INDICE
Scuola di Alta Formazione Dottorale
Corso di Dottorato in Formazione della Persona e Mercato del Lavoro Ciclo XXXIV
Settore Scientifico Disciplinare IUS07
IL PREMIO DI RISULTATO NELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
Supervisore:
Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx
Tesi di dottorato di: Xxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx n. 1058484
Anno Accademico 2020/2021
INDICE
CAPITOLO I
IL PREMIO DI RISULTATO: INQUADRAMENTO DELL’ISTITUTO E SUA EVOLUZIONE NEL
SISTEMA ITALIANO DI RELAZIONI INDUSTRIALI
1. Introduzione e definizione dell’oggetto d’indagine: verso una organizzazione del lavoro per obiettivi? ........................................................ | 5 |
2. I riferimenti costituzionali del problema: cenni......................................... | 10 |
3. Riconfigurazione dei rapporti tra contratto collettivo nazionale e contratto decentrato....................................................................................................... | 13 |
3.1. Il decentramento salariale ....................................................................... | 15 |
4. Il sistema di incentivi al decentramento salariale: trattamento fiscale e contributivo agevolato connesso ai premi di risultato. Cenni........................ | 22 |
4.1. Premio di risultato e welfare aziendale ................................................... | 25 |
4.2. Note metodologiche ................................................................................ | 27 |
CAPITOLO II SEZIONE I
ANALISI DEI CONTRATTI AZIENDALI NEL SETTORE METALMECCANICO
1. Introduzione al settore ............................................................................... | 31 |
1.2. Produttività.............................................................................................. | 34 |
1.3. Redditività............................................................................................... | 35 |
1.4. Qualità..................................................................................................... | 38 |
1.5. Assenteismo ........................................................................................... | 39 |
1.6. Miglioramento della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro | 41 |
1.7. Risparmio energetico e sostenibilità ambientale..................................... | 43 |
1.8. Professionalità e competenze digitali...................................................... | 44 |
1.9. Welfare ................................................................................................... | 45 |
1.10. Durata degli accordi collettivi e importo del premio di risultato.......... | 46 |
1.11. Campo di applicazione soggettivo del premio di risultato ................... | 47 |
CAPITOLO II SEZIONE II
ANALISI DEI CONTRATTI AZIENDALI NEL SETTORE CHIMICO
1.12. Introduzione al settore .......................................................................... | 50 |
1.13. Produttività............................................................................................ | 52 |
1.14. Redditività............................................................................................. | 54 |
1.15. Qualità................................................................................................... | 55 |
1.16. Assenteismo .......................................................................................... | 56 |
1.17. Miglioramento della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ...................................................................................................... | 59 |
1.18. Risparmio energetico e sostenibilità ambientale .................................. | 60 |
1.19. Ipotesi di coesistenza di più indicatori ................................................. | 61 |
1.20. Sistemi di verifica e monitoraggio dei risultati..................................... | 61 |
1.21. Conversione del premio di risultato in beni e servizi welfare .............. | 63 |
1.22. Durata degli accordi collettivi e importo del premio di partecipazione | 65 |
1.23. Campo di applicazione soggettivo del premio di partecipazione ......... | 66 |
CAPITOLO III
ANALISI DI SISTEMA E COMPARATA SULLA CONTRATTAZIONE AZIENDALE DEL PREMIO DI RISULTATO NEL SETTORE CHIMICO E NEL SETTORE METALMECCANICO
1. Struttura e caratteristiche del premio di risultato nei settori chimico e metalmeccanico. Analogie e differenze della struttura del premio di risultato nel settore chimico e metalmeccanico ............................................. | 69 |
2. Funzione del premio di risultato ................................................................ | 76 |
3. I rapporti tra CCNL di settore e la contrattazione aziendale ..................... | 81 |
4. La welfarizzazione del premio di risultato ................................................ | 83 |
5. Premio di risultato e coerenza con la normativa fiscale ........................... | 85 |
6. Premio di risultato e cambiamenti dei modelli organizzativi: situazione attuale e possibili prospettive future .............................................................. | 88 |
7. Il premio di risultato nel contesto di un’economia dematerializzata. Possibili indicatori per la misurazione della prestazione lavorativa nell’ambito del lavoro agile ........................................................................... | 91 |
Conclusioni………………………………………………………………… | 96 |
Bibliografia………………………………………………………………… | 106 |
ALLEGATO 1: SCHEDE DI SINTESI DEI CONTRATTI AZIENDALI – SETTORE METALMECCANICO……………………. | 115 |
ALLEGATO 2: SCHEDE DI SINTESI DEI CONTRATTI AZIENDALI – SETTORE CHIMICO…………………………………... | 190 |
Capitolo I
IL PREMIO DI RISULTATO: INQUADRAMENTO DELL’ISTITUTO E SUA EVOLUZIONE NEL
SISTEMA ITALIANO DI RELAZIONI INDUSTRIALI
Sommario 1. Introduzione e definizione dell’oggetto d’indagine: verso una organizzazione del lavoro per obiettivi? – 2. I riferimenti costituzionali del problema – 3. Riconfigurazione dei rapporti tra contratto collettivo nazionale e di secondo livello – 3.1. Il decentramento salariale. – 4. Il sistema di incentivi al decentramento salariale: trattamento fiscale e contributivo agevolato connesso ai premi di risultato. Cenni – 4.1. Premio di risultato e welfare aziendale – 4.2. Note metodologiche
1. Introduzione e definizione dell’oggetto d’indagine: verso una organizzazione del lavoro per obiettivi?
Il presente studio si pone l’obiettivo di indagare ed approfondire le dinamiche che governano l’istituzione e la funzione del premio di risultato1, nonché i profili giuridici riguardanti le politiche fiscali e contributive di vantaggio messe in atto in materia dal legislatore, al fine di favorire ed incentivare la diffusione di questo istituto che, specie nel corso dell’ultimo decennio, ha assunto crescente rilevanza nella determinazione della retribuzione complessiva dei lavoratori subordinati, divenendo uno degli snodi principali nell’evoluzione della contrattazione collettiva nel sistema italiano di relazioni industriali.
Il tema oggetto della ricerca assume particolare rilevanza nell’attuale contesto organizzativo e gestionale del lavoro e della produzione che, in un sempre più considerevole numero di aziende, impone ai datori di lavoro scelte ispirate ad una maggiore flessibilità organizzativa, funzionale e quindi salariale, tanto per mantenere la competitività del business adattandolo ai continui cambiamenti dell’organizzazione della produzione e del mercato, quanto per garantire una gestione delle risorse umane improntata all’efficienza, che generi benefici a vantaggio delle aziende e dei lavoratori, esaltando il principio costituzionale di
1 Una generale analisi dell’istituto del premio di risultato, nell’ordinamento giuslavoristico italiano è contenuta in X. XXXXX XXXXXX, La retribuzione: Fonti, struttura, funzioni, Xxxxxx, Xxxxxx, 0000;
X. XXXX, Le forme retributive incentivanti, in XXXX, 2010, n. 4, pp. 637 ss.;
X. XXXXXXXX, Retribuzione ad incentivo e principi costituzionali, in ADL, 1995, n. 2, pp. 221 ss.
proporzionalità della retribuzione alla quantità e alla qualità del lavoro, ovvero al valore effettivo generato dalla prestazione lavorativa.
Si spiega anche da questo punto di vista l’esigenza, da tempo avvertita dal legislatore italiano e non solo, di favorire l’utilizzo del premio di risultato quale principale strumento di gestione delle politiche retributive a livello micro e macro- economico, capace di conciliare gli interessi datoriali e quelli dei lavoratori dipendenti, attraverso l’introduzione di misure di incentivo incentrate primariamente sulla leva fiscale. E ciò al fine di perseguire una migliore dinamica di allineamento del costo del lavoro alla produttività, in un contesto macro- economico segnato da un paradosso: dall’inizio degli anni Novanta, l’andamento della produttività nel nostro Paese è stato sostanzialmente stagnante, a fronte invece di un aumento del costo del lavoro determinato non soltanto dal cuneo fiscale, ma anche da una non equa distribuzione dei trattamenti retributivi tra diverse categorie di lavoratori.
Non stupisce constatare come proprio nella prima metà degli anni Novanta inizino a fiorire nel dibattito giuslavoristico saggi e monografie che registrano una evoluzione delle dinamiche della corrispettività verso forme di retribuzione variabile, funzionali a diversi scopi. Ricerche a cui è conseguita l’apertura di un intenso dibattito dottrinale sul rapporto tra l’obbligazione retributiva, non più vincolata a rigidi nessi di corrispettività oggettiva2, e la sempre crescente implementazione di nuove tecnologie, che mettono in crisi l’esecuzione della prestazione lavorativa all’interno di schemi contrattuali predefiniti.
Se il modello di organizzazione fordista aveva dominato lo scenario produttivo nei paesi ad economia di mercato per gran parte dello scorso secolo, valorizzando un sistema che privilegiava l’unità temporale come misura della relazione oggettivata tra messa a disposizione delle prestazioni del lavoratore ed utilizzazione di queste all’interno dell’organizzazione aziendale3, l’evoluzione della disciplina in materia retributiva può essere letta come il riflesso delle trasformazioni del rapporto di lavoro subordinato e dell’affermarsi di nuovi modelli organizzativi all’interno del mercato stesso. A conferma di ciò, si può rilevare che la stessa nozione di subordinazione, nel mutato contesto economico della società globalizzata, si
2 X. XXXXXXX, La corrispettività nel contratto di lavoro, Jovene, Napoli, 1991, pp. 31 ss., secondo cui il diritto costituzionale alla retribuzione sufficiente per ogni lavoratore costituisce un effetto legale inderogabile della stipulazione del contratto per il solo fatto di dar vita ad un rapporto di lavoro subordinato; L’A. spiega come la “dimensione” corrispettiva rilevi ogni qual volta la retribuzione sia diretta a compensare la quantità e qualità del lavoro prestato; X. XXXXX GRANDI op.cit.; X. XXXXXXX, L’articolo 36 della Costituzione e l’obbligazione retributiva in X. XXXXXX,
X. XXXX – X. XXXXXXX, (a cura di) La retribuzione – Struttura e regime giuridico, Vol. I, Napoli, Jovene, 1994, pp. 91 ss.
3G. XXXXXXX, Retribuzione e Assetto Della Contrattazione Collettiva, in RIDL, 2010, n. 1, pp. 693 ss.; X. XXXXXXXX, X. XXXXX., La Retribuzione, in Trattato Di Diritto Del Lavoro, X. XXXXXXXX, X. XXXXXXX, (diretto da), Vol. IV., II, Milano, 2012, pp. 1375 ss.
caratterizza oggi per un processo di tendenziale destrutturazione del “tipo” tradizionale di lavoro, cui si accompagna la disarticolazione dei tempi e dei modi della prestazione. In generale, possiamo affermare che il modello capitalista della subordinazione tra lavoratore e datore di lavoro si basava su alcuni presupposti che lo sviluppo tecnologico e dei sistemi produttivi ha gradualmente scardinato.
Il sistema del lavoro post-fordista e post-industriale, insomma, mal si concilia con i modelli di organizzazione gerarchici e rigidamente parcellizzati rispetto ai quali le norme codicistiche relative al contratto e al rapporto di lavoro sono state giuridicamente costruite. Il declino della predominanza riconosciuta alla retribuzione a tempo4, irriducibile ed irrevocabile, appare sintomatico di un processo di trasformazione più ampio e complesso, nel quale il lavoro retribuito, sempre più improntato a logiche di flessibilità ma anche alla valorizzazione di nuove dimensioni del valore generato dal lavoratore come singolo e nei gruppi, tende sempre meno a coincidere con la durata effettiva della prestazione ed è piuttosto connesso al concetto di professionalità, intesa in termini di competenze tecniche e trasversali richieste al lavoratore nei ruoli a cui viene adibito nel contesto aziendale5.
La tendenza delle aziende ad organizzare il lavoro in modo tale da valorizzare gli spazi di autonomia del collaboratore, pur all’interno di un rapporto di lavoro subordinato, esalta la funzione del premio di risultato.
Esemplificativo di questa tendenza è il modello del lavoro agile, rispetto al quale tuttavia si pone il problema, a cui in questa sede si intende fare cenno in modo paradigmatico, del come ripensare le dinamiche della corrispettività, in presenza di una organizzazione incentrata sugli obiettivi, più che sul tempo di lavoro.
In questo senso, il premio di risultato, quale dispositivo idoneo a collegare i trattamenti retributivi ad obiettivi di performance anche individuali, può diventare uno strumento utile alla diffusione e alla corretta gestione delle nuove modalità organizzative del lavoro (agile e non solo) e alla responsabilizzazione del lavoratore al raggiungimento dei risultati, anche nell’ottica di aumento della produttività individuale.
In stretta connessione con i profili riguardanti la crescita degli spazi di autonomia e responsabilità nell’esecuzione della prestazione lavorativa, si pone la questione
4 X. XXXXX, Lezioni di diritto del Lavoro, Xxxxxxxxxxxx, 2017, pp. 287 ss., qui p. 292: “La retribuzione a tempo, comunemente denominata anche “ad economia” è quella determinata in misura proporzionale alle unità di tempo in cui la prestazione è stata resa o messa a disposizione del datore di lavoro. La retribuzione a tempo è la più diffusa e le altre forme costituiscono normalmente compensi parziali o elementi accessori di un sistema complesso, in cui il lavoratore conserva in ogni caso una parte fissa determinata ad economia”.
5P. XXXXXXXXXX, Dalle mansioni alla professionalità? Una mappatura della contrattazione collettiva in materia di classificazione e inquadramento del personale, in DRI, 2019, n. 4, pp.1149 ss.
della partecipazione dei lavoratori alle dinamiche produttive e al raggiungimento degli obiettivi di impresa. Partecipazione che diventa sinonimo di empowerment e responsabilizzazione quando le figure professionali in questione vengono assegnate a ruoli che, a prescindere dal livello di inquadramento, superano i canoni classici della divisione capitalistica del lavoro, riflessa nel concetto statico di mansione, sviluppando non solo una piena consapevolezza organizzativa del contesto produttivo in cui sono inseriti, ma la possibilità di incidere sulla stessa organizzazione in maniera più o meno autonoma6 .
Come rilevato da autorevole dottrina7, l’istituto del premio di risultato implica, anche da questa peculiare prospettiva di analisi, un ripensamento delle relazioni di lavoro in ottica collaborativa e partecipativa. Esso permette da un lato ai lavoratori di condividere i benefici legati all’andamento positivo dell’azienda, attraverso il riconoscimento di una retribuzione variabile connessa ad obiettivi di performance variamente declinati e, dall’altro, ai datori di lavoro di usufruire di uno strumento gestionale in grado di incentivare la prestazione lavorativa dei propri dipendenti8, valorizzando modelli organizzativi di tipo orizzontale, dove al centro non sta più la messa a disposizione delle mere energie psico-fisiche del collaboratore in un dato lasso di tempo, quanto piuttosto la sua professionalità, le sue attitudini, le sue competenze tecniche e trasversali. In questo senso, il premio di risultato può configurarsi come un ponte che collega i bisogni non solo patrimoniali dell’azienda e del collaboratore, attenuando la tipica contrapposizione degli interessi che fanno capo al datore di lavoro e al lavoratore.
L’obiettivo comune che viene perseguito mediante l’istituzione del premio di risultato è, in una parola, consentire alle aziende di allineare il costo del lavoro all’andamento della produttività, coinvolgendo direttamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro e valorizzando al contempo il principio di proporzionalità della retribuzione. E ciò in modo tale che flessibilità interna e condivisione delle scelte gestionali possano incrementare la sostenibilità del lavoro a vantaggio di entrambe le parti, tramite la comunanza di interessi e la reciproca fiducia che trova nel riconoscimento di un più “intenso diritto di voce dei lavoratori” in forma di dialogo costante e di relazioni più collaborative a livello
6 X. XXXXXXXXXX, op cit. pp. 1154 ss.
7 X. X’XXXXXX, X. XX XXXX XXXXXX, La retribuzione ad incentivi in DRI, 1991 n. 1, pp. 5 ss.
8 X. XXXX, op cit. pp. 637 ss.: Le forme retributive incentivanti, contrattate a livello aziendale, sono viste come leva motivazionale dei lavoratori ad una maggiore produttività e conferiscono alla struttura retributiva la flessibilità necessaria per rispondere alla variabilità di mercato. L’Autore evidenzia l’importanza di procedure di informazione necessarie alla conoscenza ed alla verifica del funzionamento dei meccanismi retributivi variabili, affinché lo stimolo incentivante sia chiaramente percepito.
aziendale il punto di realizzazione più alto9. E ciò in modo tale che il collaboratore non solo partecipi con maggiore interesse all’andamento economico aziendale, ma possa contribuire in modo determinante alla crescita dei livelli di efficienza e di competitività, rispetto ai quali può acquisire maggiore consapevolezza e motivazione10 .
Obiettivo del premio diviene, dunque, coinvolgere positivamente il personale dipendente in maniera diretta, innalzandone i livelli di motivazione e produttività11: “secondo tale impostazione, per il raggiungimento di determinati di obiettivi economico-qualitativi, è necessario ed indispensabile coinvolgere le maestranze nei processi di ottimizzazione del ciclo produttivo anche attraverso l’istituzione di un livello retributivo di secondo livello, legato al raggiungimento dei risultati previsti dagli obiettivi aziendali”12.
Alla luce di queste considerazioni, il presente elaborato si propone di investigare la retribuzione nella sua parte variabile e nella forma del premio di risultato, indagando le connessioni tra i profili evolutivi della corrispettività con i radicali cambiamenti nell’organizzazione del lavoro di cui anche la c.d. “Quarta rivoluzione Industriale” è portatrice13.
Più precisamente, si intende analizzare come la evoluzione del concetto di retribuzione, obbligazione principale del datore di lavoro, si conformi alle intense trasformazioni culturali, tecnologiche, organizzative ed economiche del lavoro, attraverso forme e contenuti particolari che lasciano emergere più complessi schemi di scambio nel rapporto di lavoro subordinato.
Con il consolidarsi di un’economia fluida e dematerializzata, ci si deve interrogare invero su come cambiano il concetto di retribuzione e più in generale le dinamiche della corrispettività. Con l’emergere della necessità per le imprese e il management
9 X. XXXXX, Retribuzione di produttività, flessibilità e nuove prospettive partecipative, in RIDL, 2014, n. 2. pp. 338 ss.
10 X. XXXX, La questione salariale: legislazione sui minimi e contrattazione collettiva, WP
C.S.D.L.E. "Xxxxxxx X’Xxxxxx". IT, 2019, n. 386, pp. 30 ss.: “Queste forme retributive sono state sempre oggetto di valutazioni contrastanti, perché se da un lato possono stimolare la motivazione dei lavoratori e contribuire a una gestione flessibile dei costi aziendali, dall’altra trasferiscono parte del rischio dell’impresa sugli stessi lavoratori. In realtà il significato e l’impatto di questi istituti retributivi incentivanti dipendono da fattori diversi: dal tipo di indicatori prescelti, dalla dimensione quantitativa della parte variabile rispetto a quella fissa della retribuzione, dal grado di influenza e di partecipazione dei lavoratori alla definizione e alla amministrazione degli stessi istituti”.
11R. XXXXX, X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Contrattazione a livello di impresa: partecipazione allo sviluppo delle competenze versus partecipazione ai risultati finanziari, in LRI., 1999, n. 2, pp. 140 ss., considerano la retribuzione di produttività finalizzata ad accrescere il livello di attenzione e di applicazione dei lavoratori nel processo produttivo per evitare che essi procedano secondo routine; X. XXXXXXX, Retribuzione incentivante op. cit pp. 72 ss.; X. XXXXXXX, Labor contracts as partial gift exchange, in Quarterly Journal of Economics, 1982, n. 4, pp. 543.
00 X. XXXX, Xx forme retributive incentivanti, in XXXX, 2010, n. 4, pp. 637 ss.,
13 X. XXXXXXXX, La nuova grande trasformazione. Lavoro e persona nella quarta rivoluzione industriale, ADAPT University Press, 2017, pp. 3 ss.
di poter contare su un particolare impegno organizzativo dei dipendenti e su un loro maggiore coinvolgimento nei valori e negli obiettivi dell’impresa, e con la connessa esigenza organizzativa di individuare strutture motivazionali più articolate e complesse, è necessario comprendere se si concretizza anche un contestuale adattamento delle forme attraverso cui adempiere la controprestazione datoriale, all’interno dello schema sinallagmatico previsto dal rapporto di lavoro. E, dunque, è altrettanto necessario capire se la retribuzione sia diventata corrispettivo di uno scambio tra datore di lavoro e lavoratore che avviene attraverso prestazioni su più piani, quali quello del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e della performance, quello della risposta ai bisogni più personali e a quelli della famiglia, di benessere, cura e realizzazione e, infine, quello della sintonia del lavoratore con l’organizzazione e del lavoro con gli interessi più personali del dipendente14.
A margine di tali importanti quesiti occorre anche rilevare come il consolidamento delle tendenze prospettate segnerebbe una netta soluzione di continuità non solo riguardo all’evoluzione dell’istituto della retribuzione ma più in generale con riferimento al ruolo delle fonti a livello ordinamentale.
Rispetto ai recenti mutamenti diviene prioritario, dunque, interrogarsi anche su quali nuovi parametri siano idonei alla determinazione della retribuzione e sul ruolo che in tal senso può svolgere la contrattazione collettiva, cercando di comprendere, in particolare, se e in quale misura il diritto del lavoro e delle relazioni industriali siano in grado di cogliere le trasformazioni in atto, raggiungendo un più puntuale soddisfacimento dei reciproci interessi delle parti del rapporto contrattuale.
2. I riferimenti costituzionali del problema: cenni
In questa prospettiva di ricerca appare necessario prendere le mosse da una generale disamina dell’art. 36 Cost., norma cardine che governa la materia retributiva, interrogandosi sull’attualità di tale precetto costituzionale alla luce dei mutamenti del sostrato organizzativo del lavoro produttivo cui si è fatto cenno supra. Come noto, il suddetto articolo sancisce il principio di sufficienza e proporzionalità della retribuzione15, che a norma del dato letterale veicolato dalla disposizione deve essere tale da assicurare al lavoratore e ed alla sua famiglia un’esistenza libera e
14 I. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, (a cura di) Il welfare aziendale. Una prospettiva giuridica, Il Mulino, 2019, pp. 15 ss., qui p. 35.
15 X. XXXXXX, La nozione di giusta retribuzione nell’art. 36 della Costituzione, in RIDL, 2010, n.1, pp. 731 ss. ricostruisce l’iter dei lavori dell’assemblea costituente che ha portato all’attuale formulazione dell’art. 36 Cost.; X. XXXXXXXX, Xxxxxx retribuzione e contratti di lavoro. Verso un salario minimo legale? Xxxxxx Xxxxxx, 2018 p. 25 ss.; X. XXXXXXX, Retribuzione sufficiente e autonomia collettiva, Giappichelli, Torino, 2002, pp. 26 ss., qui p. 36.
dignitosa. È dominante in letteratura l’interpretazione della norma per cui i due principi vadano letti congiuntamente, nel senso che, in un determinato sistema economico, la proporzionalità della retribuzione al valore del lavoro implica anche la sufficienza della stessa16. La nozione costituzionale di retribuzione rimarca, infatti, la coesistenza al suo interno di due obbligazioni: l’una, attinente al nesso di corrispettività in senso lato, fornisce il criterio oggettivo di determinazione in termini di proporzionalità, diversificando il compenso spettante al lavoratore in base alle mansioni da questo svolte; l’altra, da determinarsi sulla base di un criterio eterogeneo rispetto alla corrispettività, svolge una funzione sociale17.
In base a quest’ultima irrompono nella nozione di retribuzione le esigenze personalistiche del lavoratore, in considerazione del fatto che, oggetto dello scambio nel contratto di lavoro, è la stessa persona con la spendita delle sue energie lavorative e, con sempre maggiore enfasi, della sua professionalità.
Se fino a qualche anno addietro l’indagine dottrinale si è concentrata specialmente sulla funzione “sociale” della retribuzione, che “in ogni caso” deve essere sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa18, l’evoluzione tecnologica e i connessi mutamenti organizzativi della prestazione hanno fatto emergere la necessità di valorizzare gli aspetti legati alla proporzionalità della retribuzione19, in un contesto che ha segnato il passaggio dalla nozione granitica di retribuzione come variabile indipendente ad una idea di retribuzione più incline a rispecchiare il legame tra flessibilità organizzativa e flessibilità applicata al trattamento economico corrisposto al lavoratore quale fonte di nuove garanzie. Ed è precisamente in questa prospettiva che il premio di risultato ha assunto una particolare rilevanza sotto il profilo dell’inquadramento costituzionale di un istituto che consente di ricondurre la proporzionalità e corrispettività della retribuzione ad una diversa e, al contempo, condivisa dimensione, individuando parametri di determinazione della stessa, che da una parte siano disancorati dai sistemi del modello tradizionale, anacronistici in un mercato globalizzato, e dall’altra riescano ad armonizzare le categorie di lavoratori a prescindere dai settori di appartenenza e dalle tipologie contrattuali applicate e dal tempo impiegato nell’esecuzione della prestazione lavorativa. Nell’attuale scenario economico, dunque, l’interesse pratico-applicativo ed il dibattito teorico tendono ad orientarsi maggiormente a definire la portata dei processi di modernizzazione delle fonti della retribuzione ed
16 X. XXXXX XXXXXX, Un’introduzione: fonti, struttura e funzioni della retribuzione, quindici anni dopo, in LD, 2011 n. 4, pp. 599 ss.; M. D’XXXXXX Xx nozioni giuridiche della retribuzione, in DLRI, 1984, pp. 269 ss.; M. DELL’OLIO, Retribuzione, quantità e qualità di lavoro, qualità di vita, in ADL, n. 2, 1995, pp. 1 ss.
17 X. XXXX, Commento all’art. 36 Cost., in Commentario della Costituzione, a cura di X. Xxxxxx, Bologna, Zanichelli, 1979, pp. 109 ss.
18 X. XXXXX, Autonomia collettiva e giustizia costituzionale, Cacucci, Bari, 1999, pp. 314 ss.
19 X. XXXXXXXX, op. cit.
il consolidamento nelle prassi negoziali di elementi retributivi diversi, che mirano a rendere strutturale la connessione di parte della retribuzione con indicatori economici, quali la produttività (individuale o di gruppo) o l’andamento dell’impresa.
Se i livelli di reddito idoneo a garantire la libertà e la dignità di vita personale e familiare del lavoratore sono storicamente mutevoli in base all’evoluzione dei rapporti economici sociali, si tende ad affidare all’autonomia collettiva il compito di individuare, nel concreto, la misura della retribuzione minima per le diverse qualifiche nei diversi settori produttivi, in base alla capacità delle imprese ed a livello dello sviluppo economico del Paese. Come noto, la mancata attuazione dell’art. 39 Cost. ha determinato, da un lato, la possibilità del dissenso dei datori di lavoro non rappresentati dalle associazioni datoriali stipulanti e, dall’altro, l’impossibilità di riconoscere efficacia erga omnes al contratto collettivo di diritto comune20.
I giudici, nel dover dare concreta attuazione al principio della “giusta retribuzione” si sono, quindi, trovati di fronte a rapporti di lavoro i cui salari erano particolarmente bassi, molto lontani dai minimi dei contratti collettivi nazionali dei settori di riferimento21. Il rimedio a tale situazione è venuto dal riconoscimento della immediata precettività del disposto del succitato art. 36 Cost.22, in base al quale la retribuzione ritenuta dal giudice proporzionale e sufficiente viene imposta anche ai datori di lavoro non vincolati da contratti collettivi, mediante la dichiarazione di nullità della clausola retributiva del contratto individuale e con la conseguente determinazione giudiziale della giusta retribuzione, utilizzando come parametro i minimi salariali dei contratti collettivi nazionali23 .
In questa prospettiva, non sorprende registrare nelle tendenze contrattuali dell’ultimo decennio “uno stallo sul tema retributivo che non è tanto o solo dovuto alla crisi o alle difficoltà tecniche di manutenzione e innovazione nei sistemi di inquadramento e classificazione del personale. Semmai, in parallelo alla evoluzione dei processi economici e produttivi, è crescente la difficoltà della contrattazione collettiva (soprattutto a livello nazionale) di misurare, per una parte sempre più rilevante del mercato del lavoro, il valore economico di scambio di un lavoro che
20 X. XXXXXXXX, I diversi livelli attuali di contrattazione collettiva riguardo alla determinazione dei trattamenti retributivi, Relazione in Atti del Convegno Il trattamento retributivo dei lavoratori, la contrattazione collettiva e la legge, Roma, 22-23/04/2010;
21 M.C. XXXXXXXXXX, Determinazione giudiziale della retribuzione sufficiente e ruolo della contrattazione collettiva, in GI, 2010, pp. 11 ss.;
22 X. XXXXX XXXXXX, Un’introduzione…, op. cit. pp. 599 ss., l’autore analizza lo stato della contrattazione collettiva e il riflesso della stessa sulla struttura della retribuzione; X. XXXX op. cit.,
X. XXXXXX, op. cit. La nozione...pp. 758 ss.
23 X. XXXXXXXX, La retribuzione tra legge, autonomia collettiva e determinazione giudiziale, in QADL, n. 2, 1998, qui p. 3; X. XXXXXXX, Retribuzione e assetto della contrattazione collettiva, in RIDL, 2010, I, pp. 693 e ss.
non si può più semplicemente afferrare in astratto e con i parametri retributivi standardizzati della qualifica e della ora lavorata”24. Le più recenti tendenze della contrattazione collettiva, influenzate dai mutamenti del processo produttivo, dovrebbero indurre a riconsiderare la lettura tradizionale. Non si intende certo sostenere che sussista la possibilità di transitare da un sistema salariale basato su un criterio temporale-monetario ad uno interamente partecipativo o integralmente collegato agli obiettivi. Ciononostante, se la tendenza alla diffusione qualitativa e quantitativa del premio di risultato dovesse consolidarsi, il peso di tale elemento retributivo contrattuale andrebbe certamente ad incidere sul mancato aumento (o su un aumento più contenuto) degli elementi che costituiscono il c.d. “minimo costituzionale”25, compromettendo ulteriormente l’effettività del contratto collettivo nazionale come utile parametro per valutare la congruità della retribuzione. In altre parole, nel futuro assetto che si profila, occorre che siano le Parti sociali ad avviare un profondo processo di autoriforma, abbracciando le sfide connesse alla trasformazione dei sistemi di produzione, alla maggiore valorizzazione del merito ed alla necessaria rimodulazione del rapporto tra livelli contrattuali in funzione di fotografare in modo più adeguato le dinamiche effettive di creazione del valore.
3. Riconfigurazione dei rapporti tra contratto collettivo nazionale e contratto decentrato
Emergono sotto questo profilo diversi punti di interesse che meritano di essere approfonditi. Innanzitutto, le politiche retributive vengono ad essere centrate sulla contrattazione collettiva di secondo livello, con una scelta precisa volta a sottolineare come la determinazione del salario non sia più una prerogativa esclusiva del contratto collettivo nazionale di categoria.
Originariamente, si considerava infatti il contratto collettivo nazionale di categoria come la istituzione centrale di governo politiche retributive. Attualmente, invece al contratto collettivo nazionale di categoria viene lasciata una funzione di adeguamento della retribuzione all’inflazione e gli incrementi retributivi in azienda vengono ancorati agli incrementi di produttività26 .
24 X. XXXXXXXXXX, Tra due crisi: tendenze di un decennio di contrattazione, in DRI, 2021, n. 1, pp. 143 ss., qui p. 154.
25 Cfr. Cass., 23.12.2016, n. 26925; Cass., 29.3.2010, n. 7528, GI, 2010, 2374, con nota di Xxxxxxxxxx
M.C.; Cass., 18.3.2004, n. 5519; Cass.7.3.2003, n. 3494; Cass., 13.5.2002, n. 6878.
26 Accordo Interconfederale 9 marzo 2018 tra Confindustria-Cgil, Cisl e Uil; I. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX (a cura di) Il welfare aziendale. Una prospettiva giuridica, Il Mulino, 2019 pp. 95 ss.
I rapporti tra contratto collettivo nazionale e aziendale impongono una riflessione a favore di una contrattazione aziendale virtuosa, sostenuta da una contrattazione collettiva nazionale, capace di valorizzare economicamente la produttività del lavoro. Del resto, secondo autorevole dottrina27, la dinamica stagnante della produttività e la crescita costante del costo del lavoro in Italia sarebbe dipesa, innanzitutto, dal tipo di modello contrattuale adottato con il Protocollo sulla politica dei redditi del 1993 (infra). Un modello contrattuale che avrebbe innescato un rapporto negativo tra produttività e salari reali, determinando un aumento del costo del lavoro e un rallentamento nell’innovazione. In particolare, la scarsa copertura della contrattazione decentrata non avrebbe consentito una diffusione rilevante del salario di risultato e, con esso, il rafforzamento dei relativi meccanismi di stimolo per la produttività. Del pari, la moderazione salariale promossa dal sistema contrattuale avrebbe consentito anche alle aziende marginali di rimanere competitive senza reinvestire i profitti in formazione del capitale umano, innovazione, ricerca e sviluppo. Il risultato è stato, sul piano nazionale, una produttività praticamente ferma e un mercato del prodotto con un grado basso di concorrenza; mentre, sul piano internazionale, un peggioramento delle esportazioni e un indebolimento del sistema produttivo italiano e, entro questo, della struttura occupazionale.
