RICORSO INCIDENTALE. L' O. - denunziando con il primo motivo del ricorso n. 10431/03 la violazione dell'art. 1158 c.c. e art. 116 c.p.c., xxxxxx omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione - oltre a dolersi dell'inadeguatezza delle argomentazioni svolte dalla corte territoriale, laddove ha escluso l'interversione della sua detenzione sull'immobile de quo in un possesso utile all'usucapione, contesta, anzi tutto, la stessa qualificazione come detenzione, anzichè come possesso, data da quel giudice alla materiale disponibilità del bene quale da lui conseguita in esecuzione di specifica clausola del contratto preliminare; assume, al riguardo, che, tale pattuizione avendo avuto la funzione di anticipare gli effetti del trasferimento del diritto di proprietà, oggetto del contratto cui era intesa la volontà delle parti, e, quindi, anche l'effetto dell'immissione nel possesso e non nella detenzione dell'immobile, non fosse conseguentemente necessario alcun atto d'interversione perchè ne avesse luogo l'usucapione con il decorso del termine ventennale di prescrizione acquisitiva dall'immissione nel godimento dello stesso. In tal senso svolgendo le proprie tesi, l' O. contrappone alla soluzione adottata dal giudice a quo - che, come ricordato nell'ordinanza di rimessione, si è conformato alla giurisprudenza di legittimità prevalente - la difforme soluzione adottata da un indirizzo giurisprudenziale minoritario e, tuttavia, a tratti riemergente in alcune pronunzie, anche relativamente recenti, di questa Corte. La motivazione della maggior parte delle quali si traduce in affermazioni apodittiche, riproduttive di massime tralaticie, mentre, nelle poche obiettivamente argomentate, l'iter logico dell'adottata soluzione prende le mosse dalla considerazione per cui il possesso non è escluso dalla conoscenza del diritto altrui, nè è subordinato all'esistenza della correlativa situazione giuridica,dacchè esso è ricollegato, sia sotto il profilo materiale (corpus) sia sotto quello psicologico (animus), ad una situazione di fatto, che si concretizza nell'esercizio di un potere oggettivo sulla cosa manifestantesi in un'attività corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale e distinguentesi dalla detenzione solo per l'atteggiamento psicologico del soggetto che lo esercita, caratterizzato, nel possesso, dal cd. animus rem sibi habendi (ossia, l'intenzione o il volere di esercitare la signoria che è propria del proprietario o del titolare del diritto reale) e, nella detenzione, dal cd. animus detinendi (che implica il riconoscimento della signoria xxxxxx). Soggiungendosi, poi, che tale principio di carattere generale non soffre deroga nei casi in cui il soggetto che assume d'essere possessore abbia ricevuto il godimento dell'immobile per effetto d'una convenzione negoziale, con la precisazione che, se la convenzione ha effetti obbligatori, perchè diretta ad assicurare il mero godimento della cosa, senza alcun trasferimento immediato o differito del bene, colui che, avendo ricevuto la consegna per questo solo scopo, si è immesso, nomine alieno, nel godimento del bene, necessariamente stabilisce con la cosa un rapporto di mera detenzione che gli consente di mutare il titolo originario di questo rapporto con la cosa solo attraverso un atto di interversione del possesso, ai sensi dell'art. 1141 c.c., comma 2. Vi si evidenzia, quindi, che ciò spiega la ragione del principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo il quale "per stabilire se in conseguenza di una convenzione con la quale un soggetto riceve da un altro il godimento di un immobile si abbia un possesso idoneo alla usucapione o una mera detenzione, occorre fare riferimento all'elemento psicologico del soggetto stesso ed a tal fine stabilire se la convenzione sia un contratto ad effetti reali o un contratto ad effetti obbligatori, dato che solo nel primo caso il contratto è idoneo a determinare nel predetto soggetto l'animus possidendi (sent. n. 4819 del 1981; sent. n. 4698 del 1987; sent. n. 741 del 1983)"; che, tuttavia, proprio la ragione del principio di diritto ora enunciato ne fissa anche il limite, escludendone l'applicazione alle convenzioni con le quali, per quanto con effetti solo obbligatori, le parti tendano a realizzare il trasferimento della proprietà del bene o di un diritto reale su di esso quando ad esse si aggiunga un patto accessorio d'immediato effetto traslativo del possesso, sostanzialmente anticipatore degli effetti traslativi del diritto che, con la convenzione, le parti stesse si sono ripromesse di realizzare. Vi si perviene, così, alla conclusione per cui nelle ipotesi predette, tra le quali rientra quella più diffusa del contratto preliminare di compravendita, la convenzione non tende solo ad attribuire il godimento del bene (che si realizza, appunto, attraverso il trasferimento della mera detenzione, caratterizzando coerentemen-te la consegna della cosa) ma è in funzione di un comune proposito di trasferimento della proprietà o di un diritto reale, alla quale è coerente il passaggio immediato del possesso, che costituisce solo un'anticipazione dell'effetto giuridico finale perseguito; onde il patto di immediato trasferimento del possesso che eventualmente acceda a queste convenzioni, con le quali è perfettamente compatibile, caratterizza, dunque, anche la consegna che ad esso faccia seguito, conferendole effetti attributivi della disponibilità possessoria e non della mera detenzione, anche in mancanza dell'immediato effetto reale del contratto cui il patto accede, tenuto anche conto che la consegna, essendo il possesso un fenomeno che prescinde dal fondamento giustificativo, è atto neutro, o negozio astratto, per il quale non si richiede affatto il requisito del fondamento causale. Tali essendo le ragioni giustificative delle esaminate decisioni, devesi considerare che, sfrondate dei superflui richiami ai principi generali, che si dichiarano condivisi, esse si riducono, in buona sostanza, alla sola affermazione per cui, nonostante la natura esclusivamente obbligatoria del preliminare, con il prevedervi anche l'immediata consegna del bene verso la contestuale corresponsione, in tutto od in parte, del prezzo, i contraenti intendono anticipare "l'effetto traslativo del diritto" proprio del definitivo. Tesi siffatta non può trovare adesione, sia che della fattispecie in esame si consideri l'aspetto possessorio, in quanto il possesso non è suscettibile di trasferimento disgiuntamente dal diritto reale del quale costituisce l'esercizio, sia che se ne consideri quello contrattuale, in quanto la disponibilità della res conseguita dal promissario acquirente deriva da un contratto di comodato collegato al preliminare per il quale al comodatario è attribuita la detenzione e non il possesso; ciò per le ragioni che di seguito si espongono. In primis, è lo stesso invocato intento delle parti ad esservi erroneamente individuato e/o travisato, in quanto, con lo stipulare un preliminare, sono per l'appunto gli effetti reali traslativi, propri del definitivo, che le parti non vogliono si verifichino per effetto immediato e diretto della conclusa convenzione. La situazione giuridica in esame, come evidenziato anche in dottrina, è, in vero, il portato d'una prassi contrattuale sviluppatasi, essenzialmente nel settore immobiliare, in ragione della sua attitudine a fornire uno strumento idoneo a soddisfare sollecitamente determinate esigenze delle parti, principalmente la disponibilità del bene per l'una e del denaro per l'altra ma ulteriori se ne possono agevolmente ipotizzare, pur contestualmente garantendone i rispettivi diritti sui beni oggetto delle reciproche attribuzioni, indipendentemente dalla sorte della convenzione, per il tempo necessario a che si realizzino quelle condizioni oggettive e/o soggettive, agevolmente ipotizzabili anch'esse nella loro molteplicità, in ragione delle quali - tanto che siano rimaste del tutto estranee alla convenzione, eppertanto giuridicamente irrilevati anche a solo livello di presupposizione, quanto che, invece, sianvi espressamente previste come condizioni sospensive o risolutive - le parti stesse non hanno voluto o potuto addivenire ad un contratto definitivo. Sono usuali, al riguardo, particolarmente nella materia delle compravendite immobiliari - che è quella più interessata dal fenomeno - le ipotesi in cui il promittente venditore debba portare a termine procedimenti amministrativi di regolarizzazione dell'edificio od opere di completamento dell'edificio stesso o delle infrastrut- ture accessorie od estinguere ipoteche o mutui, in difetto di che non sussiste l'interesse e conseguentemente la volontà di perfezionare l'acquisto da parte del promissario acquirente; o quelle in cui quest'ultimo debba, a sua volta, procurarsi, anche in più riprese, le disponibilità necessarie alla corresponsione integrale del prezzo, il conseguimento del quale condiziona parimenti interesse e volontà del promittente venditore alla realizzazione della vendita.
