Questioni di diritto. Al centro della vicenda si pongono due questioni di diritto, una avente rilevanza successoria-contrattuale e una di valenza nel solo campo delle obbligazioni: la prima, più discussa e su cui si concentra il dibattito in seno alla dottrina, scomoda gli istituti della delazione ereditaria e della rappresentazione, nonché il rappor- to tra quest’ultima e le norme sulla successione ab intestato in raffronto con il negozio di assicurazione sulla vita; la seconda, più lineare e alla quale la stessa Suprema Corte nella ordinanza in commento dedica poche righe finali, concerne i requisiti della liquidità ed esigibilità del credito assicurativo ai fini della cor- responsione degli interessi legali. Con riguardo a quest’ultimo profilo, la Cassazione nulla aggiunge al dibattito in corso e non fa altro che ribadire l’orientamento ormai consolidato secondo cui gli interessi nelle obbligazioni pecuniarie sono dovuti indipendentemente dalla colpa del debitore nel mancato o ritardato pagamento, in quanto la loro funzione primaria è quella corrispettiva, collegata alla loro natura di frutti civili della somma di denaro (3): essi sono dovuti ipso iure ex art. 1282, comma 1, c.c. in funzione equilibratrice del vantaggio che il debito- re ritrae, data la normale produttività della moneta, dal trattenere presso di sé somme che avrebbe dovuto pagare. Ne consegue che il decorso del termine, a partire dal quale gli interessi corrispettivi vanno conteggia- ti, deve farsi risalire al momento in cui l’importo è determinato (liquido) e il pagamento non è, o non è più, dilazionato da termini o condizioni (esigibile), a nulla rilevando che il debitore (nel caso di specie, la compagnia assicurativa) abbia effettiva contezza della concreta modalità di ripartizione del credito (l’inden- nizzo) tra i creditori (i delati-beneficiari). Liquidità ed esigibilità sono, infatti, caratteristiche oggettive del credito, non dipendenti dalla eventuale situazione – soggettiva del debitore – di dubbio sul numero degli aventi diritto alla prestazione pecuniaria. Alla luce di questi dati, la Cassazione nella pronun- cia in esame si limita a confermare la debenza degli interessi corrispettivi – richiesti dai beneficiari di un contratto assicurativo sulla vita – dal tempo in cui la società promittente è tenuta a versare l’indennizzo, il che si verifica con la morte della stipulante, costi- tuente quell’«evento attinente alla vita umana» da cui l’art. 1882 c.c. fa decorrere il pagamento di un capitale e dei conseguenti interessi ex art. 1282, comma 1, c.c. (2) Si fa riferimento a Xxxx., sez. un., 30 aprile 2021, n. 11421, in (3) Cass., 15 ottobre 2015, n. 20868, in Dejure. Con riguardo invece all’altra questione, ben più con- troversa e sulla quale si soffermerà la presente xxx- xxxx, la Suprema Corte contesta la pretesa dei benefi- ciari-ricorrenti di escludere dal riparto la pronipote della de cuius sull’asserito presupposto che, in appli- cazione dell’art. 565 c.c., essi costituiscano i parenti più prossimi (di terzo grado), in quanto figli diretti di fratelli o sorelle premorti alla stipulante, escludendo così dalla successione i parenti più remoti e dunque i parenti di quarto grado, tra cui deve farsi rientrare la discendente diretta della figlia (deceduta) di una sorella della contraente. A detta dei primi cugini, gli eredi legittimi della stipulante andavano individuati nei soli parenti di terzo grado – tenuto conto che la contraente, al tempo del decesso, era celibe, senza figli o ascendenti, e non aveva lasciato testamento – con conseguente esclusione della pronipote (parente di quarto grado) dal novero degli «eredi legittimi», a cui si riferivano le due polizze sulla vita. Per risolvere la questione, la Cassazione muove dagli esiti a cui sono giunte due anni prima le Sezioni unite nell’individuazione dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita indicati genericamente negli
Appears in 1 contract