In questa prospettiva, è da considerare l’obiezione sollevata da più parti che attiene alla scarsa diffusione nel nostro Paese della contrattazione di secondo livello, come conseguenza del fatto che il tessuto imprenditoriale italiano è composto da piccole imprese dove il sindacato non è presente e dove, di conseguenza, non è presente la contrattazione di secondo livello. A tale obiezione è stata data invero una risposta, per taluni considerata adeguata, mediante alcuni accordi nei quali, ai fini dell’accesso alle misure di detassazione, viene proposto un modello di contrattazione collettiva che prevede la sottoscrizione di accordi collettivi a livello territoriale, che possono essere utilizzati dalle aziende di piccole dimensioni e che possono accedere ai benefici fiscali previsti per le forme di retribuzione variabile. In questo modo si rende possibile attingere alla contrattazione di secondo livello da parte delle imprese di piccole dimensioni, senza dover negoziare un contratto collettivo e senza la presenza del sindacato all’interno dell’azienda28. L’operazione viene realizzata sulla base di un modello perfezionato dall’accordo interconfederale
27 X.XXXXXX, Protocollo di luglio e crescita economica: l’occasione perduta, in Rivista Internazionale di Scienze Sociali, 2005, n. 2; X. XXXXXX, La crisi di produttività dell’economia italiana: scambio politico ed estensione del mercato, in EL, 2009, n. 2; X. XXXXXX, The Italian productivity slow‐ down: the role of the bargaining model, in International Journal of Manpower, 2010, vol. 31, n. 7; X. XXXXXX, Modello contrattuale, produttività del lavoro e crescita economica, nota ISRIL, n. 24.
28 X. XXXXXXX, Welfare aziendale nella prospettiva delle politiche retributive del personale, pp. 63 ss., qui p. 67 in Il welfare aziendale. Una prospettiva giuridica (a cura di) X. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, Xx Xxxxxx, 0000.
del 14 luglio 201629, che appunto prevede che il contratto collettivo venga negoziato a livello territoriale per poi essere utilizzato dall’impresa, che si avvale quindi di quel contratto, beneficiando dei vantaggi di una retribuzione prevista dal contratto collettivo territoriale.
Purtuttavia, se da un lato l’accordo interconfederale del 14 luglio 2016 ha consentito alle piccole aziende di beneficiare della detassazione, applicando accordi territoriali ad hoc, dall’altro non prevede alcun trattamento normativo applicabile alle aziende sprovviste di contrattazione decentrata. In altre parole, gli accordi territoriali sottoscritti in esecuzione dell’accordo interconfederale non sono contratti collettivi nel senso tecnico del termine, poiché non disciplinano alcun trattamento normativo applicabile ai rapporti di lavoro rientranti nel relativo campo di applicazione. Questa prassi ha finito per scoraggiare la contrattazione decentrata snaturando, almeno in parte, la ratio della misura di detassazione, che è quella di favorire il decentramento contrattuale come canale di allineamento tra salari e produttività. Tale rischio risulta ancor più elevato se gli accordi territoriali non circoscrivono i criteri di misurazione da adottare, ma rinviano ai parametri elencati nel decreto del 25 marzo 2016. La contrattazione territoriale dovrebbe quindi determinare uno scambio tra welfare, flessibilità salariale e flessibilità organizzativa e gestionale, anche coltivando le ampie deleghe che il d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 assegna alla contrattazione di secondo livello.
3.1. Il decentramento salariale
La prima innovazione considerevole in tema di retribuzione variabile in Italia fu introdotta dal “Protocollo sulla politica dei redditi” del 23 luglio 199330, mediante cui le parti sociali si proponevano di prevenire i conflitti fra i diversi livelli contrattuali e di superare “le tradizionali anomalie del sistema retributivo e contrattuale italiano”31. In particolare, differenziando le competenze della contrattazione nazionale di lavoro da quelle della contrattazione decentrata in
29 Accordo 14 luglio 2016 tra Confindustria e Cgil, Cisl, Uil; I. REGALIA, L’accordo interconfederale su premi di risultato e welfare aziendale per le imprese senza rappresentanza, in Politiche Sociali/Social Policies, n. 3, pp. 513.
30 Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo – noto anche come Protocollo Giugni – 3 luglio 1993. Per un’analisi del Protocollo del 23 luglio 1993: X. XXXXXXXXX, La retribuzione cd. di produttività nella nuova contrattazione aziendale, questioni ed esiti, in LD, Fascicolo 4, 2011, pp. 691 ss.; Sul tema, X. XXXX, L’accordo del 23 luglio 1993: assetto contrattuale e struttura della retribuzione, in RGL, n. 1, 1993, pp. 215 e ss.; X. XXXXXXXXXX, Contrattazione collettiva e produttività: cronaca di evocazioni (ripetute) e di incontri (mancati), in RGL, n. 2, 2009, pp. 299 ss.
31 X. XXXX, Struttura della contrattazione collettiva e rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, in Istituzioni e regole del lavoro flessibile, Napoli, Editoriale scientifica, 2006, pp. 301 ss.
materia di retribuzione, il Protocollo del 199332 affidò un ruolo preminente al contratto nazionale di categoria che, in materia retributiva, doveva adeguare i trattamenti economici ai tassi di inflazione e poteva adattarli anche agli incrementi settoriali di produttività, mentre alla contrattazione aziendale fu richiesto di operare una redistribuzione delle quote d’incremento di produttività, di qualità e di redditività che realizzano le singole aziende, potendo intervenire sulle materie espressamente rinviate dal contratto nazionale e su istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli retributivi propri del contratto nazionale.
Come noto, il coordinamento della contrattazione salariale è stato la pietra angolare del protocollo del 23 luglio 1993, che ha cercato di ristrutturare la contrattazione collettiva al fine di renderla più funzionale alle politiche economiche33. Dalla metà degli anni Novanta, tuttavia, comincia a consolidarsi l’idea di incentivare lo sviluppo della contrattazione decentrata quale canale redistributivo necessario per compensare la moderazione salariale dei CCNL e flessibilizzare le condizioni di lavoro e salariali in funzione incentivante della produttività del lavoro. La Commissione di esperti presieduta da Xxxx Xxxxxx per la revisione del sistema contrattuale definito dal protocollo del 1993 prevedeva che: la revisione del sistema di contrattazione collettiva dovrebbe avvenire con l’obiettivo di garantire una maggior adattabilità del sistema ed una dinamica salariale “virtuosa”, favorendo il progressivo decentramento dei processi di determinazione della disciplina dei rapporti di lavoro e, in particolare, delle retribuzioni. Tale obiettivo potrebbe essere perseguito confermando il sistema contrattuale attuale costruito su due livelli, ma rafforzandone la differenziazione funzionale. In questo quadro, “il contratto di
32 X. XXXXXXX, X. XXXXX, La retribuzione integrativa aziendale in Italia: una nuova evidenza empirica, in EL, 2010, p. 11: “La storia recente della regolamentazione della dinamica salariale e della contrattazione integrativa in Italia ha le sue radici nell’accordo del 1993. L’accordo si proponeva l’eliminazione degli automatismi negli adeguamenti retributivi ed ancorava gli incrementi salariali alle aspettative di inflazione, mediante il ricorso di allo strumento del tasso di inflazione programmato. La realizzazione completa dell’Accordo Territoriale prevedeva, inoltre, una forte diffusione della contrattazione integrativa su base aziendale o territoriale ed il pagamento di premi salariali proporzionali agli incrementi di produttività e profittabilità delle imprese. In questa prospettiva, la contrattazione doveva quindi preservare il potere di acquisto dei salari e garantire che la crescita reale delle retribuzioni di fatto (primo e secondo livello) fosse uguale alla crescita reale della produttività del lavoro. Ciò avrebbe garantito la stabilità delle quote distributive dei profitti e dei salari sul reddito e di conseguenza avrebbe favorito la massima crescita dei salari compatibile con l’assenza di pressioni sul saggio di profitto e sull’inflazione. L’accordo tuttavia non garantiva la realizzabilità di due condizioni che potevano assicurare la stabilità delle quote distributive sul reddito e massimizzare le possibilità di incrementi di produzione: la diffusione a tutti i lavoratori della retribuzione di secondo livello ed una crescita retributiva adeguata, tale da uguagliare il tasso di crescita dei salari e della produttività del lavoro in termini reali. La realizzabilità di queste due condizioni, d’altra parte era poco probabile in un sistema economico come quello italiano, caratterizzato da un numero elevato di piccole imprese, solo in piccola parte coinvolte da contratti integrativi.
33 X. XXXX, L’accordo del 23 luglio 1993: assetto contrattuale e struttura della retribuzione, in RGL, 1993, pp. 215 ss.
categoria, proprio per avere dimostrato una capacità di governo del sistema contrattuale nel suo insieme, manterrebbe una rilevante importanza con l’accentuazione del suo compito di orientamento e di controllo normativo”34.
A fronte della mancata espansione della contrattazione aziendale e territoriale, il Legislatore ha promosso lo sviluppo del decentramento contrattuale tramite (i) il riconoscimento di una maggiore autonomia funzionale alla contrattazione di secondo livello e (ii) la previsione di politiche fiscali e contributive di vantaggio per i redditi di lavoro derivanti da contratti collettivi territoriali e aziendali. Queste politiche di sviluppo del decentramento contrattuale sono state consacrate nell’Accordo Quadro di riforma degli assetti contrattuali firmato il 22 gennaio 200935, nonché con importanti varianti dai successivi accordi interconfederali riguardanti la struttura della contrattazione collettiva, il cui punto di caduta è rappresentato, ad oggi, dal Testo Unico sulla rappresentanza del gennaio 201436.
È bene sottolineare, tuttavia, che tale protocollo non veniva sottoscritto dalla CGIL, la quale non partecipava alle trattative, stante la propria contrarietà a talune clausole contrattuali, inerenti le modalità di articolazione del decentramento e taluni aspetti relativi al conflitto collettivo37 . Sul piano delle politiche salariali, l’Accordo Quadro del 22 gennaio 2009 e gli accordi interconfederali in sua attuazione, riprendendo parzialmente l’impostazione del Protocollo del 1993, hanno riservato alla contrattazione decentrata “il compito essenziale, se non esclusivo, di collegare la retribuzione agli andamenti della produttività e redditività, variamente misurati”. Di contro, al contratto nazionale è stata affidata la sola funzione di “tutelare il generale potere di acquisto delle retribuzioni ed è preclusa la competenza, ammessa invece dall’accordo del 1993, a definire dinamiche retributive collegate a indici generali di produttività”.
34 Relazione finale della Commissione per la verifica del protocollo del 23 luglio 1993, 1997, disponibile in xxx.xxxxx.xx, A-Z Index, voce Contrattazione collettiva, sezione Documentazione nazionale.
35 X. XXXXXXXX, L’Accordo Quadro e la sua applicazione nel settore privato: un modello contrattuale “comune”, in Nuove Regole per la Rappresentanza Sindacale. Ricordando Xxxxxxx X’Xxxxxx, Xxxxxxxx ed. Roma Ediesse 2010; X. XXXX, Effettività e competenze nella contrattazione decentrata nel lavoro alla luce degli accordi del 2009, in DLRI, 2010, n. 126, pp. 361- 377.
36 X. XXXXXXX, Il lungo cammino per Xxxxxxxx della rappresentatività sindacale, in Il Testo Unico sulla rappresentanza 10 gennaio 2014, (a cura) di X. XXXXXXX, ADAPT University Press, ADAPT Labour Studies e-Book series, 2014, n. 26, in xxx.xxxxxx.xxxxxxxxx.xx
37 X. XXXXXXXXXX, Contrattazione Collettiva e produttività: cronaca di evocazioni (ripetute) e di incontri (mancati), in RGL, n. 2, 2009, pp. 299-344,; X. XXXXXXX, I nodi attuali del sistema di relazioni industriali e l’accordo quadro del 22 gennaio 2009, in ADL, n. 1,pp. 1278 ss.; X. XXXXXXX, Una dichiarazione d’intenti: l’Accordo Quadro 22 gennaio 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali, in RIDL, 2009, n. 1, pp. 177 ss.; X. XXXXX, L’accordo quadro e l’accordo interconfederale del 2009: contenuti, criticità e modelli di relazioni industriali, in RIDL, 2009, n. 1, pp. 353 ss.
Inoltre, l’Accordo ha rinnovato l’impegno del Governo all’adozione di politiche di detassazione delle somme erogate in applicazione di contratti collettivi di secondo livello. Obiettivo dell’Accordo del 2009 era quello di rendere più affidabile, efficiente e decentrato il sistema delle relazioni industriali. A tal fine, l’intesa ridisegnava anzitutto la durata dei contratti collettivi nazionali, che diveniva triennale per la parte economica e normativa, e ne confermava la funzione “di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore ovunque impiegati nel territorio nazionale”.
L’Accordo riformava anche le procedure che presiedono allo svolgimento della contrattazione collettiva, configurando in maniera precisa l’andamento delle trattative con l’obiettivo di rendere più veloce possibile la conclusione dei contratti. A ciò faceva seguito un altro Accordo interconfederale, firmato nell’aprile dello stesso anno con la sola Confindustria e sempre senza la partecipazione della CGIL, che introduceva una serie di modifiche al sistema in vigore dal 1993: le nuove regole salvaguardavano la struttura a due livelli della contrattazione collettiva, con le disposizioni dei contratti collettivi di settore che continuavano a costituire una soglia minima nazionale, ma con l’obiettivo di potenziare il secondo livello della contrattazione collettiva.
Detta intesa, per quanto attiene alla competenza in materia salariale del contratto di secondo livello, coinvolgeva anche la contrattazione collettiva territoriale nella determinazione del premio di risultato. Con riferimento a quelle ipotesi in cui la contrattazione di secondo livello venisse stipulata a livello territoriale, infatti, l’intesa prevede che “i criteri di misurazione e valutazione economica della produttività, della qualità e degli altri elementi di competitività”, al cui raggiungimento risulta condizionata l’erogazione dell’importo della retribuzione variabile costituita dal premio di produttività, dovevano essere “determinati sulla base di indicatori assunti a livello territoriale con riferimento alla specificità delle imprese di settore”. Gli importi e i meccanismi per la determinazione quantitativa dell’erogazione della retribuzione legata al premio variabile avrebbero dovuto essere poi definiti in sede di contrattazione aziendale, coerentemente con le condizioni produttive e occupazionali.
L’Intesa, peraltro, prevedeva la possibilità senza precedenti di introdurre clausole di apertura, consentendo agli accordi di secondo livello di derogare agli accordi nazionali. Questo è stato probabilmente l’aspetto più controverso del nuovo sistema e il motivo per cui la CGIL aveva ritenuto di non sottoscrivere l’accordo: fino ad allora, le deroghe in pejus erano consentite solo eccezionalmente nei patti territoriali, per far fronte al sottosviluppo economico e/o ad un alto livello di lavoro sommerso.
Il 28 giugno 2011, Confindustria e le tre principali confederazioni sindacali, firmavano un nuovo Accordo interconfederale, con un duplice scopo di (i) definire
criteri misurabili per la rappresentatività sindacale e la legalità degli accordi aziendali e (ii) potenziare il decentramento della contrattazione collettiva, con la possibilità di prevedere clausole a livello aziendale, ma nel quadro stabilito dal livello primario nazionale38.
Quasi contestualmente il Legislatore introduceva la possibilità di sottoscrivere accordi a livello aziendale o territoriale che si discostino dalla legge e dai contratti collettivi nazionali di settore, ai sensi dell’art. 8 del d. l. n. 138/201139 .
Tali accordi devono essere formalmente giustificati in termini di: aumento dell’occupazione; gestione della crisi industriale ed economica; miglioramento della qualità dei contratti di lavoro; aumento della produttività, della competitività e dei salari; incoraggiamento di nuovi investimenti e avvio di nuove attività; aumento della partecipazione dei lavoratori. Sul versante del decentramento contrattuale si colloca l’impegno del legislatore del 2011 nell’affidare e nel rinviare alla responsabilità delle relazioni industriali di valutare attraverso la contrattazione di prossimità, aziendale o territoriale, “la possibilità di scambi negoziali virtuosi (e non certo concessioni unilaterali) per il perseguimento in modo pragmatico di quegli obiettivi di competitività e tutela del lavoro tanto astrattamente declamati quanto raramente praticati nella realtà quotidiana dei luoghi di lavoro per il persistere di standard regolatori nazionali rigidi e ancora poco adattabili al mutato contesto economico e sociale di riferimento”40.
Ad oggi, gli esiti del nuovo sistema previsto dagli accordi interconfederali del 2011- 2014 non sono stati soddisfacenti41. La loro efficacia viene vanificata da alcuni aspetti strutturali della nostra economia nonché dal fatto che le forme di retribuzione variabile si sviluppano nell’ambito di un sistema di contrattazione e di relazioni industriali che andrebbe migliorato. L’Italia, infatti, è il Paese dell’area euro in cui maggiore è il numero dei rapporti di lavoro dipendente regolati dalla contrattazione collettiva ma, al contempo, è anche uno tra quelli in cui si registra una minore diffusione della contrattazione di secondo livello. Il panorama della contrattazione nazionale oggi si presenta sempre più frammentato, con la diffusione di pratiche di dumping nella stipula di accordi tra nuove sigle sindacali e datoriali minori, che tendono a ridurre il costo della manodopera. In questo contesto, il ruolo della contrattazione decentrata è rimasto molto marginale e comunque subordinato
38 X. XXXXXXX, A che prezzo, L’emergenza retributiva tra la riforma della contrattazione collettiva e salario minimo legale, LUISS University Press, 2019 pp. 53 ss.
39 X. XXXXXXXXXX, Il decentramento contrattuale in Italia: primi profili ricostruttivi di una ricerca empirica, in ADL, 2014, n. 6, I; X. XXXXXXX, La contrattazione collettiva di «prossimità». Teoria, comparazione e prassi, in RIDL, 2013, n. 4, pp. 919-960.
40 X. XXXXXXXXXX, L’articolo 8 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138: una prima attuazione dello “Statuto dei lavori” di Xxxxx Xxxxx pp., 13-14.
41 X. XXXXXXXX, M. C. AMBRA, X. XXXXXXX, Italian collective bargaining at a turning point, in
X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXX (eds), Multi-employer bargaining under pressure: decentralisation trends in five European countries, ETUI, 2018 pp. 197.
nelle disposizioni definite al primo livello, nonostante la politica di incentivazione intrapresa dal Governo.
La leva della fiscalità di vantaggio da sola non è stata sufficiente, fino ad oggi, a supplire al mancato decollo della contrattazione decentrata: gli andamenti piatti dei salari e della produttività denotano di fatto un’incapacità di incidere su queste dinamiche. Inoltre, l’ampia delega ha permesso alle parti di muoversi con l’obiettivo primario di maturare l’incentivo economico a discapito di una reale crescita della produttività42.
Al riguardo, è opportuno svolgere una seppur breve digressione dottrinale in merito al coordinamento degli assetti contrattuali di primo e secondo livello nell’ambito delle relazioni industriali italiane, richiamando i concetti di “decentramento organizzato” (e “disorganizzato”, introdotti dal Xxxxxxx00) e di “governabilità della contrattazione collettiva”, radicati nella teoria sociologica e giuridica e diventati centrali nel dibattito sugli effetti della contrattazione collettiva sui risultati economici, giungendo alla conclusione che, il coordinamento tra i livelli di contrattazione è ampiamente accettato come fondamentale per garantire l’efficacia della contrattazione collettiva, condividendo le considerazioni già svolte al riguardo da autorevole dottrina44.
Nonostante vi sia un chiaro riparto di competenze in materia di contrattazione salariale tra CCNL e contratto aziendale, deputato quest’ultimo alla previsione di schemi variabili di retribuzione nella peculiare forma del premio di risultato, nella contrattazione decentrata continua a riscontrarsi una significativa diffusione di elementi premiali corrisposti in cifra fissa. In realtà, le norme sul coordinamento salariale affermano chiaramente che gli aumenti retributivi dovrebbero essere collegati a parametri oggettivi negoziati dalle parti nella contrattazione a livello aziendale ovvero legati alla produttività e/o ai profitti, o alle prestazioni dei lavoratori, sotto forma di premio di risultato. Tali regimi retributivi si riferiscono a tre tipi di obiettivi: produttività, redditività e qualità.
Purtroppo, dalla prassi negoziale emerge che, la regola secondo cui la contrattazione salariale decentralizzata dovrebbe basarsi su parametri di produttività e/o redditività è ancora in larga parte disattesa, soprattutto nel settore metalmeccanico. Tali dati, possono essere comunque visti come un “bicchiere
42 F. D’AMURI F., X. XXXXX, I recenti sviluppi delle relazioni industriali in Italia, Questioni di Economia e Finanza, 2017, n.417, Roma, Banca D’Italia.
43F. XXXXXXX Two logics of collective action in Industrial Relations? in X. XXXXXX, X. XXXXXXX (eds.), Organised industrial Relations in Europe: What Future? Aldershot: Avebury. 44 X. XXXXXXXXXX, From Fixed to Flexible? Wage Coordination and the Collective Bargaining System in Italy, in IJCLLIR, 2017, n. 33 pp. 523 ss.; I. XXXXXXX, X. XXXXXX, Between voluntarism and institutional and Human Resources Practices in Italy, in Employment Relations in a Changing World Economy, 1998, pp. 131 – 136 (Xxxxx X., Xxxxxx T & Xxxxx M eds, Cambridge- MA: MIT Press 1998).
mezzo pieno”45: se da un lato, infatti, in un contesto di depotenziamento dei lavoratori e di erosione delle istituzioni del mercato del lavoro, il fatto che il principio di favore funzioni ancora e che i sindacati siano ancora in grado di negoziare aumenti salariali a livello aziendale è di per sé positivo, dall’altro lato il sistema italiano di relazioni industriali continua a presentare un alto grado di “coordinamento orizzontale” e debole “coordinamento verticale”. La conseguenza logica individuata è che “l’obiettivo di definire un sistema coerente di contrattazione collettiva dovrebbe essere sostenuto da una chiara regolamentazione delle conseguenze derivante dalla violazione delle norme sul coordinamento della contrattazione collettiva e, soprattutto, da una chiara disciplina del conflitto di regolamentazione”. Ciò potrebbe essere raggiunto anche attraverso una “regolamentazione giuridica sussidiaria che disciplina il sistema delle relazioni industriali” 46.
La problematica della rappresentatività dei firmatari, inoltre, non riguarda solo la parte sindacale, dove di fatto è stata causa di gravi controversie, ma anche le associazioni dei datori di lavoro, la cui acuta frammentazione continua ad essere uno dei punti deboli più gravi del sistema italiano di relazioni industriali. Singole aziende (la FIAT è stato di gran lunga il caso più noto), gruppi di imprese o filiali hanno scelto di uscire dalle rispettive associazioni di categoria, per creare le proprie nuove unità contrattuali47.
La frammentazione e l’incerta rappresentatività delle associazioni dei datori di lavoro sollevano la necessità di stabilire parametri trasparenti e certificati, anche da questo lato, per quanto riguarda il numero totale dei soci e dei lavoratori48. In materia, da ultimo è intervenuto, modificando ulteriormente il quadro normativo vigente, l’Accordo interconfederale del 9 marzo 2018 tra Confindustria e CGIL, CISL, UIL (“Patto della Fabbrica”), che ha fissato le condizioni per realizzare un sistema di relazioni industriali più efficace e partecipativo che consenta di sostenere i processi di trasformazione e di digitalizzazione nella manifattura e nei servizi innovativi, tecnologici e di supporto all'industria. Il “Patto” ha l’obiettivo di contribuire fattivamente – attraverso le relazioni industriali e la contrattazione
45 X. XXXXXXXXXX, From Fixed to Flexible? op. cit.
46L. XXXXXXX, X.X. XXXXX, Learning from Past Mistakes? Recent Reforms in Italian Industrial Relations, 27, (4) Indus Rel. J. 300, 1996; X. XXXXXX, Varietes of Labor Politics in the Developed Democracies, in Varietes of Capitalism. The institutional Foundations of Comparative Advantage (P. A. Hall & X. Xxxxxxx eds, Oxford, University Press, 2001; X. XXXXXXXXXX, From Fixed to Flexible? op. cit., qui p. 551.
47 X. XXXXXXXX, Relazioni industriali e contrattazione collettiva: criticità e prospettive, in L&D, n.4, 2016 pp. 939-952.
48M. XXXXXXXX, M.C. XXXXX, X. XXXXXXX, The ‘resistible’ rise of decentralised bargaining: a cross-country and inter-sectoral comparison, in X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXX (eds), Multi- Employer Bargaining Under Pressure: Decentralisation trends in five European Countries, ETUI, 2018.
collettiva – alla crescita del Paese, al miglioramento della competitività attraverso l’incremento della produttività delle imprese, alla correlata crescita dei salari e alla creazione di posti di lavoro qualificati.
All’interno di tale contesto legislativo e contrattuale, si inserisce l’istituto del premio di risultato, che – come più volte spiegato – ha assunto un ruolo principe tra le forme di retribuzione variabile, divenendo quello più diffuso e certamente più impattante in termini di politica economica del costo del lavoro.
4. Il sistema di incentivi al decentramento salariale: trattamento fiscale e contributivo agevolato connesso ai premi di risultato. Cenni
Anche in ossequio agli impegni assunti con le parti sociali, il Legislatore è intervenuto in materia di premio di produttività, al fine di incentivarne la diffusione, mediante misure agevolative di natura fiscale e contributiva. Primaria importanza assume al riguardo l’art. 1, commi da 182 a 191, della l. 28 dicembre 2015 n. 208 (Legge di Stabilità per il 2016), attuato poi con decreto ministeriale 25 marzo 2016. Da ultimo, con diversi elementi di innovazione rispetto alle precedenti decretazioni in materia, il Legislatore, in attuazione della Legge di Stabilità 2016, è intervenuto sulla detassazione della retribuzione di produttività, con il decreto interministeriale
d.m. 25 marzo 2016 di cui si dirà più avanti. Ulteriori incentivi per le imprese e i lavoratori sotto forma di sgravio contributivo sono state introdotte poi dal Decreto Legge 24 aprile 2017, n. 50, che ha apportato delle modifiche alla previgente disciplina dei benefici connessi alla corresponsione dei premi di risultato in caso di coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro. La Legge di Stabilità del 2016 ha rimodulato e rinforzato un istituto già presente nell’ordinamento fin dal 2008 e consistente in una tassazione agevolata – un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali al 10% - in favore dei premi di risultato disciplinati nell’ambito della contrattazione di secondo livello. La detassazione dei premi di produttività in realtà era già possibile dal 2008, ma l’incentivo non era strutturale, inoltre le regole e i tetti massimi variavano ogni anno. Ogni anno le regole diverse rimettevano in questione i calcoli di convenienza delle aziende e il tetto di spesa variabile imponeva una procedura “a domanda” in cui le aziende che arrivavano ultime rischiavano di non aver più diritto al beneficio per esaurimento dei fondi.
A fronte di queste problematiche nel 2013 la norma non fu rinnovata e di conseguenza nell’anno seguente, il 2014, non ci furono premi di produttività detassati. Oggi l’orizzonte delle imprese e dei lavoratori che contrattano i premi di produttività è certo e la procedura è immediata, non è più a domanda: l’azienda trattiene l’imposta sostitutiva in ritenuta d’acconto e la detassazione del premio di
risultato appare direttamente al lavoratore in sede di dichiarazione dei redditi (fino a 3.000 euro pro capite tassati all’imposta sostitutiva del 10% per tutti i lavoratori sotto gli 80 mila euro di reddito lordo annuo).
Nel novellare la misura, oltre ad essere stata stabilizzata finanziariamente la misura si è innanzitutto richiesto un maggior sforzo agli attori negoziali, posto che l’accesso al regime fiscale è condizionato ad una rigorosa individuazione del risultato atteso cui ricollegare la parte variabile del salario e alla individuazione di parametri oggettivi di verifica degli incrementi di produttività nonché un arco temporale congruo, entro il quale verificare l’effettivo incremento dell’obiettivo prefissato nel contratto collettivo. Come specificato nella prassi, peraltro questa maggiore rigorosità non incide chiaramente sulla strutturazione del premio di risultato, che “risponde esclusivamente alle politiche retributive concordate con le organizzazioni sindacali”, quanto, come detto, impone una verificabilità obiettiva e misurabile degli obiettivi al raggiungimento dei quali deriva l’erogazione del premio aziendale.
Ai sensi del suddetto decreto, per l’applicazione delle agevolazioni fiscali, sono i contratti collettivi “aziendali o territoriali di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 81 del 2015” a prevedere “criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, che possono consistere nell’aumento della produzione o in risparmi di fattori produttivi ovvero nel miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi, [..], il cui raggiungimento sia verificabile in modo obiettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati” .
Al fine di accedere al beneficio fiscale, è richiesta dalla norma la regolamentazione dei premi di risultato da contratti collettivi di secondo livello, stipulati ai sensi dell’art. 51 del d.lgs. n. 81/2015, ove siano indicati anche i criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione. Ancor prima della L. n. 81/2017, il lavoro agile era stato menzionato nel d.i. 25 marzo 2016 quale strumento atto ad incrementare la produttività e, in definitiva, la concorrenzialità dell’azienda. Il citato decreto è stato emanato in esecuzione della l. 22 dicembre 2015, n. 208 che, all’art. 1, commi 182 e ss., ha avuto il pregio di rendere stabili e strutturali i benefici di natura fiscale connessi alla c.d. retribuzione di produttività. Più precisamente, la suddetta l. n. 208 ha previsto l’applicazione di un’imposta sostitutiva con aliquota pari al 10% per i premi di risultato, di ammontare variabile, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione.
Sono poi imposti limiti di carattere oggettivo e soggettivo. In particolare, il comma 182 della Legge di stabilità 2016, così come modificato dalla Legge 11 dicembre 2016, n. 232 (c.d. “Legge di Bilancio 2017”), prevede, infatti, che “salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, sono soggetti a una imposta sostitutiva
dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento, entro il limite di importo complessivo di 3.000 euro lordi, i premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con il decreto di cui al comma 188, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa”49.
Si consideri peraltro che, relativamente ai contratti collettivi sottoscritti dall’entrata in vigore del d.l. n. 50/2017 (24 aprile 2017) e per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, è ridotta di 20 punti percentuali l’aliquota contributiva a carico del datore di lavoro per il regime relativo all’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti su una quota del premio di risultato non superiore a 800 euro. Sulla medesima quota non è dovuta alcuna contribuzione a carico del lavoratore. Anche questo sviluppo normativo sembra riflettere, sul piano sistematico, la tendenza del legislatore a favorire la diffusione di pratiche organizzative del lavoro improntate alla maggiore partecipazione e condivisione degli obiettivi, in modo che forme retributive incentivanti e modelli gestionali partecipativi si configurino, nella prassi delle relazioni industriali, come due facce della stessa medaglia.
L’articolo 4 del Decreto interministeriale del 25 marzo 2016, invero, chiarisce che il coinvolgimento paritetico dei lavoratori debba realizzarsi «attraverso un piano che stabilisca, a titolo esemplificativo, la costituzione di gruppi di lavoro nei quali operano responsabili aziendali e lavoratori finalizzati al miglioramento o all’innovazione di aree produttive o sistemi di produzione e che prevedono strutture permanenti di consultazione e monitoraggio degli obiettivi da perseguire e delle risorse necessarie nonché la predisposizione di rapporti periodici che illustrino le attività svolte e i risultati raggiunti». Il Decreto specifica altresì che non costituiscono strumenti e modalità utili ai fini del coinvolgimento paritetico dei lavoratori i gruppi di lavoro e i comitati di semplice consultazione, addestramento o formazione. La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E del 15 giugno 2016 sottolinea, infine, che nell’ambito di queste modalità di coinvolgimento dei lavoratori, è necessario che «i lavoratori intervengano, operino ed esprimano
49 Al fine di agevolare la contrattazione collettiva nell’individuazione dei parametri con i quali misurare la performance già nell’allegato al D.M. 25 marzo 2016 vengono elencati a titolo esemplificativo ma non esaustivo diciannove indicatori: 1) volume della produzione/numero dipendenti; 2) fatturato o Valore aggiunto (VA) di bilancio/numero di dipendenti; 3) margine operativo lordo MOL/Valore aggiunto (VA) di bilancio; 4) indici di soddisfazione del cliente; 5) diminuzione del numero di riparazioni, rilavorazioni; 6) riduzione degli scarti di lavorazione; 7) percentuale di rispetto dei tempi di consegna; 8) rispetto previsioni di avanzamento dei lavori; 9) modifiche di organizzazione del lavoro; 10) lavoro agile; 11) modifiche ai regimi di orario; 12) rapporti costi effettivi/costi previsti; 13) riduzione assenteismo; 14) numero brevetti depositati; 15) riduzione tempi di sviluppo di nuovi prodotti; 16) riduzione dei consumi energetici; 17) riduzione numero di infortuni; 18) riduzione numero di infortuni; 19) riduzione tempi di consegna.
opinioni che siano considerate di pari livello, importanza e dignità di quelle espresse dai responsabili aziendali che vi partecipano, con lo scopo di favorire un impegno “dal basso” che consenta di migliorare le prestazioni produttive e la qualità del prodotto e del lavoro».
La finalità di questa normativa è quella di premiare le aziende che coinvolgono i lavoratori nei processi produttivi che sono finalizzati “al miglioramento o all’innovazione delle aree produttive o sistemi di produzione”. Questo è il fulcro della norma che afferma, quindi il miglioramento del prodotto o dei processi produttivi al quale partecipano i lavoratori è un interesse apprezzabile e fa sì che le aziende che adottano questi sistemi possano beneficiare dello sgravio. Si potrebbe dire che questa norma in qualche modo concorre alla realizzazione della partecipazione dei lavoratori all’impresa. In particolare, il Decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96, ha apportato delle modifiche alla previgente disciplina dei benefici connessi alla corresponsione dei premi di risultato, introducendo un ulteriore incentivo per le imprese e i lavoratori sotto forma di sgravio contributivo. Tale sgravio consiste nella riduzione di 20 punti percentuali dell’aliquota contributiva ordinaria, per una quota di premio non superiore a 800 Euro e, inoltre, su questa quota di premio, il lavoratore non paga alcun contributo. La fruizione di questo beneficio è però condizionata all’introduzione, da parte dell’azienda, di forme del già citato coinvolgimento paritetico dei lavoratori.
