CAPO I
Titolo III – Riforma dei contratti e dei rapporti di lavoro e dispo- sizioni per l’effettività della tutela dei diritti
Parte I – Principi generali ed estensione delle tutele dei lavoratori subordinati ai lavoratori autonomi
CAPO I
Principi generali
Articolo 41
Forma comune dei rapporti di lavoro e patto di prova
1. Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e stabile costituisce la forma comune di rapporto di lavoro.
2. L’articolo 2096 del codice civile è sostituito dal seguente:
«2096. Assunzione in prova
1. All’atto dell’assunzione è consentita la conclusione per iscritto di un patto di prova a fini di inse- rimento lavorativo.
2. Per i contratti di lavoro a tempo indeterminato la durata del patto di prova è prevista dai con- tratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale, entro il limite massimo di 9 mesi. Nei casi in cui il lavoratore sia assunto per svolgere mansioni che richiedono competenze professionali da lui non possedute in virtù di un precedente contratto di apprendistato o per averle acquisite sul la- voro, i predetti contratti possono fissare una durata superiore congrua rispetto alle specifiche pre- sunte esigenze di formazione del lavoratore, comunque entro il limite massimo di 15 mesi.
3. Per i contratti di lavoro a tempo determinato la durata del patto di prova è stabilita dai contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale, in misura congrua rispetto alla durata del con- tratto di lavoro.
4. Qualora tra un datore di lavoro ed un lavoratore intercorra una pluralità di contratti di lavoro, il patto di prova può essere inserito soltanto nel primo di essi, incluso il caso in cui si sia trattato di un contratto di apprendistato.
5. Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di pre- avviso. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.
6. In caso di recesso del datore di lavoro nel corso o alla scadenza del periodo di prova, al lavora-
tore è dovuta un’indennità, nella misura indicata dai contratti collettivi ad efficacia generale di li- vello nazionale.
7. Compiuto il periodo di prova, l'assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell'anzianità del prestatore di lavoro».
Dopo aver ribadito, al primo comma, che “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e stabile costituisce la forma comune del rapporto di lavoro” la norma interviene in modo decisamente innovativo sull’articolo del codice civile che disciplina il periodo di prova.
Le innovazioni proposte vogliono essere una risposta alternativa al cd. “contratto a tutele crescenti” che, contrariamente a quanto promette con la sua denominazione, non consente, dopo la “crescita”, di vedersi riconosciuti diritti diversi e più stabilizzati: con le disposizioni in commento, al contrario, superato il periodo di prova il dipendente approda a quel contratto di lavoro subordinato di cui al primo comma.
Rispetto all’attuale art. 2096, che non prevede alcun termine massimo di durata della prova, il nuovo statuto stabilisce che la durata della prova viene fissata sempre “dai contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale” entro un limite massimo di 9 mesi, ulteriormente aumentabile a 15 se l’assunzione è finalizzata ad acquisire competenze professionali non possedute in ragione di un contratto di apprendistato o di esperienze lavorative. In tal modo si tende a favorire, con un termine elastico calibrato a seconda delle diverse situazioni, l’inserimento lavorativo; d’altra parte, superato il termine, si rende davvero stabile il rapporto di lavoro, per effetto della reintroduzione della reintegra sul posto di lavoro, come previsto dall’art. 83.
Il periodo di prova nei contratti a termine deve essere fissato, sempre dai contratti collettivi, “in misura congrua” rispetto alla durata del contratto: previsione che neutralizza diffuse prassi poco virtuose di quasi coincidenza tra durata della prova e durata del contratto.
Resta fermo il principio generale secondo cui durante la prova il recesso resta libero, e quindi non è vincolato né da un obbligo di motivazione né da un obbligo di preavviso (salvo che non sia fissato un tempo minimo necessario). In caso di recesso da parte del datore di lavoro è prevista però – contrariamente al vecchio testo – un’indennità, la cui misura è fissata dai contratti collettivi. Deve ritenersi comunque applicabile anche al nuovo periodo di prova quella giurisprudenza che in caso di imputabilità del recesso a un motivo illecito ritiene che la dichiarazione di nullità comporti il ripristino del rapporto di lavoro.
Resta fermo il principio per cui il patto di prova non ha alcuna validità se non è apposto in forma scritta in momento anteriore o contestuale all’inizio della prestazione lavorativa.
CAPO II
Estensione delle tutele dei lavoratori subordinati ai lavoratori autonomi e ai collaboratori coordi- nati e continuativi
Articolo 42
Nuova disciplina dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dei contratti di lavoro autonomo con caratteristiche di dipendenza economica
1. Ai contratti di lavoro, intercorrenti con un committente privato o pubblico o con più soggetti privati riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi, che prevedano una collaborazione del lavoratore coordinata con l’organizzazione del committente,
continuativa ed esclusivamente personale, si applica la disciplina, compresa quella previdenziale, prevista per il contratto di lavoro subordinato, ad eccezione degli articoli 2100, 2101, 2103, 2104, comma 2, 2106, 2107 e 2108 del codice civile. Nel caso in cui i contratti collettivi di livello nazionale applicabili al committente non contengano previsioni in materia di compenso, quest’ultimo dovrà essere comunque proporzionato alla quantità e alla qualità della prestazione da eseguire, avendo riguardo all’impegno temporale richiesto da essa e alla retribuzione prevista dal contratto collettivo ad efficacia generale di livello nazionale applicabile al committente con riferimento alle figure professionali di competenza e di esperienza analoga a quella del lavoratore.
2. Quanto stabilito dal comma 1 vale anche per i contratti di lavoro autonomo intercorrenti con un committente privato o pubblico o con più soggetti privati riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi, allorquando prevedano l’obbligo del lavoratore autonomo, con o senza partita IVA, di compiere un’opera o servizio con lavoro esclusivamente proprio, abbiano una durata complessiva di più di sei mesi annui, ed il compenso da essi previsto, pur se corrisposto in modo frazionato tra tali soggetti, costituisca più del 60 per cento dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal lavoratore.
3. Le disposizioni di cui ai commi precedenti non trovano applicazione con riferimento alle
attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni.
L’art. 42 accoglie una delle più significative novità introdotte con la Carta dei diritti del lavoro, poiché estende lo statuto protettivo previsto per i lavoratori subordinati innanzitutto ai lavoratori autonomi coordinati e poi anche ai lavoratori autonomi “puri”, quando essi intrattengano rapporti di durata superiore a sei mesi annui in condizioni di dipendenza economica da un committente esclusivo o prevalente.
Si tratta di un’estensione di disciplina senza riqualificazione dei rapporti, sicché ciò che lo Statuto propone è, essenzialmente, un giudizio di equivalenza tra situazioni diverse le quali sono, tuttavia, ritenute meritevoli di analoga tutela e protezione. Il che è oltremodo ragionevole, poiché una tutela contro il licenziamento ingiustificato o il diritto ad un equo compenso nulla hanno a che vedere con le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, mentre hanno molto a che fare con l’inserimento continuativo o la destinazione prevalente di un’attività di lavoro personale ad un’organizzazione predisposta da altri.
Per vero, l’estensione di disciplina non è integrale: similmente a quanto era stato previsto in una precedente proposta di legge d’iniziativa popolare maturata nell’ambito della consulta giuridica della Cgil, la norma ragionevolmente esclude che si applichino ai lavoratori giuridicamente autonomi quelle disposizioni – e solo quelle disposizioni – intimamente legate alla etero-direzione della prestazione lavorativa, tipica del (solo) rapporto di lavoro subordinato (art. 2094 c.c.): si tratta delle norme in tema di potere direttivo, potere di modificare le mansioni del lavoratore (c.d. ius variandi), potere disciplinare ecc., mentre viene finalmente abbandonata l’idea, tanto vetusta quanto dura a morire, in base alla quale è meritevole di un consistente apparato di tutele il solo lavoro sottoposto a continue e stringenti direttive di un capo che ne sorveglia l’esecuzione attraverso penetranti ed assidui controlli.
In dettaglio, il primo comma si riferisce ai collaboratori coordinati e continuativi (c.d. lavoratori parasubordinati), richiedendo, come unica condizione per l’applicazione della tutela forte, che la prestazione resa sia di carattere esclusivamente – non “prevalentemente” (art. 409, n. 3, c.p.c.) – personale, mentre si abbandona la seconda restrittiva condizione richiesta dal Jobs Act, ossia che la collaborazione coordinate e continuativa, oltre ad essere personale, sia pure organizzata dal committente “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro” (art. 2, d.lgs. n. 81/2015), lasciando, di tal xxxxx, sprovvisto di ogni protezione il collaboratore che abbia margini di autonomia
con riguardo ad anche solo uno dei due profili in questione. Peraltro, similmente a quanto già previsto dalla riforma Fornero per le (sole) collaborazioni a progetto, oggi superate, si riconosce la titolarità del diritto ad un equo compenso (art. 36 Cost.) anche in capo ai collaboratori, puntualizzando che il corrispettivo riconosciuto a tali lavoratori, ove non previsto da un apposito contratto collettivo, non può in nessun caso essere inferiore a quello previsto dal CCNL per i lavoratori subordinati comparabili sotto il profilo della “quantità” e “qualità della prestazione da eseguire”.
Il secondo comma estende, poi, analoga tutela ai lavoratori autonomi (con o senza partita IVA), ogniqualvolta siano chiamati a svolgere un’opera o servizio con lavoro esclusivamente proprio in condizioni di “dipendenza economica”. Tale condizione sussiste in presenza di un duplice requisito quantitativo, attinente alla durata del rapporto ed al compenso percepito nell’arco dell’anno: in primo luogo è necessario che i rapporti intrattenuti con medesimo committente abbiano durata complessiva superiore a sei mesi; in secondo luogo, che da tali rapporti sia tratto un compenso superiore al 60 per cento dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal lavoratore.
L’unica eccezione riguarda gli amministratori e sindaci di società, opportunamente ritenuti estranei al bisogno di protezione che giustifica l’estensione delle tutele in tutti gli altri casi.
Riecheggia, anche nella disciplina dettata dall’art. 42, l’orientamento a suo tempo espresso da Xxxxxxx X’Xxxxxx il quale giustamente osservava che, in fin dei conti, quando il lavoro personale è fattore costitutivo dell’attività altrui, implica dipendenza economica e condiziona scelte di vita, allora, nonostante lo storico steccato che divide il mondo del lavoro in ragione del tipo di contratto, è il compromesso politico che sta alla base della Costituzione sociale a essere messo in gioco. Insomma, se lo Statuto dei lavoratori del ’70 volle far camminare la Costituzione oltre i cancelli delle fabbriche, da tempo il lavoro fuoriesce dai luoghi di lavoro per disperdersi nelle reti delle collaborazioni, del lavoro autonomo (più o meno) puro, della fornitura e sub-fornitura anche uni-personale. Anche la Costituzione deve muovere i propri passi nella medesima direzione.
Parte II - Revisione della disciplina dei contratti di lavoro
Capo I Contratto di apprendistato
OBIETTIVO: ridare centralità al contratto di apprendistato come contratto a finalità formativa, contra- stando tutta quella legislazione che, a partire dalla riforma del 2003 (c.d. Xxxxx), ha avviato un pro- cesso di svilimento della formazione, facendo prevalere solo il momento occupazionale e favorendo prassi elusive tendenti a una applicazione distorta dell’apprendistato, visto solo come un contratto a basso costo.
Di seguito sono segnalati i profili di maggiore novità rispetto alla disciplina vigente.
Articolo 43 Definizione
1. Il contratto di apprendistato è un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato al quale accedono obbligazioni a contenuto formativo, al fine di favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 44, comma 9, alla conclusione del periodo di apprendistato previsto dagli articoli 45, 46, e 47, il contratto prosegue come ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
2. Il contratto di apprendistato si articola nelle seguenti tipologie:
a) apprendistato per il diploma professionale e per il diploma di istruzione secondaria superiore;
b) apprendistato professionalizzante;
c) apprendistato di alta formazione e ricerca.
3. Il contratto di apprendistato per il diploma professionale e per il diploma di istruzione secondaria superiore e quello di apprendistato di alta formazione e ricerca integrano organicamente, con modalità di apprendimento duali, formazione e lavoro, con riferimento ai titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioni professionali contenuti nel Repertorio nazionale di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, nell’ambito del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente (EQF).
In sede definitoria si conferma la natura del contratto a tempo indeterminato a causa mista: non solo scambio tra retribuzione e prestazione lavorativa, ma anche obbligazione formativa.
Rimane l’articolazione in tre tipologie (apprendistato per il diploma professionale e per il diploma di istruzione secondaria superiore; apprendistato professionalizzante e apprendistato di alta formazione e ricerca), dove la prima e la terza integrano il cd. sistema duale di apprendimento (for - mazione e lavoro).
