Common use of FATTO Clause in Contracts

FATTO. Con ricorso presentato il 19 ottobre 2013, il ricorrente ha esposto di avere stipulato con l’intermediario resistente, nel febbraio 2010, essendo all’epoca dipendente dell’intermediario stesso, un contratto di mutuo per euro 300.000,00, a condizioni di tasso agevolate, come definite in un accordo sindacale. In particolare, il contratto prevede un tasso di interesse inizialmente stabilito nella misura dell’1,00%, pari al tasso BCE vigente; per la fase successiva, è previsto che tale tasso segua le variazioni in aumento o diminuzione, dell’indice di riferimento, con un tetto massimo pari al 6%. A seguito del licenziamento per giustificato motivo, il ricorrente mutuatario ha subito la variazione unilaterale del tasso di interesse con un incremento dello spread da 0 a 6 punti percentuali. Per effetto di tale modifica, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato al finanziamento risultava pari all’8,5%, a fronte della soglia dell’8,6%; la rata invece è aumentata quasi del 100%, da euro 754,01 a euro 1.482,58, tanto che – come già preannunciato all’intermediario resistente – il ricorrente non riuscirà a onorare le prossime scadenze. Secondo quanto affermato dal ricorrente, la variazione è stata effettuata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale, il quale prevede che, in caso di licenziamento o dimissioni volontarie, il mutuo prosegua alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ipotecari ordinari. La disposizione, però, specifica che la relativa clausola dovrà essere formalizzata nel contratto mutuo: ciò non è avvenuto nel contratto da cui scaturisce l’odierna controversia, il quale in nessuna parte prevede in capo alla banca la possibilità di modificare le condizioni contrattuali ai danni del dipendente licenziato. Tanto sopra premesso, il ricorrente ha chiesto che l’Arbitro dichiari l’illegittimità della variazione del tasso praticata dalla banca, anche alla luce dell’art. 118 t.u.b., che non consente modifiche unilaterali del contratto, senza preavviso e senza giustificato motivo. L’intermediario si è difeso opponendo che la variazione delle condizioni contrattuali non è avvenuta ai sensi dell’art. 118 t.u.b., che nell’attuale formulazione non consente la modifica unilaterale del tasso di interesse; la variazione è stata invece operata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale pure richiamato dal ricorrente. L’accordo in oggetto è evocato all’art. 3 del contratto concluso per rogito notarile, ove il richiamo “è da intendersi riferito a tutte le disposizioni ivi contenute”. “La clausola inserita in contratto ha in realtà contenuto specifico, poiché – sostiene la resistente – richiamando quanto stabilito nell’accordo sulle condizioni agevolate ai rapporti bancari dei dipendenti BCC consente l’applicazione per relationem di quanto ivi espressamente regolamentato, vale a dire «la prosecuzione del rapporto avverrà alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ordinari»”. Con la comunicazione del 30 agosto 2013, l’intermediario resistente – in esecuzione dell’accordo – si è limitato a dare applicazione al tasso ordinario, quale pubblicizzato nel foglio informativo in quel momento vigente. Né in alcun modo conferente è il riferimento alle soglie anti-usura, in quanto il tasso applicato è in linea con le rilevazioni trimestrali. Dopo avere controdedotto come sopra riassunto, l’intermediario ha chiesto all’Arbitro di rigettare il ricorso. In sede di repliche alle controdeduzioni, il ricorrente si è limitato a ribadire che la disposizione contenuta nell’art. 4 dell’accordo sindacale non è stata riprodotta nel testo del contratto concluso per rogito notarile, e non può quindi trovare applicazione nel caso di specie. Ha poi fornito alcuni dettagli in merito alle circostanze del proprio licenziamento, tuttora oggetto di impugnazione.

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FATTO. Con ricorso presentato il 19 ottobre 2013Il ricorrente afferma di aver stipulato, il ricorrente ha esposto di avere stipulato con l’intermediario resistente, nel febbraio 2010, essendo all’epoca dipendente dell’intermediario stessoin data 08 luglio 2009, un contratto di mutuo fondiario per euro 300.000,00l’acquisto della prima casa. Tale contratto, assitito da garanzia ipotecaria e indicizzato al Franco svizzero, veniva erogato per l’importo di € 200.000,00 da rimborsarsi in venticinque anni. Afferma, poi, di aver formulato richiesta di conteggio per l’estinzione anticipata del rapporto e che la banca comunicava che il capitale residuo dovuto al 01 maggio 2015 ammontava ad € 164.212,61, oltre € 76.974,66 a condizioni titolo di tasso agevolaterivalutazione ed € 1.292,84 a titolo di indicizzazione valutaria (sottratti e 528,03 quale indicizzazione valutaria ed € 1.576,90 quale saldo del conto deposito) per un totale di € 240.375,18 “ossia il 20,19 % in più di quanto erogato dalla stessa banca sei anni prima e dopo il versamento di circa 70 rate pari ad una cifra di circa € 65.000”. Il cliente, come definite in un accordo sindacale. In particolareallora, riferisce di aver successivamente proposto reclamo all’intermediario, contestando il contratto prevede un tasso di interesse inizialmente stabilito nella misura dell’1,00%, pari al tasso BCE vigente; per suddetto conteggio estintivo ed evidenziando la fase successiva, è previsto che tale tasso segua le variazioni in aumento o diminuzione, dell’indice di riferimento, con un tetto massimo pari al 6%. A seguito del licenziamento per giustificato motivo, il ricorrente mutuatario ha subito la variazione unilaterale del tasso di interesse con un incremento dello spread da 0 a 6 punti percentuali. Per effetto di tale modifica, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato al finanziamento risultava pari all’8,5%, a fronte della soglia dell’8,6%; la rata invece è aumentata quasi del 100%, da euro 754,01 a euro 1.482,58, tanto che – come già preannunciato all’intermediario resistente – il ricorrente non riuscirà a onorare le prossime scadenze. Secondo quanto affermato dal ricorrente, la variazione è stata effettuata in applicazione natura abusiva dell’art. 4 dell’accordo sindacale, il quale prevede che, in caso di licenziamento o dimissioni volontarie, il mutuo prosegua alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ipotecari ordinari. La disposizione, però, specifica che la relativa clausola dovrà essere formalizzata nel contratto mutuo: ciò non è avvenuto nel contratto da cui scaturisce l’odierna controversia, il quale in nessuna parte prevede in capo alla banca la possibilità di modificare le condizioni contrattuali ai danni del dipendente licenziato. Tanto sopra premesso, il ricorrente ha chiesto che l’Arbitro dichiari l’illegittimità della variazione del tasso praticata dalla banca, anche alla luce dell’art. 118 t.u.b., che non consente modifiche unilaterali 7 del contratto, senza preavviso relativo, appunto, all’estinzione anticipata. Non avendo ottenuto riscontro soddisfacente dall’intermediario, propone ricorso all’Xxxxxxx, sottolineando che : - il rapporto di indicizzazione con il Xxxxxx Xxxxxxxx è, di fatto, “mediato” da un derivato, che, tuttavia, avrebbe dovuto comportare il rispetto delle norme comportamentali previste dal TUF e senza giustificato motivodalla normativa Consob, essendo stato il contratto, invece, stipulato in assenza di qualsivoglia informativa preventiva in materia; - l’inserimento nel mutuo fondiario di un fattore come quello su cui si verte, “ne modifica lo schema tipico del contratto commutativo, mediante l’aggiunta di un rischio che a quello schema è estraneo, rendendo, per tale effetto, assolutamente aleatorio e nei fatti impeditivo, tanto della rinegoziazione previa estinzione anticipata, quanto della portabilità con violazione dell’art. L’intermediario si è difeso opponendo che la variazione delle condizioni contrattuali 120 TUB”; - l’art. 7 del contratto non è avvenuta ha consentito di avere contezza della portata economica della relativa clausola con conseguente nullità ai sensi dell’art. 118 t.u.b.33, comma 2, lett. f) del Codice del consumo; - i conteggi della banca vengono applicati sul capitale residuo, mentre nel contratto si usa la parola restituito; - il fondo fruttifero viene sottratto al debito residuo solo dopo il calcolo della rivalutazione monetari e non prima come indicato, invece, nel contratto di mutuo; - gli elaborati semestrali ed il conteggio estintivo erano errati, avendo la banca fatto riferimento ad un tasso convenzionale pari a 1,527, pur essendo indicato nel contratto di mutuo un tasso pari a 1,5099; - sono innumerevoli le pronunce dell’ABF che hanno accolto le rimostranze dei consumatori per casi simili; - la banca ha tenuto una condotta complessivamente poco trasparente, tanto nella fase precontrattuale che nella fase esecutiva, fornendo al cliente un documento nel quale veniva esplicitata la formula matematica di calcolo per l’ipotesi di anticipata estinzione solo nel 2015, e solo a seguito di un intervento dell’Autorità di Xxxxxxxxx. Il ricorrente conclusivamente chiede che:“- in via primaria sia dichiarata la nullità del contratto di mutuo;- in via secondaria, previa espunzione dal regolamento negoziale dell’art. 7 del vigente contratto di mutuo, in quanto clausola abusiva e nulla, la [resistente] voglia provvedere al calcolo delle somme dovute per addivenire all’estinzione anticipata del vigente contratto di mutuo, si che, come disposto dall’Arbitro Bancario, il capitale residuo (da restituire) sia pari alla differenza tra la somma mutuata e l’ammontare complessivo delle quote capitale già restituite, senza praticare la duplice conversione”. L’intermediario si oppone alle pretese del cliente ed osserva : -relativamente alle caratteristiche del prodotto in questione, che nell’attuale formulazione non consente si tratta di un mutuo in Euro indicizzato al Franco Svizzero, ossia un mutuo la modifica unilaterale cui erogazione e le cui rate di rimborso sono regolate in Euro, ma la cui valuta di riferimento ai fini del calcolo delle suddette rate è il Franco Svizzero; - che il meccanismo di indicizzazione previsto nel contratto di mutuo (cioè le modalità con le quali le variazioni dei tassi incidono sull’ammontare delle rate del mutuo), avviene mediante “conguagli semestrali”, come esplicato all’art. 4 del contratto; in particolare, mentre la rata mensile (in Euro) è convenzionalmente pattuita in misura costante secondo il piano di ammortamento allegato (calcolato sulla base del tasso interesse convenzionale e del tasso di interessecambio convenzionale), sono fatti salvi gli aggiustamenti effettuati periodicamente sulla base dei menzionati conguagli: al termine di ogni semestre, infatti, la Banca determina la differenza tra i tassi (di interesse e di cambio) convenzionali e i tassi reali rilevati sul mercato l’ultimo giorno di ogni semestre. L’importo così rilevato genera un conguaglio (positivo o negativo) da accreditare ovvero da addebitare su un “conto di deposito fruttifero”, appositamente acceso presso la banca a nome della stessa parte mutuataria; - relativamente al procedimento previsto per il calcolo del capitale da rimborsare in caso di estinzione anticipata del mutuo, previsto dall’art. 7 del contratto, che lo stesso si articola in due fasi, e precisamente: in un primo momento, si converte in Xxxxxxx Xxxxxxxx il capitale residuo espresso in Euro nel piano