persona conosciuta. Le percentuali sono stabili nel tempo e mentre si registra una notevole flessione degli omicidi di uomini, l’Istat rileva come negli anni ’90 le donne rappresentavano l’11% delle morti violente, ora costituiscono il 35%. Nel 2019 l’indagine Istat “Gli stereotipi sui ruoli di genere e l’immagine sociale della violenza sessuale” restituisce risultati non confortevoli.
In linea con il diritto alla salute e ad una vita priva di violenza, sanciti in norme di valenza nazionale, internazionale (Onu, Who, Consiglio d’Europa, Piano Nazionale contro la violenza di genere e lo stalking) e locale (L.R. n.6/2014 per la parità e contro le discriminazioni di genere, Piano Regionale contro la violenza di genere), e considerata la gravità dell’incidenza della violenza sulla vita delle donne e dei minori coinvolti, le agenzie del territorio di Bologna si impegnano ad operare nei termini più oltre indicati.
I partecipanti al presente Protocollo concordano di concentrare l'ambito di azione dello stesso sull’intervento con le (già) vittime di violenza, pur riconoscendo la necessità di proseguire, anche insieme ad altre agenzie del territorio, con azioni di prevenzione integrata tese ad intervenire, oltre che con le vittime e sui contesti, con gli autori di violenza, così come con azioni rivolte alla popolazione nella sua generalità o a coloro che sono a rischio di subire violenze.
Il presente Protocollo forma un ulteriore tassello a sostegno dell'Accordo metropolitano per la realizzazione di attività ed interventi di accoglienza, ascolto e ospitalità di donne che hanno subito violenza, sottoscritto nel 2015 e rinnovato il 4 marzo 2020 fra istituzioni e associazioni della città metropolitana di Bologna.
Soggetti partecipanti
I partecipanti al presente Protocollo operativo sono Istituzioni e Associazioni che, nel territorio bolognese, intervengono in concreto con le donne (già) vittime di violenza da partner o ex- partner nelle relazioni di intimità.
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Obiettivi
Obiettivo generale del presente Protocollo operativo è il miglioramento della protezione delle donne che hanno subito violenza, attraverso l'instaurarsi di stabili relazioni fra istituzioni e associazioni.
Obiettivi specifici sono:
• la creazione e condivisione di procedure di intervento coordinato fra i soggetti che agiscono nelle situazioni di difesa delle donne che hanno subito violenza, per garantire la massima sinergia tra i soggetti partecipanti;
• lo sviluppo delle competenze di tutte le professionalità che entrano in contatto con le donne che hanno subito violenza, messe a disposizione dei soggetti partecipanti.
Impegno delle parti
Le parti sottoscriventi si impegnano a:
• partecipare con propri rappresentanti agli incontri periodici;
• collaborare alla definizione di procedure di intervento coordinato;
• fornire informazioni pertinenti all'espletamento delle azioni integrate.
Il Comune e la Prefettura di Bologna, insieme o con iniziative separate, a seconda degli argomenti e dei soggetti interessati, assicurano l'organizzazione e l'integrazione delle attività dei soggetti partecipanti, garantiscono il coordinamento, promuovono gli incontri periodici.
Metodo di lavoro
I soggetti partecipanti si incontreranno a cadenza semestrale per:
• condividere la priorità di azioni integrate;
• individuare eventuali criticità e proposizione di possibili soluzioni operative coordinate;
• individuare ulteriori ambiti di intervento collaborativi;
• monitorare l'andamento delle azioni e verificare i risultati conseguiti.
Le modalità di attuazione della collaborazione verranno concordate nel rispetto della normativa vigente, tenuto conto delle specifiche responsabilità e competenze in capo a ciascuna parte firmataria.
Il Comune e la Prefettura di Bologna potranno promuovere, qualora se ne ravvisi la necessità operativa, la costituzione di gruppi di lavoro di approfondimento di alcuni argomenti specifici per giungere a possibili soluzioni operative coordinate.
Integrazioni e modifiche del Protocollo
Le attività previste dal presente Protocollo operativo potranno essere modificate o integrate, previo accordo fra le parti, sulla base delle diverse esigenze che si determineranno nel corso della durata dell'intesa.
Durata
Il presente Protocollo ha durata triennale ed ha efficacia dal momento della sottoscrizione. Alla scadenza potrà essere rinnovato.
Trattamento dei dati
Nell'ambito delle attività in esecuzione del presente Protocollo potranno essere gestiti dati per il cui trattamento si agirà nel rispetto delle norme del Codice per la protezione dei dati personali.
Adesioni
Nel corso di durata del presente Protocollo potranno aderire altre organizzazioni, pubbliche e/o private, operanti nell'ambito della protezione delle donne che hanno subito violenza, sul territorio della città metropolitana.
Nel sottoscrivere il Protocollo ciascuno, in relazione a compiti, competenze, risorse e procedure descritte nell’allegato, parte integrante del presente protocollo, si impegna a:
Comune di Bologna,
• partecipare al sistema di sostegno ed accoglienza a donne che hanno subito violenza determinato dall'Accordo Metropolitano;
• supportare le associazioni impegnate negli interventi di accoglienza, ospitalità, consulenza, ascolto e sostegno alle donne che hanno subito violenza;
• favorire la formazione del personale - comunale e dei servizi in sussidiarietà - coinvolto negli interventi di aiuto alle donne ed ai minori;
• monitorare e raccogliere i dati dal sistema informativo GARSIA favorendo il loro conferimento all’Osservatorio regionale sulla violenza.
Prefettura di Bologna,
• promuovere le iniziative di rete ritenute utili in ambito provinciale al fine di garantire la tutela delle donne contro ogni violenza, curando la realizzazione di un confronto allargato su eventuali problematiche correlate al tema al fine di un sempre più efficiente ed efficace rapporto dialogico tra Enti;
• garantire un’osmosi di conoscenza con il Tavolo istituzionale per eventuali conseguenti iniziative derivanti dal presente Protocollo;
• favorire e organizzare ulteriori momenti formativi per il personale interno e la sua partecipazione a momenti di formazione multiagency organizzati da altre agenzie.
Città Metropolitana di Bologna,
• coordinare il sistema di sostegno ed accoglienza a donne che hanno subito violenza determinato dall'Accordo metropolitano;
• sostenere le associazioni impegnate negli interventi di accoglienza, ospitalità, consulenza, ascolto delle donne che hanno subito violenza;
• promuovere e favorire l'apertura della stanza rosa presso le Stazioni dei Carabinieri, almeno una per ogni Unione di Comuni;
• programmare azioni di prevenzione, protezione e contrasto alla violenza di genere, in collaborazione con i territori e con le associazioni che si occupano delle tematiche del contrasto alla violenza e delle pari opportunità;
• promuovere e favorire la formazione di operatori e operatrici delle istituzioni e delle associazioni a livello metropolitano;
• raccogliere e monitorare i dati di cui all'Accordo metropolitano;
• favorire l'ampliamento del Protocollo a tutti i distretti del territorio metropolitano, nell'intento di estendere le relazioni con tutti i soggetti firmatari.
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna,
• fornire periodicamente i dati statistici relativi alle singole figure di reato come iscritte nei registri informatici e relativi andamenti annuali / semestrali dei loro esiti in sede di conclusione delle indagini preliminari (esercizio dell’azione penale, archiviazioni, misure cautelari richieste concesse e rigettate)
• vigilare sulla corretta osservanza delle direttive e delle linee guida formulate in attuazione degli obblighi previsti a livello nazionale e sovranazionale.
Tribunale di Bologna – Prima Sezione Civile,
• assicurare un tempestivo esame delle richieste di allontanamento dalla casa familiare o di divieto di allontanamento, normalmente entro le 48 ore;
• garantire la pronta valutazione di tutte le prove sottoposte col ricorso all’esame del giudice;
• garantire lo svolgimento dell’udienza in tempi celeri.
Tribunale di Bologna, Sezione dei Giudici per le Indagini Preliminari, ove possibile, compatibilmente con le esigenze dell'ufficio,
• assicurare un tempestivo esame delle richieste di allontanamento dalla casa familiare o di divieto di avvicinamento;
• garantire l'esecuzione in tempi celeri dell'ascolto della persona offesa e lo svolgimento dell'incidente probatorio;
• garantire la massima tempestività nel valutare la sussistenza della pericolosità dell'autore di violenza.
Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni,
• operare in stretto raccordo con la Procura presso il Tribunale Ordinario di Bologna, in attuazione degli obblighi assunti con il protocollo intercorso l’11.7.2018 tra la Procura Minorile e tutte le Procure ordinarie del distretto, in tutti i casi in cui accerti la pendenza di un procedimento penale, ovvero di una causa di separazione, divorzio o affidamento del minore, al fine dell’esercizio delle competenze in materia civile proprie dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria
• vigilare sulla corretta attuazione delle direttive e linee – guida predisposte in materie attinenti alla violenza di genere, e a predisporre le nuove indicazioni che si rivelino necessarie in base all’evoluzione normativa e giurisprudenziale
• garantire il periodico controllo delle comunità ospitanti madri collocate in protezione con minori, compito rientrante nel più generale obbligo di controllo delle comunità attribuito al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni dall’art. 9 L. 184/1983
• fornire dati riguardanti le segnalazioni di minori vittime di violenza assistita e i ricorsi inoltrati al Tribunale con richieste di protezione di nuclei esposti a violenze intra- familiari
Tribunale per i Minorenni dell’Xxxxxx Xxxxxxx,
• assicurare un tempestivo esame dei ricorsi provenienti dalle parti o dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni dell’Xxxxxx Xxxxxxx aventi ad oggetto la richiesta ex art.333 c.c. di un ordine di allontanamento del genitore o convivente maltrattante o violento dalla casa familiare o di un divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima e dal minore o dai minori, normalmente entro le 48 ore dal deposito del ricorso o comunque alla prima camera di consiglio utile, sempre che si tratti di violenza domestica avvenuta in presenza di minori o con esposizione dei predetti alla situazione di pregiudizio connessa;
• garantire la pronta valutazione di tutte le prove sottoposte col ricorso all’esame del giudice;
• garantire lo svolgimento dell’udienza in tempi celeri;
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• garantire la tempestiva richiesta al servizio sociale territorialmente competente della presa in carico del nucleo al fine di consentire ogni supporto, anche materiale e psicologico, sia ai minori sia agli adulti vittima di violenza.
Questura di Bologna,
• fornire informazioni circa il numero verde 1522, i centri antiviolenza e gli altri servizi di aiuto del territorio, non solo nei casi di stalking come dispone la legge;
• favorire e organizzare ulteriori momenti formativi per il personale interno e la sua partecipazione a momenti di formazione multiagency organizzati da altre agenzie:
• continuare a garantire lo svolgimento delle audizioni delle vittime di violenza, sia minorenni sia maggiorenni particolarmente vulnerabili, nella stanza di ascolto protetto, attiva dal 2014, sempre in presenza di uno psicologo specializzato;
• garantire l’ impegno delle sezioni specializzate, istituite presso la Squadra Mobile e la Divisione Polizia Anticrimine, ad affrontare le difficoltà delle vittime sin dalla prima segnalazione di violenza;
• promuovere e favorire ogni iniziativa di sensibilizzazione alla cultura della legalità.
Comando provinciale Carabinieri di Bologna,
• proseguire l’impegno di sensibilizzare i propri operatori a riconoscere e trattare adeguatamente le notizie di reato inerenti violenze su donne;
• garantire la ricezione della denuncia della vittima da parte di tutti i reparti sul territorio;
• mettere a disposizione e gestire direttamente appositi ambienti, definiti “stanze rosa”, realizzati tramite la partnership delle Amministrazioni Comunali e della Città Metropolitana, particolarmente organizzati per conformazione, ambientazione, arredo, dotazioni tecniche, cablaggio e interconnessione, per la ricezione, in condizioni di massima riservatezza, delle vittime particolarmente vulnerabili e dei reati di genere, la loro audizione e la realizzazione di tutti i connessi atti di P.G., atti delegati e peritali di carattere “protetto”. Gli ambienti saranno tendenzialmente realizzati in ragione di almeno uno per distretto/Comando Compagnia Carabinieri, integrando quelli già attivati presso le locali Stazioni carabinieri in Castenaso, San Xxxxxxxx in Persiceto e Sasso Marconi, con quelli in fase di progettazione/realizzazione in Castel Maggiore, Bologna “Indipendenza “ e Borgo Panigale, e altri in locali già individuati in Vergato e Imola. Inoltre sempre con la collaborazione delle Amministrazioni predette saranno integrate le dotazioni ove si evidenziasse necessario;
• favorire la partecipazione a momenti di formazione multiagency organizzati da altre agenzie e organizzare momenti formativi per il proprio personale.
ASP Città di Bologna,
• partecipare al sistema di sostegno ed accoglienza a donne che hanno subito violenza determinato dall'Accordo Metropolitano;
• fornire periodicamente i dati sugli inserimenti di donne e minori nelle strutture di accoglienza a seguito di maltrattamento/violenza in situazione di intimità, attraverso il sistema informatico GARSIA;
• favorire la formazione del personale sui temi della violenza alle donne e dell'abuso minorile;
• contribuire attivamente al consolidarsi di un nuovo servizio destinato agli autori di violenza contro le donne.