Articolo 44 Disciplina generale
1. La disciplina speciale del contratto di apprendistato è rimessa ai contratti collettivi ad efficacia generale di ambito nazionale anche confederale, i quali sono comunque tenuti al rispetto delle disposizioni che seguono.
2. Il contratto di apprendistato è stipulato in forma scritta ai fini della sua validità. In mancanza di forma scritta il contratto si reputa dalla sua origine come ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
3. Il contratto di apprendistato deve contenere il piano formativo individuale, definito sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva ad efficacia generale di livello nazionale o confederale. Il piano deve comprendere la formazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e quella relativa alla disciplina lavoristica di riferimento. In mancanza il contratto si reputa dalla sua origine come ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
4. La capacità formativa delle imprese deve essere accreditata sulla base di requisiti e procedure pubbliche definite attraverso il confronto con le parti sociali.
5. E’ fatto divieto di retribuire l’apprendista a cottimo o con ogni altra remunerazione di tipo incentivante. La retribuzione per le ore di formazione è a carico del datore di lavoro in considerazione della finalizzazione formativa a vantaggio dell’impresa, fermo restando le diverse disposizioni stabilite nei contratti collettivi di cui al comma 1.
6. Nel corso del periodo di apprendistato deve essere assicurata la presenza di un tutor formativo, nonché di un tutore o referente aziendale che dovrà possedere almeno i requisiti di cui DM 28 febbraio 2000, n. 22, e che abbia assolto a quanto in esso previsto.
7. Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro. Tale rapporto non può superare il 100 per cento per i datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore a dieci unità. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, può assumere apprendisti in numero non superiore a tre. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle imprese artigiane per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 4 della L. 8 agosto 1985, n. 443.
8. I lavoratori assunti con un contratto di apprendistato sono inclusi nel computo dei limiti numerici previsti dalla legge per l’applicazione di particolari normative e istituti. Ad essi si applicano i diritti sindacali di cui alla L. 20 maggio n. 300, 1970, nonché, sin dalla data della stipulazione del contratto e fatto salvo quanto previsto dal comma successivo, la generale disciplina di tutela contro i licenziamenti illegittimi, di cui all’articolo 18 della predetta legge.
9. Entro i trenta giorni successivi alla conclusione del periodo di apprendistato di cui agli articoli 45, 46 e 47 le parti possono recedere con preavviso dal contratto, ai sensi dell’articolo 2118 del codice civile. In mancanza, si applica l’articolo 43, comma 1.
10. Nel caso in cui, al termine dei periodi di apprendistato previsti rispettivamente per i contratti di apprendistato di cui all’articolo 44, comma 2, lettere a) e c) l’apprendista non abbia conseguito il diploma o il titolo di studio, a richiesta di quest’ultimo i contratti stessi sono prorogati di un ulteriore anno, nel caso in cui, entro questo termine, sia possibile tale conseguimento, anche ai fini dell’applicazione del comma precedente.
La disciplina generale, relativa a tutti e tre i tipi di apprendistato, è rimessa alla contrattazio- ne collettiva.
Rispetto al quadro normativo vigente, si segnalano importanti disposizioni innovative, poste a tutela del lavoratore e di una effettiva e seria formazione.
Innanzitutto, la forma scritta è richiesta ad substantiam, quale requisito di validità del con- tratto (e non più ai fini della prova). Inoltre, quale elemento di validità del contratto è richiesta la re- dazione del piano formativo individuale. In entrambi i casi, la loro mancanza comporta che il con- tratto si reputi dalla sua origine come ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indetermi- nato.
Di rilievo anche la previsione sulla capacità formativa delle imprese che deve essere ac- creditata secondo specifiche procedure e attraverso il confronto delle parti sociali. In tal modo si evita che il ruolo formativo venga svolto dalle imprese al solo scopo di beneficiare delle agevola- zioni economiche, senza fornire all’apprendista le effettive competenze, oltre al fatto che in tal modo la formazione non rischia di essere confusa e/o di esaurirsi nell’addestramento pratico.
Sul piano del trattamento economico, innovativa anche la disposizione secondo cui è a ca- rico del datore di lavoro la retribuzione per le ore di formazione; non è più disposto il sottoinqua - dramento contrattuale. In ogni caso, resta ferma la possibilità di convenire diversamente in sede ne- goziale. Tale disposizione si fonda sul presupposto che la formazione del lavoratore è un investi- mento e una risorsa per il datore di lavoro che porta beneficiarne in termini di maggiore qualità del lavoro e, dunque, con ricadute positive sul piano della produttività.
Importante anche l’esplicita previsione che l’apprendista non vada escluso dal computo dei limiti numerici previsti dalla legge per l’applicazione di particolari normative e istituti. Si pone così fine alla regola di considerare l’apprendista un lavoratore “fantasma”.
Innovativa anche l’espressa inclusione degli apprendisti nel campo di applicazione dei diritti
sindacali e della disciplina dei licenziamenti illegittimi.
Infine, si prevede la possibilità di prorogare di un altro anno i periodi di apprendistato di primo e terzo tipo, qualora l’apprendista non abbia conseguito il diploma o il titolo di studio (solo a richiesta dello stesso).
Articolo 45
Apprendistato per il diploma professionale e per il diploma di istruzione secondaria superiore
1. I datori di lavoro pubblici e privati possono assumere con il contratto di apprendistato finalizzato al conseguimento di un diploma professionale e di un diploma d'istruzione secondaria superiore i giovani che hanno assolto all'obbligo scolastico e fino al compimento dei 25 anni. La durata del periodo di apprendistato è determinata in corrispondenza alla durata dei corsi relativi ai titoli da conseguire.
2. Il datore di lavoro che intenda stipulare il contratto di apprendistato di cui al comma precedente deve sottoscrivere un protocollo con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto, al fine di determinare i contenuti e la durata degli obblighi formativi cui è tenuto. La formazione esterna all’azienda è impartita nell’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto e non può essere inferiore al 70 per cento dell’orario ordinamentale.
3. La regolamentazione degli aspetti formativi del contratto di apprendistato per il diploma professionale e per il diploma di istruzione secondaria superiore è rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, previo preventivo parere delle parti sociali. Qualora entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge non intervenga siffatta regolamentazione, e comunque solo fino alla sua emanazione, vi provvede con propri decreti il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
4. Per le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano che abbiano definito un sistema di alternanza scuola-lavoro, i contratti collettivi ad efficacia generale di ambito nazionale possono prevedere modalità di utilizzo del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato, per lo svolgimento di attività stagionali.
Va segnalato, in particolare, lo sforzo di semplificare il quadro normativo vigente, rinviando alle Regioni per la disciplina dei profili formativi, confermando la stipula di un protocollo con l’isti- tuzione formativa a cui lo studente è iscritto (per determinare i contenuti e la durata degli obblighi formativi) e richiedendo, quale requisito minimo, che la formazione esterna all’azienda non sia infe- riore al 70% dell’orario ordinamentale (a garanzia del percorso formativo scolastico).
Importante non aver più previsto per le ore di formazione a carico del datore di lavoro, una retribuzione pari al 10% di quella che sarebbe dovuta all’apprendista, oltre all’esonero del dato- re di lavoro da ogni obbligo retributivo per la formazione svolta nell’istituzione formativa.
Articolo 46 Apprendistato professionalizzante
1. I datori di lavoro pubblici e privati possono assumere con contratto di apprendistato professionalizzante, per il conseguimento di una qualificazione professionale ai fini contrattuali, i soggetti di età compresa tra i 18 compiuti e i 29 anni, fino al compimento del 30° anno. La qualificazione professionale al cui conseguimento è finalizzato il contratto è determinata dai contratti collettivi di cui all’articolo 44, comma 1.
2. La durata del periodo di apprendistato non può essere inferiore ai sei mesi e superiore a tre anni, ovvero cinque per i profili professionali individuati dai predetti contratti collettivi.
3. La formazione per le competenze di base, comprese le conoscenze di disciplina lavoristica, è impartita per centocinquanta ore per la durata del triennio ed è disciplinata dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano.
4. La formazione professionalizzante svolta dal datore di lavoro dovrà essere erogata secondo le previsioni dei predetti contratti collettivi, impegnando a tal fine risorse idonee a trasferire conoscenze e competenze e assicurandone lo svolgimento in ambienti idonei, secondo le indicazioni del piano formativo.
5. Le competenze acquisite attraverso l’apprendistato professionalizzate sono certificate in base al D. Lgs. 16 gennaio 2013, n.13, con riferimento al Repertorio Nazionale dei Titoli di Istruzione e Formazione e delle Qualificazioni Professionali.
6. Per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali, i contratti collettivi ad efficacia generale di ambito nazionale possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato.
7. L’assunzione di nuovi apprendisti con contratto di apprendistato professionalizzante è subordinata alla condizione che, nel corso dei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, i contratti di apprendistato siano proseguiti, alla scadenza del periodo di apprendistato, come contratti ordinari di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in numero pari almeno al 30% del totale, ai sensi degli articoli 43, comma 1, restando esclusi dal computo i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, dimissioni o licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa. Resta ferma la possibilità per i contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale di individuare limiti diversi da quelli previsti dal presente comma. Gli apprendisti assunti in violazione del predetto limite, o di quello contrattuale, sono considerati ordinari lavoratori subordinati a tempo indeterminato sin dalla data di stipulazione del contratto di apprendistato.
8. Nel caso in cui, intendendo il datore di lavoro esercitare la facoltà di cui all’articolo 44, comma 9, sussista l’eventualità che non venga rispettata la percentuale del 30%, il datore stesso può rientrare nei limiti della percentuale ricorrendo ad uno o più licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, in ragione dell’inadeguatezza delle qualità professionali del lavoratore interessato, quali risultanti al termine del periodo di apprendistato, sempreché non ricorra una sua responsabilità ai sensi dell’articolo 49, comma1.
Va segnalato l’innalzamento delle ore formative per le competenze di base, a carico delle Regioni, da 120 a 150 ore per la durata del triennio.
Di particolare rilievo la modifica introdotta per la disciplina delle c.d. clausole di stabilizza- zione, attraverso l’innalzamento della percentuale di stabilizzazione (dal 20% al 30%) e l’elimina- zione della delimitazione del campo soggettivo di applicazione ( non vi è più il riferimento alle im- prese superiori ai 50 dipendenti). Resta comunque ferma la possibilità per i contratti collettivi ad ef- ficacia generale di livello nazionale di individuare limiti diversi.
Al fine, poi, di non penalizzare eccessivamente il datore di lavoro, si prevede che la pre- detta percentuale del 30% possa essere raggiunta dal datore stesso facendo rientrare nei limiti della percentuale eventuali apprendisti licenziati per giustificato motivo oggettivo, in ragione dell’inade-
guatezza delle qualità professionali del lavoratore interessato, sempreché non ricorra una responsa- bilità dello stesso datore di lavoro.
Articolo 47
Apprendistato di alta formazione e di ricerca
1. I datori di lavoro pubblici e privati possono assumere con contratto di apprendistato per il conseguimento di titoli di studio universitari e della alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, i diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori di cui all’articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, per attività di ricerca, nonché per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche, i soggetti di età compresa tra i 18 compiuti e i 29 anni, fino al compimento del 30° anno, in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore.
2. Il datore di lavoro che intende stipulare un contratto di apprendistato di cui al comma 1 sottoscrive un protocollo con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto o con l’ente di ricerca, che stabilisce la durata e le modalità, anche temporali, della formazione a carico del datore di lavoro. Il protocollo stabilisce il numero dei crediti formativi riconoscibili a ciascuno studente per la formazione a carico del datore di lavoro.
3. La regolamentazione degli aspetti formativi del contratto di apprendistato per attività di ricerca o per percorsi di alta formazione è rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in accordo con le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori registrate, le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative o di ricerca comprese quelle in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della formazione, della innovazione e del trasferimento tecnologico. In assenza delle predette regolamentazioni regionali e provinciali, l’attivazione dei contratti di apprendistato di alta formazione e di ricerca è rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro o dalle loro associazioni con le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative o di ricerca di cui al comma 4, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
In merito a questa tipologia di apprendistato, come per l’apprendistato di primo tipo, va segnalata positivamente, la mancata previsione, per le ore di formazione a carico del datore di lavo- ro, di una retribuzione pari al 10% di quella che sarebbe dovuta all’apprendista, oltre all’esonero del datore di lavoro da ogni obbligo retributivo per la formazione svolta nell’istituzione formativa.
Articolo 48
Standard professionali e formativi e certificazione delle competenze
1. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e sentite le parti sociali sono definiti gli standard formativi dell’apprendistato, costituenti i livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell’articolo 15 del D. Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226.
