Commento. La sentenza si inserisce all’interno del dibattito concernente la natura giuridica e, più precisamente, l’essenza della funzione economico-sociale che l’operazione di factoring persegue. Come noto, il contratto di factoring presenta, accanto a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione da parte di un imprenditore della titolarità dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa (con la possibilità di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamento), la compresenza di plurime operazioni aventi a oggetto la gestione dei crediti ceduti1. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx è stato un acceso dibattito circa la sussistenza o meno di effetti traslativi derivanti dal perfezionamento di un contratto di factoring. Secondo parte della dottrina2, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico del contratto di mandato di gestione dei crediti (causa mandati), eventualmente collegato ad un contratto di finanziamento o di garanzia. Si tratterebbe, più precisamente, di un contratto mediante il quale il cedente conferisce al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzione, i crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti in cui tale cessione sia necessaria per consentire al factor di svolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, gestione, recupero crediti, ecc.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. Conseguentemente, la cessione dei crediti sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di quanto disposto dall’art. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr., x. Xxxx. civ., sez. III, 24 giugno 2003, n. 10004, in Nuova giur. comm. 2004, 158; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2001, n. 684, in Contratti 2001, 564 (con nota di XXXXXX); Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2000, n. 4654, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI).
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Commento. La sentenza si inserisce all’interno in commento costituisce applicazione dell’art. 118 del dibattito concernente la natura giuridica eD. Lgs. 1° settembre 1993, più precisamente, l’essenza della funzione economico-sociale che l’operazione di factoring persegue. Come noton. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), il contratto quale consente alle banche e agli intermediari finanziari, nell’ambito delle operazioni e servizi bancari e finanziari, la modifica delle originarie condizioni contrattuali. Il CICR, in conformità alla disposizione di factoring presentalegge primaria, accanto a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione da parte con Deliberazione del 4 marzo 2003, aveva stabilito, all’art. 11, che le modifiche dovessero essere comunicate al cliente con chiara evidenziazione delle variazioni intervenute; le variazioni sfavorevoli generalizzate potevano tuttavia essere comunicate alla clientela in modo impersonale, mediante apposite inserzioni in Gazzetta Ufficiale, purché successivamente comunicate al cliente alla prima occasione utile, nell’ambito delle comunicazioni periodiche o di quelle riguardanti operazioni specifiche. La disciplina ha subito una prima incisiva modifica con il D. L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella L. 4 agosto 0000, x. 000 (xx c.d. primo decreto Bersani sulle liberalizzazioni) il quale ha richiesto, quale requisiti per l’efficacia della modifica unilaterale, sia la necessaria sussistenza di un imprenditore della titolarità giustificato motivo4, sia la comunicazione individuale al cliente, con preavviso minimo di trenta giorni5. Con lo stesso intervento normativo è stato introdotto il principio per cui le variazioni dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa (tassi di interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria dovessero riguardare sia i tassi debitori sia i tassi creditori e applicarsi con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente6. L’ulteriore novella del D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 141 ha poi distinto la possibilità disciplina tra i contratti a tempo indeterminato, nell’ambito dei quali la modifica unilaterale può riguardare qualsiasi condizione prevista dal contratto, e gli altri contratti di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamento)durata, nell’ambito dei quali la compresenza di plurime operazioni modifica unilaterale può riguardare esclusivamente le clausole non aventi a oggetto la gestione dei crediti ceduti1i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx La disposizione oggi vigente è stato un acceso dibattito circa la sussistenza o meno dunque il portato di effetti traslativi derivanti dal perfezionamento di un contratto di factoring. Secondo parte della dottrina2, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico del contratto di mandato di gestione dei crediti (causa mandati), eventualmente collegato ad un contratto di finanziamento o di garanzia. Si tratterebbe, più precisamente, di un contratto mediante il quale il cedente conferisce al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzione, i crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti in cui tale cessione sia necessaria per consentire al factor di svolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, gestione, recupero crediti, eccnumerosi innesti che hanno profondamento mutato l’originaria previsione legislativa9.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. Conseguentemente, la cessione dei crediti sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di quanto disposto dall’art. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr., x. Xxxx. civ., sez. III, 24 giugno 2003, n. 10004, in Nuova giur. comm. 2004, 158; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2001, n. 684, in Contratti 2001, 564 (con nota di XXXXXX); Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2000, n. 4654, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI).
