Common use of La questione Clause in Contracts

La questione. Questi i lineamenti del caso concreto: i ricorrenti, tra di loro coeredi, agiscono per ottenere il rimborso delle somme facenti parte del compendio ereditario sottratte fraudolentemente da terzi ignoti per mezzo di prelievi effettuati mediante carta Ban- comatintestataal decuius; l’intermediario resistente eccepisce il difetto di legittimazione attiva della controparte, riscontrando esservi altri successori a titolo universale estranei alla pretesa avanzata dinanzi al Collegio, oltre che, nel merito, la colpa grave dell’utilizzatore nella custodia del Bancomat e delle relative credenziali, in violazione delle previsioni del D.Lgs. n. 11 del 2010 e di puntuali obblighi contrattuali. L’argomentazione difensiva della parte resistente, pur fondan- dosi precipuamente su contestazioni di carattere processuale, intercetta, a giudizio del Collegio, il tema sostanziale e logica- mente antecedente delle modalità - congiunte ovvero disgiunte - di attuazione del credito facente parte della comunione ereditaria e, dunque, l’interrogativo se la pretesa di cui esso consta possa essere fatta valere anche dal singolo coerede per l’intero e non già necessariamente da tutti i coeredi ovvero da ciascuno ma limitatamente alla quota ereditaria di sua spettanza. Intorno alla questione si agita un vivace dibattito giurispruden- ziale e dottrinale, il quale individua nella sentenza delle Sezioni Unite della Cass. 20 novembre 2017, n. 27417 uno snodo di imprescindibile importanza. Con tale pronuncia, le Sezioni Unite precisano anzitutto che, a differenza dei debiti, i crediti del de cuius non si ripartiscono tra i coeredi in modo auto- matico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria (artt. 727, 757, 760 c.c.). Muovendo da tali premesse, ritengono dunque applicabile il principio generale secondo cui ciascun soggetto partecipante alla comunione può esercitare singolarmente le azioni a van- taggio della cosa comune senza l’esigenza di integrare il con- traddittorio nei confronti di tutti gli altri partecipanti, in ragione della circostanza per cui il diritto di ciascuno di essi investe la cosa comune nella sua interezza. Ne consegue che ciascuno dei coeredi può agire singolar- mente per far valere l’intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza che vi sia la necessità di ottenere il consenso di tutti gli altri coeredi (e ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l’intervento di questi ultimi in presenza dell’interesse all’accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito). In tale quadro, gli eventuali contrasti insorti tra i coeredi devono trovare soluzione nell’ambito della distinta procedura della divisione ereditaria. Nel tempo, l’orientamento affermatosi in seno ai Collegi territoriali dell’Arbitro Bancario Finanziario non appare conforme ai suesposti passaggi argomentativi. In partico- lare, pur condividendo le premesse acquisite dalla giuri- sprudenza di legittimità - segnatamente, la caduta in comunione ereditaria dei crediti del de cuius - sembra essersi sedimentata nelle decisioni dei Collegi arbitrali una rilevante divergenza in ordine ai corollari che ne discendono. Più in particolare, viene costantemente evidenziata l’esigenza, non considerata dalle Sezioni Unite, di distinguere le iniziative individuali di tutela suscettibili di avvantaggiare anche i coeredi che non le hanno promosse dalle iniziative individuali che, diversamente, non perseguendo ad esempio una funzione di protezione o di accertamento dei crediti ereditari, ben pos- sono recare pregiudizio alle ragioni dei coeredi rimasti inerti. In questa prospettiva, si ergono dunque come imprescindibili le esigenze di conservare l’integrità della massa ereditaria e di evitare che una qualsiasi iniziativa individuale possa compro- mettere l’esito della divisione stessa. Per le ragioni rappresentate, i Xxxxxxx arbitrali escludono il diritto del singolo coerede di agire unicamente in nome proprio per riscuotere in tutto o in parte il credito.