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Samples: Dispensa Di Diritto Civile, Contract
RICORSO INCIDENTALE. L' O. Con il primo motivo, il ricorrente - denunziando con il primo motivo del ricorso n. 10431/03 la violazione dell'arte falsa applicazione degli artt. 1158 c.c2126, 2237, 2233/1^-2^ CC, 23 e 24 L. 144/89 e succ. e art. 116 c.p.cmod., xxxxxx omessa o 24 L. 794/42 - si duole che la corte territoriale abbia ritenuto congrui i convenuti compensi di L. 6.000.000 e L. 4.000.000 senza rilevare la nullita’ della pattuizione per violazione dei minimi tariffari inderogabili. Con il secondo motivo, il ricorrente - denunziando violazione degli artt. 115 e 116 CPC in relazione all'art. 2697 CC, 23 e 24 L. 144/89 e succ. mod., del dovere di giudicare iuxta alligata et probata - si duole che la corte territoriale sia pervenuta all'adottata decisione stravolgendo il senso letterale dei documenti acquisiti all'incarto processuale e fornendo una verita’ non riscontrabile nel contenuto degli stessi, cio’, in particolare, relativamente all'estensione dell'oggetto dell'incarico di cui alla delibera 8.4.91, erroneamente ritenuto limitato alla redazione di quattro pareri e non anche alle problematiche antecedenti e posteriori alla delibera stessa, per la soluzione delle quali egli aveva svolto attivita’ ampiamente documentata e non presa in considerazione. Con il terzo, il quarto ed il quinto motivo, il ricorrente - denunziando insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia - oltre si duole che la corte territoriale non abbia fornito adeguate ragioni: della condanna diretta dell'ex sindaco limitata alla somma di L. 4.733.000 in luogo della maggior Dirama di L. 15.681.600 imputabile alle sue determinazioni e desumibile dalla parcella; della reiezione dell'azione surrogatoria nei diritti ex art. 2041 CC dell'ex sindaco verso il Comune; della ritenuta congruita’ delle somme di 6.000.000 e 4.000.000 in relazione agli incarichi svolti pur in presenza di liquidazione da parte del Consiglio dell'Ordine ed in difetto di specifica contestazione da parte del Comune; della mancata ammissione dei mezzi istruttori; della ritenuta limitazione dell'oggetto degli incarichi conferiti con le delibere 139/91 e 107/92; della ritenuta natura autonoma e limitata dell'incarico conferito con la delibera 107/92. Al riguardo devesi, preliminarmente ed a dolersi dell'inadeguatezza delle valere per l'intera trattazione, evidenziare come alle eventuali carenze del ricorso, alle quali si faccia in seguito riferimento trattando partitamente dei singoli motivi, non possano supplire ne’ rimediare, in quanto non possono essere prese in considerazione indipendentemente dalla loro pertinenza e/o fondatezza o meno, le argomentazioni svolte dalla corte territorialeaggiuntive, nella quali puo’ ravvisarsi maggiore approfondimento degli argomenti se pure comunque inidonee a superarne i vizi d'impostazione, sviluppate in fatto ed in diritto dal ricorrente con la memoria difensiva ex art. 378 CPC, questa potendo essere utilizzata esclusivamente per illustrare e chiarire i motivi gia’ compiutamente svolti con il ricorso od a confutare le tesi avversarie, una non per dedurre nuove censure, o sollevare nuove questioni - salvo siano rilevabili anche d'ufficio ed in tal caso, comunque, solo ove gli elementi di giudizio gia’ risultino dagli atti - ne’, soprattutto, per specificare od integrare od ampliare il contenuto dei motivi originari (l'impugnazione i quali non fossero stati adeguatamente prospettati o sviluppati nel ricorso (e pluribus, recentemente, Cass. 7.7.03 n. 10683, 11.6.03 n. 9387, 15.3.02 n. 861, 6.12.00 n. 15505, 22.11.00 n. 15112, 16.12.99 n. 14167, 2.9.97 n. 8373, SS.UU. 19.5.97 n. 4445). Xxx’ premesso, devesi rilevare come nessuno dei surriportati motivi, laddove ha escluso l'interversione per intero (1^, 2^, 4^, 5^) od in parte (3^ lett. "c" e "d") relativi al dedotto rapporto negoziale tra ricorrente e Comune, meriti accoglimento, non solo in quanto di per se stessi inidonei a giustificare l'annullamento dell'impugnata sentenza, del che in seguito, ma soprattutto in quanto non lo merita l'originaria domanda per una ragione pregiudiziale ed assorbente rispetto a quelle, pur idonee, poste a fondamento della sua detenzione sull'immobile de quo in un possesso utile all'usucapionesentenza medesima, contesta, anzi tutto, la stessa qualificazione come detenzione, anzichè come possesso, data da quel giudice alla materiale disponibilità del bene quale da lui conseguita in esecuzione di specifica clausola del contratto preliminare; assume, al riguardo, id est che, tale pattuizione avendo avuto la funzione di anticipare gli effetti del trasferimento del diritto di proprietà, oggetto del contratto cui era intesa la volontà delle parti, e, quindi, anche l'effetto dell'immissione nel possesso e non nella detenzione dell'immobilespecie, non fosse conseguentemente necessario alcun atto d'interversione perchè ne avesse luogo l'usucapione con sussiste valido rapporto contrattuale tra il decorso del termine ventennale di prescrizione acquisitiva dall'immissione nel godimento dello stesso. In tal senso svolgendo le proprie tesiCimolino ed il Comune non solo, l' O. contrappone alla soluzione adottata come ritenuto dal giudice a quo - che, come ricordato nell'ordinanza di rimessione, si è conformato alla giurisprudenza di legittimità prevalente - la difforme soluzione adottata da un indirizzo giurisprudenziale minoritario e, tuttavia, a tratti riemergente in alcune pronunzie, anche relativamente recenti, di questa Corte. La motivazione della maggior parte delle quali si traduce in affermazioni apodittiche, riproduttive di massime tralaticie, mentre, nelle poche obiettivamente argomentate, l'iter logico dell'adottata soluzione prende le mosse dalla considerazione per cui il possesso non è escluso dalla conoscenza del diritto altrui, nè è subordinato all'esistenza della correlativa situazione giuridica,dacchè esso è ricollegato, sia sotto il profilo materiale (corpus) sia sotto quello psicologico (animus), ad una situazione di fatto, che si concretizza nell'esercizio di un potere oggettivo sulla cosa manifestantesi in un'attività corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale e distinguentesi dalla detenzione solo per l'atteggiamento psicologico del soggetto che lo esercita, caratterizzato, nel possesso, dal cd. animus rem sibi habendi (ossia, l'intenzione o il volere di esercitare la signoria che è propria del proprietario o del titolare del diritto reale) e, nella detenzione, dal cd. animus detinendi (che implica il riconoscimento della signoria xxxxxx). Soggiungendosi, poi, che tale principio di carattere generale non soffre deroga nei casi in cui il soggetto che assume d'essere possessore abbia ricevuto il godimento dell'immobile per effetto d'una convenzione negoziale, con la precisazione che, se la convenzione ha effetti obbligatori, perchè diretta ad assicurare il mero godimento della cosa, senza alcun trasferimento immediato o differito del bene, colui che, avendo ricevuto la consegna per questo solo scopo, si è immesso, nomine alieno, nel godimento del bene, necessariamente stabilisce con la cosa un rapporto di mera detenzione che gli consente di mutare il titolo originario di questo rapporto con la cosa solo attraverso un atto di interversione del possesso, ai sensi dell'art. 1141 c.c., comma 2. Vi si evidenzia, quindi, che ciò spiega la ragione del principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo il quale "per stabilire se in conseguenza di una convenzione con la quale un soggetto riceve da un altro il godimento di un immobile si abbia un possesso idoneo alla usucapione o una mera detenzione, occorre fare riferimento all'elemento psicologico del soggetto stesso ed a tal fine stabilire se la convenzione sia un contratto ad effetti reali o un contratto ad effetti obbligatori, dato che solo nel primo caso il contratto è idoneo a determinare nel predetto soggetto l'animus possidendi (sent. n. 4819 del 1981; sent. n. 4698 del 1987; sent. n. 741 del 1983)"; che, tuttavia, proprio la ragione del principio di diritto ora enunciato ne fissa anche il limite, escludendone l'applicazione alle convenzioni