di ammortamento allegato al mutuo, applicando il tasso di cambio convenzionale adottato al momento della stipula (ossia moltiplicando il capitale residuo, espresso in euro, per il menzionato tasso convenzionale contrattualmente pattuito); in un secondo momento, per calcolare la variazione è stata invece operata somma che il mutuatario deve in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale pure richiamato dal ricorrente. L’accordo concreto corrispondere alla Banca (somma corrisposta in oggetto è evocato all’art. 3 del contratto concluso per rogito notarileEuro), ove si deve riconvertire in Euro il richiamo “è da intendersi riferito a tutte le disposizioni ivi contenute”capitale residuo, come sopra calcolato, adottando il tasso di cambio attuale esistente al momento dell’estinzione (c.d. “La tasso di periodo”), a tal fine dividendo l’importo del capitale residuo in Franchi svizzeri per tale tasso di periodo; - quanto all’asserita opacità della clausola inserita determinativa delle modalità di estinzione, che la stessa deve ritenersi assolutamente chiara nell’esplicitazione dei due passaggi logici da seguire per il calcolo del capitale residuo dovuto dal mutuatario in contratto caso di estinzione anticipata del prestito: invero, l’esplicitare i passaggi logici in termini discorsivi rende senz’altro molto più chiaro ed intellegibile al consumatore medio (ma anche a quello più avveduto) il meccanismo di funzionamento rispetto alla sua eventuale trascrizione mediante formule matematiche; - sull’asserita mancanza di trasparenza precontrattuale, che il ricorrente, oltre all’adeguata informativa precontrattuale (foglio informativo) e a quella contrattuale, ha avuto piena consapevolezza delle principali caratteristiche del mutuo (con particolare riferimento ai meccanismi di indicizzazione e di rivalutazione in realtà contenuto specifico, poiché – sostiene la resistente – richiamando quanto stabilito nell’accordo sulle condizioni agevolate ai rapporti bancari dei dipendenti BCC consente l’applicazione per relationem caso di quanto ivi espressamente regolamentato, vale a dire «la prosecuzione del rapporto avverrà alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ordinari»”. Con la comunicazione del 30 agosto 2013, l’intermediario resistente – in esecuzione dell’accordo – si è limitato a dare applicazione al tasso ordinario, quale pubblicizzato nel foglio informativo in quel momento vigente. Né in alcun modo conferente è il riferimento alle soglie anti-usura, in quanto il tasso applicato è in linea estinzione anticipata) con le rilevazioni trimestralinote prodotte in atti; - in merito all’asserita vessatorietà della clausola determinativa delle modalità di estinzione anticipata, che al caso di specie non sono applicabili tout court gli artt. Dopo avere controdedotto come sopra riassunto, l’intermediario ha chiesto all’Arbitro di rigettare il ricorso. In sede di repliche alle controdeduzioni, il ricorrente si è limitato a ribadire che la disposizione contenuta nell’art. 4 dell’accordo sindacale non è stata riprodotta nel testo 33 e 36 del contratto concluso per rogito notarile, e non può quindi trovare applicazione nel codice del consumo al caso di specie, posto che le clausole contrattuali di indicizzazione non determinano alcuno squilibrio tra le parti in quanto l’andamento del Franco svizzero può concretizzarsi in uno svantaggio ma anche in un vantaggio per il cliente. Ha poi fornito alcuni dettagli in merito alle circostanze del proprio licenziamentoLa resistente, tuttora oggetto di impugnazionesulla base delle considerazioni esposte, chiede che il ricorso venga respinto perché infondato.

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FATTO. Con ricorso presentato il 19 ottobre 2013Il ricorrente stipulava, il ricorrente ha esposto di avere stipulato con l’intermediario resistente, nel febbraio 2010, essendo all’epoca dipendente dell’intermediario stessoin data 27.7.2012, un contratto di mutuo finanziamento estinguibile mediante cessione del quinto pari a € 41.280,00, da rimborsare in 120 rate da € 344,00. Il contratto veniva estinto anticipatamente, nel mese di novembre 2016, dopo il pagamento della rata n. 49. Il ricorrente chiede, in via principale, la retrocessione integrale delle commissioni di intermediazione e la retrocessione pro quota (in applicazione del criterio proporzionale lineare) degli altri oneri commissionali, e così per euro 300.000,00complessivi € 3.769,45; in via subordinata, la retrocessione pro quota (in applicazione del criterio proporzionale lineare) di tutti gli oneri commissionali anticipatamente sostenuti, e così per complessivi € 2.842,37. L’intermediario resiste al ricorso, affermando che all’atto dell’estinzione anticipata avrebbe retrocesso alla ricorrente l’importo di € 757,91 a condizioni titolo di tasso agevolateratei non maturati. Sostiene di aver offerto al ricorrente, in parziale accoglimento del reclamo, l’importo di € 1.368,06. Rileva che la giurisprudenza di merito avrebbe recentemente affermato la legittimità della fattispecie contrattuale oggetto del presente procedimento e, comunque, che la sentenza c.d. Lexitor non può comportare il superamento della distinzione tra oneri recurring e oneri up-front, per come definite elaborata dalla giurisprudenza e dall’Autorità di vigilanza. Afferma l’infondatezza della domanda volta a far accertare la nullità della clausola relativa alle commissioni di intermediazione, posto che la procura rilasciata al mediatore creditizio sarebbe riferibile alle attività connesse e strumentali all’attività di intermediazione: si tratterebbe dunque di procura «concessa solo per ragioni strumentali legate ai processi di perfezionamento dei contratti» (richiama al riguardo Coll. di Xxxxxxxxxxxxx, n. 26526/19, secondo la quale la clausola relativa alle provvigioni dell’intermediario del credito può essere dichiarata nulla solo qualora sia dimostrato l’intervento di un soggetto avente qualifica di mediatore creditizio e non anche in presenza – come nella specie – di un accordo sindacaleintermediario iscritto nell’elenco ex art. 106 TUB). In particolarealtre parole, avrebbe «conferito al mediatore la procura per la sottoscrizione dei contratti […] esclusivamente per facilitare il suddetto collocamento», senza che tale mandato potesse compromettere l’indipendenza del mediatore. Allega, al riguardo, fattura a comprova del pagamento effettuato in favore del mediatore. In merito alla domanda subordinata di retrocessione della quota non maturata delle commissioni di intermediazione, ne eccepisce l’infondatezza, in quanto tale voce di costo remunera “una attività propedeutica all’erogazione dei finanziamenti da parte di un soggetto terzo”. Xxxxxx, peraltro, che si tratterebbe di costi al più ristorabili con il diverso criterio di calcolo del proporzionale agli interessi. Eccepisce, comunque, il contratto prevede un tasso proprio difetto di interesse inizialmente stabilito nella misura dell’1,00%, pari al tasso BCE vigente; per la fase successiva, è previsto che tale tasso segua le variazioni in aumento o diminuzione, dell’indice di riferimento, con un tetto massimo pari al 6%. A seguito del licenziamento per giustificato motivo, il ricorrente mutuatario ha subito la variazione unilaterale del tasso di interesse con un incremento dello spread da 0 a 6 punti percentuali. Per effetto di tale modifica, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato al finanziamento risultava pari all’8,5%, a fronte della soglia dell’8,6%; la rata invece è aumentata quasi del 100%, da euro 754,01 a euro 1.482,58, tanto che – come già preannunciato all’intermediario resistente – il ricorrente non riuscirà a onorare le prossime scadenze. Secondo quanto affermato dal ricorrentelegittimazione passiva, la variazione è stata effettuata relativa domanda dovendo essere spiegata nei confronti del soggetto che ha materialmente percepito le somme. Afferma inoltre la natura up-front e la conseguente non ripetibilità in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale, del criterio proporzionale lineare delle commissioni di attivazione “percepite dalla Banca a copertura delle prestazioni e degli oneri relativi all’attivazione del prestito presso l’amministrazione dalla quale il quale prevede che, in caso di licenziamento o dimissioni volontarie, il mutuo prosegua alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ipotecari ordinari. La disposizione, però, specifica che la relativa clausola dovrà essere formalizzata nel contratto mutuo: ciò non è avvenuto nel contratto da cui scaturisce l’odierna controversia, il quale in nessuna parte prevede in capo alla banca la possibilità di modificare le condizioni contrattuali ai danni del dipendente licenziato. Tanto sopra premesso, il ricorrente ha chiesto che l’Arbitro dichiari l’illegittimità della variazione del tasso praticata dalla banca, anche alla luce dell’art. 118 t.u.b., che non consente modifiche unilaterali del contratto, senza preavviso e senza giustificato motivo. L’intermediario si è difeso opponendo che la variazione delle condizioni contrattuali non è avvenuta ai sensi dell’art. 118 t.u.b., che nell’attuale formulazione non consente la modifica unilaterale del tasso di interesse; la variazione è stata invece operata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale pure richiamato dal ricorrente. L’accordo in oggetto è evocato all’art. 3 del contratto concluso per rogito notarile, ove il richiamo “è da intendersi riferito a tutte le disposizioni ivi contenute”. “La clausola inserita in contratto ha in realtà contenuto specifico, poiché – sostiene la resistente – richiamando quanto stabilito nell’accordo sulle condizioni agevolate ai rapporti bancari dei dipendenti BCC consente l’applicazione per relationem di quanto ivi espressamente regolamentato, vale a dire «la prosecuzione del rapporto avverrà alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ordinari»cedente dipende”. Con riguardo alle commissioni di gestione, sostiene di averne rimborsato alla ricorrente la comunicazione del 30 agosto 2013quota non maturata all’atto dell’anticipata estinzione per € 757,910. Deduce che tale importo è stato quantificato in applicazione dei criteri previsti dai principi contabili internazionali IFRS-IAS e, l’intermediario resistente – dunque, di un criterio di calcolo ritenuto valido anche dalla giurisprudenza di merito. Xxxxxxx altresì l’offerta transattiva formulata in esecuzione dell’accordo – si è limitato a dare applicazione riscontro al tasso ordinarioreclamo. Infine, quale pubblicizzato nel foglio informativo in quel momento vigentesostiene l’infondatezza della richiesta di retrocessione delle spese di istruttoria, nonché della richiesta di rifusione delle spese di assistenza difensiva. Né in alcun modo conferente è il riferimento alle soglie anti-usura, in quanto il tasso applicato è in linea con le rilevazioni trimestrali. Dopo avere controdedotto come sopra riassunto, l’intermediario ha chiesto all’Arbitro Chiede quindi di rigettare respingere il ricorso. In sede di repliche alle controdeduzioni, il ricorrente si è limitato a ribadire che la disposizione contenuta nell’art. 4 dell’accordo sindacale non è stata riprodotta nel testo del contratto concluso per rogito notarile, e non può quindi trovare applicazione nel caso di specie. Ha poi fornito alcuni dettagli in merito alle circostanze del proprio licenziamento, tuttora oggetto di impugnazione.