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La questione. Questi La questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d’Appello di Venezia con ordinanza del 13 luglio 2016 (1) attiene all’ambito di applicazione oggettivo del regime di responsabilità solidale previ- sto dall’art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276 del 2003. Nella fattispecie concreta l’impresa nei cui confronti i lineamenti lavoratori avevano fatto valere la responsabilità in solidum con la datrice di lavoro dei medesimi (dichia- rata fallita), aveva eccepito l’inapplicabilità della norma sopra richiamata in ragione dell’inesistenza di un contratto d’appalto, essendo intercorso tra le due imprese dapprima un affitto di ramo d’azienda e poi un rapporto di subfornitura. La Corte d’Appello ha ritenuto non condivisibile l’applicazione estensiva, operata dal Tribunale di primo grado, della disposizione contenuta nell’art. 29 citato alla subfornitura in ragione di una sua affermata assimi- labilità all’appalto, affermando, al contrario, il carat- tere derogatorio (e dunque non suscettibile di estensione in xxx xxxxxxxxx xx xxx. 00 xxxx. xxxx. x.x. xx xxxx non previsti) della norma in questione rispetto al principio generale secondo cui le retribuzioni e le contribuzioni dei dipendenti gravano sul datore di lavoro. Rilevato che la subfornitura si inserisce nel- l’ambito del caso concreto: i ricorrentifenomeno del c.d. decentramento pro- duttivo, tra e dato atto delle incertezze giurisprudenziali in ordine alla corretta ricostruzione della natura giuridica del rapporto di loro coeredi, agiscono per ottenere il rimborso delle somme facenti parte del compendio ereditario sottratte fraudolentemente da terzi ignoti per mezzo di prelievi effettuati mediante carta Ban- comatintestataal decuius; l’intermediario resistente eccepisce il difetto di legittimazione attiva della controparte, riscontrando esservi altri successori a titolo universale estranei alla pretesa avanzata dinanzi al Collegio, oltre che, nel meritosubfornitura, la colpa grave dell’utilizzatore nella custodia del Bancomat e delle relative credenziali, in violazione delle previsioni Corte d’Ap- pello ha rilevato un potenziale contrasto dell’art. 29 del D.Lgs. n. 11 276 del 2010 e di puntuali obblighi contrattuali. L’argomentazione difensiva della parte resistente, pur fondan- dosi precipuamente su contestazioni di carattere processuale, intercetta, a giudizio del Collegio, il tema sostanziale e logica- mente antecedente delle modalità - congiunte ovvero disgiunte - di attuazione del credito facente parte della comunione ereditaria e, dunque, l’interrogativo se la pretesa di cui esso consta possa essere fatta valere anche dal singolo coerede per l’intero e non già necessariamente da tutti i coeredi ovvero da ciascuno ma limitatamente alla quota ereditaria di sua spettanza. Intorno alla questione si agita un vivace dibattito giurispruden- ziale e dottrinale, il quale individua nella sentenza delle Sezioni Unite della Cass. 20 novembre 2017, n. 27417 uno snodo di imprescindibile importanza. Con tale pronuncia, le Sezioni Unite precisano anzitutto che, a differenza dei debiti, i crediti del de cuius non si ripartiscono tra i coeredi in modo auto- matico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria (2003 con gli artt. 727, 757, 760 c.c3 e 36 della (*) N.d.). Muovendo da tali premesse, ritengono dunque applicabile il principio generale secondo cui ciascun soggetto partecipante alla comunione può esercitare singolarmente le azioni a van- taggio della cosa comune senza l’esigenza di integrare il con- traddittorio nei confronti di tutti gli altri partecipantiR.: Il presente contributo è stato sottoposto, in ragione della circostanza per cui il diritto forma anonima, al vaglio del Comitato di ciascuno di essi investe la cosa comune