Samples: Contratto in Generale
Questioni di diritto. Al centro L’ordinanza in commento, evidenziando le aporie lo- gico-argomentative in cui ha ritenuto fosse incorso il giudice d’appello, approfondisce alcuni aspetti es- senziali dell’obbligo del mallevadore, esaminando in particolare: a) se la manleva abbia efficacia esclusiva- mente interna fra manlevato e mallevadore o si river- beri invece anche nel rapporto esterno, dando vita ad una solidarietà passiva tra manlevato e mallevadore nei confronti del creditore dell’obbligazione (eventua- le) rispetto al quale essa è pattuita; e b) quali siano i presupposti al ricorrere dei quali il manlevato può esercitare la pretesa verso il mallevadore:
a) la S.C., nella specie, ha ritenuto che la Corte, pur avendo dato una risposta corretta al primo in- terrogativo, abbia errato nel trarre da quella, pur esatta, premessa le dovute conseguenze sul piano dei presupposti del diritto del manlevato. In particolare, l’ordinanza riconosce la fondatezza del ragionamento della vicenda si pongono due questioni Corte lì dove ha escluso che l’assunzione dell’obbligo di dirittomanleva della fi- duciaria abbia avuto l’effetto di modificare sotto il profilo soggettivo l’obbligazione tributaria su di lei gravante in qualità di (co)acquirente dell’immobi- le: non formandosi tra mallevadore e manlevato alcuna solidarietà passiva, una avente rilevanza successoria-contrattuale e una secondo la S.C., è esclu- so che il diritto del mallevadore possa essere quali- ficato come diritto di valenza nel solo campo delle obbligazioni: la prima, più discussa e su cui si concentra il dibattito in seno alla dottrina, scomoda gli istituti della delazione ereditaria e della rappresentazione, nonché il rappor- to tra quest’ultima e le norme sulla successione ab intestato in raffronto con il negozio di assicurazione sulla vita; la seconda, più lineare e alla quale la stessa Suprema Corte nella ordinanza in commento dedica poche righe finali, concerne i requisiti della liquidità ed esigibilità del credito assicurativo ai fini della cor- responsione degli interessi legali. Con riguardo a quest’ultimo profilo, la Cassazione nulla aggiunge al dibattito in corso e non fa altro che ribadire l’orientamento ormai consolidato secondo cui gli interessi nelle obbligazioni pecuniarie sono dovuti indipendentemente dalla colpa del debitore nel mancato o ritardato pagamento, in quanto la loro funzione primaria è quella corrispettiva, collegata alla loro natura di frutti civili della somma di denaro (3): essi sono dovuti ipso iure regresso ex art. 1282, comma 1, c.c. in funzione equilibratrice del vantaggio che il debito- re ritrae, data la normale produttività della moneta, dal trattenere presso di sé somme che avrebbe dovuto pagare. Ne consegue che il decorso del termine, a partire dal quale gli interessi corrispettivi vanno conteggia- ti, deve farsi risalire al momento in cui l’importo è determinato (liquido) e il pagamento non è, o non è più, dilazionato da termini o condizioni (esigibile), a nulla rilevando che il debitore (nel caso di specie, la compagnia assicurativa) abbia effettiva contezza della concreta modalità di ripartizione del credito (l’inden- nizzo) tra i creditori (i delati-beneficiari). Liquidità ed esigibilità sono, infatti, caratteristiche oggettive del credito, non dipendenti dalla eventuale situazione – soggettiva del debitore – di dubbio sul numero degli aventi diritto alla prestazione pecuniaria. Alla luce di questi dati, la Cassazione nella pronun- cia in esame si limita a confermare la debenza degli interessi corrispettivi – richiesti dai beneficiari di un contratto assicurativo sulla vita – dal tempo in cui la società promittente è tenuta a versare l’indennizzo, il che si verifica con la morte della stipulante, costi- tuente quell’«evento attinente alla vita umana» da cui l’art. 1882 c.c. fa decorrere il pagamento di un capitale e dei conseguenti interessi ex art. 12821299, comma 1, c.c.
