Common use of IL XXXX.xx Clause in Contracts

IL XXXX.xx. Occorre infatti ricordare che, per condivisibile giurisprudenza, il termine per l'adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 1457 c.c., solo quando, all'esito di indagine, da condurre alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo. Tale volontà non può desumersi solo dall'uso dell'espressione "entro e non oltre" quando non risulti dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l'utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata (cfr. Cass. Civ. Sez. II, n. 5797/2005; nello stesso senso Cass. Civ. n. 3645/07). Deve, quindi, essere esclusa la natura essenziale del termine indicato nel dedotto preliminare, atteso che la natura, l’oggetto ed il comportamento tenuto dalle parti non consentono di ritenere che le stesse subordinassero l’utilità economica dell’affare al termine così come pattuito. Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 Ciò posto appare evidente che il contratto non individuava quale delle due parti fosse obbligata a convocare l’altra dinanzi al notaio per la stipula del definitivo. E’ altrettanto vero che nessuna delle parti ha dimostrato di aver assolto tale obbligo. In mancanza di riscontri documentali non appare verosimile, infatti, quanto dichiarato da Xxxxxxx Xxxxxxxxxx posto che la Immobiliare srl mutò denominazione solo nel 2006 (v. visura in atti) e quindi ben due anni dopo la stipula del preliminare e non sembra credibile che tale società non fosse rintracciabile già nel periodo di probabile stipula del definitivo e quindi tra la fine del 2004 e gli inizi del 2005. Altrettanto non significativa è apparsa la deposizione di De Xxxx Xxxxx, posto che lo stesso non può non essere coinvolto, in termini di minore attendibilità, dalla circostanza che il teste era il legale rappresentante della Immobiliare srl e pertanto non è estraneo agli interessi di causa. Va aggiunto che la circostanza riferita dal medesimo relativa all’accordo che sarebbe intervenuto dapprima tra e e poi tra quest’ultimo e la Immobiliare srl, è del tutto nuova rispetto a quelle allegate dall’attrice con l’atto introduttivo e con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. ed è dunque inutilizzabile. Ciò posto va evidenziato che, per lo scioglimento del contratto preliminare, era necessaria la forma scritta, poiché tale pattuizione aveva a oggetto un bene immobile (v. in motivazione Cass. Civ., Sez. II, 18/02/2013, n. 3970). IL XXXX.xx Invero nei contratti formali (tra cui il preliminare di compravendita di beni immobili, ai sensi del combinato disposto degli art. 1350 e 1351 c.c.) le cause modificative o estintive del rapporto debbono risultare da fattori prestabiliti dalle parti nello stesso contratto e debbono essere, comunque, espresse nella forma richiesta per il contratto al quale si riferiscono, con la conseguenza che tanto l'accordo solutorio quanto la dichiarazione di recesso debbono rivestire la stessa forma scritta richiesta per la stipulazione del contratto preliminare (v. Corte Appello Napoli, 09/04/2002, in Juris Data). Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 Ne deriva che, in mancanza di accordo per mutuo dissenso o di dichiarazione di recesso in forma scritta, deve ritenersi che il contratto preliminare del 6/8/2004 fosse ancora vigente tra le parti, con la conseguenza che l’alienazione a terzi, da parte di dell’unità immobiliare che era stata promessa in vendita, costituisce un grave inadempimento. Deve, pertanto, dichiararsi l’inadempimento della convenuta e condannarsi nella qualità di erede di alla restituzione dell’importo di € 15.000,00 che, come si desume dal contratto preliminare (art. 4), la Immobiliare srl, poi diventata Costruzioni srl (il dato non è contestato) aveva versato alla promittente venditrice. Su detto importo decorrono gli interessi in misura legale a far data dal versamento (Cass., n. 4604/2008). Passando all’esame della domanda risarcitoria, occorre richiamare l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità secondo il quale la voce di danno rappresentata dal lucro cessante subito dal promissario acquirente in caso di mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita per fatto imputabile al promittente venditore, consistendo nel mancato incremento dovuto al fatto che il bene non è entrato nel patrimonio del compratore, non abbisogna di specifica prova e si concreta nella differenza tra il valore commerciale del bene medesimo al momento della proposizione della domanda di risoluzione del contratto (ovvero al tempo in cui l'inadempimento è divenuto definitivo) ed il prezzo pattuito (Cass., Sez. Un., 25.7.1994, n. 6938; Cass., 7.2.1998, n. 1298; Cass., 17.11.2003, n. 17340; Xxxx,. 29.11.2004, n. 22384; Cass. 30.20.2007, n. 1956; Cass, 10.10.2008, n. 25016). IL XXXX.xx Xxxxxx, il c.t.p. dell’attrice ha quantificato in € 383.500,00 il valore dell’immobile nel 2008, ovvero al momento della compravendita intervenuta tra e (v. c.t.p. allegata al fascicolo di parte). Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 Si osserva che tale stima appare eccessiva, posto che il suddetto bene è stato alienato, con il citato contratto del 10/06/2008, al prezzo di € 80.000,00 (v. contratto allegato al fascicolo di parte convenuta) e che, verosimilmente, il consulente di parte non lo ha visionato (attesa la mancanza di allegati fotografici alla c.t.p.). Ciò posto, tenendo conto delle caratteristiche dell’immobile, censito al NCEU del Comune di Roma, al foglio 1089, part. 278 sub. 1 z.c. 6, categoria C/2, cl.11, consistenza mq. 130, rendita xxxxxxxxx x. 000,00 (x. visura allegata al fascicolo di parte attrice), composto da un locale ad uso magazzino, diviso in due vani, completamente da ristrutturare, con annessa area di terreno (v. contratto del 10/06/2008 allegato al fascicolo di parte convenuta) e della zona in cui è ubicato, può ritenersi equo il valore, nel 2008, di € 1.200,00 al mq e dunque di € 156.000,00 (1200 x 130 mq=156.000). (pari alla differenza tra € 156.000,00 ed euro 25.822,84). Consegue a quanto sopra che, in accoglimento della domanda attorea, nella qualità di erede di deve essere condannato al pagamento, in favore della Costruzioni srl, della somma di € 76.000,00. Va aggiunto che, trattandosi di un credito di natura risarcitoria e dunque di valore, sulla somma sopra indicata, è dovuta la rivalutazione secondo gli indici Istat dalla data in cui il danno si è verificato (contratto del 10/06/2008) fino a quella della presente sentenza, e gli interessi legali, che vanno calcolati inizialmente sull'importo capitale su riportato e, per gli anni successivi, sulle ulteriori frazioni via via risultanti dalla rivalutazione annuale.