nella sua interezza. Ne consegue che ciascuno dei coeredi può agire singolar- mente per far valere l’intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza che vi sia la necessità di ottenere il consenso di tutti gli altri coeredi (e ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l’intervento di questi ultimi in presenza dell’interesse all’accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito). In tale quadro, gli eventuali contrasti insorti tra i coeredi devono trovare soluzione nell’ambito della distinta procedura della divisione ereditaria. Nel tempo, l’orientamento affermatosi in seno ai Collegi territoriali dell’Arbitro Bancario Finanziario non appare conforme ai suesposti passaggi argomentativi. In partico- lare, pur condividendo le premesse acquisite dalla giuri- sprudenza di legittimità - segnatamente, la caduta in comunione ereditaria dei crediti del de cuius - sembra essersi sedimentata nelle decisioni dei Collegi arbitrali una rilevante divergenza in ordine ai corollari che ne discendono. Più in particolare, viene costantemente evidenziata l’esigenza, non considerata dalle Sezioni Unite, di distinguere le iniziative individuali di tutela suscettibili di avvantaggiare anche i coeredi che non le hanno promosse dalle iniziative individuali che, diversamente, non perseguendo ad esempio una funzione di protezione o di accertamento dei crediti ereditari, ben pos- sono recare pregiudizio alle ragioni dei coeredi rimasti inerti. In questa prospettiva, si ergono dunque come imprescindibili le esigenze di conservare l’integrità della massa ereditaria e di evitare che una qualsiasi iniziativa individuale possa compro- mettere l’esito della divisione stessa. Per le ragioni rappresentate, i Xxxxxxx arbitrali escludono il diritto del singolo coerede di agire unicamente in nome proprio per riscuotere in tutto o in parte il creditovalutazione.

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Samples: Responsabilità Solidale E Subfornitura

La questione. Questi E’ possibile riscontrare diversi orientamenti circa la portata dell’art. 23 TUF (per ragioni di economia del testo non si tratterà della normativa precedente al TUF). L’art. 23 recita che «i lineamenti del caso concreto: i ricorrenti, tra contratti relativi alla prestazione dei servizi di loro coeredi, agiscono investimento […] sono redatti per ottenere il rimborso delle somme facenti parte del compendio ereditario sottratte fraudolentemente da terzi ignoti per mezzo iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti […] Nei casi di prelievi effettuati mediante carta Ban- comatintestataal decuius; l’intermediario resistente eccepisce il difetto di legittimazione attiva inosservanza della controparte, riscontrando esservi altri successori a titolo universale estranei alla pretesa avanzata dinanzi al Collegio, oltre che, nel merito, la colpa grave dell’utilizzatore nella custodia del Bancomat e delle relative credenziali, in violazione delle previsioni del D.Lgs. n. 11 del 2010 e di puntuali obblighi contrattuali. L’argomentazione difensiva della parte resistente, pur fondan- dosi precipuamente su contestazioni di carattere processuale, intercetta, a giudizio del Collegioforma prescritta, il tema sostanziale e logica- mente antecedente delle modalità - congiunte ovvero disgiunte - di attuazione del credito facente parte della comunione ereditaria e, dunque, l’interrogativo se la pretesa di cui esso consta possa contratto è nullo […] La nullità può essere fatta valere solo dal cliente.» Per quanto riguarda la mancanza della sottoscrizione del cliente o, a fortiori, la mancanza del contratto stesso, vi è unanimità di vedute nel ritenere il contratto e tutti gli acquisti successivi nulli (Cass. 22.3.2013 n. 7283; Cass. 22.12.2011 n. 28432). Né è idonea a integrare il requisito formale la sottoscrizione da parte del