Azienda USL di Bologna,
• ad accogliere, assistere e garantire la presa in carico integrata sociale e sanitaria delle donne vittime di violenza;
• individuare opportune ed efficaci modalità di accoglienza e assistenza attraverso la condivisione dei percorsi assistenziali;
• a garantire che la donna al Pronto Soccorso riceva tutte le cure necessarie in una situazione protetta;
• a sviluppare una banca dati comune a tutti Pronto Soccorso del territorio, in modo che sia agevole controllare i precedenti accessi della donna e fornirne tempestiva indicazione all’Autorità Giudiziaria e alle forze dell’ordine per le indagini;
• a potenziare la formazione specifica a valenza multidisciplinare dei professionisti e degli operatori sanitari che possono entrare in relazione con le donne che hanno subito violenzaa fornire le informazioni sul numero verde 1522, centri antiviolenza e sugli altri servizi di aiuto che offre il territorio;
• a coinvolgere nella definizione e nella realizzazione dei percorsi l’Azienda Ospedaliera X.Xxxxxx – Malpighi e l’Istituto Ortopedico Rizzoli.
Casa delle donne per non subire violenza onlus,
• partecipare al sistema di sostegno, accoglienza e ospitalità a donne, con o senza figli/e, italiane e straniere, indipendentemente dal loro status giuridico e residenza, che hanno subito violenza determinato dall'Accordo Metropolitano;
• dare continuità all’intervento operativo sul territorio a favore delle donne vittime di vio- lenza e dei loro figlie/i minori;
• mettere a disposizione degli altri soggetti sottoscrittori del presente protocollo la com- petenza e la professionalità delle proprie esperte per confronti su situazioni complesse, in particolare di donne e minori fortemente traumatizzati dalla violenza, anche con la presa in carico delle donne e dei minori vittime di traumi complessi, o di forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale;
• mettere a disposizione degli altri soggetti sottoscrittori le proprie formatrici sul tema della violenza contro le donne e i minori, ai fini dello sviluppo di una rete sempre più efficace ed efficiente, contemporaneamente favorendo la partecipazione del proprio personale ai momenti formativi comuni;
• provvedere alla raccolta, all’elaborazione e alla diffusione dei dati relativi alla propria attività, attraverso l’adesione al progetto regionale “Osservatorio”, svolto dal Coordi- namento dei centri antiviolenza dell'Xxxxxx-Romagna attraverso una scheda di rileva- mento dati comune ai centri suoi aderenti. Svolge inoltre una ricerca annuale sui fem- minicidi in Italia, mettendone a disposizione i dati agli altri soggetti;
• sostenere una progettualità condivisa con l'associazione Senza Violenza, evidenziata nel protocollo firmato a novembre 2017 e rinnovato nel 2020 con il Comune di Bolo- gna e Asp Bologna; definire procedure di collaborazione tra centro antiviolenza e cen- tro per uomini che usano violenza contro le donne e i minori, al fine di migliorare la protezione delle donne e dei minori coinvolti e innescare meccanismi di cambiamento socio-culturale, anche attraverso percorsi formativi comuni.
UDI -Unione Donne in Italia,
• a partecipare al sistema di sostegno ed accoglienza a donne che hanno subito violenza determinato dall'Accordo Metropolitano;
• a dare continuità all’intervento operativo sul territorio a favore delle donne vittime di violenza.
MondoDonna onlus,
• partecipare al sistema di sostegno ed accoglienza a donne che hanno subito violenza determinato dall'Accordo Metropolitano;
• dare continuità agli interventi operativi sul territorio metropolitano di Bologna a favore delle donne con vissuti di violenza, in particolare donne provenienti da altri paesi, rifugiate e/o richiedenti asilo;
• mettere a disposizione competenze e saperi legati alla multidisciplinarietà nell’approccio al tema della violenza di genere, all’utilizzo di un’ottica transculturale nella relazione d’aiuto e alla presa in carico dei disturbi psichici delle donne richiedenti asilo o titolari di protezione, vittime di traumi complessi, torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale; vittime di tratta;
• fornire consulenza e supervisione, attraverso l’equipe multidisciplinare di MondoDonna, ai soggetti pubblici e privati del territorio, su casi complessi;
• provvedere alla raccolta, elaborazione e diffusione dei dati dell’attività svolta; dati che confluiscono nella raccolta dati della Città Metropolitana e di Istat, gestita dalla Regione Xxxxxx Xxxxxxx.
SOS Donna,
• a partecipare al sistema di sostegno ed accoglienza a donne che hanno subito violenza determinato dall'Accordo Metropolitano;
• a dare continuità agli interventi operativi sul territorio a favore di donne italiane e provenienti da altri paesi vittime di violenza.
Senza Violenza
• dare continuità all’intervento operativo sul territorio promuovendo e attuando percorsi individuali e/o di gruppo, per uomini autori di violenza che vogliono cessare i loro comportamenti violenti;
• mettere a disposizione degli altri soggetti sottoscrittori del presente protocollo la competenza e la professionalità delle/i propri/e formatrici/tori sulla questione della violenza “di genere”, a partire dal tema della responsabilizzazione maschile e dei percorsi di cambiamento di uomini autori di violenza, favorendo inoltre la partecipazione del proprio personale ai momenti formativi comuni;
• provvedere alla raccolta, elaborazione e diffusione dei dati relativi alla propria attività; partecipare alla rete cittadina, collaborando con tutti i soggetti che operano nel contrasto alla violenza in tutte le attività comuni e in particolare con la Casa delle donne per non subire violenza di Bologna e gli altri Centri antiviolenza presenti sul territorio;
• promuovere un cambiamento culturale e politico sociale volto ad intaccare le radici della violenza maschile contro le donne, ovvero le disparità materiali e simboliche presenti nelle relazioni fra i sessi e la riduzione delle differenze – prima fra tutte la differenza sessuale – a minorità.
Letto, approvato e sottoscritto Bologna,
Comune di Bologna
Città Metropolitana di Bologna
Prefettura di Bologna
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna
Tribunale di Bologna
Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minori
Tribunale per i Minorenni dell’Xxxxxx Xxxxxxx
Questura di Bologna
Comando provinciale Carabinieri di Bologna
ASP Città di Bologna
Azienda USL di Bologna
Casa delle donne per non subire violenza onlus
UDI -Unione Donne in Italia
MondoDonna onlus
SOS Donna
Senza Violenza
Allegato al Protocollo di Intesa
Compiti, competenze, risorse e procedure dei partecipanti
Comune di Bologna
L'Amministrazione Comunale promuove e sostiene iniziative volte a favorire le pari opportunità, la cultura del rispetto e dei diritti umani. Attua politiche per contrastare la violenza di genere, la violenza sui minori ed ogni forma di discriminazione. Svolge iniziative di formazione e sensibilizzazione sul tema della lotta agli stereotipi di genere.
Il Comune di Bologna è tra i promotori dell'Accordo metropolitano per la realizzazione di attività ed interventi di accoglienza, ascolto e ospitalità di donne che hanno subito violenza, sottoscritto nel dicembre 2015 e rinnovato nel 2020 insieme alla Città Metropolitana di Bologna, al Nuovo Circondario Imolese, ai Comuni capofila di Distretto e sei associazioni. Sul territorio metropolitano si è venuto pertanto a consolidare un complesso e competente sistema di sostegno ed accoglienza a donne che hanno subito violenza che si articola sostanzialmente su tre livelli: ospitalità in pronta accoglienza; ospitalità in seconda accoglienza; consulenza, ascolto e sostegno.
L'intervento in emergenza è garantito dal servizio PRIS, pronto intervento sociale metropolitano. Il servizio è attivato a seguito della necessità per una donna di avere una collocazione a causa di un episodio violento che ne mette a rischio l'incolumità e per effetto del quale la stessa non può rimanere presso la propria abitazione. Il PRIS può essere attivato solo dalle Forze dell’Ordine o dal Pronto Soccorso.
Il PRIS è un servizio che si attiva in situazioni di particolare gravità e urgenza riconducibili a problematiche di rilevanza sociale, che si presentino al di fuori degli orari di apertura dei servizi comunali e che abbiano le caratteristiche dell’emergenza.
La centrale operativa telefonica è attiva 24 ore su 24 ed è riservata alle Forze di polizia, alla Polizia Locale ed ai Servizi Sanitari (Ospedali). Essa opera gestendo telefonicamente la situazione di urgenza preoccupandosi di attivare, qualora la chiamata richieda una valutazione professionale immediata, l’assistente sociale reperibile che si reca preferibilmente presso gli uffici delle Forze di polizia del territorio o presso il luogo in cui si è verificata l’emergenza (Ospedale, abitazione etc.).
Tale nucleo professionale reperibile H24, svolge un’istruttoria tecnica qualificata e, ove necessario, provvede all’immediata protezione della donna e/o minore redigendo un documento di sintesi dell’intervento effettuato, presupposto indispensabile per l' eventuale adozione del provvedimento d'urgenza in caso di minore (ex art. 403 c.c. ) e l’attivazione di un collocamento in luogo protetto. La presa in carico del caso resta affidata al PRIS fino a che non viene individuato il Servizio Sociale Territoriale cittadino/provinciale/extraprovinciale a cui il caso compete.
Il servizio sociale territoriale valuta il/i bisogno/i tramite i propri strumenti professionali ed elabora il Piano assistenziale individualizzato (PAI) in accordo con la persona. Procede quindi all’attivazione del Piano attraverso le risorse della rete dei servizi che il Comune assicura o promuove (convenzionati, accreditati AUSL, ASP, terzo settore, risorse informali).
Con il progetto INRETE è stato realizzato un adattamento del sistema informativo dei servizi socio sanitari GARSIA, in uso nei comuni dell’area metropolitana di Bologna, per consentire di gestire dati quali/quantitativi sul fenomeno della violenza contro le donne.
E' stata realizzata una infrastruttura tecnica in grado di avviare/facilitare concretamente un lavoro di rete fra istituzioni e associazioni, capace di gestire dati qualitativi e quantitativi sull’andamento del fenomeno, evidenziando l'iter delle vittime di violenza da un nodo all'altro della rete, gli esiti dei percorsi attivati e le interruzioni di percorso.
Con l'istituzione dell'Osservatorio regionale contro la violenza di genere disciplinato dalla L.R. n.6/2014 e dal Piano regionale contro la violenza di genere, dal 2018 i dati raccolti dalle varie
agenzie socio-sanitarie e dai Centri Antiviolenza inseriti del registro regionale, concorrono ad approfondire ulteriormente la comprensione del fenomeno della violenza di genere in Xxxxxx- Romagna e, attraverso un monitoraggio strutturato, a fornire spunti per un'azione tecnica sempre più qualificata.
Il Servizio sociale territoriale ha modo di registrare nella cartella sociale informazioni relative all'autore della violenza ed alla tipologia di maltrattamento e violenza, nel caso di individuazione di un problema di maltrattamento, dati che, in modo aggregato possono poi essere forniti all'Osservatorio regionale.
Il servizio sociale territoriale nel caso di individuazione di un problema di maltrattamento o di violenza di genere può attivare una collaborazione per la gestione del caso con servizi o sportelli dedicati, sia per consulenza psicologica e/o giuridica sia per ospitalità, messi a disposizione in sussidiarietà dal territorio.
Un ruolo trasversale assume in materia l’Ufficio Tutele Metropolitano, con funzioni di supporto giuridico e di raccordo con il resto dei Servizi Sociali provinciali, Forze di polizia e Autorità giudiziaria. Particolare incentivo alla collaborazione operativa fra Servizio Sociale Territoriale e Forze di Polizia ha rappresentato l’emanazione della legge 69/2019 “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere” e dei protocolli applicativi disposti dalla Procura presso il Tribunale Ordinario di Bologna e dalla Procura presso il Tribunale per i Minorenni della Regione Xxxxxx Xxxxxxx. Tali protocolli hanno stabilito specifiche procedure e precise modalità di collaborazione fra gli Enti coinvolti a tutela delle vittime di violenza sia nel caso di persone adulte che di persone di minore età.
La Polizia Locale di Bologna ha istituito una sezione specializzata denominata "Unità Tutela dei Soggetti Deboli", E' costituita da almeno 50 agenti ed ufficiali a partecipazione volontaria, ai quali è stata fornita una specifica formazione sulla violenza nelle relazioni di intimità. Nella quotidianità dei servizi d'istituto le specifiche competenze acquisite permetteranno di cogliere situazioni di violenza domestica, di maltrattamenti e atti persecutori e di gestire le vittime garantendo loro un'adeguata accoglienza, un ascolto attivo e un corretto percorso procedurale.
Città Metropolitana di Bologna
La Città metropolitana di Bologna, in linea con la legislazione nazionale e regionale in tema di pari opportunità e di contrasto alla violenza di genere, promuove la diffusione di una cultura che valorizzi le differenze, che rimuova ogni forma di diseguaglianza, di discriminazione e di violenza di genere.
