Contract
Il contratto di apprendistato
Jobtel 19 marzo 2013
Presentazione generale
Il Testo unico dell’apprendistato è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 236 del 10 ottobre 2011 ed è entrato in vigore il 25 ottobre 2011. Il Testo unico, o decreto legislativo n. 167 del 14 settembre 2011, attua la delega conferita al Governo dalla Legge n. 247 del 24 dicembre 2007 in materia di previdenza, lavoro e competitività per favorire la crescita, disciplinando l’apprendistato quale contratto di lavoro a tempo indeterminato, finalizzato all’occupazione e alla formazione dei giovani.
Viene innanzitutto stabilito che l’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani. Il Testo Unico semplifica questo contratto, a partire dai nomi delle tre tipologie contrattuali:
- apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale;
- apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere;
- apprendistato di alta formazione e ricerca;
Nell’apprendistato professionalizzate l’offerta formativa pubblica, interna o esterna alla azienda, è finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali, non può essere superiore a centoventi ore per la durata del triennio ed è disciplinata dalle Regioni. Viene introdotta la possibilità dell’utilizzo dell’apprendistato per i lavoratori in mobilità (si può definire una quarta tipologia di apprendistato). L’apprendistato può essere stipulato anche dalla Pubblica amministrazione; la disciplina del reclutamento e dell’accesso, nonché l’applicazione del contratto di apprendistato per i settori di attività pubblici è definita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
Il Testo unico prevede per il contratto di alta formazione l’apertura anche a percorsi misti di lavoro e ricerca e la possibilità di apprendistato per i praticanti di professioni ordinistiche. Viene adottato un forte rimando alla contrattazione collettiva e responsabilizzazione delle parti sociali. Il rinvio è alla contrattazione nazionale, per la regolamentazione e gestione dell’apprendistato professionalizzante (per l’uniformità su tutto il territorio). Gli accordi interconfederali e i contratti collettivi potranno stabilire la durata e le modalità di erogazione della formazione per l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche, nonché la durata, anche minima, del contratto.
Il Testo unico prevede l’abbassamento della durata massima (tre anni), con l’eccezione delle figure professionali dell’artigianato (cinque). Viene rilanciato l’apprendistato di primo livello, ora utilizzabile non solo per i minorenni ma anche per gli under 25, con la possibilità di conseguire in ambiente di lavoro, sulla falsariga del modello duale tedesco, una qualifica triennale o un diploma professionale quadriennale.
L’obiettivo è contrastare la dispersione scolastica e avviare un riallineamento tra la domanda e l’offerta di lavoro è il rilancio dell’apprendistato di primo livello che diviene ora utilizzabile non solo per i minorenni ma anche per gli under 25, con la possibilità di conseguire in ambiente di lavoro, sulla falsariga del modello duale tedesco, una qualifica triennale o un diploma professionale quadriennale
Per le attività stagionali i contratti collettivi potranno prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato, comprese le durate minime.
Infine, il Testo unico prevede la creazione di un repertorio delle professioni sulla base dei sistemi di classificazione e inquadramento del personale previsti nei contratti collettivi di lavoro.
ITER NORMATIVOLegge 25 del 19/01/1955
Per la prima volta si disciplina compiutamente l’apprendistato introducendo sgravi fiscali e contributivi a favore del datore di lavoro. L’articolo 2 recita che “l’apprendistato è uno speciale rapporto di lavoro in forza del quale l’imprenditore è obbligato a impartire o a far impartire, nella sua impresa, all’apprendista assunto alle sue dipendenze, l’insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone l’opera nell’impresa medesima”.
Legge 56 del 28 febbraio 1987
L’istituto dell’apprendistato viene sottoposto alla prima sostanziale revisione, con nuove norme relative alla durata e alle modalità di utilizzo del contratto.
Legge 196 del 24/06/1997
Il cosiddetto “Pacchetto Treu” riforma ampiamente l’istituto, entrando nel merito della formazione da impartire all’apprendista e introducendo per la prima volta la formazione esterna all’azienda, alla cui disciplina sono delegate le Regioni.
Decreto legislativo 276 del 10/09/2003
Si tratta di norme attuative della legge 30 del 14 febbraio 2003, nota come “legge Biagi”. Articola l’apprendistato in tre fasce: l’apprendistato per l’espletamento del diritto/ dovere di istruzione e formazione, l’apprendistato professionalizzante e l’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o percorsi di alta formazione.
Legge 247 del 24 dicembre 2007
Le norme su previdenza, lavoro e competitività comprendono una serie di deleghe al governo per l’emanazione di decreti legislativi per il riordino della disciplina di alcuni istituti, tra i quali l’apprendistato..
Data: 08/07/2012 Fonte: Redazione
LE TIPOLOGIE
Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale
Destinatari: soggetti di età compresa tra i 15 e i 25 anni.
Settore di attività del contratto: tutti i settori produttivi pubblici e privati.
Finalità: offrire a coloro che sono usciti dai percorsi scolastici la possibilità di conseguire la qualifica o il diploma professionale a seguito dell’assunzione con il contratto di apprendistato. Xxxxxx: dipende dalla qualifica o dal diploma da conseguire, non può comunque superare i tre anni. Nel caso di diploma quadriennale regionale la durata però può essere prolungata di un ulteriore anno.
Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere
Destinatari: soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni (fin da 17 anni se in possesso di una qualifica professionale) che devono ancora completare l’iter formativo e professionale. Settore di attività del contratto: tutti i settori produttivi pubblici e privati.
Finalità: conseguimento di una qualifica professionale nell’ambiente di lavoro.
Compatibilità: l’assunzione può avvenire anche se il soggetto ha già svolto un precedente periodo di apprendistato per il conseguimento della qualifica professionale, fermo restando il limite della durata complessiva di 3 anni.
L’apprendista che ha già svolto un periodo di apprendistato professionalizzante può svolgere anche presso un altro datore di lavoro lo stesso tipo di apprendistato per acquisire una maggiore o differente qualificazione.
Attività in cicli stagionali: i CCNL possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto, anche a tempo determinato.
Apprendistato di alta formazione e di ricerca
Destinatari: soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni che aspirano a un più alto livello di formazione. Settore di attività del contratto: tutti i settori produttivi pubblici e privati. Finalità: conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore, di titoli di studio universitari e della alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, per la specializzazione tecnica, per il praticantato, per l’accesso alle professioni ordinistiche. Compatibilità con le altre tipologie di apprendistato: l’assunzione con questa tipologia può avvenire anche se il soggetto ha già svolto un precedente periodo di apprendistato per il conseguimento della qualifica professionale, fermo restando il limite della durata complessiva di 3 anni.
Regolamentazione del contratto: la regolamentazione e la determinazione della durata del contratto di questa innovativa tipologia di apprendistato sono rimesse alle Regioni. In assenza di regolamentazioni regionali, l’attivazione dell’apprendistato di alta formazione o ricerca è rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro con le Università, gli istituti tecnici e professionali e le istituzioni formative o di ricerca.
Data: 09/02/2012 Fonte: Redazione
Con la circolare 29 dell’11 novembre 2011 il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito le prime indicazioni operative sulla disciplina del contratto di apprendistato, dopo la riforma. Il documento, in particolare, si sofferma ad analizzare due dei profili di maggiore rilievo previsti dal recente decreto legislativo: il regime sanzionatorio e quello transitorio. Il datore di lavoro che assuma un apprendista senza consegnargli il contratto scritto è passibile di sanzioni. La regolarizzazione va fatta entro 30 giorni, consegnando l’atto scritto al lavoratore anche dopo l’instaurazione del rapporto di lavoro. Il ministero precisa che in mancanza di contratto e di comunicazione al centro per l’impiego, il rapporto si considera irregolare e conseguentemente il lavoratore può richiederne la trasformazione in un contratto a tempo indeterminato.
Sanzioni e xxxxxxx sono previste anche nei casi in cui il contratto sia redatto in modo differente da quanto stabilito dalla contrattazione e laddove si riscontri la mancanza di un piano formativo individuale, l’assenza del tutor o del referente aziendale, l’adozione di retribuzione a cottimo, l’errata applicazione del sottoinquadramento.
Per quello che riguarda il regime transitorio, il ministero ha precisato che per le Regioni e i settori per cui la nuova disciplina non è immediatamente operativa trovano applicazione, in via transitoria e non oltre il 25 aprile 2012, tutte le disposizioni di legge (statali e regionali) e di contratto collettivo che attualmente disciplinano l’apprendistato.