cliente di documenti diversi dal contratto, come il documento sui rischi generali o il questionario MIFID (Cass. 19.2.2014 n. 3889). Di agile soluzione risulta anche la problematica circa l’effetto della produzione in giudizio da parte della Banca del contratto-quadro da essa non sottoscritto. Infatti se è pur vero che la mancata sottoscrizione di una scrittura privata è supplita dalla produzione in giudizio del documento stesso da parte del non firmatario che intenda avvalersene, è pur vero che ciò comporterebbe il perfezionamento ex nunc del contratto quadro (dal singolo coerede per l’intero momento della produzione) e quindi non già necessariamente da tutti i coeredi ovvero da ciascuno ma limitatamente alla quota ereditaria avrebbe alcuna utilità ai fini della validità degli ordini di sua spettanzaacquisto precedentemente impartiti. Intorno alla questione si agita un Ciò che invece è oggetto di vivace dibattito giurispruden- ziale è se l’art. 23 imponga davvero la firma dell’intermediario o se invece, ai fini del rispetto della forma, sia sufficiente la firma dell’investitore. Scrive la dottoressa Xxxxxxxxx (giudice relatrice dell’ordinanza) che non tutte le prescrizioni di forma sono uguali. “Se la forma ad substantiam, nella sua solennità propria degli scambi immobiliari tipici dell’economia fondiaria, funge, nell’ambito dei rapporti paritari, da criterio d’imputazione della dichiarazione, oltre che servire a favorire - a tutela di entrambi i contraenti - i beni della chiarezza nei contenuti, della ponderazione per l’impegno assunto e dottrinaledella serietà dell’accordo, nonché a distinguere le mere trattative dall’atto definitivo, occorre poi pur riflettere sul fatto che, invece, laddove le parti non si trovino su di un piano di parità perché si ravvisa una “parte debole” del rapporto, a scongiurare il quale individua rischio dell’insufficiente riflessione o dell’approfittamento ad opera dell’altro contraente interviene, allora, la forma, o formalità “di protezione”: il cui fine precipuo è proprio quello di proteggere lo specifico interesse del contraente “debole” a comprendere ed essere puntualmente e compiutamente informato su tutti gli aspetti della vicenda contrattuale.” In breve il formalismo negoziale (o neoformalismo) a cui si assiste negli ultimi tempi con precipuo riferimento ai contratti caratterizzati da asimmetrie informative (si pensi ai contratti del consumatore oltre che all’intermediazione finanziaria) sarebbe finalizzato alla tutela della parte “debole”. Pertanto la nullità che deriva dalla violazione dei precetti sulla forma, in questi contratti, persegue finalità eminentemente protettive. Si parla dunque di “nullità di funzione” anziché di “nullità di struttura”. La conseguenza di tale impostazione porta alla considerazione che se la nullità è funzionale alla tutela del diritto dell’investitore di avere le informazioni necessarie, tanto che lui è l’unico soggetto legittimato a farla valere, tale esigenza risulterebbe soddisfatta dalla sola firma del cliente stesso. La forma “informativa” sarebbe quindi rispettata, perché soddisfatto è l’interesse alla conoscenza ed alla trasparenza, o scopo informativo, cui essa è preordinata. La sottoscrizione, viceversa, della Banca, che predispone unilateralmente il contratto, non avrebbe invece alcuna funzione, anzi si porrebbe in contrasto con il dinamismo nella sentenza delle Sezioni Unite conclusione dei contratti finanziari. Sia chiaro, l’ordinanza non si spinge a sostenere l’irrilevanza del consenso della banca che, come è ovvio, è necessario in ogni contratto, ma afferma che questo possa rivestire altre forme. L’impostazione qui esposta era già stata sostenuta da parte della giurisprudenza di merito (Corte d’Appello Venezia, sent. 1377 del 2016; Corte d’Appello Venezia, sent. 1904 del 2015; Trib. Torino, sent. 316 del 