Common use of La questione Clause in Contracts

La questione. E’ possibile riscontrare diversi orientamenti circa la portata dell’art. 23 TUF (per ragioni di economia del testo non si tratterà della normativa precedente al TUF). L’art. 23 recita che «i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento […] sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti […] Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo […] La nullità può essere fatta valere solo dal cliente.» Per quanto riguarda la mancanza della sottoscrizione del cliente o, a fortiori, la mancanza del contratto stesso, vi è unanimità di vedute nel ritenere il contratto e tutti gli acquisti successivi nulli (Cass. 22.3.2013 n. 7283; Cass. 22.12.2011 n. 28432). Né è idonea a integrare il requisito formale la sottoscrizione da parte del cliente di documenti diversi dal contratto, come il documento sui rischi generali o il questionario MIFID (Cass. 19.2.2014 n. 3889). Di agile soluzione risulta anche la problematica circa l’effetto della produzione in giudizio da parte della Banca del contratto-quadro da essa non sottoscritto. Infatti se è pur vero che la mancata sottoscrizione di una scrittura privata è supplita dalla produzione in giudizio del documento stesso da parte del non firmatario che intenda avvalersene, è pur vero che ciò comporterebbe il perfezionamento ex nunc del contratto quadro (dal momento della produzione) e quindi non avrebbe alcuna utilità ai fini della validità degli ordini di acquisto precedentemente impartiti. Ciò che invece è oggetto di vivace dibattito è se l’art. 23 imponga davvero la firma dell’intermediario o se invece, ai fini del rispetto della forma, sia sufficiente la firma dell’investitore. Scrive la dottoressa Xxxxxxxxx (giudice relatrice dell’ordinanza) che non tutte le prescrizioni di forma sono uguali. “Se la forma ad substantiam, nella sua solennità propria degli scambi immobiliari tipici dell’economia fondiaria, funge, nell’ambito dei rapporti paritari, da criterio d’imputazione della dichiarazione, oltre che servire a favorire - a tutela di entrambi i contraenti - i beni della chiarezza nei contenuti, della ponderazione per l’impegno assunto e della serietà dell’accordo, nonché a distinguere le mere trattative dall’atto definitivo, occorre poi pur riflettere sul fatto che, invece, laddove le parti non si trovino su di un piano di parità perché si ravvisa una “parte debole” del rapporto, a scongiurare il rischio dell’insufficiente riflessione o dell’approfittamento ad opera dell’altro contraente interviene, allora, la forma, o formalità “di protezione”: il cui fine precipuo è proprio quello di proteggere lo specifico interesse del contraente “debole” a comprendere ed essere puntualmente e compiutamente informato su tutti gli aspetti della vicenda contrattuale.” In breve il formalismo negoziale (o neoformalismo) a cui si assiste negli ultimi tempi con precipuo riferimento ai contratti caratterizzati da asimmetrie informative (si pensi ai contratti del consumatore oltre che all’intermediazione finanziaria) sarebbe finalizzato alla tutela della parte “debole”. Pertanto la nullità che deriva dalla violazione dei precetti sulla forma, in questi contratti, persegue finalità eminentemente protettive. Si parla dunque di “nullità di funzione” anziché di “nullità di struttura”. La conseguenza di tale impostazione porta alla considerazione che se la nullità è funzionale alla tutela del diritto dell’investitore di avere le informazioni necessarie, tanto che lui è l’unico soggetto legittimato a farla valere, tale esigenza risulterebbe soddisfatta dalla sola firma del cliente stesso. La forma “informativa” sarebbe quindi rispettata, perché soddisfatto è l’interesse alla conoscenza ed alla trasparenza, o scopo informativo, cui essa è preordinata. La sottoscrizione, viceversa, della Banca, che predispone unilateralmente il contratto, non avrebbe invece alcuna funzione, anzi si porrebbe in contrasto con il dinamismo