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FATTO. Con ricorso presentato il 19 ottobre 2013, il La ricorrente ha esposto di avere stipulato stipulava con l’intermediario resistenteconvenuto, nel febbraio 2010, essendo all’epoca dipendente dell’intermediario stessomarzo 2012, un contratto di mutuo per euro 300.000,00finanziamento finalizzato all’acquisto di un’autovettura, del quale lamenta: 1) usurarietà ed anatocismo (pari al 25,98%), dimostrabile, a condizioni suo avviso, dalla combinazione del T.A.E.G. (pari al 10,98%) con gli interessi di tasso agevolatemora (pari al 15%), come definite in “oltre il piano d’ammortamento alla francese e senza aggiungere le spese incasso rata (pari a 2,90 al mese per 72 rate per un accordo sindacaletotale di 208,80 euro)”; 2) sproporzione ed eccessiva onerosità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) rispetto al servizio offerto; 3) sproporzione delle spese di istruttoria pari ad euro 250,00; 4) violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. In particolarevirtù di tali vizi, la ricorrente richiedeva, in sede di reclamo, il ricalcolo del finanziamento in quanto “a tasso usura”, oltre alla sospensione del pagamento delle rate per un anno. Riscontrato negativamente il reclamo, l’istante chiede al Xxxxxxxx ABF il ricalcolo del finanziamento per usura e per tutte le altre gravi irregolarità lamentate, oltre che alla sospensione per almeno un anno del pagamento delle rate ricalcolate e, in subordine, il rimborso per danni di impoverimento indebito economici, familiari e di salute pari ad euro 10.000,00. Costituitosi ritualmente, l’intermediario chiede il rigetto di tutte le doglianze avanzate dalla ricorrente poiché irricevibili, inammissibili e comunque nel merito totalmente infondate. Precisato anzitutto che il contratto di finanziamento stipulato dalla ricorrente prevede un tasso la restituzione del finanziamento mediante il versamento di interesse inizialmente stabilito nella misura dell’1,00%n° 47 (e non 72 come asserito dall’istante) rate mensili dell’importo di euro 216,00 ciascuna e di una rata finale pari ad euro 3.238,00, pari al tasso BCE vigente; la resistente eccepisce in via preliminare, l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso per genericità della domanda e per la fase successiva, è previsto che tale tasso segua le variazioni sua non corrispondenza con la richiesta specificata nel preventivo reclamo trasmesso in aumento o diminuzione, dell’indice di riferimento, con un tetto massimo pari al 6%data 5 ottobre 2015. A seguito del licenziamento per giustificato motivo, il ricorrente mutuatario ha subito la variazione unilaterale del tasso di interesse con un incremento dello spread da 0 a 6 punti percentuali. Per effetto di tale modifica, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato al finanziamento risultava pari all’8,5%, a fronte della soglia dell’8,6%; la rata invece è aumentata quasi del 100%, da euro 754,01 a euro 1.482,58, tanto che – come già preannunciato all’intermediario resistente – il ricorrente non riuscirà a onorare le prossime scadenze. Secondo quanto affermato dal ricorrente, la variazione è stata effettuata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale, il quale prevede che, in caso di licenziamento o dimissioni volontarie, il mutuo prosegua alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ipotecari ordinari. La disposizione, però, specifica che la relativa clausola dovrà essere formalizzata nel contratto mutuo: ciò non è avvenuto nel contratto da cui scaturisce l’odierna controversia, il quale in nessuna parte prevede in capo alla banca la possibilità di modificare le condizioni contrattuali ai danni del dipendente licenziato. Tanto sopra premesso, il ricorrente ha chiesto che l’Arbitro dichiari l’illegittimità della variazione del tasso praticata dalla banca, anche alla luce dell’art. 118 t.u.b., che non consente modifiche unilaterali del contratto, senza preavviso e senza giustificato motivo. L’intermediario si è difeso opponendo che la variazione delle condizioni contrattuali non è avvenuta ai sensi dell’art. 118 t.u.b., che nell’attuale formulazione non consente la modifica unilaterale del tasso di interesse; la variazione è stata invece operata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale pure richiamato dal ricorrente. L’accordo in oggetto è evocato all’art. 3 del contratto concluso per rogito notarile, ove il richiamo “è da intendersi riferito a tutte le disposizioni ivi contenute”. “La clausola inserita in contratto ha in realtà contenuto specifico, poiché – sostiene la resistente – richiamando quanto stabilito nell’accordo sulle condizioni agevolate ai rapporti bancari dei dipendenti BCC consente l’applicazione per relationem di quanto ivi espressamente regolamentato, vale a dire «la prosecuzione del rapporto avverrà alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ordinari»”. Con la comunicazione del 30 agosto 2013Nel merito, l’intermediario resistente sottolinea l’assoluta infondatezza delle doglianze inerenti all’usurarietà ed all’asserito anatocismo applicato al contratto di finanziamento in esecuzione dell’accordo – si è limitato a dare applicazione al tasso ordinarioesame, quale pubblicizzato nel foglio informativo rilevando in quel momento vigente. Né in alcun modo conferente è il riferimento alle soglie anti-usura, in quanto particolare che: 1) il tasso applicato è in linea con le rilevazioni trimestrali. Dopo avere controdedotto come sopra riassunto, l’intermediario ha chiesto all’Arbitro di rigettare il ricorso. In sede di repliche alle controdeduzioni, il ricorrente si è limitato a ribadire che la disposizione contenuta nell’art. 4 dell’accordo sindacale non è stata riprodotta nel testo del finanziamento al momento della stipula del contratto concluso per rogito notarilenon superava il tasso soglia di usura giacché, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, gli interessi di mora applicati al contratto di finanziamento non vanno computati nel calcolo del TEG; 2) l’asserito effetto anatocistico discende dall’erroneo convincimento dell’istante che il sistema di ammortamento alla francese comporti la capitalizzazione degli interessi, che trascurerebbe il necessario distinguo tra le due diverse nozioni di interesse semplice e non può quindi trovare applicazione nel caso di specie. Ha poi fornito alcuni dettagli in merito alle circostanze del proprio licenziamento, tuttora oggetto di impugnazioneinteresse composto.