2016; Trib. Milano sent. 14268 del 2013). L’impostazione opposta - che richiede la firma dell’intermediario ai fini della validità del contratto - risulta invece sostenuta da numerose e recenti pronunce della Corte di Cassazione (Cass. 20 novembre 201714.03.2017, n. 27417 uno snodo 6559 Cass. 24.03.2016, n. 5919; Cass. 11.04.2016, n. 7068; Cass. 27.04.2016, n. 8395; Cass. 27.04.2016, n. 8396; Cass. 19.05.2016, n. 10331; Cass. 03.01.2017, n. 36) e di imprescindibile importanzanumerosa giurisprudenza di merito (Corte d’Appello Bologna 13.01.2017, n. 89; Corte d’Appello di Milano 19.04.2017, n. 1680; Trib. Con tale pronunciaRimini, le Sezioni Unite precisano anzitutto cheord. 02.02.2012). Questa giurisprudenza, pur riconoscendo che nella materia finanziaria e bancaria l’onere della necessaria forma scritta dei contratti sia imposta a fini protettivi, ritiene nondimeno necessaria la sottoscrizione da parte della banca. Il che non è incompatibile con la formazione del contratto attraverso lo scambio di due documenti, entrambi del medesimo tenore, ciascuno sottoscritto dall’altro contraente, a differenza dei debiticondizione che entrambe le dichiarazioni negoziali siano formalizzate. Una qualunque manifestazione scritta e diretta a controparte dell’intento di avvalersi del contratto, i crediti non riproducendo per intero il contenuto del de cuius contratto, non si ripartiscono tra i coeredi in modo auto- matico in ragione delle rispettive quote, ma entrano è idonea a far parte della comunione ereditaria (arttevitare la violazione dell’art. 727, 757, 760 c.c.). Muovendo da tali premesse, ritengono dunque applicabile il principio generale secondo cui ciascun soggetto partecipante alla comunione può esercitare singolarmente le azioni a van- taggio della cosa comune senza l’esigenza di integrare il con- traddittorio nei confronti di tutti gli altri partecipanti, in ragione della circostanza per cui il diritto di ciascuno di essi investe la cosa comune nella sua interezza. Ne consegue che ciascuno dei coeredi può agire singolar- mente per far valere l’intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza che vi sia la necessità di ottenere il consenso di tutti gli altri coeredi 23 TUF (e ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l’intervento di questi ultimi in presenza dell’interesse all’accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito117 TUB). In tale quadro, gli eventuali contrasti insorti tra i coeredi devono trovare soluzione nell’ambito della distinta procedura della divisione ereditaria. Nel tempo, l’orientamento affermatosi in seno ai Collegi territoriali dell’Arbitro Bancario Finanziario non appare conforme ai suesposti passaggi argomentativi. In partico- lare, pur condividendo le premesse acquisite dalla giuri- sprudenza di legittimità - segnatamente, la caduta in comunione ereditaria dei crediti del de cuius - sembra essersi sedimentata nelle decisioni dei Collegi arbitrali una rilevante divergenza in ordine ai corollari che ne discendono. Più in particolare, viene costantemente evidenziata l’esigenza, non considerata dalle Sezioni Unite, di distinguere le iniziative individuali di tutela suscettibili di avvantaggiare anche i coeredi che non le hanno promosse dalle iniziative individuali che, diversamente, non perseguendo ad esempio una funzione di protezione o di accertamento dei crediti ereditari, ben pos- sono recare pregiudizio alle ragioni dei coeredi rimasti inerti. In questa prospettiva, si ergono dunque come imprescindibili le esigenze di conservare l’integrità della massa ereditaria e di evitare che una qualsiasi iniziativa individuale possa compro- mettere l’esito della divisione stessa. Per le ragioni rappresentate, i Xxxxxxx arbitrali escludono il diritto del singolo coerede di agire unicamente in nome proprio per riscuotere in tutto o in parte il credito.