con le qualiquo, per quanto con effetti solo obbligatori, le parti tendano attivita’ non specificamente riconducibili a realizzare il trasferimento della proprietà del bene o di un diritto reale su di esso quando ad esse si aggiunga un patto accessorio d'immediato effetto traslativo del possesso, sostanzialmente anticipatore degli effetti traslativi del diritto che, con la convenzione, le parti stesse si sono ripromesse di realizzare. Vi si perviene, così, alla conclusione per cui nelle ipotesi predette, tra le quali rientra quella più diffusa del contratto preliminare di compravendita, la convenzione non tende solo ad attribuire il godimento del bene (che si realizza, appunto, attraverso il trasferimento della mera detenzione, caratterizzando coerentemen-te la consegna della cosa) ma è in funzione di un comune proposito di trasferimento della proprietà o di un diritto reale, alla quale è coerente il passaggio immediato del possesso, che costituisce solo un'anticipazione dell'effetto giuridico finale perseguito; onde il patto di immediato trasferimento del possesso che eventualmente acceda a queste convenzioni, con le quali è perfettamente compatibile, caratterizza, dunque, anche la consegna che ad esso faccia seguito, conferendole effetti attributivi della disponibilità possessoria e non della mera detenzione, anche in mancanza dell'immediato effetto reale del contratto cui il patto accede, tenuto anche conto che la consegna, essendo il possesso un fenomeno che prescinde dal fondamento giustificativo, è atto neutro, o negozio astratto, per il quale non si richiede affatto il requisito del fondamento causale. Tali essendo le ragioni giustificative delle esaminate decisioni, devesi considerare che, sfrondate dei superflui richiami ai principi generali, che si dichiarano condivisi, esse si riducono, in buona sostanza, alla sola affermazione per cui, nonostante la natura esclusivamente obbligatoria del preliminare, con il prevedervi anche l'immediata consegna del bene verso la contestuale corresponsione, in tutto od in parte, del prezzo, i contraenti intendono anticipare "l'effetto traslativo del diritto" proprio del definitivo. Tesi siffatta non può trovare adesione, sia che della fattispecie in esame si consideri l'aspetto possessorio, in quanto il possesso non è suscettibile di trasferimento disgiuntamente dal diritto reale del quale costituisce l'esercizio, sia che se ne consideri quello contrattuale, in quanto la disponibilità della res conseguita dal promissario acquirente deriva da un contratto di comodato collegato al preliminare per il quale al comodatario è attribuita la detenzione e non il possesso; ciò per le ragioni che di seguito si espongono. In primis, è lo stesso invocato intento delle parti ad esservi erroneamente individuato e/o travisato, in quanto, con lo stipulare un preliminare, sono per l'appunto gli effetti reali traslativi, propri del definitivo, che le parti non vogliono si verifichino per effetto immediato e diretto della conclusa convenzione. La situazione giuridica in esame, come evidenziato anche in dottrina, è, in vero, il portato d'una prassi contrattuale sviluppatasi, essenzialmente nel settore immobiliare, in ragione della sua attitudine a fornire uno strumento idoneo a soddisfare sollecitamente determinate esigenze delle parti, principalmente la disponibilità del bene per l'una e del denaro per l'altra ma ulteriori se ne possono agevolmente ipotizzare, pur contestualmente garantendone i rispettivi diritti sui beni quelle oggetto delle reciproche attribuzionidue deliberazioni in discussione, indipendentemente dalla sorte della convenzione, ma neppure per il tempo necessario a che si realizzino quelle condizioni oggettive e/o soggettive, agevolmente ipotizzabili anch'esse nella loro molteplicità, in ragione delle quali - tanto che siano rimaste del tutto estranee alla convenzione, eppertanto giuridicamente irrilevati anche a solo livello di presupposizione, quanto che, invece, sianvi espressamente previste come condizioni sospensive o risolutive - le parti stesse non hanno voluto o potuto addivenire ad un contratto definitivo. Sono usuali, al riguardo, particolarmente nella materia delle compravendite immobiliari - che è quella più interessata dal fenomeno - le ipotesi in cui il promittente venditore debba portare a termine procedimenti amministrativi di regolarizzazione dell'edificio od opere di completamento dell'edificio stesso o delle infrastrut- ture accessorie od estinguere ipoteche o mutui, in difetto di che non sussiste l'interesse e conseguentemente la volontà di perfezionare l'acquisto da parte del promissario acquirente; o quelle in cui quest'ultimo debba, a sua volta, procurarsi, anche in più riprese, le disponibilità necessarie alla corresponsione integrale del prezzo, il conseguimento del quale condiziona parimenti interesse e volontà del promittente venditore alla realizzazione della venditaqueste ultime.
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Samples: Contratto d'Opera
RICORSO INCIDENTALE. L' O. 1.4 - denunziando con Con il primo motivo del ricorso n. 10431/03 la violazione dell'art. 1158 c.c. e art. 116 c.p.c.motivo, xxxxxx omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione - oltre a dolersi dell'inadeguatezza delle argomentazioni svolte dalla corte territoriale, laddove ha escluso l'interversione della sua detenzione sull'immobile de quo in un possesso utile all'usucapione, contesta, anzi tutto, la stessa qualificazione come detenzione, anzichè come possesso, data da quel giudice alla materiale disponibilità del bene quale da lui conseguita in esecuzione di specifica clausola del contratto preliminare; assume, al riguardo, che, tale pattuizione avendo avuto la funzione di anticipare gli effetti del trasferimento del diritto di proprietà, oggetto del contratto cui era intesa la volontà delle parti, e, quindi, anche l'effetto dell'immissione nel possesso e non nella detenzione dell'immobile, non fosse conseguentemente necessario alcun atto d'interversione perchè ne avesse luogo l'usucapione con il decorso del termine ventennale di prescrizione acquisitiva dall'immissione nel godimento dello stesso. In tal senso svolgendo le proprie tesi, l' O. contrappone alla soluzione adottata dal giudice a quo - che, come ricordato nell'ordinanza di rimessione, si è conformato alla giurisprudenza di legittimità prevalente - la difforme soluzione adottata da un indirizzo giurisprudenziale minoritario e, tuttavia, a tratti riemergente in alcune pronunzie, anche relativamente recenti, di questa Corte. La motivazione della maggior parte delle quali si traduce in affermazioni apodittiche, riproduttive di massime tralaticie, mentre, nelle poche obiettivamente argomentate, l'iter logico dell'adottata soluzione prende le mosse dalla considerazione per cui il possesso non è escluso dalla conoscenza del diritto altrui, nè è subordinato all'esistenza della correlativa situazione giuridica,dacchè esso è ricollegato, sia sotto il profilo materiale (corpus) sia sotto quello psicologico (animus), ad una situazione di fatto, che si concretizza nell'esercizio di un potere oggettivo sulla cosa manifestantesi in un'attività corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale e distinguentesi dalla detenzione solo per l'atteggiamento psicologico del soggetto che lo esercita, caratterizzato, nel possesso, dal cd. animus rem sibi habendi (ossia, l'intenzione o il volere di esercitare la signoria che è propria del proprietario o del titolare del diritto reale) e, nella detenzione, dal cd. animus detinendi (che implica il riconoscimento della signoria xxxxxx). Soggiungendosi, poi, che tale principio di carattere generale non soffre deroga nei casi in cui il soggetto che assume d'essere possessore abbia ricevuto il godimento dell'immobile per effetto d'una convenzione negoziale, con la precisazione che, se la convenzione ha effetti obbligatori, perchè diretta ad assicurare il mero godimento della cosa, senza alcun trasferimento immediato o differito del bene, colui che, avendo ricevuto la consegna per questo solo scopo, si è immesso, nomine alieno, nel godimento del bene, necessariamente stabilisce con la cosa un rapporto di mera detenzione che gli