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Commento. La Nella sentenza in commento il Tribunale di Milano si inserisce all’interno interroga su uno degli aspetti fondamentali – nonché una delle obbligazioni principali – del dibattito concernente contratto di factoring, vale a dire la natura giuridica egaranzia della solvenza del debitore o dei debitori ceduti. Più specificamente, più precisamente, l’essenza la pronuncia in oggetto analizza la questione della funzione economico-sociale che l’operazione di factoring persegue. Come noto, il sua operabilità nei confronti del factor successivamente allo scioglimento del contratto di factoring presentae alla retrocessione dei crediti al creditore cedente nonché della natura giuridica della stessa garanzia. La garanzia pro soluto oggetto della controversia era disciplinata da clausola contrattuale pattuita tra le parti, accanto a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione la quale prevedeva l’assunzione da parte del factor del rischio di insolvenza dei debitori ceduti in relazione ad alcuni crediti concordati tra le parti. Orbene, quanto alla fonte normativa regolante tale garanzia, in un imprenditore primo momento – data l’atipicità del contratto di factoring22 – si era fatto ricorso per analogia all’istituto della titolarità cessione dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa (disciplinato dagli artt. 1260 – 1267 c.c., e in particolare all’art. 1267 c.c., norma che regola la garanzia della solvenza del debitore. Tuttavia, l’applicazione di tali articoli alla fattispecie contrattuale del factoring si è rivelata fin da subito del tutto inidonea alle esigenze degli operatori economici e alle prassi contrattuali23. A fronte della tanto auspicata regolamentazione della materia, il legislatore è infine intervenuto – come noto – con la possibilità legge 21 febbario 1991, n. 52 (Disciplina della cessione dei crediti di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamentoimpresa), la compresenza quale, all’art. 4 stabilisce che: “Il cedente garantisce, nei limiti del corrispettivo pattuito, la solvenza del debitore, salvo che il cessionario rinunci, in tutto o in parte, alla garanzia”. Si capovolge radicalmente il principio di plurime operazioni aventi a oggetto cui all’art. 1267 c.c.: la gestione garanzia della solvenza del debitore grava ex lege sul cedente dei crediti ceduti1. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx è stato un acceso dibattito circa la sussistenza o meno di effetti traslativi derivanti dal perfezionamento di un contratto di factoring. Secondo parte della dottrina2, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico d’impresa costituendo naturale negotii del contratto di mandato cessione, prevedendo al contempo la possibilità per il cessionario di gestione dei crediti (causa mandati)rinunziarvi - in tutto o in parte - per iscritto24. Al contrario, eventualmente collegato ad un contratto di finanziamento o di garanzia. Si tratterebbe, più precisamente, di un contratto mediante il quale il cedente conferisce al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzione, i crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti in cui tale cessione sia necessaria per consentire al factor di svolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, gestione, recupero crediti, ecc.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. Conseguentemente, la cessione dei crediti sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di quanto disposto dall’art. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr., x. Xxxx. civ., sez. III, 24 giugno 2003, n. 10004, in Nuova giur. comm. 2004, 158; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2001, n. 684, in Contratti 2001, 564 (con nota di XXXXXX); Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2000, n. 4654, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI).principio espresso
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Commento. La sentenza si inserisce all’interno Con l’ordinanza qui in commento, la Suprema Corte torna ad affrontare una tematica sia di indubbio interesse teorico sia di notevole rilevo empirico, ossia la soggezione degli interessi moratori, previsti dai contratti bancari, alla normativa anti- usura (e dunque le conseguenze civilistiche ove un contratto bancario preveda ab origine interessi moratori eccedenti rispetto al c.d. tasso-soglia). Con encomiabile completezza argomentativa e con accurata ricostruzione esegetica, la Corte di Cassazione – sul solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato1(sia pur non pacifico, non mancando orientamenti contrari)2 – ribadisce che, nella prospettiva della normativa anti-usura, non vi è differenza tra interessi corrispettivi ed interessi moratori: il divieto di pattuire interessi superiori al saggio massimo legale (il c.d. xxxxx-xxxxxx) vale infatti per entrambi. In via del dibattito concernente la natura giuridica tutto incidentale (e, più precisamenteinvero, l’essenza con minore sforzo argomentativo), la Corte di Cassazione ha altresì modo di specificare che: (a) in caso di interessi corrispettivi ab origine superiori al tasso-soglia, sarà