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Samples: Contratto Quadro Di Negoziazione Titoli

La questione. Questi i lineamenti Il titolare di un prestito personale stipulato il 24 febbraio 2010 per l’importo di 31.350,00 euro, con un T.A.N. dell’8%, un T.A.E.G. dell’8,493%, con obbligo di rimborso della somma mediante il pagamento di n. 72 rate da 549,67 euro, lamenta l’erronea indicazione del caso concreto: i ricorrentiT.A.E.G. a causa della mancata inclu- sione nel parametro dei costi per imposta sostitutiva (€ 78,38) e per spese di assicurazione (1.410,75 euro). Attesa “la nullità della clausola per violazione di norme imperative inderogabili”, tra di loro coerediil ricorrente richiede l’applicazione del tasso sostitutivo ex art. 125 bis, agiscono per ottenere il rimborso commi 6 e 7, T.U.B. e la restituzione delle somme facenti parte indebitamente versate. L’intermediario si costituisce ecce- pendo che il premio assicurativo è stato correttamente escluso dal computo del compendio ereditario sottratte fraudolentemente da terzi ignoti per mezzo TAEG in ragione del carattere facol- tativo della copertura assicurativa, che risulterebbe con chia- rezza dalla documentazione precontrattuale e contrattuale rilevante nel caso di prelievi effettuati mediante carta Ban- comatintestataal decuius; l’intermediario resistente eccepisce specie. Eccepisce, comunque, l’inappli- cabilità al caso di specie delle conseguenze sanzionatorie di cui all’art. 125 bis T.U.B., poiché tale disposizione sarebbe entrata in vigore in epoca successiva alla stipula del contratto de quo. Investito del ricorso, il difetto Collegio di legittimazione attiva della controparteNapoli accerta che il T.A.E.G. riportato agli atti non includeva effettivamente né i costi assi- curativi né l’imposta sostitutiva. Applicando le indicazioni di principiogiàelaborate dal Collegio dicoordinamentodell’Arbitro (v. I precedenti), riscontrando esservi altri successori a titolo universale estranei alla pretesa avanzata dinanzi al Collegio, oltre che, nel meritoviene chiarito che sebbene la copertura assi- curativa fosse stata formalmente indicata come facoltativa, la colpa grave dell’utilizzatore nella custodia sua analisi in concreto ne metteva in luce la natura sostanzial- mente obbligatoria, dovendo pertanto essere inclusa nel com- puto del Bancomat T.A.E.G. indicato in contratto. Il Collegio territoriale considerava tuttavia applicabile, ratione temporis, non l’attuale art. 125 bis, ma la precedente disposizione dell’art. 124 T.U.B. (aisensidiquestanorma: “1. Aicontrattidicreditoalconsumosi applical’art. 117, commi 1 e 3. 2. I contratti dicredito al consumo indicano: a) l’ammontare e le modalità del finanziamento; b) il numero, gli importi e la scadenza delle relative credenzialisingole rate; c) il TAEG; d) il dettaglio delle condizioni analitiche secondo cui il TAEG può essereeventualmentemodificato; e) l’importoelacausaledegli oneri che sono esclusi dal calcolo del TAEG. Nei casi in cui non sia possibile indicare esattamente tali oneri, deve esserne fornita una stima realistica; oltre essi, nulla è dovuto dal consu- matore; f) le eventuali garanzie richieste; g) le eventuali coper- ture assicurative richieste al consumatore e non incluse nel calcolo del TAEG. 3. Oltre a quanto indicato nel comma 2, i contratti di credito al consumo che abbiano a oggetto l’acquisto di determinati beni o servizi contengono, a pena di nullità: a) la descrizione analitica dei beni e dei servizi; b) il prezzo di acquisto in violazione delle previsioni contanti, il prezzo stabilito dal contratto e l’ammontare del- l’eventuale acconto; c) le condizioni per il trasferimento del D.Lgsdiritto di proprietà, nei casi in cui il passaggio della proprietà non sia immediato. n. 11 del 2010 e 4. Nessuna somma può essere richiesta o addebitata al consumatore se non sulla base di puntuali obblighi espresse pre- visioni contrattuali. L’argomentazione difensiva della parte resistenteLe clausole di rinvio agli usi per la determi- nazione delle condizioni economiche applicate sono nulle e si considerano non apposte. 