consente di mutare il titolo originario di questo rapporto con la cosa solo attraverso un atto di interversione del possessoD. Caffè deduce, ai sensi dell'art. 1141 c.c360 c.p.c., comma 21, n. 3, la "violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. Vi 1362, 1366 e 1367 c.c. e alla L. n. 129 del 2004, artt. 1-3". Osserva la ricorrente incidentale come essa abbia sempre rilevato, sin dal primo grado, che il riferimento al know-how contenuto in contratto è da intendersi in senso atecnico, sicchè si evidenziapalesa erronea la pretesa di sussumere la clausola in questione nell'alveo della L. n. 129 del 2004 e, quindi, di valutarla alla luce della definizione del know-how in essa contenuta, trattandosi di "qualcosa" di diverso. La D. assume ora che ciò spiega la ragione Corte avrebbe frainteso la portata del principioproprio appello sul punto, ripetutamente affermato da questa Corte, concernente non già la qualificazione dell'intero contratto - che secondo il quale "per stabilire se in conseguenza di una convenzione con la quale un soggetto riceve da un altro il godimento di un immobile si abbia un possesso idoneo alla usucapione o una mera detenzione, occorre fare riferimento all'elemento psicologico del soggetto stesso ed a tal fine stabilire se la convenzione sia un contratto ad effetti reali o un contratto ad effetti obbligatori, dato che solo nel primo caso il contratto è idoneo a determinare nel predetto soggetto l'animus possidendi (sent. n. 4819 del 1981; sent. n. 4698 del 1987; sent. n. 741 del 1983)"; che, tuttavia, proprio la ragione del principio di diritto ora enunciato ne fissa anche il limite, escludendone l'applicazione alle convenzioni con le quali, per quanto con effetti solo obbligatori, le parti tendano a realizzare il trasferimento della proprietà del bene o di un diritto reale su di esso quando ad esse si aggiunga un patto accessorio d'immediato effetto traslativo del possesso, sostanzialmente anticipatore degli effetti traslativi del diritto chestessa società deve oramai, con la convenzionestatuizione coperta dal giudicato, le parti stesse si sono ripromesse ascriversi al contratto di realizzare. Vi si perviene, così, alla conclusione per cui nelle ipotesi predette, tra le quali rientra quella più diffusa del contratto preliminare affitto di compravendita, la convenzione non tende solo ad attribuire il godimento del bene (azienda "che si realizza, appunto, attraverso connotava altresì per una serie di previsioni riconducibili al diverso schema della affiliazione commerciale" (così il trasferimento della mera detenzione, caratterizzando coerentemenTribunale) - bensì più specificamente alla effettiva configurabilità in termini di "know-te la consegna della cosa) ma è how in funzione senso tecnico" di un comune proposito di trasferimento della proprietà o di un diritto reale, alla quale è coerente il passaggio immediato del possesso, che costituisce solo un'anticipazione dell'effetto giuridico finale perseguito; onde il patto di immediato trasferimento del possesso che eventualmente acceda a queste convenzioni, con le quali è perfettamente compatibile, caratterizza, dunque, anche la consegna che ad esso faccia seguito, conferendole effetti attributivi della disponibilità possessoria e non della mera detenzione, anche in mancanza dell'immediato effetto reale del contratto cui il patto accede, tenuto anche conto che la consegna, essendo il possesso un fenomeno che prescinde dal fondamento giustificativo, è atto neutro, o negozio astratto, per il quale non si richiede affatto il requisito del fondamento causale. Tali essendo le ragioni giustificative delle esaminate decisioni, devesi considerare che, sfrondate dei superflui richiami ai principi generali, che si dichiarano condivisi, esse si riducono, in buona sostanza, alla sola affermazione per cui, nonostante la natura esclusivamente obbligatoria del preliminare, con il prevedervi anche l'immediata consegna del bene verso la contestuale corresponsione, in tutto od in parte, del prezzo, i contraenti intendono anticipare "l'effetto traslativo del diritto" proprio del definitivo. Tesi siffatta non può trovare adesione, sia che della fattispecie in esame si consideri l'aspetto possessorio, in quanto il possesso non è suscettibile di trasferimento disgiuntamente dal diritto reale del quale costituisce l'esercizio, sia che se ne consideri quello contrattuale, in quanto la disponibilità della res conseguita dal promissario acquirente deriva da un contratto di comodato collegato al preliminare per il quale al comodatario è attribuita la detenzione e non il possesso; ciò per le ragioni che di seguito si espongono. In primis, è lo stesso invocato intento delle parti ad esservi erroneamente individuato e/o travisato, in quanto, con lo stipulare un preliminare, sono per l'appunto gli effetti reali traslativi, propri del definitivo, che le parti non vogliono si verifichino per effetto immediato avevano indicato in contratto con l'espressione "diritto di ingresso e diretto della conclusa convenzioneapprendimento know-how". La situazione giuridica Rileva la società che, anche a voler ritenere corretta la qualificazione del contratto in esame, come evidenziato anche in dottrina, ètermini di franchising, in veroforza delle disposizioni della L. n. 129 del 2004 il trasferimento del know-how non costituisce una clausola indefettibile del tipo contrattuale in discorso, ma solo uno dei possibili contenuti che il portato d'una prassi contrattuale sviluppatasinegozio può conglobare, essenzialmente nel settore immobiliare, sicchè in ragione della sua attitudine a fornire uno strumento idoneo a soddisfare sollecitamente determinate esigenze delle parti, principalmente ogni caso la disponibilità del bene per l'una e del denaro per l'altra ma ulteriori se ne possono agevolmente ipotizzare, pur contestualmente garantendone i rispettivi diritti sui beni oggetto delle reciproche attribuzioni, indipendentemente dalla sorte della convenzione, per il tempo necessario a che si realizzino quelle condizioni oggettive e/o soggettive, agevolmente ipotizzabili anch'esse nella loro molteplicità, in ragione delle quali - tanto che siano rimaste del tutto estranee alla convenzione, eppertanto giuridicamente irrilevati anche a solo livello di presupposizione, quanto che, invece, sianvi espressamente previste come condizioni sospensive o risolutive - Corte avrebbe dovuto pronunciarsi su "cosa" le parti stesse non hanno voluto o potuto addivenire ad un contratto definitivo. Sono usuali, avessero effettivamente pattuito al riguardo, particolarmente al di là del nomen iuris da esse utilizzato. Insomma, l'errore della Corte del merito, secondo la D., consiste nell'aver ritenuto che il know-how di cui alla clausola dedotta in contratto non potesse che integrare proprio "quel" know-how di cui alla L. n. 129 del 2004, mentre la Corte avrebbe in realtà dovuto interrogarsi se, alla luce della clausola pattuita, potesse davvero trattarsi di "quel" know- how. Osserva la D. che nella materia delle compravendite immobiliari - che specie, assai più banalmente, si trattava soltanto del necessario addestramento impartito dalla società alla C. perchè ella potesse gestire la Bottega in conformità alle altre Botteghe presenti sul territorio, non certo di know-how tecnicamente inteso, perchè, avuto riguardo alle caratteristiche di una ordinaria "Bottega del Caffè D.", esso 1) non è quella più interessata dal fenomeno - le ipotesi in cui il promittente venditore debba portare a termine procedimenti amministrativi di regolarizzazione dell'edificio od opere di completamento dell'edificio stesso o delle infrastrut- ture accessorie od estinguere ipoteche o mutui, in difetto di che e non sussiste l'interesse può essere segreto; 2) non è e conseguentemente la volontà di perfezionare l'acquisto da parte del promissario acquirentenon può essere sostanziale; o quelle in cui quest'ultimo debba, a sua volta, procurarsi, anche in più riprese, le disponibilità necessarie alla corresponsione integrale del prezzo, il conseguimento del quale condiziona parimenti interesse e volontà del promittente venditore alla realizzazione della vendita3) non può essere specificamente descritto/individuato.