(2) Si fa riferimento , che, per definizione, nasce solo a Xxxx., sez. un., 30 aprile 2021, n. 11421, in
seguito dell’adempimento (3) Cass., 15 ottobre 2015, n. 20868, in Dejure). Con riguardo invece all’altra questione, ben più con- troversa e sulla quale si soffermerà la presente xxx- xxxxDa tale premessa, la Suprema Corte contesta la pretesa dei benefi- ciari-ricorrenti di escludere dal riparto la pronipote della de cuius sull’asserito presupposto cheCor- te avrebbe, in appli- cazione dell’art. 565 c.c.nondimeno, essi costituiscano i parenti più prossimi (di terzo grado), in quanto figli diretti di fratelli o sorelle premorti alla stipulante, escludendo così dalla successione i parenti più remoti e dunque i parenti di quarto grado, tra cui deve farsi rientrare la discendente diretta della figlia (deceduta) di tratto una sorella della contraente. A detta dei primi cugini, gli eredi legittimi della stipulante andavano individuati nei soli parenti di terzo grado – tenuto conto che la contraente, al tempo del decesso, era celibe, senza figli o ascendenti, e non aveva lasciato testamento – con conseguente esclusione della pronipote (parente di quarto grado) dal novero degli «eredi legittimi», a cui si riferivano le due polizze sulla vita. Per risolvere la questione, la Cassazione muove dagli esiti a cui sono giunte due anni prima le Sezioni unite nell’individuazione dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita indicati genericamente negliconseguenza
Appears in 1 contract
Samples: Patto Di Manleva
Questioni di diritto. Al centro della vicenda si pongono due questioni La principale questione di dirittodiritto sottoposta alla Suprema Corte riguardava la sussistenza, una avente rilevanza successoria-contrattuale e una nella fattispecie, dei requisiti per applicare la disciplina delle condizioni generali di valenza nel solo campo delle obbligazioni: la prima, più discussa e su contratto di cui si concentra il dibattito in seno alla dottrina, scomoda gli istituti della delazione ereditaria e della rappresentazioneall’art. 1341 c.c., nonché il rappor- to tra quest’ultima e le norme sulla successione ab intestato in raffronto con il negozio di assicurazione sulla vita; la secondaquella, più lineare e alla quale la stessa Suprema Corte nella ordinanza in commento dedica poche righe finaliconnessa, concerne i requisiti della liquidità ed esigibilità del credito assicurativo relativa agli in- dici presuntivi da quali desumere, ai fini della cor- responsione degli interessi legalisensi dell’art. Con riguardo a quest’ultimo profilo2729 c.c., la Cassazione nulla aggiunge al dibattito in corso e natura standardizzata del contratto. L’applicabilità degli artt. 1341-1342 c.c. era però in- vocata non fa altro che ribadire l’orientamento ormai consolidato secondo per porre un problema di conoscibilità della condizione generale, bensì come porta d’in- gresso del giudizio di vessatorietà della previsione di cui gli interessi nelle obbligazioni pecuniarie sono dovuti indipendentemente dalla colpa del debitore nel mancato o ritardato pagamentoalla lettera R, in quanto quanto, pur trattandosi di clausola asseritamente limitativa della responsabi- lità, era priva di specifica sottoscrizione. Ed infatti il successivo motivo, mirante ad ottenere un giu- dizio di vessatorietà della clausola R, logicamente presupponeva la loro funzione primaria è quella corrispettivaprevia qualificazione dell’assicu- razione stipulata dalla società come xxxxxxxxx xxxx- dardizzato ai sensi dell’art. 1341 c.c. La giurisprudenza prevalente ritiene che i contratti per adesione siano solo i negozi destinati a rego- lare una pluralità indefinita di rapporti, collegata sia perché predisposti da un contraente che esplichi attività contrattuale nei confronti di una pluralità indiffe- renziata di aderenti, sia perché predeterminati nel contenuto con moduli o formulari utilizzabili in se- xxx, con esclusione invece dei negozi predisposti in vista di una singola vicenda negoziale, nella quale l’altro contraente può richiedere ed apportare mo- difiche al contratto (2). L’altra questione giuridica attiene alla loro natura necessità della sussistenza di frutti civili della somma un interesse del contraente a stipulare un’assicurazione per conto altrui o per conto di denaro (3): essi sono dovuti ipso iure ex artchi spetta. 