4.1. Premio di risultato e welfare aziendale
Nel corso degli ultimi anni, grazie ad un quadro normativo che prevede incentivi e vantaggi fiscali e contributivi ma anche ad una maggiore consapevolezza delle imprese rispetto all’importanza di investire nell’ambito sociale, le iniziative di welfare aziendale si sono diffuse in modo rilevante nel contesto italiano. È opportuno preliminarmente sottolineare che le politiche della remunerazione dei lavoratori si possono dividere in politiche monetarie e politiche che attengono al welfare: nel primo caso la remunerazione del lavoratore avviene attraverso la retribuzione, nel secondo caso, la remunerazione avviene attraverso un piano di welfare che soddisfa interessi fondamentali del lavoratore e della sua famiglia50. Con il tempo, il welfare è diventato una delle principali materie di scambio tra le parti sociali e, di conseguenza, un elemento strategico nei processi negoziali di primo e di secondo livello.
50 I. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, (a cura di) Il welfare aziendale, op. cit., 2019.
Nell’attuale contesto di cambiamenti sociali e del mondo del lavoro, ai quali si accompagna una generale stagnazione economica e produttiva, il sistema della contrattazione ha infatti visto nel welfare aziendale un’opportunità di innovazione capace di fornire nuove risposte ai bisogni dei lavoratori, nonché una leva di riorganizzazione del lavoro capace di favorire una crescita della produttività51. Il nesso fra questi tre elementi – ridefinizione delle materie oggetto di contrattazione, risposta ai bisogni sociali dei lavoratori e stimolo alla produttività – appare particolarmente evidente nella normativa che regola il premio di risultato e la possibilità, per il lavoratore, di convertirne una parte o la sua totalità in un budget da spendere in beni e servizi di “welfare”, godendo in tal modo delle agevolazioni fiscali previste dalla normativa di riferimento. Si tratta in particolare della cd. “welfarizzazione del premio”52.
Nella pratica, il lavoratore, se previsto nell’accordo aziendale, ha la facoltà (art. 1 comma 184, l. n. 208/2015) di richiedere che una parte o la totalità del premio di cui ha diritto venga convertito in una prestazione o in servizi welfare, ottenendo così un ulteriore vantaggio, perché la retribuzione in welfare gode di una piena esenzione fiscale e contributiva. Tutto ciò fa sì che le prestazioni e i servizi di welfare assicurati, direttamente o indirettamente, dall’impresa, per effetto della detassazione e della decontribuzione, assumano un controvalore più basso di quanto pagherebbe in prima persona il lavoratore destinandovi parte della normale retribuzione percepita in denaro.
La retribuzione in welfare, dunque, può concorrere significativamente a garantire un’esistenza libera e dignitosa, ai sensi dell’articolo 36 Cost. perché, grazie al regime fiscale e contributivo agevolato, realizza un felice contemperamento tra l’interesse dei lavoratori all’incremento del potere di acquisto delle retribuzioni e l’interesse dell’impresa a contenere il costo del lavoro e gli oneri dei rinnovi contrattuali53. In sintesi, il welfare aziendale rappresenta una componente rilevante della retribuzione complessiva del lavoratore che identifica solo una parte del corrispettivo reso dal datore di lavoro al collaboratore qualificato: i) dalla sua natura prevalentemente non monetaria e comunque tangibile; ii) dai bisogni ai quali vuole rispondere che sottendono uno scambio sociale che va oltre quello di mercato.
Sul piano normativo, oltre ad una regolamentazione della materia di carattere fiscale e previdenziale, la legge non offre una definizione del concetto di “welfare
51 X. XXXXXXXXXX, (a cura di) Welfare for People. Il primo rapporto su Il welfare occupazionale ed aziendale in Italia, 2018, ADAPT University Press; X. XXXXXXXXXX, (a cura di) Welfare for People. Secondo rapporto su Il welfare occupazionale e aziendale in Italia; ADAPT University Press, 2019 pp. 1- 410.
52 T TREU (a cura di) Il welfare aziendale: problemi, opportunità, strumenti in Welfare aziendale
2.0, Nuovo Welfare, vantaggi contributivi e fiscali, 0000, Xxxxxx, Ipsoa, pp. 1ss.
53 X. XXXXXXXX, Principi Costituzionali e regole del welfare contrattuale, in X. XXXX (a cura di) Welfare Aziendale 2.0., Nuovo Welfare, vantaggi contributivi e fiscali, Milano, Ipsoa, 2013, pp. 53 ss., qui p. 77.
aziendale”, ma descrive un elenco di misure il cui valore gode della totale o parziale ad esclusione dalla formazione del reddito da lavoro dipendente, oltre ad essere in genere deducibile dal reddito d’impresa. Ciò, dal lato dell’azienda, comporta la mancata maturazione di ogni istituto contrattuale (la piena deducibilità ai fini IRES dei costi sostenuti e la totale decontribuzione del valore dei beni e servizi corrisposti, così come delle somme riconosciute ai dipendenti. Il lavoratore gode invece della completa detassazione di questi stessi valori, oltre che dell’esenzione della contribuzione a suo carico54. Allo stato attuale, è possibile suddividere gli interventi di welfare aziendale definiti dal TUIR in diverse macro-aree: la previdenza complementare; la sanità integrativa; i servizi per l’infanzia e l’istruzione dei figli dei dipendenti; l’assistenza ai familiari anziani e non autosufficienti; forme di copertura assicurativa per il lavoratore; il rimborso su mutui e prestiti; i servizi di trasporto collettivo e gli abbonamenti al trasporto pubblico; l’ambito della cultura e del tempo libero; i cosiddetti fringe benefit. Rientrano sotto questa definizione i buoni spesa e i buoni carburante, i cesti natalizi, il telefono o l’auto aziendale.
Tra gli interventi più significativi da parte del Legislatore vi è stato il tentativo di rendere maggiormente attrattivo il welfare aziendale per le realtà imprenditoriali e le parti sociali, collegandolo esplicitamente alle dinamiche riguardanti la produttività aziendale e, in particolare, il perseguimento di obiettivi di incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione.
A tale scopo, attraverso la Legge di Stabilità del 2016 è stata introdotta una nuova regolazione fiscale e contributiva della quota variabile del salario. In altre parole, si è scelto di dare una regolazione particolarmente vantaggiosa qualora il premio sia erogato – in tutto o in parte – sotto forma di servizi di welfare. In conclusione, se il premio di risultato in denaro mantiene un’imposta sostitutiva del 10%, lo stesso premio – qualora convertito in servizi di welfare – gode delle agevolazioni fiscali già previste dall’art. 51 del TUIR non concorrendo alla formazione del reddito da lavoro dipendente.
4.2. Note metodologiche
Alla luce di quanto sin qui descritto, il cuore della nostra indagine sarà dedicato all’analisi delle forme di retribuzione variabile stabilite mediante contratti collettivi
54 X. XXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXX, Welfare Aziendale, contrattazione e premi di risultato, in X. XXXX, op cit.; X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Fare welfare in azienda, Guida pratica per imprese, consulenti, sindacalisti, operatori, ADAPT, University Press, Bergamo, 2019.
aziendali, con particolare riferimento al settore metalmeccanico55 e a quello chimico-farmaceutico56: sebbene non si ignori, infatti, che anche nell’ambito di tali settori esistano forme di retribuzione variabile individuali, è altrettanto vero che le stesse interessano un numero relativamente esiguo di lavoratori, specie quelli inquadrati in posizioni manageriali.
Questo studio nasce, difatti, dalla volontà di svolgere un’analisi della contrattazione aziendale volta a portare alla luce e a sistematizzare quell’imponente materiale contrattuale, ancora oggi largamente inesplorato, e poco approfondito dalla riflessione scientifica giuridica57. Come evidenziato da autorevole dottrina, fatte salve alcune rare eccezioni, nella maggior parte dei contributi dottrinali degli ultimi cinquant’anni “i riferimenti ai contratti collettivi sono, in effetti, sporadici e, comunque, condotti senza particolare attenzione alla verifica delle logiche interne di sistema. Così, per esempio, quando si parla di modello di contrattazione collettiva articolato o coordinato con riferimento a uno o più specifici contratti collettivi nazionali o a intese interconfederali senza tuttavia avere la cura di verificare i comportamenti e la ricchissima produzione contrattuale degli attori del livello decentrato. O anche quando, analizzando tematiche emergenti – welfare aziendale,
55Accordo BERGOMI; Accordo EUROPROFILI GROUP; Accordo BITRON; Accordo DENSO THERMAL SYSTEM; Accordo ALSTOM FERROVIARIA, Accordo DUCATI MOTOR HOLDING; Accordo PRESSO FUSIONI SEBINE; Accordo BOSCH, Accordo CARCANO;
Accordo CARMO; Accordo COMECA; Accordo FERALPI; Accordo RADAELLI TECNA; Accordo CORGHI; Accordo ELECTROLUX; Accordo IMA; Accordo SIEMENS; Accordo ALSTOM; Accordo LINO MANFROTTO, Accordo VITEC GROUP; Accordo XXXXXXX XXXXXX; Accordo TENARIS DALMINE; Accordo XXXX; Accordo TRAFILATI ACCIAIERIE.,
Accordo METALFER; Accordo PRODOTTI XXXXXXX; Accordo OFAR, Accordo XXX.XX; Accordo HITACHI RAIL; Accordo ACCIAIERIE BERTOLI SAFAU; Accordo SIAT; Accordo PIKDARE; Accordo FIAT CHRYSLER AUTOMOBILIES; Accordo LAMBORGHINI, Accordo XXXXXXX ELECTRIC ITALY; Accordo OERLIKON XXXXXXXX; Accordo SERSYS
AMBIENTE; Accordo NEXION; Accordo CAPGEMINI ITALIA, Accordo ANSALDO; Accordo RIELLO; Accordo TECHNIP ITALY; Accordo BRAWO; Accordo STMICROELECTRONICS;
Accordo CIFA; Accordo FERRIERA VALSABBIA; Accordo A&T EUROPE; Accordo FASTER; Accordo GOLDONI; Accordo LEITZ; Accordo ACCIAIERIE VENETE; Accordo BAI.
56 Accordo BIOLCHIM, Accordo LINDE, Accordo ONDULATI SANTERNO, Accordo ACRAF, Accordo BASF, Accordo HUNTSMAN, Accordo OLON; Accordo INEOS MANUFACTURING, Accordo LEVOSIL, Accordo PROCTER&GAMBLE, Accordo SASOL, Accordo ALLERGAN, Accordo TICINOPLAST, Accordo LIQUIGAS, Accordo FATER, Accordo FLAMMA, Accordo BAYER, Accordo ENDURA, Accordo JOHNSON&JOHNSON, Accordo MENARINI, Accordo ALFASIGMA Accordo MERKSERONO, Accordo AIRLIQUIDE, Accordo ZAMBON, Accordo ROCHE, Accordo LYONDELLBASELL, Accordo HUVEPHARMA, Accordo NOVARTIS,
Accordo YARA, Accordo L’OREAL, Accordo ABB, Accordo URSA ITALIA, Accordo GRUNENTHAL ITALIA; Accordo COLGATE PALMOLIVE, Accordo IVAS, Accordo XXXXXX
DIFESA; Accordo BRACCO; Accordo SARAS SARLUX, Accordo PORTOVESME; Accordo SIEMENS HEALTCARE; Accordo DIPHARMA, Accordo SIAD; Accordo BILLCARE RESEARCH; Accordo XXXXXXXX HOLDING; Accordo SBM LIFE SCIENCE; Accordo CSI;
Accordo DIPHARMA; Accordo ARTSANA; Accordo SOGIN; Accordo BGP PRODUCTS.
57 X. XXXXXXXXXX, Appunti per una ricerca sulla contrattazione collettiva in Italia: il contributo del giurista del lavoro, in DRI, n. 3, 2021, pp. 2 ss., qui p. 13.
lavoro agile, fondo nuove competenze – si elencano in ordine sparso e si comparano (pochi) accordi aziendali letti senza agganci ai rispettivi sistemi settoriali di contrattazione collettiva”58.
Al riguardo, dunque, si può ancora oggi convenire con quanto constatato già da Xxxx Xxxxxx in merito all’importanza dell’analisi del diritto vivente per leggere, anticipare e governare i profondi cambiamenti del sistema di relazioni industriali, nel quadro più ampio e complesso della incessante trasformazione del mercato del lavoro.
Da qui emerge la necessità di analizzare e rielaborare in modo sistematico il materiale contrattuale a propria disposizione, anziché focalizzarsi su una specifica intesa o, ancor peggio, su una determinata clausola contrattuale.
Questo “in funzione di una sistemazione coerente che si pone come chiave per leggere e interpretare i contratti” o, anche, “per delineare le linee di tendenza evolutiva, e per proporre nuove soluzioni e nuove strutture o sistemi di relazioni”59. In coerenza con tale presupposto, si è ritenuto di focalizzare l’analisi sui contratti collettivi aziendali che, sulla base delle ampie considerazioni che saranno svolte nei prossimi paragrafi, rappresentano il contenitore all’interno del quale può essere rintracciata la vera ratio del premio di produttività, da intendersi come principale strumento premiale di retribuzione variabile. Nell’ambito dei contratti collettivi aziendali, invero, tale meccanismo consente di rendere flessibile la struttura retributiva, dando luogo a una variazione del quantum percepito dal lavoratore, come corrispettivo per l’effettuazione della propria prestazione lavorativa, a parità di mansione e inquadramento contrattuale.
Sulla base di quanto analizzato nei capitoli intermedi, si cercherà, quindi, di approfondire le principali variabili che hanno caratterizzato nella prassi l’evoluzione del premio di risultato negli ultimi anni, descrivendo dettagliatamente gli obiettivi principali che tale istituto ha consentito di perseguire in termini giuridici e socio-economici, soffermandoci, tuttavia, anche sulle aree di miglioramento che ad oggi permangono in materia, nell’ottica dell’eventuale evoluzione de iure condendo dell’istituto.
L’insieme dei contratti analizzati comprende, in particolare, aziende operanti in Italia con un organico che varia dai cinquanta fino ad un numero superiore a mille lavoratori dipendenti. La fonte di riferimento utilizzata ai fini dell’analisi dei contratti aziendali è la banca dati ADAPT Fare Contrattazione60.
58 X. XXXXXXXXXX, Appunti per una ricerca sulla contrattazione collettiva in Italia: il contributo del giurista del lavoro, in DRI, n. 3, 2021 qui p. 17.
59G. GIUGNI, Il diritto sindacale e i suoi interlocutori, in RTDPC, 1970, pp. 369 ss., qui p. 195.
60 Fonte: ADAPT, banca dati sulla contrattazione collettiva aziendale, xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
Capitolo II Sezione i
ANALISI DEI CONTRATTI AZIENDALI NEL SETTORE METALMECCANICO
Sommario 1. Introduzione al settore – 1.2. Produttività – 1.3. Redditività – 1.4. Qualità –
1.5. Assenteismo – 1.6. Miglioramento della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro – 1.7. Risparmio energetico e sostenibilità ambientale –1.8. Professionalità e competenze digitali – 1.9. Welfare – 1.10. – Durata degli accordi collettivi e importo del premio di risultato – 1.11. – Campo di applicazione soggettivo del premio di risultato
1. Introduzione al settore
Nell’ambito del settore metalmeccanico, la forma di retribuzione variabile più frequentemente oggetto di contrattazione a livello aziendale è certamente il premio di risultato, in ossequio a quanto previsto dall’art. 12 del CCNL Industria Metalmeccanica e della installazione di impianti, ai sensi del quale è espressamente accordata alla contrattazione collettiva di secondo livello la facoltà di istituire un premio di risultato, il cui ammontare sia calcolato tenendo conto degli obiettivi conseguiti rispetto a parametri definiti di concerto tra la parte datoriale e i sindacati61.
61 CCNL Industria Metalmeccanica e della installazione di impianti Sez. Quarta – Titolo IV – Retribuzione ed altri istituti economici, Art. 12 – Premio di risultato: “[..] la contrattazione aziendale con contenuti economici è consentita per l’istituzione di un Premio annuale calcolato solo con riferimento ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività, di qualità, di redditività ed altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività aziendale nonché ai risultati legati all’andamento economico dell’impresa. Al fine di acquisire elementi di conoscenza comune per la definizione degli obiettivi della contrattazione aziendale, le parti [..] esamineranno preventivamente, in un apposito incontro in sede aziendale, le condizioni produttive ed occupazionali e le relative prospettive, tenendo conto dell'andamento della competitività e delle condizioni essenziali di redditività dell'azienda. Gli importi, i parametri ed i meccanismi utili alla determinazione quantitativa dell'erogazione connessa al Premio di risultato saranno definiti contrattualmente dalle parti in sede aziendale, in coerenza con gli elementi di conoscenza di cui al comma precedente, assumendo quali criteri di riferimento uno o più di uno tra quelli indicati al primo comma. Gli importi erogabili saranno calcolati con riferimento ai risultati conseguiti e comunicati alla Rappresentanza sindacale unitaria entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello cui si riferiscono i risultati; avranno diritto alla corresponsione del Premio i lavoratori in forza in tale data. Nella medesima occasione la Direzione aziendale fornirà alla Rappresentanza sindacale aziendale informazioni circa gli andamenti delle variabili assunte a riferimento per la determinazione del Premio. L’erogazione del Premio avrà le caratteristiche di non determinabilità a priori sarà totalmente variabile in funzione dei risultati conseguiti ed avverrà
Le linee guida allegate al suddetto CCNL individuano molteplici indicatori e parametri che possono essere assunti dalle parti sociali quali riferimenti per l’erogazione del premio di risultato, in funzione dei diversi obiettivi che si intendono raggiungere a livello aziendale.
Tra tali indicatori elencati nelle linee guida, nella prassi aziendale, tenuto conto dell’analisi svolta sull’insieme delle intese di secondo livello analizzata ai fini del presente studio, risultano particolarmente diffusi quelli relativi al miglioramento della performance aziendale: invero, i parametri utilizzati sono piuttosto equilibrati con una preponderanza degli indici di produttività rispetto a quelli di redditività. Sebbene il CCNL attribuisca centrale importanza agli indici che esprimono valori di produttività. redditività ed efficienza, nella prassi è abbastanza diffuso il ricorso a criteri diversi, che esprimono con maggiore aderenza gli obiettivi che l’azienda si prefigge di raggiungere: tra questi, per il momento a titolo puramente esemplificativo, si considerino la formazione, il risparmio energetico, la qualità, la sicurezza sul lavoro, ecc.
Le citate linee guida ribadiscono, inoltre, che il premio di risultato debba tener conto del contributo individualmente prestato da ciascun lavoratore al raggiungimento degli obiettivi prefissati, soprattutto in termini di presenza al lavoro. E in effetti, nei premi previsti dagli accordi di secondo livello presi ad esame, il legame con la presenza individuale del lavoratore è spesso utilizzato come elemento valutato al fine di misurare l’effettivo raggiungimento degli obiettivi concordati, sia come parametro collettivo, sia nella fase di ripartizione del premio individualmente percepito dal lavoratore.
Posto quanto sopra, l’importanza e la considerevole diffusione dell’istituto all’interno della contrattazione collettiva aziendale di questo settore rendono necessario un approfondimento dettagliato, che consenta allo studioso e all’interprete di avere una visione di insieme delle caratteristiche che connotano
secondo criteri e modalità aziendalmente definiti dalle parti. Il Premio come sopra definito sarà ad ogni effetto di competenza dell'anno di erogazione, in quanto il riferimento ai risultati conseguiti è assunto dalle parti quale parametro di definizione per individuarne l'ammontare. Dal 1° luglio 1994 non trova più applicazione la disciplina per l’istituzione del “premio di produzione” di cui all'art. 9 del Ccnl 14 dicembre 1990 e l’indennità sostitutiva di cui al punto 4 dell'articolo sopracitato, per le aziende dalla stessa interessate, resta definitivamente fissata negli importi in essere al 30 giugno 1994 ai fini della retribuzione dei lavoratori. I premi di produzione di cui al comma precedente, gli altri premi ed istituti retributivi di analoga natura eventualmente già presenti in azienda non saranno più oggetto di successiva contrattazione; in riferimento ai loro importi già concordati e consolidati alla data del 30 giugno 1994, le parti, all’atto dell'istituzione del Premio di risultato di cui al presente articolo, procederanno alla loro armonizzazione, fermo restando che da tale operazione non dovranno derivare né oneri per le aziende né perdite per i lavoratori”. X. XXXXXX, Il contratto nazionale dei metalmeccanici 2016: una prospettiva sulle relazioni industriali italiane, in DLRI, 2017, pp. 729 ss.; X. XXXXXXX, Il rinnov(amento) del contratto collettivo dei meccanici: c’è ancora un futuro per il contratto nazionale di categoria, in DLRI, n. 156 pp. 709 ss.; X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, X. ARMAROLI, Il patto della fabbrica: Note sul rinnovo dei metalmeccanici, in GLav, n. 49, 16 dicembre 2016.
l’istituto stesso, con un focus su quelli che possono essere considerati i principali elementi di questa forma di retribuzione variabile, anche in prospettiva di raccordare le risultanze dell’analisi empirica con i profili teorico-ricostruttivi e le domande di ricerca poste nel capitolo primo dell’elaborato. Dopo una ricostruzione dei tratti principali della disciplina applicabile in materia, pertanto, nei seguenti paragrafi si procederà appunto all’analisi dettagliata dei premi di risultato previsti dai contratti integrativi del summenzionato CCNL Metalmeccanico, prendendo in considerazione un insieme di cinquanta contratti62 sottoscritti da importanti aziende del settore, nel triennio 2017-2019.
La fonte di riferimento utilizzata ai fini dell’analisi dei contratti aziendali è la banca dati “Fare Contrattazione” di ADAPT63. L’analisi dei contratti è stata svolta in funzione di sintetizzare i dati e le informazioni disponibili in modo sistematico rispetto alle finalità della presente ricerca. A tale scopo, sono state costruite un’appendice sintetica e un prospetto riepilogativo (Allegati 1 e 2 alla presente ricerca), con l’intento di offrire una prima analisi descrittiva degli indicatori relativi al premio di risultato, utilizzati nei contratti aziendali che sono stati sottoscritti a livello di stabilimento, azienda o gruppo.
Al fine di consentire una preliminare visione d’insieme delle risultanze emerse dai contratti esaminati, non si può prescindere dall’evidenziare come la netta maggioranza dei contratti aziendali individuino due principali obiettivi per il conseguimento del premio di risultato: la produttività e la redditività, che risultano presenti nel 78% dei contratti aziendali analizzati.
In termini di numerosità, seguono i premi di risultato basati sulla qualità ed efficienza aziendale, da intendersi come efficienza del processo, qualità dell’output e risparmio dei costi. In particolare, l’indicatore della qualità è presente nel 76% nell’insieme di contratti analizzato.
62Accordo BITRON; Accordo DENSO THERMAL SYSTEM; Accordo EUROPROFILI GROUP;
Accordo PRESSO FUSIONI SEBINE; Accordo BOSCH; Accordo CARCANO; Accordo CARMO; Accordo CEPI; Accordo COMECA; Accordo FERALPI; Accordo RADAELI TECNA; Accordo CORGHI; Accordo ELECTROLUX; Accordo IMA; Accordo BERGOMI; Accordo HITACHI RAIL ITALY; Accordo OERLIKON XXXXXXXX; Accordo SIEMENS; Accordo LINO MANFROTTO, Accordo VITEC GROUP; Accordo XXX.XX; Accordo CIFA; Accordo SERSYS AMBIENTE; Accordo STMICROELECTRONICS; Accordo NEXION; Accordo BRAWO; Accordo CAPGEMINI ITALIA; Accordo DUCATI MOTOR HOLDING; Accordo ANSALDO
STS; Accordo FAITAL; Accordo RIELLO; Accordo TECHNIP ITALY; Accordo ALSTOM FERROVIARIA; Accordo FERRIERA VALSABBIA; Accordo A&T EUROPE; Accordo FASTER; Accordo GOLDONI; Accordo XXXXXXX XXXXXX; Accordo TENARIS DALMINE;
Accordo XXXX; Accordo TRAFILATI ACCIAIERIE; Accordo METALFER; Accordo PRODOTTI XXXXXXX; Accordo OFAR; Accordo ACCIAIERIE BERTOLI SAFAU; Accordo
SIAT; Accordo PIKDARE; Accordo FIAT CHRYSLER AUTOMOBILIES; Accordo LAMBORGHINI; Accordo XXXXXXX ELECTRIC ITALIA; Accordo FONDITAL; Accordo LEITZ; Accordo ACCIAIERIE VENETE; Accordo BAI; Accordo BERTOLONI E BOTTURI.
63 Fonte: ADAPT, banca dati sulla contrattazione collettiva aziendale, xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
Nei contratti esaminati emerge, infine, l’utilizzo di due ulteriori indicatori principali: quello della riduzione dell’assenteismo e quello della riduzione degli infortuni occorsi sui luoghi di lavoro, presenti rispettivamente nel 54% e nel 20% dei contratti esaminati.
Infine, è opportuno segnalare, anche nell’ottica degli spunti di riflessione che saranno svolti rispetto alle prospettive di sviluppo dell’istituto, nel contesto cangiante che caratterizza l’economia contemporanea, che solo il 6% degli accordi esaminati fa riferimento alla sostenibilità ambientale; altrettanto poco diffusi risultano gli accordi che vertono sul tema della professionalità dei lavoratori (6% dell’insieme dei contratti analizzato), mentre solo l’8% dei contratti fa riferimento all’accrescimento delle competenze digitali o all’innovazione. In sostanza, la leva principale sembra essere quella dei parametri improntati a redditività, produttività e presenza, mentre più limitati sono fattori quali la partecipazione dei lavoratori, l’efficienza e l’innovazione.
Occorre precisare, tuttavia, che lo spettro degli obiettivi connessi al conseguimento del premio di risultato è spesso molto più ampio e si articola su una più complessiva valutazione della prestazione, rispetto alla quale i singoli parametri (produttività, redditività, efficienza ecc.) rappresentano solo una delle componenti che debbono essere valutate nel loro insieme, al fine di conseguire il beneficio economico. Nell’esperienza contrattuale aziendale esaminata è frequente, difatti, che le parti sociali individuino contestualmente più parametri ai fini dell’erogazione del premio: in tali casi, è possibile che uno degli obiettivi individuati nel contratto collettivo aziendale costituisca la condizione necessaria e sufficiente per la maturazione del premio stesso ovvero, in alternativa, che a ciascun obiettivo venga attribuito un peso specifico, che concorre in termini percentuali alla maturazione del premio complessivo. Tale aspetto tecnico si evidenzia per la importanza che riveste in sede di valutazione della conformità del premio di risultato alla normativa sulla detassazione, di cui si tratterà nel terzo capitolo della ricerca.
1.2. Produttività
La produttività viene generalmente intesa come un indicatore in grado di misurare la capacità produttiva di un’azienda, che si ottiene dal rapporto tra determinati fattori (gli input) utilizzati nel processo produttivo, ed i risultati di tale processo, ossia il prodotto (l’output).
Per tale ragione l’indice di produttività viene generalmente considerato come il rapporto esistente tra la quantità di un prodotto derivante da un processo produttivo e la quantità di risorse impiegate, ovvero le ore lavorabili in un determinato arco temporale.
L’incremento di produttività viene generalmente collegato, negli accordi oggetto di analisi, ad indicatori tecnico-produttivi che misurano le variazioni di produttività in termini fisici (es. volumi produttivi, tempi di attraversamento) o più frequentemente qualitativi (es. efficienza del processo, qualità dell’output, risparmio dei costi).
È noto come tale tipologia di premio sia dotata di un notevole quid incentivante per il lavoratore, in quanto consente una corrispondenza diretta tra prestazione e compenso, misurando con oggettività il contributo del dipendente al miglioramento della performance aziendale.
Ad ogni modo, l’indicatore della produttività è complesso e può essere composto e scomposto in modi diversi, a seconda dei contesti aziendali cui si riferisce.
Tra gli indici di produttività utilizzati negli accordi esaminati del settore metalmeccanico rilevano principalmente: (i) il rapporto tra pezzi prodotti in totale e ore impiegate nel processo produttivo64, (ii) il prodotto finito versato in magazzino al netto degli scarti65; (iii) il costo standard della manodopera diretta e il costo realmente sostenuto in un arco temporale predefinito66 e/o il rapporto tra il tempo assegnato e il tempo consuntivo67; (iv) il rapporto tra il valore della produzione e il costo lavoro relativamente ad un periodo di tempo determinato68 (v) il rapporto percentuale tra l’output prodotto e le ore di presenza dei dipendenti69.
L’indicatore della produttività è generalmente collettivo. Tuttavia, in una delle intese analizzate risulta la previsione un incentivo relativo all’effettiva prestazione lavorativa del singolo lavoratore70.
1.3. Redditività
Ulteriore parametro spesso utilizzato nella determinazione del premio di risultato, presente nel 78% dell’insieme di contratti analizzato, è la redditività.
64 Si veda Accordo OFAR; Cfr. Accordo Prodotti XXXXXXX; Accordo CORGHI.
65 Si veda Accordo METALFER che, ad esempio, fissa un “obiettivo produttivo” prendendo in considerazione il prodotto finito in magazzino al netto degli scarti. All’aumentare delle tonnellate versate annualmente in magazzino aumenta l’ammontare del premio.
66 Cfr. Accordo XXXX; Accordo PIKDARE; Cfr. Accordo XXXXXXX XXXXXX: il parametro di valutazione dell’obiettivo di produttività è dato dal rapporto percentuale tra il valore aggiunto e le ore di presenza dei dipendenti.
67 Si veda Accordo TENARIS DALMINE.
68Cfr. Accordo BERGOMI; Accordo FERALPI.
69 Cfr. Accordo CORGHI; Accordo XXXX; Accordo XXXXXXX XXXXXX.
70 In particolare, l’accordo sottoscritto da FCA N.V. CNH Industrial N.V. e Ferrari N.V prevede il
c.d. “incentivo di produttività”. Il suddetto incentivo è atto a misurare il contributo individuale del lavoratore alla produttività, efficienza organizzativa e competitività dell’azienda in cui opera. La sua corresponsione contribuisce a incentivare il miglioramento dei risultati di efficienza delle unità produttive a livello annuale, connessi all’elemento retributivo per efficienza.
Con il termine redditività ci si riferisce alla capacità dell’azienda di creare reddito in un determinato periodo di tempo.
Nei sistemi basati su parametri di redditività, l’erogazione del premio è parametrata alla performance finanziaria dell’azienda, valutata mediante indici economici, riscontrabili nell’intero bilancio aziendale ovvero nel solo conto economico.
Gli indici economici o di redditività sono prevalentemente volti a valutare la remuneratività degli investimenti e la dinamicità dell’impresa sui mercati.
A tal fine, frequente è l’utilizzo dei cosiddetti indici di bilancio o meglio noti nella prassi internazionale come ratios.
Diversi sono gli aspetti che favoriscono il ricorso a questi indicatori nella misurazione degli incrementi di performance.
In primo luogo, sono dati ufficiali del bilancio di esercizio per tutti quei soggetti giuridici obbligati alla sua redazione.
Come è noto gli obblighi di redazione del bilancio nascono dalle esigenze di trasparenza e talvolta di pubblicità sulla condizione economica, patrimoniale e finanziaria di un’azienda, per cui gli indici che ne derivano hanno quella caratteristica di oggettività richiesta anche dalla contrattazione collettiva.
L’analisi di bilancio tramite la costruzione e l’interpretazione degli indicatori ha raggiunto nel corso degli anni una solidità tale da renderla una pratica molto diffusa per usi interni all’azienda, per valutarne l’andamento, ma anche per uso esterno, proprio perché derivanti da dati di bilancio che vengono composti secondo i principi generali di chiarezza, veridicità e correttezza, che uniti ai principi di redazione ne aumentano la valenza oggettiva dei contenuti. A seconda delle esigenze di analisi di bilancio, si possono individuare e comporre diversi indicatori per trasformare i dati di bilancio in informazioni che esprimono una valutazione sull’andamento economico e sulla situazione patrimoniale e finanziaria dell’azienda stessa.
Diverse intese tra quelle esaminate, ai fini del calcolo della redditività, prendono a riferimento innanzitutto il valore della produzione dell’impresa, ossia il fatturato prodotto71.
Ulteriore indice utilizzato per valutare gli andamenti di un’azienda e presente in quattro delle intese analizzate, è il margine operativo lordo (“MOL”)72, ovvero la sottrazione al valore aggiunto dei costi del personale.
71 Si veda Accordo BOSCH in cui l’indice di redditività aziendale, tiene conto del rapporto tra “OVC”, inteso come il risultato economico della gestione d’impresa, e il fatturato (ricavo delle vendite); Si veda, inoltre, l’Accordo ALSTOM dove, invece, per aumento di redditività si intende l’incremento del “margine industriale” (pari al fatturato complessivo meno tutti i costi diretti) e dei ricavi, ovvero il corrispettivo della vendita di beni e servizi sia Intercompany che verso terzi in Italia e all’estero. Cfr. anche Accordo CORGHI; Accordo CIFA; Accordo IMA; Accordo A&T EUROPE; Accordo FASTER.
72 Cfr. Accordo PRESSO FUSIONI SEBINE; Accordo CARCANO; Accordo STMELECTRONICS; Accordo LINO MANFROTTO, VITEC GROUP; Accordo A&T EUROPE.
Il MOL viene spesso confuso con l’acronimo anglosassone EBITDA (“Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization”), ossia l’utile prima degli interessi, delle tasse e degli ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali e materiali, sebbene i due margini esprimano grandezze diverse: la differenza tra il MOL e l’EBITDA è rappresentata dagli accantonamenti che nell’EBITDA vengono dedotti e quindi considerati nel calcolo, mentre nel MOL vengono trattati al pari degli ammortamenti e dunque non considerati..
L’EBITDA, è l’indice più utilizzato all’interno dell’insieme di contratti esaminato, presente in dieci intese73.