Ai sensi dell'art. 1, comma 85 della L. 56/2014, alla Città metropolitana è attribuita la funzione fondamentale relativa al "controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio", che svolge attraverso il suo ruolo di coordinamento dei soggetti pubblici e privati presenti sul territorio metropolitano, con l'obiettivo di condividere linee e azioni e costruire una rete metropolitana per il contrasto agli stereotipi, alle discriminazioni e alla violenza che sia qualificata ed efficace.
Pertanto, nell'ambito dei coordinamento attivati per la promozione delle pari opportunità e per il contrasto alla violenza, sostiene il potenziamento e l'ampliamento della rete e della collaborazione tra le istituzioni e le associazioni (Enti locali, anche organizzati in Distretti per le Pari opportunità, Aziende sanitarie, Centri antiviolenza, Forze dell'Ordine, sistema scolastico, ecc), la realizzazione di azioni di prevenzione, di comunicazione e di formazione, rivolte al mondo della scuola e alla cittadinanza in generale e azioni per la presa in carico, il sostegno e l'accompagnamento delle donne vittime di violenza e maltrattamento. Promuove inoltre la realizzazione di iniziative di in- formazione e approfondimenti tematici, rivolti ai servizi, alle associazioni e al mondo della scuola e azioni a supporto dell'autonomia abitativa delle donne in uscita da percorsi di violenza, anche attraverso la partecipazione a Bandi regionali, nazionali ed europei specifici.
Pone particolare attenzione alle giovani generazioni, attraverso la programmazione e la realizzazione di attività educative nelle scuole e alla promozione di politiche di integrazione della dimensione di genere (politiche sociali e socio-sanitarie, del lavoro, della formazione, dell'istruzione, della cultura).
Con riferimento ai percorsi formativi e professionali delle scuole secondarie di primo e secondo grado, ed in particolare al settore tecnico e scientifico, la Città metropolitana coordina dal 2013, il progetto del Piano Strategico Metropolitano (PSM) “Il rilancio dell'educazione tecnica” che vede tra gli obiettivi, il superamento degli stereotipi di genere nelle scelte di istruzione e formative per le ragazze.
Nel 2018 è stato anche definito, in accordo con la Regione e con tutti i soggetti interessati del territorio metropolitano, un Piano triennale di orientamento e per il successo formativo 2019-2021, che prevede anche un’azione specifica per il contrasto degli stereotipi nelle scelte dei percorsi di istruzione, formazione e professionali.
Nel 2020, la Città metropolitana ha rinnovato l’Accordo per la realizzazione di attività ed interventi di accoglienza, ascolto ed ospitalità per donne che hanno subito violenza, per ulteriori 5 anni, insieme al Comune di Bologna, al Nuovo Circondario Imolese, alle Unioni dei comuni del territorio metropolitano e alle Associazioni del territorio che gestiscono case per l'emergenza, case rifugio e sportelli di consulenza e ascolto (Casa delle Donne, Trama di terre, UDI, Sos Xxxxx, Mondo Donna con lo sportello CHIAMA chiAMA, PerLeDonne), ribadendo l'impotanza e la volontà di tutti i soggetti fimatari, di manterere e sostenere il sistema di accoglienza ed ospitalità per donne che hanno subito violenza, costituito nel 2015, con la sottoscrizione del primo Accordo.
Nel 2018 ha inoltre sottoscritto, con il Comando Provinciale dei Carabinieri di Bologna, l'Accordo attuativo per la realizzazione del Progetto “La Stanza Rosa”, che prevede l'impegno dei soggetti firmatari, a promuovere ed attuare, come prima azione del Protocollo di intesa contro la violenza di genere promosso dal Comune di Bologna e sottoscritto anche dalla Città metropolitana di Bologna, la costituzione delle Stanze per l'audizione protetta in almeno una Caserma dei Carabinieri per Unione.
La Città metropolitana nel 2019 ha sottoscritto il Protocollo con la Rete di Comunità di Aziende per le Pari Opportunità denominata CAPO D, volto a promuovere, a livello metropolitano, una strategia di responsabilità sociale di territorio, con riferimento alle politiche e agli interventi di welfare aziendale e alle politiche di pari opportunità di genere, promuovendo un’alleanza e un’azione di collaborazione e co-progettazione pubblico-privato.
Infine, al fine di migliorare la qualità dell'informazione e della comunicazione e promuovere il superamento degli stereotipi, la Città metropolitana di Bologna, insieme ai Comuni/Unioni dei comuni del territorio metropolitano, il Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell'Università di Bologna, le OOSS CGIL-CISL-UIL, l'USR ER – Ufficio V Ambito Territoriale di Bologna, l'Ordine dei giornalisti ed il Corecom, nel novembre 2019 ha sottoscritto il Protocollo sulla comunicazione di genere e sul linguaggio non discriminatorio, volto a promuovere una cultura del rispetto nella comunicazione, sia nelle parole sia nelle immagini, attraverso una serie di azioni condivise per superare gli stereotipi e valorizzare le differenze di genere, per la salvaguardia della dignità dei soggetti femminili e maschili rappresentati.
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna
L’Ufficio della Procura della Repubblica di Bologna è da tempo particolarmente sensibile alla tematica del contrasto delle forme di violenza contro i soggetti deboli, specie in ambito familiare.
Tanto è vero che da anni è operativo un gruppo specializzato di magistrati [ora in numero di 11, coordinati da un procuratore aggiunto], cui, tra l’altro sono assegnati i reati di violenza contro le donne nelle relazioni di intimità e, più in generale, i reati caratterizzati da violenza, minaccia o approfittamento delle condizioni soggettive le cui persone offese sono convenzionalmente definibili come “deboli”, come tali meritevoli di accentuata tutela.
Ciò in ragione della obiettiva rilevanza statistica di tali fenomeni delittuosi nel territorio, oggetto di costante incremento anche in ragione di fattori favorenti la loro emersione, e nella convinzione che la trattazione di tali tipologie di illeciti, per le peculiarità che evidenziano in ogni segmento processuale –dall’acquisizione della notitia criminis all’assunzione e valutazione della prova- imponga una specializzazione della magistratura, laddove si voglia perseguire
un’efficace azione di contrasto e di repressione, specie nel momento del coordinamento e dell’impulso delle investigazioni.
In tale prospettiva, vanno certamente richiamate le indicazioni ripetutamente fornite nel tempo dal C.S.M., da ultimo con la risoluzione 10 maggio 2018, con la quale in particolare è stata richiamata l’attenzione:
- sull’obbligo di trattazione prioritaria dei procedimenti in esame;
- sulla necessità di redigere linee guida per operatori di polizia;
- sull’opportunità di contribuire ad azioni informative e di sensibilizzazione verso la collettività, volte a facilitare l’emersione del fenomeno, sia mediante incontri con la comunità sia con la pubblicazione di documenti orientativi sul sito web degli uffici giudiziari;
- sull’importanza delle modalità di ascolto delle vittime, al fine di dare attuazione alle sollecitazioni provenienti da fonti normative internazionali (in particolare, Convenzione di Istanbul e cd. direttiva vittime) e di scongiurare il rischio di vittimizzazioni secondarie;
- sulla necessità di procedere tempestivamente alla valutazione del rischio di letalità per la vittima;
- sull’esigenza di rapportarsi con altre autorità giudiziarie operanti in altri contesti (civile/minorile) nonché con tutti gli operatori del settore (reti territoriali antiviolenza, servizi sociali etc.).
A tali sollecitazioni questa Xxxxxxx ha dato risposta integralmente confermativa attraverso una molteplicità di azioni. In particolare, già in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge n.
69 del 2019 (cd. “codice rosso”), erano state emanate direttive volte ad incentivare la specializzazione degli operatori e a migliorare la qualità della risposta giudiziaria e investigativa; disposizioni che sono state oggetto di aggiornamento e parziale revisione, alla luce del novum normativo.
Tra queste, vanno segnalate le indicazioni fornite con le circolari 26.7.2019, 19.8.2019, 19.9.2019 con le quali si è inteso dare tempestiva risposta soprattutto alle problematiche relative alla tempistica di comunicazione e trasmissione della notizia di reato, nonché in tema di ascolto della vittima nei termini di cui all’art. 362 comma 1 ter c.p.p. (entro tre giorni dall’iscrizione del procedimento). A tali prime indicazioni ha poi fatto seguito l’elaborazione e diffusione di linee guida per gli operatori di polizia, costituenti ovvio riferimento anche per i pubblici ministeri, al fine di garantire specializzazione e ottimizzazione delle risorse nonché l’omogeneità delle condotte investigative.
Nel documento citato, al cui contenuto si rimanda, qui integralmente confermandolo, sono stati in particolare descritti gli adempimenti in caso di ricezione di denuncia-querela, suggerendo in primo luogo le modalità con le quali procedere all’ascolto della vittima, che devono inderogabilmente essere ispirate alla necessità di ridurre il più possibile il senso di disagio e scongiurare il rischio di vittimizzazioni secondarie; in secondo luogo, sono state fornite indicazioni in merito ai contenuti della narrazione - finalizzati ad acquisire tutti i dati di rilevanza probatoria- e alle correlate iniziative investigative a riscontro di quanto costituente oggetto di denuncia, nella consapevolezza che tra le molteplici forme di tutela della persona offesa debba essere annoverata anche quella di allestire azioni investigative che diano garanzie di “tenuta processuale”, nell’eventuale successiva proiezione dibattimentale.
Una speciale attenzione è stata poi dedicata alla necessità di verificare già in tale contesto (cioè in sede di presentazione della denuncia-querela) l’ eventuale pendenza di paralleli procedimenti civili di separazione o divorzio ovvero cause relative all’affidamento di figli minori: e ciò sia al fine di dare tempestiva attuazione alla disposizione di cui al novellato art. 64 bis disp.att.c.p.p. (che impone la trasmissione degli atti di maggior rilievo del contesto penale al giudice della causa civile al fine di incentivarne quanto meno la conoscenza e, ove possibile, la coerenza) sia al fine di esprimere le proprie eventuali determinazioni in merito all’esercizio della responsabilità genitoriale, ove naturalmente il procedimento parallelo risulti incardinato dinanzi al Tribunale civile (con conseguente speculare competenza della Procura ordinaria della Repubblica) e non invece dinanzi al giudice specializzato (Tribunale per i Minorenni).
Si è altresì ritenuto di dovere valorizzare in favore delle vittime gli aspetti conoscitivi delle sequenze e delle prerogative processuali, raccomandando che la consegna degli avvisi previsti dalla legge sia accompagnata dalla illustrazione verbale delle più significative previsioni, tra cui quella che consente alle stesse di nominare un difensore con patrocinio a spese dello Stato. Una speciale attenzione è stata infine dedicata alla valutazione del rischio di letalità o comunque di reiterazione del reato, trattandosi di verifica ineludibile, chiaramente evocata sia dall’art. 51 della Convenzione di Istanbul, sia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (in particolare con la sentenza 2.3.2017, Talpis contro Italia), sia dal C.S.M. nella citata risoluzione 10.5.2018: obbligo la cui inosservanza può incidere nel determinismo di più gravi conseguenze per la vittima. La scelta della Procura della Repubblica di Bologna è stata quella di adottare, quale elemento aggiuntivo di valutazione nella complessa fase cautelare ex artt. 273 ss. c.p.p., il cd. metodo S.A.R.A. (acronimo di spousal assault risk assessment), basato su vari fattori di rischio, la cui compilazione ad opera dell’operatore di polizia è stata definita vincolante.
Il dato statistico in merito alle richieste di misure cautelari – cui devono affiancarsi le doverose azioni rientranti nella competenza delle forze di polizia (arresti in flagranza, fermi, allontanamento in via di urgenza dalla casa familiare)- ha registrato un progressivo significativo aumento nel corso del tempo, a conferma di una assoluta attenzione dell’Ufficio verso la tematica della sicurezza della vittima; non possono tuttavia sottacersi le connotazioni insufficienti di una risposta esclusivamente ancorata all’opzione repressiva, costituendo oggetto di comune consapevolezza la necessità di attivare sul territorio ogni possibile azione dalla valenza culturale e preventiva.
Sempre in tema di dati statistici, l’Ufficio attiva periodicamente le necessarie verifiche in punto di sopravvenienze delle notizie di reato, modalità e tempistica di definizione dei procedimenti penali, al fine di testare l’efficacia della propria azione.
Tutti i documenti formalizzati dall’Ufficio nella materia di interesse sono stati pubblicati sul sito web della Procura, al fine di consentirne a chiunque la fruizione.
Tribunale di Bologna
Le competenze del Tribunale nell'ambito della protezione delle donne che hanno subito violenza sono sia civili (Prima sezione, con gli ordini di protezione) che penali (Sezione dei Giudici per le indagini preliminari, per le relative misure cautelari, Sezioni dibattimentali, per la trattazione dei processi con istruttoria).