1282Trattatasi, peraltro, di un pro- filo in precedenza affrontato dalle Sezioni unite, le quali, ritenendo le due figure contrattuali di cui all’art. 1891 c.c. non riconducibili né al mandato senza rappresentanza né al contratto a favore di terzo, conseguentemente hanno escluso che nell’as- sicurazione per conto di altro soggetto sia richiesto l’interesse dello stipulante previsto dall’art. 1411, comma 1, c.c. in funzione equilibratrice del vantaggio che il debito- re ritrae, data la normale produttività della moneta, dal trattenere presso di sé somme che avrebbe dovuto pagare. Ne consegue che il decorso del termine, a partire dal quale gli interessi corrispettivi vanno conteggia- ti, deve farsi risalire al momento in cui l’importo è determinato (liquido) e il pagamento non è, o non è più, dilazionato da termini o condizioni (esigibile), a nulla rilevando che il debitore (nel caso di specie, la compagnia assicurativa) abbia effettiva contezza della concreta modalità di ripartizione del credito (l’inden- nizzo) tra i creditori (i delati-beneficiari3). Liquidità ed esigibilità sonoUn’altra parte della giurisprudenza di legittimità, infattiinvece, caratteristiche oggettive pur concordando sulla natura mista dell’as- sicurazione per conto di altro soggetto, ritiene che ad essa si applichino sia le disposizioni proprie del creditocontratto di cui all’art. 1411 c.c. sia quelle sull’as- sicurazione che derogano ai principi in materia di contratto a favore di terzo, non dipendenti dalla eventuale situazione – soggettiva del debitore – di dubbio sul numero degli aventi diritto alla prestazione pecuniaria. Alla luce di questi dati, con la Cassazione nella pronun- cia in esame si limita a confermare conseguenza che è necessaria la debenza degli interessi corrispettivi – richiesti dai beneficiari sussistenza di un contratto assicurativo sulla vita – dal tempo in cui la società promittente è tenuta a versare l’indennizzointeresse, il che si verifica con la morte della stipulanteanche meramente fattuale, costi- tuente quell’«evento attinente alla vita umana» da cui l’art. 1882 c.c. fa decorrere il pagamento di un capitale e dei conseguenti interessi ex art. 1282, comma 1, c.cdel contraente (4).
(2) Si fa riferimento a Xxxx., sez. un., 30 aprile 2021, n. 11421, in
(3) Cass., 15 ottobre 2015, n. 20868, in Dejure. Con riguardo invece all’altra questione, ben più con- troversa e sulla quale si soffermerà la presente xxx- xxxx, la Suprema Corte contesta la pretesa dei benefi- ciari-ricorrenti di escludere dal riparto la pronipote della de cuius sull’asserito presupposto che, in appli- cazione dell’art. 565 c.c., essi costituiscano i parenti più prossimi (di terzo grado), in quanto figli diretti di fratelli o sorelle premorti alla stipulante, escludendo così dalla successione i parenti più remoti e dunque i parenti di quarto grado, tra cui deve farsi rientrare la discendente diretta della figlia (deceduta) di una sorella della contraente. A detta dei primi cugini, gli eredi legittimi della stipulante andavano individuati nei soli parenti di terzo grado – tenuto conto che la contraente, al tempo del decesso, era celibe, senza figli o ascendenti, e non aveva lasciato testamento – con conseguente esclusione della pronipote (parente di quarto grado) dal novero degli «eredi legittimi», a cui si riferivano le due polizze sulla vita. Per risolvere la questione, la Cassazione muove dagli esiti a cui sono giunte due anni prima le Sezioni unite nell’individuazione dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita indicati genericamente negli
Appears in 1 contract
Samples: Contratto in Generale
Questioni di diritto. Al centro della vicenda a) La prima e, forse, astrattamente più rilevante que- stione di diritto sottesa alla controversia in esame non viene, a ben vedere, neppure colta dalla Suprema Cor- te. Gli elementi fattuali forniti dall’ordinanza in oggetto sono piuttosto scarsi; peraltro, ciò che si pongono due questioni può affermare con un ragionevole grado di dirittocertezza, una avente rilevanza successoria-contrattuale e una è che – soprattut- to in assenza di valenza nel solo campo delle obbligazioni: la primaun seppur remoto richiamo in motiva- zione alla effettiva presenza di un accordo simulatorio o di un contratto dissimulato scritto (2) – nella specie, più discussa e su cui a tutto concedere (3), non si concentra il dibattito verteva certo in seno alla dottrinaun caso di negozio