nella conclusione dei contratti finanziari. Sia chiaro, l’ordinanza non si spinge a sostenere l’irrilevanza del consenso della banca che, come è ovvio, è necessario in ogni contratto, ma afferma che questo possa rivestire altre forme. L’impostazione qui esposta era già stata sostenuta da parte della giurisprudenza di merito (Corte d’Appello Venezia, sent. 1377 del 2016; Corte d’Appello Venezia, sent. 1904 del 2015; Trib. Torino, sent. 316 del 2016; Trib. Milano sent. 14268 del 2013). L’impostazione opposta - che richiede la firma dell’intermediario ai fini della validità del contratto - risulta invece sostenuta da numerose e recenti pronunce della Corte di Cassazione (Cass. 14.03.2017, n. 6559 Cass. 24.03.2016, n. 5919; Cass. 11.04.2016, n. 7068; Cass. 27.04.2016, n. 8395; Cass. 27.04.2016, n. 8396; Cass. 19.05.2016, n. 10331; Cass. 03.01.2017, n. 36) e di numerosa giurisprudenza di merito (Corte d’Appello Bologna 13.01.2017, n. 89; Corte d’Appello di Milano 19.04.2017, n. 1680; Trib. Rimini, ord. 02.02.2012). Questa giurisprudenza, pur riconoscendo che nella materia finanziaria e bancaria l’onere della necessaria forma scritta dei contratti sia imposta a fini protettivi, ritiene nondimeno necessaria la sottoscrizione da parte della banca. Il che non è incompatibile con la formazione del contratto attraverso lo scambio di due documenti, entrambi del medesimo tenore, ciascuno sottoscritto dall’altro contraente, a condizione che entrambe le dichiarazioni negoziali siano formalizzate. Una qualunque manifestazione scritta e diretta a controparte dell’intento di avvalersi del contratto, non riproducendo per intero il contenuto del contratto, non è idonea a evitare la violazione dell’art. 23 TUF (e 117 TUB).

Appears in 1 contract

Samples: Contratto Quadro Di Negoziazione Titoli

La questione. E’ possibile riscontrare diversi orientamenti circa Il titolare di un prestito personale stipulato il 24 febbraio 2010 per l’importo di 31.350,00 euro, con un T.A.N. dell’8%, un T.A.E.G. dell’8,493%, con obbligo di rimborso della somma mediante il pagamento di n. 72 rate da 549,67 euro, lamenta l’erronea indicazione del T.A.E.G. a causa della mancata inclu- sione nel parametro dei costi per imposta sostitutiva (€ 78,38) e per spese di assicurazione (1.410,75 euro). Attesa “la portata nullità della clausola per violazione di norme imperative inderogabili”, il ricorrente richiede l’applicazione del tasso sostitutivo ex art. 125 bis, commi 6 e 7, T.U.B. e la restituzione delle somme indebitamente versate. L’intermediario si costituisce ecce- pendo che il premio assicurativo è stato correttamente escluso dal computo del TAEG in ragione del carattere facol- tativo della copertura assicurativa, che risulterebbe con chia- rezza dalla documentazione precontrattuale e contrattuale rilevante nel caso di specie. Eccepisce, comunque, l’inappli- cabilità al caso di specie delle conseguenze sanzionatorie di cui all’art. 125 bis T.U.B., poiché tale disposizione sarebbe entrata in vigore in epoca successiva alla stipula del contratto de quo. Investito del ricorso, il Collegio di Napoli accerta che il T.A.E.G. riportato agli atti non includeva effettivamente né i costi assi- curativi né l’imposta sostitutiva. Applicando le indicazioni di principiogiàelaborate dal Collegio dicoordinamentodell’Arbitro (v. I precedenti), viene chiarito che sebbene la copertura assi- curativa fosse stata formalmente indicata come facoltativa, la sua analisi in concreto ne metteva in luce la natura sostanzial- mente obbligatoria, dovendo pertanto essere inclusa nel com- puto del T.A.E.G. indicato in contratto. Il Collegio territoriale considerava tuttavia applicabile, ratione temporis, non l’attuale art. 125 bis, ma la precedente disposizione dell’art. 23 TUF 124 T.U.B. (per ragioni di economia aisensidiquestanorma: “1. Aicontrattidicreditoalconsumosi applical’art. 117, commi 1 e 3. 