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Samples: Civil Procedure
RICORSO INCIDENTALE. L' O. - denunziando con il primo Col motivo addotto a sostegno del ricorso incidentale la ricorrente per incidente lamenta falsa applicazione del D.P.R. n. 10431/03 la violazione dell'art. 1158 c.c. e 131 del 1986, art. 116 c.p.c.44, xxxxxx omessa posto che il giudice di ap- pello non poteva ritenere applicabile nella specie la norma eccezionale “de qua”, di stret- ta interpretazione, secondo cui l’imposta di registro va determinata in base al prezzo di aggiudicazione in caso di vendita fatta in sede di espropriazione forzata, o insufficiente e contraddittoria motivazione - oltre di asta pub- blica ovvero di contratti stipulati in seguito a dolersi dell'inadeguatezza delle argomentazioni svolte dalla corte territorialepubblico incanto, laddove ha escluso l'interversione dal momento che il prezzo della sua detenzione sull'immobile cessione non viene determinato in modo uguale o molto vicino a quello venale di mercato come nelle ipotesi suddette, ma liberamente dalle parti ove si tratti di concordato preventivo o fallimentare, nel quale l’intervento de quo in un possesso utile all'usucapione, contesta, anzi tutto, giudice delegato at- tiene sostanzialmente alla fase successiva di omologa o autorizzazione. La doglianza va condivisa. Al riguardo va evidenziato che la stessa qualificazione come detenzione, anzichè come possesso, data da quel giudice alla materiale disponibilità del bene quale da lui conseguita in esecuzione di specifica clausola del contratto preliminare; assume, al riguardo, che, tale pattuizione avendo avuto la funzione di anticipare gli effetti del trasferimento del diritto di proprietà, oggetto del contratto cui era intesa la volontà delle parti, e, quindi, anche l'effetto dell'immissione nel possesso e non nella detenzione dell'immobile, non fosse conseguentemente necessario alcun atto d'interversione perchè ne avesse luogo l'usucapione con il decorso del termine ventennale di prescrizione acquisitiva dall'immissione nel godimento dello stesso. In tal senso svolgendo le proprie tesi, l' O. contrappone alla soluzione adottata dal giudice a quo - che, come ricordato nell'ordinanza di rimessione, si è conformato alla giurisprudenza di legittimità prevalente - la difforme soluzione adottata da un indirizzo giurisprudenziale minoritario e, tuttavia, a tratti riemergente in alcune pronunzie, anche relativamente recentilegit- timità è costante nel ritenere che il citato art. 44 del T.U.R., di questa Corte. La motivazione della maggior parte delle quali si traduce in affermazioni apodittichestretta interpretazione, riproduttive di massime tralaticie, mentre, nelle poche obiettivamente argomentate, l'iter logico dell'adottata soluzione prende le mosse dalla considerazione per cui il possesso non è escluso dalla conoscenza del diritto altrui, nè è subordinato all'esistenza della correlativa situazione giuridica,dacchè esso è ricollegato, sia sotto il profilo materiale (corpus) sia sotto quello psicologico (animus), ad una situazione di fatto, che si concretizza nell'esercizio di un potere oggettivo sulla cosa manifestantesi in un'attività corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale e distinguentesi dalla detenzione solo per l'atteggiamento psicologico del soggetto che lo esercita, caratterizzato, nel possesso, dal cd. animus rem sibi habendi (ossia, l'intenzione o il volere di esercitare la signoria che è propria del proprietario o del titolare del diritto reale) e, nella detenzione, dal cd. animus detinendi (che implica il riconoscimento della signoria xxxxxx). Soggiungendosi, poi, che tale principio di carattere generale non soffre deroga nei casi in cui il soggetto che assume d'essere possessore abbia ricevuto il godimento dell'immobile per effetto d'una convenzione negoziale, con la precisazione che, se la convenzione ha effetti obbligatori, perchè diretta ad assicurare il mero godimento della cosa, senza alcun trasferimento immediato o differito del bene, colui che, avendo ricevuto la consegna per questo solo scopo, si è immesso, nomine alieno, nel godimento del bene, necessariamente stabilisce con la cosa un rapporto di mera detenzione che gli consente di mutare il titolo originario di questo rapporto con la cosa solo attraverso un atto di interversione del possesso, ai sensi dell'art. 1141 c.c., comma 2. Vi si evidenzia, quindi, che ciò spiega la ragione del principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo il quale "per stabilire se in conseguenza di una convenzione con la quale un soggetto riceve da un altro il godimento di un immobile si abbia un possesso idoneo alla usucapione o una mera detenzione, occorre fare riferimento all'elemento psicologico del soggetto stesso ed a tal fine stabilire se la convenzione sia un contratto ad effetti reali o un contratto ad effetti obbligatori, dato che solo nel primo caso il contratto è idoneo a determinare nel predetto soggetto l'animus possidendi (sent. n. 4819 del 1981; sent. n. 4698 del 1987; sent. n. 741 del 1983)"; che, tuttavia, proprio la ragione del principio di diritto ora enunciato ne fissa anche il limite, escludendone l'applicazione alle convenzioni con le quali, per quanto con effetti solo obbligatori, le parti tendano a realizzare il trasferimento della proprietà del bene o di un diritto reale su di esso quando ad esse si aggiunga un patto accessorio d'immediato effetto traslativo del possesso, sostanzialmente anticipatore degli effetti traslativi del diritto che, con la convenzione, le parti stesse si sono ripromesse di realizzare. Vi si perviene, così, alla conclusione per cui nelle ipotesi predette, tra le quali rientra quella più diffusa del contratto preliminare di compravendita, la convenzione non tende solo ad attribuire il godimento del bene (che si realizza, appunto, attraverso il trasferimento della mera detenzione, caratterizzando coerentemen-te la consegna della cosa) ma è in funzione di un comune proposito di trasferimento della proprietà o di un diritto reale, alla quale è coerente il passaggio immediato del possesso, che costituisce solo un'anticipazione dell'effetto giuridico finale perseguito; onde il patto di immediato trasferimento del possesso che eventualmente acceda a queste convenzioni, con le quali è perfettamente compatibile, caratterizza, dunque, anche la consegna che ad esso faccia seguito, conferendole effetti attributivi della disponibilità possessoria e non della mera detenzione, anche in mancanza dell'immediato effetto reale del contratto cui il patto accede, tenuto anche conto che la consegna, essendo il possesso un fenomeno che prescinde dal fondamento giustificativo, è atto neutro, o negozio astratto, per il quale non si richiede affatto il requisito del fondamento causale. Tali essendo le ragioni giustificative delle esaminate decisioni, devesi considerare che, sfrondate dei superflui richiami ai principi generali, che si dichiarano condivisi, esse si riducono, in buona sostanza, alla sola affermazione per cui, nonostante la natura esclusivamente obbligatoria del preliminare, con il prevedervi anche l'immediata consegna del bene verso la contestuale corresponsione, in tutto od in parte, del prezzo, i contraenti intendono anticipare "l'effetto traslativo del diritto" proprio del definitivo. Tesi siffatta non può trovare adesione, sia che della fattispecie in esame si consideri l'aspetto possessorio, in quanto il possesso non è suscettibile di applicazione analogica, e che l’elencazione ivi contenuta è tassati- va (ex multis, Cass. n. 6403 del 22 aprile 2003; n. 763 del 19 gennaio 2001; n. 85470 dell’11 luglio 1992). In proposito, con la risoluzione n. 102/E del 17 maggio 2007, l’Agenzia ha precisa- to, tenendo conto dell’indirizzo espresso dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 6403 del 22 aprile 2003, che “... la norma (art. 44, comma 1, TUR, n.d.r.) comporta dunque presupposti rigidi di applicabilità, richiedendo: a) che il trasferimento disgiuntamente dal diritto reale del quale costituisce l'eserciziosia fatto in sede di espropriazione forzata ovvero all’asta pubblica (oppure tramite contratti ag- giudicati o stipulati a pubblico incanto); b) che vi sia un prezzo di aggiudicazione fis- sato in sede di una pubblica gara, sia che se ne consideri quello contrattualecui commisurare la base imponibile ...”