2. La formazione effettuata ed acquisita deve essere certificata registrata nel fascicolo elettronico di cui all’articolo 14, comma 1 del D.lgs. 14 settembre 2015, n. 150 a cura a) del datore di lavoro, nel contratto di apprendistato professionalizzante; b) dell’istituzione formativa o ente di ricerca di appartenenza dello studente, nel contratto di apprendistato per il diploma professionale e per il diploma di istruzione secondaria superiore e nel contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca che provvede anche alla registrazione.
Si conferma la necessità di standard formativi a livello nazionale, da convenire con appo- sito decreto ministeriale (sentite le parti sociali) e la certificazione delle competenze nel fascicolo elettronico del lavoratore.
Articolo 49 Regime sanzionatorio
1. In caso di inadempimento nella erogazione della formazione a carico del datore di lavoro, di cui egli sia esclusivamente responsabile e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità di cui agli articoli 45, 46 e 47, il contratto di lavoro si reputa sin dall’origine come ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e il datore di lavoro stesso è tenuto a versare l’eventuale differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento, con esclusione di qualsiasi sanzione per omessa contribuzione.
2. Con riferimento all’apprendistato professionalizzante, nel caso in cui gli organi ispettivi e/o di vigilanza rilevino un inadempimento nell’erogazione della formazione prevista nel piano formativo individuale, ma il debito formativo risulti comunque recuperabile, adottano un provvedimento di disposizione, ai sensi dell’art. 14, del D. Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, assegnando un congruo termine al datore di lavoro per adempiere. Qualora il debito formativo non sia recuperabile, il contratto è considerato, sin dall’origine, come ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
3. Per la violazione delle disposizioni di cui all’articolo 44, commi 5, 6 e 7, il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 600 euro. In caso di recidiva la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata da 300 a 1500 euro.
Importanti novità sul piano sanzionatorio.
In caso d’inadempimento dell’obbligazione formativa, oltre a confermare in capo al datore di lavoro di versare la differenza tra la contribuzione erogata e quella dovuta con riferimento al li- vello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento, con esclusione di qualsiasi sanzione per omessa contribuzione, si dispone la regola di considerare il contratto di lavoro sin dall’origine come ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato.
La violazione, quindi, da parte del datore di lavoro, dell’elemento peculiare del contratto di apprendistato, è sanzionata con la trasformazione dello stesso in un contratto tempo indeterminato privo delle finalità formative, giacché manca la sua tipica causa negoziale, ovvero l’obbligazione formativa (in conformità anche con i più recenti orientamenti della giurisprudenza).
CAPO II
Contratto di lavoro a tempo determinato
Articolo 50 Apposizione del termine
1. Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata a fronte di esigenze:
a) temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro, nonché so- stitutive;
b) connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordi- naria;
c) relative a lavori stagionali e a picchi di attività stagionali individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
2. L’apposizione del termine deve risultare, direttamente o indirettamente, da un atto scritto nel quale sono specificate le esigenze di cui al comma 1, salvo i casi in cui la durata del rappor - to di lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a quindici giorni solari.
3. Copia dell’atto scritto deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cin- que giorni lavorativi dall’inizio della prestazione.
4. L’onere della prova dell’esistenza delle predette esigenze è a carico del datore di lavoro.
L'articolo 50 deve essere letto in connessione con l'articolo 41, comma 1, della presente Carta, laddove si afferma che “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e stabile costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”. In omaggio a questo fondamentale principio (fatto proprio anche dalla normativa europea), il contratto a tempo determinato deve quindi tornare ad essere un contratto utilizzabile dal datore di lavoro solo ed esclusivamente per esigenze “temporanee ed oggettive”, cioè non deve poter essere usato per esigenze stabili dell'impresa e può di massima essere stipulato solo per ragioni estranee alla ordinaria attività aziendale. Per le esigenze normali dell'impresa la forma contrattuale deve quindi tornare ad essere quella del tempo indeterminato “stabile”, cioè garantito da una adeguata tutela contro i licenziamenti illegittimi (v. in proposito i successivi artt. 83 e 84).
Il cambiamento rispetto al jobs act del governo Xxxxx e alle più recenti modifiche legislative dei governi di centro-destra è assolutamente evidente: dal 2001 in poi, infatti, il contratto a termine ha avuto una enorme diffusione – ponendosi in diretta concorrenza rispetto al tempo indeterminato
– in ragione del progressivo allentamento delle ragioni giustificatrici per l'utilizzo di lavoro temporaneo (le cosiddette causali), fino alla loro materiale soppressione operata dal cd. Decreto Poletti (d.l. 34/2014 conv. In L. n. 78/2014) che ha reso del tutto “acausale” tale tipologia contrattuale.
Le lettere b) e c) del primo comma, tuttavia, rendono possibile un uso più “flessibile” del contratto a termine, a fronte di ben determinate ipotesi di incremento dell'attività ordinaria dell'impresa oppure relative a lavori e/o picchi stagionali (questi ultimi individuati attraverso un decreto ministeriale).
Per garantire il lavoratore viene previsto l'obbligo, da parte del datore di lavoro, di comunicare in forma scritta sia il termine di chiusura del contratto che l'attività alla quale il prestatore di lavoro verrà adibito. Nel caso in cui il lavoratore dovesse impugnare il contratto a termine per l'insussistenza delle cause giustificatrici, sarà il datore di lavoro a dover dimostrare l'esistenza delle ragioni obiettive davanti al giudice.
Qualora manchi la forma scritta, non sia previsto il termine oppure non siano indicate nel contratto le esigenze obiettive, il contratto a termine verrà considerato, dal giudice, come a tempo indeterminato dalla data del suo inizio (v. successivo art. 56).
Articolo 51
Durata massima del contratto a tempo determinato
1. La durata dell’unico contratto, o di più contratti a termine conclusi da un lavoratore con lo stesso datore di lavoro, non può superare i trentasei mesi, salvo diversa previsione dei contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale. Ai fini del computo di tale periodo si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell’ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato.
2. I contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale possono stabilire che il limite dei 36 mesi di cui al primo comma non trova applicazione nei casi di assunzione a termine per esigenze relative a lavori stagionali o a picchi di attività stagionali.
La norma dispone che un lavoratore non può essere utilizzato a termine dallo stesso datore per un periodo superiore a 36 mesi. Nel calcolo di questo periodo temporale entrano tutti i contratti a termine intercorsi tra le stesse parti (comprensivi quindi di proroghe e rinnovi: v. successivo art. 52), inclusi i periodi in cui il lavoratore sia stato “somministrato” da un'agenzia di somministrazione.
La contrattazione collettiva nazionale (non aziendale) ad efficacia generale (quella cioè adottata con le modalità di cui ai precedenti artt. 27-38) può modificare il limite dei 36 mesi di utilizzo del contratto a termine. Nulla vieta che questa possa addirittura abbassare il suddetto periodo temporale massimo.
Allo stesso modo, la contrattazione nazionale ad efficacia generale può escludere la durata massima dei 36 mesi nel caso in cui si tratti di far fronte ad esigenze relative a lavori stagionali
Articolo 52
Disciplina delle proroghe e dei rinnovi
1. Il termine del contratto può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, anche più vol- te, a condizione che ogni proroga sia giustificata dalla persistenza delle medesime esigenze, venga concordata anteriormente al suo inizio con atto scritto contenente la specificazione di tali esigenze e si riferisca alle stesse mansioni del contratto originario o a mansioni di pari livello o categoria legale.
2. In caso di violazione del comma 1, si applica quanto previsto dagli articoli 53 e 56, comma 3.
3. L’onere della prova relativa alla persistenza delle medesime esigenze che legittimano la pro- roga è a carico del datore di lavoro.
4. Le parti possono rinnovare il contratto a termine, per far fronte alle stesse o ad altre esigen- ze, sempre nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 50.
5. Nel caso di una o più proroghe del termine ai sensi del comma 1, nonché di rinnovo del con- tratto ai sensi del comma 4, resta fermo il limite complessivo di 36 mesi di cui all’articolo 51, comma 1.
In caso di una o più proroghe (ossia prolungamenti del medesimo contratto), operano le stesse garanzie di cui abbiamo parlato nel commento all'articolo 50. In più, ovviamente, deve sussistere l'espresso consenso del lavoratore al prolungamento, da esplicitare per iscritto prima del suo inizio.
Trattandosi del “prolungamento” del contratto originario, esso non può riguardare mansioni differenti rispetto a quelle per cui era stato stipulato.
Nel caso in cui, invece, le parti vogliano stipulare un ulteriore contratto a termine dopo la fine di quello precedente (cioè vogliano rinnovarlo), non è richiesta la sussistenza delle originarie “causali”, ferme comunque restando le garanzie di cui all'articolo 50 (temporaneità delle esigenze etc..).
Il comma 5 stabilisce che, sia in caso di proroghe che di rinnovi dei contratti a termine, non si può assolutamente superare il limite di durata massima di 36 mesi di cui all'articolo 51, comma 1. Nel caso in cui ciò dovesse avvenire, il contratto a termine sarebbe da considerarsi a tempo indeterminato dal momento in cui venisse superato il 36° mese (v. art. 56, c.2).
Articolo 53
Continuazione del rapporto oltre la scadenza del termine
1. Fermo restando in ogni caso il limite di durata massima di cui all'articolo 51, comma 1, se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20 per cento fino al decimo giorno successivo e al 40 per cento per ciascun giorno ulteriore fino al trentesimo.
La norma si pone l'obiettivo di evitare che i contratti a termine continuino oltre la scadenza originaria (o prorogata), ponendo a carico del datore di lavoro una sorta di “penale” per ogni giorno di sforamento. L'intento è quello di regolarizzare prima possibile la situazione attraverso la stipula di un nuovo contratto (rinnovo) o di un prolungamento (proroga) del contratto precedente, offrendo un periodo di “tolleranza” sino a 30 giorni (al cui superamento si assisterà alla trasformazione del contratto in tempo indeterminato: v. art. 56 c.3).
E' chiaro che se, a seguito della continuazione del rapporto, si supera il periodo dei 36 mesi di durata massima, si applica la trasformazione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato (a far data dal superamento stesso), anche se si è nel corso del periodo di tolleranza.
Articolo 54 Deroghe e divieti
1. I Contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale possono prevedere deroghe alle previsioni di cui all’articolo 50, comma 1, all’articolo 51, comma 1, all’articolo 52 e all’articolo 53 per le assunzioni effettuate dalle imprese start-up innovative di cui all'artico- lo 25, commi 2 e 3, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società, ovvero per il più limitato periodo previsto dal comma 3 del suddetto articolo 25 per le società già costituite alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. L'apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato non è ammes- sa:
a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b) presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli articoli 4 e 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che il contratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di
lavoratori assenti, per assumere lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, o abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;
c) presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato;
d) da parte di datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi di cui all’articolo 28, D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, ivi compresa la valutazione dei rischi specifici connessi alla tipologia contrattuale e all’esposizione ai particolari rischi derivanti dalla durata limitata del rapporto di lavoro.
Il primo comma riguarda le deroghe per le aziende “start up” innovative, a beneficio delle quali la contrattazione collettiva di livello nazionale e ad efficacia generale può stabilire norme più flessibili in relazione a tutte le regole di cui abbiamo parlato in precedenza sui contratti a termine. Ciò, ovviamente, per un periodo di tempo limitato e nell'intento di stimolare la diffusione di imprese e attività ad alto tasso tecnologico.
Il secondo comma impone tutta una serie di divieti di stipula di contratti a termine, tra cui spicca la novità, rispetto al passato, relativa all'impossibilità di utilizzo di contratti a termine nel caso in cui l'azienda non abbia effettuato una valutazione “specifica” dei rischi propri del contratto a termine.
Ciò vuol dire che la valutazione deve tenere conto dei fattori connessi alla precarietà del lavoro, per esempio prevedendo procedure rafforzate per l'informazione dei lavoratori; la conoscenza del luogo di lavoro e le procedure di emergenza; prevedendo disposizioni specifiche per assicurare che il lavoratore, anche dopo la scadenza del contratto, prosegua la sorveglianza sanitaria ove necessario; valutando in modo specifico lo stress o gli effetti nocivi sulla salute di comportamenti quali il presenzialismo, tipicamente connessi alla situazione di precarietà, etc...
Articolo 55 Diritto di precedenza
1. Il lavoratore che, nell'esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine.
2. Per le lavoratrici, il congedo di maternità di cui al Capo III del D. Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, usufruito nell'esecuzione di un contratto a tempo determinato presso lo stesso datore di lavoro, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza di cui al comma 1. Alle medesime lavoratrici è altresì riconosciuto, alle stesse condizioni di cui al comma 1, il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine.
3. Il lavoratore assunto a tempo determinato per esigenze connesse a lavori stagionali o a picchi di attività stagionali ha diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni a tempo determinato da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime esigenze.