Ciò vale per quelle tipologie di apprendistato, primo e secondo livello, che per essere operative necessitano di un intervento della contrattazione collettiva e delle Regioni. Nel caso dell’apprendistato di terzo livello, quello di alta formazione o ricerca, l’attivazione è rimessa ad “apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro o dalle loro associazioni con le università, gli istituti tecnici e professionali e le istituzioni formative o di ricerca”.
Data: 09/02/2012 Fonte: Redazione
INQUADRAMENTO E PREVIDENZA
Nel contratto di apprendistato l’inquadramento dell’apprendista può essere fatto al massimo due livelli sotto a quello previsto dalla categoria di qualificazione, in base al contratto collettivo nazionale di riferimento per quello di apprendistato.
Un ruolo importante è poi giocato dai contratti collettivi, territoriali o aziendali, che oltre a fornire le indicazioni relative alla durata, alle modalità di erogazione della formazione ed alle modalità di riconoscimento della qualifica professionale, a fissare le retribuzioni, forniscono anche l’orario di lavoro. Per il lavoratore adulto questo è fissato in 8 ore giornaliere e 44 settimanali, mentre per l’adolescente in 40 ore settimanali, con il divieto di essere adibiti al turno notturno, vale a dire dalle 22 alle 6. L’assunzione può essere a tempo pieno o parziale. La regolamentazione dei profili formativi si rimette, invece, per tutte e tre le tipologie di apprendistato alle Regioni d’intesa con le associazioni datoriali ed i ministeri di istruzione e lavoro.
Anche gli apprendisti hanno diritto ai contributi ai fini pensionistici che prima del 1° gennaio 2007 erano calcolati in base ad una cifra fissa, dopo tale data in forma percentuale. Varia non solo in base al numero di addetti presso il datore di lavoro, ma anche in base alle diverse annualità di durata del contratto. Invece, in termini assistenziali sono stati equiparati ai lavoratori subordinati applicando agli apprendisti la stessa disciplina generale in materia di indennità di malattia. Tale misura è stata applicata con valore retroattivo e, quindi, anche a quei contratti di apprendistato che erano iniziati prima di gennaio del 2007. La qualifica conseguita durante il periodo di apprendistato costituisce credito formativo per i corsi che vengono svolti successivamente. La forma di apprendistato attualmente più diffusa è quella professionalizzante, grazie alle leggi regionali. Esistono dei limiti quantitativi per i datori di lavoro nell’utilizzo dell’apprendistato.
Data: 06/06/2011 Fonte: Redazione
Il rapporto di lavoro che origina da un contratto di apprendistato si è sempre basato su condizioni favorevoli per il datore di lavoro, rispetto a quelle degli altri tipi di contratti. Le agevolazioni, che vanno da un regime contributivo favorevole a incentivi nel trattamento economico del lavoratore, sono concesse in cambio degli ulteriori obblighi in capo a chi assume un apprendista. Anche in quest’ambito vi sono importanti novità normative introdotte recentemente dal legislatore.
Incentivi contributivi
Il Disegno di legge di stabilità approvato in via definitiva il 12 novembre ha introdotto un regime contributivo ancora più favorevole per chi sottoscriverà contratti di apprendistato nei prossimi anni. Ai datori di lavoro che tra il primo gennaio 2012 e il 31 dicembre 2016 assumeranno apprendisti sarà riconosciuto uno sgravio del 100% dei contributi per tre anni, purché non abbiano alle proprie dipendenze più di 9 lavoratori. Dal calcolo numerico dei dipendenti restano esclusi i lavoratori con contratto di apprendistato, con contratto di inserimento, i lavoratori somministrati e quelli assunti dopo esperienze in prestazioni socialmente utili o di pubblica utilità.
Il personale a tempo parziale e quello assunto con lavoro intermittente va considerato pro quota, in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre.
Incentivi normativi
Gli assunti con contratto di apprendistato non rientrano nella base di calcolo per l’applicazione di particolari istituti previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva. Ciò significa, ad esempio, che ai fini del computo dell’aliquota dei disabili, essi non sono presi in considerazione. Un ulteriore incentivo di natura normativa può anche considerarsi quello relativo all’età massima entro la quale si può essere assunti con il contratto di apprendistato professionalizzante.
E’ stata fissata in 29 anni e 364 giorno e non al compimento del ventonovesimo anno, per cui il contratto di apprendistato può iniziare a quasi 30 anni e concludersi a quasi 34.
Incentivi economici
L’apprendista può essere retribuito per tutta la durata del rapporto e fino alla trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato in base a un inquadramento fino a due livelli al di sotto della categoria spettante.
Incentivi fiscali
Le spese sostenute per la formazione degli apprendisti sono escluse dalla base per il calcolo Irap.
I criteri per avere le agevolazioni:
- Rientrano i lavoratori in possesso di qualunque qualifica, compresi i dirigenti e i lavoratori a domicilio. I lavoratori in part time o intermittenti si calcolano in misura proporzionale all’orario di lavoro.
- Gli incentivi contributivi non spettano se il datore di lavoro viene meno all’obbligo di impartire o far impartire la formazione. La legge richiede che il datore di lavoro sia l’unico responsabile dell’inadempimento.
- Il monte ore di formazione non è fissato nella legge, la sua determinazione è rimessa alle fonti individuate dal Testo Unico per i tre diversi tipi di apprendistato. Per quello professionalizzante, la soglia andrà definita dal Ccnl.
- Si possono scegliere due strade: una convenzione tra Regione, enti formativi e parti sociali o, in mancanza, un accordo diretto tra impresa, Regione e organismi di formazione.
Data: 08/02/2012 Fonte: Redazione
IDENTIKIT DELL’APPRENDISTA
Chi ancora pensa che l’apprendista tipo sia il ragazzo che va “a bottega” da un artigiano è fuori strada: il X Rapporto di monitoraggio Isfol sull’apprendistato in Italia nel decennio 1998-2008 fotografa una realtà in crescita e, al tempo stesso, in trasformazione.
Nel periodo monitorato dall’Isfol il numero degli apprendisti è sostanzialmente raddoppiato e l’apprendistato – superando dal 2007 la quota delle 600.000 unità – è arrivato oggi a interessare il 17% degli occupati nella fascia 15-29 anni (un giovane su sei in quella fascia d’età).
Dietro il dato di sintesi ecco alcune novità, tra cui proprio la tipologia degli apprendisti e i settori di applicazione del contratto.
Alla crescita nel numero degli apprendisti si accompagna una diversificazione del tradizionale target di utenza. Per quanto gli apprendisti continuino prevalentemente a essere in possesso di licenzia media, cresce la percentuale di chi è in possesso di titoli più elevati, come indica il passaggio dallo 0,2% del 2002 al 4,7% del 2007 degli apprendisti laureati. Contemporaneamente si assiste a un’estensione della tipologia contrattuale alle fasce più adulte della popolazione (25 anni e oltre), nello stesso arco temporale le percentuali sono più che raddoppiate: dal 10,2 al 22.4% del totale.
Altra novità: l’evoluzione dei settori d’applicazione. L’artigianato, settore principe, pur continuando a occupare un terzo degli apprendisti, sta cedendo il passo al terziario dove si è registrata una progressiva diffusione degli apprendisti fino a rappresentare, nel 2008, il 43,4% del totale degli occupati in apprendistato.
Accanto a questi elementi il Rapporto approfondisce alcuni aspetti specifici dell’apprendistato – contratto a causa mista lavoro/formazione – e prende in esame sia il legame tra l’apprendistato e l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione che l’offerta formativa pubblica.
Xxxx’aumento dell’età degli apprendisti e la parallela contrazione nel numero dei più giovani, gioca un ruolo anche la mancanza di regolamentazione della forma di apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione, ancora “virtuale” tranne l’eccezione di alcune Regioni.
Dunque i minori possono essere assunti in apprendistato ma come contratto di lavoro e solo limitatamente come strumento per assolvere al diritto-dovere, situazione che trova conferma nello scarso numero di apprendisti in obbligo formativo (34.275), solo il 6,5% del totale degli apprendisti occupati (dato 2007).