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FATTO. Con ricorso presentato il 19 ottobre 2013, il La parte ricorrente ha esposto di avere stipulato con l’intermediario resistente, nel febbraio 2010, essendo all’epoca dipendente dell’intermediario stesso, un contratto di mutuo per euro 300.000,00, a condizioni di tasso agevolate, come definite in un accordo sindacale. In particolare, il contratto prevede un tasso di interesse inizialmente stabilito nella misura dell’1,00%, pari al tasso BCE vigente; per la fase successiva, è previsto rappresentato: - che tale tasso segua le variazioni in aumento o diminuzione, dell’indice di riferimento, con un tetto massimo pari al 6%. A seguito del licenziamento per giustificato motivo, il ricorrente mutuatario ha subito la variazione unilaterale del tasso sottrazione fraudolenta di interesse con € 4.000,00 tramite disposizione di un incremento dello spread da 0 a 6 punti percentuali. Per effetto di tale modifica, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato al finanziamento risultava pari all’8,5%, a fronte della soglia dell’8,6%; la rata invece è aumentata quasi del 100%, da euro 754,01 a euro 1.482,58, tanto che – come già preannunciato all’intermediario resistente – il ricorrente non riuscirà a onorare le prossime scadenze. Secondo quanto affermato dal ricorrente, la variazione è stata effettuata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale, il quale prevede che, in caso di licenziamento o dimissioni volontarie, il mutuo prosegua alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ipotecari ordinari. La disposizione, però, specifica che la relativa clausola dovrà essere formalizzata nel contratto mutuo: ciò non è avvenuto nel contratto da cui scaturisce l’odierna controversia, il quale in nessuna parte prevede in capo alla banca la possibilità di modificare le condizioni contrattuali ai danni del dipendente licenziato. Tanto sopra premesso, il ricorrente ha chiesto che l’Arbitro dichiari l’illegittimità della variazione del tasso praticata dalla banca, anche alla luce dell’art. 118 t.u.b., bonifico istantaneo on line che non consente modifiche unilaterali ha mai autorizzato; - che ha appreso dell’introduzione del contrattoservizio di bonifico istantaneo soltanto dal riscontro al reclamo del 12 giugno 2020, senza preavviso e senza giustificato motivo. L’intermediario si con cui l’intermediario convenuto ha riferito che tale servizio è difeso opponendo che la variazione stato introdotto tramite modifica unilaterale delle condizioni contrattuali ex art. 126-sexies del T.U.B., con proposta allegata all’estratto conto del 30.9.2017; - che, contrariamente a quanto previsto dalla normativa di settore e dalla giurisprudenza ABF, l’intermediario non è avvenuta ai sensi dell’art. 118 t.u.b., ha tuttavia fornito elementi circa il giustificato motivo sottostante alla modifica né ha allegato prova dell’effettiva ricezione della proposta di modifica; - che nell’attuale formulazione non consente l’introduzione del servizio di bonifico istantaneo ha radicalmente modificato la modifica unilaterale del tasso di interesse; la variazione è stata invece operata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale pure richiamato dal ricorrente. L’accordo in oggetto è evocato all’art. 3 del contratto concluso per rogito notarile, ove il richiamo “è da intendersi riferito a tutte le disposizioni ivi contenute”. “La clausola inserita in contratto ha in realtà contenuto specifico, poiché – sostiene la resistente – richiamando quanto stabilito nell’accordo sulle condizioni agevolate ai rapporti bancari dei dipendenti BCC consente l’applicazione per relationem di quanto ivi espressamente regolamentato, vale a dire «la prosecuzione natura del rapporto avverrà alle condizioni contrattuale, consentendo pagamenti - di tasso importo massimo fino a € 15.000,00 - connotati dall’irrevocabilità; - che tale caratteristica non gli ha consentito di recuperare la somma sottratta nonostante si sia tempestivamente attivato contattando il call center dell’intermediario; - che nella lettera di riscontro al reclamo l’intermediario afferma di aver inviato sul suo cellulare un SMS in vigore per i mutui ordinari»”. Con la comunicazione del 30 agosto 2013, l’intermediario resistente – in esecuzione dell’accordo – si è limitato a dare applicazione cui faceva riferimento al tasso ordinario, quale pubblicizzato nel foglio informativo in quel momento vigente. Né in alcun modo conferente è il riferimento alle soglie anti-usura, in quanto il tasso applicato è in linea con le rilevazioni trimestrali. Dopo avere controdedotto come sopra riassunto, l’intermediario ha chiesto all’Arbitro completamento di rigettare il ricorso. In sede di repliche alle controdeduzioni, il ricorrente si è limitato a ribadire un bonifico europeo (che la disposizione contenuta nell’art. 4 dell’accordo sindacale non è stata riprodotta nel testo del contratto concluso per rogito notarile, sarebbe stato revocabile) e non può quindi trovare applicazione nel caso di specie. Ha poi fornito alcuni dettagli un bonifico istantaneo; - che una serie di elementi quali il destinatario del pagamento, l’uso di un servizio mai utilizzato in merito alle circostanze del proprio licenziamento, tuttora oggetto di impugnazioneprecedenza e l’importo dell’operazione avrebbero dovuto indurre l’intermediario ad avvisare il cliente o a bloccare in via prudenziale l’operazione.

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FATTO. Con ricorso presentato il 19 ottobre 2013, il ricorrente ha esposto di avere stipulato con l’intermediario resistente, nel febbraio 2010, essendo all’epoca dipendente dell’intermediario stesso, In relazione ad un contratto di mutuo per euro 300.000,00finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio, sottoscritto in data 06.08.2015 ed estinto anticipatamente, in corrispondenza della 54^ rata di rimborso, previa emissione di conteggio estintivo rilasciato in data 27.03.2020, il ricorrente, insoddisfatto dell’interlocuzione intercorsa con l’intermediario nella fase prodromica al presente ricorso, si rivolgeva all’Arbitro al quale chiedeva, previo richiamo della sentenza C-383/18 della Corte di Giustizia UE, la condanna del resistente al pagamento della somma complessiva di € 1.930,90, a condizioni titolo di tasso agevolatecommissioni non maturate a seguito dell’estinzione anticipata del rapporto contrattuale, come definite in un accordo sindacaleoltre interessi legali, le spese di presentazione del ricorso e le spese di assistenza legale. In particolare, il contratto prevede un tasso ricorrente, applicando per tutte le voci di interesse inizialmente stabilito nella misura dell’1,00%costo il criterio pro rata temporis, pari chiedeva, al tasso BCE vigente; per la fase successiva, è previsto che tale tasso segua le variazioni netto dell’importo di € 3.175,76 già decurtato in aumento o diminuzione, dell’indice sede di riferimento, con un tetto massimo pari al 6%. A seguito del licenziamento per giustificato motivoconteggio estintivo, il ricorrente mutuatario ha subito la variazione unilaterale rimborso: i) della commissione per il perfezionamento del tasso contratto di interesse con un incremento cui alla lett. a) dello spread da 0 a 6 punti percentualistesso contratto per € 410,85; ii) della commissione di gestione (lett. Per effetto b) per € 410,85; iii) delle provvigioni per l’intermediario del credito di tale modificacui alla lett. c) per € 334,52; iv) delle imposte e tasse (lett. d) per € 32,51; v) degli interessi corrispettivi per € 1.396,86. Costituitosi, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato al finanziamento risultava pari all’8,5%, a fronte della soglia dell’8,6%; la rata invece è aumentata quasi l’intermediario si opponeva alle pretese del 100%, da euro 754,01 a euro 1.482,58, tanto che – come già preannunciato all’intermediario resistente – il ricorrente non riuscirà a onorare le prossime scadenze. Secondo quanto affermato dal ricorrente, la variazione è stata effettuata deducendo che: a) il contratto oggetto di ricorso, redatto in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacaleconformità alle previsioni di legge, il quale prevede che, in caso specificava analiticamente le voci di licenziamento o dimissioni volontarie, il mutuo prosegua alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ipotecari ordinari. La disposizione, però, specifica che la relativa clausola dovrà essere formalizzata nel contratto mutuo: ciò non è avvenuto nel contratto da cui scaturisce l’odierna controversia, il quale in nessuna parte prevede in capo alla banca la possibilità di modificare le condizioni contrattuali ai danni del dipendente licenziato. Tanto sopra premesso, il ricorrente ha chiesto che l’Arbitro dichiari l’illegittimità della variazione del tasso praticata dalla banca, anche alla luce dell’art. 118 t.u.b., che non consente modifiche unilaterali del contratto, senza preavviso e senza giustificato motivo. L’intermediario si è difeso opponendo che la variazione delle condizioni contrattuali non è avvenuta ai sensi dell’art. 118 t.u.b., che nell’attuale formulazione non consente la modifica unilaterale del tasso di interesse; la variazione è stata invece operata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale pure richiamato dal ricorrente. L’accordo in oggetto è evocato all’art. 3 del contratto concluso per rogito notarile, ove il richiamo “è da intendersi riferito a tutte le disposizioni ivi contenute”. “La clausola inserita in contratto ha in realtà contenuto specifico, poiché – sostiene la resistente – richiamando quanto stabilito nell’accordo sulle condizioni agevolate ai rapporti bancari dei dipendenti BCC consente l’applicazione per relationem di quanto ivi espressamente regolamentatocosto up front, vale a dire «la prosecuzione - oltre a imposte e tasse - le commissioni per il perfezionamento del contratto e le provvigioni all’intermediario, che – anche in caso di estinzione anticipata del rapporto avverrà - rimangono interamente a carico del cliente perché sostenute a fronte di attività esauritesi già al momento della conclusione dell’accordo, precisando sul punto che le provvigioni all’intermediario sono state fatturate dall’intermediario stesso non appena concluso il contratto ed erogato il finanziamento; b) la correttezza dei rimborsi già effettuati a favore del cliente per quanto attiene alle condizioni voci di tasso costo recurring; c) l’infondatezza della richiesta di rimborso degli interessi corrispettivi calcolati sulla base del criterio pro rata temporis, posto che gli interessi maturano nel tempo secondo il piano di ammortamento sottoscritto dal cliente e che, di conseguenza, sulla base del medesimo piano devono essere stornati; d) la non rimborsabilità delle spese di assistenza tecnica. Parte resistente sosteneva inoltre la inapplicabilità della sentenza Lexitor al caso in vigore per i mutui ordinari»”. Con esame sul rilievo che: i) le direttive europee non hanno efficacia fra privati, come confermato, con specifico riguardo alla sentenza Lexitor, dal Tribunale di Napoli con sentenza n. 10489/2019; ii) la comunicazione del 30 agosto 2013Direttiva 2008/48/CE, l’intermediario resistente – in esecuzione dell’accordo – si è limitato a dare applicazione al tasso ordinariopure nell’interpretazione fornita dalla sentenza Lexitor, quale pubblicizzato nel foglio informativo in quel momento vigente. Né in alcun modo conferente è il riferimento alle soglie anti-usura, in quanto il tasso applicato è in linea con le rilevazioni trimestrali. Dopo avere controdedotto come sopra riassunto, l’intermediario ha chiesto all’Arbitro di rigettare il ricorso. In sede di repliche alle controdeduzioni, il ricorrente si è limitato a ribadire che la disposizione contenuta nell’art. 4 dell’accordo sindacale non è stata riprodotta nel testo del contratto concluso per rogito notarile, e non può quindi trovare applicazione diretta nei soli rapporti verticali, non già in quelli fra privati; iii) l’obbligo di interpretazione conforme è preclusa nel caso in cui la norma interna, come nel caso di specie, sia confliggente con la norma sovranazionale e che pertanto deve ritenersi erronea l’interpretazione data dal Collegio di Coordinamento con la decisione n. 26529/2019; iv) l’esecuzione acritica della sentenza Lexitor condurrebbe alla violazione di principi fondamentali dell’ordinamento comunitario e di quello italiano, quali la certezza del diritto, la tutela del legittimo affidamento, la ragionevolezza, determinando distorsioni della concorrenza nel mercato unico europeo, considerato che l’applicazione retroattiva dell’interpretazione di cui alla sentenza Lexitor si rifletterebbe in maniera ineguale sui rapporti in essere nei paesi comunitari, a tutto svantaggio degli operatori italiani in ragione del più lungo termine di prescrizione dell’azione di ripetizione (10 anni) rispetto agli altri Paesi europei (5 anni per la Spagna e la Francia, 3 anni per la Germania, la Slovacchia e la Repubblica Ceca); v) la sentenza Lexitor, in considerazione del suo tenore testuale, è applicabile solo ai costi unilateralmente determinati dal finanziatore e che, diversamente, l’obbligo per lo stesso finanziatore di rimborsare al cliente costi fatturati da terzi, si porrebbe in palese contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento civilistico italiano; vi) l’applicazione della sentenza Lexitor produrrebbe conseguenze paradossali dagli effetti imponderabili. Ha poi fornito alcuni dettagli Nonostante ciò, l’intermediario metteva comunque in merito alle circostanze atto i principi derivanti dalla sentenza Lexitor, rimborsando volontariamente al cliente gli importi degli oneri non goduti, anche con riferimento a quelli ritenuti come costi di tipo up front, seguendo il medesimo criterio previsto per la restituzione degli interessi corrispettivi. Il resistente chiedeva pertanto il rigetto del proprio licenziamentoricorso, tuttora oggetto ritenendo le pretese del ricorrente infondate. Con successive repliche il ricorrente insisteva per l’accoglimento della domanda come formulata nel ricorso, riportandosi nuovamente alla sentenza Lexitor, nonché alla decisione n. 26525/2019 del Collegio di impugnazioneCoordinamento. Dall’analisi della documentazione contrattuale prodotta, risultano essere state corrisposte dal ricorrente, quali costi del credito, la commissione mandataria per il perfezionamento del finanziamento per € 747,00, la commissione gestione per € 747,00 e le provvigioni per l’intermediario per € 1.494,00. Risulta inoltre che la resistente, in sede di conteggio estintivo, abbia già decurtato l’importo di € 654,69 a titolo di commissioni mandataria per il perfezionamento/gestione, l’importo di € 487,02 a titolo di provvigioni per l’intermediario e quello di € 2.033,89 per interessi corrispettivi.