2. I contratti dicredito al consumo indicano: a) l’ammontare e le modalità del testo finanziamento; b) il numero, gli importi e la scadenza delle singole rate; c) il TAEG; d) il dettaglio delle condizioni analitiche secondo cui il TAEG può essereeventualmentemodificato; e) l’importoelacausaledegli oneri che sono esclusi dal calcolo del TAEG. Nei casi in cui non si tratterà della normativa precedente sia possibile indicare esattamente tali oneri, deve esserne fornita una stima realistica; oltre essi, nulla è dovuto dal consu- matore; f) le eventuali garanzie richieste; g) le eventuali coper- ture assicurative richieste al TUF)consumatore e non incluse nel calcolo del TAEG. L’art3. 23 recita che «Oltre a quanto indicato nel comma 2, i contratti relativi alla prestazione di credito al consumo che abbiano a oggetto l’acquisto di determinati beni o servizi contengono, a pena di nullità: a) la descrizione analitica dei servizi beni e dei servizi; b) il prezzo di investimento […] acquisto in contanti, il prezzo stabilito dal contratto e l’ammontare del- l’eventuale acconto; c) le condizioni per il trasferimento del diritto di proprietà, nei casi in cui il passaggio della proprietà non sia immediato. 4. Nessuna somma può essere richiesta o addebitata al consumatore se non sulla base di espresse pre- visioni contrattuali. Le clausole di rinvio agli usi per la determi- nazione delle condizioni economiche applicate sono redatti per iscritto nulle e un esemplare è consegnato ai clienti […] si considerano non apposte. 5. Nei casi di inosservanza della forma prescrittaassenza o nullità delle clausole contrattuali, queste ultime sono sostituite di diritto secondo i seguenti criteri: a) il TAEG equivale al tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro del tesoro, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto; b) la sca- denza del credito è a trenta mesi; c) nessuna garanzia o coper- tura assicurativa viene costituita in favore del finanziatore”). Muovendo da queste premesse, A.B.F. Napoli ha rimesso la questione al Collegio di coordinamento, ritenendo che in que- sta composizione l’Arbitro non avesse ancora affrontato, se non incidentalmente, la questione relativa ai rimedi disponibili al cliente in caso di erronea indicazione del T.A.E.G. vigente la regola contenuta nel vecchio art. 124 T.U.B. Nella decisione indicata in epigrafe, il Collegio di coordina- mento si richiama al proprio indirizzo secondo cui, prima del- l’entrata in vigore dell’art. 125 bis T.U.B., la clausola di un contratto di credito al consumo contenente un T.A.E.G. non corretto dovesse essere considerata nulla, in applicazione del vecchio art. 124, comma 5, T.U.B. (con susseguente sostitu- zione del T.A.E.G. indicato con il tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministero del tesoro, emessi nei dodici mesi pre- cedenti la conclusione del contratto). Confermando tale orien- tamento, il Collegio illustra le ragioni per cui l’applicabilità della richiamata disposizione di legge non possa essere revocata in Giurisprudenza Sintesi dubbio pur in assenza di un esplicito riferimento alla erroneità del T.A.E.G. Se è nullo […] La nullità può essere fatta valere solo dal cliente.» Per quanto riguarda vero, infatti, che il testo del vecchio art. 124, comma 5, T.U.B. discorre esclusivamente di “assenza o nul- lità”, il Collegio non considera ragionevole distinguere la man- canza del TAEG dalla non corretta indicazione. In entrambi i casi - si legge nella decisione in commento - il consumatore non è in grado di accedere all’informazione per lui essenziale. È quindi considerata perfettamente in linea con la lettera della legge, e conforme alla ratio della disposizione oggetto d’esame, l’equiparare la mancanza di T.A.E.G. alla non corretta indicazione dello stesso e considerare nulla la clausola conte- nente il T.A.E.G. errato. A ciò l’A.B.F. aggiunge che, diversa- mente opinando, sarebbe difficile comprendere a cosa faccia riferimento il legislatore con l’espressione “nullità delle clau- sole contrattuali” e, in