simulato (assolutamente o relativamente), scomoda gli istituti della delazione ereditaria e della rappresentazionebensì in un’ipotesi di negozio indiretto. Come noto, nonché il rappor- to tra quest’ultima e le norme sulla successione ab intestato in raffronto con il negozio indiretto è volto al consegui- mento di assicurazione sulla vita; la secondaun risultato ulteriore rispetto a quello tipico del negozio stesso (nella specie, più lineare come detto, vendita di quota societaria e di azioni dalla moglie alla quale la stessa Suprema Corte nella ordinanza in commento dedica poche righe finalisocietà del marito, concerne i requisiti della liquidità ed esigibilità con pagamento, da parte di quest’ultima società, del credito assicurativo ai fini della cor- responsione degli interessi legalirelativo prezzo). Con riguardo a quest’ultimo profilo, la Cassazione nulla aggiunge al dibattito in corso e non fa altro che ribadire l’orientamento ormai consolidato secondo cui gli interessi nelle obbligazioni pecuniarie sono dovuti indipendentemente dalla colpa del debitore nel mancato o ritardato pagamentoTale tipo di negozio si differenzia nettamente da quello simulato, in quanto le parti vogliono realmente la loro produzione dei relati- vi effetti, i quali, però, risultano strumentali rispetto al fine ulteriore perseguito (nella specie: assetto giu- ridico/patrimoniale dei rapporti tra coniugi in crisi, quanto meno secondo l’avviso di una delle parti di questo processo). In altri termini, mentre nel nego- zio simulato le parti si accordano per escludere in- tegralmente gli effetti dell’atto, in quello indiretto il negozio è realmente voluto, sebbene poi i contraenti intendano realizzare scopi ed effetti ulteriori rispetto a quelli normali dell’atto posto in essere (4). Dunque, il negozio realmente voluto dalle parti (la vendita o cessione onerosa di quota societaria e di azioni, nella specie) viene posto in essere in vista di un fine pratico diverso da quello suo tipico e, in sostanza, corrispon- dente alla funzione primaria è quella corrispettiva, collegata alla loro natura di frutti civili della somma di denaro (3): essi sono dovuti ipso iure ex art. 1282, comma 1, c.c. in funzione equilibratrice del vantaggio che il debito- re ritrae, data la normale produttività della moneta, dal trattenere presso di sé somme che avrebbe dovuto pagare. Ne consegue che il decorso del termine, a partire dal quale gli interessi corrispettivi vanno conteggia- ti, deve farsi risalire al momento in cui l’importo è determinato (liquido) e il pagamento non è, o non è più, dilazionato da termini o condizioni (esigibile), a nulla rilevando che il debitore un negozio differente (nel caso di speciein esame: contratto della crisi coniugale, sempre, ov- viamente, ammesso e non concesso che questa fosse la compagnia assicurativa) abbia effettiva contezza della concreta modalità di ripartizione del credito (l’inden- nizzo) tra i creditori (i delati-beneficiarireale intenzione dei soggetti coinvolti). Liquidità ed esigibilità sonoÈ, infattiperciò, caratteristiche oggettive del creditoevidente e pacifico che l’elemento indefettibile della simulazione sia rappresentato dalla presenza di una prova in grado dimostrare l’esistenza di una controdi- chiarazione, non dipendenti dalla eventuale situazione – soggettiva del debitore – di dubbio sul numero degli aventi diritto alla prestazione pecuniaria. Alla luce di questi datio, la Cassazione nella pronun- cia in esame si limita a confermare la debenza degli interessi corrispettivi – richiesti dai beneficiari quanto meno, di un contratto assicurativo sulla vita negozio che possa ritenersi come dissimulato. Prova, peraltro, del tutto assente – dal tempo a quanto pare – nel caso in cui la società promittente esame. Ciò che risulta dalla lettura della motivazione del provvedimento è tenuta a versare l’indennizzoche l’intento dei contraenti era pro- prio quello di operare il voluto trasferimento di quota e azioni, il che si verifica con la morte della stipulante, costi- tuente quell’«evento attinente alla vita umana» da cui l’art. 1882 c.c. fa decorrere contro il pagamento di del prezzo convenuto, sebbene l’accordo fosse diretto (per lo meno secondo il marito, con affermazione contestata dalla moglie) ad una sistemazione dei rapporti tra coniugi in cri- si. Proprio un capitale e dei conseguenti interessi ex art. 1282, comma 1, c.c.