Quanto all’offerta formativa pubblica le risorse impegnate ammontano a circa 125,6 milioni di euro nel 2006 e a oltre 180 milioni nel 2007, cui è corrisposta – nel 2006 – una spesa da parte delle Regioni di circa 114 milioni di euro. Gli interventi formativi organizzati dalle Regioni hanno coinvolto 96.144 apprendisti nel 2006 (il 17,4% del totale degli occupati in apprendistato) e 124.262 nel 2007 (il 20,7%).
L’impegno delle Regioni sull’apprendistato si rivela, tuttavia, molto disomogeneo: nel nord-est la quota di formati è pari al 28,9% nel 2006 e sale al 34,9 nel 2007, mentre nel mezzogiorno la stessa quota è pari al 10,3% nel 2006 e scende al 5,1% nell’ultimo anno, al netto delle Regioni i cui dati sono indisponibili.
Differenziazione territoriale che vale anche rispetto ad altri indicatori, quali i dati di programmazione, il volume di attività formative organizzate per i tutor aziendali, la quantità di risorse impegnate e spese.
Sempre più un “sistema plurale”, dunque, l’apprendistato, così come recita il titolo del X Rapporto, non solo nella tipologia di utenti e nei settori ma anche nella diffusione delle forme di applicazione e nella declinazione del contratto a livello territoriale.
Consulta il X Rapporto di monitoraggio Isfol sull’apprendistato in Italia nel decennio 1998-2008 (in formato .pdf, 2,6 MB).
Data: 07/06/2009 Fonte: xxx.xxxxx.xx
Con la sentenza 176/2010, la Corte costituzionale ha ripristinato le competenze delle regioni sull’apprendistato bocciando parzialmente l’articolo 23, comma 2, del decreto anti-crisi (Dl 112 del 2008). La sentenza risponde ai ricorsi presentati da Xxxxxx-Romagna, Veneto, Liguria, Toscana, Basilicata, Piemonte, Marche, Puglia e Lazio. Anche nell’ipotesi di apprendistato con formazione esclusivamente aziendale, i giudici costituzionali riconoscono alle Regioni un ruolo rilevante, di stimolo e di controllo dell’attività formativa.
Nel decreto anti-crisi invece «lo Stato si è unilateralmente attribuito il potere di disciplinare le fonti normative per identificare il discrimine tra formazione aziendale (la cui disciplina gli spetta) e formazione professionale extra aziendale (di competenza delle Regioni), escludendo così qualsiasi partecipazione di queste ultime». Xxx, scrive la Consulta, richiamando la sentenza n. 50 del 2005, «se è vero che la formazione all’interno delle aziende inerisce al rapporto contrattuale, sicché la sua disciplina rientra nell’ordinamento civile, e che spetta invece alle Regioni e alle Province autonome disciplinare quella pubblica, non è men vero che nella regolamentazione dell’apprendistato né l’una né l’altra appaiono allo stato puro, ossia separate nettamente tra di loro e da altri aspetti dell’istituto».
Dunque «occorre perciò tener conto di tali interferenze». Interferenze che dipendono dalla
«proiezione esterna dell’apprendistato professionalizzante e all’acquisizione da parte dell’apprendista dei crediti formativi, utilizzabili nel sistema dell’istruzione – la cui disciplina è di competenza concorrente – per l’eventuale conseguimento di titoli di studio».
Consulta la sentenza 176 del 10 maggio 2010 della Corte costituzionale. Data: 25/05/2010
Fonte: Redazione
SANZIONI A CHI NON FA FORMAZIONE
La formazione è un aspetto importante del contratto di apprendistato e i datori di lavoro devono osservarne scrupolosamente le indicazioni tracciate dai diversi Ccnl.
La circolare 128/2012 dell’Inps ricorda infatti che nei casi di mancata erogazione della formazione per esclusiva responsabilità del datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità formative, scatta un pesante regime sanzionatorio. Secondo le disposizioni dettate dal Testo unico, che conferma il precedente impianto disciplinato dalla legge Xxxxx, nelle ipotesi descritte il datore è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione pagata e quella dovuta in relazione al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100%.
Da notare come nell’apprendistato professionalizzante graveranno maggiori costi sui datori di lavoro: il percorso formativo propone un’integrazione tra una formazione di mestiere disciplinata dai Ccnl (svolta sotto la responsabilità dell’azienda) e l’offerta formativa pubblica (interna o esterna all’azienda) tesa all’acquisizione di competenze di base e trasversali mentre si assottigliano i fondi destinati a quest’ultima.
Questo principio è stato anche chiarito dalla nota del Lavoro del 13 luglio 2012, dove è stato ribadito che la formazione è in ogni caso obbligatoria e a carico dell’impresa. Sul punto è intervenuto il decreto del Lavoro del 31 ottobre 2012 che ha stanziato 100 milioni di euro da destinare al finanziamento delle attività formative per l’anno 2012, la metà dei quali sono destinati all’apprendistato professionalizzante.
Le somme spettanti a ciascuna Regione sono state ripartite per il 65% sulla base degli apprendisti assunti e, per il restante 35%, sulla base degli apprendisti già formati. Sul tema della formazione nell’apprendistato di mestiere è importante ricordare che il ministero del Lavoro ha censurato le previsioni dei Ccnl che stabiliscono una riduzione del monte ore di formazione previsto per gli apprendisti, quando il relativo piano formativo sia stato validato dall’Ente bilaterale (interpello 34/2012).
Da segnalare, infine, il via libera alla certificazione delle competenze acquisite in apprendistato, avvenuto ad opera del decreto Lavoro-Istruzione del 26 settembre 2012, che ha recepito il testo licenziato dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 19 aprile 2012.
Data: 15/12/2012 Fonte: Redazione
ULTIME NOVITÀ NORMATIVE
Le modifiche introdotte con la manovra d’estate rendono possibile una durata più flessibile per l’apprendistato professionalizzante. Infatti, il decreto legge 112/2008 cancella la durata minima di due anni e conferma, invece, quella massima.
Dunque, secondo l’articolo 49 del decreto legislativo 276/2003, i contratti di apprendistato professionalizzante hanno come unico limite temporale la durata di sei anni. Un primo effetto di questa modifica riguarda l’apertura del contratto di apprendistato nelle attività stagionali. Toccherà alla contrattazione collettiva (articolo 49, comma 3 del decreto legislativo 276/2003) prevedere la possibilità di avviare un rapporto di apprendistato professionalizzante anche per periodi di breve durata.
• Riforma dell’apprendistato
Il Consiglio dei ministri del 5 maggio 2011 ha approvato uno schema di decreto legislativo che attua la delega conferita al Governo dalla legge in materia di previdenza, lavoro e competitività per favorire la crescita (Legge n. 247 del 2007), disciplinando l’apprendistato quale contratto di lavoro a tempo indeterminato, finalizzato all’occupazione e alla formazione dei giovani.
Il decreto, in particolare, prevede la definizione di tre tipologie di contratto:
- Apprendistato per la qualifica professionale, rivolto ai giovanissimi a partire dai 15 anni di età,
- Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere, rivolto ai giovani di età compresa fra i 18 e i 29 anni che devono completare il loro iter formativo e professionale e, infine,
- Apprendistato di alta formazione e ricerca, rivolto a coloro che aspirano ad un più alto livello di formazione, nel campo della ricerca, del dottorato e del praticantato in studi professionali.
Da sottolineare come la disciplina del contratto di apprendistato sia rimessa ad appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Gli accordi dovranno rispettare una serie di principi, tra cui:
- forma scritta del contratto e del relativo piano formativo individuale da definire;
- divieto di retribuzione a cottimo;
- possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti;
- presenza di un tutor o referente aziendale;
- possibilità, anche con il concorso delle Regioni, di finanziare i percorsi formativi aziendali degli apprendisti tramite dei fondi paritetici interprofessionali;
- registrazione della formazione effettuata e delle competenze acquisite nel libretto formativo;
- possibilità del riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti, della qualifica professionale ai fini contrattuali e delle competenze acquisite;
- divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo;
- possibilità per le parti di recedere dal contratto al termine del periodo di formazione e, se nessuna delle parti esercita la facoltà, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Per gli apprendisti, inoltre, si applicano le norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria (assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, contro le malattie, contro l’invalidità e vecchiaia). Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere con contratto di apprendistato non può superare il 100% dei lavoratori specializzati e qualificati o, in mancanza, le tre unità.
Per quanto riguarda la prima tipologia contrattuale, l’apprendistato per la qualifica professionale, possono essere assunti, in tutti i settori di attività, anche per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, i soggetti che abbiano compiuto 15 anni.