particolare, con nullità del T.A.E.G. Le conclusioni così raggiunte trovano conferma nei più recenti arresti della sottoscrizione Corte di Giustizia UE. In particolare, con una sentenza del cliente o, a fortiori20 settembre 2018 (causa C-448/17), la mancanza Corte ha ritenuto vessatoria, e in contrasto con la Dir. 93/13/CEE, in quanto mancante di chiarezza, una clausola (come, per l’ap- punto, quella indicante un T.A.E.G. attraverso un’equazione matematica) che non consenta al consumatore di avere piena conoscenza delle condizioni della futura esecuzione del contratto stessocon- tratto sottoscritto, vi è unanimità al momento della sua conclusione, e con- seguentemente di vedute nel ritenere il contratto e disporre di tutti gli acquisti successivi nulli elementi idonei a incidere sulla portata del suo impegno. Ne discende, ad avviso dell’Arbitro, che una clausola che indichi un T.A.E.G. non corretto manchi di chiarezza e non consenta al consumatore di avere piena conoscenza delle condizioni dell’esecuzione futura del contratto. Pur volendo quindi ritenere che il vecchio art. 124, comma 5, T.U.B. non si riferisse (Cassanche) a clausole contrattuali contenenti un’erronea indicazione del T.A.E.G., la nullità delle stesse dovrebbe comunque discendere dalla loro natura vessatoria, ai sensi agli degli artt. 22.3.2013 33 ss. d.lgs. 6 settembre 2005, n. 7283; Cass. 22.12.2011 n. 28432206 (“Codice del Consumo”). I precedenti La decisione prende le mosse dall’orientamento consolidatosi a partire dalla decisione assunta da A.B.F., Coll. coord., 12 settembre 2017, nn. 10617, 10620, 10621, in questa Rivista, 2017, 670, secondo cui “[a]llorché ad un contratto di finanzia- mento risulti abbinata una polizza assicurativa, la sua formale qualificazione come facoltativa, desumibile dalla documenta- zione negoziale, non è idonea a integrare di per sé sufficiente ad escluderne la necessaria considerazione nel computo del T.A.E.G.”. Sull’applicabilità, ratione temporis, dell’art. 124, comma 5, T.U.B., nei casi di contratti di finanziamento contenenti erro- nee indicazioni del T.A.E.G., v. tra le altre A.B.F., Coll. coord., 8 giugno 2018, n. 12832; A.B.F., Coll. coord., 18 febbraio 2016, n. 1430. Sul valore della chiarezza nell’indicazioni delle condizioni di finanziamento nei contratti con i consumatori, v. Corte di Giustizia UE 20 settembre 2018, C-448/17, EOS KSI Sloven- sko: “L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, nel caso in cui un contratto di credito al consumo, da un lato, non indichi il requisito formale la sottoscrizione tasso annuale effettivo globale e contenga soltanto un’equazione matema- tica di calcolo di tale tasso annuale effettivo globale priva degli elementi necessari per effettuare tale calcolo e, dall’altro, non indichi il tasso di interesse, una siffatta circostanza costituisce un elemento decisivo nell’ambito dell’analisi da parte del cliente di documenti diversi dal contratto, come il documento sui rischi generali o il questionario MIFID (Cass. 19.2.2014 n. 3889). Di agile soluzione risulta anche la problematica circa l’effetto giudice nazionale interessato della produzione in giudizio da parte della Banca del contratto-quadro da essa non sottoscritto. Infatti se è pur vero che la mancata sottoscrizione di una scrittura privata è supplita dalla produzione in giudizio del documento stesso da parte del non firmatario che intenda avvalersene, è pur vero che ciò comporterebbe il perfezionamento ex nunc del contratto quadro (dal momento della produzione) e quindi non avrebbe alcuna utilità ai fini della validità degli ordini di acquisto precedentemente impartiti. Ciò che invece è oggetto di vivace dibattito è se l’art. 23 imponga davvero la firma dell’intermediario o se invece, ai fini del rispetto della forma, sia sufficiente la firma dell’investitore. Scrive la dottoressa Xxxxxxxxx (giudice relatrice dell’ordinanza) che non tutte le prescrizioni di forma sono uguali. “Se la forma ad substantiam, nella