(2) Si fa riferimento cenno a Xxxx., sez. un., 30 aprile 2021, n. 11421, in
(3) Cass., 15 ottobre 2015, n. 20868, in Dejure. Con riguardo invece all’altra questione, ben più con- troversa e sulla quale si soffermerà la presente xxx- xxxx, la Suprema Corte contesta la pretesa dei benefi- ciari-ricorrenti di escludere tale «direzione» appare forse desumibile dal riparto la pronipote fugace richiamo della de cuius sull’asserito presupposto parte narrativa dell’ordinanza al fatto che, in appli- cazione dell’artsede di giudizio di pri- me cure, sarebbe stata espletata una c.t.u. 565 c.c.Consulenza che, essi costituiscano i parenti più prossimi (molto probabilmente, era diretta all’accertamen- to del reale valore di terzo grado), in quanto figli diretti di fratelli o sorelle premorti alla stipulante, escludendo così dalla successione i parenti più remoti mercato della quota e dunque i parenti di quarto grado, tra cui deve farsi rientrare la discendente diretta della figlia (deceduta) di una sorella della contraente. A detta dei primi cugini, gli eredi legittimi della stipulante andavano individuati nei soli parenti di terzo grado – tenuto conto che la contraentedelle azioni, al tempo del decesso, era celibe, senza figli o ascendenti, e non aveva lasciato testamento – con conseguente esclusione della pronipote (parente fine di quarto grado) dal novero degli «eredi legittimi», a cui si riferivano le due polizze sulla vita. Per risolvere verificare se la questione, la Cassazione muove dagli esiti a cui sono giunte due anni prima le Sezioni unite nell’individuazione dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita indicati genericamente neglisomma pattuita quale relativo
Appears in 1 contract
Samples: Contratto in Generale
Questioni di diritto. Al centro La fattispecie concreta e l’ordine delle questioni af- frontate dalla Corte catanese, proprio per la loro complessità e originalità, sollecitano la riflessione dell’interprete su alcuni profili ancora aperti di un istituto pur risalente; in particolare, esortano alla ve- rifica dell’applicabilità dell’art. 1417 c.c., in materia di prova della vicenda si pongono due questioni simulazione, all’interposizione fittizia di dirittopersona. La tesi restrittiva, una avente rilevanza successoriacondivisa anche dalla prima sen- tenza d’appello annullata, fa riferimento a un orien- tamento di legittimità secondo il quale in caso di si- mulazione relativa soggettiva non sarebbe applicabile il complesso normativo degli artt. 1414-contrattuale e una di valenza nel solo campo delle obbligazioni: la prima, più discussa e su cui si concentra il dibattito in seno alla dottrina, scomoda gli istituti della delazione ereditaria e della rappresentazione, nonché il rappor- to tra quest’ultima e le norme sulla successione ab intestato in raffronto con il negozio di assicurazione sulla vita; la seconda, più lineare e alla quale la stessa Suprema Corte nella ordinanza in commento dedica poche righe finali, concerne i requisiti della liquidità ed esigibilità del credito assicurativo ai fini della cor- responsione degli interessi legali. Con riguardo a quest’ultimo profilo, la Cassazione nulla aggiunge al dibattito in corso e non fa altro che ribadire l’orientamento ormai consolidato secondo cui gli interessi nelle obbligazioni pecuniarie sono dovuti indipendentemente dalla colpa del debitore nel mancato o ritardato pagamento1417 c.c., in quanto nel caso di interposizione fittizia di persone non vi sarebbero negozi “dissimulati”, ma piuttosto contratti diversi (quello apparente e quello voluto), sottoscritti da persone in tutto o in parte distinte: non si cela l’esistenza di un contratto altro da quello che appare, ma solo il soggetto destinatario degli effetti dell’atto, che si nasconde dietro la loro funzione primaria figura del contra- ente apparente (1). Di conseguenza, di fronte ad un atto apparente in cui la figura dell’interposto abbia natura solo fittizia, es- sendo il vero contraente una persona diversa da quella che compare, le prescrizioni in materia di prove reste- rebbero affidate alle regole generali degli artt. 2721 e ss., ai quali gli artt. 1414, secondo xxxxx, non appor- terebbe alcuna deroga (2). Come conseguenza acces- xxxxx (e obbligata), nemmeno la disposizione dell’art. 1417 sarebbe applicabile all’interposizione fittizia di persone, altro non essendo se non precetto normativo di attuazione dell’art. 1414, comma 2, c.c.; con il ri- sultato ultimo che, per gli atti per i quali è quella corrispettiva, collegata alla loro natura di frutti civili della somma di denaro richiesta la prova per iscritto o la forma scritta (3): essi sono dovuti ipso iure ex art. 12822725), le par- ti non potrebbero provare la simulazione attraverso elementi presuntivi o risultanze testimoniali, nean- che quando dirette a far valere l’illiceità del contratto dissimulato, salvo il caso della perdita incolpevole del documento (art. 2724, comma 1, c.cnumero 3).