4. Il datore di lavoro ha l’obbligo di menzionare espressamente nell’atto scritto di cui all'articolo 50, comma 4 il diritto di precedenza di cui ai commi precedenti. Quest’ultimo può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà in tal senso al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro
nei casi di cui ai commi 1 e 2, ed entro tre mesi nel caso di cui al comma 3. Il diritto di precedenza si estingue una volta trascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto.
5. In caso di violazione del diritto di precedenza disciplinato commi precedenti, il lavoratore ha diritto all’assunzione a tempo indeterminato o a tempo determinato. Resta fermo anche il diritto ai danni patrimoniali e non patrimoniali eventualmente subiti.
L'articolo 55 riconosce a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori, che abbiano svolto periodi (anche frazionati) di lavoro a termine superiori complessivamente a sei mesi presso un'unica azienda, un diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro per le stesse mansioni svolte a tempo determinato.
Il secondo comma stabilisce, in omaggio alla giurisprudenza costituzionale, che nel computo dei sei mesi di attività utili per usufruire del diritto di precedenza, le lavoratrici possono far valere i periodi di congedo per maternità usufruiti durante il contratto a termine. Lo stesso xxxxx, al secondo periodo, riconosce altresì alle medesime un diritto di precedenza relativo anche alle future assunzioni a termine effettuate dal datore di lavoro (sempre con riguardo alle stesse mansioni già svolte).
Per i lavoratori a termine stagionali il comma 3 conferma una risalente disciplina secondo cui essi hanno un diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni a termine per le medesime esigenze.
Il comma 4 stabilisce l'obbligo, da parte del datore di lavoro, di comunicare ai lavoratori i loro diritti di precedenza nella lettera di assunzione a termine. Qualora ciò non dovesse avvenire, scatterebbe l'assunzione a tempo indeterminato o a termine. La medesima sanzione del “diritto all'assunzione” scatterebbe in tutti gli altri casi di violazione del diritto di precedenza (esercitabile, nei casi di cui ai cc. 1 e 2, entro 12 mesi dalla fine del contratto a termine).
Tali sanzioni rappresentano una novità rispetto alla recente disciplina introdotta dal jobs act (art. 24 d.lgs. n. 81/2015), la quale in sostanza non offre alcun rimedio esplicito in caso di violazione dei diritti di precedenza.
Articolo 56
Violazioni della disciplina e trasformazione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato
1. Nei casi di mancanza dell’atto scritto o dell’indicazione del termine o delle specifiche esi- genze di cui all’articolo 50, comma 1 e all’articolo 52, comma 4, il contratto si considera come contratto di lavoro a tempo indeterminato dalla data della stipulazione.
2. Qualora il limite dei trentasei mesi di cui all’articolo 51, comma 1, e all’articolo 52, com - ma 5, venga superato, il contratto di lavoro a termine si considera a tempo indeterminato a decorrere dal giorno in cui è avvenuto tale superamento.
3. Qualora il rapporto di lavoro continui oltre il trentesimo giorno di cui all’articolo 53, il contratto si considera come contratto di lavoro a tempo indeterminato dalla scadenza del predetto termine.
4. In caso di violazione dei divieti di cui all’articolo 54, comma 2, il contratto di lavoro si con- sidera come contratto a tempo indeterminato a decorrere dalla data della stipulazione.
La mancanza dell'atto scritto, la mancata indicazione in esso del termine e delle esigenze temporanee e l'insussistenza, nei fatti, di tali esigenze comportano la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato a cominciare dalla data di stipulazione. E' chiaro che nel caso di mancanza dell'atto scritto, la trasformazione avviene dal momento in cui il lavoratore abbia comunque iniziato a lavorare (salvo i casi in cui, come si legge nell'art. 50, c. 2, la durata del rapporto di lavoro sia puramente occasionale). La stessa sanzione della trasformazione “dall'inizio” si verifica nei casi di violazione delle norme che vietano esplicitamente il termine (v. ad esempio
per la sostituzione dei lavoratori in sciopero etc...: v. art. 54, c. 2).
Se invece il lavoratore è stato utilizzato a termine dallo stesso datore per un periodo superiore a 36 mesi (periodo che comprende il contratto originario più le proroghe e i rinnovi eventuali), in questo caso il contratto si considera a tempo indeterminato a partire dal momento in cui si verifica il superamento.
Con riguardo, invece, al superamento dei 30 giorni di “tolleranza” di cui all'articolo 53, la trasformazione del contratto a tempo indeterminato opera da quel momento anche se non si sia superato il periodo complessivo dei 36 mesi.
Articolo 57
Principio di non discriminazione
1. Al lavoratore a tempo determinato spetta il trattamento economico e normativo in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla con- trattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato, sempre che non sia obiet- tivamente incompatibile con la natura del contratto a tempo determinato.
2. Nel caso di inosservanza degli obblighi di cui al comma 1, il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa da € 500 a € 1.000. Se l'inosservanza si riferisce a più di cinque lavora- tori, si applica la sanzione amministrativa da 1.000 a € 2.500.
Il lavoratore a tempo determinato è un lavoratore subordinato quindi, oltre ai generali diritti di stampo universale previsti dal Titolo I della presente Carta, a lui spettano in linea di massima tutti i diritti di coloro che sono occupati a tempo indeterminato.
D'altra parte il principio di non discriminazione è scolpito nella direttiva 1999/70 CE riguardante i contratti a termine.
Da notare, rispetto al trattamento sanzionatorio del comma 2, la differenza rispetto all'esiguità dell'importo delle sanzioni previste dal jobs act (art. 25, c.2, d.lgs. 81/2015: da 25,82 a 154,94 euro e da 154,94 a 1032 euro).
Articolo 58 Formazione
Fermo restando quanto previsto dall’art. 37, del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, il lavoratore as- sunto con contratto a tempo determinato ha diritto a ricevere una formazione sufficiente e ade- guata al fine di prevenire rischi specifici connessi alla esecuzione del lavoro, nonché, nell’ambi- to di quanto previsto dai contratti collettivi ad efficacia generale, al fine di agevolarne e accre- scerne la qualificazione, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale.
E' ormai comunemente riconosciuto, anche a livello medico-legale, che la tipologia contrattuale a termine contiene in sé elementi di precarietà tali da rappresentare un rischio serio per la salute psicofisica dei lavoratori interessati. L'articolo 58, dopo aver richiamato il fondamentale Testo Unico del 2008 sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ha ulteriormente sottolineato il diritto dei lavoratori assunti a termine ad ottenere una formazione “mirata” al fine di prevenire rischi specifici connessi alla esecuzione del lavoro (v. in proposito, quanto scritto a commento dell'art. 7 e dell'art. 54 della presente Carta).
Articolo 59
Criteri di computo e obblighi di comunicazione
1. Salvo che sia diversamente disposto, ai fini dell'applicazione di qualsiasi disciplina di fonte le- gale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.
2. Ogni dodici mesi il datore di lavoro comunica alle RSA e alle RUS il numero e i motivi del ricor- so ai contratti a termine conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati.
L'articolo 59 detta i criteri attraverso i quali si devono conteggiare i lavoratori a termine ai fini delle “soglie” numeriche previste da varie normative (v. ad esempio, il limite dei 15 dipendenti di cui all'attuale art. 18 dello Statuto dei lavoratori).
Degno di particolare nota il secondo comma, in un'ottica non solo di “trasparenza” e di correttezza e buona fede da parte dei datori di lavoro, ma anche di controllo sindacale del ricorso a questo tipo di contratti precari.
Articolo 60 Esclusioni e discipline specifiche
1. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente capo:
a) i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell'agricoltura e gli operai a tempo determinato, così come definiti dall'articolo 12, comma 2, del D. Lgs. 11 agosto 1993, n. 375;
b) ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 50, commi 2 e 4, 56, n. 1, con riferimento all’atto scritto e all’indicazione del termine, nonché agli articoli 57 e 59, i contratti di lavoro a tempo determinato con i dirigenti, i quali tuttavia non possono avere una durata superiore a cinque anni, salvo il diritto del dirigente di recedere a norma dell'articolo 2118 del codice civile una volta trascorso un triennio;
c) i rapporti per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, nel settore del turismo e dei pubblici esercizi, nei casi individuati dai contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale, fermo l'obbligo di comunicare l'instaurazione del rapporto di lavoro agli uffici competenti prima del suo inizio.
2. E’ fatta salva la disciplina speciale vigente per:
a) i contratti a tempo determinato stipulati con il personale docente ed ATA per il conferimento delle supplenze e con il personale sanitario, anche dirigente, del Servizio sanitario nazionale;
b) i contratti a tempo determinato stipulati ai sensi della L. 30 dicembre 2010, n. 240.
c) il personale artistico e tecnico delle fondazioni di produzione musicale di cui al D. Lgs. 29 giugno 1996, n. 367;
3. Ferme restando le speciali procedure previste per la selezione del personale e la formazione di graduatorie di idonei dalle quali attingere obbligatoriamente per le assunzioni di lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato, alle pubbliche amministrazioni si applicano le disposizio- ni del presente Capo II, ad eccezione degli articoli 54, comma 1, e 55 e fatte salve le seguenti dero- ghe:
a) è vietata l’utilizzazione dei contratti di lavoro a tempo determinato per sopperire stabilmente e continuativamente a carenze di organico o per ovviare a vincoli assunzionali. Alle pubbliche ammi- nistrazioni è consentito di procedere ad assunzioni con questo tipo di contratti oltre che in presenza delle esigenze di cui all’articolo 50, comma 1, lettere a, b e c, per lo svolgimento delle mansioni
xxxxxxxx a posti di ruolo per i quali siano stati banditi concorsi per assunzioni a tempo indetermina- to, per il periodo intercorrente dalla data del bando fino alla effettiva presa di servizio dei vincitori, e comunque per una durata non superiore a 24 mesi. Ai contratti stipulati sulla base di quest’ulti- ma causale non si applicano i limiti di cui agli articoli 51 e 52;
b) nel caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 50, 51, 52, 53 e 54, comma 2, è sem- pre esclusa la trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato alle dipendenze della pubblica amministrazione, di cui all’articolo 56; in sostituzione di essa, quest’ultima è condannata al pagamento al lavoratore di un’indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, assoggettata a contribuzione previdenziale, nonché dell’eventuale maggior danno che il lavoratore dimostri di aver subito. La medesima previsione vale anche nell’ipotesi aggiuntiva di cui alla precedente lettera a), ove il rapporto sia continuato oltre il termine di durata contrattualmente previsto.
c) In caso di condanna della pubblica amministrazione ai sensi della precedente lettera b), o co- munque in caso di violazione del divieto generale di cui al primo periodo della lettera a), si appli- xxxx le disposizioni in materia di responsabilità amministrativa e dirigenziale del dirigente che ha causato la violazione.
Il primo comma dell'articolo esclude, dalla disciplina dettata dagli articoli precedenti, gli operai agricoli e i dirigenti. Per questi ultimi, tuttavia, vengono mantenute le previsioni “minime” sulla forma scritta del contratto e sull'indicazione del termine e viene previsto un limite massimo di durata del contratto a termine, ossia 5 anni.
La lettera c) del primo comma, inoltre, affida alla contrattazione collettiva nazionale ad efficacia generale la particolare disciplina dei contratti a termine per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, limitatamente al settore del turismo e dei pubblici esercizi.
Il secondo comma, invece, mantiene in vita tutta una serie di discipline “speciali” tuttora vigenti (contratti con il personale docente ed ATA; per il conferimento delle supplenze; con il personale sanitario, anche dirigente, del Servizio sanitario nazionale etc..).
Il comma 3 riguarda, in generale, la pubblica amministrazione stabilendo un principio generale, ossia che essa non può utilizzare contratti a termine “per sopperire stabilmente e continuativamente a carenze di organico o per ovviare a vincoli assunzionali”. In sostanza operano, anche per la pubblica amministrazione, gli stessi stringenti vincoli di temporaneità e predeterminatezza delle “causali” dettate per la stipulazione dei contratti a termine, ma viene prevista una specifica ulteriore causale – la copertura temporanea di posti di ruolo per i quali siano stati banditi concorsi per assunzioni a tempo indeterminato, per il periodo intercorrente dalla data del bando fino alla effettiva presa di servizio dei vincitori, con un limite massimo di durata di 24 mesi – correlata alla durata solitamente non breve delle procedure concorsuali di reclutamento.
In ogni caso di violazione delle regole, inoltre, viene sempre esclusa la trasformazione del contratto da determinato a indeterminato (cd. stabilizzazione) in omaggio al principio costituzionale secondo cui alle pubbliche amministrazioni si accede tramite pubblico concorso (art. 97 Cost.); . I in luogo della stabilizzazione, tuttavia, viene riconosciuto un diritto ad un'indennità forfetaria di 15 mensilità, oltre al risarcimento di eventuali danni “ulteriori” (la cui sussistenza deve però essere dimostrata dal lavoratore).