sua solennità propria degli scambi immobiliari tipici dell’economia fondiaria, funge, nell’ambito dei rapporti paritari, da criterio d’imputazione della dichiarazione, oltre che servire a favorire - a tutela di entrambi i contraenti - i beni della chiarezza nei contenuti, della ponderazione per l’impegno assunto e della serietà dell’accordo, nonché a distinguere le mere trattative dall’atto definitivo, occorre poi pur riflettere sul fatto che, invece, laddove le parti non si trovino su di un piano di parità perché si ravvisa una “parte debole” del rapporto, a scongiurare il rischio dell’insufficiente riflessione o dell’approfittamento ad opera dell’altro contraente interviene, allora, la forma, o formalità “di protezione”: il cui fine precipuo è proprio quello di proteggere lo specifico interesse del contraente “debole” a comprendere ed essere puntualmente e compiutamente informato su tutti gli aspetti della vicenda contrattuale.” In breve il formalismo negoziale (o neoformalismo) a cui si assiste negli ultimi tempi con precipuo riferimento ai contratti caratterizzati da asimmetrie informative (si pensi ai contratti del consumatore oltre che all’intermediazione finanziaria) sarebbe finalizzato alla tutela della parte “debole”. Pertanto la nullità che deriva dalla violazione dei precetti sulla forma, in questi contratti, persegue finalità eminentemente protettive. Si parla dunque di “nullità di funzione” anziché di “nullità di struttura”. La conseguenza di tale impostazione porta alla considerazione che questione se la nullità è funzionale alla tutela clausola di detto contratto relativa al costo del diritto dell’investitore credito sia formulata in modo chiaro e comprensibile ai sensi di avere le informazioni necessarie, tanto che lui è l’unico soggetto legittimato a farla valere, tale esigenza risulterebbe soddisfatta dalla sola firma del cliente stesso. La forma “informativa” sarebbe quindi rispettata, perché soddisfatto è l’interesse alla conoscenza ed alla trasparenza, o scopo informativo, cui essa è preordinata. La sottoscrizione, viceversa, della Banca, che predispone unilateralmente il contratto, non avrebbe invece alcuna funzione, anzi si porrebbe in contrasto con il dinamismo nella conclusione dei contratti finanziari. Sia chiaro, l’ordinanza non si spinge a sostenere l’irrilevanza del consenso della banca che, come è ovvio, è necessario in ogni contratto, ma afferma che questo possa rivestire altre forme. L’impostazione qui esposta era già stata sostenuta da parte della giurisprudenza di merito (Corte d’Appello Venezia, sent. 1377 del 2016; Corte d’Appello Venezia, sent. 1904 del 2015; Trib. Torino, sent. 316 del 2016; Trib. Milano sent. 14268 del 2013). L’impostazione opposta - che richiede la firma dell’intermediario ai fini della validità del contratto - risulta invece sostenuta da numerose e recenti pronunce della Corte di Cassazione (Cass. 14.03.2017, n. 6559 Cass. 24.03.2016, n. 5919; Cass. 11.04.2016, n. 7068; Cass. 27.04.2016, n. 8395; Cass. 27.04.2016, n. 8396; Cass. 19.05.2016, n. 10331; Cass. 03.01.2017, n. 36) e di numerosa giurisprudenza di merito (Corte d’Appello Bologna 13.01.2017, n. 89; Corte d’Appello di Milano 19.04.2017, n. 1680; Trib. Rimini, ord. 02.02.2012). Questa giurisprudenza, pur riconoscendo che nella materia finanziaria e bancaria l’onere della necessaria forma scritta dei contratti sia imposta a fini protettivi, ritiene nondimeno necessaria la sottoscrizione da parte della banca. Il che non è incompatibile con la formazione del contratto attraverso lo scambio di due documenti, entrambi del medesimo tenore, ciascuno sottoscritto dall’altro contraente, a condizione che entrambe le dichiarazioni negoziali siano formalizzate. Una qualunque manifestazione scritta e diretta a controparte dell’intento di avvalersi del contratto, non riproducendo per intero il contenuto del contratto, non è idonea a evitare la violazione dell’art. 23 TUF (e 117 TUB)detta disposizione”.