(1) Cass., 21 ottobre 1994, n. 8638, in Giust. civ., 1995, I, 3089, con nota critica di XXXXXXXX; Cass., 7 marzo 1990, n. 1811, in funzione equilibratrice del vantaggio che il debito- re ritraeGiur. it., data la normale produttività della moneta1990, dal trattenere presso I, 1430, con nota di sé somme che avrebbe dovuto pagare. Ne consegue che il decorso del termine, a partire dal quale gli interessi corrispettivi vanno conteggia- ti, deve farsi risalire al momento in cui l’importo è determinato (liquido) e il pagamento non è, o non è più, dilazionato da termini o condizioni (esigibile), a nulla rilevando che il debitore (nel caso di specie, la compagnia assicurativa) abbia effettiva contezza della concreta modalità di ripartizione del credito (l’inden- nizzo) tra i creditori (i delati-beneficiari). Liquidità ed esigibilità sono, infatti, caratteristiche oggettive del credito, non dipendenti dalla eventuale situazione – soggettiva del debitore – di dubbio sul numero degli aventi diritto alla prestazione pecuniaria. Alla luce di questi dati, la Cassazione nella pronun- cia in esame si limita a confermare la debenza degli interessi corrispettivi – richiesti dai beneficiari di un contratto assicurativo sulla vita – dal tempo in cui la società promittente è tenuta a versare l’indennizzo, il che si verifica con la morte della stipulante, costi- tuente quell’«evento attinente alla vita umana» da cui l’art. 1882 c.c. fa decorrere il pagamento di un capitale e dei conseguenti interessi ex art. 1282, comma 1, c.cRAPONE.
(2) Si fa Cass., 2 luglio 1990, n. 6764, in Giur. it., 1990, I, 1694; Cass., 27 dicembre 1988, n. 7065, in Italgiure; Cass., 22 aprile 1986, n. 2816, in Foro it., 1986, I, 1830. Le ragioni di questa differenza di disciplina si ritrova- no, secondo questa giurisprudenza, nello stesso testo dell’art. 1414, secondo xxxxx, c.c., nel senso che il contratto dissimulato o nascosto dal contratto appa- rente si riferisce esclusivamente al profilo oggettivo della simulazione, non anche al profilo soggettivo del- la diversità, in tutto o in parte, dei soggetti del con- tratto simulato da quelli del contratto dissimulato. A questo orientamento se ne affianca uno contrario (3), che affonda le radici in alcune risalenti pronunce di legittimità (4), ma che sembra soprattutto rispon- dere alle ampie considerazioni sul fenomeno simula- torio espresse dalle Sezioni unite in tema di parziale dissimulazione del canone di locazione. Espressio- ne di questo orientamento è anche la sentenza n. 22950/2019, che ha annullato la prima pronuncia d’appello della Corte d’Appello di Catania, rinviando la causa a un nuovo collegio di merito, chiamato ad accertare se gli elementi probatori offerti dai ricor- renti fossero idonei a dimostrare la sussistenza della simulazione relativa soggettiva in relazione agli atti di compravendita immobiliare oggetto di causa (5). Secondo la pronuncia n. 22950/2019, non ammet- tere, nell’ipotesi in cui sia dedotta l’illiceità del con- tratto, le parti a provare l’interposizione con testimo- ni o in base a presunzioni ai sensi dell’art. 1417 c.c. condurrebbe ad assimilare impropriamente sul piano strutturale l’interposizione fittizia alla cd. doppia alie- nazione. Assimilazione esclusa dalle Sezioni Unite, per le quali il fenomeno simulatorio è caratterizzato da un peculiare carattere procedurale in cui non si as- siste ad una “duplicazione” delle operazioni negoziali (6). Contratto simulato e contratto dissimulato non si atteggiano come due diverse e materialmente separa- te convenzioni negoziali, ma appaiono avvinte da una sostanziale unità rivolta all’effetto voluto dalle parti, in cui l’elemento decisivo è il perfezionamento di un negozio trilatero tra interposto, interponente e terzo, che deve risultare dalla controdichiarazione scritta, la quale riveste una mera valenza probatoria ed inter- pretativa del reale contenuto del negozio: senza che la fattispecie venga a frazionarsi in una pluralità di con- tratti autonomi (7). Dall’inquadramento dell’interpo- sizione nell’ambito della simulazione discende che la prova dell’interposizione fittizia di persona è soggetta ai limiti di cui all’art. 1417 c.c., rientrando pur sem- pre fra i casi di simulazione relativa, sicchè, in tema di compravendita immobiliare, si può prescindere dalla prova per iscritto dell’accordo simulatorio tra le parti quando sia diretta a far valere l’illiceità dell’operazio- ne dissimulata. Per quanto condivisibile negli esiti, questo amplia- mento in giurisprudenza dei confini di ciò che si in- tende per simulazione (8) – almeno con riferimento a singoli elementi del negozio quali i soggetti, piutto- sto che a particolari determinazioni dell’oggetto o del contenuto, come il prezzo – non sembra in grado di obliterare le argomentazioni addotte a sostegno della tesi contraria all’inclusione dell’interposizione fittizia nel fenomeno simulatorio. Il punto in discussione non è tanto l’assimilazio- ne dell’interposizione fittizia alla cosiddetta doppia alienazione (9), ma se sia propriamente applicabile all’interposizione di persona la norma che subordina la produzione degli effetti del contratto dissimulato alla sussistenza dei relativi requisiti di sostanza e di forma (art. 1414, 2 comma) e, di riflesso, la norma che consente alle parti di provare l’illiceità del contratto dissimulato mediante testimoni o presunzioni (art. 1417). Applicabilità valutata tanto in funzione tecni- co-operativa, cioè in termini di concreta praticabilità, quanto in chiave di coerenza tra fattispecie e discipli-
(3) Cass., 6 giugno 2022, n. 18049; Cass., 12 ottobre 2018, n. 25578; Cass., 23 marzo 2017, n. 7537; Cass., 10 marzo 2017, n. 6262; Cass., 2 luglio 2015, n. 13634; Cass., 19 febbraio 2008, n. 4071 (tutte in Italgiure).
(4) Cass., 20 luglio 1999, n. 7740, in Italgiure; Cass., 12 dicembre 1989, n. 5550, ivi; Cass., 19 marzo 1980, n. 1838, in Foro it., 1981, I, 843, con nota di VERDE. Forti della distinzione tra interposizione reale e interposizione fittizia di persona, riconducevano la prima al negozio fiduciario, mentre la seconda al fenomeno simulatorio, di cui applicavano la relativa disciplina in caso di attribuzione appa- rente del diritto di proprieta a persona diversa da quella che inten- desse conservarne l’effettiva disponibilita.
(5) Cass., 13 settembre 2019, n. 22950, in Italgiure.
(6) Cass. sez.un., 17 settembre 2015, n. 18213, in Giur. it., 2016, 324, con nota di XXXXXXX; anche in Nuova giur. civ. comm., 2016, I, 268, con nota di ULESSI – BUSET.
(7) Così Cass., n. 22950/2019, cit.; riprendendo quanto afferma- to da Xxxx., sez. un., 30 aprile 2021n. 18213/2015, n. 11421, in
(3) Casscit., 15 ottobre 2015, n. 20868, in Dejure. Con riguardo invece all’altra questione, ben più con- troversa e sulla quale si soffermerà la presente xxx- xxxx, la Suprema Corte contesta la pretesa dei benefi- ciari-ricorrenti di escludere dal riparto la pronipote della de cuius sull’asserito presupposto che, in appli- cazione dell’art. 565 c.c324., essi costituiscano i parenti più prossimi (di terzo grado), in quanto figli diretti di fratelli o sorelle premorti alla stipulante, escludendo così dalla successione i parenti più remoti e dunque i parenti di quarto grado, tra cui deve farsi rientrare la discendente diretta della figlia (deceduta) di una sorella della contraente. A detta dei primi cugini, gli eredi legittimi della stipulante andavano individuati nei soli parenti di terzo grado – tenuto conto che la contraente, al tempo del decesso, era celibe, senza figli o ascendenti, e non aveva lasciato testamento – con conseguente esclusione della pronipote (parente di quarto grado) dal novero degli «eredi legittimi», a cui si riferivano le due polizze sulla vita. Per risolvere la questione, la Cassazione muove dagli esiti a cui sono giunte due anni prima le Sezioni unite nell’individuazione dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita indicati genericamente negli
Appears in 1 contract
Samples: Contratto in Generale