CAPO III
Somministrazione di lavoro subordinato
Articolo 61 Definizioni
1. Il contratto di somministrazione di lavoro è il contratto a tempo determinato con il quale un'agenzia di somministrazione autorizzata ai sensi del D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell'interesse e sotto la direzione e il controllo dell'utilizzato- re.
2. La somministrazione a tempo determinato è consentita a fronte di esigenze:
a) temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro, nonché sostitu- tive;
b) connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria;
c) relative a lavori stagionali e a picchi di attività stagionali individuati con decreto del Mini - stro del lavoro e delle politiche sociali.
La regolazione del lavoro interinale (legge 196/1997) e poi del lavoro in somministrazione (d.lgs.276/03) ha seguito nel tempo l’evoluzione della disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato. Per entrambi i tipi di contratto, infatti, si può osservare il passaggio da un sistema legale di tipizzazione tassativa, in virtù del quale il ricorso ad essi era ammesso solo in ipotesi specifiche previste dalle legge, ad una deregolamentazione diretta ad eliminare e restringere in via progressiva le limitazioni al loro utilizzo, agendo in particolare proprio sulle causali di giustificazione.
Le riforme degli ultimi anni (da ultimo il d.l 34/14 cosidetto decreto "Poletti" e poi il d.lgs 81/2015) hanno portato alla totale liberalizzazione del ricorso ai due tipi contrattuali, eliminando di fatto l'obbligo di indicare la causale per giustificarne l'utilizzo. In conclusione, al pari del contratto a termine, la somministrazione non rappresenta più un'eccezione rispetto al contratto a tempo indeterminato, in quanto se ne ammette l'utilizzo per soddisfare esigenze ordinarie e non più solo temporanee dell'attività di impresa.
Tale percorso ha riguardato anche la somministrazione a tempo indeterminato, il cosiddetto staff leasing. Dall'abrogazione dell'istituto nel 2007 (Protocollo sul welfare) si è passati alla recente riforma che lo consente in tutti i settori produttivi con l'unico limite di non superare un tetto massimo percentuale.
L'obiettivo che si propone la normativa di riforma contenuta nel nuovo statuto è – sempre in corrispondanza con quanto disposto per il contratto a termine – quello di ricondurre la somministrazione di lavoro alla sua funzione originaria: eccezione alla regola del rapporto a tempo indeterminato come forma comune di lavoro.
Per il vero, la principale modifica rispetto alla normativa vigente riguarda, forse, l'abrogazione dello staff leasing (il contratto commerciale a tempo indeterminato tra agenzia e utilizzatore), tipologia di lavoro tra le più precarizzanti in quanto consente un utilizzo indeterminato della somministrazione per i lavoratori attraverso l'esternalizzazione definitiva di parti delle imprese utilizzatrici.
La somministrazione di lavoro a tempo determinato invece viene ricondotta entro limiti causali predeterminati. Viene ammessa solo per esigenze di tipo temporaneo e oggettivo, estranee all'ordinaria attività del datore di lavoro, oppure per finalità sostitutive, per far fronte a incrementi dell'attività ordinaria e infine per lavori e picchi di attività stagionali (da individuare con decreto ministeriale).
Articolo 62 Divieti
1. Il contratto di somministrazione di lavoro è vietato:
a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b) presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione di lavoro, salvo che il contratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti o abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;
c) presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione di lavoro;
d) da parte di datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi di cui all’articolo 28, D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, ivi compresa la valutazione dei rischi specifici connessi alla tipologia contrattuale e all’esposizione ai particolari rischi derivanti dalla durata limitata del rapporto di lavoro.
Vengono resi più stringenti i divieti vigenti nell'ipotesi in cui il datore di lavoro non abbia effettuato "la valutazione dei rischi specifici connessi alla tipologia contrattuale e all'esposizione ai particolari rischi derivanti dalla durata limitata del rapporto di lavoro".
La norma si riferisce ai lavori temporanei per i quali, rispetto alla media, i rischi relativi ad uno stesso pericolo sono comparativamente più elevati, in ragione della breve durata del rapporto di lavoro e della mancanza di uno stabile inserimento in un determinato contesto organizzativo e produttivo.
Articolo 63
Forma del contratto di somministrazione
1. Il contratto di somministrazione di lavoro è stipulato in forma scritta e contiene l’indicazione dei seguenti elementi:
a) gli estremi dell'autorizzazione rilasciata al somministratore;
b) il numero dei lavoratori da somministrare;
c) le esigenze di cui all’articolo 61, comma 2, da indicare specificamente;
d) gli eventuali rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e le misure di prevenzione adottate;
e) la data di inizio e la durata prevista della somministrazione di lavoro;
f) le mansioni alle quali saranno adibiti i lavoratori e l'inquadramento dei medesimi;
g) il luogo e l'orario di lavoro;
h) il trattamento economico e normativo dei lavoratori somministrati, il quale deve essere uguale a quello che l’utilizzatore dichiara nel contratto stesso di applicare ai propri dipendenti che svolgono le medesime mansioni o comunque di pari livello.
2. Il somministratore comunica per iscritto al lavoratore gli elementi di cui al comma 1, nonché la data di inizio e la durata prevedibile della missione all'atto della stipulazione del contratto di lavoro a tempo determinato, ovvero, nel caso di lavoratore titolare di un contratto a tempo indeterminato con il somministratore, con un congruo anticipo rispetto all'invio in missione presso l'utilizzatore.
Il contratto di somministrazione (cioè il contratto commerciale concluso tra l'agenzia per il lavoro e l'azienda utilizzatrice) va stipulato obbligatoriamente in forma scritta e deve contenere una serie di informazioni che sono indicate nel comma 1: i motivi per cui si ricorre alla somministrazione, la data di inizio e la durata prevista, il trattamento economico e normativo dei
lavoratori somministrati che deve essere uguale a quello dei dipendenti dell'utilizzatore, etc..
Queste informazioni devono, inoltre, essere comunicate per iscritto dall'agenzia al lavoratore all'atto della stipula del contratto di lavoro a tempo determinato. Nel caso in cui il lavoratore sia assunto con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, le informazioni devono essere comunicate per iscritto con un congruo anticipo rispetto all'invio in missione.
Qualora il contratto di somministrazione non sia stipulato per iscritto il lavoratore potrà agire in giudizio, anche soltanto nei confronti dell'utilizzatore, per dimostrare la irregolarità della somministrazione e chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dello stesso.
Articolo 64 Disciplina dei rapporti di lavoro
1. In caso di assunzione a tempo indeterminato del lavoratore da somministrare si applica la disciplina prevista per il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, fatte salve le speciali previsioni di legge.
2. Al lavoratore assunto dal somministratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato spetta un'indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta dal som- ministratore stesso per i periodi nei quali il lavoratore rimane in attesa di essere inviato in missione, nella misura prevista dal contratto collettivo ad efficacia generale di livello na- zionale applicabile al somministratore, e comunque non inferiore all'importo fissato con de- creto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. L'indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo.
3. In caso di assunzione del lavoratore da somministrare a tempo determinato si applica la di- sciplina del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, fatte salve le speciali pre- visioni previste dalla legge e specificamente quanto previsto dall’art. 68, comma 3.
4. Salvo che sia diversamente disposto, ai fini dell'applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavo ro, si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori somministrati a tempo determina to, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.
Mentre il contratto commerciale stipulato tra agenzia per il lavoro e utilizzatore può essere solo a termine, il contratto di lavoro stipulato tra l’agenzia per il lavoro ed il lavoratore può essere a tempo indeterminato o a tempo determinato.
In caso di assunzione a tempo indeterminato il rapporto di lavoro è soggetto alla disciplina generale prevista per il il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Per i periodi in cui il lavoratore non è impegnato in missione presso un utilizzatore l'agenzia gli corrisponde un'indennità mensile di disponibilità il cui importo è stabilito dal contratto collettivo della somministrazione.
In caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro è soggetto alla disciplina del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato (articoli 50-60), fatte salve eventuali norme speciali.
Si prevede che i lavoratori in somministrazione vengano conteggiati nell'organico dell'utilizzatore per l'applicazione di qualsiasi disciplina di fonte contrattuale o collettiva (ad es. per la soglia oltre la quale vige il reintegro in caso di licenziamento illegitiimo). Le norme vigenti invece (tranne le norme sulla sicurezza) non prevedono il computo dei somministrati nell'organico dell'utilizzatore.
Articolo 65
Tutela del lavoratore, esercizio del potere disciplinare e regime della solidarietà
1. Per tutta la durata della missione presso l'utilizzatore, i lavoratori somministrati hanno diritto di ricevere dal somministratore un trattamento economico e normativo non inferiore a quello dei dipendenti dell'utilizzatore che svolgono le medesime man- sioni o comunque di pari livello.
2. L’utilizzatore ha l’obbligo di rimborsare al somministratore gli oneri retributivi e previdenziali da questo effettivamente sostenuti in favore dei lavoratori.
3. L'utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavora- tori i trattamenti retributivi e a versare i relativi contributi previdenziali, salvo il di- ritto di rivalsa verso il somministratore.
4. I lavoratori somministrati hanno diritto a fruire dei servizi sociali e assistenziali di cui godono i dipendenti dell'utilizzatore addetti alla stessa unità produttiva, esclusi quelli il cui godimento sia condizionato alla iscrizione ad associazioni o società cooperative o al conseguimento di una determinata anzianità di servizio.
5. Il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connes- si alle attività produttive e li forma e addestra all'uso delle attrezzature di lavoro ne- cessarie allo svolgimento dell'attività lavorativa per la quale essi vengono assunti, in conformità al D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni ed integra- zioni. Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall'utilizzatore e in tal caso ne va fatta indicazione anche nel contratto con il lavo- ratore, o va comunicata a quest’ultimo per iscritto con un congruo anticipo rispetto all'invio in missione presso l'utilizzatore.
6. L'utilizzatore osserva nei confronti dei lavoratori somministrati gli obblighi di pre- venzione e protezione cui è tenuto, per legge e contratto collettivo, nei confronti dei propri dipendenti ed è responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza in- dividuati dalla legge e dai contratti collettivi.
7. Nel caso in cui adibisca il lavoratore a mansioni di livello superiore o inferiore a quelle dedotte in contratto, l'utilizzatore risponde in via esclusiva per le differenze retributive spettanti al lavoratore occupato in mansioni superiori e per l'eventuale risarcimento del danno derivante dall'assegnazione a mansioni inferiori. Qualora abbia comunicato il mutamento di mansioni del lavoratore al somministratore, quest’ultimo risponde in solido delle conseguenze di cui al periodo precedente, a meno che non diffidi immediatamente l’utilizzatore a desistere da esso.
8. L'esercizio del potere disciplinare compete al somministratore, cui l'utilizzatore co- munica gli elementi che formeranno oggetto della contestazione ai sensi dell'artico- lo 7, L. 20 maggio 1970, n. 300.
9. I lavoratori dipendenti del somministratore sono informati dall’utilizzatore dei posti di lavoro a tempo indeterminato che si rendano vacanti presso quest’ultimo, affinché possano aspirare ad essi. Tali informazioni possono essere fornite mediante un avvi- so generale opportunamente affisso all’interno dei locali dell’utilizzatore.
10. L'utilizzatore risponde nei confronti dei terzi dei danni a essi arrecati dal lavoratore somministrato nello svolgimento delle sue mansioni.
11. E' nulla ogni clausola volta a limitare, anche indirettamente, la facoltà dell'utilizza- tore di assumere il lavoratore al termine della sua missione.
12. Resta salva la facoltà per il somministratore e l’utilizzatore di pattuire un compenso ragionevole per i servizi resi a quest’ultimo in relazione alla missione, all’impiego e alla formazione del lavoratore nel caso in cui, al termine della missione, l’utilizzato- re assuma il lavoratore.
13.
Dal punto di vista delle tutele viene confermato l'importante principio della parità di trattamento economico e normativo tra lavoratori somministrati e dipendenti diretti dell'utilizzatore.
Viene confermato, inoltre, l'obbligo posto in capo all'utilizzatore di informativa ai lavoratori somministrati sui posti di lavoro a tempo indeterminato vacanti presso quest'ultimo, attraverso un avviso generale posto all'interno dei locali aziendali. In caso di inosservanza di tale obbligo l'utilizzatore è punito con una sanzione economica da euro 250 a euro 1.250.
Si rafforza il regime della solidarietà tra somministratore e utilizzatore introducendo, nei casi di mutamenti di mansioni del lavoratore somministrato da parte dell'utilizzatore, la responsabilità in solido dell'agenzia.
Articolo 66
Diritti sindacali, garanzie collettive e obblighi di comunicazione
1. A tutti i lavoratori dipendenti dalle agenzie di somministrazione si applicano i diritti sindacali previsti dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.