La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica e del titolo di studio da conseguire e non può in ogni caso essere superiore a tre anni.
La regolamentazione dei profili formativi è rimessa alle Regioni e alle Province autonome d’intesa con i ministeri del Lavoro e dell’Istruzione, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro. Con il secondo tipo di contratto, l’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere, possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, il contratto può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età
. Gli accordi interconfederali e i contratti collettivi stabiliscono, in ragione dell’età dell’apprendista e del tipo di qualificazione da conseguire, la durata e le modalità di erogazione della formazione. La durata del contratto, per la sua componente formativa, non può comunque essere superiore a sei anni.
Infine, il contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca può essere utilizzato per l’assunzione in tutti i settori di attività, pubblici o privati, per attività di ricerca o per il conseguimento di un titolo di studio di livello secondario superiore, per il conseguimento di titoli di studio universitari e dell’alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, per la specializzazione tecnica superiore, nonché per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche o per esperienze professionali.
Il contratto è destinato a soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Per soggetti in possesso di una qualifica professionale, può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. La regolamentazione e la durata dell’apprendistato per attività di ricerca, per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, è rimessa alle Regioni, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordo con sindacati e organizzazioni imprenditoriali, università, istituti tecnici e professionali e altre istituzioni formative o di ricerca.
Quanto agli standard professionali e formativi, entro 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto, saranno definiti dal ministero del Lavoro, di concerto con il ministero dell’Istruzione e previa intesa con le Regioni e le Province autonome.
Consulta la Dichiarazione del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del 5 maggio 2011
• Più forza all’apprendistato
Il 27 ottobre 2010, presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, è stata siglata un’intesa tra governo, Regioni, Province autonome e parti sociali per il rilancio dell’apprendistato. L’obiettivo è dare un nuovo impulso all’occupazione giovanile in apprendistato garantendo, a lavoratori e imprese, immediata certezza al quadro giuridico e istituzionale di riferimento attraverso una fase di transizione di 12 mesi.
L’intesa dà quindi nuova forza a uno strumento estremamente importante, che deve divenire l’ingresso tipico dei giovani nel mercato del lavoro, dopo una crisi ha determinato la riduzione dei contratti di apprendistato e del loro contenuto formativo. L’accordo intende anche combattere l’uso distorto del tirocinio e delle collaborazioni e restituire ad esso il contenuto formativo originario.
Nell’intesa, si stabilisce inoltre di avviare un tavolo tripartito per la mappatura condivisa:
- della normativa concretamente applicabile Regione per Regione, settore per settore;
- delle linee guida condivise per la riforma dell’apprendistato professionalizzante secondo la delega contenuta nella legge n. 247 del 2007 in corso di riattivazione nell’ambito del disegno di legge Collegato lavoro, valorizzando la formazione aziendale di tipo formale, la risorsa della bilateralità, il ruolo dei fondi interprofessionali e la tracciabilità sul libretto formativo del cittadino.
- di un quadro più razionale ed efficiente dei tirocini formativi e di orientamento al fine di valorizzarne le potenzialità in termini di occupabilità e prevenire gli abusi e l’utilizzo distorto degli stessi tirocini formativi e di orientamento e di altre tipologie contrattuali (in particolare le collaborazioni coordinate e continuative) in concorrenza con il contratto di apprendistato.
Infine, viene confermato che, in caso di imprese multi-localizzate, per l’attivazione dei contratti di apprendistato e per i tirocini formativi e di orientamento, trova applicazione su tutto il territorio nazionale la sola regolamentazione della Regione dove l’impresa ha la propria sede legale.
Consulta l’Intesa tra Governo, Regioni, Province autonome e Parti sociali per il rilancio dell’apprendistato del 27 ottobre 2010.
• Eliminata la durata minima del contratto di apprendistato professionalizzante. L’eliminazione della durata minima legale sembra permettere di superare un altro punto critico del contratto professionalizzante.
Può verificarsi, infatti, che le aziende – ferma restando la stipula di un contratto di durata ordinaria – abbiano l’esigenza di trasformare il rapporto in un contratto a tempo indeterminato anche prima del termine del periodo di formazione. Alcuni lavoratori acquisiscono la qualifica prima del periodo programmato dal contratto collettivo nazionale,con uno squilibrio tra livello di preparazione professionale raggiunto e ridotto trattamento economico previsto per il contratto professionalizzante.
Per evitare che questa situazione spinga il lavoratore a valutare altre proposte lavorative, il datore può scegliere di trasformare il contratto in anticipo rispetto ai tempi programmati (in alcuni casi anche prima del “vecchio” limite legale dei due anni). Resta da capire se la trasformazione anticipata pregiudica la legittimità del rapporto, con il possibile recupero delle agevolazioni contributive fruite, cioè la differenza fra la misura ordinaria dei contributi e l’aliquota agevolata: l’1,5%dicontributi il primo anno, il 3% nel secondo e il10%dal terzo. Sulle conseguenze contributive della trasformazione anticipata il ministero del Lavoro è già intervenuto nel 2005.
Con un interpello (4 maggio 2005, prot. 3883) il ministero aveva risposto che i benefici contributivi sono da collegare al momento fattuale della trasformazione del rapporto a tempo indeterminato e pertanto, anche nella ipotesi in cui tale trasformazione avvenga in maniera anticipata rispetto al termine previsto nel contratto, il datore di lavoro avrà diritto a fruire dei benefici contributivi per l’anno successivo alla trasformazione dell’apprendistato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Il ministero, anche alla luce della vecchia normativa ora diventata più flessibile, ha ammesso la possibilità che il contratto di apprendistato possa essere trasformato anticipatamente senza che questo pregiudichi il rapporto. Nel 2005 si è chiarito che le agevolazioni contributive proseguono per 12 mesi dalla trasformazione del contratto. Alla luce di questa posizione, con la cancellazione della durata minima legale di due anni per l’ apprendistato professionalizzante, la conservazione dei benefici dovrebbe essere confermata a prescindere dal momento in cui avviene la trasformazione anticipata.
• Le agevolazioni contributive per l’apprendista sono riconosciute anche se la Regione non offre una sufficiente offerta formativa.
La circolare n. 27 del 10 novembre 2008 del ministero del Lavoro riconosce al datore di lavoro le agevolazioni contributive per l’apprendista anche se la Regione non offre una sufficiente offerta formativa. La circolare va ad aggiungersi alle modifiche già introdotte dall’articolo 23 del decreto legge 112/2008. L’azienda ha dunque due possibilità per avviare il rapporto di apprendistato:
- nelle Regioni in cui non è presente una regolamentazione regionale, è possibile avviare l’apprendistato professionalizzante sulla base di quanto appositamente stabilito dal
contratto collettivo ai sensi dell’articolo 49, comma 5-bis o 5-ter del Dlgs 276/2003. In mancanza di regolamentazione contrattuale, è sempre ammesso il contratto di apprendistato stipulato ai sensi della legge 196/97;
- nelle Regioni in cui è presente una disciplina della formazione esterna del contratto di apprendistato professionalizzante, l’azienda può decidere di avviare il rapporto nel rispetto di tale regolamentazione (fermo restando le norme di competenza dei Ccnl), oppure attivando il rapporto esclusivamente sulla base di quanto disposto dai contratti collettivi di qualsiasi livello ai sensi del nuovo comma 5-ter.
Dunque, per il legislatore, è il contratto collettivo il mezzo per far “decollare” l’apprendistato professionalizzante attribuendo a essi il compito (alternativo alle Regioni) di disciplinarne l’intera materia.
La circolare 27 offre un chiarimento anche sul fronte dei profili retributivi. Il ministero, rivendendo parzialmente la precedente posizione espressa con l’interpello 28/2007, ha precisato che «resta infatti aperta, in virtù del principio di gradualità stabilito dall’articolo 13, comma 1 della legge 25/55, la possibilità di combinare il sistema della percentualizzazione con il livello di sottoinquadramento garantito dall’articolo 53, comma 1 del decreto legislativo 276/03.
Questo livello potrà essere utilizzato sia come “tetto”, o livello finale, sia come “soglia”, o livello iniziale, della progressione percentuale. Per effetto dell’eliminazione della durata minima di due anni disposta dal decreto legge 112/2008 la circolare fa presente che non sussistono più vincoli giuridici a una trasformazione «in qualunque tempo» del rapporto di apprendistato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Pertanto, ad esempio, è possibile avviare un contratto di apprendistato di durata complessiva di tre anni e dopo un anno procedere alla trasformazione. L’azienda in questo caso ha diritto ai benefici contributivi per la durata del rapporto e ancora per un anno a partire dalla data di trasformazione.