5. Nei casi di assenza o nullità delle clausole contrattuali, pur fondan- dosi precipuamente su contestazioni queste ultime sono sostituite di carattere processualediritto secondo i seguenti criteri: a) il TAEG equivale al tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro del tesoro, intercetta, a giudizio emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del Collegio, il tema sostanziale e logica- mente antecedente delle modalità - congiunte ovvero disgiunte - di attuazione contratto; b) la sca- denza del credito facente parte della comunione ereditaria e, dunque, l’interrogativo se la pretesa di cui esso consta possa essere fatta valere anche dal singolo coerede per l’intero e non già necessariamente da tutti i coeredi ovvero da ciascuno ma limitatamente alla quota ereditaria di sua spettanza. Intorno alla questione si agita un vivace dibattito giurispruden- ziale e dottrinale, il quale individua nella sentenza delle Sezioni Unite della Cass. 20 novembre 2017, n. 27417 uno snodo di imprescindibile importanza. Con tale pronuncia, le Sezioni Unite precisano anzitutto che, è a differenza dei debiti, i crediti trenta mesi; c) nessuna garanzia o coper- tura assicurativa viene costituita in favore del de cuius non si ripartiscono tra i coeredi in modo auto- matico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria (artt. 727, 757, 760 c.c.finanziatore”). Muovendo da tali queste premesse, ritengono dunque applicabile A.B.F. Napoli ha rimesso la questione al Collegio di coordinamento, ritenendo che in que- sta composizione l’Arbitro non avesse ancora affrontato, se non incidentalmente, la questione relativa ai rimedi disponibili al cliente in caso di erronea indicazione del T.A.E.G. vigente la regola contenuta nel vecchio art. 124 T.U.B. Nella decisione indicata in epigrafe, il principio generale Collegio di coordina- mento si richiama al proprio indirizzo secondo cui, prima del- l’entrata in vigore dell’art. 125 bis T.U.B., la clausola di un contratto di credito al consumo contenente un T.A.E.G. non corretto dovesse essere considerata nulla, in applicazione del vecchio art. 124, comma 5, T.U.B. (con susseguente sostitu- zione del T.A.E.G. indicato con il tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministero del tesoro, emessi nei dodici mesi pre- cedenti la conclusione del contratto). Confermando tale orien- tamento, il Collegio illustra le ragioni per cui ciascun soggetto partecipante l’applicabilità della richiamata disposizione di legge non possa essere revocata in Giurisprudenza Sintesi dubbio pur in assenza di un esplicito riferimento alla comunione può esercitare singolarmente le azioni erroneità del T.A.E.G. Se è vero, infatti, che il testo del vecchio art. 124, comma 5, T.U.B. discorre esclusivamente di “assenza o nul- lità”, il Collegio non considera ragionevole distinguere la man- canza del TAEG dalla non corretta indicazione. In entrambi i casi - si legge nella decisione in commento - il consumatore non è in grado di accedere all’informazione per lui essenziale. È quindi considerata perfettamente in linea con la lettera della legge, e conforme alla ratio della disposizione oggetto d’esame, l’equiparare la mancanza di T.A.E.G. alla non corretta indicazione dello stesso e considerare nulla la clausola conte- nente il T.A.E.G. errato. A ciò l’A.B.F. aggiunge che, diversa- mente opinando, sarebbe difficile comprendere a van- taggio cosa faccia riferimento il legislatore con l’espressione “nullità delle clau- sole contrattuali” e, in particolare, con nullità del T.A.E.G. Le conclusioni così raggiunte trovano conferma nei più recenti arresti della cosa comune senza l’esigenza Corte di integrare il Giustizia UE. In particolare, con una sentenza del 20 settembre 2018 (causa C-448/17), la Corte ha ritenuto vessatoria, e in contrasto con la Dir. 93/13/CEE, in quanto mancante di chiarezza, una clausola (come, per l’ap- punto, quella indicante un T.A.E.G. attraverso un’equazione matematica) che non consenta al consumatore di avere piena conoscenza delle condizioni della futura esecuzione del con- traddittorio nei confronti tratto sottoscritto, al momento della sua conclusione, e con- seguentemente di disporre di tutti gli altri partecipantielementi idonei a incidere