Appears in 1 contract

Samples: Not Specified

La questione. E’ possibile riscontrare diversi orientamenti circa la portata dell’art. 23 TUF (per ragioni La questione di economia del testo non si tratterà della normativa precedente al TUF). L’art. 23 recita che «i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento […] sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti […] Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo […] La nullità può essere fatta valere solo dal cliente.» Per quanto riguarda la mancanza della sottoscrizione del cliente o, a fortiori, la mancanza del contratto stesso, vi è unanimità di vedute nel ritenere il contratto e tutti gli acquisti successivi nulli (Cass. 22.3.2013 n. 7283; Cass. 22.12.2011 n. 28432). Né è idonea a integrare il requisito formale la sottoscrizione da parte del cliente di documenti diversi dal contratto, come il documento sui rischi generali o il questionario MIFID (Cass. 19.2.2014 n. 3889). Di agile soluzione risulta anche la problematica circa l’effetto della produzione in giudizio da parte della Banca del contratto-quadro da essa non sottoscritto. Infatti se è pur vero che la mancata sottoscrizione di una scrittura privata è supplita legittimità costituzionale sollevata dalla produzione in giudizio del documento stesso da parte del non firmatario che intenda avvalersene, è pur vero che ciò comporterebbe il perfezionamento ex nunc del contratto quadro (dal momento della produzione) e quindi non avrebbe alcuna utilità ai fini della validità degli ordini di acquisto precedentemente impartiti. Ciò che invece è oggetto di vivace dibattito è se l’art. 23 imponga davvero la firma dell’intermediario o se invece, ai fini del rispetto della forma, sia sufficiente la firma dell’investitore. Scrive la dottoressa Xxxxxxxxx (giudice relatrice dell’ordinanza) che non tutte le prescrizioni di forma sono uguali. “Se la forma ad substantiam, nella sua solennità propria degli scambi immobiliari tipici dell’economia fondiaria, funge, nell’ambito dei rapporti paritari, da criterio d’imputazione della dichiarazione, oltre che servire a favorire - a tutela di entrambi i contraenti - i beni della chiarezza nei contenuti, della ponderazione per l’impegno assunto e della serietà dell’accordo, nonché a distinguere le mere trattative dall’atto definitivo, occorre poi pur riflettere sul fatto che, invece, laddove le parti non si trovino su di un piano di parità perché si ravvisa una “parte debole” del rapporto, a scongiurare il rischio dell’insufficiente riflessione o dell’approfittamento ad opera dell’altro contraente interviene, allora, la forma, o formalità “di protezione”: il cui fine precipuo è proprio quello di proteggere lo specifico interesse del contraente “debole” a comprendere ed essere puntualmente e compiutamente informato su tutti gli aspetti della vicenda contrattuale.” In breve il formalismo negoziale (o neoformalismo) a cui si assiste negli ultimi tempi con precipuo riferimento ai contratti caratterizzati da asimmetrie informative (si pensi ai contratti del consumatore oltre che all’intermediazione finanziaria) sarebbe finalizzato alla tutela della parte “debole”. Pertanto la nullità che deriva dalla violazione dei precetti sulla forma, in questi contratti, persegue finalità eminentemente protettive. Si parla dunque di “nullità di funzione” anziché di “nullità di struttura”. La conseguenza di tale impostazione porta alla considerazione che se la nullità è funzionale alla tutela del diritto dell’investitore di avere le informazioni necessarie, tanto che lui è l’unico soggetto legittimato a farla valere, tale esigenza risulterebbe soddisfatta dalla sola firma del cliente stesso. La forma “informativa” sarebbe