2. Il lavoratore somministrato ha diritto a esercitare presso l'utilizzatore, per tutta la dura- ta della missione, i diritti di libertà e di attività sindacale, nonché, in particolare, a par- tecipare alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici.
3. Ai lavoratori dipendenti da un somministratore che operano con diversi utilizzatori compete uno specifico diritto di riunione secondo la normativa vigente e con le modalità specifiche determinate dai contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale.
4. Ogni dodici mesi l'utilizzatore comunica alle RSA e alle RUS il numero e i motivi del ri- corso ai contratti di somministrazione di lavoro conclusi, la durata degli stessi, il nume- ro e la qualifica dei lavoratori interessati.
Si prevede un rafforzamento dei diritti sindacali reintroducendo lo specifico diritto di riunione per i lavoratori somministrati dipendenti di un'unica agenzia per il lavoro e che operano presso più utilizzatori, cancellato dall'ultima riforma del lavoro.
Ai lavoratori somministrati si applicano i diritti sindacali ex legge 300/1970. I lavoratori in somministrazione hanno diritto, per tutta la durata della missione, a partecipare alle attività sindacali presso l’utilizzatore.
In merito agli obblighi di informazione al sindacato, l'utilizzatore deve comunicare ogni anno alle rappresentanze (RSA e RUS) il numero e i motivi dei contratti di somministrazione conclusi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati, la durata dei contratti.
In caso di mancata comunicazione è prevista per l'utilizzatore la sanzione economica, di importo variabile tra i 250 e 1.250 euro
Articolo 67 Norme previdenziali
1. Gli oneri contributivi, previdenziali, assicurativi ed assistenziali, previsti dalle vigenti disposizioni legislative, sono a carico del somministratore che, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 49 della legge 9 marzo 1989, n. 88, è inquadrato nel settore terziario. L'indennità di disponibilità è assoggettata a contribuzione previdenziale per il suo effettivo ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo.
2. Il somministratore non è tenuto al versamento della aliquota contributiva di cui all'articolo 25, comma 4, della L. 21 dicembre 1978, n. 845.
3. Gli obblighi dell'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali previsti dal decreto
del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, sono determinati in relazione al tipo e al rischio delle lavorazioni svolte. I premi e i contributi sono determinati in relazione al tasso medio o medio ponderato, stabilito per l'attività svolta dall'impresa utilizzatrice, nella quale sono inquadrabili le lavorazioni svolte dai lavoratori somministrati, ovvero in base al tasso medio o medio ponderato della voce di tariffa corrispondente alla lavorazione effettivamente prestata dal lavoratore somministrato, ove presso l'impresa utilizzatrice la stessa non sia già assicurata.
4. Nel settore agricolo e in caso di somministrazione di lavoratori domestici trovano applicazione i criteri di erogazione e gli oneri previdenziali e assistenziali previsti dai relativi settori.
Sono confermate le norme vigenti. Le agenzie sono inquadrate ai fini della classificazione Inps come aziende del terziario, salvo che per la somministrazione in agricoltura e in caso di somministrazione di lavoratori domestici, nel qual caso valgono le previsioni relative ai detti settori.
Articolo 68 Somministrazione irregolare
1. Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui all’articolo 61, comma 2, all’articolo 62 e all’articolo 63, comma 1, il lavoratore può agire in giudizio anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore per chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze di quest'ultimo a far data dall'inizio della somministrazione.
2. Nel caso in cui ricorrano le violazioni della disciplina del lavoro a termine previste dall’articolo 56 comma 2, il lavoratore può agire in giudizio anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore per chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle sue dipendenze. Nel caso in cui ricorrano le violazioni previste dall’articolo 56, comma 3, il lavoratore può agire in giudizio per chiedere la costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell’utilizzatore, ove esse siano direttamente a lui imputabili, ovvero del somministratore, qualora siano invece imputabili a quest’ultimo. Nel caso ricorrano le violazioni di cui all’articolo 56, comma 1, il lavoratore può agire in giudizio per richiedere la costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze del somministratore.
3. Nei casi di cui ai commi precedenti in cui il rapporto di lavoro venga costituito in capo all’utilizzatore, tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare l’utilizzatore stesso dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata e tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dall’utilizzatore medesimo.
Viene riscritta la disciplina relativa alla somministrazione irregolare. E' previsto che Il lavoratore possa rivolgersi al giudice del lavoro per chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell'utilizzatore, a far data dall'inizio della somministrazione, nei seguenti casi:
- mancata o illeggittima indicazione dei motivi per cui si ricorre alla somministrazione (art. 61, comma 2);
- utilizzo della somministrazione nei casi vietati (art. 62);
- mancanza della forma scritta del contratto commerciale o mancata indicazione degli elementi del contratto (art. 63, comma 1)-
Inoltre, il lavoratore può rilevare l'irregolarità della somministrazione anche qualora
ricorrano alcune violazioni della disciplina del lavoro a termine. In particolare potrà ricorrere in giudizio, nei confronti dell'utilizzatore e/o dell'agenzia per il lavoro (a seconda dei casi), per chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato:
- quando la durata massima (36 mesi) del contratto a termine venga superata (utilizzatore);
- se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine per un periodo superiore a 30 giorni (utilizzatore o agenzia);
- qualora il contratto a termine non venga stipulato per iscritto oppure non sia indicato il termine, ovvero non siano indicati i motivi per cui si è stipulato, rinnovato o prorogato il contratto (agenzia) .
Articolo 69 Sanzioni
1. La violazione, da parte del somministratore e dell’utilizzatore, delle previsioni di cui agli articoli 61, comma 2, 63, comma 1, e 65, comma 1, nonché, da parte del solo utilizzatore di quelle di cui agli articoli 62, 65, commi 4 e 9, e 66, comma 4, e da parte del solo somministratore, di quella dell’articolo 63, comma 2, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 1.250.
Viene in larga parte confermato il quadro sanzionatorio già previsto dalla normativa vigente. Sono previste sanzioni amministrative pecuniarie da euro 250 a euro 1.250 per somminisitratore e/o utilizzatore a seconda delle violazioni.
Articolo 70 Esclusione del settore pubblico
1. Le disposizioni di questo Capo III non trovano applicazione nei confronti della pubbliche amministrazioni, alle quali è fatto divieto di ricorrere alla somministrazione di lavoro subordinato.
Si esclude il ricorso alla somministrazione di lavoro da parte delle pubbliche amministrazioni le quali, per far fronte alle esigenze temporanee di cui all’art. 61, potranno utilizzare il contratto a tempo determinato.
CAPO IV
Lavoro a tempo parziale
Articolo 71 Definizione
1. Nel rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, l’assunzione può avvenire a tempo pieno, ai sensi dell’articolo 3 del D. Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, o a tempo parziale.
Articolo 72
Forma e contenuti del contratto di lavoro a tempo parziale
1. Il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini della prova.
2. Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno.
Con gli artt. da 71 a 79 viene parzialmente riscritta la disciplina del lavoro a tempo parziale contenuta nel Jobs Act (d.lgs. n. 81/2015), il quale è contestualmente abrogato dall’art. 97 del Nuovo Statuto.
La disciplina del Nuovo Statuto - che si applica anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (salvo disposizioni speciali in materia) - si muove in controtendenza rispetto alle modifiche più recenti (dalla Legge Biagi del 2003 alla Legge Fornero del 2012 fino al Jobs Act del 2015) che permettono una gestione più flessibile del part time con un sostanziale avvicinamento fra la logica e la disciplina del lavoro a tempo parziale e quella del full time.
Si rammenta che invece la rigidità di orario prevista per il lavoro a tempo parziale trova giustificazioni anche di carattere costituzionale (sentenza Corte cost. 11.5.1992, n. 210).
Il Nuovo Statuto valorizza il ruolo dei contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale nella disciplina del lavoro eccedente e delle clausole elastiche. Ma la proposta di legge dice già alcune cose.
Viene confermata la regola per cui l'assunzione può avvenire a tempo pieno (le 40 ore settimanali di orario normale di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 66/2003) o a tempo parziale, e ciò anche nel rapporto di lavoro a tempo determinato.
La forma scritta del contratto part time è richiesta ai fini della prova dell’avvenuta stipulazione di esso; il contratto potrà, dunque, ritenersi valido ed efficace ancorché non concluso in forma scritta.
Si richiede la predeterminazione del tempo di esecuzione della prestazione e della distribuzione temporale dell’orario a tempo parziale con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. Viene eleminata la previsione del Jobs Act per cui ove l'organizzazione del lavoro sia articolata in turni, l'indicazione di cui sopra possa avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite.
Articolo 73
Lavoro eccedente l’orario concordato e clausole elastiche
1. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale, il datore di lavoro ha la facoltà di richiedere al lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di ore di lavoro eccedenti l’orario di lavoro concordato in misura non superiore al 50 per cento di quest’ultimo; restano fermi in ogni caso i limiti di durata massima dell’orario di lavoro previsti dal D. Lgs. 8 aprile 2003, n. 66 e dai predetti contratti. Le ore eccedenti de- vono essere retribuite con una maggiorazione non inferiore al 10 per cento della retribuzio- ne oraria globale di fatto fino alla quarantesima ora settimanale, e al 15 per cento dalla quarantunesima alla quarantottesima ora settimanale. Le ore eccedenti sono comunque utili ai fini del calcolo degli istituti retributivi indiretti e differiti.
2. Il lavoratore ha la facoltà di rifiutare la richiesta di cui al comma precedente, salvo diversa previsione dei contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale. Il rifiuto è con- sentito in ogni caso per comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari, di studio o di formazione professionale, e in ogni caso qualora detta richiesta implichi lo svolgimento di prestazioni di lavoro in mesi non lavorati in base all’orario concordato, fatte salve disposi- zioni di miglior favore previste dai contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazio- nale. Il legittimo rifiuto del lavoratore non può costituire giustificato motivo soggettivo o oggettivo di licenziamento.
3. I contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale possono autorizzare le parti del contratto di lavoro a tempo parziale indeterminato a pattuire per iscritto clausole elasti-
che che autorizzino il datore di lavoro, in presenza di comprovate esigenze organizzative o produttive, a fissare unilateralmente, con un preavviso di almeno 15 giorni, modificazioni temporanee della collocazione temporale delle prestazioni lavorative. Il lavoratore può re- vocare il consenso prestato alla clausola elastica in presenza di comprovate esigenze lavo- rative, di salute, familiari, di studio o di formazione professionale. Nel caso in cui non in- tenda comunque sottostare alla modifica legittimamente disposta dal datore, il lavoratore ha facoltà di recedere con effetto immediato dal contratto, con diritto a ricevere un’indenni- tà la cui misura è fissata dai predetti contratti collettivi, ma che in ogni caso non può essere inferiore a tre mesi della sua retribuzione. Nel caso in cui accetti la modifica, il lavoratore ha diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme determinate dagli stessi contratti collettivi.
Salvo diversa disposizione dei contratti nazionali ad efficacia generale, il datore è facoltizzato a richiedere, entro i tetti di durata massima dell’orario previsti dal d.lgs. n. 66/2003 (48 ore settimanali medie) e dai predetti contratti, lo svolgimento di ore di lavoro eccedenti l’orario part time concordato in misura non superiore al 50 per cento di quest’ultimo.
Il lavoratore ha la facoltà di rifiutare la detta richiesta. Se accetta, egli ha il diritto di ottenere - a sua richiesta - il consolidamento nel proprio orario, in tutto o in parte, delle ore di lavoro eccedenti l’orario concordato fino alla 40esima ora, svolte in via non meramente occasionale.
Le ore eccedenti devono essere retribuite con una maggiorazione non inferiore al 10% della retribuzione oraria globale di fatto fino alla 40esima ora settimanale, e al 15% dalla 41esima alla 48esima ora. La previsione è migliorativa rispetto al Jobs Act; infatti, il d.lgs. n. 81/2015 (art. 6) stabilisce oggi che la maggiorazione della retribuzione oraria globale di fatto (15%) è comprensiva della “incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti”. Il Nuovo Statuto fa chiarezza sul punto, cancellando quest’ultima previsione ed affermando invece che le ore eccedenti sono utili ai fini del calcolo degli istituti retributivi indiretti e differiti.
Le ore di lavoro svolte di fatto, eccedenti la percentuale massima consentita, comportano un’ulteriore maggiorazione del 50% della retribuzione oraria globale di fatto, oltre che l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 18-bis del d.lgs. n. 66/2003 nel caso di violazione dei tetti di durata massima dell’orario.