Tra gli ulteriori indici utilizzati ai fini del calcolo della redditività è necessario, inoltre, menzionare anche il “ROS” (“Return on Sales”) ed il “RAI” (“Risultato ante imposte”), anche se presenti in misura inferiore nell’insieme di accordi analizzato.
Il ROS esprime la percentuale di guadagno lordo in termini di risultato operativo su cento di vendite nette. Tale indice aumenta con l’aumentare dei ricavi e con il diminuire dei costi74. Il RAI invece, utilizzato in quattro intese75, è il risultato operativo ottenuto dall’azienda, al netto di proventi e oneri straordinari e delle imposte sul reddito, indicato nel conto economico del bilancio civilistico consolidato dell’azienda76.
Infine, cinque77 intese dell’insieme analizzato, misurano la redditività tramite gli indici di EBIT78 (“Earnings Before Interest and Taxes”, e cioè l’utile prima degli interessi passivi, delle imposte, delle svalutazioni e degli ammortamenti)79. In altre
73 Cfr. Accordo CARCANO; Accordo SERSYS AMBIENTE; Accordo OERLIKON; Accordo NEXION; Accordo TECHNIP; Accordo GOLDONI; Accordo SIAT; Accordo IMA; Accordo XXXXXXX; Accordo BAI; Accordo PIKDARE.
74 Si veda Accordo LAMBORGHINI.
75 Cfr. Accordo SIEMENS; Accordo HITACHI RAIL; Accordo TENARIS DALMINE; Accordo TRAFILATI ACCIAIERIE.
76 In tal senso, l’intesa TENARIS DALMINE prevede uno specifico premio di redditività aziendale calcolato in base al RAI, ovvero sul risultato operativo ottenuto dall’azienda, al netto di proventi e oneri straordinari e delle imposte sul reddito, indicato nel conto economico del bilancio civilistico consolidato dell’azienda. Tale sistema prevede che il premio aumenti progressivamente all’aumentare del valore del RAI. L’Accordo SIEMENS prevede un premio di redditività aziendale che matura in relazione alla variazione percentuale del risultato operativo, identificato con apposita voce nel bilancio aziendale. Anche in TRAFILATI ACCIAIERIE il valore globale del premio di risultato è costituito da un importo variabile derivante dal raggiungimento di obiettivi collegati al RAI, che viene espresso in percentuale ed identificato con il risultato lordo di esercizio desunto dal bilancio approvato dall’assemblea dei soci.
77 Tale indicatore è presente nelle intese delle seguenti aziende: DUCATI MOTOR HOLDING; DANA; PRODOTTI XXXXXXX; RIELLO; XXXXXXX ELECTRIC; ANSALDO STS; CSI.
78 Accordo DUCATI MOTOR HOLDING; RIELLO.
79In OERLIKON XXXXXXXX, ad esempio, è previsto l’aumento del premio di risultato in proporzione all’incremento del tasso dell’EBITDA. Nell’accordo si individuano diverse fasce percentuali del valore dell’EBITDA, a ciascuna delle quali corrisponde un certo ammontare del
parole, per EBIT si intende il reddito operativo aziendale ovvero il risultato che l’azienda è in grado di generare prima della remunerazione di capitale.
1.4. Qualità
Seppur attraverso declinazioni differenti, trentotto dei contratti collettivi aziendali analizzati attribuiscono significativa importanza all’indicatore della qualità della produzione80, sia in termini assoluti, sia in termini di rapporto con altri parametri, consentendo in questo modo una valutazione dinamica della performance dei lavoratori coinvolti nel processo produttivo.
In generale, la definizione di parametri qualitativi è basata su meccanismi complessi, che tengono conto dell’efficienza e dell’efficacia del processo di produzione di un bene, rispetto agli investimenti posti in essere dall’azienda al fine garantire determinati standard richiesti dal mercato di riferimento.
Sulla base dei parametri utilizzati al fine di valutare il suddetto indicatore, è possibile distinguere tra “qualità interna” e “qualità esterna”.
La prima è commisurata al processo produttivo e si riferisce generalmente alla riduzione degli scarti e al raggiungimento del minor numero di non conformità del prodotto81; la seconda, invece, fa riferimento al livello di soddisfacimento del cliente (c.d. “customer satisfaction”) ovvero alla percezione che il cliente ha del prodotto82.
In questa direzione, diverse intese considerano quale miglioramento dell’efficienza e della qualità aziendale non solo la diminuzione dei reclami da parte dei clienti direttamente imputabili all’operato dei dipendenti83, ma anche la riduzione degli errori sfuggiti ai preposti ai controlli, i ritardi nella consegna del prodotto84 ovvero
premio di risultato. L’EBITDA accertato viene poi ricondotto ad una delle predette fasce, determinando così il premio di risultato concretamente erogabile. Cfr. anche Accordo PIKDARE; Accordo ACCIAIERIE BERTOLI SAFAU; Accordo SIAT; Accordo CARCANO.
80 Cfr. Accordo BITRON; Accordo EUROPROFILI GROUP; Accordo BOSCH; Accordo COMECA; Accordo FERALPI; Accordo ELECTROLUX; Accordo RADAELI TECNA; Accordo SIEMENS
81 Si veda Accordo BITRON: tale indicatore è costituito dalla percentuale del valore dello scarto, in rapporto al fatturato registrato nell’anno precedente.
82 Si veda Accordo XXXX: tale indicatore fa riferimento alla customer satisfaction, ovvero alla percezione che il cliente ha è dato dal rapporto di componenti prodotti e quelli scartati dai clienti finali. Misura l’incidenza del numero di assali reclamati come difettosi dai clienti finali al loro arrivo rispetto al totale di assali forniti ai clienti.
83 Accordo COMECA; Accordo EUROPROFILI GROUP.
84 Cfr. Accordo SERSYS e Accordo COMECA: al fine di valutare il grado di soddisfazione del cliente frequente è il riferimento allo scostamento percentuale del tempo di consegna dei prodotti effettivo rispetto al tempo limite definito dal contratto.
il rapporto tra la somma in percentuale dei costi di rilavorazione dei resi (o della quantità di scarti e non conformità del prodotto) e il fatturato85.
L’indicatore di qualità, talvolta si propone di ridurre l’incidenza dei c.d. “costi di garanzia” sostenuti dall’azienda in relazione agli interventi effettuati sui veicoli prodotti rispetto al fatturato aziendale. In particolare, alcune intese considerano ai fini del calcolo del suddetto indicatore il costo sostenuto dalla società per interventi in garanzia sulle macchine o accessori prodotti, ovvero il numero di prodotti privi di difetti in un determinato periodo86.
Infine, in molte aziende la definizione degli obiettivi e la conseguente individuazione degli indicatori è essenziale per misurare le performance inerenti la direzione strategica perseguita. Partendo da tale assunto, alcuni contratti ricollegano il parametro della qualità all’effettivo mantenimento degli standard di certificazione di qualità, sicurezza e ambiente87.
1.5. Assenteismo
Come accennato in precedenza, la contrattazione collettiva aziendale non prevede sempre indicatori direttamente identificabili in obiettivi di produttività, ma spesso individua parametri indirettamente collegati alla stessa, tra cui il tasso di assenteismo, il tasso di infortuni occorsi sul luogo di lavoro, nonché indicatori legati alla qualità del lavoro e della produzione88.
In particolare, centrale rilevanza va attribuita in quest’ambito al parametro dell’assenteismo, che compare nei contratti talvolta come indicatore a sé stante ai fini della determinazione del premio di risultato89, altre volte in veste di indice
85 Cfr. Accordo BITRON; Accordo XXX.XX; Accordo XXXXXXX XXXXXX; Accordo METALFER; Accordo OFAR; Accordo PIKDARE; Accordo ACCIAIERIE VENETE.
86 Cfr. Accordo CORGHI: le parti considerano, ai fini del calcolo dell’indicatore della qualità, l’indice risultante dal rapporto tra assistenza effettuate in garanzie su macchine in garanzia nell’anno mobile.
Vedi anche Accordo SIAT: tale parametro è calcolato come percentuale del costo sostenuto per gli interventi in garanzia sul fatturato totale. Nell’accordo DUCATI Motor Holding, quali indicatori di qualità si intendono sia il numero di garanzie per mille moto durante il primo anno di vita del motociclo effettuate dai “dealer” sulle moto prodotte nell’anno precedente rispetto all’anno di riferimento, sia il numero di moto prive di difetti derivanti dalle attività di assemblaggio veicolo. Cfr. Accordo BAI.
87 In MANFROTTO, VITEC GROUP, tale indicatore è composto da due parametri: uno rappresentato dal miglioramento della qualità in termini percentuali, l’altro rappresentativo del mantenimento degli standard certificati di qualità, sicurezza e ambiente.
88Cfr. Accordo HITACHI RAIL ITALY SYSTEM; Accordo BITRON; Accordo BERGOMI; Accordo SIAT; Accordo TECHNIP ITALY; Accordo FRA. BO; Accordo CIFA; Accordo BRAWO; Accordo TENARIS DALMINE; Accordo SIAT; Accordo PIKDARE; Accordo FCA.
89Accordo TECHNIP ITALY.
correttivo del premio complessivo, ai fini della determinazione del premio individuale90.
Nel primo caso, l’assenteismo viene per lo più calcolato sulla base delle ore lavorabili, deducendo a queste le giornate di assenza del dipendente91.
Nei casi in cui l’indicatore del tasso di assenteismo compare, invece, quale correttore del premio individuale spettante, il suddetto parametro può essere variamente qualificato a seconda della sua strutturazione, distinguendo tra: (i) premio presenza (ii) penalità per assenza (iii) correttivo proporzionale, in funzione della presenza/assenza92.
In buona sostanza, nelle ultime due ipotesi, il valore del premio di risultato collettivo, ottenuto in applicazione di altri parametri, è individualmente rideterminato in base all’incidenza degli eventi di assenza del singolo lavoratore in un determinato arco temporale: il premio viene erogato per intero soltanto qualora il lavoratore nel periodo oggetto dell’accordo in esame non abbia effettuato alcuna assenza.
Quale correttivo al suddetto principio generale, è opportuno precisare che, ai fini del calcolo del livello di assenteismo, le intese esaminate non considerano equivalenti le diverse causali di assenza.
In particolare, ai fini del computo dell’assenteismo, la tipologia di assenza a cui la maggior parte degli accordi fanno riferimento principalmente ai giorni di malattia “non grave” del singolo lavoratore nell’arco dell’anno di riferimento93 ovvero in relazione alle ore lavorabili94.
Le parti datoriali e sindacali, infatti, individuano sempre gli eventi da considerarsi assenteismo ed escludono, invece, talune tipologie di assenza dal calcolo dell’ammontare del premio. Nell’ottica di un generale bilanciamento di valori e nel rispetto dei diritti del lavoratore, ai fini del calcolo del tasso di assenteismo, la generalità degli accordi non considera: (i) i ricoveri ospedalieri, (ii) le ferie ed i permessi annui retribuiti, (iii) le giornate di infortunio sul lavoro, (iv) i permessi
90 Accordo BITRON.
91 Si veda il verbale di accordo SIAT in cui l’assenteismo viene calcolato sulla base delle ore lavorabili dedotte, ferie, PAR, maternità, permessi sindacali, permessi legge 104, malattie oncologiche, malattie con prognosi superiore a 20 giorni (unico certificato) ed infortuni (ad eccezione degli infortuni in itinere o infortuni con accettata colpa o negligenza del dipendente).
92 In XXX.XX, il 50% dell’importo spettante subisce successivamente l’effetto di un correttore legato alla assiduità al lavoro del singolo dipendente.
93 Le intese BITRON e HITACHI considerano i giorni di malattia (“non grave”) effettuati dal singolo lavoratore nell’arco dell’anno di riferimento. Anche l’accordo BERTOLI SAFAU prende in considerazione l’evento malattia, non superiore a tre giorni, quale criterio di rideterminazione della quota individuale del premio spettante al singolo lavoratore. Cfr. accordo XXXX XXXXXXXXX VITEC GROUP che considera il rapporto tra le giornate di malattia e le ore lavorabili dei diretti e indiretti di produzione.
94L’accordo EUROPROFILI GROUP prevede che il 90% della quota spettante a ciascun lavoratore viene riproporzionata in base alla percentuale di assenze, calcolata tramite le giornate di assenza sulle ore lavorabili.
spettanti ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, (v) i permessi sindacali, (vi) i permessi spettanti ai sensi della legge 8 marzo 2000, n. 53 e (vii) le assenze legate a necessità di cura connesse a patologie di carattere oncologico e terapia salvavita, debitamente certificate95.
Anche se meno di frequente, la riduzione del tasso di assenteismo viene perseguita dalle aziende tramite il riconoscimento di una somma individuale a favore del singolo lavoratore, che va ad aggiungersi a quanto percepito a titolo di premio collettivo, generalmente denominata “premio presenza” o “premio di assiduità”96: si tratta, in sostanza, di un’erogazione differenziata su base individuale rispetto al tasso di presenza del singolo dipendente.
Il suddetto meccanismo, infine, deve essere distinto da quelle fattispecie in cui, invece, l’assenteismo è utilizzato quale criterio di accesso al premio di risultato collettivo: in tali casi, l’erogazione totale del premio avviene solo a condizione che il dipendente non superi un determinato numero di giorni di assenza97.
1.6. Miglioramento della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Un certo numero di accordi aziendali attribuisce al premio di risultato la funzione di contenere il numero degli infortuni98 e di garantire il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale99, nonché – più in generale – di incentivare il rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza e delle procedure aziendali a cui i lavoratori dipendenti devono attenersi durante lo svolgimento dell’attività lavorativa.
95 Accordo HITACHI RAIL; Accordo BITRON; Accordo BERGOMI; Accordo ST. POWDER COATINGS.
96 L’accordo TENARIS DALMINE conferma la previsione del premio di “assiduità”, originariamente istituito già con l’intesa del 1998. Nell’accordo PIKDARE, invece, sebbene si faccia riferimento all’assiduità della prestazione lavorativa, il parametro individuale non ha una sua precisa valorizzazione economica, bensì grazie ad una presenza costante sul luogo di lavoro i dipendenti hanno diritto ad una percentuale (pari al 10%) maggiore del premio calcolato secondo i restanti parametri.
97 In BERGOMI, ad esempio, il premio viene erogato a condizione che i dipendenti non superino un determinato numero di giorni di assenza. In particolare, il premio viene erogato per intero qualora il lavoratore nel periodo oggetto dell’accordo in esame non abbia effettuato alcuna assenza.
98 Accordo COMECA; Accordo FERALPI; Accordo BERGOMI; Accordo LINO MANFROTTO VITEC GROUP; Accordo SERSYS AMBIENTE; Accordo FASTER; Accordo TENARIS DALMINE; Accordo ALSTOM; Accordo ACCIAIERIE BERTOLI SAFAU; Accordo FERRIERA VALSABBIA; Accordo XXXXXXX ELECTRIC.
99In XXXX tra gli obiettivi da raggiungere ai fini della corresponsione del premio di risultato è richiesta ai dipendenti l’autoanalisi dei dispositivi di protezione individuale e della postazione di lavoro.
Nello specifico, diverse aziende hanno introdotto azioni volte alla riduzione degli infortuni, soprattutto attraverso la sensibilizzazione e la partecipazione dei lavoratori, con la previsione di interventi di prevenzione contro i rischi di infortunio e attività formative per rappresentanti dei lavoratori e responsabili aziendali per la sicurezza100.
Dall’insieme dei contratti esaminati sono emersi scenari differenti. In alcuni casi figurano indicatori complessi, che tengono conto del numero di incidenti avvenuti in un determinato periodo temporale, considerando, ad esempio, la durata e la gravità degli incidenti ovvero le ore perse a causa dell’infortunio. In tale contesto, tra gli indicatori finalizzati alla corresponsione del premio di risultato, alcuni accordi aziendali fanno riferimento all’indice di frequenza degli infortuni (“IF”). Altri accordi, invece, considerano il rapporto tra il suddetto indice e l’indice di gravità (“IG”) degli infortuni.
Altre intese prevedono più semplicemente un meccanismo di erogazione del premio tale per cui ad un numero molto basso di giornate perse per infortuni, corrisponderà un maggiore ammontare del premio di risultato101.
L’indicatore relativo alla sicurezza può comparire come parametro individuale o collettivo.
Nel primo caso, si riferisce all’indice di infortuni nell’arco temporale di un anno e al rispetto delle normative di sicurezza sul lavoro da parte del singolo dipendente. Viene considerato collettivo, invece, in funzione della riduzione dell’indice di gravità annuo degli infortuni occorsi all’interno di un’unità produttiva102.
Infine, una sola intesa103 prevede un “premio prevenzione” per la sicurezza (“PPS”), collegato a ben sei indicatori: (i) ordine e pulizia; (ii) segnalazioni di anomalie e incidenti; (iii) ispezioni dei capiturno e dei tecnici; (iv) lavori aperti e scaduti; (v) analisi dei rischi; (vi) formazione per la sicurezza104.
100 Si veda l’Accordo FERRIERA VALSABBIA: il parametro di miglioramento della sicurezza è correlato all'acquisizione effettiva da parte dei lavoratori delle nozioni impartite dalla Società in materia di Sicurezza ed Igiene sul lavoro, che verrà valutata con apposito test a risposta multipla. Cfr. Accordo XXXXXXX ELECTRIC: una quota compresa tra il 10% e il 20% del valore nominale del premio sarà valutata in funzione del grado di raggiungimento degli obiettivi di sicurezza.
101Si veda l’Accordo BERGOMI.
102 Si veda l’Accordo COMECA; Cfr. Accordo FERALPI in cui la “Componente Sicurezza” è costituita da una parte collettiva collegata ad indice infortunistico di stabilimento ed una parte individuale, collegata al rispetto delle normative di sicurezza sul lavoro da parte del singolo.
103 Si veda Accordo TENARIS DALMINE.
104 Si veda Accordo TENARIS DALMINE, in cui il sistema prevede che per ciascun parametro venga attribuito un punto (o nessuno), a seconda che la valutazione espressa sullo stesso comporti un esito positivo o negativo. I singoli esiti (negativi o positivi) ottenuti devono poi essere moltiplicati per un valore standard, fissato dall’accordo, che varia per ciascun indicatore. I sei risultati vanno infine sommati ottenendo così quello che viene definito “indice PPS” (il cui valore massimo teoricamente raggiungibile è 100). Affinché il premio vengacorrisposto, l’indice PPS deve avere un valore pari almeno a 70. Il premio viene erogato in cifra fissa, il cui ammontare varia a seconda che il lavoratore beneficiario sia un operatore o un CT/Tecnico.
L’obiettivo ultimo del suddetto premio è quello di misurare la qualità della gestione della prevenzione in ciascuna fabbrica o servizio operativo.
1.7. Risparmio energetico e sostenibilità ambientale
Come accennato in precedenza, nei contratti aziendali la misurazione dei risultati di performance si arricchisce di anno in anno di nuovi indicatori: non solo, quindi, i “tradizionali” produttività, redditività e qualità, bensì, anche sicurezza, come spiegato al paragrafo che precede, e sostenibilità ambientale.
La questione ambientale ha assunto un rilievo importante nel sistema italiano di relazioni industriali, in termini strettamente regolativi, per il tramite della contrattazione di ambito interconfederale, settoriale, territoriale e aziendale.
Nei settori dove il rischio ambientale è maggiore, si riscontrano accordi integrativi riguardanti corsi di formazione sul tema ambientale; gruppi di miglioramento continuo volti alla riduzione degli sprechi; piani di mobilità sostenibile e premi di risultato collegati ad obiettivi di risparmio ed efficienza energetica105.
Nel settore metalmeccanico, le intese che prevedono premi di risultato collegati ad obiettivi di risparmio ed efficienza energetica sono ancora un numero piuttosto esiguo, probabilmente a causa di una scarsa consapevolezza del ruolo strategico delle (buone) relazioni industriali nella crescita sostenibile delle imprese.
Ricollegando il premio di risultato alla sostenibilità ambientale, le aziende intendono promuovere una corretta gestione di rifiuti, acque inquinate e sostanze chimiche, al fine di avere un sistema più rispettoso dell’ambiente e più efficiente verso l’impiego e lo smaltimento di tali prodotti106.
In tal senso, gli indicatori più utilizzato ai fini dell’erogazione del premio di risultato risultano quelli afferenti al corretto smaltimento rifiuti ovvero allo svolgimento di una corretta raccolta differenziata107.
Una sola intesa prevede, infine, un interessante premio prevenzione ambientale (“PPA”). In particolare, al fine di valorizzare e promuovere il miglioramento ambientale nelle aree operative dell’azienda per una corretta gestione delle risorse che siano rifiuti, acqua o sostanze chimiche, le parti hanno previsto che l’erogazione
105 ADAPT, La contrattazione collettiva in Italia (2016), IV Rapporto ADAPT, 2017 ADAPT University Press.
106 Si veda l’Accordo TENARIS DALMINE, in cui il Premio Prevenzione Ambientale è strutturato sulla base di tre indicatori: (i) rapporti sulle origini delle anomalie, (ii) ispezione e (iii) formazione per l’ambiente.
107 Si cita a mero titolo esemplificativo l’accordo TECHNIP, in cui, ai fini della detassazione della quota del premio di risultato, il tasso di raccolta differenziata corretta deve essere superiore al 70% rispetto al totale, sulla base dei report periodici emessi dal Dipartimento HSE e, quindi, superiore rispetto alla media calcolata nel triennio precedente.
del premio venga parametrata a due indicatori: segnalazioni tempestive di anomalie osservate nel quotidiano ed ispezioni e formazione per l’ambiente108.
1.8. Professionalità e competenze digitali
Particolarmente significativi, soprattutto in termini di prospettive future dell’istituto, risultano alcuni contratti aziendali che tra i parametri per la determinazione del premio di risultato prendono in considerazione la professionalità e l’accrescimento delle competenze digitali del lavoratore.
In particolare, due degli accordi109 tra quelli analizzati, utilizzano la professionalità acquisita quale parametro per determinare una parte della somma del premio di risultato spettante ad ogni singolo lavoratore.
Oltre alla professionalità acquisita, viene presa in considerazione anche la professionalità richiesta.
In particolare, un accordo tra quelli esaminati prevede due tipologie di premi, quello sulla “professionalità espressa” e quello sulla “professionalità richiesta”.
Il primo premio viene calcolato sulla base di valori tabellari lordi mensili, che variano a seconda della fascia a cui appartiene il singolo dipendente.
Per ciascuna fascia di appartenenza, l’ammontare mensile del premio viene poi diversificata a seconda del grado di professionalità espresso dal lavoratore che potrà essere “minimo”, “medio inferiore”, “medio”, “medio superiore” o “massimo”.
Il grado di “professionalità espressa” di ciascun lavoratore viene individuato alla luce del punteggio ottenuto a seguito della compilazione di un’apposita scheda di valutazione, caratterizzata da diverse voci relative, ad esempio, alle capacità relazionali e alle conoscenze tecniche, ovvero ai risultati ottenuti.
Anche il premio “professionalità richiesta” viene calcolato mensilmente, senza però prevedere diversi gradi di professionalità, bensì la sola una suddivisione in fasce di lavoratori.
Nel corso degli ultimi anni, anche sulla scorta degli obiettivi programmatici tracciati dalla contrattazione collettiva a partire dal 2017, ha assunto sempre maggiore rilevanza il tema della professionalità legata alla digitalizzazione.
Il Contratto Collettivo Nazionale del settore metalmeccanico, siglato nel 2016, infatti, ha aperto la strada a percorsi partecipativi, tesi a creare, attraverso la leva della formazione e dell’organizzazione del lavoro, le condizioni di contesto e le
108 Accordo TENARIS DALMINE.
109 Accordo BRAWO e Accordo PRESSO FUSIONI SEBINE.
competenze abilitanti per la diffusione di modelli di produzione tecnologicamente avanzati110.
Da segnalare, in questa prospettiva, la diffusione di intese che prevedono la costituzione di una commissione paritetica111 a cui è affidato il compito di valutare la professionalità di ogni singolo dipendente, nonché la previsione in una delle intese analizzate112 di un apposito “premio di crescita delle competenze digitali”, che matura in relazione alla crescita delle conoscenze diffuse tra tutti i dipendenti.
1.9. Welfare
Nell’ottica di rafforzare il potere d’acquisto dei lavoratori e aumentare la produttività e la competitività delle aziende, sono sempre di più i datori di lavoro che condividono l’opportunità di sviluppare, in conformità con le normative vigenti, soluzioni che consentano al lavoratore di fruire dei trattamenti fiscali e contributivi più vantaggiosi, attraverso la c.d. “welfarizzazione” del premio di risultato.
In tal senso, nel corso del triennio esaminato, risultano in aumento gli accordi che prevedono la possibilità da parte del lavoratore di convertire, totalmente o parzialmente, la quota spettante del premio di risultato in beni e servizi welfare113, fruibili da parte del lavoratore stesso tramite una piattaforma informatica in uso in azienda114.
Come noto, sulla base delle disposizioni di legge e del CCNL, il premio di risultato potrebbe essere convertito in una pluralità di prestazioni di welfare. Si tratta generalmente di erogazioni di beni, prestazioni opere e servizi, quali, ad esempio, contributi versati a fondi di previdenza complementare, servizi di utilità sociale
110 La contrattazione collettiva in Italia IV RAPPORTO ADAPT 2017, ADAPT University PRESS, op. cit.
111 Accordo PRESSO FUSIONI SEBINE.
112 Accordo SIEMENS.
113Accordo BOSCH, Accordo IMA, Accordo CARCANO, Accordo FERALPI, Accordo RADAELI TECNA, Accordo CEPI, Accordo PRESSO FUSIONI SEBINE, Accordo CARMO, Accordo CEPI, Accordo CORGHI, Accordo EUROPROFILI GROUP, Accordo COMECA, Accordo ALSTOM FERROVIARIA, Accordo OERLIKON XXXXXXXX, Accordo SIEMENS, Accordo STMICROELECTRONICS, Accordo DUCATI MOTOR HOLDING, Accordo ANSALDO STS,
Accordo TECNHIP ITALY, Accordo HITACHI RAIL ITALY, Accordo FERRIERA VALSABBIA, Accordo BRAWO, Accordo FASTER, Accordo GOLDONI, Accordo RIELLO, Accordo FAITAL, Accordo NEXION, Accordo ACCIAIERIE BERTOLI SAFAU, Accordo LAMBORGHINI, Accordo FIAT CHRYSLER AUTOMOBILE, Accordo XXXXXXX ELECTRIC ITALIA, Accordo PRODOTTI XXXXXXX, Accordo BAI, Accordo ACCIAIERIE VENETE.
114 Cfr. l’accordo PRODOTTI XXXXXXX in cui le parti concordano che per l’utilizzo degli strumenti welfare sarà svolta opportuna formazione.
erogati dal datore di lavoro, somme e servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare a favore dei medesimi familiari, ecc.115.
Tuttavia, nella prassi, a fronte di una effettiva diffusione dell’utilizzo della conversione del premio di risultato in prestazioni di welfare, non corrisponde, nell’ambito dell’insieme dei contratti esaminati, un effettivo ampliamento della gamma di prestazioni ad essa ascrivibili, confermandosi piuttosto una preferenza delle parti contrattuali verso misure di tipo tradizionale: conciliazione - vita lavoro, buoni pasto, assistenza sanitaria e previdenza complementare si confermano gli istituti con la maggior frequenza contrattuale116.
In generale, è opportuno sottolineare che la totalità delle intese analizzate qualifica la conversione del premio in prestazione di welfare come una mera facoltà del lavoratore, il quale può convertire la totalità del premio spettante, ovvero solo una predeterminata percentuale117. In quest’ultimo caso, la quota residua di premio non convertita è corrisposta in forma monetaria, applicando gli specifici oneri fiscali e contributivi previsti dalla legge.
1.10. Durata degli accordi collettivi e importo del premio di risultato
La durata degli accordi è rimessa alla contrattazione collettiva di secondo livello e può essere indifferentemente annuale, infrannuale o ultrannuale, dal momento che ciò che rileva, ai fini della tassazione agevolata, è che il risultato conseguito dall’azienda nel periodo definito sia misurabile e risulti migliore rispetto all’anno antecedente l’inizio del periodo considerato118.
Gli importi del premio di risultato, invece, variano e si differenziano in relazione alle realtà aziendali e agli obiettivi assegnati. Alcuni accordi specificano sin da subito l’importo erogabile119, altri invece prevedono solo le percentuali di
000 X. XXXXXXX, Xxxxxxx aziendale e provider prima e dopo le Leggi di stabilità, in X. XXXXX,
X. XXXXXXX, (a cura di), Terzo rapporto sul secondo welfare in Italia 2017, Centro di ricerca e documentazione Xxxxx Xxxxxxx, pp. 91-118.
116 Welfare for people. Primo rapporto sul welfare occupazionale e aziendale in Italia, ADAPT University Press, 2018.
117 L’accordo XXXX XXXXXXXXX XXXXXXXXXX prevede che, in caso di conversione del totale del premio in prestazioni di welfare, il valore dei beni e servizi sarà pari al 30% del premio convertito. In caso di conversione dei due terzi del premio, il valore del pacchetto di beni e servizi welfare messi a disposizione sarà pari al 15% del valore del premio convertito.
118 Agenzia delle Entrate, Circolare n. 5/E del 2018.
119 Si citano, a mero titolo esemplificativo, i contratti aziendali di OERLIKON XXXXXXXX; METALFER; BERGOMI; DENSO THERMAL SYSTEM; EUROPROFILI GROUP; BITRON; IMA; OFAR; ACCIAIERIE BERTOLI SAFAU; SIAT; LAMBORGHINI.
variabilità dei livelli retributivi in caso di raggiungimento totale, parziale o assente degli obiettivi definiti120.
Relativamente, invece, alle modalità di determinazione dell’importo del premio di risultato, è possibile osservare una molteplicità di variabili. Una prima, fondamentale, distinzione va fatta con riferimento alla determinatezza o indeterminatezza del valore massimo del premio erogabile.
Nell’insieme esaminato è possibile, infatti, osservare sia accordi che definiscono un valore massimo del premio, sia accordi in cui il valore massimo del premio erogabile non è determinato ex ante ed è pienamente riproporzionato in base alle performance aziendali.
Alcuni accordi prevedono, inoltre, dei valori come criterio di accesso, non raggiunti i quali è precluso il diritto di erogazione del premio.
L’importo massimo della parte variabile di retribuzione, nel insieme di contratti esaminato varia da 1.200 € a 2.728 €121.
1.11. Campo di applicazione soggettivo del premio di risultato
L’ambito di applicazione del premio di risultato può riguardare gruppi di lavoratori riuniti secondo specifici parametri (come per esempio linee, reparti, stabilimenti, settori produttivi o altro), ovvero singoli dipendenti ed essere, dunque, basati su indicatori che vanno a valutare la performance individuale del dipendente.
Il premio di risultato spetta generalmente a tutti gli impiegati e operai in forza. Per i dipendenti che sono in forza alla data di liquidazione del premio il cui servizio nel periodo di maturazione sia stata inferiore all’anno, la misura del premio stesso sarà riproporzionata in base alla durata dell’attività lavorativa effettivamente prestata alle dipendenze dell’azienda.
Generalmente il sistema premiante previsto dalla contrattazione collettiva copre l’intera forza lavoro. Tuttavia, in alcuni contratti collettivi è specificato il campo di applicazione del premio di risultato, con specifico riferimento alle tipologie ricomprese o escluse dal sistema di retribuzione incentivante. Tra le tipologie di lavoratori non ricomprese compaiono più spesso i rapporti a termine, i lavoratori in somministrazione e gli apprendisti.
Per quanto riguarda i lavoratori con contratti part-time, l’erogazione del premio normalmente è riproporzionata rispetto all’orario di lavoro.
120 Si vedano Accordo DUCATI MOTOR HOLDING; Accordo SIEMENS; Accordo XXXX; Accordo ALSTOM; Accordo BOSCH; Accordo MANFROTTO VITEC GROUP; Accordo PIKDARE GROUP; Accordo CEPI; Accordo FIAT CHRYSLER AUTOMOTIVE; Accordo BRAWO.
121 Cfr. Accordo BERGOMI; Accordo LAMBORGHINI; Accordo HITACHI RAIL.
Alcune intese prevedono, inoltre, che l’importo del premio di risultato relativo a ciascun lavoratore venga calcolato in maniera differente rispetto al livello di inquadramento (quadri, impiegati, operai)122.
Ciò è possibile, in quanto, come è stato approfondito dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n.5/E del 29 marzo 2018, il diritto di fruire dei benefici fiscali non è precluso quando, ad esempio, il contratto collettivo stabilisca un sistema di corresponsione del premio graduato in base ad alcuni fattori quali la retribuzione annua lorda del dipendente o la sua appartenenza ad un dato settore, o ancora, il tasso di assenza.
Infine, sono ricorrenti le pattuizioni in forza delle quali le parti si danno espressamente atto che le erogazioni economiche del premio sono state quantificate forfettariamente negli importi variabili, comprendendovi i riflessi su tutti gli istituti, diretti e indiretti di alcun genere, ivi compreso l’incidenza sul TFR, ai sensi dell’art. 2120123.
122 Accordo HITACHI RAIL, Accordo TENARIS DALMINE.
123 Accordo OERLIKON XXXXXXXX.
Capitolo II Sezione II
ANALISI DEI CONTRATTI AZIENDALI NEL SETTORE CHIMICO
Sommario 1.12 Introduzione al settore –1.13. Produttività – 1.14. Redditività – 1.15. Qualità – 1.16. Assenteismo – 1.17. Miglioramento della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro – 1.18. Risparmio energetico e sostenibilità ambientale – 1.19. Ipotesi di coesistenza di più indicatori – 1.20. –Sistema di verifica e monitoraggio dei risultati –
1.21. – Campo di applicazione soggettivo del premio di risultato – 1.22. Durata degli accordi collettivi e importo del premio di partecipazione – 1.23. Campo di applicazione soggettivo del premio di partecipazione
1.12. Introduzione al settore
Al fine di meglio comprendere la disciplina della retribuzione incentivante e per fornire maggiore ampiezza e grado di approfondimento alla trattazione, si è ritenuto opportuno proseguire con l’analisi dell’istituto del “premio di partecipazione”, prendendo in considerazione un insieme di cinquanta124 contratti collettivi di secondo livello, sottoscritti da importanti aziende nel settore Chimico- Farmaceutico, nel triennio 2017- 2019.