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IL XXXX.xx. Occorre infatti ricordare Questo principio merita, tuttavia, ulteriori specificazioni; si è, infatti, sostenuto, in modo condivisibile, in giurisprudenza che, per condivisibile giurisprudenza, il termine per l'adempimento : “la tutela atipica può essere ritenuto essenziale ai sensi invocata anche per i diritti a contenuto patrimoniale, a finzione non meramente patrimoniale, in quanto volti a garantire al titolare il soddisfacimento dei bisogni primari di rilevanza costituzionale, ovvero per diritti a contenuto e per gli effetti dell'art. 1457 c.c., solo quando, all'esito di indagine, da condurre alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti funzione esclusivamente patrimoniale e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo. Tale volontà non può desumersi solo dall'uso dell'espressione "entro e non oltre" quando non risulti dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l'utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata (cfr. Cass. Civ. Sez. II, n. 5797/2005; nello stesso senso Cass. Civ. n. 3645/07). Deve, quindi, essere esclusa la per diritti di credito e per rapporti meramente obbligatori; in tale ultima ipotesi, al fine di non snaturare i caratteri propri del rimedio cautelare d’urgenza, il requisito del periculum in mora va apprezzato con particolare rigore, avendo riguardo alla qualità ed alla posizione del titolare del diritto minacciato ed alla natura essenziale del termine indicato nel dedotto preliminare, atteso e portata dei beni e degli interessi strumentalmente connessi con quello azionato con ricorso d’urgenza” (Tribunale di Novara 24.08.2014); dai documenti allegati al ricorso e in prima udienza si ricava che la natura, l’oggetto RESISTENTE è soggetto del tutto insolvente ed il comportamento tenuto dalle parti non consentono suo patrimonio è insufficiente a garantire i crediti della ricorrente; lo stato di ritenere che le stesse subordinassero l’utilità economica dell’affare al termine così come pattuito. Firmato Daincapienza è comprovato dall’esito dei molteplici pignoramenti mobiliari e immobiliari effettuati dal concedente e dei quali si dà di seguito conto; con pignoramento mobiliare eseguito l’8.6.2017 presso l’abitazione della RESISTENTE, l’Ufficiale Giudiziario pignorava beni mobili per l’importo di € 1.560,00; per quanto concerne il patrimonio immobiliare, la RESISTENTE è titolare della sola quota di ½ del diritto di proprietà su un immobile sito in YYYY, via ZZZZZ, gravato da due ipoteche, l’una volontaria iscritta il 4.10.2007 per l’importo di € 600.000,00, l’altra giudiziale derivante da decreto ingiuntivo iscritta il 15.10.2010 per l’importo di € 157.000; inoltre, la ricorrente ha promosso un pignoramento presso terzi nei confronti di Banca XYZ e XWK spa, i quali hanno reso dichiarazioni negative; sono stati eseguiti IL XXXX.xx pignoramenti mobiliari presso il locale adibito a ristorante: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 Ciò posto appare evidente che il contratto non individuava quale delle due parti fosse obbligata a convocare l’altra dinanzi al notaio in data 1.7.2017 è stato pignorato denaro contante per complessivi € 3.575,00, in data 7 luglio 2017 per complessivi € 380,00 (in tale circostanza la stipula del definitivo. E’ altrettanto vero che nessuna delle parti RESISTENTE ha dimostrato dichiarato all’Ufficiale Giudiziario di aver assolto tale obbligo. In mancanza di riscontri documentali non appare verosimile, infatti, quanto dichiarato da Xxxxxxx Xxxxxxxxxx posto che la Immobiliare srl mutò denominazione solo nel 2006 (v. visura in atti) e quindi ben due anni dopo la stipula del preliminare e non sembra credibile che tale società non fosse rintracciabile già nel periodo di probabile stipula del definitivo e quindi tra la fine del 2004 e gli inizi del 2005. Altrettanto non significativa è apparsa la deposizione di De Xxxx Xxxxx, posto che lo stesso non può non essere coinvolto, in termini di minore attendibilità, dalla circostanza che il teste era il legale rappresentante della Immobiliare srl e pertanto non è estraneo agli interessi di causa. Va aggiunto che la circostanza riferita dal medesimo relativa all’accordo che sarebbe intervenuto dapprima tra e e poi tra quest’ultimo e la Immobiliare srl, è del tutto nuova rispetto a quelle allegate dall’attrice con l’atto introduttivo e con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. ed è dunque inutilizzabile. Ciò posto va evidenziato che, poco prima pagato per lo scioglimento del contratto preliminare, era necessaria la forma scritta, poiché tale pattuizione aveva a oggetto un bene immobile (v. in motivazione Cass. Civ., Sez. II, 18/02/2013, n. 3970cassa dei fornitori). IL XXXX.xx Invero nei contratti formali (tra cui il preliminare di compravendita di beni immobili, ai sensi del combinato disposto degli art. 1350 e 1351 c.c.) le cause modificative o estintive del rapporto debbono risultare da fattori prestabiliti dalle parti nello stesso contratto e debbono essere, comunque, espresse nella forma richiesta per il contratto al quale si riferiscono, con la conseguenza che tanto l'accordo solutorio quanto la dichiarazione di recesso debbono rivestire la stessa forma scritta richiesta per la stipulazione del contratto preliminare (v. Corte Appello Napoli, 09/04/2002, in Juris Data). Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 Ne deriva che, in mancanza di accordo per mutuo dissenso o di dichiarazione di recesso in forma scritta, deve ritenersi che il contratto preliminare del 6/8/2004 fosse ancora vigente tra le parti, con la conseguenza che l’alienazione a terzi, da parte di dell’unità immobiliare che era stata promessa in vendita, costituisce un grave inadempimento. Deve, pertanto, dichiararsi l’inadempimento della convenuta e condannarsi nella qualità di erede di alla restituzione dell’importo di € 15.000,00 che, come si desume dal contratto preliminare (art. 4), la Immobiliare srl, poi diventata Costruzioni srl (il dato non è contestato) aveva versato alla promittente venditrice. Su detto importo decorrono gli interessi in misura legale a far data dal versamento (Cass., n. 4604/2008). Passando all’esame della domanda risarcitoria, occorre richiamare l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità secondo il quale la voce di danno rappresentata dal lucro cessante subito dal promissario acquirente in caso di mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita per fatto imputabile al promittente venditore, consistendo nel mancato incremento dovuto al fatto che il bene non è entrato nel patrimonio del compratore, non abbisogna di specifica prova e si concreta nella differenza tra il valore commerciale del bene medesimo al momento della proposizione della domanda di risoluzione del contratto (ovvero al tempo in cui l'inadempimento è divenuto definitivo) ed il prezzo pattuito (Cass., Sez. Un., 25.7.1994, n. 6938; Cass., 7.2.1998, n. 1298; Cass., 17.11.2003, n. 17340; Xxxx,. 29.11.2004, n. 22384; Cass. 30.20.2007, n. 1956; Cass, 10.10.2008, n. 25016). IL XXXX.xx Xxxxxx, il c.t.p. dell’attrice ha quantificato in € 383.500,00 il valore dell’immobile nel 2008, ovvero al momento della compravendita intervenuta tra e (v. c.t.p. allegata al fascicolo di parte). Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 Si osserva che tale stima appare eccessiva, posto che il suddetto bene è stato alienato, con il citato contratto del 10/06/2008, al prezzo di € 80.000,00 (v. contratto allegato al fascicolo di parte convenuta) e che, verosimilmente, il consulente di parte non lo ha visionato (attesa la mancanza di allegati fotografici alla c.t.p.). Ciò posto, tenendo conto delle caratteristiche dell’immobile, censito al NCEU del Comune di Roma, al foglio 1089, part. 278 sub. 1 z.c. 6, categoria C/2, cl.11, consistenza mq. 130, rendita xxxxxxxxx x. 000,00 (x. visura allegata al fascicolo di parte attrice), composto da un locale ad uso magazzino, diviso in due vani, completamente da ristrutturare, con annessa area di terreno (v. contratto del 10/06/2008 allegato al fascicolo di parte convenuta) e della zona in cui è ubicato, può ritenersi equo il valore, nel 2008, di € 1.200,00 al mq e dunque 760,00 in data 15 luglio 2017 (in tale circostanza la ricorrente ha dichiarato all’Ufficiale Giudiziario di aver poco prima corrisposto 156.000,00 (1200 x 130 mq=156.0002.322,00 a XXXXX). (pari alla differenza tra € 156.000,00 ed euro 25.822,84). Consegue a quanto sopra che; peraltro, il rinvenimento, in occasione del primo pignoramento, di un incasso molto più consistente rispetto agli altri due successivi avvalora la tesi del ricorrente in ordine alla pervicace volontà dell’affittuaria di occultare le proprie sostanze onde non adempiere al proprio debito; la stessa ricorrente ha esposto un cartello nel locale nel quale pubblicizza il malfunzionamento del servizio bancomat e invita gli avventori ad effettuare pagamenti in contanti; a voler accedere ad una valutazione alternativa, gli esigui incassi rinvenuti depongono per una scarsa redditività del locale e per una gestione non efficiente dell’azienda; conclusivamente, è pacifico che l’affittuaria non ha più corrisposto alcunché da marzo 2017 e conseguentemente la morosità si incrementa di mese in mese, tenuto conto anche delle penali, ed attualmente è superiore ad € 60.000,00, a fronte di una detenzione da parte dell’affittuaria senza titolo, a seguito della risoluzione a gennaio del contratti di affitto di azienda; ritento che sussista l’irreparabilità del pregiudizio, a fronte del conclamato e notevole scarto tra il beneficio che il ricorrente può conseguire dalla tutela immediata assicurata dal presente procedimento e quello derivante dal ricorso ai rimedi ordinari, in ragione della particolare situazione economica della resistente, di totale incapienza, dell’ammontare del debito e della sua ingravescenza; considerato opportuno provvedere sulle spese, attesa la mera eventualità del merito, a seguito della novella processuale; non vi è luogo a provvedere alla richiesta cancellazione delle espressioni offensive e sconveniente, in quanto funzionali all’esercizio del diritto di difesa In accoglimento della domanda attorearichiesta, nella qualità prospettata ex art.700 cpc. -ordina a RESISTENTE la restituzione immediata alla titolare RICORRENTE del ramo di erede azienda oggetto del contratto di deve essere condannato al pagamentoaffitto di azienda di data 23.04.2014, destinato all’esercizio commerciale corrente in YYYY, XXXXXX n. ZZ, libero da persone e cose non facenti parte del compendio aziendale; -condanna la resistente a rifondere alla ricorrente le spese del procedimento, che liquida, in favore della Costruzioni srldifetto di nota spese, della somma di equitativamente in 76.000,005.000,00 per compenso, € 258,00 per anticipazioni, oltre spese generali al 15%, iva se dovuta e cpa. Va aggiunto che, trattandosi di un credito di natura risarcitoria e dunque di valore, sulla somma sopra indicata, è dovuta la rivalutazione secondo gli indici Istat dalla data in cui il danno si è verificato (contratto del 10/06/2008) fino a quella della presente sentenza, e gli interessi legali, che vanno calcolati inizialmente sull'importo capitale su riportato e, per gli anni successivi, sulle ulteriori frazioni via via risultanti dalla rivalutazione annualeSi comunichi.