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FATTO. Con ricorso presentato il 19 ottobre 2013, il Il ricorrente ha esposto di avere affermato che, in data 10 aprile 2014, ha stipulato con l’intermediario resistente il contratto di finanziamento dietro cessione del quinto degli emolumenti n. ***513 per complessivi 35.400,00 euro, da rimborsare mediante cessione di quote della pensione in centiventi rate di 295,00 euro ciascuna. Il finanziamento veniva estinto anticipatamente al 30 giugno 2018, dopo il pagamento di quarantotto rate di rimborso. Parte ricorrente, previa proposizione di reclamo in data 17 dicembre 2019, ha chiesto all’ABF il rimborso di oneri e commissioni non maturate a seguito di estinzione anticipata ai sensi dell’art. 125-sexies TUB per la somma di 4.114,79 euro. L’intermediario resistente, nel febbraio 2010confermati i fatti, essendo all’epoca dipendente dell’intermediario stessoha affermato che, un contratto in ordine alle commissioni di mutuo per euro 300.000,00attivazione, a condizioni sussiste una sostanziale differenza tra le commissioni di tasso agevolateattivazione e le spese di istruttoria, come definite in un accordo sindacaleentrambe percepite up front dalla banca. In particolare, le commissioni di attivazione non sono soggette a rimborso in quanto percepite up front dalla Banca a copertura dei costi e dei rischi connessi all’attivazione del finanziamento. Nel corso di detta fase, pur essendo stato sottoscritto il contratto prevede un tasso di interesse inizialmente stabilito nella misura dell’1,00%finanziamento, pari non ha avuto ancora inizio l’ammortamento del finanziamento, e, infatti, solo conclusa tale fase, con l’erogazione del netto ricavo dell’operazione, inizia il successivo periodo di ammortamento, con la conseguente attività volta alla vera e propria fase di gestione amministrativa del prestito, remunerata con la voce “commissioni di gestione”, aventi natura recurring e come tali soggette a restituzione pro quota. In ordine al tasso BCE vigente; riconoscimento delle commissioni di gestione non maturate, ha affermato che, a seguito di specifica richiesta in tal senso da parte del cliente, il contratto è stato estinto, e la banca ha riconosciuto al ricorrente la somma di 50,41 euro, a titolo di commissioni di gestione non maturate, calcolata secondo i criteri previsti dai principi contabili internazionali IFRS-IAS. In ordine alle “commissioni di intermediazione”, ha evidenziato che sono state trattenute up front al momento dell’erogazione del finanziamento e successivamente versate al Mediatore creditizio per la fase successivaremunerazione di attività prodromiche alla stipula del contratto di prestito, è previsto dallo stesso svolte in forza dell’incarico di mediazione conferito dal cliente; che tale tasso segua le variazioni in aumento o diminuzioneil mediatore creditizio, dell’indice di riferimento, con un tetto massimo pari al 6%. A a seguito del licenziamento per giustificato motivoconferimento di specifico incarico da parte del cliente, il ricorrente mutuatario ha subito svolge la variazione unilaterale del tasso di interesse con un incremento dello spread da 0 a 6 punti percentualisua attività senza essere legato ad alcuna delle parti, come chiaramente stabilito dall’art. Per effetto di tale modifica, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato al finanziamento risultava pari all’8,5%, a fronte della soglia dell’8,6%128-sexies; che la rata invece è aumentata quasi del 100%, da euro 754,01 a euro 1.482,58, tanto che – come già preannunciato all’intermediario resistente – il ricorrente non riuscirà a onorare le prossime scadenze. Secondo quanto affermato dal ricorrente, la variazione rimborsabilità dei relativi oneri è stata effettuata confermata in applicazione dell’artpiù occasioni dalla giurisprudenza dell’ABF e dalla giurisprudenza di merito. 4 dell’accordo sindacaleIn ordine, il quale prevede cheinfine, alle “spese di istruttoria”, l’intermediario ha affermato che le suddette spese fanno riferimento ad una mera attività di pre-analisi, prodromica alla concessione del finanziamento, e pertanto costituiscono un onere up front. La parte resistente ha, così, richiesto, in caso xxx xxxxxxxxxx, xx xxxxxxxxx “l’avversa richiesta di licenziamento o dimissioni volontarierestituzione delle ulteriori somme a titolo di gestione e di attivazione, il mutuo prosegua alle condizioni tenuto conto di tasso quanto già rimborsato” pari a 50,41 euro; di rigettare “la richiesta di restituzione delle commissioni di intermediazione”; di rigettare “l’avversa domanda di restituzione delle spese di istruttoria”. “In via subordinata, nella denegata ipotesi in vigore per i mutui ipotecari ordinari. La disposizionecui fosse tenuto a rimborsare ulteriori somme, però, specifica che la relativa clausola dovrà essere formalizzata nel contratto mutuo: ciò non è avvenuto nel contratto da cui scaturisce l’odierna controversia, il quale circoscrivere l’importo a quello già offerto in nessuna parte prevede in capo alla banca la possibilità sede di modificare le condizioni contrattuali ai danni del dipendente licenziato. Tanto sopra premesso, il ricorrente ha chiesto che l’Arbitro dichiari l’illegittimità della variazione del tasso praticata dalla banca, anche alla luce dell’art. 118 t.u.b., che non consente modifiche unilaterali del contratto, senza preavviso e senza giustificato motivo. L’intermediario si è difeso opponendo che la variazione delle condizioni contrattuali non è avvenuta ai sensi dell’art. 118 t.u.b., che nell’attuale formulazione non consente la modifica unilaterale del tasso di interesse; la variazione è stata invece operata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale pure richiamato reclamo” pari a 527,03 euro rifiutati dal ricorrente. L’accordo In via di ulteriore subordinata, “nella denegata ipotesi in oggetto è evocato all’art. 3 del contratto concluso per rogito notarilecui la parte resistente fosse tenuta a rimborsare somme ulteriori e diverse da quelle già offerte, ove il richiamo “è da intendersi riferito decurtare dall’importo individuato quanto già rimborsato al cliente a tutte le disposizioni ivi contenute”. “La clausola inserita in contratto ha in realtà contenuto specifico, poiché – sostiene la resistente – richiamando quanto stabilito nell’accordo sulle condizioni agevolate ai rapporti bancari dei dipendenti BCC consente l’applicazione per relationem titolo di quanto ivi espressamente regolamentato, vale commissioni” pari a dire «la prosecuzione del rapporto avverrà alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ordinari»”. Con la comunicazione del 30 agosto 2013, l’intermediario resistente – in esecuzione dell’accordo – si è limitato a dare applicazione al tasso ordinario, quale pubblicizzato nel foglio informativo in quel momento vigente. Né in alcun modo conferente è il riferimento alle soglie anti-usura, in quanto il tasso applicato è in linea con le rilevazioni trimestrali. Dopo avere controdedotto come sopra riassunto, l’intermediario ha chiesto all’Arbitro di rigettare il ricorso. In sede di repliche alle controdeduzioni, il ricorrente si è limitato a ribadire che la disposizione contenuta nell’art. 4 dell’accordo sindacale non è stata riprodotta nel testo del contratto concluso per rogito notarile, e non può quindi trovare applicazione nel caso di specie. Ha poi fornito alcuni dettagli in merito alle circostanze del proprio licenziamento, tuttora oggetto di impugnazione50,41 euro.