Per fare un esempio: per un orario part time di 30 ore settimanali, sarà consentito utilizzare in via normale un pacchetto di 15 ore di lavoro eccedente: le prime 10 ore eccedenti saranno pagate con una maggiorazione del 10%, le successive 5 ore con una maggiorazione del 15%. Ove poi il lavoratore superi il limite della 45° ora, dalla 46a alla 48a ora scatterà (con finalità sanzionatorie) l’ulteriore maggiorazione del 50%; ove poi il lavoratore dovesse superare anche la 48° ora, oltre alla maggiorazione 65%, saranno applicate al datore le sanzioni previste dal d. lgs. n. 66.
Il rifiuto di svolgere lavoro eccedente è sempre consentito (indipendentemente dalle previsioni dei contratti collettivi) per comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari, di studio o di formazione professionale, e in ogni caso qualora la richiesta del datore implichi lo svolgimento di prestazioni di lavoro in mesi non lavorati in base all’orario part time concordato, fatte salve disposizioni di miglior favore previste dai contratti nazionali ad efficacia generale. Perciò il legittimo rifiuto del lavoratore non può costituire giustificato motivo soggettivo o oggettivo di licenziamento. Anche in questo caso la previsione è migliorativa rispetto al Jobs Act; infatti, il d.lgs.
n. 81/2015 (art. 6) sembra ammettere oggi ipotesi in cui il consenso del lavoratore interessato allo svolgimento di ore eccedenti/supplementari non è richiesto e il suo rifiuto è ingiustificato e può dar luogo a inadempimento contrattuale.
I contratti collettivi nazionali possono autorizzare le parti del contratto part time (ma solo se indeterminato) a pattuire per iscritto clausole elastiche che autorizzino il datore - in presenza di esigenze organizzative o produttive - a fissare unilateralmente, con un preavviso di almeno 15 giorni (in luogo dei 2 giorni previsti dal Jobs Act), modificazioni temporanee della distribuzione temporale delle prestazioni. Il lavoratore che pattuisce la detta clausola e accetta la modifica del suo
orario ha diritto a specifiche compensazioni (nella misura o nelle forme determinate dai contratti).
Il lavoratore per contro ha un diritto di ripensamento (revoca del consenso alla clausola) in presenza di comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari, di studio o di formazione professionale. In mancanza di tali esigenze, nel caso in cui non intenda comunque sottostare alla modifica legittimamente disposta dal datore, il lavoratore può recedere con effetto immediato dal contratto, con diritto a ricevere un’indennità la cui misura è fissata dai contratti collettivi, ma che in ogni caso non può essere inferiore a 3 mesi della sua retribuzione
A differenza della legislazione in vigore (Jobs Act), il Nuovo Statuto non ammette clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione. D’altra parte, ove il contratto collettivo applicato al rapporto non contenga una specifica disciplina delle clausole elastiche, queste non possono mai essere pattuite tra datore e prestatore di lavoro.
Articolo 74
Trattamento del lavoratore a tempo parziale
1. Xxxxx restando i divieti di discriminazione diretta ed indiretta previsti dalla legislazione vi- gente, il lavoratore a tempo parziale ha gli stessi diritti del lavoratore a tempo pieno com- parabile, intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale, né deve ricevere un trattamento meno favorevole per il solo motivo di lavorare a tempo par- ziale.
2. Il trattamento economico e normativo del lavoratore a tempo parziale è riproporzionato, ove opportuno, in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa. I contratti col- lettivi ad efficacia generale di livello nazionale possono comunque modulare la durata del periodo di prova, del periodo di preavviso in caso di licenziamento o dimissioni e quella del periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia e infortunio in relazio- ne all’articolazione dell’orario di lavoro.
Il lavoratore a tempo parziale ha gli stessi diritti del lavoratore a tempo pieno comparabile, intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale.
Egli non deve ricevere un trattamento meno favorevole per il solo motivo di lavorare a tempo parziale. Perciò è vietato applicare ai lavoratori in questione trattamenti differenziati per quanto riguarda, ad esempio:
- l’importo della retribuzione oraria;
- la durata del periodo di prova e delle ferie (salva la facoltà della contrattazione di modulare la prima in relazione all’articolazione dell’orario a tempo parziale);
- la durata del periodo di astensione per maternità;
- la durata del periodo di conservazione del posto in caso di malattia, infortuni sul lavoro, malattie professionali (salva sempre la facoltà della contrattazione di modulare);
- l’applicazione delle norme di tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
- l’accesso alla formazione e ai servizi sociali aziendali;
- l’esercizio dei diritti sindacali.
Il trattamento economico e normativo del lavoratore part time è riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione. Ma il principio pro rata temporis si applica solo “ove opportuno”, nel rispetto del diritto dell’Unione europea (clausola 4.2 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale allegato alla Direttiva 97/81).
Articolo 75 Trasformazione del rapporto
1. Il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo soggettivo o oggettivo di licenziamento.
2. Le parti possono concordare per iscritto la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale utilizzando le procedure di cui all’articolo 2113, ultimo comma, del codice civile
3. I lavoratori del settore pubblico e del settore privato affetti da patologie oncologiche nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l'azienda unità sanitaria locale territorialmente competente, hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale. A richiesta del lavoratore il rapporto di lavoro a tempo parziale è trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno.
4. Il diritto di cui al comma 3 è riconosciuto anche nel caso in cui le patologie oncologiche o le gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardino il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104, che abbia necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.
5. Il diritto di cui al comma 3 è riconosciuto anche al lavoratore o alla lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell'articolo 3 della L. 5 febbraio 1992, n. 104.
6. Il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante ai sensi del Capo V del D. Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d'orario non superiore al 50 per cento. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta. Al termine del periodo di congedo il datore di lavoro, su richiesta del lavoratore, è tenuto a ripristinare il rapporto di lavoro a tempo pieno.
7. Il lavoratore assunto con contratto di lavoro a tempo parziale, o il cui rapporto si sia trasformato da tempo pieno in tempo parziale, ha diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l'espletamento delle stesse mansioni o di mansioni di pari livello e categoria legale rispetto a quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo parziale.
8. In caso di assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro è tenuto a darne tempestiva informazione al personale già dipendente con rapporto a tempo pieno occupato in unità produttive site nello stesso ambito comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogo accessibile a tutti nei locali dell'impresa, ed a prendere in considerazione le domande di trasformazione a tempo parziale dei rapporti dei dipendenti a tempo pieno.
Il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo soggettivo o oggettivo di licenziamento. Le parti possono concordare per iscritto la trasformazione del rapporto a tempo pieno in rapporto part time utilizzando le sedi di conciliazione di cui agli artt. 185, 410, 411, 412- ter e 412-quater del Codice di Procedura Civile (e quindi anche con l’assistenza dell’organizzazione sindacale).
Il Nuovo Statuto - migliorando una previsione presente nel Jobs Act (art. 8, d.lgs. n. 81/2015) - estende il diritto al part time reversibile a una serie di figure: lavoratore pubblico e privato affetto da patologie oncologiche e da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti;
lavoratore o lavoratrice con familiare affetto dalle suddette patologie; lavoratore o lavoratrice che assiste una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa; lavoratore o lavoratrice con figlio convivente di età non superiore a 13 anni o con figlio convivente portatore di handicap.
Il Nuovo Statuto attribuisce, non solo al lavoratore che abbia trasformato il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in uno a tempo parziale, ma anche al lavoratore assunto fin dall’inizio a tempo parziale, un diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di mansioni di pari livello e categoria legale rispetto a quelle oggetto del rapporto di lavoro part time.
Articolo 76
Criteri di computo dei lavoratori a tempo parziale
1. Ai fini della applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, i lavoratori a tempo parziale sono computati in proporzione all'orario svolto, rapportato al tempo pieno. A tal fine, l’arrotondamento opera per le frazioni di orario che eccedono la somma degli orari a tempo parziale corrispondente a unità intere di orario a tempo pieno.
Articolo 77 Sanzioni
1. In difetto di prova in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, su domanda del lavoratore è dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno, fermo restando, per il periodo antecedente alla data della pronuncia giudiziale, il diritto alla retribuzione ed al versamento dei contributi previdenziali dovuti per le prestazioni effettivamente rese.
2. Qualora nel contratto scritto non sia determinata la durata della prestazione lavorativa, su domanda del lavoratore è dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla pronuncia del giudice. Qualora l’omissione riguardi la sola collocazione temporale dell'orario, il giudice determina le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale, tenendo conto delle responsabilità familiari del lavoratore interessato e della sua necessità di integrazione del reddito mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché delle esigenze del datore di lavoro. Per il periodo antecedente alla pronuncia, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta per le prestazioni effettivamente rese, a un’ulteriore somma a titolo di risarcimento del danno pari al 20% della retribuzione stessa.
3. Le ore di lavoro svolte di fatto, eccedenti la percentuale massima consentita ai sensi dell’articolo 73, comma 1, comportano un’ulteriore maggiorazione del 50 per cento della retribuzione oraria globale di fatto, oltre che l’applicazione delle sanzioni previste dal D. Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, nel caso di violazione dei limiti di durata massima dell’orario di lavoro.
4. Il lavoratore a tempo parziale ha il diritto di ottenere, a sua richiesta, il consolidamento nel proprio orario di lavoro, in tutto od in parte, delle ore di lavoro eccedenti l’orario concordato fino alla quarantesima ora, svolte in via non meramente occasionale; i contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale possono stabilire criteri e modalità per il suo esercizio.
v. commento art. 73
Articolo 78 Disciplina previdenziale
1. La retribuzione minima oraria, da assumere quale base per il calcolo dei contributi previdenziali dovuti per i lavoratori a tempo parziale, si determina rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale il minimale giornaliero di cui all’articolo 7 del D. L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, e dividendo l'importo così ottenuto per il numero delle ore di orario normale settimanale previsto dal contratto collettivo ad efficacia generale di livello nazionale dell’ambito di riferimento per i lavoratori a tempo pieno.
2. Gli assegni per il nucleo familiare spettano ai lavoratori a tempo parziale per l'intera misura settimanale in presenza di una prestazione lavorativa settimanale di durata non inferiore al minimo di ventiquattro ore. A tal fine sono cumulate le ore prestate in diversi rapporti di lavoro. In caso contrario spettano tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di lavoro effettivamente prestate, qualunque sia il numero delle ore lavorate nella giornata. Qualora non si possa individuare l'attività principale per gli effetti dell'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, e successive modificazioni, gli assegni per il nucleo familiare sono corrisposti direttamente dall'INPS.
3. La retribuzione dei lavoratori a tempo parziale, a valere ai fini dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è uguale alla retribuzione tabellare prevista dalla contrattazione collettiva per il corrispondente rapporto di lavoro a tempo pieno. La retribuzione tabellare è determinata su base oraria in relazione alla durata normale annua della prestazione di lavoro espressa in ore. La retribuzione minima oraria da assumere quale base di calcolo dei premi per l'assicurazione di cui al presente comma è stabilita con le modalità di cui al comma 1.
4. Nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale e viceversa, ai fini della determinazione dell'ammontare del trattamento di pensione si computa per intero l'anzianità relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno e, in proporzione all'orario effettivamente svolto, l'anzianità inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale.
L’obbligo contributivo del datore, in caso di lavoro a tempo parziale, viene riproporzio- nato in ragione delle ore di lavoro effettivamente svolte.
Un analogo riproporzionamento non avviene invece per il calcolo dell’anzianità contributiva ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione.
A tal fine, infatti, i periodi di lavoro prestato a tempo ridotto vengono calcolati in misu - ra “piena”, dovendo il requisito contributivo essere accertato secondo i principi generali dell’assicurazione obbligatoria IVS (art. 7, co. 1 e 5, L. n. 638/1983, nel testo modificato dall’art. 1, co. 2, L. n. 389/1989), sempre che sia erogata una retribuzione media settimanale almeno pari al minimale contributivo. In altre parole, i l minimale di accredito, pur in presenza di lavoro a tempo parziale, resta quello previsto per la generalità dei lavoratori a tempo pieno, senza alcuna formula di riproporzionamento sulla base delle ore effettivamente svolte.
Articolo 79
Lavoro a tempo parziale nelle amministrazioni pubbliche
1. Le disposizioni del presente Capo IV si applicano anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Restano ferme le eventuali discipline difformi o integrative previste da disposizioni speciali in materia.
v. commento artt. 71 e 72.
CAPO V
Lavoro subordinato occasionale
Art. 80
Definizione e campo di applicazione
1. Il contratto di lavoro subordinato occasionale ha ad oggetto prestazioni di natura meramente occasionale o saltuaria rese dai soggetti di cui al comma 2, nell'ambito:
a) dei piccoli lavori di tipo domestico familiare, compresi l’insegnamento privato supplementare, i piccoli lavori di giardinaggio e l’assistenza domiciliare occasionale ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap;
b) della realizzazione da parte di privati di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli di piccola entità;
2. Possono svolgere lavoro subordinato occasionale i seguenti soggetti:
a) studenti
b) inoccupati
c) pensionati;
d) disoccupati non percettori di forme previdenziali obbligatorie di integrazione al reddito o di trattamenti di disoccupazione, anche se extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro;
3. Il singolo lavoratore può essere occupato presso lo stesso datore di lavoro, in virtù di uno o più contratti di lavoro subordinato occasionale, per un periodo di tempo complessivamente non superiore a 40 giorni nel corso dell’anno solare, ed i relativi compensi non possono essere superiori a € 2.500.
