Xxxxxx Gli Accordi Amministrativi, p. 46. 70 Diffusamente I. M. XXXXXX in Prime Considerazioni su Diritto E Democrazia, Cedam, 2010 e anche in Autonomie e Democrazia, Profilo dell’ Evoluzione dell’autonomia e della Ricaduta sul Sistema Giuridico, in Aspetti Della Recente Evoluzione Degli Enti Locali, 2007, passim. della legge 241/90)71. Dinnanzi a tale fenomeno espansivo, è stato messo in evidenza come sia pericoloso identificare nel modello autoritativo la cd. “cattiva amministrazione” riponendo nel modello consensuale ingenue aspettative di correttezza72. In realtà, sembra difficile negare come proprio questo cambiamento di strumenti utilizzati dall’Amministrazione, non rispecchi un profondo cambiamento ideologico nella concezione dell’esercizio del potere. Come accennato lo strumento autoritativo cela un’idea autoritaria di Stato, che presuppone il riconoscimento da parte del destinatario di una superiorità (morale) dello stesso73, il consenso prestato in questo contesto non è un atto di libera scelta ma un atto di sottomissione spesso inconsapevole. Perché il consenso possa davvero chiamarsi tale, la conditio sine qua non è la reciprocità, praticabile solo in presenza di soggetti in posizione di assoluta parità sostanziale. Se la premessa esposta è vera, solo due strade appaiono praticabili: la prima è che la P.A. nel contrattare col privato si spogli dell’autoritarietà per “abbassarsi” al livello del privato. Tale opinione sarebbe difficile da sostenere poiché l’autoritarietà è indissolubilmente legata al perseguimento del pubblico interesse che vincola l’azione della P.A. anche in presenza di strumenti privatistici. In alternativa, si potrebbe affermare che, nell’accordo l’amministrazione riconosca implicitamente nella controparte contrattuale un’”altra autorità”, non uguale ad essa, non portatrice di pubblici interessi, ma di interessi propri parimenti meritevoli di tutela.