In particolare, il Premio di partecipazione, coerentemente con quanto previsto nell’art. 48 del CCNL Chimico-Farmaceutico, è collegato al raggiungimento di
124 Accordo ACRAF; Accordo BGP PRODUCTS; Accordo BIOLCHIM; Accordo LINDE; Accordo ONDULATI SANTERNO; Accordo BASF; Accordo HUNTSMAN; Accordo INEOS MANUFACTURING; Accordo PROCTER&GAMBLE; Accordo SASOL; Accordo ALLERGAN;
Accordo TICINOPLAST; Accordo LIQUIGAS; Accordo FATER; Accordo FLAMMA; Accordo BAYER; Accordo ENDURA; Accordo JOHNSON&JOHNSON; Accordo MENARINI; Accordo ALFASIGMA; Accordo MERKSERONO; Accordo AIRLIQUIDE; Accordo ZAMBON; Accordo ROCHE; Accordo LYONDELLBASELL; Accordo HUVEPHARMA; Accordo NOVARTIS;
Accordo YARA; Accordo L’OREAL; Accordo ABB; Accordo URSA ITALIA; Accordo GRUNENTHAL ITALIA. Accordo COLGATE PALMOLIVE; Accordo IVAS; Accordo XXXXXX
DIFESA; Accordo BRACCO; Accordo SARAS SARLUX; Accordo PORTOVESME; Accordo SOGIN; Accordo BGP PRODUCTS; Accordo LEVOSIL; Accordo OLON; Accordo SIEMENS HEALTCARE; Accordo LIQUIGAS; Accordo FATER; Accordo FLAMMA; Accordo BAYER; Accordo ENDURA; Accordo IVAS; Accordo SMB LIFE SCIENCE; Accordo ABB; Accordo DIPHARMA; Accordo XXXXXXXX HOLDING; Accordo SIAT; Accordo ALFASIGMA; Accordo ARTSANA; Accordo GRUNENTHAL ITALIA.
obiettivi aziendali misurabili, relativi all’andamento economico, alla qualità ed alla produttività. Tale istituto, pertanto, è per sua natura unico, interamente variabile e non determinabile a priori, ma solo dopo la consuntivazione dei risultati e la verifica del raggiungimento degli obiettivi aziendali predeterminati.
Al riguardo è doveroso chiarire preliminarmente che, sebbene il CCNL Chimico- Farmaceutico utilizzi una terminologia diversa, l’istituto del “premio di partecipazione” non si differenzia dal “premio di risultato” vigente nel settore metalmeccanico, ampiamente analizzato nella sezione che precede: invero, trattasi anche in questo caso di un’erogazione premiale monetaria di ammontare variabile, corrisposta al raggiungimento di determinati obiettivi aziendali, che trae la propria ragion d’essere dal coinvolgimento attivo dei lavoratori nelle dinamiche economiche e produttive dell’azienda. L’importanza che le parti sociali del settore riconoscono all’adozione di un metodo partecipativo nella contrattazione economica di secondo livello emerge anche dalla denominazione stessa del premio, che viene appunto definito “di partecipazione” già nel CCNL.
Nel fornire le linee guida applicabili in materia, lo stesso CCNL ribadisce che il premio di partecipazione è uno strumento aziendale e le soluzioni concrete devono essere realizzate a livello di singole realtà, adattando le norme e le indicazioni generali alle condizioni e alle caratteristiche che connotano ciascun caso specifico. Questa esigenza va tenuta ben presente in un settore merceologico come quello chimico, caratterizzato da profonde differenze tra le aziende in termini di (i) struttura, (ii) attività svolta, (iii) settore di appartenenza, (iv) consumatori finali e
(v) condizioni di lavoro, che incidono profondamente sul peso del costo del lavoro, sulle scelte strategiche e sui comportamenti del management e non possono, pertanto, non influenzare i negoziati sul premio di partecipazione.
L’erogazione del premio di partecipazione, secondo le linee guida individuate dalle parti sociali a livello nazionale, deve essere collegata al raggiungimento di obiettivi concordati di miglioramento della produttività nella singola realtà operativa, tramite lo sviluppo di metodi partecipativi, nonché attraverso un continuo confronto tra datore di lavoro e rappresentanze sindacali, teso a definire obiettivi e programmi cui collegare il premio.
Per la definizione di tale premio, l’art. 19 del CCNL assume a riferimento l’obiettivo del miglioramento della produttività e della competitività delle imprese, quale condizione essenziale perché le stesse possano concorrere a realizzare condizioni di sviluppo economico e sociale.
Nella prassi, effettivamente, stando alle risultanze dell’analisi svolta (su cui si ritornerà diffusamente di seguito), la maggioranza dei contratti aziendali del settore Chimico Farmaceutico facenti parte dell’insieme esaminato ai fini della presente ricerca individua in effetti parametri improntati a redditività, produttività e presenza
effettiva dei lavoratori in azienda ai fini dell’erogazione del premio di partecipazione.
In particolare, la produttività e la redditività risultano presenti con una percentuale superiore al 70% degli accordi esaminati.
In termini di numerosità, seguono i contratti che prevedono la riduzione dell’assenteismo, che rappresentano il 48% dell’insieme analizzato.
Il parametro della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è presente, invece, nel 40% dei contratti esaminati. Solo il 16% degli accordi fa riferimento, infine, alla sostenibilità ambientale; altrettanto poco diffusi risultano gli accordi che vertono sul tema dell’accrescimento delle competenze digitali o all’innovazione (solo il 2% dell’insieme ad esame). Coerentemente con gli indirizzi strategici del CCNL, il 42% degli accordi dell’insieme analizzato, prevede la possibilità di convertire una quota del premio in beni e servizi di welfare. Analogamente a quanto fatto con riguardo al premio di risultato nel settore metalmeccanico, nei paragrafi che seguono si cercherà di identificare e descrivere i caratteri principali del premio di partecipazione, mentre l’approfondimento circa le analogie e le differenze tra i due istituti sarà oggetto di trattazione nel prossimo capitolo.
1.13. Produttività
L’indicatore della produttività, da intendersi – come accennato – come il frutto dell’ottimale combinazione di più fattori, è presente nella maggioranza degli accordi esaminati del settore chimico-farmaceutico.
Come accennato in precedenza, le modalità concrete con cui opera il suddetto indicatore variano sensibilmente a seconda dei contesti aziendali cui si riferisce, differenziandosi soprattutto in base alle dimensioni dell’azienda erogante. Questo perché la produzione è fortemente differenziata e la sola dimensione quantitativa risulta di per sé poco significativa in ottica di miglioramento delle prestazioni.
Numerose intese tra quelle analizzate definiscono, di volta in volta, degli obiettivi di produttività che saranno discussi e definiti in coerenza con i target aziendali e i KPI relativi alle attività delle singole funzioni125.
Tra queste, alcune rimandano la definizione dell’indice di produttività a livello di sito produttivo, ovvero di società del gruppo o di ciascuna divisione, funzione e reparto126, di modo da tener conto delle esigenze locali127. Questo perché la
125 Cfr. Accordo LINDE; Accordo OLON; Accordo ZAMBON; Accordo BRACCO.
126 Si veda Accordo ONDULATI SANTERNO che considera il rapporto tra la quantità netta prodotta ed il totale delle ore lavorate. Cfr. Accordo BAYER; Accordo LINDE; Accordo OLON. 127 Accordo MENARINI.
produzione è fortemente differenziata e la sola dimensione quantitativa risulta di per sé poco significativa in ottica di miglioramento delle prestazioni.
L’output prodotto è spesso preso in considerazione in termini di valore in misura lorda o netta (c.d. “valore aggiunto”) oppure in termini di quantità e volumi prodotti128; l’input, invece, è considerato come numero di addetti o numero totale di ore lavorate.
Più nello specifico, ai fini della misurazione dell’indice di produttività, nel settore chimico-farmaceutico viene principalmente considerato: (i) il rapporto tra la quantità netta prodotta ed il totale delle ore impiegate nel processo produttivo129;
(ii) la quantità di prodotto finito al netto degli scarti130; (iii) il rapporto tra il tempo assegnato e il tempo necessario per la produzione di un determinato prodotto131. In particolare, la maggior parte delle intese considera quantifica l’indice di produttività come rapporto tra fatturato aziendale e numero addetti132.
Numerose altre intese, invece, individuano la produttività come il rapporto tra la quantità netta prodotta ed il totale ore di lavorazione di un determinato prodotto133 ovvero le ore di presenza dei dipendenti134. Infine, solo un accordo, considera il tasso migliore di produzione realizzato in un determinato arco temporale (i.e. sette giorni)135.
Come accennato in precedenza, le modalità concrete con cui opera il suddetto indicatore variano sensibilmente a seconda dei contesti aziendali cui si riferiscono, differenziandosi soprattutto in base alle dimensioni dell’azienda erogante.
La maggior parte delle intese, esprime la produttività quale rapporto tra la quantità di prodotto ed il numero dei dipendenti136 o le ore lavorate137.
In una delle intese, invece, il parametro è riferito ai chilogrammi di prodotto complessivamente realizzato, analizzato e reso disponibile per la vendita nel corso dell'anno moltiplicato per il suo valore al costo standard (cd. “COGS”), riferito all’anno precedente per i prodotti consolidati e lo stesso anno per eventuali nuovi prodotti138.
128 Accordo LIQUIGAS.
129 Accordo HUNSTMAN; Accordo INEOS.
130 Accordo TICINOPLAST.
131 Accordo BIOLCHIM.
132 Si veda Accordo LINDE; Accordo PROCTER GAMBLE; Accordo JOHNSON & XXXXXXX MEDICAL.
133 Accordo XXXXXX.
134 Accordo HUNSTMAN; Accordo ONDULATI SANTERNO.
135 Accordo INEOS.
136 Si veda Accordo ACRAF che prende in considerazione la produzione pro capite: ovvero considera il rapporto tra la quantità di prodotti e la media annua dipendenti dello stabilimento.
137 Si veda Accordo HUNTSMAN: tale parametro esprime il valore della produzione netta come “output” annuale dell’impianto.
138 Accordo FLAMMA.
Accanto al suddetto indicatore, tra gli indici di produttività utilizzati negli accordi rilevano, inoltre: (i) il prodotto finito versato in magazzino al netto degli scarti, (ii) il costo standard della manodopera diretta e il costo realmente sostenuto in un arco temporale predefinito e/o il rapporto tra il tempo assegnato e il tempo consuntivato139.
1.14. Redditività
Ulteriore parametro utilizzato di frequente dai contratti esaminati nella determinazione del premio di partecipazione è la redditività140, che come noto misura l’andamento economico-finanziario della società.
Nei sistemi basati su parametri di redditività, analogamente a quanto detto per il settore metalmeccanico, l’erogazione del premio è parametrata alla performance economico-finanziaria dell’azienda, valutata mediante indici economici aziendali, riscontrabili nel bilancio di esercizio ovvero nel solo conto economico.
La redditività è l’indicatore che meglio evidenzia lo stato di salute in quanto un soddisfacente livello della stessa consente di remunerare vari fattori della produzione creando inoltre i presupposti dei vari investimenti necessari per la crescita e gli sviluppi futuri.
Tale indicatore è presente nel 76% dell’insieme degli accordi analizzati.
Tra gli indici più ricorrenti, si elencano, a mero titolo esemplificativo: (i) il MOL (margine operativo lordo), (ii) l’EBITDA (“Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization”) (iv) il fatturato aziendale (v) il ROA (“return on assets”)141, il cui risultato viene annualmente comunicato e pubblicato per la remunerazione dei piani di incentivazione variabili.
139 Accordo BIOLCHIM; Accordo LINDE; Accordo ONDULATI SANTERNO; Accordo OLON.
140 Accordo SIEMENS; Accordo INEOS; Accordo BASF; Accordo LINDE; Accordo AIRLIQUIDE; Accordo ZAMBON; Accordo LYONDELL; Accordo YARA; Accordo BRACCO; Accordo LYONDELL BASEL; Accordo BRACCO; Accordo LINDE; Accordo CSI; Accordo PROCTER GAMBLE; Accordo LEVOSIL; Accordo SIEMENS HEALT CARE; Accordo PROCTER GAMBLE; Accordo TICINOPLAST; Accordo BGP PRODUCT; Accordo SOGIN; Accordo LIQUIGAS; Accordo FLAMMA; Accordo ENDURA Accordo BAYER; Accordo XXXXXXX & XXXXXXX MEDICAL; Accordo URSA ITALIA; Accordo HUVEPHARMA; Accordo GRUNENTHAL ITALIA; Accordo COLGATE PALMOLIVE; Accordo IVAS; Accordo XXXXXX DIFESA.
141 Si veda Accordo BASF: il suddetto parametro viene definito e misurato mediante il ROA del gruppo BASF a livello mondiale, il cui risultato viene annualmente comunicato e pubblicato dal Gruppo per la remunerazione dei piani di incentivazione variabili. In presenza di fattori rilevanti che vanno ad incidere sul business, l’Azienda si riserva di: (i) modificare il target ROA, quando questo non rappresenti più un riferimento appropriato a livello globale;(ii) sospendere e/o cancellare il pagamento del premio, in presenza di rilevanti difficoltà economiche; (iii) di sospendere e/o cancellare il premio deve essere oggetto di un accordo tra Azienda e RSU.
È opportuno sottolineare, che sebbene l’ insieme di contratti aziendali analizzato risulti molto variegato, tra gli indici appena citati, l’EBIDTA è certamente quello maggiormente utilizzato nella determinazione della redditività aziendale, seppure con diverse modalità142.
Meritano, in ogni caso, una specifica menzione alcuni criteri complessi di determinazione della redditività, rinvenibili soprattutto nei contratti sottoscritti dalle realtà aziendali di maggiori dimensioni, operanti all’interno di gruppi internazionali.
In alcuni casi, le intese considerano la redditività globale e quindi di tutte le società del gruppo, misurandola tramite il c.d. “Operating Profit OP” (Margine Operativo Lordo), definito per l’anno di competenza143.
Più spesso, nelle intese viene individuato quale indice di redditività il rapporto ottenuto tra margine operativo lordo (costituito dalla differenza tra i ricavi e costi sostenuti dall’impresa nello svolgimento delle attività ordinarie) e il fatturato aggregato (cioè la somma dei fatturati delle società appartenenti al gruppo ed operanti in Italia o all’estero)144.
Infine, le parti, in alcune intese, fissano gli obiettivi del premio di partecipazione stabilendo, innanzitutto, che il 25% del premio totale sia legato al raggiungimento del risultato economico, definito come “Net Income”145.
1.15. Qualità
In un settore tecnologicamente avanzato e fortemente competitivo come quello chimico, la “qualità” e la ricerca dell’eccellenza nei processi produttivi assumono un significato particolarmente rilevante.
Ciò trova ovviamente riscontro anche dal punto di vista della contrattazione collettiva e, in particolare, per quanto qui di interesse, nella determinazione degli indici di erogazione del premio di partecipazione: gran parte delle intese incluse nell’insieme analizzato attribuisce significativa importanza all’indicatore della qualità, attraverso parametri diversi, quali (i) la riduzione di resi non conformi o
142 Accordo INEOS; Accordo OLON; Accordo ENDURA; Accordo URSA; Accordo LYONDELLBASEL.
143 Si veda Accordo LINDE.
144 L’Accordo XXXXXXX & XXXXXXX prende in considerazione il fatturato aziendale annuo complessivo al netto di quello realizzato con vendite a consociate estere e al netto dell’effetto dell’aumento prezzi. Cfr. Accordo MENARINI; Accordo OLON.
145 Si veda Accordo YARA.
scarti di lavorazione146, (ii) il numero reclami da parte dei clienti e (iii) il mantenimento degli standard di certificazione147.
Il suddetto indicatore è presente nel 30% dell’insieme di contratti considerato. Diversi contratti collettivi esaminati, in funzione dell’obiettivo primario di ottimizzare i processi e, di conseguenza, la qualità del prodotto, prevedono un sistema di calcolo del premio tale da far acquisire ai dipendenti maggiore sensibilità sulla qualità produttiva. Il sistema di calcolo che risulta utilizzato più di frequente è il rapporto tra la quantità di resi non conformi e la quantità netta prodotta148.
In particolare, al fine di valutare la qualità del prodotto, la variabile presa in considerazione è quella della percentuale di produzione non vendibile a prezzo pieno e che non trova collocazione alcuna nell’applicazione di valore o tecniche a cui il prodotto è normalmente destinato149.
Gli accordi tengono conto, inoltre, della soddisfazione del cliente tramite il numero dei reclami, ovvero delle contestazioni ricevute dalla clientela trasmessa dagli agenti o dai clienti stessi ed inerenti le diverse problematiche collegate alle forniture.
Spesso le intese prevedono quale parametro il costo che deriva dalla mancata qualità, considerando il rapporto tra il valore delle distruzioni e rilavorazioni dei prodotti finiti ed il fatturato150.
Talvolta, infine, compare il rapporto tra il valore degli scarti e i reclami dei clienti ed il fatturato netto151 ovvero le quantità prodotte152.
1.16. Assenteismo
146 Cfr. Accordo BIOLCHIM; Accordo BITRON.
147Cfr. Accordo ALFASIGMA, Accordo MARKSERONO, Accordo HUVEPHARMA, Accordo URSA ITALIA; Accordo ONDULATI SANTERNO, Accordo INEOS MANUFACTURING,
Accordo IVAS.
148 Cfr. Accordo ONDULATI SANTERNO, Accordo INEOS.
149 Si veda Accordo BIOLCHIM: viene calcolato il rapporto percentuale tra il n. di non conformità riconducibili ad errori formulativi ed il n. totale degli Ordini di Produzione realizzati. Viene poi calcolato lo scostamento percentuale tra il risultato dell'anno in corso con quello ottenuto l’anno precedente. Qualora il valore dell’anno in corso fosse superiore a quello dell'anno precedente, il risultato sarà negativo.
150 Accordo ACRAF.
151 Accordo TICINOPLAST.
152 Si veda Accordo SIAT: la qualità “first pass yield” è un indicatore che viene calcolato dividendo il numero di unità conformi per il numero totale di unità prodotte. La qualità “customer complaint cost” indica il costo sostenuto dalla società per interventi in garanzia sulle macchine o accessori prodotti. Tale parametro è calcolato come percentuale del costo sostenuto per gli interventi in garanzia sul fatturato totale.
Nella quasi totalità degli accordi aziendali analizzati153 le Parti riconoscono un collegamento tra l’effettiva presenza in azienda del lavoratore e il contributo personale al raggiungimento degli obiettivi di produttività, con l’intento di valorizzare la diminuzione del fenomeno dell’assenteismo.
L’esame dei contratti aziendali ha consentito di evidenziare che il parametro dell’assenteismo compare più di frequente quale elemento correttivo154 della somma spettante al singolo lavoratore, piuttosto che come indicatore diretto alla determinazione del premio di partecipazione complessivo155.
In altre parole, il suddetto indice, tranne nei casi in cui riveste il ruolo di “premio presenza”, agisce quale correttivo in funzione della presenze/assenza del lavoratore, diminuendo o aumentando il quantum del premio spettante allo stesso156.
A tale scopo, alcune intese prevedono che il premio venga riproporzionato in base alle giornate di assenza del lavoratore, sebbene tale funzione venga declinata in maniera differente.
In particolare, alcuni tra gli accordi in questione prevedono, infatti, che l’importo del premio possa crescere o decrescere in base alla frequenza dei periodi di malattia e della durata della stessa.
In tal senso, alcune intese prevedono che il premio venga corrisposto al singolo dipendente per mezzo di due specifici parametri di assenteismo: (i) eventi di assenteismo (ii) tempo di assenteismo. I risultati del parametro determinano le percentuali di erogazione di una quota rilevante dello stesso (fino al 50% del totale erogabile)157.
Altre intese, invece, relativamente alle assenze a qualunque titolo fino a cinquanta ore nell’anno, prevedono che il premio sarà erogato al 100%, mentre per assenze superiori alle centodieci ore, l’importo del premio si ridurrà al 20%. Per assenze tra le cinquantuno e le centodieci ore, l’importo massimo è erogato in proporzione al numero effettivo di assenze158.
Infine, solo in un accordo – che si ritiene opportuno segnalare per la sua specificità
- è previsto nei casi in cui il tasso di assenza del singolo lavoratore sia più alto di quello dell’unità organizzativa in cui presta la sua attività, l’importo del premio sarà
153 Accordo BIOLCHIM; Accordo LINDE; Accordo HUNSTMAN; Accordo ONDULATI SANTERNO; Accordo BASF; Accordo PROCTER GAMBLE; Accordo TICINOPLAST; Accordo LEVOSIL; Accordo FLAMMA; Accordo BAYER; Accordo ENDURA; Accordo XXXXXXX & XXXXXXX MEDICAL; Accordo MERCK SERONO; Accordo HUVEPHARMA, Accordo URSA ITALIA; Accordo COLGATE PALMOLIVE; Accordo SARAS SARLUX; Accordo BILLCARE RESEARCH; Accordo DIPHARMA; Accordo MENARINI; Accordo L'OREAL; Accordo PORTOVESME; Accordo ARTSANA.
154 Accordo BRACCO; Accordo COLGATE PALMOLIVE; Accordo MENARINI.
155 Accordo BIOLCHIM; Accordo LINDE; Accordo ONDULATI SANTERNO BASF; Accordo TICINOPLAST.
156 Cfr. Accordo BAYER.
157 Si veda Accordo FLAMMA.
158 Si veda Accordo XXXXXX.
ridotto di un importo proporzionale alla differenza tra il tasso di assenza individuale e quello dell’unità organizzativa159.
Preme sottolineare, infine, che, anche in questo settore, nell’ottica di un generale bilanciamento di valori e di diritti del lavoratore, ai fini del calcolo del tasso di assenteismo, la generalità degli accordi160non considera: (i) i ricoveri ospedalieri,
(ii) le ferie ed i permessi annui retribuiti, (iii) le giornate di infortunio sul lavoro,
(iv) i permessi spettanti ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, (v) i permessi sindacali, (vi) i permessi spettanti ai sensi della legge 8 marzo 2000, n. 53. Alcune intese escludono dal computo della percentuale di assenteismo anche le assenze legate a necessità di cura connesse a patologie di carattere oncologico e terapia salvavita, debitamente certificate161.
Una sola intesa esclude, inoltre, ai fini del computo dell’assenteismo le assenze intervenute a causa dello svolgimento di attività di volontariato presso Protezione Civile o la Croce Rossa Italiana162.
Non mancano, tuttavia, le eccezioni a suddetti criteri generalmente utilizzati: ad esempio, talvolta, il premio non è corrisposto per i periodi di assenza complessiva nell’anno per aspettativa non retribuita, astensione facoltativa, malattie lunghe superiori ad otto mesi di assenza continuativi, i congedi (superiori ai centottanta giorni), gli eventuali distacchi presso consociate esteree, nonché infortuni uguali o superiori a quindici giorni con o senza ricovero163.
Alcune intese riconoscono primaria importanza all’assiduità individuale sul posto di lavoro, valutata come uno dei fattori principali per il conseguimento del risultato economico dell’azienda. A tale scopo, l’importo del premio viene riproporzionato per ogni lavoratore, tenendo in considerazione dell’effettiva presenza a lavoro, quale parametro utile all’aumento o meno dell’importo del premio maturato da ogni singolo lavoratore.
Un’intesa prevede, infine, che al lavoratore venga riconosciuto il diritto alla corresponsione di un importo pari al 30% della retribuzione relativa alle sole prime centoventi ore di effettiva presenza prestate oltre il limite globale annuo convenzionalmente stabilito in 2.024 ore164.
159 Si veda Accordo BAYER.
160 Si veda Accordo LINDE, in cui non concorrono al conteggio dei giorni di assenza i giorni per ferie, festività coincidenti con le giornate lavorative, riposi aggiuntivi e per la riduzione dell’orario annuo, per fruizione dei permessi accantonati nel conto ore, per assemblee retribuite, per i permessi sindacali retribuiti, per le donazioni di sangue nei limiti previsti dalla legge, per donazione di midollo osseo nei limiti previsti dal CCNL, per i permessi giornalieri per allattamento, per il congedo obbligatorio di maternità e per i giorni di malattia per convalescenza post-ricovero (come attestato dal certificato di dimissione). Cfr. Accordo ONDULATI SANTERNO; Accordo BIOLCHIM.
161 Si veda Accordo LINDE; Accordo BAYER.
162 Si veda Accordo BRACCO.
163 Accordo COLGATE PALMOLIVE; Accordo LINDE; Accordo MENARINI; Accordo BASF. 164 Si veda Accordo BIOLCHIM, in cui ai fini di tale computo devono essere considerate le ore non prestate per ferie, per festività coincidenti con le giornate lavorative, per i riposi aggiuntivi, per la
1.17. Miglioramento della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Nell’ultimo triennio, la materia della salute e sicurezza sul lavoro ha conquistato crescenti spazi nell’ambito della contrattazione aziendale nel settore chimico- farmaceutico in relazione alla retribuzione variabile.
Nell’insieme di contratti analizzato, il suddetto indice appare sia come autonomo indicatore sia come correttivo all’interno di un parametro più ampio.
Come accennato in precedenza, un sempre più vasto numero di accordi aziendali attribuisce al premio di partecipazione la funzione di contenere il numero degli infortuni e di garantire il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, nonché – più in generale – di incentivare il rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza, nonché le procedure aziendali a cui i lavoratori dipendenti devono attenersi durante lo svolgimento dell’attività lavorativa165.
Tra gli indicatori finalizzati alla corresponsione del premio di risultato il più utilizzato risulta senz’altro il rapporto tra l’indice di Frequenza di infortuni (“IF”) e l’indice di gravità (“IG”) degli stessi166.
Insieme al più classico riferimento relativo al rapporto tra i giorni lavorati e il numero di infortuni, centrale appare il ruolo della formazione e della partecipazione attiva dei dipendenti rispetto ai temi della salute e della sicurezza sul luogo di xxxxxx000.
fruizione dei permessi accantonati nel conto ore che si riferiscano a prestazioni che nell’anno di effettuazione non hanno inciso sulla determinazione del premio, in quanto eccedenti rispetto al limite di 120 ore, per assemblee retribuite, per permessi sindacali retribuiti, per donazioni sangue nei limiti previsti dalla legge, per donazioni di midollo osseo nei limiti previsti dal CCNL (art. 27 lettera c), nonché per i permessi giornalieri per allattamento concessi alle lavoratrici e ai lavoratori.
165 Accordo BIOLCHIM; Accordo INEOS; Accordo LIQUIGAS; Accordo FATER; Accordo ENDURA; Accordo XXXX XXXXXX; Accordo LYONDELLBASEL; Accordo INEOS MANUFACTURING; Accordo LINDE; Accordo HUTSMAN; Accordo LIQUIGAS; Accordo FLAMMA; Accordo URSA ITALIA; Accordo XXXXXX DIFESA.
166 Si veda Accordo BIOLCHIM, in cui vengono calcolati l’indice di Frequenza degli infortuni (n. infortuni/1.000.000 di ore lavorate) ed il relativo Indice di Gravità (gg. di assenza/1.000 ore lavorate). Viene poi calcolato il prodotto dei due indici e calcolato lo scostamento percentuale tra il risultato dell’anno in corso con quello ottenuto l’anno precedente. Qualora il valore dell’anno in corso fosse superiore a quello dell’anno precedente, il risultato sarà negativo ma sarà sempre e comunque soggetto a valutazione con le RSU. Cfr. Accordo ROCHE.
167Si veda Accordo LINDE: l’indice utilizzato è il “TRCR” (“Total Recordable Cases Rate”) che misura il rapporto tra gli infortuni complessivi (sia per i dipendenti che per gli appaltatori) e il numero di ore lavorate, così come definito dai parametri di Gruppo. L’accordo prevede inoltre la Formazione di tutto il personale in materia di sicurezza sul lavoro, misurata sia attraverso la partecipazione che l’apprendimento alle sessioni formative nominate “Dialoghi di Sicurezza”.
In HUTSMAN, tra gli indicatori che concorrono al premio di partecipazione, degno di nota è l’“E.H.S.”, che esprime la partecipazione dei lavoratori agli aspetti di sicurezza, salute ed ambiente ed è calcolato come media tra il numero di infortuni e il dato relativo agli incidenti ambientali.
L’indicatore relativo alla sicurezza viene spesso misurato anche attraverso la somministrazione di questionari atti a monitorare l’avvenuta formazione oltreché mediante la compilazione di schede di sicurezza tramite le quali i dipendenti possono segnalare situazioni potenzialmente pericolose da parte del personale168. Talvolta, le intese misurano il rapporto tra gli infortuni complessivi e il numero di ore lavorate169.
1.18. Risparmio energetico e sostenibilità ambientale
Nei contratti aziendali, la misurazione dei risultati di performance si arricchisce di anno in anno di nuovi indicatori: non solo, quindi, i “tradizionali” produttività, redditività e qualità, bensì, anche la sicurezza, come spiegato nei paragrafi che precedono, e la sostenibilità ambientale.
Il risparmio energetico e l’attenzione per la sostenibilità ambientale emergono quali temi centrali nelle intese170 del settore chimico, all’interno del quale, prima che in altri comparti, le aziende e le parti sindacali hanno riscontrato la necessità di considerare l’impatto ambientale quale parametro essenziale nella valutazione delle performance, proprio in virtù delle peculiarità che connotato le attività produttive ed i fattori produttivi in esse utilizzati.
In particolare, tra gli indicatori utilizzati del premio, infatti, rilevano innanzitutto il rapporto fra l’importo speso nello smaltimento acque, nello smaltimento dei rifiuti fangosi, oltreché la quantità totale di energia elettrica consumata ed il fatturato aziendale171.
Infine, si segnala un’intesa di particolare interesse che considera, ai fini dell’erogazione del premio, la variazione dei consumi di carta prendendo come riferimento la media dei tre ultimi anni su base mensile172.
Cfr. Accordo ROCHE: Per il triennio 2018-2020 si ritiene necessario introdurre all’interno del premio un parametro legato alle ore di formazione pro-capite (numero di ore di formazione / numero dipendenti medi nell’anno) svolte dai preposti e non obbligatoria in ambito di sicurezza.
168 Si veda Accordo INEOS MANUFACTURING.
169 Si veda Accordo LINDE.
170 Cfr. Accordo INEOS MANUFACTURING; Accordo BIOLCHIM; Accordo ENDURA; Accordo ROCHE; Accordo BRACCO; Accordo YARA ITALIA; Accordo XXXX XXXXXX; Accordo SARAS SARLUX; Accordo LYONDELLBASEL.
171 L’Accordo INEOS MANUFACTURING, ad esempio, prevede quattro elementi e disciplina tutte le pratiche di buona gestione dell’ambiente di lavoro in termini di (i) ecologia, ordine e igiene (ii) parti civili e costruzioni (iii) condizioni di impianto e metodi di lavoro. Cfr. Accordo BIOLCHIM in cui le parti, ai fini dell’erogazione del premio di partecipazione considerano il rapporto fra l'importo speso nello smaltimento acque e dei rifiuti fangosi, la quantità di energia elettrica e il fatturato.
172 Si veda Accordo ENDURA.
1.19. Ipotesi di coesistenza di più indicatori
L’esame degli accordi inseriti nell’insieme di contratti analizzato evidenzia l’intenzione delle parti sociali di allineare il più possibile gli obiettivi dell’azienda e quelli dei lavoratori, sotto diverse prospettive.
Di qui, la tendenza crescente a prevedere la coesistenza di più obiettivi, talvolta anche tra di essi alternativi.
In questi casi, le parti ritengono spesso necessario precisare che per l’applicazione al premio di partecipazione dei benefici fiscali previsti dalla normativa vigente è sufficiente il raggiungimento incrementale di uno solo degli indicatori individuati dalle parti in ciascuna sede produttiva/organizzazione e considerati a tal fine come alternativi.
La misurazione dei risultati, per la verifica della realizzazione dell’incrementalità, viene determinata dal raffronto tra i dati consuntivati nel periodo di riferimento di ciascun anno e i dati consuntivati nel periodo immediatamente precedente173.
Laddove, al contrario, il contratto preveda espressamente il raggiungimento di obiettivi non alternativi tra di loro, l’imposta sostituiva trova applicazione esclusivamente sulla parte del premio i cui parametri/indicatori abbiano rispettato i requisiti dell’incrementalità174.
Anche se meno di frequente, alcuni contratti prevedono che gli obiettivi rilevino autonomamente, in modo tale che le somme messe a disposizione possano essere considerate alla stregua di singoli premi a sé stanti, strettamente ed esclusivamente legati al parametro/obiettivo assegnato175 .
La misurazione dei risultati per la verifica della realizzazione della incrementalità viene determinata dal raffronto tra i dati consuntivati nell’esercizio di riferimento e i dati consuntivati nell’esercizio precedente.
1.20. Sistemi di verifica e monitoraggio dei risultati.
La corretta erogazione del premio di partecipazione, nonché la possibilità che le somme eventualmente erogate beneficino del regime fiscale agevolato, è subordinata al puntuale e costante monitoraggio degli obiettivi individuati in fase di concertazione tra le parti: in alcuni accordi tale compito viene deputato a specifiche commissioni appositamente istituite, mentre in altri viene posto in essere
173 Si veda Accordo ALFASIGMA.
174 Si veda Accordo CORGHI.
175 Si veda Accordo DIPHARMA.
mediante incontri periodici tra la direzione aziendale e le rappresentanze sindacali dei lavoratori176.