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IL XXXX.xx. Occorre infatti ricordare L’attrice, a tal fine, ha esposto che: 1) la Immobiliare srl aveva stipulato, in data 6/8/2004, un contratto preliminare di compravendita con in forza del quale quest’ultima si era impegnata a vendere alla prima un appezzamento di terreno agricolo sito nel Comune di Roma – Agro Romano, località La Lingua, con accesso già dalla Via Pelopida e ora Via Lacide, distinto con il numero 68, al prezzo unitario a corpo di € 85.000,00; aveva dichiarato che era stata presentata domanda di condono ex L. 724/94 presso il comune di Roma e si era impegnata a produrre la licenza in sanatoria all’atto del rogito; De Xxxx Xxxxxxx Xxxxx, nella qualità di legale rappresentante della Immobiliare srl e quindi di promissaria acquirente, aveva versato a titolo di caparra penitenziale la somma di € 15.000,00 tramite assegno circolare; 2) alla data stabilita per il contratto definitivo (31/12/2004), la promittente venditrice non aveva proceduto alla rituale convocazione per la rogitazione e, pertanto, per il tramite del notaio Grasso, era stata convocata presso lo studio del medesimo per la data del 31/07/2005; 3) con atto notarile del 14/6/2006, la Immobiliare srl era diventata Costruzioni srl, subentrando in tutte le posizioni di fatto e di diritto di cui la prima era titolare; 4) aveva successivamente appreso che, in data 10/06/2008, la convenuta aveva alienato l’immobile per condivisibile giurisprudenzacui è causa a 5) l’aver trasferito l’immobile promesso in vendita a un terzo dimostrava non solo il colpevole e grave inadempimento della convenuta ma, altresì, consentiva di riconoscere il termine diritto dell’istante al risarcimento del danno sia a titolo di danno emergente che di lucro cessante; 6) sussistevano altresì i presupposti per l'adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi l’esperimento dell’azione revocatoria. Si sono costituiti e per gli effetti dell'art. 1457 c.c.chiedendo il rigetto delle domande attoree sul presupposto della loro totale infondatezza; hanno dedotto che alcun inadempimento fosse configurabile in capo alla prima posto che, solo quandodalla stipula del preliminare, all'esito non aveva avuto più alcun contatto con la Immobiliare srl, che aveva mutato la sua denominazione in Costruzioni srl, e non era stata in grado di indagine, da condurre alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti reperire la stessa; aveva pertanto considerato risolto il contratto e, soprattuttoin data, della natura 10/6/2008, aveva deciso di contrarre con IL XXXX.xx Nel corso procedimento è deceduta con conseguente interruzione del giudizio. Il processo è stato riassunto dalla Costruzioni srl nei confronti di nella qualità di erede di e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo. Tale volontà non può desumersi solo dall'uso dell'espressione "entro si è costituito riportandosi alle medesime deduzioni formulate dalla dante causa e non oltre" quando non risulti dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l'utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata (cfr. Cass. Civ. Sez. II, n. 5797/2005; nello stesso senso Cass. Civ. n. 3645/07). Deve, quindi, essere esclusa la natura essenziale del termine indicato nel dedotto preliminare, atteso che la natura, l’oggetto ed il comportamento tenuto dalle parti non consentono di ritenere che ha ribadito le stesse subordinassero l’utilità economica dell’affare al termine così come pattuitoproprie conclusioni. Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 In via istruttoria è stata esperita prova per testi. Sostituito definitivamente il Giudicante con Decreto Presidenziale del 12/5/2015, all’udienza dell’11/11/2015, la causa è stata trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche. *** Ciò posto appare evidente premesso in fatto si rileva che il la Costruzioni srl ha agito in giudizio per far dichiarare l’inadempimento di riferito alle obbligazioni assunte nel contratto non individuava quale delle due parti fosse obbligata a convocare l’altra dinanzi al notaio per la stipula del definitivo. E’ altrettanto vero che nessuna delle parti ha dimostrato di aver assolto tale obbligo. In mancanza di riscontri documentali non appare verosimile, infatti, quanto dichiarato da Xxxxxxx Xxxxxxxxxx posto che preliminare stipulato tra quest’ultima e la Immobiliare srl mutò denominazione solo nel 2006 (v. visura e, in atti) particolare, per aver alienato il bene che era stato promesso in vendita a e quindi ben due anni dopo per ottenere la stipula del preliminare condanna dei convenuti alla restituzione della somma versata a titolo di anticipo e non sembra credibile al risarcimento dei danni. ha negato di essere inadempiente, sostenendo che tale società non fosse rintracciabile già nel periodo di probabile la mancata stipula del definitivo fosse ascrivibile a colpa della stessa attrice. Ebbene, dalla documentazione allegata, emerge che: • con contratto preliminare del 6/8/2004, prometteva di vendere a De Xxxx Xxxxxxx Xxxxx, nella qualità di legale rappresentante della Immobiliare srl, l’immobile sopra indicato, al prezzo complessivo di € 85.000,00, di cui € 15.000,00 venivano versati dalla promissaria acquirente a titolo di caparra penitenziale e quindi tra la come anticipo del prezzo, ed € 70.000,00 da corrispondere alla data del definitivo; le parti stabilivano, al fine della sottoscrizione del 2004 e gli inizi rogito, il termine del 200531/12/2004 (cfr. Altrettanto non significativa è apparsa la deposizione contratto allegato ai fascicoli di parte); IL XXXX.xx • De Xxxx Xxxxx, posto che lo stesso non può non essere coinvoltocon fax del 12/07/2005, in termini di minore attendibilità, dalla circostanza che il teste era il legale rappresentante della Immobiliare srl e pertanto non è estraneo agli interessi di causa. Va aggiunto che la circostanza riferita dal