Il ministero, tuttavia, fa sapere che il personale ispettivo vigilerà su eventuali condotte fraudolente che ipoteticamente si potrebbero configurare quando prima della trasformazione anticipata non sia stata effettuata alcuna attività formativa formale.
La circolare 27/2008 fa presente che le norme della legge 25/1955 – se compatibili con il nuovo quadro giuridico dell’apprendistato professionalizzante – continuano a rimanere in vigore.
E in particolare anche la norma che dispone il cumulo dei periodi svolti con diversi contratti purché interrotti da un periodo non superiore all’anno (articolo 8); è ciò indipendentemente dal fatto che essi siano stati avviati con la “vecchia” o “nuova” disciplina. Infine, viene chiarito che il contratto di apprendistato può essere avviato anche nell’ambito di società consortili che durano un periodo inferire a quanto stabilito dal contratto per la qualificazione dell’apprendista.
• Xxxxxxx, Cgil, Cisl e Uil hanno sottoscritto un accordo sull’apprendistato professionalizzante all’interno delle Pmi.
Il 9 febbraio 2010 Confapi, la Confederazione italiana della piccola e media industria privata, e le confederazioni dei lavoratori Cgil, Cisl e Uil hanno sottoscritto l’accordo interconfederale per l’apprendistato professionalizzante all’interno delle Pmi.
Si tratta di un accordo quadro che introduce importanti novità nella gestione dell’istituto dell’apprendistato professionalizzante all’interno dell’azienda.
Con questo le aziende che applicano i contratti di lavoro Confapi, potranno svolgere l’attività formativa degli apprendisti all’interno dell’azienda; le parti firmatarie riconoscono così il ruolo educativo del processo lavorativo e del tutor aziendale.
L’azienda formatrice certifica la qualifica dell’apprendista con il via libera dell’ente bilaterale, che controlla la correttezza e la qualità del piano formativo. L’ente bilaterale collabora con l’impresa sia nell’attuazione del piano stesso che nella valutazione degli obbiettivi raggiunti.
Per conoscere i dettagli dell’accordo sull’apprendistato professionalizzante, consulta il documento elaborato da Il Sole 24 Ore.
• Più forza all’apprendistato
Il 27 ottobre 2010, presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, è stata siglata un’intesa tra governo, Regioni, Province autonome e parti sociali per il rilancio dell’apprendistato. L’obiettivo è dare un nuovo impulso all’occupazione giovanile in apprendistato garantendo, a lavoratori e imprese, immediata certezza al quadro giuridico e istituzionale di riferimento attraverso una fase di transizione di 12 mesi. L’intesa dà quindi nuova forza a uno strumento estremamente importante, che deve divenire l’ingresso tipico dei giovani nel mercato del lavoro, dopo una crisi ha determinato la riduzione dei contratti di apprendistato e del loro contenuto formativo. L’accordo intende anche combattere l’uso distorto del tirocinio e delle collaborazioni e restituire ad esso il contenuto formativo originario.
Nell’intesa, si stabilisce inoltre di avviare un tavolo tripartito per la mappatura condivisa:
- della normativa concretamente applicabile Regione per Regione, settore per settore;
– delle linee guida condivise per la riforma dell’apprendistato professionalizzante secondo la delega contenuta nella legge n. 247 del 2007 in corso di riattivazione nell’ambito del disegno di legge Collegato lavoro, valorizzando la formazione aziendale di tipo formale, la risorsa della bilateralità, il ruolo dei fondi interprofessionali e la tracciabilità sul libretto formativo del cittadino.
- di un quadro più razionale ed efficiente dei tirocini formativi e di orientamento al fine di valorizzarne le potenzialità in termini di occupabilità e prevenire gli abusi e l’utilizzo distorto degli stessi tirocini formativi e di orientamento e di altre tipologie contrattuali (in particolare le collaborazioni coordinate e continuative) in concorrenza con il contratto di apprendistato.
- infine, viene confermato che, in caso di imprese multi-localizzate, per l’attivazione dei contratti di apprendistato e per i tirocini formativi e di orientamento, trova applicazione su tutto il territorio nazionale la sola regolamentazione della Regione dove l’impresa ha la propria sede legale.
Consulta l’Intesa tra Governo, Regioni, Province autonome e Parti sociali per il rilancio dell’apprendistato del 27 ottobre 2010.
• Risorse per l’apprendistato
Il decreto direttoriale del 10 novembre 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 291 del 14 dicembre 2010, ripartisce e assegna alle Regioni e alle Provincie autonome le risorse relative alle attività in apprendistato per l’annualità 2010.
Il decreto stabilisce che per il finanziamento delle attività di formazione nell’esercizio dell’apprendistato sono destinati 100 milioni di euro, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’art. 18, comma 1, del decreto legge n. 185 del 29 novembre 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 2 del 28 gennaio 2009.
La dote finanziaria, pari a 100 mila euro, è destinata alle attività di formazione nell’esercizio dell’apprendistato anche se svolte oltre il compimento del diciottesimo anno di età e secondo le modalità previste dalla normativa. Le risorse vengono ripartite tra le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, per il 70% in base al numero degli apprendisti occupati e per il restante 30% sulla base del numero degli apprendisti formati. Il decreto direttoriale contiene le tabelle riguardanti le ripartizioni delle risorse per Regione e Provincia autonoma e gli apprendisti occupati e formati.
Consulta il decreto direttoriale del 10 novembre 2010. Data: 18/07/2011
Fonte: Redazione
TESTO UNICO SULL’APPRENDISTATO
Le parti sociali hanno firmato l’11 luglio 2011 al ministero del Lavoro l’intesa sul Testo unico sull’apprendistato, presentato dal governo, e che ha già ricevuto il via libera la scorsa settimana dalle Regioni. Il testo approvato recepisce infatti le richieste avanzate dalle Regioni stesse.
L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani. E’ definito secondo le seguenti tipologie: apprendistato per la qualifica professionale; apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere; apprendistato di alta formazione e ricerca.
Questi i punti fondamentali del Testo unico dell’apprendistato siglato oggi dalle parti sociali nella sede del ministero del Lavoro di via Flavia. La disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Per gli apprendisti l’applicazione delle norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria si estende alle seguenti forme: assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; assicurazione contro le malattie; assicurazione contro l’invalidità e vecchiaia; maternità; assegno familiare.
Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere con contratto di apprendistato, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro non può superare il 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il datore di lavoro stesso. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, può assumere apprendisti in numero non superiore a tre.
Possono essere assunti con contratto di apprendistato per la qualifica o per il diploma professionale, in tutti i settori di attività, anche per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, i soggetti che abbiano compiuto quindici anni e fino al compimento del venticinquesimo anno di età. La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica o del diploma da conseguire e non può in ogni caso essere superiore, per la sua componente formativa, a tre anni ovvero quattro nel caso di diploma quadriennale regionale.
La regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale è rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, previo accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, e sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere per il conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali i soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni.
La formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta sotto la responsabilità della azienda, è integrata, nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dall’offerta formativa pubblica, interna o esterna alla azienda, finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali per un monte complessivo non superiore a centoventi ore per la durata del triennio e disciplinata dalle Regioni sentite le parti sociali e tenuto conto dell’età, del titolo di studio e delle competenze dell’apprendista.
Consulta il Testo unico apprendistato Data: 18/07/2011
Fonte: Redazione
MONITORAGGIO
Il XIII Rapporto di monitoraggio sull’apprendistato, realizzato dall’Isfol su incarico del ministero del lavoro e in collaborazione con l’Inps, fotografa il quadro dell’occupazione e della formazione per gli apprendisti, delle norme nazionali e regionali, nonché delle discipline contrattuali che definiscono la cornice di riferimento per l’implementazione dello strumento.
L’apprendistato, pensato per favorire un maggiore inserimento delle nuove generazioni non decolla, anzi diminuisce. I contratti di inserimento hanno registrato una flessione del 6,9 per cento e alcune regioni come Sardegna e Lombardia hanno pagato un prezzo molto alto. I contratti di apprendistato, scrivono gli autori del rapporto, nel corso del 2011 sono stati 504.558, in termini assoluti, 37 mila in meno del 2010. La flessione registrata nell’ultimo anno analizzato è stata del 6,9 per cento, leggermente inferiore (di un paio di punti percentuali) a quella del 2010.