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FATTO. Con ricorso presentato il 19 ottobre 2013Il ricorrente, il ricorrente ha esposto titolare di avere stipulato con l’intermediario un conto corrente presso la resistente, nel febbraio 2010lamenta l’omessa comunicazione ex art. 118 TUB di variazione unilaterale delle condizioni contrattuali, essendo all’epoca dipendente dell’intermediario stessocon la quale sono state introdotte la commissione di scoperto di conto e la commissione di istruttoria veloce, un contratto nonché, con particolare riferimento alla commissione di mutuo istruttoria veloce, la mancata indicazione degli addebiti che determinano l’applicazione di tale commissione. Chiede, quindi, la restituzione di euro 1.918,46 a titolo di commissioni illegittimamente percepite dall’intermediario, oltre le spese di spedizione raccomandate per euro 300.000,0025. L’intermediario chiede il rigetto del ricorso, a condizioni asserendo che dal 2009, previo invio della proposta di tasso agevolatemodifica unilaterale, come definite in un accordo sindacaleè stata introdotta la CSC senza esercizio del recesso della controparte, con precisazione che tale commissione veniva regolarmente riportata ed annotata negli estratti conto oltre che nei documenti di sintesi. In particolare, data 17/07/12 la ricorrente veniva preavvisata dell’introduzione della CIV senza alcuna contestazione della controparte. Peraltro il contratto prevede un tasso 02/09/13 le parti pattuivano consensualmente alcune modifiche delle condizioni economiche e in tale ambito la ricorrente dava atto dell’applicazione sin dal 01/10/12 della predetta commissione. Ciò posto in punto di interesse inizialmente stabilito nella misura dell’1,00%, pari al tasso BCE vigente; per la fase successiva, è previsto che tale tasso segua le variazioni in aumento o diminuzione, dell’indice di riferimento, con un tetto massimo pari al 6%. A seguito del licenziamento per giustificato motivo, il ricorrente mutuatario ha subito la variazione unilaterale del tasso di interesse con un incremento dello spread da 0 a 6 punti percentuali. Per effetto di tale modifica, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato al finanziamento risultava pari all’8,5%, a fronte della soglia dell’8,6%; la rata invece è aumentata quasi del 100%, da euro 754,01 a euro 1.482,58, tanto che – come già preannunciato all’intermediario resistente – il ricorrente non riuscirà a onorare le prossime scadenze. Secondo quanto affermato dal ricorrentefatto, la variazione è stata effettuata in applicazione dell’art. banca eccepisce la tardività delle contestazioni mosse da controparte, avvenute, rispettivamente, dopo 6 e 4 dell’accordo sindacaleanni dall’introduzione delle stesse commissioni, il quale prevede cheed invoca un precedente del Collegio di coordinamento, in caso di licenziamento o dimissioni volontarie, il mutuo prosegua alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ipotecari ordinari. La disposizione, però, specifica che la relativa clausola dovrà essere formalizzata nel contratto mutuo: ciò non è avvenuto nel contratto da cui scaturisce l’odierna controversia, il quale in nessuna parte prevede in capo alla banca la possibilità di modificare le condizioni contrattuali ai danni del dipendente licenziato. Tanto sopra premesso, il ricorrente ha chiesto che l’Arbitro dichiari l’illegittimità della variazione del tasso praticata dalla banca, anche alla luce dell’art. 118 t.u.b.decisine n. 8226/2015, che non consente modifiche unilaterali del contratto, senza preavviso e senza giustificato motivo. L’intermediario si è difeso opponendo pronunciato nel senso di ritenere che la variazione delle condizioni contrattuali non è avvenuta ai sensi dell’art. 118 t.u.b., che nell’attuale formulazione non l’assenza di contestazioni consente di considerare accetta la modifica unilaterale del tasso precedente assetto negoziale. Inoltre con specifico riferimento alla CIV sostiene di interesse; la variazione è stata invece operata aver adeguato le proprie procedure ed i propri processi operativi alle modifiche normative intervenute in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale pure richiamato dal ricorrente. L’accordo in oggetto è evocato all’art. 3 del contratto concluso per rogito notarile, ove il richiamo “è da intendersi riferito a tutte le disposizioni ivi contenute”. “La clausola inserita in contratto ha in realtà contenuto specifico, poiché – sostiene la resistente – richiamando quanto stabilito nell’accordo sulle condizioni agevolate ai rapporti bancari dei dipendenti BCC consente l’applicazione per relationem di quanto ivi espressamente regolamentato, vale a dire «la prosecuzione del rapporto avverrà alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ordinari»”. Con la comunicazione del 30 agosto 2013, l’intermediario resistente – in esecuzione dell’accordo – si è limitato a dare applicazione al tasso ordinario, quale pubblicizzato nel foglio informativo in quel momento vigente. Né in alcun modo conferente è il riferimento alle soglie anti-usura, in quanto il tasso applicato è in linea con le rilevazioni trimestrali. Dopo avere controdedotto come sopra riassunto, l’intermediario ha chiesto all’Arbitro di rigettare il ricorso. In sede di repliche alle controdeduzioni, il ricorrente si è limitato a ribadire che la disposizione contenuta nell’art. 4 dell’accordo sindacale non è stata riprodotta nel testo del contratto concluso per rogito notarile, e non può quindi trovare applicazione nel caso di specie. Ha poi fornito alcuni dettagli in merito alle circostanze del proprio licenziamento, tuttora oggetto di impugnazionemateria.

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FATTO. Con ricorso presentato il 19 ottobre 2013in data 1° dicembre 2020, il ricorrente ha esposto esponeva di avere aver stipulato con l’intermediario resistente, nel febbraio 2010, essendo all’epoca dipendente dell’intermediario stesso, l’odierno resistente un contratto di mutuo prestito contro cessione del quinto della pensione per un montante di 69.120,00 euro 300.000,00da restituire in centootto rate mensili da 640,00 euro ciascuna. Nel giugno 2016, a condizioni di tasso agevolate, come definite in un accordo sindacale. In particolarealla scadenza della quarantaquattresima rata, il contratto prevede un tasso ricorrente provvedeva ad estinguere anticipatamente il finanziamento, ma ritenendo incongrue la somme ricevute in sede di interesse inizialmente stabilito nella misura dell’1,00%conteggio estintivo, pari presentava reclamo all’intermediario domandando la restituzione integrale della commissione dovuta all’intermediario del credito e la restituzione della quota non maturata delle altre voci di costo connesse al tasso BCE vigente; per la fase successiva, è previsto che tale tasso segua le variazioni in aumento o diminuzione, dell’indice di riferimento, con un tetto massimo pari al 6%finanziamento. A seguito di negativo riscontro da parte dell’intermediario, presentava quindi ricorso a questo Xxxxxxx chiedendo in via principale la restituzione integrale della commissione dovuta all’intermediario del licenziamento credito e la restituzione della quota residua delle altre commissioni a vario titolo corrisposte, al netto di quanto già retrocesso, calcolate secondo il criterio pro rata temporis, per giustificato motivo, il ricorrente mutuatario ha subito complessivi 9.870,02 euro; in via subordinata domandava la variazione unilaterale del tasso di interesse con un incremento dello spread da 0 a 6 punti percentuali. Per effetto di tale modifica, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato restituzione della quota non maturata delle commissioni relative al finanziamento risultava pari all’8,5%calcolate secondo il criterio pro rata temporis, a fronte della soglia dell’8,6%; per complessivi 7.054,02 euro, oltre agli interessi legali dalla data di estinzione al saldo e alle spese di presentazione del ricorso. Costituendosi nel procedimento, l’intermediario deduceva la rata invece è aumentata quasi correttezza dei conteggi estintivi, sosteneva di avere già rimborsato tutto quanto dovuto in base alle previsioni contrattuali e concludeva chiedendo in via principale il rigetto delle domande del 100%, da euro 754,01 a euro 1.482,58, tanto che – come già preannunciato all’intermediario resistente – il ricorrente non riuscirà a onorare le prossime scadenze. Secondo quanto affermato dal ricorrente, la variazione è stata effettuata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale, il quale prevede chee, in caso subordine, di licenziamento o dimissioni volontarie, il mutuo prosegua alle condizioni di tasso circoscrivere l’importo dovuto a quello già offerto al ricorrente in vigore per i mutui ipotecari ordinari. La disposizione, però, specifica che la relativa clausola dovrà essere formalizzata nel contratto mutuo: ciò non è avvenuto nel contratto da cui scaturisce l’odierna controversia, il quale in nessuna parte prevede in capo alla banca la possibilità di modificare le condizioni contrattuali ai danni del dipendente licenziato. Tanto sopra premesso, il ricorrente ha chiesto che l’Arbitro dichiari l’illegittimità della variazione del tasso praticata dalla banca, anche alla luce dell’art. 118 t.u.b., che non consente modifiche unilaterali del contratto, senza preavviso e senza giustificato motivo. L’intermediario si è difeso opponendo che la variazione delle condizioni contrattuali non è avvenuta ai sensi dell’art. 118 t.u.b., che nell’attuale formulazione non consente la modifica unilaterale del tasso di interesse; la variazione è stata invece operata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale pure richiamato dal ricorrente. L’accordo in oggetto è evocato all’art. 3 del contratto concluso per rogito notarile, ove il richiamo “è da intendersi riferito a tutte le disposizioni ivi contenute”. “La clausola inserita in contratto ha in realtà contenuto specifico, poiché – sostiene la resistente – richiamando quanto stabilito nell’accordo sulle condizioni agevolate ai rapporti bancari dei dipendenti BCC consente l’applicazione per relationem di quanto ivi espressamente regolamentato, vale a dire «la prosecuzione del rapporto avverrà alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ordinari»”. Con la comunicazione del 30 agosto 2013, l’intermediario resistente – in esecuzione dell’accordo – si è limitato a dare applicazione al tasso ordinario, quale pubblicizzato nel foglio informativo in quel momento vigente. Né in alcun modo conferente è il riferimento alle soglie anti-usura, in quanto il tasso applicato è in linea con le rilevazioni trimestrali. Dopo avere controdedotto come sopra riassunto, l’intermediario ha chiesto all’Arbitro di rigettare il ricorso. In sede di repliche alle controdeduzioni, il ricorrente si è limitato riscontro al reclamo (pari a ribadire che la disposizione contenuta nell’art. 4 dell’accordo sindacale non è stata riprodotta nel testo del contratto concluso per rogito notarile, 2.669,50 euro) e non può quindi trovare applicazione nel caso di specie. Ha poi fornito alcuni dettagli in merito alle circostanze del proprio licenziamento, tuttora oggetto di impugnazioneda questi rifiutato.

