Common use of Commento Clause in Contracts

Commento. La sentenza in commento costituisce applicazione dell’art. 118 del D. Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), il quale consente alle banche e agli intermediari finanziari, nell’ambito delle operazioni e servizi bancari e finanziari, la modifica delle originarie condizioni contrattuali. Il CICR, in conformità alla disposizione di legge primaria, con Deliberazione del 4 marzo 2003, aveva stabilito, all’art. 11, che le modifiche dovessero essere comunicate al cliente con chiara evidenziazione delle variazioni intervenute; le variazioni sfavorevoli generalizzate potevano tuttavia essere comunicate alla clientela in modo impersonale, mediante apposite inserzioni in Gazzetta Ufficiale, purché successivamente comunicate al cliente alla prima occasione utile, nell’ambito delle comunicazioni periodiche o di quelle riguardanti operazioni specifiche. La disciplina ha subito una prima incisiva modifica con il D. L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella L. 4 agosto 0000, x. 000 (xx c.d. primo decreto Bersani sulle liberalizzazioni) il quale ha richiesto, quale requisiti per l’efficacia della modifica unilaterale, sia la necessaria sussistenza di un giustificato motivo4, sia la comunicazione individuale al cliente, con preavviso minimo di trenta giorni5. Con lo stesso intervento normativo è stato introdotto il principio per cui le variazioni dei tassi di interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria dovessero riguardare sia i tassi debitori sia i tassi creditori e applicarsi con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente6. L’ulteriore novella del D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 141 ha poi distinto la disciplina tra i contratti a tempo indeterminato, nell’ambito dei quali la modifica unilaterale può riguardare qualsiasi condizione prevista dal contratto, e gli altri contratti di durata, nell’ambito dei quali la modifica unilaterale può riguardare esclusivamente le clausole non aventi a oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo. La disposizione oggi vigente è dunque il portato di numerosi innesti che hanno profondamento mutato l’originaria previsione legislativa9.

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Commento. La sentenza Con l’ordinanza qui in commento costituisce applicazione dell’artcommento, la Suprema Corte torna ad affrontare una tematica sia di indubbio interesse teorico sia di notevole rilevo empirico, ossia la soggezione degli interessi moratori, previsti dai contratti bancari, alla normativa anti- usura (e dunque le conseguenze civilistiche ove un contratto bancario preveda ab origine interessi moratori eccedenti rispetto al c.d. 118 tasso-soglia). Con encomiabile completezza argomentativa e con accurata ricostruzione esegetica, la Corte di Cassazione – sul solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato1(sia pur non pacifico, non mancando orientamenti contrari)2 – ribadisce che, nella prospettiva della normativa anti-usura, non vi è differenza tra interessi corrispettivi ed interessi moratori: il divieto di pattuire interessi superiori al saggio massimo legale (il c.d. tasso-soglia) vale infatti per entrambi. In via del D. Lgs. 1° settembre 1993tutto incidentale (e, n. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditiziainvero, con minore sforzo argomentativo), il quale consente alle banche e agli intermediari finanziarila Corte di Cassazione ha altresì modo di specificare che: (a) in caso di interessi corrispettivi ab origine superiori al tasso-soglia, nell’ambito delle operazioni e servizi bancari e finanziarisarà applicabile l’art. 1815, la modifica delle originarie condizioni contrattualisecondo comma, cod. Il CICR, in conformità alla disposizione di legge primariaciv., con Deliberazione la conseguenza che non saranno dovuti interessi; mentre (b) in caso di interessi moratori convenuti in misura superiore al tasso-soglia, non troverà applicazione il citato art. 1815, secondo comma, cod. civ. e, di fronte alla nullità della clausola, bisognerà attribuire al danneggiato gli interessi al tasso legale. Come noto, l’art. 2 della Legge n. 108 del 4 7 marzo 2003, aveva stabilito, all’art. 11, che le modifiche dovessero essere comunicate al cliente con chiara evidenziazione delle variazioni intervenute; le variazioni sfavorevoli generalizzate potevano tuttavia essere comunicate alla clientela in modo impersonale, mediante apposite inserzioni in Gazzetta Ufficiale, purché successivamente comunicate al cliente alla prima occasione utile, nell’ambito delle comunicazioni periodiche o 1996 (di quelle riguardanti operazioni specifiche. La disciplina ha subito una prima incisiva modifica con il D. L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella L. 4 agosto 0000, x. 000 (xx c.d. primo decreto