La riduzione percentuale più accentuata si è registrata nel Mezzogiorno (8,9 per cento in meno). I contratti di apprendistato sono diminuiti del 6,1 per xxxxx xxx xxxx x xxx 0,0 xxx xxxxx xxx xxxxxx Xxxxxx. Tra il 2009 e il 2011, a pagare il prezzo più alto in termini percentuali, del trend negativo dell’apprendistato, è stata la regione Sardegna, che ha visto ridursi di oltre il 30 per cento il numero medio di rapporti di lavoro di questa tipologia.
In termini assoluti le cose sono andate male soprattutto in Lombardia dove sono andati in fumo in due anni quasi 22 mila contratti di apprendistato con una flessione del 19,1 per cento. A ogni modo la Lombardia rimane ancora la regione in cui si concentra il maggior numero di apprendisti (poco meno del 17 per cento sul totale).
Le altre regioni dove le imprese stipulano la gran parte dei contratti di lavoro di questo tipo sono il Veneto, l’Xxxxxx Xxxxxxx e il Lazio dove si concentrano, rispettivamente, il il 12,6%, il 10,0% e il 9,8% dei contratti totali. Dopo di loro ci sono la Toscana, con il 9,1 per cento e il Piemonte con l’8,5 cento.
Nel complesso queste sei regioni da sole coprono quasi il 70 per cento dei rapporti di lavoro in apprendistato in Italia. La forma contrattuale tipica dell’apprendistato è ormai quella di tipo “professionalizzante” (circa l’80 per cento del totale), forma che negli anni tra il 2009 e il 2011 ha perso solo l’1 per cento del numero dei contratti mentre le altre tipologie hanno subito una flessione pari al 15,2 per cento.
Il settore in cui si è sentita di più a crisi per questo tipo di contratto, tra il 2009 e il 2011, è stato quello dei trasporti e delle comunicazioni con una flessione del 26,1 per cento. Significativa anche la riduzione di questi contratti che si è registrata nelle costruzioni (-22,6 per cento), nelle attività finanziarie (-20,2 per cento) e nell’industria manifatturiera. Il settore in cui la flessione è stata meno accentuata è quello alberghiero e della ristorazione dove i contratti di apprendistato negli ultimi due anni si sono ridotti del 2,6 per cento. Quanto agli esiti dell’apprendistato, nel 2011 sono stati 180.749 i lavoratori per i quali il contratto di apprendistato si è trasformato in un’assunzione a tempo indeterminato presso la stessa azienda. Nel 2009 erano stati 157.578.
L’incremento più consistente si è registrato nelle aziende operanti nel centro Italia (+25,2 per cento). Il settore in cui si è verificato il maggior incremento di apprendisti trasformati è quello delle attività finanziarie, seguito dalle imprese che operano in attività immobiliari, informatica e servizi alle imprese, nel commercio, nell’industria alimentare e nell’industria elettrica e elettronica.
Il XIII Rapporto di monitoraggio sull’apprendistato è diviso in due parti. Nella prima parte viene dedicato ampio spazio alle novità introdotte dal Testo Unico dell’Apprendistato (decreto legislativo 167/2011) e all’analisi qualitativa degli atti che sia le Parti sociali sia le Regioni e le Province Autonome hanno adottato per rendere operative le tre tipologie contrattuali previste:
- apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale;
-
apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere;
- apprendistato di alta formazione e ricerca.
Nella seconda parte, curata dall’Inps, si analizzano le dinamiche dell’occupazione, con un dettaglio sui contratti di lavoro cessati e trasformati in esito ad un contratto di apprendistato. A partire dai dati sulle Comunicazioni Obbligatorie, un contributo curato dal ministero del Lavoro, focalizza inoltre l’attenzione sui rapporti di apprendistato attivati nel primo semestre 2012. Nella terza parte, sulla base delle informazioni fornite dalle Regioni e Province Autonome, l’Isfol approfondisce l’esame del sistema pubblico di formazione per l’apprendistato.
Del XIII Rapporto di monitoraggio sull’apprendistato è possibile consultare:
• Prefazione del ministro del Lavoro Xxxx Xxxxxxx (.pdf 252 Kb)
• Action plan per la promozione e la diffusione dell’apprendistato (.pdf 416 Kb)
• Sintesi del rapporto di monitoraggio e avanzamento del quadro normativo (.pdf 275 Kb)
• Allegato statistico (.pdf 178 Kb)
• Allegato normativo (.pdf 96 Kb)
• Allegato Accordi e Ccnl (.pdf 77 Kb)
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la circolare n. 5 del 21 gennaio 2013, fornisce indicazioni al proprio personale ispettivo per applicare correttamente la disciplina sanzionatoria in materia di apprendistato, contenuta nell’art. 7, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 167 del 14 settembre 2011 (Testo unico dell’apprendistato). La circolare affronta diverse problematiche legate in particolare al tema della mancata formazione e al rispetto dei vincoli numerici e di stabilizzazione propri di tale tipologia contrattuale. Vediamo in dettaglio.
Nessuna sanzione per il contratto di apprendistato se il datore di lavoro non effettua nel primo anno la formazione prevista dal piano individuale; al contrario, la violazione genera le sanzioni amministrative e di conversione del rapporto se nel secondo anno di durata del contratto il datore di lavoro non svolge almeno il 40% delle ore di formazione accumulate oppure, nel terzo anno, il 60% delle ore accumulate. È uno dei chiarimenti contenuti nella circolare n. 5 del 21 gennaio 2013 del ministero del Lavoro che fa il punto della situazione sulla corretta applicazione del contratto di apprendistato dopo le recenti modifiche introdotte dalla legge 92/2012.
La circolare precisa anche che gli apprendisti in somministrazione possono essere assunti solo a tempo indeterminato: sono così nulle le clausole di alcuni Ccnl che dispongono in modo diverso. Inoltre, le aziende con meno di 10 dipendenti dovranno rispettare le percentuali di stabilizzazione fissate dalla contrattazione collettiva. Mentre le aziende con un organico superiore dovranno rispettare i parametri di legge, ossia confermare in servizio almeno il 30% dei contratti venuti a scadere negli ultimi 24 mesi (50% dal 18 luglio 2015). Rispetto agli obblighi formativi, la circolare traccia alcune importanti fasi di controllo.
Una prima fase riguarda l’individuazione del momento in cui si può ritenere violata la disciplina formativa del contratto per giustificare un intervento ispettivo. Con riguardo all’apprendistato professionalizzante sono due gli aspetti da considerare a seconda che si tratti di formazione trasversale o di formazione di tipo professionalizzante: laddove la Regione decida di rendere facoltativa la formazione trasversale, in assenza della configurabilità di un vero e proprio obbligo, non è possibile l’adozione di un provvedimento di carattere sanzionatorio; laddove il contratto collettivo di riferimento scelga di rimettere al datore di lavoro l’obbligo di erogare anche la formazione trasversale, nelle more dell’intervento della Regione, non potrà non ravvisarsi un corrispondente “ampliamento” delle responsabilità datoriali e pertanto dei connessi poteri sanzionatori in capo al personale ispettivo.
Una volta accertata la violazione dei contenuti formativi, scatta una fase due che ha lo scopo di verificare se è possibile recuperare l’interesse sostanziale della norma e far fare la necessaria formazione all’apprendista. Proprio su questo punto interviene la circolare della direzione generale per l’Attività ispettiva, fornendo un criterio di ragionamento da applicare in modo uniforme sul territorio.
La violazione delle ore di formazione previste per il primo anno del contratto non dà mai luogo a un disconoscimento del rapporto. Nel secondo anno invece, la violazione si configura – spiega la circolare – laddove sommando le ore del primo anno con la quota parte delle ore riferite ai mesi trascorsi del secondo anno rispetto al momento della verifica, il datore di lavoro non ha svolto almeno il 40% della formazione, ovvero il 60% delle ore accumulate fino al terzo anno. Solo se le percentuali sono rispettate e quindi il datore ha raggiunto un numero minimo di ore svolte, allora l’ispettore può passare alla fase tre: vale a dire impartire una “disposizione” per effettuare il resto della formazione entro un termine. Diversamente, la fase tre è rappresentata dall’applicazione integrale del regime sanzionatorio.