>Sezione dei Giudici per le Indagini Preliminari
Il giudice per le indagini preliminari (G.I.P.) e il giudice dell’udienza preliminare (G.U.P.) agiscono solo su impulso di parte (Pubblico Ministero, persona offesa, indagato/imputato, suo difensore). Nella materia in esame, di regola, l’intervento del giudice avviene su richiesta dell’organo inquirente.
L’intervento del magistrato giudicante (G.I.P. o G.U.P.) si realizza in due momenti: nel corso delle indagini preliminari; al termine delle indagini preliminari.
Il G.I.P. agisce nel corso delle indagini preliminari, come organo terzo al quale le parti possono e debbono rivolgersi per ottenere decisioni che riguardino loro rispettivi interessi. Le decisione sono assunte con provvedimenti non definitivi emessi in tempi rapidi e che hanno valore interlocutorio (ad esempio: ordinanze di applicazione di misure cautelari personali nei confronti dell’indagato; decreti autorizzativi di intercettazioni telefoniche e/o ambientali). Altra attività di rilievo riguarda la possibilità dell’espletamento dell’incidente probatorio tendente ad assumere la testimonianza della parte offesa di simili delitti in un contesto processuale protetto e non in pubblica udienza.
Il G.U.P., agisce al termine della fase delle indagini preliminari, allorché il Pubblico Ministero intenda richiedere che l’indagato sia sottoposto a giudizio. In questa fase processuale spetta al
G.U.P. (all’esito della celebrazione dell’udienza preliminare, nel contraddittorio tra le parti) la facoltà di accogliere o meno tale richiesta, optando per il rinvio a giudizio dell’imputato, ovvero per il suo proscioglimento (quando gli elementi raccolti a suo carico siano insufficienti a
sostenere l’accusa in giudizio). All’udienza preliminare, inoltre, il G.U.P. può anche pervenire a una sentenza, possibilità, peraltro, che si concretizza solo nel caso in cui il procedimento venga definito secondo i cosiddetti riti alternativi (“applicazione della pena su richiesta delle parti”; “giudizio abbreviato”), per loro stessa natura più celeri e, normalmente, privi della fase istruttoria.
La capacità e la possibilità di agire del magistrato giudicante (G.I.P. o G.U.P.) è conseguenza più o meno diretta delle modalità con cui le istanze a lui rivolte sono avanzate.
Nel caso dell’adozione delle misure cautelari, la richiesta avanzata dall’organo inquirente deve fornire, per potere essere accolta, i necessari elementi di gravità indiziaria a carico dell'indagato. Oppure, riguardo all’istituto della corresponsione dell’assegno a favore delle persone conviventi (di cui all’art 282 bis commi 3° e 4° c.p.p.) è necessario, fin dal momento di applicazione della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, che siano forniti al giudice elementi idonei allo scopo.
>Sezioni dibattimentali
Laddove, dopo l’udienza preliminare di cui ai paragrafi precedenti, il procedimento non sia stato definito con riti alternativi e l’imputato sia rinviato a giudizio, la successiva fase processuale si svolge avanti il Tribunale (giudice monocratico per i reati di maltrattamenti e stalking; giudice collegiale per i reati di violenza sessuale, di maltrattamenti aggravati, di tratta di persone e riduzione in schiavitù, di prostituzione minorile), che deve condurre l’istruttoria, ovvero esaminare i testimoni indicati dall’accusa e dalla difesa.
E’ diritto dell’imputato essere presente alle udienze ed essere assistito da un difensore.
Non è obbligatoria la presenza della persona offesa, se non per rendere l’eventuale esame testimoniale, e che comunque può essere rappresentata da un difensore, se costituita parte civile.
La legge assicura che il difensore della parte civile, vittima di tali reati, sia remunerato dallo Stato.
Secondo le norme processuali l’esame testimoniale della vittima è necessario solo se non già effettuato in precedenza con le forme dell’incidente probatorio, e si svolge con modalità protette, in ogni caso se la vittima è minorenne, e solo su richiesta della persona offesa o del suo difensore se la vittima è in condizioni di particolare vulnerabilità, condizioni quindi che è importante siano segnalate previamente al giudice.
>Prima sezione civile
Il Tribunale civile interviene su domanda della parte che subisce condotte pregiudizievoli: se avvengono violenze o abusi in famiglia la vittima può chiedere protezione immediata con un ordine di protezione civile le davanti al Tribunale civile ordinario del suo luogo di residenza o domicilio.
Il procedimento può essere instaurato dalla vittima personalmente o assistita da un legale e consiste in un ricorso ai sensi dell’art. 342 bis c.c. e 736 cpc, in cui la parte descrive le condotte che sono “causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà” della vittima e chiede che il responsabile venga allontanato dalla casa familiare ed eventualmente non possa avvicinarsi a luoghi da lei frequentati. Il procedimento ha lo scopo di fare cessare le condotte violente pregiudizievoli, non ha oneri di spese processuali, è molto semplice e veloce e la ricorrente è sempre a conoscenza dei diversi passaggi della procedura, diversamente da quanto accade nel procedimento penale dove l’iniziativa è del Pubblico Ministero che procede ai diversi atti di indagine e cautelari senza che la vittima debba esserne informata.
L’ordine di allontanamento è temporaneo ed ha durata massima di 1 anno; può anche prevedere un contributo economico a carico del partner allontanato se la famiglia resta priva di mezzi sufficienti a seguito del suo allontanamento.
Il provvedimento con l’ordine di allontanamento può essere preso dal giudice nel contraddittorio fra le parti, dopo l’udienza in cui vengono sentite entrambe, oppure nei casi di particolare urgenza anche soltanto in base agli elementi dedotti in ricorso, salvo conferma all’esito della successiva udienza. Al fine di ottenere il provvedimento prima dell’udienza, il ricorso dovrà
essere esaustivo nella descrizione dei fatti e dei presupposti giuridici dell’ordine richiesto e dovrà già allegare le prime prove di quanto la ricorrente descrive: eventuali certificati medici attestanti le violenze fisiche subire, copia di denunce presentate in precedenza alla polizia o carabinieri, relazioni psicologiche redatte eventualmente da professionisti che abbiano assistito in precedenza la vittima.
Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni
La Procura presso il Tribunale per i Minorenni dell’Xxxxxx Xxxxxxx ha competenza distrettuale, e svolge funzioni sia penali che civili.
In ambito penale si occupa dei reati commessi da minorenni, nell’ambito dei quali assicura la prioritaria trattazione dei delitti caratterizzati da violenza, minaccia o prevaricazione in ambito intra- familiare, scolastico, o nelle relazioni di intimità.
L’urgente valutazione delle condotte di violenza sessuale o familiare, maltrattamenti ed atti persecutori, è peraltro prevista normativamente, con l’indicazione dei termini e delle modalità dell’attività di indagine delineati nella legge 69/2019, entrata in vigore il 9 agosto 2019, la cui ratio consiste nel garantire una più tempestiva ed efficace tutela delle vittime dei reati in qualche modo ricollegabili alla violenza domestica e di genere.
Questo ufficio, in data 7 agosto 2019, ha impartito alle forze dell’ordine le linee guide per l’attuazione della legge 69/2019, da osservare in tutti i casi in cui l’autore del reato sia minorenne.
In ambito civile e nella materia che ci occupa, la Procura presso il Tribunale per i Minorenni promuove gli interventi ex artt. 330 e seguenti del codice civile a tutela delle donne madri vittime di violenza, tramite gli strumenti di protezione previsti per i minori che vivono in contesti violenti, principalmente diretti a limitare la responsabilità genitoriale dell’autore delle condotte pregiudizievoli e a mettere in protezione il nucleo madre/bambini.
L’attività consiste in primo luogo nella valutazione delle segnalazioni di pregiudizio, che provengono da diverse fonti, tra le quali le forze dell’ordine, i servizi sociali, la scuola, le strutture sanitarie, le associazioni, i privati.
In secondo luogo, laddove la notizia appaia fondata e vi siano ragioni di urgenza, il PM promuove immediatamente ricorso al Tribunale chiedendo gli adeguati provvedimenti di tutela, previo raccordo con la Procura Ordinaria qualora il pregiudizio derivi dalla commissione di un reato.
Nel caso in cui i fatti non siano sufficientemente descritti o necessitino di verifiche, o vi sia incertezza sull’individuazione degli interventi più adeguati alla specifica situazione familiare, il PM minorile approfondisce la vicenda delegando indagini ai servizi sociali o se del caso alla polizia giudiziaria, al fine di acquisire gli elementi necessari a promuovere le più mirate azioni civili.
Le rilevazioni statistiche segnalano un modesto, ma costante aumento delle notizie civili (2% nel 2019 rispetto all’anno precedente), tra le quali sono state 704 nell’ultimo anno le segnalazioni di pregiudizio qualificabile come violenza assistita.
Tra i provvedimenti adottabili nei casi di violenza domestica ai danni o in presenza di minori, vi è in primo luogo l’allontanamento dall’abitazione familiare in via provvisoria e urgente dell’autore dei comportamenti pregiudizievoli.
Se la condotta violenta trova occasione in momenti di alterazione da consumo di bevande alcoliche o stupefacenti, la richiesta del PM minorile sarà quella di avviare il genitore ai percorsi di trattamento sanitario, spesso vincolando la ripresa di rapporti liberi con i figli al superamento della problematica o al positivo e serio avvio del trattamento.
L’allontanamento del genitore (o del convivente), la cui condotta è pregiudizievole per i minori, è un provvedimento analogo nella sostanza all’ordine di protezione e alla misura cautelare del divieto di avvicinamento.
Se ne differenzia da una lato per la minor vincolatività, poichè mentre la violazione dell’ordine di protezione emesso dal giudice ordinario è un reato, e la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla
persona offesa è ora reato grazie alla legge 69/2019 (nuovo art. 387 bis c.p.), nulla è previsto se il genitore non rispetta il decreto del Tribunale per i Minorenni di allontanamento dalla casa familiare.
Dall’altro lato tuttavia, richiedendo presupposti meno stringenti della misura cautelare, e prevedendo una serie articolata di interventi anche “costruttivi”, può rivelarsi la tutela di più ampia applicazione.
Con riguardo alla portata dell’intervento, infatti, per quanto esso possa risultare di minor efficacia rispetto a quello penale, che ha strumenti repressivi ben più pregnanti, in pratica è più articolato, poiché alla messa in protezione si affianca il tentativo di giungere ad un nuovo assetto familiare, grazie alla previsione, ad esempio, di sostegni sanitari e psicologici ai genitori, di supporti alla capacità genitoriale, di regolamentazione protetta delle visite ai figli della persona allontanata.
Inoltre, per quanto attiene ai suoi presupposti, rispetto ai requisiti richiesti per l’adozione di misure cautelari, la diversità di piani su cui operano l’autorità giudiziaria minorile e la Procura Ordinaria consente talvolta alla prima di raggiungere obiettivi di tutela che non possono trovare sede nel procedimento penale.
La sussistenza di un pregiudizio per il minore - spettatore di atti violenti o coinvolto in contesti di particolare litigiosità e aggressività - ben può sussistere a prescindere da condotte penalmente rilevanti o comunque dimostrabili nel processo penale, e legittima l’adozione di provvedimenti a tutela del minore ex artt. 330 e segg. c.c. anche laddove il procedimento penale si chiuda con archiviazione o assoluzione.
La negazione da parte della vittima dei fatti di maltrattamento o la mancanza di collaborazione da parte sua, che com’è noto appaiono interpretabili anche come effetto dello stato di sudditanza, annichilimento e paura spesso riscontrato nelle donne maltrattate, se impediscono l’acquisizione della prova del reato in suo danno, non escludono che possano adottarsi comunque interventi di tutela di carattere civilistico a favore dei figli, che di conseguenza coinvolgono anche la madre.
L’attivazione di interventi di carattere civile a tutela della donna-madre vittima di violenza risponde altresì alle indicazioni provenienti dal CSM, che, con risoluzione del 9 maggio 2018, evidenzia “la necessità di esplorare misure di protezione della vittima ulteriori rispetto alle misure cautelari, volte specificamente a prevenire la reiterazione di condotte violente da parte dell’agente”, con un “approccio integrato” da attuarsi con “l’adozione di protocolli che disciplinino le comunicazioni tra i diversi uffici di Procura, l’eventuale trasmissione degli atti, le modalità della loro utilizzazione” nel rispetto del segreto investigativo.
A tal fine, tra le Procure Ordinarie del distretto e la Procura Minorile, in data 11.7.2018, è stato stipulato un protocollo diretto a disciplinare le forme di collaborazione tra gli uffici requirenti, lo scambio di atti e di informazioni, e la valutazione sinergica delle forme di tutela più appropriate nei singoli casi di minori vittime di reati, o coinvolti in situazioni riconducibili alla violenza di genere.
Oltre alle richieste di allontanamento del genitore autore di violenza, e soprattutto in casi di prevedibile difficoltà di attuazione o di efficacia di tale provvedimento, la Procura può chiedere l’allontanamento ed il collocamento in comunità del minore insieme alla madre.