Bersani sulle liberalizzazioni) il quale ha richiesto, quale requisiti per l’efficacia della modifica unilaterale, sia la necessaria sussistenza seguito anche “Legge Anti Usura”)3 vieta di un giustificato motivo4, sia la comunicazione individuale al cliente, con preavviso minimo di trenta giorni5. Con lo stesso intervento normativo è stato introdotto il principio per cui le variazioni dei tassi di interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria dovessero riguardare sia i tassi debitori sia i tassi creditori e applicarsi con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente6. L’ulteriore novella del D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 141 ha poi distinto la disciplina tra i contratti a tempo indeterminato, nell’ambito dei quali la modifica unilaterale può riguardare qualsiasi condizione prevista dal contratto, e gli altri contratti di durata, nell’ambito dei quali la modifica unilaterale può riguardare esclusivamente le clausole non aventi a oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo. La disposizione oggi vigente è dunque il portato di numerosi innesti che hanno profondamento mutato l’originaria previsione legislativa9.pattuire

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Commento. La pronuncia in esame, confermando la più recente giurisprudenza di merito1, confuta la tesi della cumulatività tra interessi moratori e corrispettivi ai fini della verifica del rispetto del tasso soglia oltre il quale gli interessi sono da considerarsi usurari ai sensi della L. 108/1996. A fare da sfondo al dibattito dottrinale e giurisprudenziale sotteso alla sentenza de qua è la più ampia e controversa quaestio concernente l’assoggettabilità degli interessi moratori alla disciplina antiusura e, conseguentemente, l’individuazione dei meccanismi di calcolo degli stessi. Le incertezze in commento costituisce applicazione materia discendono direttamente dall’intervento operato dal Legislatore del 1996 all’art. 644 c.p. che, nella sua attuale formulazione, al primo comma sembra riferirsi ai soli interessi corrispettivi, laddove invece al quarto comma, attraverso l’inclusione delle “spese” nel computo degli interessi dovuti, pare prescrivere una valutazione omnicomprensiva che tenga conto anche degli interessi moratori2. Neppure il successivo intervento chiarificatore operato con la Legge di interpretazione autentica n. 24 del 28 febbraio 2001, che ha definito usurari gli interessi richiesti in misura superiore al limite di legge “a qualunque titolo” (art. 1, comma 3, L. 108/1996), ha permesso di superare i dubbi interpretativi. Da tali interventi normativi è disceso il consolidarsi di un orientamento giurisprudenziale che, sebbene dimostrando incertezze con riferimento all’applicabilità agli interessi moratori del medesimo indice di usurarietà previsto per gli interessi corrispettivi, afferma la sostanziale equiparazione delle due categorie ai fini della L. 108/19963. Questo indirizzo si è consolidato con la sentenza della Corte di Cassazione del 9 gennaio 2013, n. 3504, che ha sancito che anche gli interessi moratori rilevano ai fini della valutazione dell’usurarietà degli interessi applicati ad un contratto di mutuo, ai sensi del combinato disposto dell’art. 118 1815 c.c. e dell’art. 644 c.p.5 Dall’applicabilità della L. 108/1996 agli interessi di mora deriverebbe altresì il dovere di valutare il loro eventuale carattere usurario alla luce del D. Lgstasso soglia6, anche attraverso il ricorso alla sommatoria con gli interessi corrispettivi7. 1° settembre 1993Il fondamento giuridico di tale ricostruzione sarebbe da ricercarsi nella sostanziale e funzionale 1 Trib. Bari, sez. IV, 1 luglio 2016, n. 385 (Testo Unico delle leggi 3674; Trib. Napoli Nord, 20 giugno 2016, n. 939; Trib. Milano, sez. VI, 8 marzo 2016, n. 3021; Trib. Trento, 18 febbraio 2016, n. 161; Trib. Milano, sez. VI, 27 ottobre 2015, n. 11997; Trib. Reggio Xxxxxx, sez. II, 6 ottobre 2015, n. 1297; Trib. Roma, sez. IX, 7 maggio 2015, tutte in materia bancaria e creditizia)xxxxxxxxxxx.xx; Trib. Roma, il quale consente alle banche e agli intermediari finanziarisez. IV, nell’ambito delle operazioni e servizi bancari e finanziari16 settembre 2014, la modifica delle originarie condizioni contrattuali. Il CICRn. 