medesimo relativa all’accordo che sarebbe intervenuto dapprima tra e e poi tra quest’ultimo e la Immobiliare srl, è del tutto nuova rispetto a quelle allegate dall’attrice con l’atto introduttivo e con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. ed è dunque inutilizzabile. Ciò posto va evidenziato comunicava al notaio Grassi che, per lo scioglimento con riferimento al compromesso del contratto preliminare6/8/2004, la stipula del rogito era necessaria la forma scritta, poiché tale pattuizione aveva a oggetto un bene immobile (v. in motivazione Cass. Civ., Sez. II, 18/02/2013, n. 3970). IL XXXX.xx Invero nei contratti formali (tra cui il preliminare di compravendita di beni immobili, ai sensi del combinato disposto degli art. 1350 e 1351 c.c.) le cause modificative o estintive del rapporto debbono risultare da fattori prestabiliti dalle parti nello stesso contratto e debbono essere, comunque, espresse nella forma richiesta fissata per il 31/07/2005 (cfr. doc. 3, allegato al fascicolo di parte attrice); • con contratto al quale si riferisconodel 10/06/2008, con la conseguenza che tanto l'accordo solutorio quanto la dichiarazione vendeva l’immobile per cui è causa a (cfr. doc. allegato alla memoria istruttoria di recesso debbono rivestire la stessa forma scritta richiesta per la stipulazione del contratto preliminare (v. Corte Appello Napoli, 09/04/2002, in Juris Dataparte convenuta). Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 Ne deriva Va aggiunto che la teste Xxxxxxx Xxxxxxxxxx ha riferito che sua cognata aveva spesso cercato di contattare la Immobiliare srl senza riuscirci e che, in mancanza di una occasione, aveva accompagnato personalmente la convenuta presso la sede della suddetta società non trovandola. De Xxxx Xxxxx ha invece affermato che, secondo gli accordi, avrebbe dovuto contattare la Immobiliare srl per la stipula del definitivo e che la sede della suddetta società era sempre aperta negli orari d’ufficio; il teste ha precisato che aveva una casa confinante con l’immobile per cui è causa e aveva un accordo per mutuo dissenso o di dichiarazione di recesso in forma scritta, deve ritenersi che il contratto preliminare del 6/8/2004 fosse ancora vigente tra le parti, con la conseguenza poi mantenuto con l’attrice, secondo il quale avrebbe potuto custodire del materiale nella proprietà della convenuta, dovendo in cambio tagliare l’erba del terreno. Passando all’esame delle suddette risultanze occorre in primo luogo evidenziare che l’alienazione a terzi, da parte di dell’unità immobiliare che era stata promessa in vendita, costituisce un grave inadempimento. Deve, pertanto, dichiararsi l’inadempimento della convenuta e condannarsi nella qualità di erede di alla restituzione dell’importo di € 15.000,00 che, come si desume dal contratto preliminare (art. 4), la Immobiliare srl, poi diventata Costruzioni srl (il dato non è contestato) aveva versato alla promittente venditrice. Su detto importo decorrono gli interessi in misura legale a far data dal versamento (Cass., n. 4604/2008). Passando all’esame della domanda risarcitoria, occorre richiamare l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità secondo il quale la voce di danno rappresentata dal lucro cessante subito dal promissario acquirente in caso di mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita per fatto imputabile al promittente venditore, consistendo nel mancato incremento dovuto al fatto si evince che il bene non è entrato nel patrimonio termine del compratore, non abbisogna di specifica prova e si concreta nella differenza tra il valore commerciale 31/12/2004 fissato per la stipula del bene medesimo al momento della proposizione della domanda di risoluzione del contratto (ovvero al tempo in cui l'inadempimento è divenuto definitivo) ed il prezzo pattuito (Cassdefinitivo fosse essenziale., Sez. Un., 25.7.1994, n. 6938; Cass., 7.2.1998, n. 1298; Cass., 17.11.2003, n. 17340; Xxxx,. 29.11.2004, n. 22384; Cass. 30.20.2007, n. 1956; Cass, 10.10.2008, n. 25016). IL XXXX.xx Xxxxxx, il c.t.p. dell’attrice ha quantificato in € 383.500,00 il valore dell’immobile nel 2008, ovvero al momento della compravendita intervenuta tra e (v. c.t.p. allegata al fascicolo di parte). Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 Si osserva che tale stima appare eccessiva, posto che il suddetto bene è stato alienato, con il citato contratto del 10/06/2008, al prezzo di € 80.000,00 (v. contratto allegato al fascicolo di parte convenuta) e che, verosimilmente, il consulente di parte non lo ha visionato (attesa la mancanza di allegati fotografici alla c.t.p.). Ciò posto, tenendo conto delle caratteristiche dell’immobile, censito al NCEU del Comune di Roma, al foglio 1089, part. 278 sub. 1 z.c. 6, categoria C/2, cl.11, consistenza mq. 130, rendita xxxxxxxxx x. 000,00 (x. visura allegata al fascicolo di parte attrice), composto da un locale ad uso magazzino, diviso in due vani, completamente da ristrutturare, con annessa area di terreno (v. contratto del 10/06/2008 allegato al fascicolo di parte convenuta) e della zona in cui è ubicato, può ritenersi equo il valore, nel 2008, di € 1.200,00 al mq e dunque di € 156.000,00 (1200 x 130 mq=156.000). (pari alla differenza tra € 156.000,00 ed euro 25.822,84). Consegue a quanto sopra che, in accoglimento della domanda attorea, nella qualità di erede di deve essere condannato al pagamento, in favore della Costruzioni srl, della somma di € 76.000,00. Va aggiunto che, trattandosi di un credito di natura risarcitoria e dunque di valore, sulla somma sopra indicata, è dovuta la rivalutazione secondo gli indici Istat dalla data in cui il danno si è verificato (contratto del 10/06/2008) fino a quella della presente sentenza, e gli interessi legali, che vanno calcolati inizialmente sull'importo capitale su riportato e, per gli anni successivi, sulle ulteriori frazioni via via risultanti dalla rivalutazione annuale.