. In tema di imposta di registro, il trasferimento di immobili disposto in quanto la disponibilità della res conseguita dal promissario acquirente deriva da un contratto esecuzione di comodato collegato al preliminare per il quale al comodatario è attribuita la detenzione concordato preventivo con cessione dei beni non può essere compreso, né median- te interpretazione estensiva, né in via di applicazione analogica, tra le ipotesi (espro- priazione forzata e non il possesso; ciò trasferimenti coattivi) per le ragioni quali il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 44, predetermina la base imponibile per l’imposta di registro – con norma di natu- ra eccezionale, sostanzialmente identica a quella di cui al D.P.R. n. 634 del 1972, pre- vigente art. 42, – nel prezzo dell’aggiudicazione o nell’ammontare dell’indennizzo. Ne consegue che all’amministrazione finanziaria non è precluso l’accertamento di seguito si espongono. In primis, è lo stesso invocato intento delle parti ad esservi erroneamente individuato e/o travisato, in quanto, con lo stipulare un preliminare, sono per l'appunto gli effetti reali traslativi, propri del definitivo, che le parti non vogliono si verifichino per effetto immediato e diretto della conclusa convenzione. La situazione giuridica in esame, come evidenziato anche in dottrina, è, in vero, il portato d'una prassi contrattuale sviluppatasi, essenzialmente nel settore immobiliare, in ragione della sua attitudine a fornire uno strumento idoneo a soddisfare sollecitamente determinate esigenze delle parti, principalmente la disponibilità va- lore del bene per l'una maggiore di quello dichiarato nell’atto di trasferimento. Infatti nelle alienazioni adottate in regime di concordato preventivo con cessione dei beni non si riscontra né la determinazione giudiziale del prezzo dell’immobile (da- ta la natura negoziale del concordato e degli atti di cessione), né la finalità di realizzare il maggior prezzo possibile (scopo dell’istituto essendo piuttosto quello di raggiungere la maggior convenienza economica dei creditori); e ciò rende manifestamente infon- data la questione di legittimità costituzionale del denaro per l'altra ma ulteriori se ne possono agevolmente ipotizzarecitato D.P.R. n. 131 del 1986, pur contestualmente garantendone i rispettivi diritti sui beni oggetto art. 44, sotto il profilo dell’ingiustificata disparità di trattamento delle reciproche attribuzioni, indipendentemente dalla sorte della convenzione, per il tempo necessario alienazioni in esame ri- spetto a che si realizzino quelle condizioni oggettive e/o soggettive, agevolmente ipotizzabili anch'esse nella loro molteplicità, rientranti nel suo ambito applicativo (V. pure Cass. Sentenze n. 3420 del 08/03/2002 n. 763 del 2001). Sul punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in ragione delle quali - tanto che siano rimaste del tutto estranee alla convenzione, eppertanto giuridicamente irrilevati anche a solo livello di presupposizione, quanto che, invece, sianvi espressamente previste come condizioni sospensive o risolutive - le parti stesse non hanno voluto o potuto addivenire ad un contratto definitivo. Sono usuali, al riguardo, particolarmente nella materia delle compravendite immobiliari - che è quella più interessata dal fenomeno - le ipotesi in cui il promittente venditore debba portare a termine procedimenti amministrativi di regolarizzazione dell'edificio od opere di completamento dell'edificio stesso o delle infrastrut- ture accessorie od estinguere ipoteche o mutui, in difetto di che non sussiste l'interesse e conseguentemente la volontà di perfezionare l'acquisto da parte del promissario acquirente; o quelle in cui quest'ultimo debba, a sua volta, procurarsi, anche in più riprese, le disponibilità necessarie alla corresponsione integrale del prezzo, il conseguimento del quale condiziona parimenti interesse e volontà del promittente venditore alla realizzazione della venditamodo giuridica- mente corretto.
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RICORSO INCIDENTALE. L' O. - denunziando con il primo motivo del ricorso n. 10431/03 la violazione dell'art. 1158 c.c. e art. 116 c.p.c., xxxxxx nonché omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione - oltre a dolersi dell'inadeguatezza delle argomentazioni svolte dalla corte territoriale, laddove ha escluso l'interversione della sua detenzione sull'immobile de quo in un possesso utile all'usucapione, contesta, anzi tutto, la stessa qualificazione come detenzione, anzichè anziché come possesso, data da quel giudice alla materiale disponibilità del bene quale da lui conseguita in esecuzione di specifica clausola del contratto preliminare; assume, al riguardo, che, tale pattuizione avendo avuto la funzione di anticipare gli effetti del trasferimento del diritto di proprietà, oggetto del contratto cui era intesa la volontà delle parti, e, quindi, anche l'effetto dell'immissione nel possesso e non nella detenzione dell'immobile, non fosse conseguentemente necessario alcun atto d'interversione perchè perché ne avesse luogo l'usucapione con il decorso del termine ventennale di prescrizione acquisitiva dall'immissione nel godimento dello stesso. In tal senso svolgendo le proprie tesi, l' O. contrappone alla soluzione adottata dal giudice a quo - che, come ricordato nell'ordinanza di rimessione, si è conformato alla giurisprudenza di legittimità prevalente - la difforme soluzione adottata da un indirizzo giurisprudenziale minoritario e, tuttavia, a tratti riemergente in alcune pronunzie, anche relativamente recenti, di questa Corte. La motivazione della maggior parte delle quali si traduce in affermazioni apodittiche, riproduttive di massime tralaticie, mentre, nelle poche obiettivamente argomentate, l'iter logico dell'adottata soluzione prende le mosse dalla considerazione per cui il possesso non è escluso dalla conoscenza del diritto altrui, nè né è subordinato all'esistenza della correlativa situazione giuridica,dacchè , dacché esso è ricollegato, sia sotto il profilo materiale (corpus) sia sotto quello psicologico (animus), ad una situazione di fatto, che si concretizza nell'esercizio di un potere oggettivo sulla cosa manifestantesi in un'attività corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale e distinguentesi dalla detenzione solo per l'atteggiamento psicologico del soggetto che lo esercita, caratterizzato, nel possesso, dal cd. animus rem sibi habendi (ossia, l'intenzione o il volere di esercitare la signoria che è propria del proprietario o del titolare del diritto reale) e, nella detenzione, dal cd. animus detinendi (che implica il riconoscimento della signoria xxxxxx). Soggiungendosi, poi, che tale principio di carattere generale non soffre deroga nei casi in cui il soggetto che assume d'essere possessore abbia ricevuto il godimento dell'immobile per effetto d'una convenzione negoziale, con la precisazione che, se la convenzione ha effetti obbligatori, perchè perché diretta ad assicurare il mero godimento della cosa, senza alcun trasferimento immediato o differito del bene, colui che, avendo ricevuto la consegna per questo solo scopo, si è immesso, nomine alieno, nel godimento del bene, necessariamente stabilisce con la cosa un rapporto di mera detenzione che gli consente di mutare il titolo originario di questo rapporto con la cosa solo attraverso un atto di interversione del possesso, ai sensi dell'art. 1141 c.c., comma 2. Vi si evidenzia, quindi, che ciò spiega la ragione del principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo il quale "per stabilire se in conseguenza di una convenzione con la quale un soggetto riceve da un altro il godimento di un immobile si abbia un possesso idoneo alla usucapione o una mera detenzione, occorre fare riferimento all'elemento psicologico del soggetto stesso ed a tal fine stabilire se la convenzione sia un contratto ad effetti reali o un contratto ad effetti obbligatori, dato che solo nel primo caso il contratto è idoneo a determinare nel predetto soggetto l'animus possidendi (sent. n. 4819 del 1981; sent. n. 4698 del 1987; sent. n. 741 del 1983)"; che, tuttavia, proprio la ragione del principio di diritto ora enunciato ne fissa anche il limite, escludendone l'applicazione alle convenzioni con le quali, per quanto con effetti solo obbligatori, le parti tendano a realizzare il trasferimento della proprietà del bene o di un diritto reale su di esso quando ad esse si aggiunga un patto accessorio d'immediato effetto traslativo del possesso, sostanzialmente anticipatore degli effetti traslativi del diritto che, con la convenzione, le parti stesse si sono ripromesse di realizzare. Vi si perviene, così, alla conclusione per cui nelle ipotesi predette, tra le quali rientra quella più diffusa del contratto preliminare di compravendita, la convenzione non tende solo ad attribuire il godimento del bene (che si realizza, appunto, attraverso il trasferimento della mera detenzione, caratterizzando coerentemen-te la consegna della cosa) ma è in funzione di un comune proposito di trasferimento della proprietà o di un diritto reale, alla quale è coerente il passaggio immediato del possesso, che costituisce solo un'anticipazione dell'effetto giuridico finale perseguito; onde il patto di immediato trasferimento del possesso che eventualmente acceda a queste convenzioni, con le quali è perfettamente compatibile, caratterizza, dunque, anche la consegna che ad esso faccia seguito, conferendole effetti attributivi della disponibilità possessoria e non della mera detenzione, anche in mancanza dell'immediato effetto reale del contratto cui il patto accede, tenuto anche conto che la consegna, essendo il possesso un fenomeno che prescinde dal fondamento giustificativo, è atto