41860, in conformità alla disposizione di legge primaria, con Deliberazione del 4 marzo 2003, aveva stabilito, all’art. 11, che le modifiche dovessero essere comunicate al cliente con chiara evidenziazione delle variazioni intervenute; le variazioni sfavorevoli generalizzate potevano tuttavia essere comunicate alla clientela in modo impersonale, mediante apposite inserzioni in Gazzetta Ufficiale, purché successivamente comunicate al cliente alla prima occasione utile, nell’ambito delle comunicazioni periodiche o di quelle riguardanti operazioni specifiche. La disciplina ha subito una prima incisiva modifica con il D. L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella L. 4 agosto 0000, x. 000 (xx c.d. primo decreto Bersani sulle liberalizzazioni) il quale ha richiesto, quale requisiti per l’efficacia della modifica unilaterale, sia la necessaria sussistenza di un giustificato motivo4, sia la comunicazione individuale al cliente, con preavviso minimo di trenta giorni5. Con lo stesso intervento normativo è stato introdotto il principio per cui le variazioni dei tassi di interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria dovessero riguardare sia i tassi debitori sia i tassi creditori e applicarsi con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente6. L’ulteriore novella del D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 141 ha poi distinto la disciplina tra i contratti a tempo indeterminato, nell’ambito dei quali la modifica unilaterale può riguardare qualsiasi condizione prevista dal contratto, e gli altri contratti di durata, nell’ambito dei quali la modifica unilaterale può riguardare esclusivamente le clausole non aventi a oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo. La disposizione oggi vigente è dunque il portato di numerosi innesti che hanno profondamento mutato l’originaria previsione legislativa9xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.

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Commento. La Nella sentenza in commento costituisce applicazione dell’artil Tribunale di Milano si interroga su uno degli aspetti fondamentali – nonché una delle obbligazioni principali – del contratto di factoring, vale a dire la garanzia della solvenza del debitore o dei debitori ceduti. 118 Più specificamente, la pronuncia in oggetto analizza la questione della sua operabilità nei confronti del D. Lgsfactor successivamente allo scioglimento del contratto di factoring e alla retrocessione dei crediti al creditore cedente nonché della natura giuridica della stessa garanzia. 1° settembre 1993La garanzia pro soluto oggetto della controversia era disciplinata da clausola contrattuale pattuita tra le parti, la quale prevedeva l’assunzione da parte del factor del rischio di insolvenza dei debitori ceduti in relazione ad alcuni crediti concordati tra le parti. Orbene, quanto alla fonte normativa regolante tale garanzia, in un primo momento – data l’atipicità del contratto di factoring22 – si era fatto ricorso per analogia all’istituto della cessione dei crediti disciplinato dagli artt. 1260 – 1267 c.c., e in particolare all’art. 1267 c.c., norma che regola la garanzia della solvenza del debitore. Tuttavia, l’applicazione di tali articoli alla fattispecie contrattuale del factoring si è rivelata fin da subito del tutto inidonea alle esigenze degli operatori economici e alle prassi contrattuali23. A fronte della tanto auspicata regolamentazione della materia, il legislatore è infine intervenuto – come noto – con la legge 21 febbario 1991, n. 385 52 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditiziaDisciplina della cessione dei crediti di impresa), il quale consente alle banche e agli intermediari finanziari, nell’ambito delle operazioni e servizi bancari e finanziari, la modifica delle originarie condizioni contrattuali. Il CICR, in conformità alla disposizione di legge primaria, con Deliberazione del 4 marzo 2003, aveva stabilitoquale, all’art. 114 stabilisce che: “Il cedente garantisce, nei limiti del corrispettivo pattuito, la solvenza del debitore, salvo che le modifiche dovessero essere comunicate al cliente con chiara evidenziazione delle variazioni intervenute; le variazioni sfavorevoli generalizzate potevano tuttavia essere comunicate il cessionario rinunci, in tutto o in parte, alla clientela in modo impersonale, mediante apposite inserzioni in Gazzetta Ufficiale, purché successivamente comunicate al cliente alla prima occasione utile, nell’ambito delle comunicazioni periodiche o di quelle riguardanti operazioni specifichegaranzia”. La disciplina ha subito una prima incisiva modifica con il D. L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella L. 4 agosto 0000, x. 000 (xx c.d. primo decreto Bersani sulle liberalizzazioni) il quale ha richiesto, quale requisiti per l’efficacia della modifica unilaterale, sia la necessaria sussistenza di un giustificato motivo4, sia la comunicazione individuale al cliente, con preavviso minimo di trenta giorni5. Con lo stesso intervento normativo è stato introdotto Si capovolge radicalmente il principio di cui all’art. 1267 c.c.: la garanzia della solvenza del debitore grava ex lege sul cedente dei crediti d’impresa costituendo naturale negotii del contratto di cessione, prevedendo al contempo la possibilità per cui le variazioni dei tassi il cessionario di interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria dovessero riguardare