quindi rispettata, perché soddisfatto è l’interesse alla conoscenza ed alla trasparenza, o scopo informativo, cui essa è preordinata. La sottoscrizione, viceversa, della Banca, che predispone unilateralmente il contratto, non avrebbe invece alcuna funzione, anzi si porrebbe in contrasto con il dinamismo nella conclusione dei contratti finanziari. Sia chiaro, l’ordinanza non si spinge a sostenere l’irrilevanza del consenso della banca che, come è ovvio, è necessario in ogni contratto, ma afferma che questo possa rivestire altre forme. L’impostazione qui esposta era già stata sostenuta da parte della giurisprudenza di merito (Corte d’Appello Venezia, sent. 1377 del 2016; Corte d’Appello Venezia, sent. 1904 del 2015; Trib. Torino, sent. 316 del 2016; Trib. Milano sent. 14268 del 2013). L’impostazione opposta - che richiede la firma dell’intermediario ai fini della validità del contratto - risulta invece sostenuta da numerose e recenti pronunce della Corte di Cassazione (Cass. 14.03.2017, n. 6559 Cass. 24.03.2016, n. 5919; Cass. 11.04.2016, n. 7068; Cass. 27.04.2016, n. 8395; Cass. 27.04.2016, n. 8396; Cass. 19.05.2016, n. 10331; Cass. 03.01.2017, n. 36) e di numerosa giurisprudenza di merito (Corte d’Appello Bologna 13.01.2017, n. 89; Corte d’Appello di Milano 19.04.2017Venezia con ordinanza del 13 luglio 2016 (1) attiene all’ambito di applicazione oggettivo del regime di responsabilità solidale previ- sto dall’art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 1680; Trib276 del 2003. Rimini, ord. 02.02.2012). Questa giurisprudenza, pur riconoscendo che nella materia finanziaria e bancaria l’onere della necessaria forma scritta dei contratti sia imposta a fini protettivi, ritiene nondimeno necessaria Nella fattispecie concreta l’impresa nei cui confronti i lavoratori avevano fatto valere la sottoscrizione da parte della banca. Il che non è incompatibile responsabilità in solidum con la formazione datrice di lavoro dei medesimi (dichia- rata fallita), aveva eccepito l’inapplicabilità della norma sopra richiamata in ragione dell’inesistenza di un contratto d’appalto, essendo intercorso tra le due imprese dapprima un affitto di ramo d’azienda e poi un rapporto di subfornitura. La Corte d’Appello ha ritenuto non condivisibile l’applicazione estensiva, operata dal Tribunale di primo grado, della disposizione contenuta nell’art. 29 citato alla subfornitura in ragione di una sua affermata assimi- labilità all’appalto, affermando, al contrario, il carat- tere derogatorio (e dunque non suscettibile di estensione in xxx xxxxxxxxx xx xxx. 00 xxxx. xxxx. x.x. xx xxxx non previsti) della norma in questione rispetto al principio generale secondo cui le retribuzioni e le contribuzioni dei dipendenti gravano sul datore di lavoro. Rilevato che la subfornitura si inserisce nel- l’ambito del contratto attraverso lo scambio fenomeno del c.d. decentramento pro- duttivo, e dato atto delle incertezze giurisprudenziali in ordine alla corretta ricostruzione della natura giuridica del rapporto di due documentisubfornitura, entrambi del medesimo tenore, ciascuno sottoscritto dall’altro contraente, a condizione che entrambe le dichiarazioni negoziali siano formalizzate. Una qualunque manifestazione scritta e diretta a controparte dell’intento di avvalersi del contratto, non riproducendo per intero il contenuto del contratto, non è idonea a evitare la violazione Corte d’Ap- pello ha rilevato un potenziale contrasto dell’art. 23 TUF 29 del D.Lgs. n. 276 del 2003 con gli artt. 3 e 36 della (e 117 TUB)*) N.d.R.: Il presente contributo è stato sottoposto, in forma anonima, al vaglio del Comitato di valutazione.

Appears in 1 contract

Samples: Responsabilità Solidale E Subfornitura