Lo strumento talvolta è quello di cui all’art. 403 c.c, che consente il collocamento del minore fuori dalla famiglia da parte dell’autorità amministrativa, prima di qualunque provvedimento giurisdizionale, nei casi di urgenza.
In tali casi, per quanto il minore sia allontanato da un solo genitore, poiché il collocamento è operato per sottrarre madre e figli a condotte di abusi o maltrattamenti, appare comunque ipotizzabile uno situazione di abbandono morale da parte del genitore da cui si viene allontanati, che giustifica la limitazione della sua responsabilità genitoriale.
Dopo l’intervento urgente di “messa in sicurezza” del minore con il genitore vittima di violenza, la Xxxxxxx chiede al Tribunale di “confermare” il provvedimento, e l’ufficio giudicante, qualora ne sussistano i presupposti, dispone il mantenimento del collocamento protetto, adottando nel contempo gli interventi che mirano a rimuovere il pregiudizio che ha dato origine all’intervento.
In questo caso lo strumento al quale si fa sempre maggiore ricorso è la prescrizione al genitore
violento di aderire ad un percorso di affrancamento dagli agiti violenti, insieme alla previsione, se la situazione rimane critica, del mantenimento del collocamento del minore con l’altro genitore, e alla regolamentazione di incontri - protetti o meno - con il genitore violento.
La valutazione dei procedimenti civili iscritti nell’interesse di minori vittime di violenza diretta o assistita, finalizzata al ricorso urgente o alla delega di indagine, è svolta entro 24-48 ore dal magistrato di turno.
L’incremento costante delle segnalazioni civili, e, tra queste, di quelle aventi il carattere dell’urgenza, sulle quali il pubblico ministero minorile deve chiedere immediatamente un provvedimento di tutela, o istituire l’immediato raccordo con l’Autorità Giudiziaria ordinaria nel caso di contestuale pendenza di procedimento penale, ha determinato l’ufficio a modificare i criteri organizzativi relativi alla distribuzione degli affari civili, non più assegnati - come in precedenza - sulla base dell’ambito territoriale di provenienza della segnalazione, ma attribuiti al magistrato di turno di reperibilità per gli affari penali.
Tribunale per i Minorenni dell’Xxxxxx Xxxxxxx
Il Tribunale per i Minorenni dell’Xxxxxx Xxxxxxx ha competenza distrettuale, e svolge funzioni sia penali che civili.
In ambito penale si occupa dei reati commessi da minorenni, nell’ambito dei quali assicura la prioritaria trattazione dei delitti caratterizzati da violenza, maltrattamenti in famiglia, lesioni personali e delitti contro la persona e l’incolumità personale.
In ambito civile e nella materia che ci occupa, il Tribunale per i Minorenni dell’Xxxxxx Xxxxxxx, che mai può agire d’ufficio, ma solo su ricorso della Procura presso il Tribunale per i Minorenni o di parte, assicura ai minori, vittima di violenza diretta o assistita, la tutela giuridica prevista dagli artt.330 e
333 c.c., norme che consentono interventi limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale a protezione dei minori che si trovano in una situazione di pregiudizio.
In particolare, anche a seguito della modifica normativa introdotta dall’art.37 L.n.149 del 28 marzo 2001 agli artt.330 e 333 c.c., il Tribunale, in presenza dei presupposti di legge e di documentazione e informazioni idonee a ritenere fondata la domanda, quantomeno all’esito di una prima valutazione collegiale, può disporre, anche inaudita altera parte ed in via provvisoria ed urgente, l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta il minore, posto che non può non ricondursi a tale ipotesi anche l’esposizione del bambino a violenza domestica.
Contestualmente, il Tribunale affida il minore al Servizio Sociale territorialmente competente, eventualmente disponendo la collocazione protetta del genitore maltrattato o vittima di violenza diretta, unitamente al minore o ai minori, quantomeno fino all’effettivo allontanamento del genitore o convivente dall’abitazione familiare.
L’affido al servizio sociale, quale provvedimento urgente e provvisorio, nell’attesa di valutare se sussistano i presupposti per la declaratoria di decadenza ex art.330 c.c. o per interventi limitativi della responsabilità genitoriale ex art.333 c.c. del genitore o convivente violento, mira a sostenere, nell’immediato e con il supporto di professionisti e tecnici del settore, i bisogni evolutivi dei minori e il percorso di autonomia e di affrancamento della vittima dalla violenza, nonchè ad accertare e verificare l’idoneità dei genitori anche in termini di cogenitorialità e di consapevolezza della necessità di non esporre a violenza domestica i figli.
Parallelamente, il Tribunale, pur non potendo impartire prescrizioni agli adulti che siano esclusivamente volte a realizzare un processo di maturazione personale dei predetti (Cass. Sez. 1, n.13506 del 01/07/2015), incarica il servizio sociale di sostenere il genitore violento nell’adesione ad un percorso di affrancamento dagli agiti violenti e/o di supportare i genitori nell’avvio di percorsi di trattamento sanitario, se la condotta violenta trova occasione in momenti di alterazione da consumo di bevande alcoliche o stupefacenti, spesso vincolando la ripresa di rapporti liberi con i figli al superamento della problematica o al positivo e serio avvio del trattamento.
Al decreto provvisorio inaudita altera parte, segue necessariamente la convocazione delle parti, l’instaurazione del contraddittorio e l’espletamento dell’attività istruttoria con una duplice finalità, ossia verificare la fondatezza della domanda giudiziale e accompagnare il nucleo ad un nuovo assetto
familiare e a recuperare le eventuali carenze genitoriali.
In questa fase, certamente sono necessari un raccordo con l’autorità giudiziaria penale e la verifica dell’esito del giudizio penale, aspetti al momento non disciplinati specificamente e per i quali si auspica un intervento normativo o comunque la stipula di Protocolli di Intesa anche tra Procura per I Minorenni, Tribunale per i Minorenni, Procura Ordinaria e Tribunale Ordinario. Tuttavia, è evidente e pacifico che l’attività istruttoria svolta nel procedimento de potestate – condotta mediante l’interrogatorio libero delle parti ai sensi dell’art.737 c.p.c. e dell’art.336 c.c., l’ascolto del minore che abbia compiuto i dodici anni o minore ma capace di discernimento, l’indagine psicosociale del servizio sociale e/o l’eventuale consulenza tecnica d’ufficio, l’esame degli atti difensivi delle parti e dell’eventuale curatore speciale del minore, nominato dal Tribunale ai sensi dell’art.78 c.p.c., l’acquisizione degli atti del procedimento penale o l’esame dei documenti trasmessi dalla Procura Ordinaria o dall’Autorità giudiziaria Penale – può condurre a ravvisare una situazione di pregiudizio per il minore a prescindere da condotte penalmente rilevanti o comunque dimostrabili nel processo penale, e legittima l’adozione di provvedimenti a tutela del minore ex artt. 330 e segg. c.c. anche laddove il procedimento penale si chiuda con archiviazione o assoluzione".
Questura di Bologna
L’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico della Questura (UPGSP) gestisce direttamente le richieste di pronto intervento di polizia giudiziaria e di soccorso, ricevute su linea 113, grazie alle unità operative della squadra volanti.
Ogni chiamata, intervento o denuncia viene registrata in una apposita banca dati a livello nazionale. In particolare le notizie di reato derivanti da interventi della volante o da denuncia/querela presentata sono accessibili su tutto il territorio nazionale anche ad altri corpi di polizia; ciò permette di visionare la denuncia in tempo reale e di verificare se l’episodio sia isolato o meno, dando la possibilità di agire nell’immediatezza con maggiori informazioni.
A livello locale è stato creato il “Sistema di Allerta Rapido”, una banca dati di facile consultazione e continuamente implementata, che contiene i dati essenziali acquisiti nel corso delle attività info-investigative, con riferimento alle istanze di ammonimento e alle formalizzazioni di denunce/querele presentate dalle vittime di atti persecutori.
Compito precipuo dell’operatore che interviene è, infatti, il ripristino di una situazione di sicurezza per la donna e per i minori, provvedendo a soccorrere e mettere in sicurezza nell’immediato le vittime di violenza, richiedendo subito l’intervento sul posto di personale degli altri enti (pronto soccorso se necessario prestare cure, vigili del fuoco se necessario ingresso coatto nei locali, ecc.).
La Squadra Mobile, in occasione della commissione dei più gravi fatti di reato, affianca nel primo intervento il personale dell’UPGSP e svolge d’iniziativa tutte le attività previste dal codice di procedura penale, tese ad impedire che i reati causino conseguenze ulteriori, a ricercarne gli autori, ad assicurare le fonti di prova. Successivamente, svolge ogni attività che il Pubblico Ministero, una volta assunta la direzione delle indagini, ritenga opportuno effettuare.
L’UPGSP gestisce anche l’Ufficio denunce della Questura, aperto ogni giorno h24; nei casi di violenza contro le donne si avvale di personale femminile e di uno psicologo interno al servizio.
Nel quadro dell’attività di prevenzione l’art. 8 del D.L. 23 febbraio 2009 n°11 prevede l’istituto giuridico dell’Ammonimento del Questore. Fino a quando non è proposta la querela, infatti, per il reato di cui all’art.612 bis c.p. la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza, per il tramite di qualsiasi Ufficio di una Forza di Polizia, avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta.
Assunte le informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate sui fatti, il Questore può adottare un formale provvedimento di ammonizione del soggetto nei cui confronti è stato richiesto, con il quale lo invita a tenere una condotta conforme alla legge; in tal caso viene redatto processo verbale.
Comando provinciale Carabinieri di Bologna
L’Arma dei Carabinieri gestisce le chiamate d’emergenza, tramite l’utenza “112”, mediante l’impiego di pattuglie automontate, il cui primo compito è la salvaguardia delle vittime di violenza e la raccolta di elementi per l’individuazione del violento e delle sue responsabilità. Al verificarsi degli eventi, accanto al primo intervento e l’eventuale esecuzione di provvedimenti d’urgenza a tutela delle vittime, l’Arma dei Carabinieri individua nelle Stazioni dei Carabinieri competenti per territorio l’unità deputata alla gestione delle indagini sul caso specifico, alla vigilanza per prevenire la reiterazione del reato e alla richiesta di adeguati provvedimenti. Tale competenza grava sulle Stazioni Carabinieri quale organo di contatto diretto e continuativo con il cittadino, a garanzia della maggiore aderenza finalizzata alla risoluzione del problema, in considerazione della diffusione capillare di tali presidi sul territorio che consente, anche grazie alla costante presenza di personale che vive nella sede, reperibilità continuativa e di costituire un costante punto di riferimento per le vittime, in tutte le fasi della vicenda, trattandosi di situazioni che non esauriscono la loro criticità nella sola fase del primo intervento delle Forze di Polizia.
Il personale dell’Arma che interviene, o riceve segnalazioni di violenza, nell’ambito delle relazioni di intimità:
a) aggiorna in ogni caso, anche sospetto, gli archivi informatici dello SdI (Sistema di Indagini – COPE);
b) indica alle vittime la possibilità di ricorrere ai Centri Antiviolenza ed espone, sommariamente, i servizi di supporto che possono offrire;
c) assume nell’immediatezza le iniziative previste, nella competenza, in materia di Polizia Giudiziaria e di Pubblica Sicurezza;
d) attiva i servizi sociali tramite il PRIS, dove necessario o richiesto;
e) informa il Comando Stazione, competente per:
– lo sviluppo delle ulteriori iniziative, particolarmente per quanto attiene la redazione di informative complete, che inquadrino il singolo evento nel contesto dei precedenti e nel divenire storico e sociale in cui si inserisce;
– l’avvio, dove previsto, delle proposte di “Ammonimento del Questore” e per la revoca di porto d’armi e/o il ritiro delle armi detenute;
– lo sviluppo delle indagini, degli accertamenti e gli interventi mirati, secondo le specifiche direttive generali emanate dalla Procura della Repubblica e dalla Procura dei Minori di Bologna.
Il personale dell’Arma chiamato ad operare, inoltre, ha la possibilità di avvalersi:
– della rete di personale appositamente formato, presente presso il Nucleo Investigativo Provinciale e presso ogni Comando Compagnia, per il supporto nell’audizione delle vittime e la loro gestione “in rete” tramite tutti servizi disponibili;
– di appositi locali, definiti “stanze rosa”, sotto meglio indicati;
– della possibilità di attivare, alla necessità ed in tempo reale, per situazioni complesse o attività investigative particolarmente gravose, i supporti garantiti dalle componenti specificamente investigative presenti nelle Sezioni/Aliquote Operative, a livello di Compagnia, nel Nucleo Investigativo, a livello di Comando Provinciale e, a livello regionale e nazionale, nell’Organizzazione Speciale dell’Arma.