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FATTO. Con ricorso presentato il 19 ottobre 2013del 22 luglio 2016, il ricorrente l’istante – di professione medico – ha esposto sollevato numerose questioni relative ad un contratto di avere leasing di durata quinquennale, stipulato con l’intermediario resistenteresistente nel 2011, nel febbraio 2010, essendo all’epoca dipendente dell’intermediario stesso, un contratto di mutuo ed avente per euro 300.000,00, a condizioni di tasso agevolate, come definite in un accordo sindacaleoggetto un’apparecchiatura diagnostica utilizzata nell’ambito della sua attività professionale. In particolare, il contratto prevede un tasso di interesse inizialmente stabilito nella misura dell’1,00%, pari al tasso BCE vigente; per la fase successiva, è previsto che tale tasso segua le variazioni in aumento o diminuzione, dell’indice di riferimento, con un tetto massimo pari al 6%. A seguito del licenziamento per giustificato motivo, il ricorrente mutuatario ha subito la variazione unilaterale del tasso di interesse con un incremento dello spread da 0 a 6 punti percentuali. Per effetto di tale modifica, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato al finanziamento risultava pari all’8,5%, a fronte della soglia dell’8,6%; la rata invece è aumentata quasi del 100%, da euro 754,01 a euro 1.482,58, tanto che – come già preannunciato all’intermediario resistente – il ricorrente non riuscirà a onorare le prossime scadenze. Secondo quanto affermato dal ricorrente, la variazione è stata effettuata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale, il quale prevede riferisce l’istante che, in caso data 2 agosto 2011, stipulava con l’intermediario resistente un contratto di licenziamento o dimissioni volontarieleasing quinquennale, per un importo finanziato di € 38.600,00. Tale contratto – prosegue la parte ricorrente – in data 26 maggio 2016 veniva sottoposto a perizia da parte di un’associazione di tutela dei consumatori, che lo qualificava come leasing finanziario (anziché “operativo”) ed evidenziava la violazione della normativa di trasparenza, in ragione di alcune carenze contenutistiche e formali, nonché della normativa anti-usura, e segnatamente: - la mancata allegazione del documento di sintesi e del piano di ammortamento finanziario; - la mancata indicazione dell’ISC, calcolato secondo il mutuo prosegua alle condizioni metodo TAEG; - la previsione di una commissione di estinzione anticipata di ammontare non precisato; - la mancata indicazione del tasso degli interessi convenzionali; - l’avvenuta applicazione di tassi usurari. Ciò premesso in vigore per i mutui ipotecari ordinari. La disposizionefatto, però, specifica che la relativa clausola dovrà essere formalizzata nel contratto mutuo: ciò non è avvenuto nel contratto da cui scaturisce l’odierna controversia, il quale in nessuna parte prevede in capo alla banca la possibilità di modificare le condizioni contrattuali ai danni del dipendente licenziato. Tanto sopra premesso, il ricorrente ha chiesto che l’Arbitro dichiari l’illegittimità della variazione del tasso praticata dalla banca, anche alla luce dell’art. 118 t.u.b., che non consente modifiche unilaterali dedotto in diritto l’integrale nullità del contratto, senza preavviso e senza giustificato motivoai sensi degli artt. L’intermediario si è difeso opponendo che 000 xxx x 000, xx. 0, XXX (xx relazione all’art. 1418 c.c.), in ragione delle sopradette mancate indicazioni/allegazioni, nonché la variazione delle condizioni contrattuali non è avvenuta nullità parziale dello stesso, con riguardo alle clausole regolanti l’obbligo di pagamento degli interessi, adducendo: i) la violazione della disciplina anti-usura ex l.108/96 ed ex art. 1815 c.c.; ii) la violazione del divieto di abuso di dipendenza economica, ai sensi dell’art. 118 t.u.b.9, che nell’attuale formulazione non consente co. 3, l. 192/98; iii) nonché, più in generale, la modifica unilaterale del tasso violazione degli artt. 1325, 1346, 1418 e 1419 c.c. Sulla scorta di interesse; tali argomenti, dunque, l’istante ha concluso per la variazione è stata invece operata condanna della resistente al rimborso delle competenze illegittimamente addebitate a titolo di interessi e quantificate in applicazione complessivi € 9.581,60, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sino al soddisfo, nonché per la condanna dell’intermediario ai sensi dell’art. 4 dell’accordo sindacale pure richiamato dal ricorrente2043 c.c. L’accordo al risarcimento del danno da liquidarsi in via equitativa e, in ogni caso, in misura non inferiore all’importo della somma oggetto è evocato all’artdi retrocessione. 3 del contratto concluso per rogito notarileNelle proprie controdeduzioni, ove il richiamo “è da intendersi riferito a tutte le disposizioni ivi contenute”. “La clausola inserita in contratto ha in realtà contenuto specifico, poiché – sostiene via preliminare la resistente ha dedotto l’inammissibilità del ricorso, sia per la mancata corrispondenza fra questo ed il reclamo (giacché quest’ultimo “non conteneva alcuna quantificazione delle somme richieste, né alcuna specifica descrizione delle supposte censure inerenti il contratto di leasing”), sia per la carenza di petitum e di causa petendi (giacché l’istante non avrebbe esposto “né le ragioni in fatto e in diritto a supporto del ricorso, né formula precise domande”). Ciò posto, nel merito l’intermediario ha rilevato come il contratto per cui è controversia non sarebbe stato un contratto di leasing finanziario, bensì “operativo”, posto che, alla scadenza del periodo di utilizzo, non era previsto in capo all’utilizzatore il diritto di esercitare l’opzione per il riscatto (ciò che varrebbe ad escludere la riconducibilità del concreto contratto allo schema negoziale del leasing finanziario). In conseguenza di ciò, prosegue la resistente, né vi sarebbe stata la necessità di prevedere alcun tasso d’interesse corrispettivo e di determinare l’entità della commissione per l’estinzione anticipata, né richiamando quanto stabilito nell’accordo sulle condizioni agevolate ai rapporti bancari dei dipendenti BCC consente l’applicazione ancora – avrebbe dovuto trovare applicazione la normativa sulla trasparenza, per relationem di quanto ivi espressamente regolamentato, vale a dire «la prosecuzione cui non era richiesta l’indicazione dell’ISC/TAEG e del rapporto avverrà alle condizioni di tasso in vigore TAN (peraltro prescritta solo per i mutui ordinari»”. Con “contratti dei consumatori” e non prevista per i contratti di leasing), né – infine – potrebbe trovare applicazione la comunicazione del 30 agosto 2013, l’intermediario resistente – in esecuzione dell’accordo – si è limitato a dare applicazione al tasso ordinario, quale pubblicizzato nel foglio informativo in quel momento vigente. Né in alcun modo conferente è il riferimento alle soglie normativa anti-usura. Rilevato, inoltre, che l’istante non avrebbe dato atto di come il tasso corrispettivo indicato nel ricorso sia stato calcolato, e che – con riferimento agli interessi di mora – non sarebbe stata fornita la prova dell’effettiva applicazione, e che gli stessi – oltre a non rilevare ai fini del superamento del tasso soglia – erano stati concordati in misura pari a quanto previsto dall’art. 5 , d.lgs. 231/02 (e dunque, ipso facto, in quanto il tasso applicato è in linea con le rilevazioni trimestrali. Dopo avere controdedotto come sopra riassuntomisura legale), l’intermediario ha chiesto all’Arbitro di rigettare concluso per il ricorsorigetto della domanda. In sede di repliche Alle controdeduzioni dell’istante ha replicato il ricorrente, resistendo alle controdeduzionieccezioni preliminari sollevate dall’intermediario e argomentando circa l’effettiva riconducibilità del contratto (a prescindere dal nomem iuris utilizzato) allo schema del leasing finanziario (posto nel rapporto trilatero tra utilizzatore-fornitore-finanziatore, il ricorrente si è limitato a ribadire che riscatto del bene era comunque previsto, ancorché da parte del fornitore). Ha inoltre richiesto l’istante per il rimborso delle spese sostenute per la disposizione contenuta nell’artperizia, pari ad € 750,00. 4 dell’accordo sindacale non è stata riprodotta nel testo A tali repliche, infine, ha ulteriormente controdedotto la resistente, deducendo, tra l’altro, l’irrilevanza, ai fini della qualificazione del contratto concluso per rogito notariledi leasing, della facoltà di riscatto offerta al fornitore, terzo rispetto al contratto stipulato fra il ricorrente e non può quindi trovare applicazione nel caso di specie. Ha poi fornito alcuni dettagli in merito alle circostanze del proprio licenziamento, tuttora oggetto di impugnazionel’intermediario.