In particolare, al fine di ampliare la consapevolezza sul meccanismo di funzionamento del premio, l’andamento dei parametri presi in considerazione per la costruzione del premio stesso e la conoscibilità dei dati indispensabili per favorire la massima comprensione dei fattori che ne influenzano più direttamente la maturazione, sono oggetto di apposite verifiche periodiche nei termini concordati. Dette intese prevedono, nello specifico, che la direzione aziendale metta a disposizione la documentazione tecnica di supporto e periodicamente fornisca dei chiarimenti atti a facilitare la conoscenza degli strumenti individuati e dei metodi di controllo relativi all’andamento degli indicatori177.
Nel corso dell’anno, possono svolgersi, su istanza di una delle parti, specifici momenti di verifica, onde esaminare l’andamento delle performance aziendali. Data l’importanza strategica delle informazioni ricevute, le intese contengono clausole che impegnano le parti al rispetto della più assoluta riservatezza178.
Frequente è, inoltre, la previsione di incontri per apportare i necessari adattamenti all’accordo al fine di neutralizzare l’effetto di eventi particolarmente rilevanti sulla determinazione del premio di partecipazione, quali, ad esempio, importanti innovazioni tecnologiche e/o profonde modifiche organizzative, variazioni nei principi contabili, nonché altri eventi particolari che incidano significativamente sulle grandezze di bilancio alla base dell’ EBITDA o degli altri indicatori utilizzati per la determinazione del premio, o ancora eventi societari di natura non ordinaria, (es.: acquisizioni, cessioni, dismissioni o cessazioni di rami d’azienda o di settori di attività).
Infine, un’intesa179, prevede una Commissione paritetica, composta da responsabili aziendali e lavoratori ai fini di effettuare un monitoraggio continuo dell’andamento degli indicatori del premio, nella comune visione che tale coinvolgimento possa contribuire positivamente ad accrescere la motivazione di tutto il personale e permettere una reale partecipazione e responsabilizzazione di tutto il sistema nei confronti dei risultati attesi.
176 Si vedano gli accordi ENDURA; LINDE; INEOS MANUFACTURING; BIOLCHIM.
177 Si veda Accordo ENDURA; Cfr. Accordo ALFASIGMA, nel quale, al fine di monitorare l’andamento e i consuntivi degli indicatori, le parti hanno convenuto di incontrarsi periodicamente, di norma semestralmente; in occasione di tali incontri la Società fornirà preventivamente i dati relativi ai risultati conseguiti, al fine di analizzare gli stessi rispetto a quelli attesi e agli effetti sull’ammontare del premio. Si veda Accordo LINDE che prevede un incontro tra le Società e le
R.S.U. e organizzazioni sindacali azionali durante il quale (i) consuntivare e sottoscrivere i risultati ottenuti l’anno precedente, (ii) determinare gli obiettivi dell'anno in corso e (iii) ricevere dalla Direzione Aziendale informazione circa gli obiettivi di redditività.
178Si veda Accordo SARAS SARLUX.
179 Si veda Accordo SARAS op. cit.
Come accennato nel paragrafo che precede, ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva prevista ai sensi del Decreto Legge 24 aprile 2017, n. 50, gli accordi aziendali devono individuare tassativamente dei parametri oggettivi, che verranno poi utilizzati per verificare e misurare l’effettivo conseguimento degli obiettivi prefissati.
In tal senso, le modalità di misurazione del premio possono essere sia collettive che individuali, a seconda dell’indicatore individuato e, di conseguenza, della riferibilità del risultato conseguito al singolo, piuttosto che alla collettività dei lavoratori impiegati nel processo produttivo.
Generalmente, il conseguimento di obiettivi connessi a redditività, efficienza e qualità viene valutato in relazione al raggiungimento di parametri fissati a livello di gruppo, a livello aziendale o di singola unità produttiva o di team; al contrario, il contrasto all’assenteismo viene misurato primariamente con riferimento alla condotta individuale del dipendente.
Diversi accordi, inoltre, prevedono un sistema misto, basato su indicatori che misurino e premino andamenti generali dell’impresa e, al tempo stesso, tengano conto dell’effettiva produttività del singolo dipendente.
In particolare, attraverso tali meccanismi, la misurazione della performance collettiva permette di calcolare un valore del premio uguale per tutti i dipendenti; tale valore viene poi ad essere ricalcolato attraverso l’utilizzo di indicatori di performance individuali che consentono di stabilire il valore del premio che viene poi realmente erogato al singolo dipendente. Ciò consente di operare le opportune distinzioni tra i diversi lavoratori, valorizzando o penalizzando il lavoratore in base al suo effettivo apporto al raggiungimento della performance collettiva.
Il ricorso a quest’ultimi sistemi, che combinano una misurazione collettiva con una valutazione individuale, risulta prevalente negli accordi aziendali del insieme di contratti preso in esame180.
1.21. Conversione del premio di risultato in beni e servizi welfare
Nel corso del triennio assunto come riferimento della presente ricerca, risultano sempre più numerosi gli accordi che prevedono la possibilità da parte del lavoratore di convertire, totalmente o parzialmente, la quota spettante del premio di partecipazione in beni e servizi welfare181.
180 Accordo XXXXXXX & XXXXXXX.
181 Accordo LIQUIGAS; Accordo LINDE; Accordo ONDULATI SANTERNO; Accordo BASF; Accordo PROCTER GAMBLE; Accordo ACRAF; Accordo OLON; Accordo SASOL ITALY; Accordo ALLERGAN; Accordo SIEMENS HEALTCARE; Accordo SO.GIN; Accordo XXXXXXX & XXXXXXX MEDICAL; Accordo MERCK SERONO; Accordo HUVEPHARMA; Accordo
L’opzione della conversione è sottoposta a precise condizioni: deve essere contemplata dal contratto collettivo e può avere a oggetto solo i premi assoggettabili all’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10%. Essa, inoltre, deve essere realizzata nel rispetto delle condizioni e dei limiti di esenzione previsti per il benefit in cui il premio è convertito.
Nella quasi totalità dei casi, il lavoratore stesso avrà la possibilità di scegliere il “paniere” dei beni e servizi welfare tramite un portale e/o una piattaforma informatica in uso in azienda.
Le utilità presenti nell’insieme dei contratti analizzati possono essere categorizzate in funzione delle finalità perseguite: la prima di natura sociale, ivi includendo le previsioni relative a previdenza e assistenza sanitaria integrativa; la seconda relativa a beni e servizi utilizzabili dal dipendenti sia in ambito lavorativo che extra- lavorativo, ivi includendo le previsioni in materia di auto aziendale, strumenti di lavoro; la terza relativa a strumenti di conciliazione vita-lavoro, atti ad agevolare l’attività lavorativa favorendo un maggiore equilibrio con la vita personale, ivi includendo le previsioni in materia di asilo nido, lavanderia, stireria, palestra, campus estivi182.
Di seguito, quindi, per dovere di sintesi, si evidenziano le più diffuse forme di beni e servizi erogabili sotto forma di welfare presenti nelle intese analizzate: (i) riconoscimento di buoni acquisto da utilizzare presso gli esercizi convenzionati (sostegno al reddito); (ii) rette scolastiche di ogni ordine e grado – compresi gli asili nido e i Master – mense scolastiche, testi scolastici, soggiorni studio all'estero, corsi di lingua, campus estivi, spese di istruzione per i familiari; (iii) contributo volontario aggiuntivo al Fondo pensione complementare per i lavoratori dell’industria chimica e farmaceutica e dei settori affini (cd. “FONCHIM”183); (iv) benessere personale del dipendente.
Le iniziative di welfare presenti nelle intese analizzate possono essere scelte dal dipendente, nei limiti dell’importo convertito e nel rispetto dei massimali stabiliti dalla legge, tra opere, beni, servizi ed utilità, anche in combinazione tra loro.
In generale, le parti hanno convenuto che il valore nominale del premio di partecipazione possa essere corrisposto in welfare secondo una quota variabile, su scelta individuale.
Alcune intese prevedono, altresì, la possibilità del dipendente di convertire il premio parzialmente o nella sua totalità, definendo l’opzione per la partecipazione
SARAS SARLUX; Accordo DIPHARMA; Accordo L'OREAL; Accordo IVAS; Accordo XXXXXX DIFESA, Accordo CSI.
182 Si veda Accordo LINDE.
183 In ACRAF, invece, qualora il lavoratore decidesse di destinare al FONCHIM una quota di percentuale di premio di partecipazione, l’azienda si farà carico di aumentare la somma distratta dal premio di un ulteriore 15%.
ad un “Piano di Welfare Aziendale” con apposito regolamento che disciplina termini e condizioni di accesso al beneficio184 .
Una sola intesa riconosce, infine, che ciascun dipendente, in base all’anzianità aziendale, oltre alla possibilità di convertire il premio, abbia diritto ad un bonus da poter spendere nell’ambito dei medesimi servizi.
Alcune intese fissano la cifra che può essere convertita ex ante185, altre intese prevedono solo un importo minimo186 ovvero in termini percentuali187.
1.22. Durata degli accordi collettivi e importo del premio di partecipazione
Come noto, la determinazione della durata degli accordi è rimessa di diritto alla contrattazione aziendale: nell’insieme di contratti analizzato prevalgono numericamente le intese aventi durata triennale, sebbene non manchino quelle con durata annuale. Come già chiarito in precedenza, infatti, ai fini della tassazione agevolata, quello che conta è che il risultato conseguito dall’azienda nel periodo definito sia misurabile e risulti migliore rispetto all’anno antecedente l’inizio del periodo considerato188.
Ciò consente alle parti sindacali di individuare in sede di concertazione un arco temporale che sia consono ad una adeguata valutazione e misurazione dei risultati conseguiti dall’azienda e/o dal singolo lavoratore.
Per quanto concerne gli importi del premio di partecipazione, invece, essi variano e si differenziano sensibilmente in relazione alle realtà aziendali, nonché agli obiettivi assegnati.
Alcuni accordi specificano sin da subito l’importo erogabile del premio di partecipazione189.
Altri contratti aziendali si limitano ad indicare gli indicatori di riferimento, differendo l’eventuale determinazione del quantum da erogare al momento della
184 Cfr. Accordo HUNTSMAN; Accordo BRACCO.
185 Cfr. Accordo ALFASIGMA.
186 Si veda Accordo FLAMMA, in cui i lavoratori possano richiedere la corresponsione di tutto o di parte del premio di risultato detassabile ai fini della normativa fiscale, partendo da un importo minimo di euro duecento, incrementabile con importi aggiuntivi di minimo cento euro fino al massimo previsto dalla normativa fiscale vigente, nella forma di beni e servizi del piano welfare adottato secondo i metodi e le tempistiche definite da apposito regolamento. Cfr. Accordo ROCHE
187 Si veda Accordo SIEMENS HEALTCARE in cui le percentuali del Premio di Partecipazione erogato convertite in welfare potranno, a scelta dei dipendenti, essere le seguenti: 100%, 75%, 50%, 25%, 0%. Cfr. Accordo GRUNENTHAL ITALIA.
188 Agenzia delle Entrate Circolare n. 5/E del 2018;
189Si veda, a titolo esemplificativo, l’Accordo ALFASIGMA, in cui sono elencati gli importi lordi del premio di partecipazione, definiti quale target xxxxxxx xxxxxxxxxx ed in base al periodo di riferimento. Cfr. Accordo MENARINI in cui l’importo massimo del premio di partecipazione, che comprende anche il c.d. “premio presenza”, è pari a euro milleduecento per tutta la durata dell’Accordo, senza essere assoggettato a rivalutazione.
consuntivazione dei risultati. In taluni casi, invece, le intese sottoscritte prevedono solo le percentuali di variabilità dei livelli retributivi in caso di raggiungimento totale, parziale o assente relativamente al grado di raggiungimento degli obiettivi definiti.
Nell’insieme di accordi esaminato è possibile individuare sia intese che presentano un tetto massimo erogabile, sia premi in cui non è presente tale tetto e il valore massimo, di conseguenza, è pienamente riproporzionato alle performance aziendali.
Altra modalità riscontrata è quella di introdurre un sistema non direttamente proporzionale ma che prevede la presenza di criteri d’ingresso190, ossia dei target ben definiti, al raggiungimento del quale il premio viene erogato; in caso contrario, laddove il target non venga raggiunto, non si ha l’erogazione del premio.
L’importo massimo della parte variabile di retribuzione, nell’insieme esaminato, varia da € 1.050 a € 2.420.
1.23. Campo di applicazione soggettivo del premio di partecipazione.
Nella definizione dei criteri di erogazione del premio di partecipazione e, dunque, del campo di applicazione dello stesso è necessario fare riferimento, come norma cardine del sistema, all’art. 18 del vigente CCNL del settore Chimico, laddove si precisa che il premio di partecipazione stesso, avente chiaramente natura variabile, potrà essere differenziato in modo da tenere conto delle condizioni di lavoro e delle diverse modalità di prestazione.
L’ambito di applicazione del premio di partecipazione può riguardare gruppi di lavoratori riuniti secondo specifici parametri (come per esempio linee di produzione, reparti, stabilimenti, settori produttivi o altro), ovvero singoli dipendenti ed essere, dunque, basato su indicatori che vanno a valutare la performance individuali del dipendente.
Posto che la determinazione del campo di applicazione soggettivo del premio sia deputata alla contrattazione collettiva, è possibile comunque asserire che nella generalità dei casi il premio spetti a tutti gli impiegati e operai in forza.
Ciò, tuttavia, non esclude che in alcuni contratti collettivi le parti possano specificare il campo di applicazione del premio di risultato, con specifico riferimento alle tipologie ricomprese o escluse dal sistema di retribuzione incentivante, ovvero individuare criteri tali da differenziare il quantum del premio erogabile, differenziando tra diverse categorie di lavoratori.
Il premio è, inoltre, differenziato tra le categorie di inquadramento.
190Si veda Accordo BRACCO.
Alcuni accordi prevedono, ad esempio, il premio di partecipazione spettante a ciascun lavoratore venga calcolato in maniera differente rispetto al livello di inquadramento (quadri, impiegati, operai)191.
In alcune intese, le parti chiariscono che il premio di risultato è rivolto a tutti i lavoratori, purché dimostrino una anzianità pari o superiore ai sei mesi.
Talvolta gli accordi possono prevedere anche criteri specifici di rideterminazione del quantum spettante al lavoratore, di modo da tenere conto dell’effettiva durata del rapporto di lavoro rispetto al periodo di maturazione del premio192.
In particolare, per i dipendenti che sono in forza alla data di liquidazione del premio, il cui servizio nel periodo di maturazione dello stesso sia stata inferiore all’anno, il quantum erogabile viene riproporzionato in base alla durata dell’attività lavorativa effettivamente prestata alle dipendenze dell’azienda.
Analogamente, a fronte del raggiungimento del risultato previsto, il premio viene erogato anche ai lavoratori che cessano la propria attività lavorativa alle dipendenze della Società in anticipo rispetto al periodo di riferimento; in questo caso, tuttavia, il premio viene riproporzionato in pro quota sulla base dei mesi completi lavorati e utilizzando il consuntivo provvisorio dell’obiettivo finale (valore relativo al mese antecedente al mese di cessazione)193.
Per quanto riguarda i lavoratori con contratti part-time, l’erogazione del premio normalmente è riproporzionata rispetto all’orario di lavoro in tutte le intese analizzate.
Non mancano, neppure in questo caso, delle ipotesi particolari in cui il premio non viene corrisposto ai lavoratori e/o lavoratrici che si trovino a) in aspettativa; b) in maternità (per il periodo di astensione facoltativa); c) in Cassa Integrazione Guadagni ordinaria e straordinaria; d) in periodi di solidarietà superiori a due settimane194.
191Ciò accade, ad esempio, in INEOS, dove il premio erogabile viene differenziato in base al livello contrattuale di appartenenza.
192 Cfr. Accordo YARA ITALIA, Accordo INEOS.
193 Cfr. Accordo INEOS, Accordo L’OREAL.
194 Si veda Accordo MENARINI.
CAPITOLO III
ANALISI DI SISTEMA E COMPARATA SULLA CONTRATTAZIONE AZIENDALE DEL PREMIO DI RISULTATO NEL SETTORE CHIMICO E NEL SETTORE METALMECCANICO
Sommario 1. Struttura e caratteristiche del premio di risultato nei settori chimico e metalmeccanico. Analogie e differenze. 2. Funzione del premio di risultato 3. I rapporti tra CCNL di settore e la contrattazione aziendale 4. La welfarizzazione del premio di risultato
5. Premio di risultato e coerenza con la normativa fiscale 6. Premio di risultato e cambiamenti dei modelli organizzativi: situazione attuale e possibili prospettive future 7. Il premio di risultato nel contesto di un’economia dematerializzata. Possibili indicatori per la misurazione della prestazione lavorativa nell’ambito del lavoro agile.
1. Struttura e caratteristiche del premio di risultato nei settori chimico e metalmeccanico. Analogie e differenze.
Prima di procedere ad una approfondita disamina in merito alle analogie e alle differenze riscontrate con riferimento alla caratteristiche che connotano i primi di risultato previsti nei contratti esaminati nel settore metalmeccanico e in quello chimico, è necessario evidenziare, innanzitutto, l’estrema flessibilità con cui la contrattazione decentrata in entrambi i comparti oggetto di studio riesca ad adattarsi a situazioni molto diverse tra di loro – per settore, natura e dimensione di impresa
– nonché a regolamentare differenti obiettivi di performance.
In tale contesto, tuttavia, è soprattutto nelle imprese di grandi dimensioni, dove la negoziazione collettiva si espleta nella sua pienezza grazie alla presenza di relazioni sindacali consolidate, che il premio di risultato esprime un approccio più maturo. Ciò si evince, in particolare, nell’ambito di quegli integrativi aziendali che disciplinano molteplici istituti, nell’ottica di rendere il momento contrattuale e quello di applicazione del contratto collettivo occasioni organizzative delle relazioni di lavoro nel loro complesso. Diversamente, nelle imprese di più piccole dimensioni, la contrattazione aziendale sembra essere considerata come una opportunità occasionale e, in tale contesto, il premio di risultato rappresenta spesso l’unico fine della contrattazione stessa.
Ad ogni modo, anche a prescindere dalla questione dimensionale, in entrambi i settori oggetto di analisi la contrattazione decentrata in materia di retribuzione variabile sembra assumere un ruolo strategico soprattutto nelle aziende che puntano
sull’organizzazione del personale e sul capitale cognitivo, quale primo elemento di competitività: quale condizione essenziale per la realizzazione degli obiettivi di business, diverse intese esprimono la convinzione che l’impegno professionale, la disponibilità del personale e la capacità di collaborazione di coloro che lavorano all’interno dell’azienda siano fattori determinanti per il successo aziendale195.
Per migliorare la performance aziendale, i parametri più utilizzati e a cui le parti attribuiscono maggiore rilevanza in entrambi i settori sono senz’altro la redditività e la produttività, seguiti, a breve distanza, dagli indicatori di qualità.
In linea generale, la produttività viene intesa come un indicatore in grado di misurare la capacità produttiva di un’azienda, che si ottiene dal rapporto tra determinati fattori (gli input) utilizzati nel processo produttivo, ed i risultati di tale processo, ossia il prodotto (l’output). In altre parole, tale indicatore collega le capacità reddituali dell’impresa direttamente alla produttività del capitale investito e alla produttività del lavoro. In relazione al momento in cui viene effettuata la valutazione degli obiettivi, parte della dottrina ha distinto in passato tra “produttività in funzione del risultato”, definita anche “output oriented”, in cui la valutazione è fatta ex post e si basa sul realizzarsi di obiettivi funzionali al raggiungimento di un risultato, e valutazione in funzione del programma, definita anche “input oriented”, in cui il “valore” dei criteri adottati è accertato dalla contrattazione collettiva. In questo secondo caso, si va ad incidere sull’organizzazione del lavoro e non sulla singola prestazione ed il trattamento economico spettante al lavoratore è di conseguenza definibile già ex ante196.
Per tale ragione l’indice di produttività viene generalmente considerato come il rapporto esistente tra la quantità di un prodotto derivante da un processo produttivo e la quantità di risorse impiegate ovvero le ore lavorabili in un determinato arco temporale. Tecnicamente, il concetto di produttività del lavoro è descritto come ammontare o valore di output prodotto sulla quantità di lavoro utilizzato; dove l’output prodotto può essere preso in considerazione in termini di valore misura lorda o netto (valore aggiunto) oppure in termini di quantità e volumi prodotti e l’input lavoro è considerato come numero di addetti o numero totale di ore lavorate. Nei due insiemi di accordi analizzati, l’indicatore della produttività risulta molto diffuso, anche perché il vantaggio è di avere facile misurabilità e un agevole controllo dei premi da parte dei beneficiari/dipendenti. Altri parametri relativi alla redditività dell’impresa (di cui si dirà di seguito), oltre ad essere più complessi in
195 Si veda Accordo METALFER in cui le Parti hanno convenuto che “per il raggiungimento di determinati obiettivi economico-qualitativi, è necessario ed indispensabile coinvolgere le maestranze nei processi di ottimizzazione del ciclo produttivo anche attraverso l’istituzione di un livello retributivo di secondo livello, legato al raggiungimento dei risultati previsti dagli obiettivi aziendali”. Cfr. Accordo PRODOTTI XXXXXXX.
196 X. XXXXXXXXX, La retribuzione di produttività, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2013 pp. 208 ss.
termini di calcolo, sono oggetto di informazioni asimmetriche per i lavoratori, possono, cioè, risultare poco chiari e comprensibili.
Gli indicatori di produttività utilizzati dalle aziende del settore metalmeccanico sono i più disparati e più numerosi rispetto a quelli del settore chimico: ad esempio il volume prodotto, il volume spedito, il rapporto tra quantità prodotta e ore lavorate, il rapporto tra fatturato e numero degli addetti.
Con riferimento in particolare a quest’ultimo parametro, peraltro, è interessante notare come la qualificazione e la conseguente categorizzazione degli indicatori a volte non può essere effettuata in modo rigido: è difficile, ad esempio, attribuire nettamente alla categoria degli indicatori di redditività il rapporto tra fatturato e numero di addetti. Il riferimento è senza dubbio un riferimento di tipo economico, espressione quindi della redditività, ma la forma del fatturato è anche espressione diretta della produttività). Tali considerazioni sono estendibili ad indicatori presenti in ambo gli insiemi di contratti oggetto di studio.
Una pratica diffusa specificamente nel settore chimico, soprattutto nei gruppi industriali di maggiori dimensioni e con più unità produttive a livello nazionale, è quella di abbinare ad un unico parametro di redditività definito a livello di gruppo, specifici obiettivi di produttività per ciascuna unità produttiva 197. Tale prassi può essere presumibilmente ricondotta all’esigenza, evidentemente ben percepita nel settore chimico, di rafforzare la contrattazione di secondo livello nel senso di una crescente previsione di misure più rispondenti alle singole realtà aziendali e delle loro specifiche priorità attraverso la definizione di obiettivi di sito. D’altronde, è noto come la contrattazione di secondo livello diventi tanto più efficace e strategica quanto più riesca a comprendere e a misurarsi con i problemi, le condizioni ed i rapporti di lavoro in azienda, riconoscendo agli attori locali un sempre maggiore ruolo nella definizione di materie che possono migliorare ed accrescere la produttività, la qualità e l’efficienza: si tratta, quindi, di optare per un approccio più flessibile, più personalizzato ed a misura di azienda, a seconda delle diverse situazioni. È ragionevole ritenere, peraltro, che questo dato sia dovuto alle sostanziali differenze tra le aziende operanti nel settore chimico in termini di struttura, attività e dimensione. Come sottolineato anche dalle linee Guida del CCNL di comparto, tali differenze incidono profondamente sul peso del costo del lavoro, sulle scelte strategiche e sui comportamenti del management e dei lavoratori e non possono pertanto non influenzare i negoziati sul premio di partecipazione. D’altro canto, lo stesso CCNL, delegando ripetutamente alla volontà delle parti la scelta di soluzioni concrete che tengano conto delle caratteristiche specifiche delle singole realtà, rappresenta un vero e proprio volano rispetto alla contrattazione di
197 Si veda Accordo LINDE, Accordo OLON; Accordo ZAMBON, Accordo BRACCO.
secondo livello, individuata come strumento essenziale per rispondere alle esigenze di lavoratori e datori di lavoro.
Una simile prassi non si riscontra nell’insieme dei contratti analizzati per il settore metalmeccanico. Con riferimento invece al parametro della redditività delle aziende ai fini del premio di risultato, frequente è l’utilizzo in entrambi i settori dei cosiddetti indici di bilancio, anche noti nella prassi internazionale come ratios.
Diversi sono gli aspetti che favoriscono il ricorso a questi indicatori nella misurazione degli incrementi di performance. In primo luogo, sono dati ufficiali del bilancio di esercizio per tutti quei soggetti giuridici obbligati alla redazione dello stesso. Gli obblighi di redazione del bilancio nascono da esigenze di trasparenza e talvolta di pubblicità sulla condizione economica, patrimoniale e finanziaria di un’azienda, per cui gli indici che ne derivano hanno quella caratteristica di oggettività richiesta anche dalla contrattazione collettiva. L’analisi di bilancio tramite la costruzione e l’interpretazione degli indicatori ha raggiunto nel corso degli anni una solidità tale da renderla una pratica molto diffusa per usi interni all’azienda, per valutarne l’andamento, ma anche per uso esterno, proprio perché derivanti da dati di bilancio che vengono composti secondo i principi generali di chiarezza, veridicità e correttezza, che uniti ai principi di redazione ne aumentano la valenza oggettiva dei contenuti.
A seconda delle esigenze di analisi di bilancio, si possono individuare e comporre diversi indicatori per trasformare i dati contenuti nell’informativa finanziaria obbligatoria in informazioni che esprimono una valutazione sull’andamento economico e sulla situazione patrimoniale e finanziaria dell’azienda stessa.
Gli indici di redditività più utilizzati in entrambi i settori risultano indubbiamente essere l’EBITDA dell’anno di riferimento ed il fatturato prodotto. La nozione di fatturato, in particolare, è più ampia di quella di “ricavi” delle vendite con la quale spesso viene confusa (anche perché in determinate condizioni le due grandezze possono coincidere): mentre il fatturato si riferisce alla somma totale di fatture emesse dall’azienda, i ricavi si riferiscono al reddito effettivamente generato da qualsiasi entità commerciale vendendo i propri beni o fornendo i propri servizi.
Nel settore metalmeccanico, inoltre, tra gli indici largamente utilizzati si riscontrano il ROA ed il MOL, presente anche se in misura inferiore anche nel settore chimico. Il margine operativo lordo (“MOL”), ovvero la sottrazione al valore aggiunto dei costi del personale, pur trattandosi di un “indicatore alternativo di performance”, non codificato pertanto nei principi contabili internazionali dell’informativa finanziaria, viene frequentemente utilizzato nella prassi, poiché fornisce una buona approssimazione del valore del flusso di cassa operativo prodotto da una azienda, grandezza essenziale per stimare il valore dell’azienda e quantificare l’entità delle risorse finanziarie create e disponibili.
Il MOL viene, inoltre, spesso confuso con l’acronimo anglosassone EBITDA (“Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization”), ossia l’utile prima degli interessi, delle tasse e degli ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali e materiali, sebbene i due margini esprimano grandezze diverse: la differenza tra il MOL e l’EBITDA è rappresentata dagli accantonamenti che nell’EBITDA vengono dedotti e quindi considerati nel calcolo, mentre nel MOL vengono trattati al pari degli ammortamenti e dunque non considerati.
Infine, nelle intese stipulate da aziende di grandi dimensioni del settore chimico viene spesso individuato quale indice di redditività il rapporto ottenuto tra margine operativo lordo (costituito dalla differenza tra i ricavi e costi sostenuti dall’impresa nello svolgimento delle attività ordinarie) ed il fatturato aggregato (cioè la somma dei fatturati delle società appartenenti al gruppo ed operanti in Italia o all’estero) o più semplicemente si considera il “NET INCOME”198.
In altri casi, i parametri il cui rispetto è stata subordinata l’erogazione del premio di risultato sono stati individuati con riguardo alla qualità della produzione. Relativamente all’indicatore della qualità il settore metalmeccanico è maggiormente orientato alla riduzione degli scarti di lavorazione sia in senso assoluto sia in relazione al fatturato oltre che alla riduzione dei reclami finalizzata ad una maggiore soddisfazione del cliente.
Nel settore chimico-farmaceutico, si riscontra invece maggiore attenzione ai costi della c.d. non qualità ed al mantenimento degli standard certificati di qualità, sicurezza e ambiente.
Dall’analisi degli accordi stipulati nel triennio preso in considerazione emergono, inoltre, sensibili differenze a livello settoriale sul tema della sostenibilità ambientale: promuovere lo sviluppo sostenibile e l’economia circolare è, infatti, una delle principali sfide contemporanee dell’industria chimica, in quanto è ormai maggioritaria la percentuale di imprese del settore che investe in prodotti e tecnologie a maggior risparmio energetico e/o minor impatto ambientale. Pertanto, sebbene il fenomeno sia ancora in fase poco più che embrionale, si assiste ad un sempre maggiore utilizzo di parametri legati alla sostenibilità ambientale quali indicatori per l’erogazione del premio di risultato.
Al contrario, nel settore metalmeccanico, le intese che prevedono premi di risultato collegati ad obiettivi di risparmio ed efficienza energetica sono ancora un numero piuttosto esiguo, probabilmente a causa di una scarsa consapevolezza del ruolo strategico delle (buone) relazioni industriali nella crescita sostenibile delle imprese.
198 Il NET INCOME è il risultato reddituale dell’attività d’impresa. Questo valore viene calcolato sottraendo dal totale dei ricavi il totale dei costi sostenuti lungo l’intera durata dell’esercizio, comprensivo di spese generali, amministrative e di produzione.
Entrambi i settori analizzati risultano in prima linea anche in relazione alla trasformazione digitale: l’industria metalmeccanica e quella chimica sono quelle che stanno investendo di più in Industria 4.0199.
Come diretta conseguenza di questa particolare tensione verso l’innovazione tecnologica, in entrambi gli insiemi di contratti analizzati non manca l’attenzione all’accrescimento delle competenze digitali, sebbene questi risulti maggiormente presente nel settore metalmeccanico.
Le tecnologie digitali stanno difatti cambiando tanto l’attività produttiva, quanto l’impresa nel suo complesso.
L’applicazione delle tecnologie digitali potrà generare i suoi benefici, però, solo se sarà accompagnata da cambiamenti altrettanto significativi sul piano dell’organizzazione e delle risorse umane. Per affrontare con successo la trasformazione digitale, l’industria chimica può contare, già oggi, su una forza lavoro altamente qualificata: basti pensare che il 19% degli addetti è laureato (una quota quasi doppia della media manifatturiera) e oltre il 42% degli operai è specializzato. Inoltre, il settore investe fortemente nella formazione che coinvolge, ogni anno, il 42% dei dipendenti a fronte di una media industriale pari al 26%200. La transizione digitale è uno dei principali trend che la contrattazione collettiva si troverà a governare nei prossimi anni. La trasformazione del lavoro prodotta dalle innovazioni tecnologiche e dai processi sociali che hanno caratterizzato gli ultimi anni richiede un potenziamento delle competenze dei lavoratori finalizzato da una parte all’incremento della competitività delle imprese e dall’altra alla valorizzazione dei lavoratori e a garantire loro l’occupabilità nel lungo periodo. In tal senso, la misura governativa, oltre a garantire di fatto una riduzione del cuneo fiscale, deve essere un’occasione per dotarsi di accordi aziendale ex novo o per definire nuovi modelli di premio di risultato ed utile ad accompagnare processi di riorganizzazione interna.
Anche se in misura differente nei due settori, si riscontra poi un utilizzo frequente di premi connessi a indicatori legati alla riduzione del tasso di assenteismo, che compaiono solo talvolta come parametri diretti alla determinazione del premio collettivo. Maggiormente diffuso risulta, invece, l’utilizzo di tali indicatori nella veste di indici correttivi di adeguamento del premio di risultato per la determinazione della quota individuale spettante al singolo lavoratore. L’alta propensione ad utilizzare il suddetto parametro nelle modalità descritte restituisce per le aziende operanti in entrambi settori l’immagine di un’organizzazione del lavoro almeno apparentemente ancora tayloristica e cioè basata su criteri spazio-
199 X.XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Il Piano nazionale Industria 4.0: una lettura lavoristica, in LLI, vol. 2, n. 2, 2016, pp. 4 ss.
200 Area Centro Studi, (a cura di) Osservatorio Welfare Assolombarda, Rapporto n. 6, 2019.
temporali, volti a misurare le performance degli addetti e, quindi, remunerare il valore del lavoro nell’arco del normale orario lavorativo.
In generale, quindi, in entrambi i settori, mentre il conseguimento di obiettivi connessi alla redditività, alla produttività e alla qualità viene generalmente valutato in relazione al raggiungimento di parametri fissati a livello aziendale, di unità produttiva o di gruppo di lavoro, il contrasto all’assenteismo viene ancora ad oggi effettuato prevalentemente con riferimento alla condotta individuale del singolo dipendente.
Da sottolineare anche l’impegno contrattuale sul versante del miglioramento della sicurezza, tema presente negli accordi di entrambi i settori, anche se declinato differentemente.
Nel settore chimico emerge in maniera chiara la volontà delle parti sindacali di aumentare l’attenzione degli addetti sulla necessità di svolgere le proprie attività ottimizzando il risultato produttivo, operando in condizioni di sicurezza per sé e per gli altri.
Infine, è possibile svolgere alcune considerazioni trasversali, che prescindono dai criteri di determinazione del premio, valide per entrambi i settori.
Innanzitutto, gli accordi analizzati prevedono pressappoco le medesime regole per la determinazione quantitativa del premio: nella maggior parte dei casi, il valore dell’obiettivo è fissato ex ante così come il grado di proporzionalità tra l’entità della retribuzione variabile e la percentuale del premio prestabilito.
Tuttavia, sono generalmente previste verifiche periodiche degli obiettivi fissati, che sono quindi suscettibili di variazione. Circa la metà delle intese analizzate in entrambi i settori impiega sistemi di misurazione della performance che sono sia collettivi che individuali.