L’apprendistato può essere utilizzato dalle aziende nel rispetto di tre diversi gruppi di limiti: limiti quantitativi, obblighi di stabilizzazione, durata delle esperienze pregresse. Quanto al primo gruppo di limiti, la circolare n. 5 del 21 gennaio 2013 del ministero del Lavoro ricorda che con la legge Fornero è stata riconosciuta la possibilità di assumere apprendisti per un numero complessivo di 3 unità, ogni 2 lavoratori specializzati e qualificati presenti in azienda; il rapporto scende (1 apprendista per ogni dipendente qualificato) per le aziende il cui organico è inferiore alle 10 unità. In caso di assenza di lavoratori qualificati, si possono comunque
assumere 3 apprendisti, e per le imprese artigiane resta confermata la normativa speciale, che prevede limiti diversi.
La circolare chiarisce, inoltre, che il limite numerico si calcola su tutti i dipendenti rientranti nella stessa azienda, senza limiti alla sola unità produttiva in cui opera l’apprendista; secondo la circolare possono rientrare nella base di computo anche i soci e i collaboratori familiari, a condizione che lavorino in azienda in maniera continuativa e siano in possesso di adeguate competenze. Quanto agli oneri di stabilizzazione, il ministero ricorda che ciascun datore di lavoro può assumere nuovi apprendisti solo qualora abbia mantenuto in servizio (rinunciando, quindi, a dare disdetta al rapporto al termine del periodo formativo) almeno il 30% degli apprendisti assunti nei 36 mesi precedenti (tale limite è temporaneo, e salirà al 50% dal 18 aprile 2015). Sono esclusi dalla base di computo i rapporti cessati durante il periodo di prova, per dimissioni o per giusta causa.
La circolare osserva che la regola della stabilizzazione non si applica quando il datore di lavoro non ha assunto apprendisti nei 36 mesi precedenti o, comunque, se durante questo periodo non sono venuti a scadenza dei contratti. Infine, la circolare fornisce un’indicazione importante per i casi in cui un lavoratore che ha già lavorato presso un’azienda (magari con un contratto diverso) viene assunto come apprendista per lo svolgimento delle stesse mansioni. Il ministero ricorda che questa ipotesi non è vietata dalla legge e che, in generale, l’apprendistato può essere utilizzato tutte le volte in cui sia possibile erogare al lavoratore un percorso formativo adeguato al conseguimento di una qualifica.
Per individuare i casi in cui si presume che sia rispettata la finalità formativa del contratto, la circolare fissa una soglia oggettiva: se il lavoratore, durante l’esperienza lavorativa precedente, ha svolto le mansioni contemplate dal nuovo rapporto per un periodo superiore alla metà della durata massima dell’apprendistato fissata dal contratto collettivo, dovrebbe escludersi la legittimità del rapporto.
Data: 28/01/2013 Fonte: Il Sole 24 Ore
PROGRAMMA AMVA
Il Programma AMVA (Apprendistato e Mestieri a Vocazione Artigianale) promuove l’applicazione del contratto di apprendistato per incrementare i livelli occupazionali dei giovani. Il programma è rivolto alle aziende di tutti i settori produttivi per l’assunzione di giovani tra i 15 e i 29 anni.
Il Programma AMVA, promosso dal ministero del Lavoro, è attuato da Italia Lavoro, con il contributo dei Programmi operativi nazionali del Fondo Sociale europeo 2007-2013 Azioni di sistema e Governance e azioni di sistema.
L’ultimo bando del Programma AMVA è stato pubblicato l’11 novembre 2011 e prevede la concessione di contributi, fino a esaurimento delle risorse, per chi stipula:
- Contratti di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale di giovani fino al venticinquesimo anno di età.
Possono essere assunti con tale tipo di contratto, in tutti i settori di attività, anche per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, i soggetti che abbiano compiuto 15 anni e fino al compimento del venticinquesimo anno di età. La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica o del diploma da conseguire. La componente formativa può estendersi al massimo per tre anni, che possono diventare quattro in caso di diploma quadriennale regionale.
- Contratti di apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere di giovani fino al ventinovesimo anno di età.
Possono essere assunti con tale tipo di contratto, in tutti i settori di attività, i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, il contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età.
Ai datori di lavoro che assumano giovani con contratto di apprendistato verrà riconosciuto:
- Un contributo di 5.500 euro per ogni soggetto assunto con contratto di apprendistato per la qualifica professionale a tempo pieno.
- Un contributo di 4.700 euro per ogni soggetto assunto con contratto di apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere a tempo pieno.
♦ Requisiti
Al momento di assumere giovani con contratti di apprendistato, il datore di lavoro deve possedere i seguenti requisiti:
- avere un’azienda che svolge regolarmente la propria attività, essere in regola col contratto di lavoro di riferimento, con il versamento di ritenute e contributi e con la sicurezza in ambito lavorativo, oltre che con eventuali normative regionali sugli obblighi formativi previsti dal contratto di apprendistato.
- non aver riportato condanne che comportino l’interdizione anche temporanea dai pubblici uffici, né essere sottoposti a procedure di fallimento o concordato preventivo.
- non essere incorsi, negli ultimi dieci anni, in irregolarità definitivamente accertate dalle autorità competenti, nella gestione di interventi che abbiano beneficiato di finanziamenti pubblici.
I lavoratori assunti, al momento della stipula del contratto di lavoro, devono rientrare tra le categorie dei lavoratori svantaggiati (fermi restando i limiti di età per l’apprendistato) e non aver avuto rapporti di lavoro dipendente o assimilato negli ultimi 12 mesi con il soggetto beneficiario la cui cessazione sia stata determinata da cause diverse dalla scadenza naturale dei contratti.
♦ Presentazione della domanda
La domanda di contributo può essere presentata unicamente attraverso il sistema informativo raggiungibile su xxxx://xxxx.xxxxxxxxxxxx.xx, disponibile dalle ore 10 del 30/11/2011 e non oltre il 31/12/2012, salvo che le risorse disponibili non vengano esaurite prima di tale scadenza. In questo caso ne sarà data comunicazione sul sito di Italia Lavoro. La documentazione necessaria per la presentazione della domanda è la seguente:
- copia di certificato CCIAA (non antecedente a 3 mesi dalla data di presentazione della domanda;
- copia di certificato di attribuzione di Partita Iva;
- dichiarazione sulle circostanze di cui allo specchietto a pagina 6, resa nelle forme dell’autocertificazione, secondo il dispositivo degli articoli 46 e 47 del D.P.R. 445/2000;
- copia del DURC (Documento unico di regolarità contributiva) in corso di validità;
- copia del documento di identità, in corso di validità, del lavoratore assunto per il quale si richiede il contributo;
- copia integrale del modello UniLav per l’assunzione del lavoratore;
- copia certificazione del Centro per l’impiego del requisito di disoccupazione/inoccupazione;
- copia del contratto di lavoro e del piano formativo associato;
- dichiarazione (firmata e digitalizzata mediante scansione o firmata digitalmente) secondo lo schema reperibile all’indirizzo xxx.xxxxxxxxxxxx.xx, Allegato 1 o Allegato 2 del bando Amva;
- copia del documento del legale rappresentante.
Nel presentare domanda l’azienda deve autocertificare:
- di non aver cessato o sospeso la propria attività;
- i essere in regola con l’applicazione del CCNL di riferimento;
- di essere in regola con la normativa in materia di sicurezza del lavoro;
- di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili;
- di essere in regola con il versamento degli obblighi contributivi e assicurativi;
- che l’impresa non sia sottoposta a procedure per fallimento o concordato preventivo;
- che tutti gli allegati siano conformi agli originali;
- di aver predisposto gli atti necessari alla conservazione in originale della documentazione amministrativo-contabile per le visite ispettive;
- di essere in regola con quanto previsto dalle normative regionali rispetto a tipologie contrattuali e obblighi formativi previsti dal contratto di apprendistato;
- di non trovarsi in una delle condizioni di “difficoltà” previste dagli Orientamenti Comunitari per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà;
- di non essere incorsi, negli ultimi dieci anni, in irregolarità definitivamente accertate dalle autorità competenti, nella gestione di interventi che abbiano beneficiato di finanziamenti pubblici;
- di essere un soggetto di imposta che svolge abitualmente o in via occasionale attività produttiva di reddito di impresa e dunque che il contributo erogato dovrà essere assoggettato ai fini IRPEF/IRES a ritenuta d’acconto ai sensi dell’art. 28 D.P.R. 600 del 29/9/1973;
- che il soggetto per la cui assunzione si presenta domanda di contributo non ha avuto con il richiedente rapporti di lavoro dipendente o assimilato negli ultimi 12 mesi, la cui cessazione sia stata determinata da cause diverse dalla scadenza naturale dei contratti.