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FATTO. Nel mese di novembre 2006 il ricorrente sottoscriveva con uno dei due convenuti un contratto di finanziamento per un importo lordo di euro 24.096,00, rimborsabile – mediante cessione pro solvendo di quote della retribuzione mensile – in novantasei rate da euro 251,00 ciascuna. Al momento della stipula del contratto venivano trattenute dall’importo finanziato, tra le altre, le seguenti somme: euro 615,63 per commissioni finanziarie (pari al 2,554900% del capitale lordo); euro 2.832,34 per commissioni di intermediazione, comprensive delle provvigioni per l’agente/mediatore (pari all’11,754400 % del capitale lordo) ed euro 974,11 per oneri assicurativi. Il finanziamento veniva anticipatamente estinto nel mese di febbraio 2009, in corrispondenza della ventisettesima rata di ammortamento. Con ricorso presentato distinte lettere di reclamo, inoltrate per il 19 ottobre 2013tramite di un legale di fiducia ad entrambi gli intermediario odierni convenuti, il ricorrente ha esposto lamentava il mancato rimborso di avere stipulato quota parte di queste voci di costo connesse al finanziamento, per complessivi euro 3.600,00 (di cui euro 2.440,00 per commissioni ed euro 689,00 per premio), comprensive di interessi legali, onorari e spese. Invocava, al riguardo, il principio di equa riduzione del costo del finanziamento di cui all’art. 125-sexies t.u.b., come interpretato dalla giurisprudenza di questo Arbitro, nonché dalle indicazioni rivenienti dai comunicati della Banca d’Italia del 2009 e del 2011; richiamava altresì, quanto al premio assicurativo, l’accordo Abi-Ania del 2008 e il regolamento Isvap n. 35/2010. In riscontro al reclamo, rispondeva solo uno dei due intermediari (con l’intermediario resistenteil quale era stato sottoscritto il finanziamento), nel febbraio 2010il quale deduceva di aver già provveduto all’abbuono di quota parte degli interessi corrispettivi non maturati, essendo all’epoca dipendente dell’intermediario stessosecondo quanto previsto dal contratto; quanto al premio, invitava il cliente a rivolgere la propria richiesta direttamente all’indirizzo della compagnia di assicurazioni con la quale era stata stipulata la relativa polizza. L’altro intermediario non riscontrava il reclamo. Nel mese di giugno 2007, lo stesso ricorrente stipulava con uno dei due intermediari convenuti, nella sua qualità di mandatario dell’altro, un contratto di mutuo finanziamento per un importo lordo di euro 300.000,0027.840,00 da rimborsare – mediante delegazione di pagamento al datore di lavoro – in centoventi rate mensili da euro 232,00 ciascuna. Al momento della stipula del contratto venivano trattenute dall’importo finanziato, a condizioni tra le altre, le seguenti somme: euro 3.481,88 per commissioni di tasso agevolate, come definite in un accordo sindacale. In particolare, il contratto prevede un tasso di interesse inizialmente stabilito nella misura dell’1,00%, intermediazione (pari al tasso BCE vigente; 12,506746% del capitale lordo), comprensive delle provvigioni per la fase successival’agente/mediatore, è previsto che tale tasso segua le variazioni ed euro 1.936,96 per oneri assicurativi. Il finanziamento veniva anticipatamente estinto nel mese di dicembre 2010, in aumento o diminuzionecorrispondenza della quarantunesima rata di ammortamento. Con distinte lettere di reclamo, dell’indice inoltrate per il tramite di riferimento, con un tetto massimo pari al 6%. A seguito del licenziamento per giustificato motivolegale di fiducia ad entrambi gli intermediario odierni convenuti (evidentemente nella loro rispettiva qualità di mandante e mandatario), il ricorrente mutuatario ha subito lamentava il mancato rimborso di quota parte di queste voci di costo connesse al finanziamento, per complessivi euro 4.500,00 (di cui euro 2.291,00 per commissioni ed euro 1.275,00 per premio), comprensive di interessi legali, xxxxxxx e spese, sostenendo le medesime motivazioni del reclamo relativo al precedente finanziamento. In riscontro al reclamo, l’intermediario mandatario deduceva di aver già provveduto all’abbuono di quota parte delle commissioni, come da conteggio estintivo, per un importo di euro 126,40 (oltre agli interessi corrispettivi non maturati); quanto al premio, invocava le disposizione della legge n. 221/2012, ritenendo così che l’unico soggetto tenuto all’obbligo di rimborso fosse la variazione unilaterale compagnia di assicurazioni, nei cui confronti invitava il ricorrente a rivolgere la domanda. L’intermediario mandante, invece, non riscontrava il reclamo. Insoddisfatto delle risposte ottenute, il ricorrente – sempre per il tramite del tasso legale di interesse fiducia – adiva questo Xxxxxxx. Quanto al primo contratto chiedeva il rimborso di quota parte non maturata degli oneri relativi: in particolare, euro 2.444,00 con riferimento alle commissioni ed euro 689,00 con riferimento al premio assicurativo; il tutto oltre interessi legali. Quanto al secondo contratto chiedeva il rimborso di quota parte non maturata degli oneri relativi: in particolare, euro 2.291,00 con riferimento alle commissioni ed euro 1.275,00 con riferimento al premio assicurativo; il tutto oltre interessi legali. Chiedeva, inoltre, la rifusione delle spese di assistenza difensiva quantificate in euro 500,00. Si costituivano ritualmente entrambi gli intermediari convenuti. Con riferimento al primo contratto, uno dei due intermediari formulava in via preliminare l’eccezione di improcedibilità del ricorso per violazione del termine di cui al par. 4, sez. 1 delle “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie” che statuisce l’impossibilità di sottoporre all’ABF “controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 01.01.2009”. Nel merito sosteneva di aver provveduto alla restituzione degli interessi corrispettivi non maturati, conformemente alle disposizioni contrattuali. In ordine alla domanda di restituzione del premio, rilevava che l’unico soggetto tenuto a detto obbligo fosse la compagnia con la quale era stata stipulata la relativa polizza assicurativa, ai sensi delle disposizioni di cui alla legge n. 221/2012. A sostegno della propria tesi, invocava un incremento dello spread da 0 precedente di questo Collegio. Da ultimo, sottolineava la trasparenza di tutta la documentazione contrattuale, ivi compresa la disposizione che prevedeva – in caso di estinzione anticipata – la restituzione dei soli interessi corrispettivi non maturati, conforme al testo dell’art. 125 t.u.b. allora vigente. Respingeva anche la richiesta delle spese legali. Chiedeva pertanto il rigetto del ricorso. L’altro intermediario, dal canto suo, eccepiva preliminarmente la propria carenza di legittimazione passiva, per non essere intervenuto ad alcun titolo nella vicenda negoziale; sempre in via preliminare, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva in relazione alla richiesta di rimborso del premio, in ragione delle disposizioni di cui alla legge n. 221/2102, la quale aveva imposto l’obbligo restitutorio esclusivamente in capo alle imprese di assicurazione; a 6 punti percentualisostegno della propria eccezione richiamava una pronuncia di questo Collegio. Per effetto Con riferimento al secondo contratto, uno dei due intermediario, l’intermediario mandatario riproponeva le medesime eccezioni preliminari formulate con riferimento al primo contatto; nel merito sosteneva di tale modificaaver provveduto all’abbuono degli interessi corrispettivi non maturati, nonché dell’ulteriore importo di euro 126,40, come risultava dal conteggio di estinzione, corrisposto a titolo di policy di rimborso. Reiterava, peraltro, le medesime deduzioni sia con riferimento all’obbligo restitutorio del premio in capo alla compagnia di assicurazioni ex lege n. 221/2012, sia con riferimento alla trasparenza delle condizioni economiche e contrattuali, coerenti con l’art. 125 t.u.b. all’epoca vigente. Opponendosi anche alla domanda di rifusione delle spese legali, chiedeva il rigetto del ricorso. Dal canto suo l’altro intermediario, che nella vicenda negoziale aveva assunto il ruolo di mandante, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato al finanziamento risultava pari all’8,5%ricostruire i differenti ruoli assunti nell’operazione, a fronte della soglia dell’8,6%; la rata invece è aumentata quasi del 100%, da euro 754,01 a euro 1.482,58, tanto deduceva che – come già preannunciato all’intermediario resistente – il ricorrente non riuscirà a onorare le prossime scadenze. Secondo quanto affermato dal ricorrente, la variazione è stata effettuata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale, il quale prevede commissioni di intermediazione fossero stati incamerati direttamente dalla società mandataria e che, in caso ogni caso, al ricorrente fosse già stato riconosciuto un abbuono delle stesse in occasione del conteggio di licenziamento o dimissioni volontarieanticipata estinzione. Quanto alle commissioni bancarie, il mutuo prosegua alle condizioni invece, sottolineava che l’accordo distributivo intercorso tra questa e la mandataria non prevedeva l’applicazione di tasso in vigore per i mutui ipotecari ordinari. La disposizione, però, specifica che la relativa clausola dovrà essere formalizzata nel contratto mutuo: ciò non è avvenuto nel contratto da cui scaturisce l’odierna controversia, il quale in nessuna parte prevede in capo alla banca la possibilità di modificare le condizioni contrattuali ai danni alcun onere economico a carico del dipendente licenziato. Tanto sopra premesso, il ricorrente ha chiesto che l’Arbitro dichiari l’illegittimità della variazione del tasso praticata dalla banca, anche alla luce dell’art. 118 t.u.b., che non consente modifiche unilaterali del contratto, senza preavviso e senza giustificato motivo. L’intermediario si è difeso opponendo che la variazione delle condizioni contrattuali non è avvenuta ai sensi dell’art. 118 t.u.b., che nell’attuale formulazione non consente la modifica unilaterale del tasso di interesse; la variazione è stata invece operata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale pure richiamato dal ricorrente. L’accordo in oggetto è evocato all’art. 3 del contratto concluso per rogito notarile, ove il richiamo “è da intendersi riferito a tutte le disposizioni ivi contenute”. “La clausola inserita in contratto ha in realtà contenuto specifico, poiché – sostiene la resistente – richiamando quanto stabilito nell’accordo sulle condizioni agevolate ai rapporti bancari dei dipendenti BCC consente l’applicazione per relationem di quanto ivi espressamente regolamentato, vale a dire «la prosecuzione del rapporto avverrà alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ordinari»”. Con la comunicazione del 30 agosto 2013, l’intermediario resistente – in esecuzione dell’accordo – si è limitato a dare applicazione al tasso ordinario, quale pubblicizzato nel foglio informativo in quel momento vigente. Né in alcun modo conferente è il riferimento alle soglie anti-usuracliente, in quanto il tasso “la redditività della banca si basava esclusivamente sul TAN applicato è in linea con le rilevazioni trimestralial prestito”. Dopo avere controdedotto come sopra riassuntoQuanto al premio, l’intermediario ha chiesto all’Arbitro di rigettare il ricorso. In sede di repliche alle controdeduzioni, il ricorrente si è limitato a ribadire anch’esso riteneva che la disposizione contenuta nell’artcompagnia fosse l’unico oggetto tenuto all’obbligo restitutorio della quota non maturata, ai sensi del a legge n. 221/2012. 4 dell’accordo sindacale Respingeva, altresì, la richiesta di rifusione delle spese legali in quanto l’assistenza difensiva non è stata riprodotta nel testo del contratto concluso per rogito notarile, e non può quindi trovare applicazione nel caso necessaria in un procedimento di specie. Ha poi fornito alcuni dettagli in merito alle circostanze del proprio licenziamento, tuttora oggetto di impugnazionenatura stragiudiziale.

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