applicabile l’art. 1815, secondo comma, cod. civ., con la conseguenza che non saranno dovuti interessi; mentre (b) in caso di interessi moratori convenuti in misura superiore al tasso-soglia, non troverà applicazione il citato art. 1815, secondo comma, cod. civ. e, di fronte alla nullità della funzione economico-sociale che l’operazione di factoring persegueclausola, bisognerà attribuire al danneggiato gli interessi al tasso legale. Come noto, il contratto l’art. 2 della Legge n. 108 del 7 marzo 1996 (di factoring presenta, accanto a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione da parte seguito anche “Legge Anti Usura”)3 vieta di un imprenditore della titolarità dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa (con la possibilità di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamento), la compresenza di plurime operazioni aventi a oggetto la gestione dei crediti ceduti1. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx è stato un acceso dibattito circa la sussistenza o meno di effetti traslativi derivanti dal perfezionamento di un contratto di factoring. Secondo parte della dottrina2, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico del contratto di mandato di gestione dei crediti (causa mandati), eventualmente collegato ad un contratto di finanziamento o di garanzia. Si tratterebbe, più precisamente, di un contratto mediante il quale il cedente conferisce al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzione, i crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti in cui tale cessione sia necessaria per consentire al factor di svolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, gestione, recupero crediti, ecc.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. Conseguentemente, la cessione dei crediti sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di quanto disposto dall’art. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr., x. Xxxx. civ., sez. III, 24 giugno 2003, n. 10004, in Nuova giur. comm. 2004, 158; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2001, n. 684, in Contratti 2001, 564 (con nota di XXXXXX); Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2000, n. 4654, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI).pattuire
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Commento. La sentenza si inserisce all’interno Con l’ordinanza qui in commento, la Suprema Corte torna ad affrontare una tematica sia di indubbio interesse teorico sia di notevole rilevo empirico, ossia la soggezione degli interessi moratori, previsti dai contratti bancari, alla normativa anti- usura (e dunque le conseguenze civilistiche ove un contratto bancario preveda ab origine interessi moratori eccedenti rispetto al c.d. tasso-soglia). Con encomiabile completezza argomentativa e con accurata ricostruzione esegetica, la Corte di Cassazione – sul solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato1(sia pur non pacifico, non mancando orientamenti contrari)2 – ribadisce che, nella prospettiva della normativa anti-usura, non vi è differenza tra interessi corrispettivi ed interessi moratori: il divieto di pattuire interessi superiori al saggio massimo legale (il c.d. tasso-soglia) vale infatti per entrambi. In via del dibattito concernente la natura giuridica tutto incidentale (e, più precisamenteinvero, l’essenza con minore sforzo argomentativo), la Corte di Cassazione ha altresì modo di specificare che: (a) in caso di interessi corrispettivi ab origine superiori al tasso-soglia, sarà applicabile l’art. 1815, secondo comma, cod. civ., con la conseguenza che non saranno dovuti interessi; mentre (b) in caso di interessi moratori convenuti in misura superiore al tasso-soglia, non troverà applicazione il citato art. 1815, secondo comma, cod. civ. e, di fronte alla nullità della funzione economico-sociale che l’operazione di factoring persegueclausola, bisognerà attribuire al danneggiato gli interessi al tasso legale. Come noto, il contratto l’art. 2 della Legge n. 108 del 7 marzo 1996 (di factoring presenta, accanto a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione da parte seguito anche “Legge Anti Usura”)3 vieta di un imprenditore della titolarità dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa (con la possibilità di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamento), la compresenza di plurime operazioni aventi a oggetto la gestione dei crediti ceduti1. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx è stato un acceso dibattito circa la sussistenza o meno di effetti traslativi derivanti dal perfezionamento di un contratto di factoring. Secondo parte della dottrina2, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico del contratto di mandato di gestione dei crediti (causa mandati), eventualmente collegato ad un contratto di finanziamento o di garanzia. Si tratterebbe, più precisamente, di un contratto mediante il quale il cedente conferisce al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzione, i crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti in cui tale cessione sia necessaria per consentire al factor di svolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, gestione, recupero crediti, ecc.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. Conseguentemente, la cessione dei crediti sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di quanto disposto dall’art. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr., x. Xxxx. civ., sez. III, 24 giugno 2003, n. 10004, in Nuova giur. comm. 2004, 158; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2001, n. 684, in Contratti 2001, 564 (con nota di XXXXXX); Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2000, n. 4654, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI).pattuire