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IL XXXX.xx. Occorre infatti ricordare cheEd ancora “L'art. 180 l.f. prevede che il Tribunale debba controllare definitivamente i requisiti di ammissibilità già delibati a norma dell'art. 162 l.f. in fase di ammissione, per condivisibile giurisprudenzaivi compreso il profilo della «fattibilità del piano» di cui all'art. 161 l.f. e non vi è dubbio che a tale espressione non possa non essere attribuito quantomeno il significato di controllo circa l'effettiva realizzabilità della proposta concordataria, tale non essendo necessariamente ogni proposta che venga approvata dalla maggioranza dei creditori. Il Tribunale, investito del giudizio di omologa ex art. 180 l.f., in presenza di espressa opposizione all'omologazione da parte di un creditore dissenziente, è legittimato a rivedere ha rivisto in senso negativo i requisiti di ammissibilità del piano concordatario, tra cui è prevista dall'art. 161 l.f. la sua concreta fattibilità, in quanto nella fattispecie concreta non si poneva tanto la questione di poter pagare i creditori chirografari solo nella misura del 3,10% del loro credito anziché nella misura del 15% promessa nel piano, ma appunto di non poterli pagare affatto: ciò innegabilmente confligge in modo insuperabile con la causa concreta dell'istituto giuridico del concordato preventivo prevista dalla legge” (Appello Firenze 11 luglio 2016). Calato nella fattispecie in esame, nella quale la pressoché assenza e comunque insufficienza dei beni pretesamente destinati a fornire la c.d. “nuova finanza” rende del tutto privi di soddisfacimento i creditori chirografari, il termine principio che precede appare pienamente applicabile e comporta, anche per l'adempimento può essere ritenuto essenziale questa via, il rigetto dell’omologazione del concordato. Sulla esiziale incidenza delle menzionate sopravvenienze passive da revoca e/o restituzione di finanziamenti agevolati in sede privilegiata (o comunque, il che è lo stesso in questa sede, sulla impossibilità di ritenere precauzionalmente le risorse corrispondenti destinabili ai sensi creditori chirografari) si veda la seguente prima pronuncia edita dopo la legge di conversione n. 33 del 2015: “Il credito da restituzione delle somme liquidate a titolo di perdite dal Fondo di garanzia gestito da Banca del Mezzogiorno / MCC - quale Gestore del Fondo di garanzia ex L. 662/96- è assistito dal privilegio generale di cui agli artt. 1 e per gli effetti 9, comma 5, del d.lgs. 123/98 e dell'art. 1457 c.c8 bis D.L. 3/2015. La disciplina dettata dall’art. 9 del D.Lgs. 123/98 è applicabile anche alle prestazioni di garanzia ex L. 662/96. L’art. 8 bis D.L. 3/2015, convertito con modificazioni nella Legge 33/2015 ha natura interpretativa dell’art. 2 Comma 100 lett. a) della L. 662/96. La ratio della novella legislativa di cui all'art. 8 bis interpretazione autentica). La domanda di fallimento viene decisa con separato e coevo provvedimento, non essendo a tale fine necessario alcuna ulteriore fissazione d’udienza. Mutatis mutandis, infatti, il S.C. ha da tempo ritenuto che “il debitore che abbia presentato istanza di ammissione al concordato preventivo in pendenza della procedura fallimentare a suo carico, non deve essere sentito in camera di consiglio per l'esercizio del suo diritto di difesa qualora ne sia stata già disposta l'audizione prima della dichiarazione di fallimento, ed abbia avuto la possibilità di svolgere tutte le difese nel corso della procedura” (Cassazione civile, sez. I, 07 Maggio 2010, n. 11113; più recentemente Cass. 22 giugno 2016 con riferimento all’art. 162 l.f., solo quando, all'esito di indagine, da condurre alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo. Tale volontà non può desumersi solo dall'uso dell'espressione "entro e non oltre" quando non risulti dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l'utilità prefissasi ) laddove nel caso di conclusione del negozio stesso specie la sussistenza della richiesta di apertura della procedura concorsuale maggiore contenuta nell’opposizione era conosciuta già, quantomeno, dalla udienza dello scorso 5 ottobre e nel rinvio concesso, di oltre un mese e quindi persino superiore al termine a comparire previsto dall’art. 15 l.f. la data considerata (cfr. Cass. Civ. Sez. II, n. 5797/2005; nello stesso senso Cass. Civ. n. 3645/07). Deve, quindi, essere esclusa la natura essenziale del termine indicato nel dedotto preliminare, atteso società debitrice non ha inteso sul punto ulteriormente replicare pur potendo ragionevolmente ritenere che la natura, l’oggetto ed il comportamento tenuto dalle parti non consentono declaratoria di ritenere che le stesse subordinassero l’utilità economica dell’affare al termine così come pattuito. Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 Ciò posto appare evidente che il contratto non individuava quale delle due parti fosse obbligata a convocare l’altra dinanzi al notaio per la stipula fallimento potesse rappresentare un prevedibile sviluppo della successiva udienza del definitivo. E’ altrettanto vero che nessuna delle parti ha dimostrato di aver assolto tale obbligo. In mancanza di riscontri documentali non appare verosimile, infatti, quanto dichiarato da Xxxxxxx Xxxxxxxxxx posto che la Immobiliare srl mutò denominazione solo nel 2006 (v. visura in atti) e quindi ben due anni dopo la stipula del preliminare e non sembra credibile che tale società non fosse rintracciabile già nel periodo di probabile stipula del definitivo e quindi tra la fine del 2004 e gli inizi del 2005. Altrettanto non significativa è apparsa la deposizione di De Xxxx Xxxxx, posto che lo stesso non può non essere coinvolto, in termini di minore attendibilità, dalla circostanza che il teste era il legale rappresentante della Immobiliare srl e pertanto non è estraneo agli interessi di causa. Va aggiunto che la circostanza riferita dal medesimo relativa all’accordo che sarebbe intervenuto dapprima tra e e poi tra quest’ultimo e la Immobiliare srl, è del tutto nuova rispetto a quelle allegate dall’attrice con l’atto introduttivo e con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. ed è dunque inutilizzabile. Ciò posto va evidenziato che, per lo scioglimento del contratto preliminare, era necessaria la forma scritta, poiché tale pattuizione aveva a oggetto un bene immobile (v. in motivazione Cass. Civ9 novembre 2016., Sez. II, 18/02/2013, n. 3970). IL XXXX.xx Invero nei contratti formali (tra cui il preliminare di compravendita di beni immobili, ai sensi del combinato disposto degli art. 1350 e 1351 c.c.) le cause modificative o estintive del rapporto debbono risultare da fattori prestabiliti dalle parti nello stesso contratto e debbono essere, comunque, espresse nella forma richiesta per il contratto al quale si riferiscono, con la conseguenza che tanto l'accordo solutorio quanto la dichiarazione di recesso debbono rivestire la stessa forma scritta richiesta per la stipulazione del contratto preliminare (v. Corte Appello Napoli, 09/04/2002, in Juris Data). Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 Ne deriva che, in mancanza di accordo per mutuo dissenso o di dichiarazione di recesso in forma scritta, deve ritenersi che il contratto preliminare del 6/8/2004 fosse ancora vigente tra le parti, con la conseguenza che l’alienazione a terzi, da parte di dell’unità immobiliare che era stata promessa in vendita, costituisce un grave inadempimento. Deve, pertanto, dichiararsi l’inadempimento della convenuta e condannarsi nella qualità di erede di alla restituzione dell’importo di € 15.000,00 che, come si desume dal contratto preliminare (art. 4), la Immobiliare srl, poi diventata Costruzioni srl (il dato non è contestato) aveva versato alla promittente venditrice. Su detto importo decorrono gli interessi in misura legale a far data dal versamento (Cass., n. 4604/2008). Passando all’esame della domanda risarcitoria, occorre richiamare l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità secondo il quale la voce di danno rappresentata dal lucro cessante subito dal promissario acquirente in caso di mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita per fatto imputabile al promittente venditore, consistendo nel mancato incremento dovuto al fatto che il bene non è entrato nel patrimonio del compratore, non abbisogna di specifica prova e si concreta nella differenza tra il valore commerciale del bene medesimo al momento della proposizione della domanda di risoluzione del contratto (ovvero al tempo in cui l'inadempimento è divenuto definitivo) ed il prezzo pattuito (Cass., Sez. Un., 25.7.1994, n. 6938; Cass., 7.2.1998, n. 1298; Cass., 17.11.2003, n. 17340; Xxxx,. 29.11.2004, n. 22384; Cass. 30.20.2007, n. 1956; Cass, 10.10.2008, n. 25016). IL XXXX.xx Xxxxxx, il c.t.p. dell’attrice ha quantificato in € 383.500,00 il valore dell’immobile nel 2008, ovvero al momento della compravendita intervenuta tra e (v. c.t.p. allegata al fascicolo di parte). Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 Si osserva che tale stima appare eccessiva, posto che il suddetto bene è stato alienato, con il citato contratto del 10/06/2008, al prezzo di € 80.000,00 (v. contratto allegato al fascicolo di parte convenuta) e che, verosimilmente, il consulente di parte non lo ha visionato (attesa la mancanza di allegati fotografici alla c.t.p.). Ciò posto, tenendo conto delle caratteristiche dell’immobile, censito al NCEU del Comune di Roma, al foglio 1089, part. 278 sub. 1 z.c. 6, categoria C/2, cl.11, consistenza mq. 130, rendita xxxxxxxxx x. 000,00 (x. visura allegata al fascicolo di parte attrice), composto da un locale ad uso magazzino, diviso in due vani, completamente da ristrutturare, con annessa area di terreno (v. contratto del 10/06/2008 allegato al fascicolo di parte convenuta) e della zona in cui è ubicato, può ritenersi equo il valore, nel 2008, di € 1.200,00 al mq e dunque di € 156.000,00 (1200 x 130 mq=156.000). (pari alla differenza tra € 156.000,00 ed euro 25.822,84). Consegue a quanto sopra che, in accoglimento della domanda attorea, nella qualità di erede di deve essere condannato al pagamento, in favore della Costruzioni srl, della somma di € 76.000,00. Va aggiunto che, trattandosi di un credito di natura risarcitoria e dunque di valore, sulla somma sopra indicata, è dovuta la rivalutazione secondo gli indici Istat dalla data in cui il danno si è verificato (contratto del 10/06/2008) fino a quella della presente sentenza, e gli interessi legali, che vanno calcolati inizialmente sull'importo capitale su riportato e, per gli anni successivi, sulle ulteriori frazioni via via risultanti dalla rivalutazione annuale.

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IL XXXX.xx. Occorre infatti ricordare cheNel caso di specie l’avvenuta anticipazione del periodo di decorrenza della riduzione del canone ha inciso a danno del conduttore in modo particolarmente sfavorevole perché, per condivisibile giurisprudenza, se il termine fosse rimasto quello del 1° gennaio 2015, lo svantaggio per l'adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 1457 c.c.il locatore sarebbe stato contenuto in cinque mensilità, solo quando, all'esito di indagine, da condurre alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, ossia fino al 31 maggio 2015 (data della natura e dell'oggetto scadenza naturale del contratto), risulti inequivocabilmente la volontà delle parti mentre l’anticipazione al 1° luglio 2014 avrebbe obbligato il locatore, in assenza di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo. Tale volontà non può desumersi solo dall'uso dell'espressione "entro e non oltre" quando non risulti dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l'utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata (cfr. Cass. Civ. Sez. IIrecesso, n. 5797/2005; nello stesso senso Cass. Civ. n. 3645/07). Devea percepire il canone ridotto per ben undici mensilità, quindi, essere esclusa la natura essenziale del termine indicato nel dedotto preliminare, atteso che la natura, l’oggetto ed il comportamento tenuto dalle parti non consentono di ritenere che le stesse subordinassero l’utilità economica dell’affare ossia dal 1° luglio 2014 al termine così come pattuito31 maggio 2015. Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso XXXXX XXXXX Xxxxxx Da: XXXXXXXX XX0 Postecom CA2 Serial#: b1813 Ciò posto appare evidente che f0510 Infine, occorre altresì considerare la tempestività con la quale il contratto locatore ha risposto alla nota della Segreteria del T.A.R., ossia entro tre giorni, pari ad un periodo di tempo assolutamente ragionevole, e ciò per ribadire quanto già detto in precedenza, ossia di non individuava quale delle due parti fosse obbligata a convocare l’altra dinanzi al notaio per voler accettare la stipula riduzione ex lege del definitivocanone e di esercitare il diritto di recesso dal contratto. E’ altrettanto vero che nessuna delle parti ha dimostrato di aver assolto tale obbligo. In mancanza di riscontri documentali non appare verosimileRiassumendo, infattiquindi, quanto dichiarato da Xxxxxxx Xxxxxxxxxx posto si ritiene che la Immobiliare srl mutò denominazione solo scelta del proprietario di avvalersi della facoltà di legge e di comunicare la decisione di recedere dal contratto in risposta alla comunicazione del conduttore nel 2006 mese di giugno 2014 non sia censurabile sotto il profilo della buona fede e correttezza contrattuale perché legittimamente adottata in prossimità dell’avvenuta anticipazione della decorrenza degli effetti della nuova normativa (v. visura d.l. n. 66 del 2014, entrato in atti) vigore il 24 aprile 2014, peraltro convertito soltanto in data 23 giugno 2014). Per quanto attiene invece al secondo profilo di contrarietà “ad ogni regola di legge o prassi di buona fede negoziale”, ossia la concessione di un termine brevissimo per il rilascio dei locali, si precisa quanto segue. Non vi è dubbio che la richiesta del locatore di “liberare l’immobile da persone e cose entro il 30 giugno 2014”, e quindi ben due anni dopo la stipula del preliminare e non sembra credibile che tale società non fosse rintracciabile già nel concessione di un periodo di probabile stipula del definitivo e quindi tra la fine del 2004 e gli inizi del 2005. Altrettanto non significativa è apparsa la deposizione soli 24 giorni (dal 6 giugno al 30 giugno 2014) per liberare un immobile di De Xxxx Xxxxx, posto che lo stesso non può non essere coinvolto, in termini di minore attendibilità, dalla circostanza che il teste era il legale rappresentante della Immobiliare srl e pertanto non è estraneo agli interessi di causa. Va aggiunto che la circostanza riferita dal medesimo relativa all’accordo che sarebbe intervenuto dapprima tra e e poi tra quest’ultimo e la Immobiliare srl, è del tutto nuova rispetto a quelle allegate dall’attrice con l’atto introduttivo e con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. ed è dunque inutilizzabile. Ciò posto va evidenziato che, per lo scioglimento del contratto preliminare, era necessaria la forma scritta, poiché tale pattuizione aveva a oggetto un bene immobile rilevanti dimensioni adibito ad attività giudiziaria (v. in motivazione Cass. Civ., Sez. II, 18/02/2013, n. 3970). IL XXXX.xx Invero nei contratti formali (tra cui il preliminare di compravendita di beni immobili, ai sensi del combinato disposto degli art. 1350 e 1351 c.c.) le cause modificative o estintive del rapporto debbono risultare da fattori prestabiliti dalle parti nello stesso contratto e debbono essere, comunque, espresse nella forma richiesta T.A.R. per il contratto al quale si riferiscono, con la conseguenza che tanto l'accordo solutorio quanto la dichiarazione Piemonte) è davvero esigua e potrebbe ritenersi in astratto contraria ai principi di recesso debbono rivestire la stessa forma scritta richiesta per la stipulazione correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto preliminare (v. Corte Appello Napoli, 09/04/2002, in Juris Data). Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 Ne deriva che, in mancanza di accordo per mutuo dissenso o di dichiarazione di recesso in forma scritta, deve ritenersi che il contratto preliminare del 6/8/2004 fosse ancora vigente tra le parti, con la conseguenza che l’alienazione a terzi, da parte di dell’unità immobiliare che era stata promessa in vendita, costituisce un grave inadempimento. Deve, pertanto, dichiararsi l’inadempimento della convenuta e condannarsi nella qualità di erede di alla restituzione dell’importo di € 15.000,00 che, come si desume dal contratto preliminare (art. 4), la Immobiliare srl, poi diventata Costruzioni srl (il dato non è contestato) aveva versato alla promittente venditrice. Su detto importo decorrono gli interessi in misura legale a far data dal versamento (Casscontratto., n. 4604/2008). Passando all’esame della domanda risarcitoria, occorre richiamare l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità secondo il quale la voce di danno rappresentata dal lucro cessante subito dal promissario acquirente in caso di mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita per fatto imputabile al promittente venditore, consistendo nel mancato incremento dovuto al fatto che il bene non è entrato nel patrimonio del compratore, non abbisogna di specifica prova e si concreta nella differenza tra il valore commerciale del bene medesimo al momento della proposizione della domanda di risoluzione del contratto (ovvero al tempo in cui l'inadempimento è divenuto definitivo) ed il prezzo pattuito (Cass., Sez. Un., 25.7.1994, n. 6938; Cass., 7.2.1998, n. 1298; Cass., 17.11.2003, n. 17340; Xxxx,. 29.11.2004, n. 22384; Cass. 30.20.2007, n. 1956; Cass, 10.10.2008, n. 25016). IL XXXX.xx Xxxxxx, il c.t.p. dell’attrice ha quantificato in € 383.500,00 il valore dell’immobile nel 2008, ovvero al momento della compravendita intervenuta tra e (v. c.t.p. allegata al fascicolo di parte). Firmato Da: MIELE XXXXXXXX XXXXXX Emesso Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: b1813 Si osserva che tale stima appare eccessiva, posto che il suddetto bene è stato alienato, con il citato contratto del 10/06/2008, al prezzo di € 80.000,00 (v. contratto allegato al fascicolo di parte convenuta) e che, verosimilmente, il consulente di parte non lo ha visionato (attesa la mancanza di allegati fotografici alla c.t.p.). Ciò posto, tenendo conto delle caratteristiche dell’immobile, censito al NCEU del Comune di Roma, al foglio 1089, part. 278 sub. 1 z.c. 6, categoria C/2, cl.11, consistenza mq. 130, rendita xxxxxxxxx x. 000,00 (x. visura allegata al fascicolo di parte attrice), composto da un locale ad uso magazzino, diviso in due vani, completamente da ristrutturare, con annessa area di terreno (v. contratto del 10/06/2008 allegato al fascicolo di parte convenuta) e della zona in cui è ubicato, può ritenersi equo il valore, nel 2008, di € 1.200,00 al mq e dunque di € 156.000,00 (1200 x 130 mq=156.000). (pari alla differenza tra € 156.000,00 ed euro 25.822,84). Consegue a quanto sopra che, in accoglimento della domanda attorea, nella qualità di erede di deve essere condannato al pagamento, in favore della Costruzioni srl, della somma di € 76.000,00. Va aggiunto che, trattandosi di un credito di natura risarcitoria e dunque di valore, sulla somma sopra indicata, è dovuta la rivalutazione secondo gli indici Istat dalla data in cui il danno si è verificato (contratto del 10/06/2008) fino a quella della presente sentenza, e gli interessi legali, che vanno calcolati inizialmente sull'importo capitale su riportato e, per gli anni successivi, sulle ulteriori frazioni via via risultanti dalla rivalutazione annuale.

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