Il Comando Provinciale Carabinieri, inoltre:
- assicura il costante aggiornamento per la particolare fenomenologia dei Comandanti di Reparto e degli Ufficiali di P.G. a partire dal livello della Stazione, della rete di personale di supporto, definito “front line officers”, sviluppando iniziative formative specifiche, che vengono proposte alle altre FF.PP, ai Corpi di PPMM, ai servizi sociali ed alle Associazioni operanti nel settore, al fine di stimolare l’omogeneità, la conoscenza reciproca delle strutture e delle loro caratteristiche operative ed organizzative, l’interscambio informativo, la condivisione di “buone pratiche” e l’evidenziazione e risoluzione delle criticità che si evidenzino;
- svolge costante attività di monitoraggio e di analisi del fenomeno, tramite unità del Nucleo Investigativo, raccordate con la Sezione “Atti Persecutori” presente nel Ra.C.I.S., che aggiorna il Comandante Provinciale allo scopo di consentirgli di meglio orientare i servizi sul territorio, sviluppare iniziative opportune e rendere più efficace l’impatto dell’azione dell’Arma sul fenomeno;
- propone agli istituti scolastici specifiche attività di sensibilizzazione, all’interno dell’annuale “Campagna dell’Arma dei Carabinieri per la diffusione della cultura della legalità e per la cittadinanza responsabile”, oltre che estendere tali attività, quando richiesto, con incontri e conferenze presso altri luoghi di aggregazione sociale (centri sociali, tavoli ed incontri organizzati dalle Amministrazioni Locali, Associazioni di categoria, ecc.), coinvolgendo, dove possibile, sia gli altri servizi pubblici presenti sul territorio, sia le Associazioni attive nel settore;
- ha in corso la realizzazione, con il supporto della Città Metropolitana e dei Comuni, di una serie di c.d. “stanze rosa”, che consentano in ogni distretto di disporre di ambienti specifici per caratteristiche di ambientazione, dotazioni tecniche e riservatezza, di accogliere le vittime vulnerabili, raccoglierne le dichiarazione, svolgere interrogatori, confronti, perizie o altre attività di P.G. che richiedano la particolare tutela delle vittime e la loro gestione fuori dal territorio di residenza.
ASP Città di Bologna
L’ASP è inserita nel sistema regionale di interventi e servizi sociali ed eroga servizi sociali e socio- sanitari, ed in particolare: servizi sociali per l'area della maternità, dell'infanzia, e dell'adolescenza, secondo le esigenze indicate dalla pianificazione locale definita dal Piano di zona.
Tra i servizi che ASP gestisce vi è il Servizio Risorse Minori che cura il sistema di accoglienza residenziale e semiresidenziale per minori e per madri con bambini.
Il sistema di accoglienza si attiva su richiesta del Servizio Tutela Minori in risposta a:
- casi in cui le difficoltà familiari richiedono l’allontanamento temporaneo del minore e la sua accoglienza in comunità, anche a causa di situazioni di emergenza che ne richiedano una immediata tutela (art. 403 c.c.);
- bisogni di accoglienza residenziale e semiresidenziale di gestanti e xxxxx, anche minorenni, sole con figli, in situazione di precarietà sociale e in condizione di disagio, anche dovuto alla vio- lenza domestica e/o di difficoltà nello svolgimento delle funzioni genitoriali, eventualmente sancite anche da un provvedimento del Tribunale per i Minorenni, per garantirne la tutela sociale e il sostegno alle genitorialità;
- casi di minori e/o madri con minori accolti in strutture per i quali attivare progetti di dimissione “protetta”.
Il sistema dell’accoglienza è orientato a garantire la massima appropriatezza nell’individuazione delle risorse e nella collaborazione alla predisposizione dei progetti individuali che riguardano i minori e le loro famiglie.
Viene rispettato il principio della territorialità degli interventi per favorire la realizzazione di pro- getti integrati dal punto di vista socio sanitario, implementando la rete territoriale dell’accoglienza e adeguandola in termini quali-quantitativi al fabbisogno cittadino, favorendo sinergie con il territorio metropolitano/provinciale e sostenendo le forme di collaborazione opportune con i soggetti del privato sociale che operano in modo qualificato sul territorio.
I casi di donne che subiscono violenza vengono segnalati al Servizio Risorse Minori di ASP dal Servizio Tutela Minori del Comune di Bologna, che ne hanno già fatto una valutazione oppure, nei casi di emergenza vengono inseriti in apposita struttura direttamente dal PRIS. Per le funzioni del PRIS si rinvia a Pag 9.
Tutti i casi segnalati al Servizio Risorse Minori di ASP, se l’inserimento in comunità/struttura protetta ha luogo, vengono registrati nel programma informatico GARSIA.
Azienda USL di Bologna
L’Azienda Sanitaria Metropolitana di Bologna è una della maggiori in Italia per dimensioni e
complessità assistenziale. Il suo territorio comprende 46 comuni su un’area di 3.000 chilometri quadrati circa, per una popolazione di oltre 870.000 abitanti. È articolata in 6 distretti territoriali e ha al suo interno 9 presidi ospedalieri, 10 case della salute, 48 poliambulatori. Al suo interno operano oltre 8.200 professionisti, oltre 1.300 dei quali medici e 4.200 operatori assistenziali.
In tale contesto, da diversi anni, l’Azienda sanitaria metropolitana bolognese sta intensificando le attività indirizzate al contrasto di ogni forma di violenza e discriminazione, con l’obiettivo di prendere in carico la vittima di violenza a 360 gradi, garantendo riservatezza e assistenza multidisciplinare.
I servizi sanitari sono spesso i primi a cui si rivolge la vittima di violenza, rappresentando il più grande potenziale per identificare la violenza stessa e intraprendere un percorso di prevenzione e aiuto. I professionisti della salute rivestono, pertanto, un ruolo chiave nell’individuare e trattare adeguatamente i casi di maltrattamento.
L’individuazione dei casi di violenza e l’accoglienza di una donna che l’ha subita avviene prevalentemente presso i Servizi di Emergenza-Urgenza dell’Azienda (Pronto Soccorso Ospedaliero), presso gli ambulatori dei Medici di Medicina Generale o presso i Consultori Familiari.
I Pronto Soccorso trattano le situazioni che clinicamente si connotano nell’urgenza-emergenza dove le donne vittime di violenza possono giungere in autonomia o trasportate in ambulanza.
Le pazienti sono registrate nell’ambito del sistema informatico del Pronto Soccorso; nei casi in cui si configuri la procedibilità di ufficio o è la donna che volontariamente decide di sporgere denuncia, viene inoltrata una copia di referto all’Autorità Giudiziaria.
In caso di necessità di ricovero per motivi clinici il reparto di riferimento è generalmente la Medicina d’Urgenza dell’Ospedale Maggiore.
Presso l’Ospedale Maggiore è istituito dal 2007 il Centro di Riferimento Unico per i casi di Violenza Sessuale che assicura, nell’ambito dell’intero territorio di Bologna e Provincia, assistenza multidisciplinare in acuto ai casi di violenza sessuale fornendo alle vittime un servizio dedicato ed assicurando, con attenzione al particolare momento vissuto, tutta l’assistenza necessaria, compresa quella medico-legale.
E’ in essere, dal 2007, anche una attività di assistenza e consulenza dedicata ai casi di maltrattamento che avviene tramite l’ intervento un gruppo ristretto di specialisti della UOS Medicina Legale Centro formati in materia che risponde alle richieste di intervento operativo e /o consulenziale provenienti dai vari servizi della Ausl. Tale attività è coordinata dal responsabile della suddetta UOS che si occupa direttamente delle attività di informazione/formazione (progettazione, organizzazione e gestione degli eventi formativi) a livello intra/interaziendale e interistituzionale: azioni convogliate dal luglio 2015 nel coordinamento interaziendale e interistituzionale sulle tematiche della violenza con obiettivo a lungo termine di innovare e inserire nella struttura sanitaria indicatori e buone pratiche per il riconoscimento, la prevenzione e il contrasto alla violenza.
Da un anno la tematica ha dato forma alla creazione di un Programma aziendale con l’obiettivo di omogeneizzare, implementare, soprattutto in ambito territoriale, e mettere in rete tutte le attività in essere previste dalle linee guida nazionale e dalla normativa in merito
Casa delle donne per non subire violenza Onlus
La Casa delle donne ha il compito di sostenere in percorsi di ascolto e protezione le donne, italiane e straniere, con o senza figli, indipendentemente dal loro status giuridico e residenza, che hanno subito violenza di genere (maltrattamento, stalking, violenza fisica, sessuale o psicologica, traffico ai fini di prostituzione e sfruttamento lavorativo, ecc.) e che si rivolgono volontariamente, o dietro invio di altri servizi.
Tutti i servizi della Casa delle donne che vengono erogati alle donne che li richiedono sono
assolutamente gratuiti per loro, e svolti da personale femminile appositamente formato e continuamente aggiornato. L'intervento si conforma alla metodologia basata sulla relazione tra donne e il supporto di parte a favore delle donne, come richiamato dall'Intesa Stato-Regioni del 27/11/2014, dal Piano regionale contro la violenza di genere ai sensi dell'art. 17 della legge regionale 27 giugno 2014, n. 6, al capitolo 4, di cui soddisfa tutti i requisiti, operando secondi i principi di imparzialità, riservatezza, privacy e informazione, gratuità, continuità, efficacia ed efficienza, accessibilità e trasparenza del servizio. Il centro antiviolenza è inserito nella mappatura e nell'operatività del Numero verde nazionale 1522, fin dalla sua attivazione nel 2006, ricevendo direttamente le chiamate provenienti dal territorio provinciale o circostante durante gli orari di apertura; è dotato di una Carta dei servizi periodicamente aggiornata e disponibile sul sito xxx.xxxxxxxxx.xx, alla quale si rimanda per una più esaustiva descrizione. Fa parte inoltre di reti di centri antiviolenza formalizzate che operano a livello regionale (Coordinamento dei centri antiviolenza dell'Xxxxxx-Romagna), nazionale (X.x.Xx - Donne in Rete contro la violenza), europeo (Wave - Women Against Violence Europe) e internazionale (Global Network of Women's Shelter), oltre che del Cismai - Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’infanzia e, a livello metropolitano, fa parte dell'associazione Malala - gli occhi delle donne sulla pace di Anzola, ecc. La Casa delle donne svolge continua attività di comunicazione, promozione e ricerca in materia di violenza contro le donne, sia in proprio che in rete con altri soggetti. E' inoltre un punto di riferimento a livello territoriale, nazionale e internazionale per le attività formative verso gli adulti (professioniste/i delle varie agenzie), e di sensibilizzazione al genere e la prevenzione della violenza nelle scuole.
Il Centro opera all'interno dell'Accordo metropolitano per la realizzazione di attività ed interventi di accoglienza, ascolto e ospitalità di donne che hanno subito violenza, sottoscritto nel dicembre 2015 e rinnovato a marzo 2020 insieme al Comune di Bologna, alla Città Metropolitana di Bologna, al Nuovo Circondario Imolese, ai Comuni capofila di Distretto e altre associazioni, garantendo i seguenti servizi.
>Settore accoglienza, ascolto e supporto alle donne che subiscono violenza – tramite telefono, via mail, chat attraverso un numero Whatsapp dedicato, di persona, o di gruppo - accogliente e non giudicante, che favorisca la rivelazione delle violenze subite, l'individuazione, la valutazione e la gestione del rischio di recidiva e femminicidio. Offre percorsi di riconoscimento delle violenze subite e sull'elaborazione del vissuto di violenza per supportare le donne nelle strategie da mettere in campo per la fuoriuscita dalla violenza. Il percorso, svolto insieme a un'operatrice esperta, mira alla condivisione di misure protettive per sé e per i propri figli/e, e un appropriato supporto concreto ed emotivo volto alla loro realizzazione, anche attraverso l'intenso coinvolgimento della rete territoriale dei servizi sociosanitari, delle forze dell'ordine, del sistema legale e dell'associazionismo. La Casa può produrre, quando richiesto dalla donna stessa o dalle agenzie a cui si è rivolta, relazioni ai Tribunali, ai Servizi sociali o alle Forze dell'Ordine, sia nelle situazioni che riguardano le donne adulte che i minori. Il supporto di gruppo avviene attraverso l'organizzazione di gruppi di sostegno che si svolgono due volte l'anno e che rappresentano uno spazio protetto nel quale le donne lavorano sul riconoscimento della dinamica di violenza, sull'autostima e sul recupero della propria identità di donna, insieme ad altre donne che condividono un vissuto di violenza. Il settore fornisce inoltre informazioni e consulenza a chi segnala situazioni di violenza alle donne e/o ai minori.
>Settore Ospitalità - Il Settore comprende quattro tipologie di ospitalità per le donne italiane e
migranti, con o senza minori che, a causa della violenza subita prevalentemente in ambito familiare, chiedono protezione rivolgendosi direttamente alla Casa delle donne o ad un altro soggetto della rete territoriale.
Case rifugio:
− Tre appartamenti a indirizzo segreto. L’accesso, programmato, avviene su richiesta diretta della donna in percorso in accoglienza, o come esito successivo all’ospitalità in pronta accoglienza per situazioni di emergenza. Tempi medio termine previsti per l’ospitalità: 6-9 mesi, 21 posti.
− Due case rifugio in pronta accoglienza, Casa Save e Casa Riuscire, a indirizzo segreto.