neutro, o negozio astratto, per il quale non si richiede affatto il requisito del fondamento causale. Tali essendo le ragioni giustificative delle esaminate decisioni, devesi considerare che, sfrondate dei superflui richiami ai principi generali, che si dichiarano condivisi, esse si riducono, in buona sostanza, alla sola affermazione per cui, nonostante la natura esclusivamente obbligatoria del preliminare, con il prevedervi anche l'immediata consegna del bene verso la contestuale corresponsione, in tutto od in parte, del prezzo, i contraenti intendono anticipare "l'effetto traslativo del diritto" proprio del definitivo. Tesi siffatta non può trovare adesione, sia che della fattispecie in esame si consideri l'aspetto possessorio, in quanto il possesso non è suscettibile di trasferimento disgiuntamente dal diritto reale del quale costituisce l'esercizio, sia che se ne consideri quello contrattuale, in quanto la disponibilità della res conseguita dal promissario acquirente deriva da un contratto di comodato collegato al preliminare per il quale al comodatario è attribuita la detenzione e non il possesso; ciò per le ragioni che di seguito si espongono. In primis, è lo stesso invocato intento delle parti ad esservi erroneamente individuato e/o travisato, in quanto, con lo stipulare un preliminare, sono per l'appunto gli effetti reali traslativi, propri del definitivo, che le parti non vogliono si verifichino per effetto immediato e diretto della conclusa convenzione. La situazione giuridica in esame, come evidenziato anche in dottrina, è, in vero, il portato d'una prassi contrattuale sviluppatasi, essenzialmente nel settore immobiliare, in ragione della sua attitudine a fornire uno strumento idoneo a soddisfare sollecitamente determinate esigenze delle parti, principalmente la disponibilità del bene per l'una e del denaro per l'altra ma ulteriori se ne possono agevolmente ipotizzare, pur contestualmente garantendone i rispettivi diritti sui beni oggetto delle reciproche attribuzioni, indipendentemente dalla sorte della convenzione, per il tempo necessario a che si realizzino quelle condizioni oggettive e/o soggettive, agevolmente ipotizzabili anch'esse nella loro molteplicità, in ragione delle quali - tanto che siano rimaste del tutto estranee alla convenzione, eppertanto giuridicamente irrilevati anche a solo livello di presupposizione, quanto che, invece, sianvi espressamente previste come condizioni sospensive o risolutive - le parti stesse non hanno voluto o potuto addivenire ad un contratto definitivo. Sono usuali, al riguardo, particolarmente nella materia delle compravendite immobiliari - che è quella più interessata dal fenomeno - le ipotesi in cui il promittente venditore debba portare a termine procedimenti amministrativi di regolarizzazione dell'edificio od opere di completamento dell'edificio stesso o delle infrastrut- ture accessorie od estinguere ipoteche o mutui, in difetto di che non sussiste l'interesse e conseguentemente la volontà di perfezionare l'acquisto da parte del promissario acquirente; o quelle in cui quest'ultimo debba, a sua volta, procurarsi, anche in più riprese, le disponibilità necessarie alla corresponsione integrale del prezzo, il conseguimento del quale condiziona parimenti interesse e volontà del promittente venditore alla realizzazione della vendita.
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RICORSO INCIDENTALE. L' O. Con il primo motivo, la ricorrente - denunziando con il primo motivo del ricorso n. 10431/03 la violazione dell'art. 1158 c.c. 23/4^ del DL 66/89 convertito in L 144/89 e art. 116 c.p.c., xxxxxx omessa o insufficiente e contraddittoria vizi di motivazione - oltre si duole che la corte territoriale abbia erroneamente escluso il carattere unitario dell'incarico conferito al Cimolino con le due deliberazioni 139/91 e 107/92 e l'estensione dell'oggetto di esso a dolersi dell'inadeguatezza tutte le attivita’ espletate dal legale in favore del Comune e connesse alla realizzazione del 2 e 3 lotto dell'area d'accoglienza anche anteriormente e posteriormente all'adozione delle argomentazioni svolte dalla corte territoriale, laddove ha escluso l'interversione della sua detenzione sull'immobile de quo in un possesso utile all'usucapione, contesta, anzi tutto, la stessa qualificazione come detenzione, anzichè come possesso, data da quel giudice alla materiale disponibilità del bene quale da lui conseguita in esecuzione di specifica clausola del contratto preliminare; assume, al riguardo, che, tale pattuizione avendo avuto la funzione di anticipare gli effetti del trasferimento del diritto di proprietà, oggetto del contratto cui era intesa la volontà delle parti, deliberazioni stesse e, quindi, anche l'effetto dell'immissione nel possesso applicato la richiamata norma in difetto del necessario presupposto della carenza d'un legittimo provvedimento autorizzativo; abbia omesso di considerare come il Cimolino non avesse segnalato l'insufficienza dello stanziamento deliberato per le sue prestazioni; abbia ritenuto la sua responsabilita’ in ordine ad alcune attivita’ poste in essere dal Cimolino pur non risultando provato ch'ella le avesse commissionate. Il motivo non merita accoglimento. Xxxxxxx, per la prima e non nella detenzione dell'immobilela seconda ragione di censura, non attinenti al preteso rapporto contrattuale, le medesime considerazioni gia’ svolte trattando del ricorso principale. Anzi tutto, nessuna delle attivita’ svolte dal Cimolino in favore del Comune, ne’ quelle oggetto delle deliberazioni qual che ne fosse conseguentemente necessario alcun stata l'estensione, ne’ quelle anteriori o successive alle deliberazioni stesse, aveva trovato supporto in un rapporto contrattuale validamente costituito a seguito di specifica manifestazione della volonta’ dell'Ente in atto d'interversione perchè ne avesse luogo l'usucapione con il decorso scritto firmato dal soggetto attributario del termine ventennale di prescrizione acquisitiva dall'immissione nel godimento dello stesso. In tal senso svolgendo le proprie tesipotere d'esternarla e dal professionista, l' O. contrappone alla soluzione adottata onde correttamente si e’ ritenuto dal giudice a quo che ricorressero, se pur solo per parte delle dette attivita’, i presupposti della responsabilita’ diretta dell'amministratore e tale considerazione e’ assorbente. In secondo luogo - che, come ricordato nell'ordinanza di rimessione, si è conformato alla giurisprudenza di legittimità prevalente ma solo per completezza - la difforme soluzione adottata da un indirizzo giurisprudenziale minoritario e, tuttavia, ricorrente avrebbe dovuto dedurre l'eventuale errore del giudice a tratti riemergente quo in alcune pronunzie, anche relativamente recenti, di questa Corte. La motivazione ordine all'interpretazione della maggior parte delle quali si traduce in affermazioni apodittiche, riproduttive di massime tralaticie, mentre, nelle poche obiettivamente argomentate, l'iter logico dell'adottata soluzione prende le mosse dalla considerazione per cui il possesso non è escluso dalla conoscenza del diritto altrui, nè è subordinato all'esistenza della correlativa situazione giuridica,dacchè esso è ricollegato, sia pretesa volonta’ contrattuale sotto il profilo materiale (corpus) sia sotto quello psicologico (animus)della violazione degli artt. 1362 ss. CC e con gli argomenti all'uopo idonei e necessari. Quanto alla terza ragione di censura, devesi rilevare come il giudice a quo abbia giustificato l'adottata decisione sulla considerazione che la Xxxxxxxxxxx aveva sempre riconosciuto l'effettiva esecuzione da parte del Cimolino delle prestazioni indicate in parcella e non ne aveva, di contro, mai contestato le causali, onde ha imputato alla Mangiagalli quelle prestazioni che, sulla base di quella parcella, risultavano riferibili ad una situazione iniziativa dalla stessa assunta. Trattasi di fattovalutazione rientrante nell'esclusiva competenza del giudice del merito non sindacabile in sede di legittimita’ se non per vizi di motivazione, che si concretizza nell'esercizio di un potere oggettivo sulla cosa manifestantesi in un'attività corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale e distinguentesi dalla detenzione solo per l'atteggiamento psicologico del soggetto che lo esercita, caratterizzato, nel possesso, dal cd. animus rem sibi habendi (ossia, l'intenzione o il volere di esercitare la signoria che è propria del proprietario o del titolare del diritto reale) evizi che, nella detenzionespecie, dal cd. animus detinendi (che implica il riconoscimento della signoria xxxxxx). Soggiungendosi, poi, che tale principio di carattere generale non soffre deroga nei casi in cui il soggetto che assume d'essere possessore abbia ricevuto il godimento dell'immobile per effetto d'una convenzione negoziale, con la precisazione che, se la convenzione ha effetti obbligatori, perchè diretta ad assicurare il mero godimento della cosa, senza alcun trasferimento immediato o differito del bene, colui che, avendo ricevuto la consegna per questo risultano solo