sulla portata del suo impegno. Ne discende, ad avviso dell’Arbitro, che una clausola che indichi un T.A.E.G. non corretto manchi di chiarezza e non consenta al consumatore di avere piena conoscenza delle condizioni dell’esecuzione futura del contratto. Pur volendo quindi ritenere che il vecchio art. 124, comma 5, T.U.B. non si riferisse (anche) a clausole contrattuali contenenti un’erronea indicazione del T.A.E.G., la nullità delle stesse dovrebbe comunque discendere dalla loro natura vessatoria, ai sensi agli degli artt. 33 ss. d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (“Codice del Consumo”). I precedenti La decisione prende le mosse dall’orientamento consolidatosi a partire dalla decisione assunta da A.B.F., Coll. coord., 12 settembre 2017, nn. 10617, 10620, 10621, in ragione della circostanza per questa Rivista, 2017, 670, secondo cui il diritto “[a]llorché ad un contratto di ciascuno di essi investe la cosa comune nella sua interezza. Ne consegue che ciascuno dei coeredi può agire singolar- mente per far valere l’intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza che vi sia la necessità di ottenere il consenso di tutti gli altri coeredi (e ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l’intervento di questi ultimi in presenza dell’interesse all’accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito). In tale quadro, gli eventuali contrasti insorti tra i coeredi devono trovare soluzione nell’ambito della distinta procedura della divisione ereditaria. Nel tempo, l’orientamento affermatosi in seno ai Collegi territoriali dell’Arbitro Bancario Finanziario non appare conforme ai suesposti passaggi argomentativi. In partico- lare, pur condividendo le premesse acquisite dalla giuri- sprudenza di legittimità - segnatamentefinanzia- mento risulti abbinata una polizza assicurativa, la caduta in comunione ereditaria dei crediti del de cuius - sembra essersi sedimentata nelle decisioni dei Collegi arbitrali una rilevante divergenza in ordine ai corollari che ne discendono. Più in particolaresua formale qualificazione come facoltativa, viene costantemente evidenziata l’esigenzadesumibile dalla documenta- zione negoziale, non considerata dalle Sezioni Uniteè di per sé sufficiente ad escluderne la necessaria considerazione nel computo del T.A.E.G.”. Sull’applicabilità, ratione temporis, dell’art. 124, comma 5, T.U.B., nei casi di distinguere contratti di finanziamento contenenti erro- nee indicazioni del T.A.E.G., v. tra le iniziative individuali altre A.B.F., Coll. coord., 8 giugno 2018, n. 12832; A.B.F., Coll. coord., 18 febbraio 2016, n. 1430. Sul valore della chiarezza nell’indicazioni delle condizioni di tutela suscettibili finanziamento nei contratti con i consumatori, v. Corte di avvantaggiare anche i coeredi che non le hanno promosse dalle iniziative individuali Giustizia UE 20 settembre 2018, C-448/17, EOS KSI Sloven- sko: “L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, diversamentenel caso in cui un contratto di credito al consumo, da un lato, non perseguendo ad esempio indichi il tasso annuale effettivo globale e contenga soltanto un’equazione matema- tica di calcolo di tale tasso annuale effettivo globale priva degli elementi necessari per effettuare tale calcolo e, dall’altro, non indichi il tasso di interesse, una funzione siffatta circostanza costituisce un elemento decisivo nell’ambito dell’analisi da parte del giudice nazionale interessato della questione se la clausola di protezione o detto contratto relativa al costo del credito sia formulata in modo chiaro e comprensibile ai sensi di accertamento dei crediti ereditari, ben pos- sono recare pregiudizio alle ragioni dei coeredi rimasti inerti. In questa prospettiva, si ergono dunque come imprescindibili le esigenze di conservare l’integrità della massa ereditaria e di evitare che una qualsiasi iniziativa individuale possa compro- mettere l’esito della divisione stessa. Per le ragioni rappresentate, i Xxxxxxx arbitrali escludono il diritto del singolo coerede di agire unicamente in nome proprio per riscuotere in tutto o in parte il creditodetta disposizione”.

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