Il lavoro accessorio occasionale (lavoro tramite i voucher) è stato introdotto nel nostro ordinamento nel 2003. La finalità originaria dell'istituto era quella di regolamentare le attività lavorative di natura meramente occasionale a carattere saltuario e di breve durata svolte da soggetti a rischio di esclusione sociale in alcuni specifici ambiti di attività.
Tuttavia nel corso degli anni, il lavoro accessorio, attraverso numerosi interventi legislativi che ne hanno ampliato a dismisura le possibilità di utilizzo, è stato trasformato in un'ulteriore tipologia contrattuale precaria utilizzata in luogo dei tradizionali contratti di lavoro in importanti settori produttivi, con l'aggravarsi di fenomeni elusivi delle norme sul lavoro subordinato soprattutto in assenza di un adeguato sistema di controlli.
La scelta compiuta dal governo con la recente riforma del mercato del lavoro di ampliare l'utilizzo delle prestazioni attraverso l'innalzamento del limite massimo di compensi percepibili dal singolo lavoratore (da 5,000 a 7.000 euro) ha comportato un'ulteriore crescita del fenomeno "voucher" come dimostrano i recenti dati Inps sui buoni venduti.
L'intento qui perseguito è quello di ridisciplinare il lavoro accessortio riportandolo alla sua origianaria funzione, limitandolo di fatto a prestazioni effettivamente occasionali, ed estendendo anche a questa tipologia contrattuale tutti i diritti e le tutele previste dalla prima parte del nuovo Statuto.
Una prima modifica sostanziale riguarda la natura giuridica del lavoro accessorio. Secondo la disciplina vigente si può far ricorso al lavoro accessorio per ogni tipo di attività, anche non occasionale.
Il comma 1 invece qualifica il lavoro accessorio come un contratto di lavoro subordinato che ha ad oggetto prestazioni di natura meramente occasionale o saltuaria.
Rispetto alla vigente disciplina che ammette l'utilizzo dei voucher in tutti settori produttivi, si restringe notevolmente l'ambito di applicazione. Il lavoro occasionale è ammesso solo per alcuni ambiti di attività: piccoli lavori di tipo domestico familiare, per la realizzazione di eventi da parte di privati ect.
Un altro notevole limite introdotto riguarda l'individuazione delle categorie che possono svolgere attività di lavoro subordinato occasionale. Si tratta di una platea di soggetti molto circoscritta. .
Infine, vengono notevolmenti ridotti anche i limiti economici che consentono il ricorso all'istituto. I compensi percepibili dal lavoratore, in relazione all'attività prestata nei confronti di uno stesso datore di lavoro, con uno o più contratti di lavoro subordinato occasionale, non possono essere superiori a 2.500 euro nel corso di un anno solare. Inoltre, il lavoratore non potrà essere occupato presso lo stesso datore di lavoro per un periodo di tempo superiore a 40 giorni nel corso dell'anno solare.
Articolo 81
Disciplina del lavoro subordinato occasionale
1. I soggetti di cui all’articolo 80, comma 2, interessati a svolgere prestazioni di lavoro subordinato occasionale, comunicano la loro disponibilità ai servizi per l’impiego nell'ambito territoriale di riferimento, o ai soggetti accreditati di cui all'articolo 7 del D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276. In corrispondenza di tale comunicazione, essi ricevono, a proprie spese, una specifica tessera magnetica, dotata di un codice PIN, e vengono contemporaneamente iscritti in una posizione previdenziale e assicurativa presso l’INPS e l’INAIL.
2. Coloro che intendono ricorrere a prestazioni di lavoro subordinato occasionale devono acquistare presso le rivendite autorizzate una o più schede per prestazioni di lavoro subordinato occasionale, dotate di un codice a barre di riferimento, fornendo i propri dati anagrafici ed il proprio codice fiscale, tramite tessera sanitaria o documento fiscale. Ogni scheda ha un valore nominale di 10 euro, e corrisponde, per tutte le prestazioni di cui all’articolo 80, comma 1, al valore di un’ora lavorativa. Il datore di lavoro consegnerà al lavoratore, a titolo di compenso dovuto per la prestazione effettuata, un numero di schede corrispondente al numero di ore lavorate.
3. Le rivendite autorizzate, all’atto della presentazione delle schede per l’incasso, le imputano al lavoratore tramite la sua tessera magnetica ed il relativo PIN, e gli corrispondono, per ciascuna di esse, la somma di euro 7,50, versando contemporaneamente per via elettronica all’INPS, a titolo di contributi previdenziali destinati al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, di euro 1,30, e all’INAIL, a titolo di contributi per l’assicurazione contro gli infortuni, euro 0,70. Esse trattengono, inoltre, a titolo di rimborso spese per il servizio prestato, l'importo di euro 0,50.
4. Le somme percepite a titolo di compenso per prestazioni di lavoro subordinato occasionale sono esenti da qualsiasi imposizione fiscale e non incidono sullo stato di disoccupato o inoccupato del lavoratore, il quale non è computato a fini statistici nelle quote degli occupati.
5. Entro sessanta giorni dalla entrata in vigore delle disposizioni contenute nella presente legge, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali individua, con apposito decreto, il soggetto concessionario abilitato alla istituzione e gestione delle schede di cui al comma 2, nonché i soggetti autorizzati alla loro vendita e pagamento, regolamentando criteri e modalità per le operazioni di cui al comma 3. Con lo stesso decreto il Ministro dispone le modalità di comunicazione telefonica o elettronica all’INPS, da parte di ciascun datore di lavoro che intenda ricorrere a prestazioni di lavoro subordinato occasionale, della decorrenza e della presumibile durata del singolo contratto, nonché del luogo in cui verranno effettuate le prestazioni.
6. Il valore unitario della scheda di cui al comma 2, e la somma di cui all’articolo 80, comma 3, sono
rivalutati annualmente sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
7. Il lavoratore può fare annualmente istanza all’INPS affinché i contributi versati ai sensi del comma 3 siano accreditati presso un altro Fondo da gestito dallo stesso Istituto.
L'articolo stabilisce le modalità di funzionamento e di utilizzo del lavoro occasionale e gli adempimenti ai quali si devono attenere i datori di lavoro e i lavoratori. Si prevede un sistema di piena tracciabilità dei buoni (schede) in modo da eliminare ogni possibile abuso di questo istituto.
Ogni lavoratore ha una propria tessera magnetica dotata di un codice PIN. I datori di lavoro/committenti acquistano le schede, dotate ognuna di un proprio codice a barre, presso le rivendite autorizzate fornendo i propri dati anagrafici ed il proprio codice fiscale.
La retribuzione del lavoratore avviene mediante la consegna delle schede da parte dei datori di lavoro. I lavoratori possono riscuotere i compensi attraverso la presentazione della tessera magnetica e del relativo PIN e la consegna delle schede presso le rivendite autorizzate. Ogni scheda ha un valore nominale di 10 euro e corrisponde ad un'ora di lavoro. La scheda è comprensiva dei contributi previdenziali (1,30 euro) per il fondo pensioni lavoratori dipendenti e della copertura assicurativa Inail (0,70 euro). Una quota (0,50 euro) è per le spese di servizio. Il valore netto a favore del lavoratore è pari a 7,50 euro per ogni scheda.
Viene confermato che i compensi per le prestazioni sono esenti da imposizione fiscale e non inincidono sullo stato di disoccupazione o inoccupazione del lavoratore.
Parte III - Revisione della disciplina di alcuni istituti del rapporto di lavoro
CAPO VI
Orario di lavoro
Articolo 82
Durata massima della giornata lavorativa
1. All’art. 4 del D. Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, i commi 1 e 4 sono sostituiti dai seguenti: “ Articolo 4 - Durata massima giornaliera e settimanale dell’orario di lavoro.
1. Ai sensi dell’art. 36, comma 2, della Costituzione, la durata massima giornaliera dell’orario di lavoro, comprese le ore di lavoro straordinario, è fissata dai contratti collettivi ad efficacia generale di livello nazionale, in misura comunque non superiore alle 10 ore, ovvero alle 13 ore per i dirigenti e per i lavoratori addetti alle occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia elencate nella tabella approvata con regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657, e successive modificazioni ed integrazioni, alle condizioni ivi previste. I predetti contratti possono prevedere temporanee deroghe a questi limiti in presenza di specifiche esigenze organizzative, produttive e di sicurezza di particolare importanza, tenuto conto dell’interesse dell’impresa o dei terzi, sempre assicurando il rispetto delle esigenze di salute dei lavoratori.
2. I contratti collettivi di lavoro ad efficacia generale di livello nazionale stabiliscono la durata massima settimanale dell'orario di lavoro, la cui media, per ogni periodo di sette giorni, non può in ogni caso superare le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
3. Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la durata media dell'orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi.
4. I contratti collettivi di lavoro ad efficacia generale possono in ogni caso elevare il limite di cui al
comma 3 fino a sei mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi. “
2. All’articolo 18 bis del D. Lgs. 9 aprile 2003, n. 66, dopo il comma 2, è inserito il seguente: “Articolo 18-bis - Sanzioni
Omissis…
2 bis. La violazione della disposizione prevista dall’art. 4, comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da € 516 a € 2.582 per ogni lavoratore interessato.
Omissis...”.
L'art. 36 della Costituzione, al co. 2, affida al legislatore il compito di individuare la durata massima della giornata lavorativa.
In linea con questa indicazione, la norma in esame - nel riscrivere l’art. 4, commi da 1 a 4, del d.lgs. n. 66/2003 - stabilisce che la durata massima giornaliera dell’orario di lavoro, comprese le ore di lavoro straordinario, è fissata dai contratti collettivi nazionali ad efficacia generale, in misura comunque non superiore alle 10 ore, ovvero alle 13 ore per i dirigenti e per gli addetti ai lavori discontinui. Detti limiti sono temporaneamente derogabili in presenza di specifiche esigenze organizzative, produttive e di sicurezza di particolare importanza (nuovo co. 1 dell’art. 4, d.lgs. n. 66).
Si tratta di una innovazione importante, considerato che l’attuale normativa sull’orario non fissa più la durata massima normale della giornata lavorativa di 8 ore, né – in violazione del dettato costituzionale – la durata massima giornaliera complessiva. D’altra parte, la contrattazione - pur abilitata a derogare alla disciplina legislativa - mantiene, in molti settori, la definizione dell’orario normale giornaliero di lavoro, con una previsione appunto non più necessitata dal d.lgs. n. 66/2003.
Quanto ai lavoratori addetti alle occupazioni discontinue, la questione è stata affrontata e risolta dalla contrattazione in numerosi settori, con l’istituzione di limiti d’orario ragionevoli. Ove si applica la limitazione dei contratti collettivi, deve considerarsi come tempo di lavoro a tal fine anche la fase di inattività, in tutti i casi in cui il lavoratore non possa allontanarsi dal posto di lavoro, dovendo tenersi pronto a riprendere l’attività. D’altra parte l’art. 16, co. 1, del d.lgs. n. 66/2003, pur escludendo i lavori discontinui dal limite di orario normale di cui all’art. 3 del d.lgs. medesimo, fa comunque “salve le condizioni di miglior favore stabilite dai contratti collettivi”. Pertanto si può ritenere che il contratto collettivo possa stabilire un limite di orario normale settimanale della prestazione.
Il Nuovo Statuto “sollecita” i contratti collettivi nazionali ad efficacia generale a fissare la durata massima settimanale dell’orario di lavoro, nel rispetto in ogni caso del tetto medio complessivo di 48 ore.
Il tetto medio di 48 ore settimanali (comprensivo dello straordinario) va calcolato come me- dia all’interno di un arco temporale ordinariamente di 4 mesi (derogabile - tramite decreto ministe- riale - nel limite di sei mesi, ai sensi dell’art. 17, co. 2, d.lgs. n. 66/2003), salvi gli eventuali prolun- gamenti del periodo convenzionale di riferimento (da 4 a 6 mesi) che siano disposti dai contratti collettivi (anche aziendali) a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del la- voro, specificate negli stessi contratti.
Rispetto all’attuale normativa il periodo di riferimento per il calcolo delle 48 ore medie vie- ne dunque ridotto (non sarebbero più possibili prolungamenti fino a 12 mesi).
Viene aggiunto un co. 2-bis all’art. 18-bis del d.lgs. n. 66 con la previsione di una sanzione per la violazione del nuovo co. 1 dell’art. 4 del d.lgs. n. 66, come introdotto dal Nuovo Statuto.