La contrattazione aziendale stabilisce, inoltre, le modalità di corresponsione degli importi e le tempistiche di erogazione del premio: nel settore chimico, l’erogazione del premio è spesso definita annualmente con un’anticipazione economica 70-80% del valore del premio e il saldo in fase di rendiconto finale, mentre le intese del settore metalmeccanico spesso prevedono talvolta l’erogazione del premio in una soluzione.
Per ciò che riguarda, da ultimo, il riconoscimento del premio ai lavoratori a tempo determinato gli accordi di entrambi i settori evidenziano una buona copertura, mentre non è sempre specificato se sono inclusi o meno nell’ambito di applicazione della retribuzione variabile i lavoratori in somministrazione.
2. Funzione del premio di risultato
Le considerazioni sin qui svolte, che consentono di avere una visione di insieme delle principali analogie e differenze concretamente riscontrabili tra le intese analizzate per i due settori oggetto di studio, ci permettono di affermare, almeno dalla (limitata) prospettiva di indagine prescelta, che guarda ai contenuti normativi della contrattazione aziendale, che la funzione incentivante e motivazionale del premio di risultato, diretta a stimolare i lavoratori verso comportamenti ritenuti funzionali al raggiungimento di adeguati livelli di performance, è quella che emerge come preminente dall’analisi di entrambi gli insieme di accordi, sebbene con caratteristiche talvolta differenti.
L’effetto incentivante previsto dalle intese dipende, invero, dall’effettivo grado di correlazione tra l’impegno del lavoratore e i risultati ottenuti. Per questo motivo, gli accordi del settore metalmeccanico individuano degli indicatori relativi al raggiungimento di incrementi di redditività, qualità ed efficienza, in grado di coinvolgere positivamente ed in modo diretto tutto il personale dipendente201.
La funzione incentivante e motivazionale del premio risulta centrale anche nel settore chimico-farmaceutico, quale mezzo per una migliore crescita professionale e, nel contempo, di una più efficace attuazione dei processi organizzativi202.
Come peraltro evidenziato anche da autorevole dottrina203, la suddetta funzione, pur essendo quella maggiormente presente nella contrattazione aziendale esaminata, rimane a tutt’oggi complessa da mettere in atto nella prassi delle relazioni di lavoro. Ciò in quanto il comportamento dei dipendenti solo in parte può essere guidato da fattori motivazionali estrinseci, come appunto, quelli economici, i quali non sempre riescono nell’intento di convogliare le energie e le azioni del lavoratore nella stessa direzione di quelle poste in essere dal datore di lavoro. In realtà, nella prassi, l’impatto effettivo del premio di risultato dipende da fattori diversi e difficilmente controllabili attraverso il filtro della contrattazione collettiva: dal tipo di indicatori prescelti, dalla dimensione quantitativa della parte variabile della retribuzione rispetto a quella fissa, dal grado di influenza e di partecipazione dei lavoratori, nonché dalla definizione e gestione dello stesso istituto nella prassi delle relazioni industriali e, soprattutto, nella gestione quotidiana delle risorse umane204.
201 Si veda Accordo ALSTOM FERROVIARIA.
202 Si veda Accordo BAYER; Accordo BIOLCHIM; Accordo INEOS MANUFACTURING; Accordo HUNSTMAN. In particolare, nell’accordo BAYER, le parti convengono nel riconoscere il Premio di Partecipazione quale “istituto contrattuale efficace, flessibile, capace di adattarsi ai processi di trasformazione organizzativa, in grado di accrescere il livello di trasparenza e di conoscibilità delle singole realtà aziendali e delle loro specifiche priorità attraverso la definizione annuale degli obiettivi negli accordi sindacali”.
000 X. XXXX, Xx forme retributive incentivanti, in XXXX, 2010, n. 4, pp. 637 ss.
000 X. XXXX, Xx questione salariale: legislazione sui minimi e contrattazione collettiva WP CSDL “Xxxxxxx X’Xxxxxx. IT – n. 2019, n. 368.
Come accennato in precedenza, la maggior parte delle intese affianca alla funzione incentivante anche una funzione di riequilibrio o sanzionatoria, con il fine ultimo – anche in questo caso - di migliorare la competitività aziendale205, questa volta in relazione al contenimento dei costi e, di conseguenza, all’andamento dei risultati economici. Anche se in misura minore rispetto al settore metalmeccanico, anche nel settore chimico, il premio svolge, talvolta, una funzione di riequilibrio o sanzionatoria, con particolare riferimento alla riduzione dell’assenteismo206.
Alcune intese riconoscono un collegamento tra l’effettiva presenza del dipendente e il contributo personale al raggiungimento degli obiettivi di produttività e desiderano valorizzare la diminuzione del fenomeno dell’assenteismo. Tale funzione, compare anche nelle intese che, in entrambi i settori, mirando a ridurre gli incidenti occorsi nei luoghi di lavoro, utilizzano quale indicatore il rapporto tra il numero degli infortuni sul lavoro e le ore lavorate ovvero l’indice di frequenza degli infortuni ed il relativo indice di gravità.
La qualità della contrattazione sulle retribuzioni a risultato si misura, inoltre, dalla sua capacità non solo di premiare effettivamente i contributi dei lavoratori alla competitività aziendale, ma anche di stimolare un coinvolgimento attivo dei lavoratori nella gestione dell’impresa, con il pieno utilizzo degli strumenti incentivati dalla stessa normativa207.
Il premio di risultato può, infatti, costituire un valido strumento di partecipazione agli utili o ai risparmi di gestione dell’azienda, secondo programmi concordati, in cui la retribuzione variabile del lavoratore viene legata ad indici oggettivi ed estratti dal bilancio, misurati secondo parametri che ne fotografano o meno il raggiungimento208.
In questo caso si parla di funzione partecipativa o redistributiva209 del premio di risultato, definita rispettivamente gain sharing210 o profit sharing211.
205 A tal proposito si veda l’Accordo XXXXXXX XXXXXX.
206 Si veda Accordo BIOLCHIM; Accordo LINDE; Accordo ONDULATI SANTERNO; Accordo BASF; Accordo PROCTER&GAMBLE; Accordo TICINOPLAST; Accordo FLAMMA; Accordo ENDURA; Accordo BAYER; Accordo JOHNSON&JOHNSON; Accordo MENARINI; Accordo HUVEPHARMA; Accordo L’OREAL; Accordo URSA ITALIA; Accordo BIOLCHIM; Accordo FLAMMA.
207Vd. art. 55 d.l. n. 50/2017;
208 In tal senso, rileva l’accordo di PRESSO FUSIONI SEBINE di cui si riporta testualmente un estratto: “Il premio, sarà calcolato sulla parte eccedente il suddetto importo, e sarà ridistribuito ai dipendenti in base alla percentuale di scarti e di resi della produzione della stessa società”.
209 X. XXXXX, X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Contrattazione a livello di impresa: partecipazione allo sviluppo delle competenze versus partecipazione ai risultati finanziari, in LRI, 1999, n. 2, pp. 115 ss.
210 X. XXX, I vantaggi economici per i lavoratori legati a risultati dell’impresa, in DRI, 2002, n. 2, 175 -188, X. XXXX, Le forme retributive incentivanti, in XXXX, 2010, n. 4, pp. 637 ss.;
211 CABLE J.R., Is profit-sharing participation? Evidence on alternative firm types, in International Journal of Industrial Organization, n. 6, 1988, pp. 121-137.
In altre parole, i sistemi partecipativi, si basano su parametri di produttività, qualità, efficacia ed efficienza, misurati al livello di team, area organizzativa o stabilimento212.
I sistemi incentivanti, al contrario, commisurano la quota variabile di retribuzione all’andamento di alcuni indicatori economico-finanziari del bilancio aziendale.
A tal proposito, alcuni autori hanno osservato come i sistemi partecipativi213 adottino parametri esterni, la cui variabilità è legata a comportamenti o eventi posti al di fuori della disponibilità e del controllo della forza-lavoro, essendo influenzati sostanzialmente da fattori di mercato. I sistemi incentivanti invece, commisurano le erogazioni salariali al raggiungimento di obiettivi legati a parametri interni, sui cui la forza-lavoro, seppur indirettamente, può incidere attraverso un controllo sulle variabili intermedie di riferimento.
Come riscontrato in alcuni dei contratti analizzati214, l’utilizzo di parametri esterni nei sistemi partecipativi di tipo profit-sharing215 ha anche la funzione di suddividere il rischio di impresa e di armonizzare il costo del lavoro alle fluttuazioni di mercato, mentre quelli incentivanti di tipo gain-sharing216 mirano al miglioramento della efficienza produttiva di una data unità organizzativa.
All’interno degli insiemi di accordi analizzati per entrambi i settori, i sistemi di profit sharing sono maggiormente utilizzati nelle aziende di grandi dimensioni o Gruppi217, i cui dipendenti sono in grado di supportare il rischio di collegare la propria retribuzione agli utili di bilancio e ad indici di redditività aziendale. In tali intese, la base di riferimento non è un risultato individuale o di gruppo, bensì una prestazione aziendale, da intendersi nel suo complesso218. In questi casi tutti i dipendenti contribuiscono al risultato, ma la correlazione tra il loro lavoro e la performance non è direttamente identificabile, anche perché il risultato finale è spesso oggetto di operazioni contabili e finanziarie. Per questi motivi, gli incentivi di redditività hanno avuto minor diffusione nelle intese di aziende di dimensione inferiore.
I sistemi di gain sharing osservati, invece, pur avendo uno schema di funzionamento simile al profit sharing, si focalizzano su alcune voci di costo o sulla
212 X. X’XXXXXX, X. XX XXXX XXXXXX, La retribuzione a incentivi: introduzione, DRI, 1991, pp. 5-10.
213 CABLE J.R., op cit.
214 Si veda per il settore chimico farmaceutico: Accordo BASF, Accordo XXXXXXXX HOLDING; si veda per il settore metalmeccanico Accordo DENSO THERMAL SYSTEM, Accordo COMECA. 215R. XXXXX, X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, op cit.; X. XXXX, Partecipazione, flessibilità delle retribuzioni ed innovazioni contrattuali dopo il 1993, in Tecnologia e società. Tecnologia, produttività, sviluppo, Accademia Nazionale dei Lincei, 2001, pp.169 ss.
216 X. XXXXXX, Incentivazione della produttività o suddivisione del rischio? in PE, 1989 n. 3, pp. 463 ss.
217 Si veda per il settore chimico: accordo BAYER, accordo MENARINI; si veda per il settore metalmeccanico accordo OERLIKON XXXXXXXX.
218 Si veda XXX G., op. cit.
qualità e non sul profitto. In particolare, i sistemi gain-sharing hanno la caratteristica di far riferimento alla produttività ed efficienza dell’intero complesso produttivo, ovvero, più spesso, dello stabilimento o fattore lavoro, collegandovi una quota di salario variabile: ciò rende teoricamente più spendibile questo criterio anche nelle imprese di minori dimensioni, come è effettivamente riscontrabile anche nell’analisi degli insiemi di contratti esaminati219.
Dall’osservazione del dato contrattuale, inoltre, è chiaro che la contrattazione di produttività potrà raggiungere i suoi risultati in termini economici solo a patto il premio di risultato che non sia considerato ed utilizzato come mero strumento redistributivo, ma che incida in modo programmatico e diretto sui modelli organizzativi e sulla innovazione di processo e di prodotto. Solo in questo modo la contrattazione può essere considerata ed utilizzata come leva fondamentale per raggiungere il vantaggio competitivo sul mercato e contribuire, di conseguenza, all’aumento sostenibile dei profitti.
La scelta di indicatori che tengano conto anche della variabile organizzativa risponde a interessi diversi delle parti. La considerazione dell’output, in termini di valore prodotto, costituisce per l’azienda un elemento decisivo in base al quale valutare la realizzazione dei suoi obiettivi e, quindi, l’impegno finanziario destinato ai premi. La misura della prestazione dei lavoratori e dei risultati percepibili da questi tocca da vicino la motivazione dei singoli gruppi. Si tratta di due profili del sistema non di per sé incompatibili. Anzi, la loro combinazione è frequente, sebbene non sempre agevole, perché richiede che si uniscano valutazioni vicine allo scambio tradizionale retribuzione-lavoro con quelle attinenti al contributo dei lavoratori ai risultati economici e finanziari dell’impresa. Le possibilità e le modalità attuative di una simile integrazione dipendono dal clima delle relazioni industriali e, in special modo, dalle relazioni fra le parti individuali e collettive esistenti in azienda, dove i premi devono applicarsi220.
Nella maggior parte dei casi221, tuttavia, le imprese integrano sistemi incentivanti e sistemi partecipativi utilizzando un mix di parametri che tengono conto di entrambe le dimensioni e funzioni: si parla in questi casi di sistemi misti o sistemi multi- fattoriali222. Ciò che differenzia un sistema incentivante da un sistema partecipativo
219 Si veda per il settore chimico - farmaceutico: Accordo BIOLCHIM; Accordo BGP PRODUCTS; Accordo TICINOPLAST. Si veda per il settore metalmeccanico: Accordo BERGOMI; Accordo CIFA; Accordo CARMO; Accordo FERALPI.
000 X. XXXXXX, Xxxxxxxxxxxxxx collettiva e relazioni industriali nell’”archetipo” FIAT di Pomigliano d’Arco, in QRS., 2011, n. 3, p. 2 ss.
221 Si veda per il settore metalmeccanico: Accordo HUNTSMAN; Accordo LEVOSIL; Accordo HITACHI RAIL ITALY; Accordo SERSYS AMBIENTE; Accordo BRAWO; Accordo FAITAL; Accordo LINO MANFROTTO VITEC GROUP; Si veda per il settore chimico farmaceutico: Accordo FLAMMA; Accordo ENDURA.
222 Si veda X. XXX, I vantaggi economici per i lavoratori legati ai risultati dell’impresa, in DRI,2002 n. 2, pp. 175-188.
è la finalità perseguita: mentre i sistemi incentivanti mirano a rendere più motivato il lavoratore rispetto al miglioramento della propria performance, i sistemi partecipativi hanno lo scopo precipuo di sensibilizzare e rafforzare il senso di adesione della forza-lavoro ai risultati economici della impresa223.
Una sola intesa224, nel settore metalmeccanico, prevede infine, il coinvolgimento paritetico dei lavoratori: ciò a segnalare un oggettivo ritardo rispetto alle intenzioni implicite del Legislatore e delle parti sociali, che punterebbero alla realizzazione di un modello gestionale dell’attività di impresa che preveda il coinvolgimento diretto dei lavoratori, nell’ottica di un parziale superamento delle tradizionali categorie di capitale e forza xxxxxx000. In tal caso, difatti, il vantaggio è duplice perché il datore di lavoro, qualora, attraverso un contratto collettivo aziendale di secondo livello, attribuisca un premio di risultato per obiettivi certi e misurabili coinvolgendo i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, in modo paritetico, ottiene una diminuzione del costo in termini di riduzione contributiva, mentre il lavoratore, che già otteneva un’imposizione fiscale agevolata per il premio, su una parte di esso (importo massimo di 800€) ottiene la totale decontribuzione.
Rispetto al tipo di fattore o risultato misurato, alcuni autori hanno posto l’accento su come il sistema premiale orienti il comportamento del lavoratore, e se in direzione dei risultati produttivi oppure se nell’ottica dell’acquisizione di competenze. Parte della dottrina sostiene che i sistemi partecipativi, incentivanti e misti, siano tutti accomunati da un approccio output-oriented, mentre i modelli basati sulle competenze ribaltano la prospettiva verso un approccio input- oriented226.
In tal senso, concepiscono i sistemi premiali come sistemi output-oriented o sistemi input-oriented nella misura in cui tali sistemi valorizzino rispettivamente il risultato produttivo oppure il contributo del singolo lavoratore in termini di acquisizione di nuove competenze e efficacia ed efficienza nell’apprendimento di un ruolo organizzativo227.
223 X. XXXXXX e X. XXXXX, Sistemi e tecniche retributive, in La retribuzione. Struttura e regime giuridico, (a cura) di X. XXXXXX, X. XXXX, X. XXXXXXX, Napoli, Xxxxxx, 1994, pp. 71 ss.
224Si veda l’Accordo RADAELI TECNA.
225 Da ultimo, il d.l. 50/2017, convertito dalla legge 96/2017, ha sostituito l’art. 1, 198 della l. 208/2015, introducendo un’ulteriore agevolazione di natura questa volta contributiva: mentre viene mantenuto il beneficio massimo per i premi di risultato fino ad un ammontare di 3.000€ per quelle stesse somme oggetto di detassazione, in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro, viene anche introdotta una riduzione dell’aliquota contributiva (dei contributi IVS) a carico del datore di lavoro del 20% , su un massimo imponibile di 800, 00€, somma per la quale è prevista anche la decontribuzione totale a favore del lavoratore.
226 G.C. CAINXXXX, X. XXXXXX, Omogeneità della mansione ed eterogeneità della prestazione, paper presentato all’XI Convegno Nazionale di Economia del Lavoro dell’AIEL, Napoli, 3-5 ottobre 1996.
227 X. XXXXXXXX, X. XXXXX, Xx riforma della contrattazione: redistribuzione perversa o produzione di reddito in Rivista Italiana degli Economisti, 2010 n. 2, pp. 237-274.
3. I rapporti tra CCNL di settore e la contrattazione aziendale
L’esame dei contratti aziendali analizzati consente, altresì, di svolgere alcune considerazioni circa il grado di coerenza tra le previsioni contenute nelle intese e le indicazioni previste nelle Linee Guida dei CCNL vigenti nei settori oggetto di studio.
Come noto (cfr. Capitolo I, § 4), sin dal 2008228 il Legislatore ha sostenuto lo sviluppo della contrattazione di secondo livello, con azioni sulla tassazione agevolata del salario variabile legato agli incrementi dei fattori della competitività delle imprese229. Il rafforzamento della contrattazione di secondo livello è stato definito anche dai CCNL negli ultimi rinnovi: sia il CCNL del settore metalmeccanico che quello del settore chimico hanno delineato nuove interessanti prospettive per la contrattazione di secondo livello, anche tramite linee guida tese ad orientare, indirizzare ed agevolare l’azione collettiva ai fini della promozione aziendale del sistema contrattuale ed aiutare, in tal modo, la diffusione dei premi di partecipazione e di risultato. Ed effettivamente negli insiemi dei contratti analizzati si riscontra prevalentemente una coincidenza tra le linee guida dei CCNL di entrambi i settori e le disposizioni della contrattazione aziendale. Tuttavia, a tutt’oggi il rapporto di complementarità tra contrattazione nazionale e contrattazione di secondo livello è, come peraltro evidenziato in dottrina, tutt’altro che perfetto230.
Invero, le citate linee guida di entrambi i CCNL attribuiscano centrale importanza agli indici che esprimono valori di produttività, redditività ed efficienza: le considerazioni di contesto che guidano le parti nello sviluppo delle modalità e nella definizione dei contenuti della negoziazione nell’intento di favorire la diffusione del premio di risultato emergono soprattutto riferimenti alla necessità di promuovere, appunto, la produttività, la flessibilità e la qualità del lavoro, condizione essenziale perché le stesse possano concorrere a realizzare condizioni di sviluppo economico e sociale. Ciononostante, nel triennio oggetto di analisi, nei contratti aziendali emergono di anno in anno di nuovi indicatori di misurazione della performance che, deviando – anche solo parzialmente – da quanto indicato
228Per un approfondimento: d.l. n. 93/2008 conv. l. n. 126/2008; art. 5, d.l. n. 185/2008 conv. l. n. 2/2009; art. 2, c. 156 - 157, d.l. n. 191/2009; art. 53, x. 0, x.x. x. 00/0000 xxxx. nella l. n. 220/2010; art. 33, c. 12, l. n. 183/2011; X. XXXXXXXXXX, Xx misure sperimentali per l’incremento della produttività del lavoro: la detassazione di straordinari e premi, in X. XXXXXXXXXX (x cura di), La riforma del lavoro pubblico e privato e il nuovo welfare, Milano, Xxxxxxx, 2008, pp. 223 ss.
229 Il legislatore nel 2015 ha reso definitivamente strutturale la detassazione del Premio di risultato con l’art. 1, c. 182-190, l. n. 208/2015.
230 X. XXXXXXXXXX, Xx decentramento contrattuale in Italia: primi profili ricostruttivi di una ricerca empirica, in ADL, 2014 n. 6, pp. 1322 ss.
nelle linee guida dei CCNL di settore, si rifanno a criteri attinenti alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, alla sostenibilità ambientale, all’innovazione organizzativa, alla riduzione dell’assenteismo e all’accrescimento delle competenze digitali.
Particolare attenzione merita il tema della digitalizzazione che, come accennato, ha iniziato a diffondersi nella contrattazione aziendale, anche sulla scorta degli intenti programmatici formalizzati nell’ambito della contrattazione nazionale: è stato, in particolare, il rinnovo 2016 dei metalmeccanici ad aprire la strada a percorsi partecipativi tesi a creare le condizioni di contesto e le competenze abilitanti per la diffusione di modelli di produzione tecnologicamente avanzati231.
Tra le eccezioni rispetto ai principi delineati dalle linee guida, è opportuno segnalare anche alcuni degli indicatori finalizzati al riconoscimento e alla valorizzazione economica della professionalità dei singoli lavoratori232 e gli incentivi per lo smaltimento di ferie e permessi residui, anche se presenti in un numero piuttosto esiguo di intese233.
In entrambi i settori risultano, infine, sempre più frequenti misure di welfare, verso cui il lavoratore può orientare la propria scelta di conversione del premio di risultato234. Sul tema si tornerà più diffusamente nel paragrafo successivo.
Centrale rilevanza assume, inoltre, la tematica afferente all’effettiva partecipazione dei lavoratori alle relazioni industriali, a cui è attribuita particolare valenza nelle linee guida del settore chimico, laddove si riscontra con maggiore evidenza l’approccio partecipativo alle relazioni industriali viene considerato fondamentale per la contrattazione di secondo livello in materia di retribuzione variabile.
Tuttavia, nella prassi contrattuale analizzata, questa logica partecipativa a cui esortano le linee guida del CCNL del settore talvolta manca o comunque non è sufficientemente sviluppata: numerose intese prevedono, ad esempio, la costituzione di commissioni paritetiche e momenti di confronto e di monitoraggio dell’andamento degli indicatori, ma non vengono in alcun modo incentivati momenti di confronto tra i dipendenti e la RSU anche nella fase di negoziazione e definizione degli indicatori.
La scelta di obiettivi condivisi è fondamentale per il funzionamento del premio di risultato: come evidenziato anche da parte di alcuni autori, gli errori nella scelta degli indicatori possono produrre infatti risultati molto dannosi per l’organizzazione come il conflitto organizzativo, comportamenti non cooperativi,
231 ADAPT, La contrattazione collettiva in Italia (2017), V Rapporto ADAPT, ADAPT University Press, 2018; X. XXXXXXX, X. XXXX, Xxnl metalmeccanici 2016 e contrattazione aziendale: un tentativo di tipizzazione in DLRI, n. 167, 2020, pp. 471-511.
232 Si veda per il settore metalmeccanico: Accordo BRAWO, Accordo SIEMENS.
233 Si veda per il settore chimico: Accordo ROCHE.
234 ADAPT, La contrattazione collettiva in Italia (2018), V Rapporto ADAPT, ADAPT University Press, 2019.
sabotaggio del lavoro dei colleghi e disfunzioni generali della organizzazione del lavoro235.
Alcuni schemi premiali definiti in sede aziendale risultano attualmente poco chiari ai lavoratori o, al contrario, troppo facilmente raggiungibili, essendo più orientati ad ottenere i vantaggi fiscali garantiti dalla normativa vigente, piuttosto che a garantire il maggiore coinvolgimento dei lavoratori in azienda.
4. La welfarizzazione del premio di risultato
Come accennato in precedenza, all’interno della Legge di stabilità 2016236 vengono affrontati due importanti temi: il welfare aziendale e i premi di risultato, che trovano in loro punto di incontro nel comma 184 dell’art. 1.
Tale disposizione introduce la possibilità di scelta, in capo allo stesso lavoratore, di ricevere il premio di risultato in denaro, con una tassazione agevolata al 10%, oppure di sostituire le somme con i benefits previsti dai commi 2, 3 e 4 dell’articolo 51 del D.P.R. n. 917/1986 (“TUIR”). In altre parole, nel caso in cui il lavoratore decida di farsi erogare il premio di risultato in denaro, quest’ultimo viene assoggettato alla tassazione agevolata del 10%, ma anche a contribuzione previdenziale; nel caso in cui il lavoratore opti, invece, per la fruizione dei premi di risultato in tutto o in parte, come somme, servizi, e prestazioni di welfare, le stesse somme non saranno oggetto di tassazione, ma saranno completamente esenti, in quanto escluse dalla base imponibile e fiscale.
La welfarizzazione dei premi di risultato, invero, era una pratica presente nella contrattazione collettiva già prima della sua introduzione nel quadro normativo attualmente vigente. Le aziende che prevedevano tali possibilità si presentavano, tuttavia, come casi isolati237.
La situazione si è evoluta negli anni e secondo quando emerso dal Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia238, solo nel biennio 2016-2017 il 18% dei contratti analizzati prevedono la possibilità di welfarizzare il premio di risultato.
235 X. XXXXXXXXX, Xxral Hazard in Team, Bell Journal of Economics, n. 13, 1982, pp. 324 - 340; X. XXXXX, Xxe use of Performance Measures in Incentive Contracting, Vol. 90, n. 2, 2000, pp. 415- 420.
236 Art. 1, comma 184, legge 28 dicembre 2015, n. 208.
237 Accordo FCA.
238 ADAPT, La contrattazione collettiva in Italia (2016); III Rapporto ADAPT, ADAPT University Press, 2017; ADAPT, La contrattazione collettiva in Italia (2017). IV Rapporto ADAPT, ADAPT University Press, 2018; ADAPT, La contrattazione collettiva in Italia (2018), V Rapporto ADAPT, ADAPT University Press, 2019.
Nei contratti analizzati a fini del presente studio, nel triennio 2017- 2019, nel settore metalmeccanico e in quello chimico sono presenti rispettivamente il 34%239 e 68%240 degli accordi che prevedono la welfarizzazione del premio di risultato: dato nettamente superiore a quello degli anni precedenti, se si considera che solo nel 2016 una minima percentuale di intese prevedeva questa modalità di erogazione del premio241.
Molteplici sono gli schemi di welfarizzazione riscontrati nell’osservazione della prassi contrattuale.
I diversi contratti possono prevedere che la welfarizzazione del premio avvenga in cifra fissa o in percentuale rispetto alla totalità del premio.
Nel primo caso può essere indicata una singola possibilità, oppure, anche se avviene più raramente, si possono indicare più scaglioni di conversione tramite la definizione di percentuali (ad esempio 50% o 100%) che renderanno la cifra convertita variabile in base al valore del premio242.
In termini di prestazioni erogabili, il welfare aziendale riguarda meno spesso la sfera della cultura e del tempo libero, gli aspetti della mobilità, la gestione dei tempi di lavoro (ferie, permessi o orario), gli interessi finanziari o assicurativi dei lavoratori. L’assistenza sanitaria e previdenza complementare si confermano al contrario gli istituti con la maggior frequenza contrattuale in entrambi i settori.
Alcune intese243 prevedono una somma aggiuntiva a carico del datore di lavoro, nel caso in cui il lavoratore decidesse di convertire parte del premio di risultato in welfare. Questa clausola ha una duplice motivazione. Da un lato funge da incentivo per la conversione: il dipendente, infatti, non solo grazie alla conversione
239 Accordo BASF; Accordo LINDE; Accordo ONDULATI SANTERNO; Accordo PROCTER GAMBLE; Accordo ACRAF; Accordo ALLERGAN; Accordo OLON; Accordo SASOL ITALY Accordo SIEMENS HEALTCARE; Accordo LIQUIGAS; Accordo SO.GIN; Accordo MERCK SERONO; Accordo HUVEPHARMA; Accordo DIPHARMA; Accordo XXXXXX DIFESA; Accordo IVAS; Accordo SARAS SARLUX; Accordo XXXXXXX & XXXXXXX MEDICAL; Accordo CSI; Accordo ABB; Accordo L'OREAL.
240 Accordo ALSTOM FERROVIARIA; Accordo OERLIKON XXXXXXXX; Accordo SIEMENS;
Accordo STMICROELECTRONICS; Accordo DUCATI MOTOR HOLDING; Accordo ANSALDO STS; Accordo TECNHIP ITALY; Accordo HITACHI RAIL ITALY; Accordo
FERRIERA VALSABBIA; Accordo BRAWO; Accordo FASTER; Accordo GOLDONI; Accordo RIELLO; Accordo FAITAL; Accordo NEXION; ; Accordo TENARIS DALMINE; Accordo ACCIAIERIE BERTOLI SAFAU; Accordo LAMBORGHINI; Accordo FIAT Accordo CHRYSLER AUTOMOBILES; Accordo XXXXXXX ELECTRIC ITALIA; Accordo PRODOTTI
BAUMANN; Accordo BAI; Accordo ACCIAIERIE VENETE; Accordo TRAFILATI ACCIAIERIE.
241 BANCA DATI ADAPT: xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
242Accordo BOSCH; Accordo IMA; Accordo CARCANO; Accordo FERALPI; Accordo RADAELI TECNA; Accordo CEPI; Accordo PRESSO FUSIONI SEBINE; Accordo CARMO; Accordo CORGHI.
Accordo EUROPROFILI GROUP; Accordo COMECA Accordo SMTELECTRONICS; Accordo GRUNGHENTAL ITALIA; Accordo SIEMENS HEALTCARE; Accordo BILCARE RESEARCH SRL; Accordo ALFASIGMA.
243 Cfr. Accordo CIFA; Accordo HITACHI RAIL.
percepisce un valore netto superiore rispetto a quello che avrebbe ricevuto se avesse optato per l’erogazione in denaro del premio, ma vede anche incrementata questa somma da un ulteriore erogazione. Dall’altro lato viene accolta la richiesta delle organizzazioni sindacali di ripartire tra lavoratore e azienda il vantaggio economico derivante dalla scelta del lavoratore di convertire il premio.
In generale, è possibile osservare come nel corso del triennio oggetto di analisi, probabilmente grazie anche ad una crescente consapevolezza delle aziende rispetto all’importanza di investire nell’ambito sociale, le iniziative di welfare aziendale si sono diffuse in modo rilevante in entrambi i settori esaminati. Allo stesso tempo, il welfare è diventato una delle principali materie di scambio tra le parti sociali e, di conseguenza, un elemento strategico nei processi negoziali di secondo livello. Nell’attuale contesto di continue trasformazioni del mondo del lavoro, alle quali si accompagna una generale stagnazione economica e produttiva, la contrattazione collettiva ha infatti visto nel welfare aziendale un’opportunità di innovazione capace di fornire nuove risposte ai bisogni dei lavoratori e delle loro famiglie, nonché una leva di riorganizzazione del lavoro capace di favorire una crescita della produttività aziendale 244 .
Il nesso fra questi tre elementi – ridefinizione delle materie oggetto di contrattazione, risposta ai bisogni sociali dei lavoratori e stimolo alla produttività – appare particolarmente evidente nella normativa che regola il premio di risultato e la possibilità, per il lavoratore, di convertirne una parte o la sua totalità in un budget da spendere in beni e servizi di “welfare”, godendo in tal modo delle agevolazioni fiscali previste dalla normativa di riferimento245.
5. Premio di risultato e coerenza con la normativa fiscale
Come accennato in precedenza, al fine di rafforzare la diffusione della retribuzione variabile nell’ambito degli assetti contrattuali del sistema italiano, il legislatore è intervenuto ripetutamente nel corso degli anni in termini di agevolazione fiscale e contributiva dei premi di risultato, anche in considerazione del fatto che fino al 2015 tale materia era regolata solo da misure di carattere sperimentale e non strutturale.
244 E. MXXXXXXX, Xx novità in materia di welfare aziendale in una prospettiva lavoristica, in X. XXXXXXXXXX (x cura di), Le Nuove Regole Del Lavoro Dopo Il Jobs Act, Xxxxxxx, Milano, 2016. 000 X. XXXXXXX, Xxxxxxx aziendale e provider prima e dopo le Leggi di stabilità, in X. XXXXX,
M. FXXXXXX, (x cura di), Terzo rapporto sul secondo welfare in Italia 2017, Centro di ricerca e documentazione Xxxxx Xxxxxxx, xx. 91-118; Cfr. Circolare n. 5E/2018: Premi di risultato e welfare aziendale - art. 1, commi 182 a 190, legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016), così come modificato dall’art.1, commi 160 - 162, legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di Bilancio 2017), dall’art. 55 decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96 e dall’art. 1, commi 28 e 161, legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di Bilancio 2018).
Solo nel 2015, quindi, la detassazione del premio di risultato è divenuta definitivamente strutturale, ai sensi dell’art. 1, commi 182-190, della l. n. 208/2015. Il comma 182 del citato art. 1, in particolare, definisce il premio di risultato come una somma di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi misurabili e verificabili di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione. Questi criteri sono stati definiti e ulteriormente chiariti nel dettaglio dal decreto interministeriale del 25 marzo 2016.
L’approccio più rigoroso del legislatore del 2015 ha implicato l’imposizione in capo agli attori collettivi dell’obbligo di inserire nel contratto di secondo livello “criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione […], rispetto ad un periodo congruo definito nell’accordo, il cui raggiungimento sia verificabile in modo obiettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici […] appositamente individuati”246.
In sostanza alle parti collettive si richiede di concordare e dichiarare preventivamente il risultato aziendale atteso e che detto risultato sia misurabile, ovverosia sia possibile verificare alla conclusione dell’arco temporale (anch’esso dichiarato ex ante) un risultato migliore rispetto al risultato antecedente l’inizio del periodo considerato.