L’assegnazione dei fondi avverrà con procedura “a sportello”, seguendo l’ordine cronologico di presentazione delle domande, verificata l’esistenza delle condizioni previste e l’assenza delle cause di inammissibilità. Faranno fede la data e l’ora indicate nella ricevuta elettronica rilasciata dal sistema informatico.
Gli elenchi delle imprese ammesse al contributo sono pubblicati sul sito xxx.xxxxxxxxxxxx.xx. Data: 03/09/2012
Fonte: Redazione
DOVE SI USA DI PIU’ L’APPRENDISTATO
Al Centro-Sud, 7 aziende su 10 utilizzano l’apprendistato. E la percentuale di quelle che dichiarano di fare ricorso, a partire dal 2003, a questa tipologia contrattuale è leggermente superiore rispetto alla media nazionale (67,7% contro 64,2%). E’ quanto emerge da un’indagine sull’apprendistato professionalizzante condotta dall’agenzia per il lavoro (con la fondazione Gi Group Academy) in collaborazione con Od&M Consulting, nei mesi di settembre- dicembre 2011, su un campione di oltre 100 aziende italiane di diverse dimensioni. Nell’area del Centro-Sud, è superiore, invece, di sette punti percentuali il numero di aziende locali che dichiarano di non impiegare l’apprendistato poiché non ne ha bisogno e non risulta interessata (30% contro 23,1%), seguita da un 20% che dichiara, inoltre, di non esserne a conoscenza (20% contro 12,8%). Ed è superiore la percentuale di aziende che, in questa area geografica, ha indicato i vantaggi economici che ne derivano (90,5% contro 88,6%) tra i motivi che spingono un’azienda a utilizzare l’apprendistato.
I dati locali emersi dalla survey sottolineano come l’apprendistato professionalizzante possieda grandi potenzialità sul territorio, ma che ci sia da lavorare ancora molto per promuoverlo sia presso chi non lo conosce sia presso chi dichiara di non esserne interessato. Da questo punto di vista il ruolo delle agenzie per il lavoro appare, quindi, centrale per aiutarle a coglierne le valenze. Le aziende, infatti, dopo l’accordo sindacale firmato da Assolavoro, Uiltemp e Felsa Cisl, hanno oggi la possibilità di scegliere di gestire l’apprendistato mediante la somministrazione svolta dalle agenzie per il lavoro che, assumendo il ruolo di intermediari tra aziende e lavoratori, si fanno carico della formazione e dello sviluppo professionale della persona valorizzando, al tempo stesso, l’esigenza di flessibilità delle imprese ed evitando loro incombenze che le limitano nell’utilizzo dello strumento.
A riguardo, Gi Group ha da poco attivato il servizio StartApp, specifico per supportare e promuovere l’utilizzo dell’apprendistato professionalizzante presso le aziende. Il servizio solleva inoltre l’azienda da adempimenti amministrativi e burocratici, dando modo di concentrarsi esclusivamente sulla crescita professionale dei propri talenti.
In linea con la media nazionale, il 42,9% delle aziende interpellate dell’area del Centro-Sud, ritiene, infatti, di grande utilità un supporto alla formazione degli apprendisti, insieme al 61,9% per le quali risulta necessario anche un supporto nell’interpretazione normativa.
Accanto ai motivi economici di utilizzo dello strumento è interessante che un terzo delle aziende lo utilizzi per formare lavoratori secondo le proprie esigenze. Questo numero importante di imprese del Centro-Sud, che sta iniziando a considerare l’apprendistato una reale opportunità per promuovere il proprio sviluppo, è da sostenere, pertanto, con adeguate semplificazioni.
Il 33,3% delle aziende interpellate dell’area del Centro-Sud elenca, infatti, tra i motivi che spingono un’azienda a utilizzare l’apprendistato, la necessità di formare i lavoratori secondo le proprie esigenze; a fronte di un 23,8%, invece, che dichiara di aver utilizzato tale contratto per tutti gli inserimenti di giovani ritenuti non strategici per l’azienda, ovvero con i quali non sono interessate a instaurare un rapporto di lungo periodo.
Data: 03/09/2012 Fonte: Redazione
L’APPRENDISTATO ALLARGA IL CAMPO
Via libera all’assunzione di apprendisti anche per le aziende che operano nei settori in cui il contratto collettivo (anche interconfederale) non ha regolato la materia. Nel dettaglio si tratta delle aziende che regolano i rapporti di lavoro con contratti individuali plurimi: in questo caso è sufficiente applicare le previsioni contenute in un contratto collettivo appartenente a un settore affine a quello di riferimento.
L’importante precisazione è contenuta nell’interpello 4/2013 del ministero del Lavoro che toglie gli ultimi ostacoli all’applicazione generalizzata del contratto di apprendistato. La questione è stata sottoposta dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro poiché sono diverse le aziende che a oggi ancora non sono in grado di assumere apprendisti. Infatti, una prima categoria è rappresentata dalle imprese che operano sulla base di un contratto collettivo aziendale, ovvero un contratto individuale plurimo. Questi sono casi molto diffusi nell’ambito di scuole o università private.
Un altro settore interessato è quello delle palestre e impianti sportivi che sembrerebbe ancora non aver disciplinato la possibilità di assumere apprendisti.
Il ministero del Lavoro spiega che la “centralità” dell’intervento delle parti sociali è ribadita:
- nell’articolo 2 del Dlgs 167/2011, che indica i principi cui le stesse parti sociali devono attenersi nel disciplinare la materia;
- nell’articolo 4 dello stesso decreto, più specificatamente dedicato al contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere.
In questa ottica, mentre da un lato è necessario l’intervento della contrattazione collettiva per l’avvio del rapporto, dall’altro lato non è obbligatorio istituire un’offerta formativa pubblica da parte delle Regioni prima di instaurare il rapporto.
Per questo motivo, è possibile che il datore di lavoro, solo per l’apprendistato, possa far riferimento a una regolamentazione contrattuale di settore affine per individuare sia i profili normativi che economici del l’istituto. L’obiettvo è non ostacolare una opportunità contrattuale per i giovani, in assenza di un contratto collettivo proprio del settore di appartenenza o nel caso in cui il datore di lavoro applichi un contratto collettivo che non abbia disciplinato l’apprendistato, oppure quando adotta un contratto individuale plurimo.
Secondo il Ministero, questo orientamento è in linea con la scelta del legislatore di favorire l’apprendistato come principale strumento per lo sviluppo professionale del lavoratore, individuando in questo contratto la «modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro» (così l’articolo 1, comma 1 lettera b della legge 92/2012). Con l’ulteriore interpello 5/2013, il ministero del Lavoro risolve anche il problema della applicabilità delle percentuali di stabilizzazione ai rapporti di apprendistato stagionali avviati a tempo determinato. La previsione è regolata dall’articolo 4, comma 5, del Dlgs 167/2011, che rimette alla contrattazione collettiva l’individuazione di specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, «anche a tempo determinato».
Il Ministero ha dunque voluto assegnare alle parti sociali un’ampia possibilità di regolamentazione della tipologia contrattuale proprio in ragione delle particolarità del settore, addirittura derogando al principio del l’articolo 1 del Dlgs 167/2011 secondo il quale il contratto di apprendistato «è un contratto di lavoro a tempo indeterminato».
La specificità del settore e del modello gestionale porta alla conclusione che la disciplina con le previsioni di ordine generale sulla “stabilizzazione” degli apprendisti, è incompatibile nel l’ambito delle attività stagionali. La tutela per questa tipologia di lavoratori è prevista dalle discipline contrattuali che assegnano eventuali diritti di precedenza ai fini di nuove assunzioni per lo svolgimento delle attività stagionali presso il medesimo datore di lavoro. Xxxx apprendisti non si applica la specifica tutela prevista dall’articolo 5, comma 4-quinquies del Dlgs 368/2001 per effetto della esclusione espressa stabilita dal successivo articolo 10, comma 1, lettera c.
Data: 23/02/2013 Fonte: Redazione