sia i tassi debitori sia i tassi creditori e applicarsi con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente6rinunziarvi - in tutto o in parte - per iscritto24. L’ulteriore novella del D. Lgs. 13 agosto 2010Al contrario, n. 141 ha poi distinto la disciplina tra i contratti a tempo indeterminato, nell’ambito dei quali la modifica unilaterale può riguardare qualsiasi condizione prevista dal contratto, e gli altri contratti di durata, nell’ambito dei quali la modifica unilaterale può riguardare esclusivamente le clausole non aventi a oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo. La disposizione oggi vigente è dunque il portato di numerosi innesti che hanno profondamento mutato l’originaria previsione legislativa9.principio espresso

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Commento. La sentenza in commento costituisce applicazione dell’artsi inserisce all’interno del dibattito concernente la natura giuridica e, più precisamente, l’essenza della funzione economico-sociale che l’operazione di factoring persegue. 118 del D. Lgs. 1° settembre 1993Come noto, n. 385 il contratto di factoring presenta, accanto a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione da parte di un imprenditore della titolarità dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditiziacon la possibilità di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamento), il quale consente alle banche e agli intermediari finanziari, nell’ambito delle la compresenza di plurime operazioni e servizi bancari e finanziari, la modifica delle originarie condizioni contrattuali. Il CICR, in conformità alla disposizione di legge primaria, con Deliberazione del 4 marzo 2003, aveva stabilito, all’art. 11, che le modifiche dovessero essere comunicate al cliente con chiara evidenziazione delle variazioni intervenute; le variazioni sfavorevoli generalizzate potevano tuttavia essere comunicate alla clientela in modo impersonale, mediante apposite inserzioni in Gazzetta Ufficiale, purché successivamente comunicate al cliente alla prima occasione utile, nell’ambito delle comunicazioni periodiche o di quelle riguardanti operazioni specifiche. La disciplina ha subito una prima incisiva modifica con il D. L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella L. 4 agosto 0000, x. 000 (xx c.d. primo decreto Bersani sulle liberalizzazioni) il quale ha richiesto, quale requisiti per l’efficacia della modifica unilaterale, sia la necessaria sussistenza di un giustificato motivo4, sia la comunicazione individuale al cliente, con preavviso minimo di trenta giorni5. Con lo stesso intervento normativo è stato introdotto il principio per cui le variazioni dei tassi di interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria dovessero riguardare sia i tassi debitori sia i tassi creditori e applicarsi con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente6. L’ulteriore novella del D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 141 ha poi distinto la disciplina tra i contratti a tempo indeterminato, nell’ambito dei quali la modifica unilaterale può riguardare qualsiasi condizione prevista dal contratto, e gli altri contratti di durata, nell’ambito dei quali la modifica unilaterale può riguardare esclusivamente le clausole non aventi a oggetto la gestione dei crediti ceduti1. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx è stato un acceso dibattito circa la sussistenza o meno di effetti traslativi derivanti dal perfezionamento di un contratto di factoring. Secondo parte della dottrina2, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico del contratto di mandato di gestione dei crediti (causa mandati), eventualmente collegato ad un contratto di finanziamento o di garanzia. Si tratterebbe, più precisamente, di un contratto mediante il quale il cedente conferisce al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzione, i tassi crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti in cui tale cessione sia necessaria per consentire al factor di interessesvolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, sempre che sussista un giustificato motivogestione, recupero crediti, ecc.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. La disposizione oggi vigente è dunque il portato Conseguentemente, la cessione dei crediti sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di numerosi innesti che hanno profondamento mutato l’originaria previsione legislativa9quanto disposto dall’art. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr., x. Xxxx. civ., sez. III, 24 giugno 2003, n. 10004, in Nuova giur. comm. 2004, 158; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2001, n. 684, in Contratti 2001, 564 (con nota di XXXXXX); Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2000, n. 4654, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI).