Questo obbligo ha trovato riscontro nelle schede allegate al decreto, che le aziende sono tenute a compilare all’atto del deposito del contratto presso la direzione territoriale del lavoro, all’interno della quale le aziende che intendono beneficiare dello sconto fiscale devono indicare, rispettivamente, “obiettivi” ed “indicatori”247. Fatte queste opportune premesse, è necessario ora, sulla base dei contratti aziendali analizzati, verificare, innanzitutto, se la misura di detassazione reintrodotta con la legge di stabilità 2016 abbia inciso, dal punto di vista qualitativo, sulla struttura e sui contenuti dei premi di risultato, in funzione di maggiore stimolo alla produttività e alla qualità del lavoro e, in secondo luogo, se la struttura degli stessi risulti coerente con la normativa fiscale.
È opportuno sottolineare che un’adeguata valutazione circa la coerenza degli accordi analizzati rispetto alla normativa fiscale impone si analizzare non soltanto la fase di negoziazione e definizione degli indicatori, quanto piuttosto la fase attuativa e di gestione del premio di risultato.
Ebbene in entrambi i settori analizzati, si riscontrano prassi (spesso consolidate) che in alcuni casi evidenziano un uso di parametri fittizi facilmente raggiungibili e per tale motivo sospetti di essere, di fatto, erogazioni in cifra fissa. Peraltro, nella maggior parte dei casi, premi così strutturati, finiscono per essere utilizzati con scopi meramente distributivi senza incidere sulla motivazione dei dipendenti né sull’aumento della produttività o innovazione organizzativa. Inoltre, di frequente,
246 Cfr. art. 2, comma 2, del decreto interministeriale del 25 marzo 2016.
247 Cfr. Agenzia delle Entrate, circolare n. 26/2016.
negli accordi analizzati, le parti non hanno dato conto della variabilità del premio, della struttura e delle modalità di calcolo dello stesso.
Meritano un approfondimento ulteriore le intese in cui le aziende e le parti sindacali convengono di utilizzare più obiettivi ai fini dell’erogazione del premio (cd. “sistemi misti”)248: in questi casi, si rammenta, la detassazione opera su tutto l’importo erogato solo se gli obiettivi sono tra loro alternativi.
Pertanto, “qualora il contratto preveda espressamente che tali obiettivi rilevino autonomamente, in modo tale, quindi, che le somme messe a disposizione possano essere considerate alla stregua di singoli premi a sé stanti, strettamente - ed esclusivamente - legati al parametro/obiettivo assegnato, si ritiene che il regime di detassazione operi esclusivamente sul premio relativo agli obiettivi che abbiano registrato il requisito dell’incrementalità. Ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva se, in conformità alle previsioni del contratto, l’erogazione del premio è subordinata al raggiungimento di diversi obiettivi, fra di essi alternativi, è sufficiente il raggiungimento incrementale di uno solo di questi misurato sulla base di appositi indicatori”249.
Se, invece, il contratto aziendale prevede espressamente il raggiungimento di diversi obiettivi non alternativi tra loro, l’imposta sostitutiva si applica esclusivamente sulla parte di premio, i cui relativi parametri/indicatori abbiano rispettato il requisito dell’incrementalità.
Sul tema, peraltro, sono intervenuti alcuni chiarimenti normativi circa la corretta applicazione del premio di risultato da parte dell’Agenzia delle Entrate, con le circolari nn. 28/E del 15 giugno 2016 e 5/E del 29 marzo 2018, in cui si stabilisce che la strutturazione del premio di risultato è elemento ben distinto dal collegamento funzionale con indicatori che rispettino i criteri di incrementalità, misurabilità, verificabilità e imprevedibilità. Nello specifico, stando a questi chiarimenti, gli attori negoziali possono introdurre legittimamente elementi di differenziazione individuale del premio di risultato, secondo indicatori quantitativi output-oriented o qualitativi input-oriented, purché la sua dinamica sia correlata a obiettivi che rispettino i requisiti indicati dal decreto interministeriale del 25 marzo 2016250.
Infine, è opportuno interrogarsi su come debbano essere interpretati i parametri individuati dal decreto ai fini dell’erogazione del premio quando le intese prevedono un indicatore quale criterio di accesso al premio251.
248 Per il settore metalmeccanico si veda a titolo esemplificativo: Accordo BITRON; per il settore chimico si veda l’Accordo ALFASIGMA.
249 Agenzia delle Entrate, circolare n. 5/2018.
250 Per il settore metalmeccanico si veda Accordo EUROPROFILI GROUP; Accordo XXX.XX. Per il settore chimico si veda Accordo BIOLCHIM.
251 Per il settore metalmeccanico si veda Accordo DENSO THERMAL SYSTEM; Accordo COMECA.
In tal caso, ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva, è necessario il raggiungimento incrementale degli obiettivi, misurati sulla base di appositi indicatori, “indipendentemente dalla circostanza che, con riferimento alle modalità di determinazione del quantum, le parti abbiano concordato di graduarne l’erogazione in ragione del raggiungimento degli stessi o di diversi obiettivi”252.
6. Premio di risultato e cambiamenti dei modelli organizzativi: situazione attuale e possibili prospettive future.
La trasformazione digitale che avanza a ritmi crescenti richiede di prestare maggiore attenzione, non solo allo sviluppo delle tecnologie, ma soprattutto ai cambiamenti organizzativi e all’evoluzione di nuove competenze e modalità di lavoro.
Proprio nell’ambito di tale contesto, è opportuno interrogarsi su una possibile evoluzione dell’istituto del premio di risultato, nell’ottica di promuovere una organizzazione del lavoro sempre più strutturata per obiettivi.
Affinché il premio di risultato possa prefigurarsi come un istituto che può accompagnare i cambiamenti organizzativi aziendali, infatti, è necessario rilevare non soltanto “cosa”’ il prestatore di lavoro deve fare ma anche il “come”’ lo deve eseguire, mettendo in campo le proprie conoscenze e competenze253. Per arrivare a questo risultato, sembra peraltro fondamentale estendere la gestione del personale per obiettivi all’intera popolazione aziendale attraverso il superamento di atteggiamenti conflittuali tra capitale e lavoro e l’instaurazione di rapporti tra le parti sociali basati sulla fiducia reciproca. In tale contesto, il premio di risultato può rappresentare l’emblema della dinamica partecipativa tra lavoratori e impresa254. Tuttavia, dagli approfondimenti svolti sugli insiemi dei contratti analizzati, emerge un dato reale ancora distante da quello auspicato poiché, sebbene molti accordi contengano - comunemente nelle premesse - riferimenti alla responsabilizzazione del dipendente nel raggiungimento dei risultati, la prospettiva di orientamento agli obiettivi e di autonomia nella prestazione risulta fortemente ridimensionata nelle clausole contrattuali e nell’applicazione pratica delle stesse255.
L’analisi della prassi contrattuale, di entrambi i settori, ci restituisce, difatti, una struttura del premio di risultato ancora pressoché condizionata dai modelli organizzativi tipici del Novecento industriale, in cui la gestione dei lavoratori è basata sulla la logica del comando-controllo.
252 Cfr. Agenzia delle Entrate, circolare n. 5/2018; Agenzia delle Entrate, circolare n. 26/2016.
253 D. MOSCA, X. XXXXXXXXXX, La valorizzazione economica della professionalità nella contrattazione aziendale, in DRI, n. 3/26 - 2016. Xxxxxxx Editore, Milano.
254 D. MOSCA, X. XXXXXXXXXX, op cit.
255 Fonte: ADAPT, banca dati sulla contrattazione collettiva aziendale, xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
Attualmente, la contrattazione aziendale stabilisce i criteri per la misurazione della produttività generalmente solo a livello aggregato: invero, nel triennio oggetto di analisi, se da un lato emerge sempre più l’individualizzazione degli indicatori, ovvero la tendenza degli indici a diversificarsi a seconda degli specifici stabilimenti, aree aziendali o attività lavorative che inquadrano e caratterizzano i lavoratori beneficiari del sistema premiante, dall’altro gli indici relativi alla singola prestazione spesso funzionano come semplici correttori, finalizzati all’adeguamento del premio di risultato all’apporto individuale. Tra questi, i più diffusi e innovativi sono quelli che includono parametri su assenteismo, smaltimento delle ferie e riduzione degli infortuni.
Interrogarsi su di questa evidenza porta a una riflessione di più ampio respiro circa la possibilità di promuovere tramite il premio di risultato una organizzazione del lavoro per obiettivi e, nel contempo, promuovere una idea del lavoro che superi le rigidità organizzative e i caratteri di eterodirezione che hanno contraddistinto il lavoro del Novecento in favore di un paradigma di gestione delle persone incentrato sulla professionalità e sui risultati. Difatti, la concezione del rapporto di lavoro come un mero scambio lavoro-retribuzione va via via sfumando nell’operatività delle aziende, dove al lavoratore si richiede l’espressione di una professionalità e il raggiungimento di un risultato, piuttosto che lo svolgimento di una predeterminata mansione, con la conseguenza che lo schema tradizionale risulta invece inadatto a gestire dipendenti in modelli organizzativi in cui non rilevano più le mansioni quanto piuttosto la professionalità e le competenze.
In un contesto dinamico, come quello odierno, per far fronte alla flessibilità che il mercato richiede, è cruciale che la totalità dei membri dell’organizzazione sia gestita per obiettivi. Si ritiene, infatti, che il contributo di ogni lavoratore abbia un impatto sulla performance aziendale ed è per questo utile che tutti i dipendenti indirizzino la propria prestazione nella direzione del raggiungimento degli obiettivi dell’impresa.
In altri termini, come evidenziato in dottrina256, la produttività non dovrebbe più intendersi come la quantità di pezzi prodotti all’ora da un operaio, quanto piuttosto come il valore aggiunto per ora lavorata257: è verosimilmente possibile sostenere che un lavoratore sia oggi più produttivo perché maggiormente spendibile sulla postazione lavorativa, perché più capace di resistere allo stress ovvero di risolvere situazioni problematiche, oppure ancora perché più capace di aiutare i colleghi e di lavorare in squadra, producendo in tutti questi modi valore aggiunto all’impresa. Da questo punto di vista, la professionalità rappresenta l’input nel processo
256 M. D’ONGHIA, Un itinerario sulla qualità del lavoro, in RGL, vol. 1, n. 2, 2009, pp. 257-298.
257 Cfr. X. XXXXXXX, Xx lotta di classe dopo la lotta di classe, Laterza, Roma, 2013.
produttivo, determinando la qualità del prodotto e servizio e, conseguentemente, anche la vendibilità o competitività dello stesso258 .
Ciò può avvenire solo se a ciascuno di essi sono assegnati obiettivi condivisi e coerenti specificazioni di quelli macro-organizzativi, verso cui far tendere i loro sforzi, i quali confluiranno poi nei risultati dell’intera organizzazione.
È in questo quadro evolutivo che cresce l’importanza di approcci diversi alla gestione della retribuzione fondati su sistemi che apprezzano le competenze (“pay for competence”)259, il lavoro collaborativo e il contributo complessivo che i dipendenti danno allo sviluppo dell’organizzazione che integrano senza sostituirle
– le pratiche retributive (“pay for performance”) ormai consolidate e le politiche di merito del management (“pay for merit”)260.
Come accennato, tuttavia, nella prassi contrattuale analizzata, le intese che prevedono indicatori finalizzati alla valutazione dei dipendenti risultano ancora molto poche, meno del 10%261: ciò ci restituisce, ancora una volta, l’immagine di due settori merceologici all’interno dei quali si è ben xxxxxxx xxx compiere lo step decisivo verso un effettivo adeguamento delle politiche retributive ai nuovi modelli organizzativi concretamente adottati dalle stesse aziende.
Le remore nel compiere un passo avanti in questa direzione sembra mancare da ambo i lati delle relazioni industriali: se da un lato le parti datoriali sembrano intenzionate ad insistere nel voler preservare un approccio alla misurazione della performance lavorativa secondo i canoni tradizionali, che apparentemente garantiscono un maggiore “controllo” sul lavoratore stesso, dall’altro anche le rappresentanze sindacali non sembrano intenzionate ad adottare modelli che possano risultare più sfidanti e che implicherebbero una maggiore incertezza rispetto all’effettiva erogazione del premio, sia in termini di an che di quantum.
000 Xxx. X. XXXXXX, X. XXXXXXX, Xx empirical analysis of a skill-based pay program and plant performance outcomes, in The Academy of Management Journal, vol. 41, n. 1, 1998, pp. 68-78.
259 X. XXXXXXXXX, X XXXXX, Xxlating competencies to Pay: The UK experience, in Compensation & Benefits Review, 1998, n. 3, pp. 28-39; E. XXXXXX, X. XXXXXXX, A skill-based approach to human resource management, in European Management Journal, 1992, vol. 10, n. 4, pp. 383-391.
260 X. XXXXXXXXX, Xxxxxxxxx’x Xxxdbook of Strategic Human Resource Management, London, Xxxxx Page, 2016; X. XXXXXXXXX, Xxcompensare: sistemi di rewarding e politiche retributive in
X. XXXXXXXXX x X. PXXXXXX, Xxganizzazione e gestione delle risorse umane, Torino, II ed., 2016.
261 Accordo BRAWO, Accordo PRESSO FUSIONI SEBINE, Accordo SIEMENS, Accordo TENARIS DALMINE.
7. Il premio di risultato nel contesto di un’economia dematerializzata. Possibili indicatori per la misurazione della prestazione lavorativa nell’ambito del lavoro agile.
L’obbligazione del lavoratore, con il consolidarsi di un’economia dematerializzata e della conoscenza diventa sempre più generica e meno controllabile. In questo contesto, si accentua il contenuto multiforme dell’obbligazione retributiva che diventa un corrispettivo composito di uno scambio tra datore di lavoro e dipendente che avviene attraverso prestazioni, diverse e su più piani: quello del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e delle performance, quello dell’organizzazione del lavoro in sintonia con gli interessi del lavoratore, la fiducia reciproca tra le parti262.
Da questa prospettiva, la più importante esigenza organizzativa per le imprese diviene quella di essere capaci di riconoscere strutture motivazionali e di bisogni divenute ora più articolate e complesse, per individuare forme coerenti attraverso cui adempiere la controprestazione datoriale all’interno dello schema sinallagmatico previsto dal rapporto di lavoro.
Questo è forse il tratto più significativo della trasformazione del lavoro in atto, che rende più evidente la trama su cui viene intessuta la progressiva autonomia e responsabilizzazione richiesta ai lavoratori, pur sempre all’interno dello schema di subordinazione del rapporto di lavoro.
In questo contesto, appare di particolare interesse ed attualità svolgere uno specifico approfondimento circa l’evoluzione delle forme organizzative del lavoro in cui il lavoratore è retribuito maggiormente in funzione dei risultati e meno in funzione della presenza fisica in un determinato luogo di lavoro o del rispetto di un determinato orario, riflettere in particolare sul rapporto tra la disciplina del lavoro agile e quella del premio di risultato.
Il collegamento tra retribuzione di produttività e lavoro agile è di grande interesse se si considera che quest’ultimo costituisce una modalità di esecuzione della prestazione disancorata da due elementi che si consideravano essenziali del lavoro subordinato, il luogo e il tempo di lavoro appunto: il lavoro agile, come è noto, viene svolto al di fuori di un luogo fisso e in una collocazione temporale rimessa alle decisioni delle parti. Tutto questo può andare nella direzione di stimolare una maggiore produttività del lavoro, la cui remunerazione può avvalersi del beneficio fiscale.
L’art. 18 comma 4 della L. 81/2017263 prevede, difatti, che gli incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di
262 X. XXXXXXX, “Contractual integration” e rapporti di lavoro, Padova, CEDAM, 2004.
263 L’art. 18, comma 4, della L. 81/2017 quando richiama gli incentivi fiscali e contributivi collegati alla produttività e all’efficienza del lavoro subordinato fa un implicito rinvio alle disposizioni
produttività ed efficienza del lavoro subordinato sono applicabili anche quando l’attività lavorativa sia prestata in modalità di lavoro agile. Alcuni autori264 si sono interrogati sul significato da dare a tale disposizione: inizialmente si potrebbe ritenere che, in ossequio al principio di non discriminazione, tale previsione chiarisca semplicemente che al lavoratore agile debbano essere riconosciuti i premi di risultato al pari degli altri colleghi. In realtà, secondo parte della dottrina265, il significato da attribuire alla disposizione deve essere differente, trattandosi solo di una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa che consente di raggiungere quegli incrementi di produttività ed efficienza cui la legge collega determinate agevolazioni (fiscali e contributive). Ed infatti la promozione del lavoro agile, ai sensi dell’art. 18, comma 1, della L. 81/2017, si pone quale scopo quello di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Da ciò ne discende che la mera introduzione del lavoro agile non comporta di per sé l’accesso alla tassazione agevolata, essendo necessario verificare l’incremento dei criteri ad esempio di produttività, redditività o qualità, rispetto ad un periodo congruo.
Si può affermare che con la disposizione in commento il legislatore abbia perseguito un duplice obiettivo ovvero quello di promuovere l’utilizzo del lavoro agile ma senza destinargli ulteriori risorse statali di tipo finanziario, umano e strumentale, sfruttando la legislazione incentivante già vigente che ben si adatta, nei modi e nei termini suesposti, a questa modalità flessibile di lavoro subordinato266.
Alla luce di queste premesse, è opportuno chiedersi se dall’analisi dei contratti analizzati per il settore chimico e il settore metalmeccanico siano o meno deducibili degli indicatori e dei parametri utili per misurare la prestazione lavorativa del lavoro agile, anche nell’ottica di una possibile evoluzione futura dell’istituto.
È bene chiarire che ad oggi ad oggi solo un’intesa tra quelle esaminate per entrambi i settori prende in considerazione lo svolgimento della prestazione in modalità agile ai fini del premio di risultato267.
emanate dall’art.1, comma 182-191 della L. 208/2015 (c.d. legge di stabilità per il 2016), successivamente modificate dalla L. 232/2016 (c.d. legge di stabilità per il 2017) e dal D.l. 50/2017, convertito dalla L. 96/2017.
264 P. RAUSEI, Lavoro autonomo e agile, Ipsoa, 2017, pp.41 ss.; X. XXXXXXXX (a cura di), La nuova frontiera del lavoro: autonomo-agile-occasionale, ADAPT University Press, 2018, pp. 399
– 409; cfr. M MENEGOTTO, Produttività, sistemi di incentivazione e lavoro agile, in QGL, 2016, n. 2, pp. 69 -76.
265 X. XXXXXXXX, Produttività, efficienza e lavoro agile, in X. XXXXXXXX (a cura di), La nuova frontiera del lavoro: autonomo-agile-occasionale, ADAPT University Press, 2018, pp. 399 – 409. 266 X. XXXXXXXX, op.cit.
267 Si veda il verbale di accordo CAPGEMINI in cui tra gli indicatori del premio di risultato (efficienza organizzativa) figura il rapporto tra il numero di giorni lavorati in modalità di lavoro agile ed il numero di giorni lavorati complessivamente considerati.
La scarsa diffusione del lavoro agile quale indicatore all’interno della struttura del premio di risultato può essere dovuto ad una serie di motivi: uno dei principali, parrebbe la difficoltà a valutare in termini economici la prestazione di lavoro agile, peraltro spesso non applicabile a tutti i dipendenti: ad esempio, gli operai, per le mansioni svolte ne rimarrebbero esclusi.
L’autonomia nella collocazione spazio-temporale della prestazione risulta incompleta se non inserita in dinamiche organizzative e di gestione delle persone che valorizzino la professionalità espressa in termini di competenze, conoscenze e apporto, individuale e di gruppo, alla creazione di valore per l’impresa e per la collettività.
In particolare, la dimensione del lavoro agile nella contrattazione aziendale risulta ancora essere quella legata, per quanto attiene al lavoratore, alla conciliazione vita- lavoro, e per quanto riguarda l’ottica datoriale, ad un aumento della produttività e di una riduzione dei costi per le strutture di lavoro ma non è ancora intesa quale forma di organizzazione del lavoro finalizzata ad incentivare la produttività tramite l’istituto del premio di risultato268.
Partendo dal dato reale sin qui descritto, nell’ottica di una prospettiva futura di medio termine, si ritiene che la correlazione tra lavoro agile e premio di risultato potrebbe essere incentivata mediante l’utilizzo di sistemi premianti cd. “skill- based”, ovvero quei modelli di salario variabile direttamente collegati alle competenze espresse del singolo lavoratore rispetto a quelle richieste.
Tali sistemi, considerano i comportamenti lavorativi misurabili dei lavoratori, e cioè le conoscenze (il bagaglio di sapere specifico, gestionale, nonché organizzativo richiesto dalla professione), le capacità (le abilità professionali connesse allo svolgimento dell’attività) ed i comportamenti (come il lavoratore si comporta nel contesto organizzativo e nella rete del sistema aziendale)269.
Questa prospettiva, peraltro, non risulta totalmente disancorata dalla realtà e appare concretamente percorribile, se si considera che già oggi alcune delle intese analizzate inseriscono tra i criteri di erogazione del premio di risultato alcuni criteri connessi all’accrescimento della professionalità dei lavoratori270: è da qui che si potrebbe partire per individuare strumenti di misurazione della performance lavorativa svolta in modalità agile, da coniugare all’erogazione di forme di retribuzione incentivante di carattere variabile, quali appunto il premio di risultato.
268 X. XXXXXXXXXX, X. X’XXXXXX, Verso il futuro del lavoro, analisi e spunti sul lavoro agile e autonomo, in ADAPT University Press E-book series 2016, n. 50, pp.75 ss.
269 Cfr. X. XXXXX, X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Contrattazione a livello di impresa: partecipazione allo sviluppo delle competenze versus partecipazione ai risultati finanziari, in LRI, n. 2, 1999, pp. 115-152.
270 Cfr. Accordo BRAWO, Accordo PRESSO FUSIONI SEBINE, Accordo SIEMENS, Accordo TENARIS DALMINE.
In conclusione, dunque, il modello del lavoro agile, dove spazi e tempi, ma anche direttive cambiano forma, richiede uno sforzo degli attori del sistema di relazioni industriali: difatti, la presa di coscienza di un ormai irreversibile cambiamento delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, dovrebbe accompagnarsi ad un cambio di passo, principalmente culturale, delle parti sociali. In altri termini, la valorizzazione economica della professionalità, la quale implica un incentivo allo sviluppo di determinate competenze (soprattutto digitali) ed un diretto arricchimento del capitale umano, richiede una maggiore consapevolezza della cultura del merito da parte delle aziende, ma anche da parte delle rappresentanze sindacali.
Conclusioni
Il presente elaborato, dopo una ricostruzione dei tratti principali della disciplina del premio di risultato, nonché della normativa riguardante le politiche fiscali e contributive di vantaggio messe in atto in materia dal legislatore, approfondisce in modo quanto più possibile organico il rapporto sussistente tra salario e produttività, partendo da un breve excursus storico che, sia pure in estrema sintesi, si pone l’obiettivo di dare evidenza dell’evoluzione e del conseguente sviluppo delle relazioni industriali rispetto a questa tematica.
Come illustrato nel corso della trattazione, sin dal 1993271, le parti sociali hanno tentato di stimolare il ricorso al c.d. salario di produttività, invocando al contempo misure legislative di sostegno che ne favorissero la diffusione. Si sono quindi susseguiti negli anni diversi interventi volti a favorire, specie – come accennato – sul piano contributivo e fiscale, la connessione tra trattamento retributivo e produttività. Questo processo, non sempre lineare, ha raggiunto un importante traguardo con l’entrata in vigore della legge 28 dicembre 2015, n. 208 che, sulla scia di precedenti provvedimenti normativi, ha reintrodotto e reso strutturale un regime di fiscalità agevolata per i premi di risultato connessi a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione.
Al riguardo, con lo studio di ricerca svolto si è inteso investigare, anche tramite la ricostruzione dell’intenso dibattito dottrinale occorso in materia, l’evoluzione del concetto di retribuzione variabile e più in generale le dinamiche della corrispettività, con un particolare riferimento all’attualità del precetto costituzionale di cui all’art. 36 Cost.272, alla luce dei mutamenti organizzativi del lavoro.
Nella trattazione si è rilevato, invero, come, nel contesto economico attuale, connotato dalla globalizzazione dei processi produttivi e dei consumi, la stessa nozione di rapporto di lavoro subordinato (e tutto ciò che da essa discende), si stia sempre di più distaccando dagli schemi giuridici tradizionali: si assiste, in altre parole, ad una crescente disarticolazione dei tempi e delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, a cui spesso i policy makers non riescono a rispondere con la velocità che un mercato concorrenziale imporrebbe di avere.
Esemplificativo di questa tendenza è il modello del lavoro agile273, rispetto al quale si pone il problema di come ripensare le dinamiche della corrispettività, in presenza
271 X. XXXX, L’accordo del 23 luglio 1993: assetto contrattuale e struttura della retribuzione, in RGL, 1993, pp. 215 ss.
272 X. XXXXXXXX, Xxxxxx retribuzione e contratti di lavoro. Verso un salario minimo legale? Xxxxxx Xxxxxx, 2018, pp. 25 ss., qui p. 40.
273 X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXX, L.M. XXXXXX, X. XXXXXXXXXX (a cura di), Guida pratica
al lavoro agile dopo la legge n. 81/2017, ADAPT University Press, 2017 pp. 112 ss.; C.
di una organizzazione incentrata sugli obiettivi, più che sul tempo di lavoro, su cui si ritornerà di seguito.
La necessità di integrare la trattazione teorica con la realtà pratica ha imposto poi di dedicare una seconda sezione dell’elaborato all’osservazione e all’analisi di due insiemi di cinquanta contratti collettivi di secondo livello, sottoscritti da importanti aziende nel settore metalmeccanico e chimico-farmaceutico, durante il triennio 2017- 2019. L’analisi svolta poi è sfociata, nella terza sezione, in un confronto organico della disciplina relativa ai premi di risultato degli insiemi di accordi presi in considerazione nei due settori, mediante il puntuale raffronto dei principali elementi che connotano gli stessi, nonché mettendo in evidenza le analogie e le differenze che ne caratterizzano la struttura e il funzionamento, anche nell’ottica delle possibili prospettive future dell’istituto.
Come forse prevedibile, nei due insiemi di accordi analizzati, gli indicatori della produttività e della redditività sono risultati di gran lunga i più diffusi, seguiti da quei parametri volti a misurare la qualità di output e processi. Tuttavia, l’esame svolto ha evidenziato anche un utilizzo sempre crescente nel corso del triennio di riferimento di indicatori relativi alla sostenibilità ambientale, alla sicurezza nei luoghi di lavoro e alla riduzione dell’assenteismo.
Si è cercato di identificare, inoltre, non solo le strategie complessive delle imprese, ma anche le scelte operate sui meccanismi di aggancio della contrattazione di secondo livello ai premi di risultato, in particolare sotto la lente dell’innovazione, dell’organizzazione del lavoro e della valorizzazione del capitale cognitivo in azienda.
Negli accordi analizzati, tuttavia, si registra una scarsa propensione a fissare obiettivi connessi all’innovazione. Del resto, si tratta di una tendenza che riguarda la contrattazione di secondo livello nel suo complesso: come già detto, nella determinazione degli obiettivi da conseguire, la “leva principale sembra essere quella dei parametri improntati a redditività, produttività e presenza, mentre più limitati sono fattori quali la partecipazione dei lavoratori, l’efficienza e l’innovazione”274.
Più in generale, l’approfondimento relativo alla compatibilità degli schemi incentivanti con la legislazione fiscale promozionale ha fatto emergere un utilizzo diffuso di obiettivi facilmente raggiungibili e, per tale motivo, sospetti di essere, di fatto, erogazioni salariali in cifra fissa.
XXXXXXXX, Produttività, efficienza e lavoro agile, in X. XXXXXXXX (a cura di), La nuova frontiera del lavoro: autonomo-agile-occasionale, ADAPT University Press, 2018, pp. 399 – 409.
274 Cfr. FDV, CGIL, Primo Rapporto sulla contrattazione di secondo livello, Roma, Fondazione Xxxxxxxx di Xxxxxxxx, 2019; X. XXXXXXX, M. RESCE, L’obiettivo innovazione nella contrattazione di secondo livello, Studio di casi di imprese beneficiarie degli incentivi al premio di risultato, 2020.
Peraltro, nella maggior parte dei casi, premi così strutturati, finiscono per essere utilizzati con scopi meramente distributivi, senza incidere sulla motivazione dei dipendenti né sull’aumento della produttività o dell’innovazione organizzativa. Solo in alcuni casi, il ricorso alla misura governativa, oltre alla convenienza di ridurre il cuneo fiscale, è stata occasione per definire nuovi modelli di accordi decentrati ed è stata utile ad accompagnare processi di riorganizzazione interna.
L’analisi della prassi contrattuale mostra, invero, che il sistema di incentivi fiscali risulta a volte paradossalmente limitante, perché incapace di adattarsi ad un sistema premiale calibrato sulle performance individuali piuttosto che su quelle collettive. Negi contratti analizzati, è emerso infatti che gli schemi incentivanti di retribuzione variabile valorizzano prevalentemente la dimensione collettiva della performance, agganciando la dinamica retributiva a indicatori di redditività (profit-sharing) aziendali o indicatori di produttività e qualità (gain-sharing) dell’unità organizzativa (stabilimento, area, reparto produttivo, gruppo di lavoro)275.
La dimensione individuale della performance, in genere, viene ricondotta limitatamente al tasso di assenteismo/presenza, nell’ottica di sanzionare le ipotesi di abuso da parte del lavoratore rispetto alla fruizione di diritti e tutele connesse alla prestazione di lavoro. In pochissimi casi si evidenzia l’uso di sistemi di valutazione delle performance focalizzati sulla dimensione qualitativa delle prestazioni di lavoro, con l’obiettivo di orientare i comportamenti dei lavoratori rispetto alla strategia della direzione aziendale. Da ciò si evince come le aziende, più che perseguire finalità di incremento della produttività e competitività, hanno generalmente utilizzato questo strumento retributivo con l’obiettivo di armonizzare una piccola quota del costo del lavoro alla capacità di pagare (ability to pay).
Non si può trascurare, tuttavia, come in alcuni casi, certamente minoritari, il ricorso alla misura governativa è stato effettivamente utilizzato, oltre che per l’ovvia convenienza di ridurre il cuneo fiscale, anche al fine di accompagnare processi di riorganizzazione interna: in questi casi, le imprese hanno adottato sistemi premiali aventi una esplicita funzione incentivante e motivazionale, attraverso la riorganizzazione del lavoro e l’acquisizione e il rafforzamento delle competenze (skill-based payment system).
Per tali ragioni, è verosimile ipotizzare che la scarsa efficacia della contrattazione di secondo livello sulla performance del sistema produttivo sia attribuibile anche al fatto che la stessa solo raramente ha inciso in modo determinante sulla performance d’azienda in termini di innovazione organizzativa, di sviluppo delle competenze e di crescita del capitale umano.
In particolare, pur riconoscendo il valore motivazionale degli incentivi economici, parte della dottrina ha osservato come l’efficacia di un sistema premiante dipenda
275 X. XXXXXXXX, X. ORIGO, Performance-related pay and firm productivity: evidence from a reform in the structure of collective bargaining, ILR Review, 2015, n. 3, pp. 606-632.
anche dalla configurazione organizzativa della impresa276. In tal senso, è necessario disegnare una organizzazione funzionale ad allineare gli interessi e gli obiettivi del management con quelli dei lavoratori.
L’efficacia di un siffatto sistema premiante nel motivare il singolo lavoratore non deve essere valutata isolatamente, ma deve essere considerata nel contesto organizzativo e sociale in cui è inserito, che ne determina il successo o meno277.
A tal fine, la costruzione del premio deve essere raccordata agli obiettivi strategici aziendali e deve essere sostenuta da appropriate misure organizzative, che favoriscano la identificazione delle persone con le scelte e le prerogative manageriali, in modo tale da incentivare assunzioni di responsabilità e volontà di miglioramento da parte dei lavoratori su efficacia ed efficienza dei processi organizzativi278. Alla luce delle evidenze empiriche emerge, infatti, come i premi di risultato dipendono dai diversi fattori chiave: dalla dimensione quantitativa del salario variabile rispetto a quella fissa, dal grado di influenza e partecipazione dei lavoratori e dal tipo di indicatori prescelti. Non basta che gli attori sociali si limitino al solo rispetto formale delle procedure, poiché il valore dell’esperimento legislativo si verificherà nella capacità di gestire con spirito collaborativo gli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza, innovazione individuati dalla normativa e più in generale nel miglioramento complessivo della qualità delle relazioni industriali e della vita aziendale.
A tal proposito, anche per i rappresentanti dei lavoratori diviene necessaria una maggiore e più sofisticata capacità di ascolto delle esigenze dei lavoratori rispetto al passato ed una visione del lavoro adeguata ad accogliere le innovazioni di quest’epoca. I sindacati, infatti, cogliendo opportunamente le sollecitazioni del legislatore anche riguardo i temi di partecipazione e del coinvolgimento dei lavoratori, potranno concorrere a ridisegnare le politiche di remunerazione e gestione del capitale umano.
Sarebbe, quindi, auspicabile, al tal fine, incentivare l’adozione iniziative di carattere formativo per quanti svolgano un ruolo importante nella negoziazione e nel monitoraggio del premio di risultato: per migliorare la prassi contrattuale, basterebbe difatti introdurre meccanismi più trasparenti di collegamento tra salari e risultati di impresa, verso obiettivi di crescita dei primi in virtù di massicce dosi di cambiamento tecnologico e organizzativo.
In quest’ottica, il CCNL avrebbe un ruolo certamente più contenuto, di cornice istituzionale in grado di fissare linee guida di coordinamento, mentre la
276 X. XXXXXXX, L’impresa moderna, Il Mulino, 2006, pp. 121 ss.
277 X. XXXXXXX, R.I. XXXXXX, Do financial incentives drive company performance? An evidence based approach to Motivation and rewards, Hard Facts, Dangerous Half Truths and total non- sense: profiting from evidence based management, Harvard Business School Press, n. 1, 2006.
278 X. XXXXXX, Organization and markets, Journal of Economic Perspectives, 1981, pp. 25 ss.