scopo, si è immesso, nomine alieno, nel godimento del bene, necessariamente stabilisce con la cosa un rapporto di mera detenzione che gli consente di mutare il titolo originario di questo rapporto con la cosa solo attraverso un atto di interversione del possesso, ai sensi dell'art. 1141 c.c., comma 2. Vi si evidenziagenericamente e, quindi, che ciò spiega la ragione del principioinidoneamente allegati. Va, ripetutamente affermato da questa Corteinfatti, secondo tenuto presente come il motivo di ricorso per Cassazione con il quale "alla sentenza impugnata venga mossa censura per stabilire se vizi di motivazione ex art. 360 in, 5 CPC debba essere inteso a far valere, a pena d'inammissibilita’ ex art. 366 n. 4 CPC in conseguenza difetto di una convenzione con la quale loro specifica indicazione, carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicita’ nell'attribuire agli elementi di giudizio un soggetto riceve da un altro il godimento significato fuori dal senso comune, od ancora mancanza di un immobile si abbia un possesso idoneo alla usucapione o una mera detenzione, occorre fare riferimento all'elemento psicologico del soggetto stesso ed a tal fine stabilire se la convenzione sia un contratto ad effetti reali o un contratto ad effetti obbligatori, dato che solo nel primo caso il contratto è idoneo a determinare nel predetto soggetto l'animus possidendi (sent. n. 4819 del 1981; sent. n. 4698 del 1987; sent. n. 741 del 1983)"; che, tuttavia, proprio la ragione del principio di diritto ora enunciato ne fissa anche il limite, escludendone l'applicazione alle convenzioni con le quali, per quanto con effetti solo obbligatori, le parti tendano a realizzare il trasferimento della proprietà del bene o di un diritto reale su di esso quando ad esse si aggiunga un patto accessorio d'immediato effetto traslativo del possesso, sostanzialmente anticipatore degli effetti traslativi del diritto che, con la convenzione, le parti stesse si sono ripromesse di realizzare. Vi si perviene, così, alla conclusione per cui nelle ipotesi predette, coerenza tra le quali rientra quella più diffusa varie ragioni esposte per assoluta incompatibilita’ razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi, e non possa, invece, essere inteso a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del contratto preliminare merito al diverso convincimento soggettivo della parte ed, in particolare, non possa proporsi un preteso migliore e piu’ appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito della discrezionalita’ di compravenditavalutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, la convenzione attengono al libero convincimento del giudice e non tende solo ad attribuire ai possibili vizi dell'iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della norma in esame; diversamente, il godimento del bene (che motivo di ricorso per Cassazione si realizzarisolverebbe - com'e’, appunto, attraverso il trasferimento della mera detenzioneper quello in esame - in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice del merito, caratterizzando coerentemen-te la consegna della cosa) ma è in funzione id est di un comune proposito nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalita’ del giudizio di trasferimento della proprietà o di un diritto realelegittimita’. Devesi, alla quale è coerente il passaggio immediato del possessoinfatti, che costituisce solo un'anticipazione dell'effetto giuridico finale perseguito; onde il patto di immediato trasferimento del possesso che eventualmente acceda a queste convenzionitener presente come, con le quali è perfettamente compatibile, caratterizza, dunque, anche la consegna che ad esso faccia seguito, conferendole effetti attributivi della disponibilità possessoria e non della mera detenzione, anche in mancanza dell'immediato effetto reale del contratto cui il patto accede, tenuto anche conto che la consegna, essendo il possesso un fenomeno che prescinde dal fondamento giustificativo, è atto neutro, o negozio astratto, per il quale non si richiede affatto il requisito del fondamento causale. Tali essendo le ragioni giustificative delle esaminate decisioni, devesi considerare che, sfrondate dei superflui richiami ai principi generali, che si dichiarano condivisi, esse si riducono, in buona sostanza, alla sola affermazione per cui, nonostante la natura esclusivamente obbligatoria del preliminareallorche’ sia denunziato, con il prevedervi anche l'immediata consegna del bene verso la contestuale corresponsionericorso per Cassazione ex art. 360 n. 5 CPC, in tutto od in parteun vizio di motivazione della sentenza impugnata, del prezzo, i contraenti intendono anticipare "l'effetto traslativo del diritto" proprio del definitivo. Tesi siffatta non può trovare adesione, sia che della fattispecie in esame quale si consideri l'aspetto possessorio, in quanto il possesso non è suscettibile di trasferimento disgiuntamente dal diritto reale del quale costituisce l'esercizio, sia che se ne consideri quello contrattuale, in quanto la disponibilità della res conseguita dal promissario acquirente deriva da un contratto di comodato collegato al preliminare per il quale al comodatario è attribuita la detenzione e non il possesso; ciò per le ragioni che di seguito si espongono. In primis, è lo stesso invocato intento delle parti ad esservi erroneamente individuato deducano l'incongruita’ e/o travisatol'insufficienza delle argomentazioni svoltevi in ordine alle prove, in quantoper asserita omessa od erronea valutazione delle risultanze processuali, con lo stipulare un preliminaresia necessario, sono per l'appunto gli effetti reali traslativi, propri del definitivoal fine di consentire al giudice di legittimita’ il controllo sulla decisivita’ degli elementi di giudizio assuntivamente non valutati od erroneamente valutati, che le parti il ricorrente indichi puntualmente ciascuna delle risultanze istruttorie alle quali fa riferimento e ne specifichi il contenuto mediante loro sintetica ma esauriente esposizione ed, all'occorrenza, integrale trascrizione nel ricorso, non vogliono si verifichino per effetto immediato essendo idonei all'uopo il semplice richiamo ai documenti prodotti od alle deposizioni assunte nella fase di merito e diretto della conclusa convenzione. La situazione giuridica la prospettazione degli elementi probatori dagli stessi desumibili quali intesi soggettivamente dalla parte in esame, come evidenziato anche contrapposizione alle valutazioni effettuate dal giudice di quella fase con la sentenza impugnata in dottrina, è, in vero, il portato d'una prassi contrattuale sviluppatasi, essenzialmente nel settore immobiliare, in ragione della sua attitudine a fornire uno strumento idoneo a soddisfare sollecitamente determinate esigenze ordine al complesso delle parti, principalmente la disponibilità del bene per l'una e del denaro per l'altra ma ulteriori se ne possono agevolmente ipotizzare, pur contestualmente garantendone i rispettivi diritti sui beni oggetto delle reciproche attribuzioni, indipendentemente dalla sorte della convenzione, per il tempo necessario a che si realizzino quelle condizioni oggettive acquisizioni probatorie e/o soggettivea quelle di esse ritenute rilevanti ai fini dell'adottata decisione e, agevolmente ipotizzabili anch'esse nella loro molteplicitàtanto meno, inammissibili richiami per relationem agli atti della precedente fase del giudizio. Nella specie, il motivo, gia’ non inteso a censurare la ratio decidendi ma a prospettare una diversa interpretazione degli accertamenti in ragione fatto, estranea alle valutazioni rimesse al giudice della legittimita’ e per cio’ solo inammissibile, neppure risulta adeguatamente specifico in ordine alle risultanze istruttorie delle quali - tanto che siano rimaste denunzia l'erronea od insufficiente valutazione, e tale inottemperanza al principio d'autosufficienza del tutto estranee alla convenzione, eppertanto giuridicamente irrilevati anche a solo livello di presupposizione, quanto che, invece, sianvi espressamente previste come condizioni sospensive o risolutive - le parti stesse non hanno voluto o potuto addivenire ad un contratto definitivo. Sono usuali, al riguardo, particolarmente nella materia delle compravendite immobiliari - che è quella più interessata dal fenomeno - le ipotesi in cui il promittente venditore debba portare a termine procedimenti amministrativi di regolarizzazione dell'edificio od opere di completamento dell'edificio stesso o delle infrastrut- ture accessorie od estinguere ipoteche o mutui, in difetto di che non sussiste l'interesse e conseguentemente la volontà di perfezionare l'acquisto da parte del promissario acquirente; o quelle in cui quest'ultimo debba, a sua volta, procurarsi, anche in più riprese, le disponibilità necessarie alla corresponsione integrale del prezzo, il conseguimento del quale condiziona parimenti interesse e volontà del promittente venditore alla realizzazione della venditaricorso per cassazione ne e’ ulteriore motivo d'inammissibilita’.
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