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Commento. La sentenza Con l’ordinanza qui in commento costituisce applicazione dell’artcommento, la Suprema Corte torna ad affrontare una tematica sia di indubbio interesse teorico sia di notevole rilevo empirico, ossia la soggezione degli interessi moratori, previsti dai contratti bancari, alla normativa anti- usura (e dunque le conseguenze civilistiche ove un contratto bancario preveda ab origine interessi moratori eccedenti rispetto al c.d. 118 tasso-soglia). Con encomiabile completezza argomentativa e con accurata ricostruzione esegetica, la Corte di Cassazione – sul solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato1(sia pur non pacifico, non mancando orientamenti contrari)2 – ribadisce che, nella prospettiva della normativa anti-usura, non vi è differenza tra interessi corrispettivi ed interessi moratori: il divieto di pattuire interessi superiori al saggio massimo legale (il c.d. xxxxx-xxxxxx) vale infatti per entrambi. In via del D. Lgs. 1° settembre 1993tutto incidentale (e, n. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditiziainvero, con minore sforzo argomentativo), il quale consente alle banche e agli intermediari finanziarila Corte di Cassazione ha altresì modo di specificare che: (a) in caso di interessi corrispettivi ab origine superiori al tasso-soglia, nell’ambito delle operazioni e servizi bancari e finanziarisarà applicabile l’art. 1815, la modifica delle originarie condizioni contrattualisecondo comma, cod. Il CICR, in conformità alla disposizione di legge primariaciv., con Deliberazione la conseguenza che non saranno dovuti interessi; mentre (b) in caso di interessi moratori convenuti in misura superiore al tasso-soglia, non troverà applicazione il citato art. 1815, secondo comma, cod. civ. e, di fronte alla nullità della clausola, bisognerà attribuire al danneggiato gli interessi al tasso legale. Come noto, l’art. 2 della Legge n. 108 del 4 7 marzo 2003, aveva stabilito, all’art. 11, che le modifiche dovessero essere comunicate al cliente con chiara evidenziazione delle variazioni intervenute; le variazioni sfavorevoli generalizzate potevano tuttavia essere comunicate alla clientela in modo impersonale, mediante apposite inserzioni in Gazzetta Ufficiale, purché successivamente comunicate al cliente alla prima occasione utile, nell’ambito delle comunicazioni periodiche o 1996 (di quelle riguardanti operazioni specifiche. La disciplina ha subito una prima incisiva modifica con il D. L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella L. 4 agosto 0000, x. 000 (xx c.d. primo decreto Bersani sulle liberalizzazioni) il quale ha richiesto, quale requisiti per l’efficacia della modifica unilaterale, sia la necessaria sussistenza seguito anche “Legge Anti Usura”)3 vieta di un giustificato motivo4, sia la comunicazione individuale al cliente, con preavviso minimo di trenta giorni5. Con lo stesso intervento normativo è stato introdotto il principio per cui le variazioni dei tassi di interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria dovessero riguardare sia i tassi debitori sia i tassi creditori e applicarsi con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente6. L’ulteriore novella del D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 141 ha poi distinto la disciplina tra i contratti a tempo indeterminato, nell’ambito dei quali la modifica unilaterale può riguardare qualsiasi condizione prevista dal contratto, e gli altri contratti di durata, nell’ambito dei quali la modifica unilaterale può riguardare esclusivamente le clausole non aventi a oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo. La disposizione oggi vigente è dunque il portato di numerosi innesti che hanno profondamento mutato l’originaria previsione legislativa9.pattuire

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