− L’ingresso, in pronta accoglienza con reperibilità H24, avviene su richiesta del Pronto Intervento Sociale, Asp Città di Bologna, servizi territoriali. Tempi brevi previsti per l’ospitalità: 1-2 mesi, 17 posti.
− Casa Proseguire: casa rifugio ad alto sostegno educativo. L’accesso, programmato, avviene prevalentemente come esito successivo all’ospitalità in pronta accoglienza o nelle altre case rifugio. Ospitalità prevista: 12 mesi, 9 posti.
>Alloggi di transizione:
− Nove appartamenti a indirizzo riservato, di cui uno riservato al settore Oltre la Strada. Nuclei singoli, ospitalità a lungo termine per 1 o 2 anni, costi a carico delle donne ospiti, 17/20 posti.
− >Settore Olas - Oltre la strada Il servizio è rivolto a donne migranti vittime di tratta e sfruttamento sessuale e/o lavorativo, è coordinato dal Comune di Bologna, e fa parte della rete regionale Oltre la strada che promuove la realizzazione su tutto il territorio regionale di specifiche misure di assistenza per le vittime di grave sfruttamento e tratta di esseri umani come previsto dalla normativa nazionale. Il servizio dispone di un appartamento protetto dato in convenzione dal Comune di Bologna e di un alloggio di transizione. Nello specifico vengono attivati programmi di protezione e integrazione sociale ai sensi dell’art 18 D.lgs 286/98 finalizzati a garantire percorsi di autonomia e inclusione alle persone vittime di varie forme di sfruttamento (sessuale, lavorativo, accattonaggio, attività illegali, espianto di organi), di riduzione e mantenimento in schiavitù, e di tratta di esseri umani. I percorsi di autonomia e integrazione sociale per donne migranti vittime di tratta mette in atto azioni che rispettano i principi metodologici della Casa delle donne e dunque la centralità della relazione di aiuto, che vede le donne come protagoniste attive del proprio percorso finalizzato al raggiungimento dell’autonomia. Le donne vittime di tratta sperimentano su di sé ogni forma di violenza; molte donne decidono di partire per sfuggire ad una situazione di violenza domestica. Lo stesso viaggio migratorio è spesso caratterizzato da esperienze di violenza (psicologica, fisica e sessuale). Il mondo maschile dei clienti fruitori di sesso a pagamento è lo stesso mondo dei fidanzati mariti e amici che esercitano violenza tra le mura domestiche. In tutti i casi si ripropongono i modelli asimmetrici di relazione uomo-donna e la difficoltà di instaurare relazioni paritarie.
>Servizi specialistici trasversali:
− Informazioni, orientamento e supporto legale: con invio ai luoghi deputati alla consulen- za legale o a una rete di avvocate di riferimento; sostegno e accompagnamento nelle va- rie fasi dei percorsi giudiziari.
− Servizio specialistico di psicologia: offre una consulenza specialistica finalizzata a suppor- tare le donne vittime di violenza intrafamiliare ed extrafamiliare. In particolare offre per- corsi di sostegno psicologico alla genitorialità; percorsi di psicoterapia focalizzata sul trauma per le donne adulte che hanno subito violenza; colloqui di consulenza e sostegno ai genitori di minori vittime di violenza extrafamiliare; percorsi di sostegno psicologico e psicoterapia ai/alle bambini/e che subiscono ed assistono alla violenza; consulenza agli operatori che si occupano di minori in situazioni di pregiudizio; è in rete con gli altri ser- vizi e istituzioni preposti alla tutela dei minori; interventi di prevenzione primaria alla vio- lenza di genere rivolti ai contesti educativi.
− Sportello di orientamento e accompagnamento al lavoro e al sostegno abitativo: offre una consulenza specialistica finalizzata a favorire il potenziamento delle competenze che la destinataria mette in campo nella ricerca attiva di un impiego, rompendo così l'isola- mento socio culturale in cui i maltrattamenti l'hanno spesso confinata e riacquistando fi- ducia nelle proprie competenze, tecniche e non. Attraverso colloqui individuali, laborato- ri in gruppo, attività di accompagnamento emotivo e territoriale, percorsi formativo- pro- fessionalizzanti e azioni di monitoraggio l'operatrice e la destinataria lavorano assieme per favorire lo strutturarsi del processo di autodeterminazione della donna, per il quale l'indipendenza economica è imprescindibile.
− Sostegno o accompagnamento alle donne straniere, come previsto nel DL 93/2013
“Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere” che prevede la possibilità per la donna straniera che denunci reati di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali ecc. di ottenere un permesso di soggiorno per motivi umanitari
ai sensi dell’art 18 bis T.U., su parere favorevole dell’autorità giudiziaria, che le consenta di sottrarsi alla violenza e aderire ad un programma di integrazione sociale. Nelle azioni di contrasto, l’ottenimento dei documenti di soggiorno rappresenta infatti uno strumento fondamentale per ridefinire percorsi autonomi di vita, per consentire la fuoriuscita dal ciclo della violenza subita e affrancarsi da condizioni di ricatto economico e di dipendenza. La Casa delle donne si propone altresì di promuovere il diritto alla salute e al benessere psicofisico delle donne migranti, nonché tutelarne il diritto di soggiorno sul territorio italiano e infine promuoverne l’inclusione sociale, l’empowerment e l’autonomia attraverso percorsi di formazione professionale.
UDI - Unione Donne in Italia
UDI opera all'interno dell'Accordo metropolitano per la realizzazione di attività ed interventi di accoglienza, ascolto e ospitalità di donne che hanno subito violenza, sottoscritto nel dicembre 2015 insieme al Comune di Bologna, alla Città Metropolitana di Bologna, al Nuovo Circondario Imolese, ai Comuni capofila di Distretto e altre associazioni, garantendo l'attività di ascolto, consulenza e supporto alle donne che hanno subito violenza.
UDI – Unione Donne in Italia di Bologna individua i casi di violenza nelle relazioni di intimità attraverso il contatto volontario delle donne che si rivolgono al Punto di Ascolto di xxx Xxxxxxxxxxx x. 00, (xxxx xxx.xxxxxxxxxx.xx) o agli altri sportelli “Donna e Famiglia” situati in trentuno comuni della Città Metropolitana di Bologna. (comuni distretto X.Xxxxxxx di Savena, comuni Terre d'Acqua, comuni Pianura est, comuni Unione Xxxxx Xxxx Samoggia)
Le donne si rivolgono ai punti di ascolto perché a conoscenza dell'esistenza dell’associazione, che è attiva e presente a Bologna sin dal dopo-guerra. Altre volte le donne vengono indirizzate dai servizi sociali territoriali, dalle stazioni dei CC o dalla Questura, a volte da amiche o parenti. Presso gli sportelli della Città Metropolitana la donna accede perché a conoscenza del servizio in convenzione con i Comuni, pubblicizzato dagli enti.
I servizi offerti riguardano:
– accoglienza telefonica H 24 tramite richiesta spontanea della donna italiana o migrante (anche attraverso il 1522) o su invio da parte dei servizi sociali territoriali, dalle stazioni dei Cara- binieri o dalla Questura, a volte da amiche o parenti, e poi il successivo ascolto presso i locali dell’associazione, oppure presso le strutture comunali della provincia ove funzionano i punti di ascolto degli sportelli “Donna e Famiglia”, situati in trenta comuni della Città Metropolitana di Bologna;
– informazioni legali fornite dalle avvocate del Gruppo Giustizia, anche assistenza legale nella pratica civile o penale, valutazione del rischio per la protezione della donna nelle more dell’attivazione degli idonei strumenti giurisdizionali. La protezione della donna viene organiz- zata in rete integrata con altre istituzioni o associazioni. Il percorso è finalizzato a sostenere la donna nell'uscita dalla violenza e nel superamento della vittimizzazione e per giungere a scelte consapevoli e autodeterminate anche attraverso l'applicazione degli strumenti giudiziari offerti dall'ordinamento giuridico;
– accoglienza e sostegno psicologico alle donne vittime di violenze con l'ausilio delle psi- cologhe che collaborano con l’associazione.
Le donne telefonano all’associazione per avere consulenza, ma nella maggior parte dei casi soprattutto per essere ascoltate. Il primo colloquio viene effettuato in sede da una delle operatrici presenti, e sulla base delle richieste della donna e dell’individuazione delle problematiche da parte della operatrice viene messa in rete con gli altri servizi istituzionali e privati e viene messa in contatto con una delle avvocate che cura gli aspetti legali, e anche con una psicologa dell’associazione.
Se l’incolumità e autodeterminazione della donna sono in pericolo si prospetta la possibilità di
una ospitalità in ambiente protetto, salvo i casi in cui vi sia rete parentale o amicale adeguata al caso e UDI attiva i necessari contatti con Casa Donne, MondoDonna o servizi territoriali. In ogni caso l'avvocata è disponibile a dare impulso alle strategie e procedure legali strumentali necessari con gli “ordini di protezione” per l'allontanamento immediato del partner violento, e/o al divieto di avvicinamento alla donna ed ai minori. Se del caso quanto concordato con la donna anche con deposito di preventive denunce querele e successiva costituzione di parte civile nei processi per maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale, lesioni personali, anche al fine di consegnare nelle mani della donna strumenti altamente simbolici del disvalore sociale e privato degli agiti dall'autore violento. Segue un’attenta analisi personale, familiare e dello stato psicologico della donna avvalendosi della collaborazione dell’esperta dell’associazione al fine di concordare con la stessa un percorso di sostegno. La finalità del sostegno e degli incontri è che la donna esca dalla vittimizzazione e sia protagonista di scelte autonome e consapevoli per sé e per i figli.
Vengono tenuti presso l'associazione incontri mensili tra le avvocate e le operatrici della sede per uno scambio di esperienze e di un confronto (professionale) tra prassi amministrative e prassi giudiziarie.
Per quanto riguarda l'attività degli sportelli nei comuni della Città Metropolitana essa si realizza in stretto collegamento con i servizi sociali.
Nei Comuni o Unione Comuni ove sono attivi gli sportelli “Donna e Famiglia” sono organizzati da UDI in collaborazione con altri soggetti istituzionali momenti informativi- formativi con lo scopo di rafforzare la rete delle Agenzie presenti nel territorio.
UDI raccoglie ed elabora e diffonde i dati sulla propria attività per l'osservatorio regionale attraverso una scheda di rilevamento concordata con il Coordinamento regionale Centri Antiviolenza.
MondoDonna Onlus
L'Associazione MondoDonna onlus opera sul territorio metropolitano della città di Bologna, gestendo da oltre vent’anni strutture per donne in situazione di fragilità, disagio socio- economico, lavorativo e psico-sociale, con minori a carico e prive di occupazione stabile, con una specificità nel settore della migrazione femminile.
Nel 2013, ha attivato, all’interno del progetto “InRete- Istituzioni e Associazioni IN RETE contro la violenza alle Donne”, promosso dal Comune di Bologna, "CHIAMA chiAMA", sportello di aiuto e sostegno rivolto a donne vittime di violenza.
Dal 2018 CHIAMA chiAMA è iscritto all’Elenco Regionale dei centri antiviolenza e delle loro dotazioni.
Il Centro antiviolenza CHIAMA chiAMA opera all'interno dell'Accordo metropolitano per la realizzazione di attività ed interventi di accoglienza, ascolto e ospitalità di donne che hanno subito violenza, sottoscritto nel dicembre 2015 e rinnovato a marzo 2020 insieme al Comune di Bologna, alla Città Metropolitana di Bologna, al Nuovo Circondario Imolese, ai Comuni capofila di Distretto e altre associazioni, garantendo l'attività di ascolto, consulenza e supporto alle donne che hanno subito violenza.
Il Cav CHIAMA chiAMA si occupa di contrastare la violenza di genere contro le donne, è collegato al numero verde antiviolenza 1522 e si rivolge, sia come luogo fisico sia come servizio telefonico, a tutte le donne native e migranti della città metropolitana di Bologna.
Il Centro antiviolenza e i suoi Presidi Metropolitani offrono: ascolto e orientamento, sia telefonico che ad accesso diretto; prima accoglienza e accompagnamento nei percorsi di uscita dalla violenza; sostegno psicologico e counselling; consulenza legale; orientamento al lavoro e all’autonomia abitativa. I servizi sono ad accesso libero e gratuiti. Operatrici qualificate svolgono colloqui accurati, praticando l’ascolto attivo; insieme alle donne, identificano i bisogni e progettano percorsi individualizzati di sostegno e di empowerment finalizzati all’elaborazione e all’uscita dalla violenza. Il Centro è attivo cinque giorni alla settimana nella sede di Xxxxxx Xxx Xxxxxxxxx 0 x Xxxxxxx; dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 19.30 è attiva la reperibilità
telefonica. L’accesso al Cav può avvenire direttamente, la donna si rivolge allo sportello in maniera autonoma, o attraverso l’invio dei sevizi sociali e/o di altre associazioni o realtà del territorio.CHIAMA chiAMA oltre alla sede principale di Bologna ha attivato, dal 2018, in collaborazione con le Istituzioni dei diversi territori, i Presidi Metropolitani antiviolenza. Gli sportelli sono presenti, nel Distretto Pianura Est nei Comuni di Granarolo, Argelato/Funo e Galliera; nel territorio dell’Unione Appennino nei Comuni di San Xxxxxxxxx Xxx di Sambro, Vergato e Marzabotto; nel Distretto Reno Lavino Samoggia, nel Comune di Valsamoggia a Bazzano e Castello di Serravalle; nel Distretto di Pianura Ovest nel Comune di San Xxxxxxxx in Persiceto.