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Commento. La pronuncia in esame, confermando la più recente giurisprudenza di merito1, confuta la tesi della cumulatività tra interessi moratori e corrispettivi ai fini della verifica del rispetto del tasso soglia oltre il quale gli interessi sono da considerarsi usurari ai sensi della L. 108/1996. A fare da sfondo al dibattito dottrinale e giurisprudenziale sotteso alla sentenza si inserisce all’interno del dibattito de qua è la più ampia e controversa quaestio concernente la natura giuridica l’assoggettabilità degli interessi moratori alla disciplina antiusura e, più precisamenteconseguentemente, l’essenza della funzione economico-sociale l’individuazione dei meccanismi di calcolo degli stessi. Le incertezze in materia discendono direttamente dall’intervento operato dal Legislatore del 1996 all’art. 644 c.p. che, nella sua attuale formulazione, al primo comma sembra riferirsi ai soli interessi corrispettivi, laddove invece al quarto comma, attraverso l’inclusione delle “spese” nel computo degli interessi dovuti, pare prescrivere una valutazione omnicomprensiva che l’operazione tenga conto anche degli interessi moratori2. Neppure il successivo intervento chiarificatore operato con la Legge di factoring persegueinterpretazione autentica n. 24 del 28 febbraio 2001, che ha definito usurari gli interessi richiesti in misura superiore al limite di legge “a qualunque titolo” (art. Come noto1, comma 3, L. 108/1996), ha permesso di superare i dubbi interpretativi. Da tali interventi normativi è disceso il contratto di factoring presenta, accanto a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione da parte consolidarsi di un imprenditore orientamento giurisprudenziale che, sebbene dimostrando incertezze con riferimento all’applicabilità agli interessi moratori del medesimo indice di usurarietà previsto per gli interessi corrispettivi, afferma la sostanziale equiparazione delle due categorie ai fini della titolarità dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa (L. 108/19963. Questo indirizzo si è consolidato con la possibilità sentenza della Corte di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamento)Cassazione del 9 gennaio 2013, la compresenza di plurime operazioni aventi a oggetto la gestione dei crediti ceduti1. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx è stato un acceso dibattito circa la sussistenza o meno di effetti traslativi derivanti dal perfezionamento di un contratto di factoring. Secondo parte n. 3504, che ha sancito che anche gli interessi moratori rilevano ai fini della dottrina2, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico del contratto di mandato di gestione dei crediti (causa mandati), eventualmente collegato valutazione dell’usurarietà degli interessi applicati ad un contratto di finanziamento o mutuo, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1815 c.c. e dell’art. 644 c.p.5 Dall’applicabilità della L. 108/1996 agli interessi di garanziamora deriverebbe altresì il dovere di valutare il loro eventuale carattere usurario alla luce del tasso soglia6, anche attraverso il ricorso alla sommatoria con gli interessi corrispettivi7. Si tratterebbe, più precisamente, Il fondamento giuridico di un contratto mediante il quale il cedente conferisce al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzione, i crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti in cui tale cessione sia necessaria per consentire al factor di svolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, gestione, recupero crediti, ecc.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. Conseguentemente, la cessione dei crediti ricostruzione sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di quanto disposto dall’artricercarsi nella sostanziale e funzionale 1 Trib. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr., x. Xxxx. civ.Bari, sez. IIIIV, 24 giugno 20031 luglio 2016, n. 100043674; Trib. Napoli Nord, in Nuova giur20 giugno 2016, n. 939; Trib. comm. 2004, 158; Cass. civ.Milano, sez. IVI, 8 marzo 2016, n. 3021; Trib. Trento, 18 gennaio 2001febbraio 2016, n. 684, in Contratti 2001, 564 (con nota di XXXXXX)161; CassTrib. civ.Milano, sez. IVI, 12 aprile 200027 ottobre 2015, n. 465411997; Trib. Reggio Xxxxxx, sez. II, 6 ottobre 2015, n. 1297; Trib. Roma, sez. IX, 7 maggio 2015, tutte in xxxxxxxxxxx.xx; Trib. Roma, sez. IV, 16 settembre 2014, n. 41860, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI)xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
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