Dal 2020 MondoDonna in collaborazione con Aias Bologna, ha attivato uno sportello per donne con disabilità vittime di violenza e discriminazioni multiple. Lo sportello è attivo, ogni martedì dalle 14.30 alle 18.30, presso la sede di Aias Bologna in xxxxxx xxxxx Xxxx 0/x; è garantita l’accessibilità degli spazi e della comunicazione quale interpretariato lingua dei segni, utilizzo programmi per sotto titolatura. Le operatrici predisposte all’accoglienza delle donne sono debitamente formate sia sui temi del contrasto alla violenza che sui quelli della disabilità, questo permette di accogliere e sostenere le donne con disabilità che si rivolgono allo sportello in maniera integrata e competente tenendo conto dei bisogni complessi di cui sono portatrici.
Il gruppo di lavoro che opera per la realizzazione delle attività di CHIAMA chiAMA possiede risorse e competenze multidisciplinari; è formato sui temi della violenza ed è costantemente aggiornato. Del gruppo fanno parte: operatrici dell’accoglienza, esperte di orientamento in ottica di genere ed interculturale, psicologhe, antropologhe, counselor, avvocate, mediatrici linguistiche, mediatrici culturali, formatrici e volontarie.
Lo sportello prevede la presenza di cinque operatrici con formazione specifica sul tema della violenza e con concreta esperienza di accoglienza di donne migranti. In seguito alla prima accoglienza, svolta dalle operatrici, le beneficiarie possono essere indirizzate, rispetto alle specifiche necessità, verso percorsi di sostegno psicologico-psicoterapeutico e/o verso percorsi di consulenza legale. Inoltre lo sportello è punto di riferimento per le donne, diventando spazio di tutela, sostegno e socializzazione attraverso l’attivazione di percorsi e di attività di gruppo e laboratoriali.
A sostegno dei percorsi sono previste anche azioni di informazione e sensibilizzazione, in particolare attraverso la formazione di “figure ponte”, le "Antenne di Comunità", donne che, uscite da una realtà di violenza e intrapreso un percorso di emancipazione e autonomia, diventano risorse per l’aggancio di donne appartenenti alla loro medesima comunità e che a loro volta subiscono violenza. Inoltre l’Associazione MondoDonna e il Centro antiviolenza CHIAMA chiAMA programmano regolarmente formazioni sia interne che esterne, sui temi della violenza di genere, sull’accoglienza di donne e minori migranti, con particolare attenzione al lavoro con le donne richiedenti asilo e/o titolari di protezione internazionale vittime di traumi complessi e torture.
Inoltre MondoDonna gestisce progetti e strutture, sul territorio metropolitano, che accolgono donne e minori inviate dai servizi sociali territoriali; nella maggior parte dei casi le donne accolte hanno vissuto l’esperienza della violenza.
Da marzo 2020 l’associazione è ente gestore della Casa Rifugio ad alta intensità educativa con approccio Trauma oriented, del Distretto Pianura Est. Prima Casa Rifugio, a livello nazionale, ad aver adottato una visione trauma-orientata nell’affrontare le conseguenze della violenza nelle donne che vi sono ospitate. Le ospiti delle Casa Rifugio sono donne che hanno un vissuto di violenza al quale sommano fragilità sociali/genitoriali. Le donne accolte sono maggiorenni, native o migranti, sole o con figli e figlie minori (minori di 14). Casa Xxxxxx può accogliere un massimo di 14 persone, tra donne e minori. L’ingresso avviene mediante richiesta/segnalazione da parte dei Servizi Sociali Territoriali, dei Servizi Sanitari, delle Forze dell’Ordine e del Centro Antiviolenza CHIAMA chiAMA; la richiesta/segnalazione avviene mediante comunicazione telefonica, o richiesta scritta alla referente di struttura.
Oltre la strada, progetto che attiva programmi di emersione, protezione e integrazione sociale ai sensi dell'art.18 Dlgs 286/98 per vittime di tratta e grave sfruttamento. MondoDonna fa parte
della rete regionale Oltre la Strada, coordinata dal Comune di Bologna, e garantisce percorsi e accoglienza a donne, italiane e straniere, vittime di grave sfruttamento sessuale. Il servizio mette a disposizione posti letto all’interno di una struttura che prevede l'accoglienza, il supporto
e l'accompagnamento ai servizi a donne che decidono di sottrarsi dalla rete criminale dello sfruttamento e che, pertanto, vengono inserite in un percorso di emancipazione per l’integrazione sociale e l’autonomia. In particolare si offre:
• informative anti tratta e percorsi di emersione per l’identificazione delle vittime di grave sfruttamento sessuale e per la messa in protezione
• accoglienza abitativa di secondo livello
• tutela legale (mirata all'ottenimento del permesso di soggiorno e al supporto per eventuale denuncia)
• formazione (alfabetizzazione, corsi di formazione professionale) e attività mirate all'inserimento lavorativo
• colloqui protetti di referral sulla base di un protocollo di collaborazione tra il Progetto Oltre la Strada e la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Bologna
L’Associazione offre inoltre: supporto psico-sociale, mediante percorsi con le operatrici, volti a favorire la rielaborazione degli eventi pregressi e la riattivazione delle risorse personali.
MondoDonna è impegnata concretamente nel contrasto al fenomeno della tratta e dello sfruttamento poiché in seguito ai primi mesi di accoglienza di donne richiedenti asilo e rifugiate all’interno di strutture CAS (Centri di Accoglienza Straordinari) e Sai (Strutture Accoglienza per Richiedenti Xxxxx e Rifigiate/i) è stata evidenziata una forte connessione tra il fenomeno della tratta, le migrazioni forzate e il sistema di protezione internazionale. Per tale motivo, per tutte le donne accolte all’interno delle strutture dell’Associazione: Sai, CAS, Mamma Bambina/o, sono organizzati, in collaborazione con il personale di Oltre la strada dell’Associazione MondoDonna specifici incontri per fornire loro informazioni utili sul fenomeno della tratta e sui servizi di protezione e tutela presenti sul territorio. Obiettivo primario è quello di sostenere i programmi di protezione e integrazione sociale, per fornire un’alternativa alla condizione di sfruttamento tramite l’adesione a programmi specifici di tutela. Sono inoltre organizzati colloqui individuali tra le donne accolte all’interno delle strutture e le operatrici dello sportello CHIAMA chiAMA, al fine di instaurare un rapporto di fiducia tale da permettere alle donne di sentirsi libere di chiedere aiuto per emanciparsi dalle situazioni di violenza e sfruttamento.
SOS Donna
SOS Donna, una linea telefonica contro la violenza, opera all'interno dell'Accordo metropolitano per la realizzazione di attività ed interventi di accoglienza, ascolto e ospitalità di donne che hanno subito violenza, sottoscritto nel dicembre 2015 insieme al Comune di Bologna, alla Città Metropolitana di Bologna, al Nuovo Circondario Imolese, ai Comuni capofila di Distretto e altre associazioni, garantendo l'attività di ascolto, consulenza e supporto alle donne che hanno subito violenza.
SOS Xxxxx è un'associazione di operatrici volontarie specializzate che svolgono accoglienza telefonica per sostenere le donne che vivono e/o hanno vissuto situazioni di violenza, o che sono minacciate o esposte a maltrattamenti fisici, psicologici, sessuali ed economici all’interno o all’esterno dell’ambito familiare.
Il contatto avviene, oltre che per scelta personale, su segnalazione delle FF.OO, del Pronto Soccorso, delle assistenti sociali o del 1522. Da moti anni, l'associazione mette a disposizione un numero verde oltre che una linea cellulare.
L'attività di SOS Xxxxx prevede un primo contatto telefonico, considerato importante perché, esperienza ha insegnato, la possibilità di avere un confronto in totale anonimato e senza rivelarsi fisicamente, permette a donne ancora lontane dal decidere di cominciare a fare i primi passi verso una possibile uscita dalla violenza, di poter contare su un rapporto di aiuto e di condivisione, senza sentirsi giudicate o costrette a fare qualcosa per cui ancora non si sentono
pronte.
Le volontarie sono specificamente formate per utilizzare al meglio questa tipologia d'ascolto, e seguono corsi di aggiornamento e formazione continua.
Dopo l’accoglienza telefonica viene proposto alle donne un appuntamento durante il quale, alla presenza di volontarie professionalmente preparate, una volta individuate le specifiche esigenze della donna, si mettono a sua disposizione i servizi dell'associazione:
• Attivazione di un percorso con colloqui individuali e personalizzati per chiarire bisogni e difficoltà ed eventualmente elaborare un nuovo progetto di vita, concentrando l’intervento sulle specifiche esigenze della donna;
• Informazioni sulle risorse del territorio e collaborazione con i servizi socio-sanitari presen- ti;
• Consulenza psicologica gratuita;
• Consulenza legale gratuita;
• Gruppi di auto mutuo aiuto;
• Accompagnamento nella ricerca di casa e lavoro;
• Accompagnamento presso le associazioni del territorio che mettono a disposizione colloca- zione in strutture protette, in caso di necessità.
Nell'esperienza dell'associazione lo strumento telefonico è utile a far emergere un bisogno, a socializzare un momento drammatico dell’esperienza di molte donne che solitamente viene vissuto nella più completa solitudine e dominato da enormi sensi di colpa, a offrire un sostegno concreto sia morale che materiale attraverso la solidarietà di altre donne, a favorire il contatto con altre realtà istituzionali e di volontariato ed a raccogliere dati relativi alla violenza e al maltrattamento alle donne a fini di studio e di ricerca.
Senza Violenza
L’associazione Senza Violenza, fondata nel 2013, gestisce il Centro Senza Violenza, un luogo rivolto a uomini che usano violenza contro le donne e vogliono smettere. Si tratta di un’attività di prevenzione secondaria e terziaria: l’attivazione avviene su richiesta diretta di uomini che hanno già agito violenza o che sentono di correre il rischio di farlo.
L’apertura del Centro è avvenuta a novembre 2017, grazie alla collaborazione con la Casa delle donne per non subire violenza, il Comune di Bologna, ASP Città di Bologna e ASC InSieme, soggetti con i quali l’Associazione ha in atto da tempo progettualità condivise. L’intervento rivolto agli autori di violenza si inserisce nel contesto di un’azione integrata e coordinata a cui è importante contribuiscano tutti i soggetti presenti sul territorio che hanno competenza ad intervenire sul problema della violenza maschile contro le donne, nel quadro di un approccio condiviso, nelle sue linee essenziali di condanna della violenza e di una lettura di genere della stessa, così come esplicitato nei documenti di riferimento italiani, europei e internazionali
Il lavoro svolto presso il Centro Senza Violenza con gli autori di violenza è di tipo trattamentale e si svolge attraverso colloqui individuali e/o attività di gruppo, con l’obiettivo di far cessare l’uso della violenza, di qualunque natura essa sia. Il percorso proposto agli uomini considera la rilevanza di identità e ruoli di genere e quindi il radicamento della violenza stessa nelle disparità di potere materiali e simboliche esistenti fra i generi nella nostra così come in molte altre società. Un punto di attenzione prioritario negli interventi è la sicurezza delle donne, partner o ex partner, vittime di violenza. Il metodo scelto dall’Associazione si riferisce alle pratiche e al modello di intervento del Centro Alternative alla Violenza di Oslo, con cui Senza Violenza ha una relazione continuativa di scambio e confronto, attraverso formazione e supervisione.
Il Centro è aperto tre pomeriggi la settimana (lunedì, martedì, mercoledì) e prevede tanto la possibilità di accesso diretto presso la sede del Centro, in via De Buttieri 9A, quanto telefonico al numero dedicato attivo negli stessi giorni.
Tutti i soggetti della rete sono invitati ad informare gli uomini autori di violenza con cui operatrici e
operatori entrano in contatto dell’esistenza di questa opportunità e a prendere direttamente contatto con il Centro per avere maggiori informazioni ed eventualmente per concordare la strategia migliore per l’invio.
Oltre all’attività rivolta agli uomini che usano violenza, l’associazione promuove e sviluppa azioni di formazione e sensibilizzazione dirette a operatori e operatrici della rete territoriale e alla cittadinanza. L’approccio adottato mira a promuovere interventi volti al riconoscimento delle violenze, in particolare di quelle che avvengono nel contesto di una relazione intima, e a responsabilizzare gli autori. L’associazione si impegna altresì nella progettazione di azioni dirette a promuovere la conoscenza del Centro nel territorio e a potenziarne l’attività; nell’ideazione e progettazione di azioni innovative e buone pratiche nel proprio ambito di intervento.