Common use of Offerta di conciliazione Clause in Contracts

Offerta di conciliazione. Un’altra importante innovazione contenuta nel decreto delegato n.23/2015 è la previsione di un meccanismo volto a risolvere le controversie relative al licenziamento attraverso l’offerta di un importo già definito dalla legge, a titolo conciliativo, che il datore di lavoro potrà effettuare entro i termini di impugnazione del licenziamento stesso (60 giorni). Si tratta di un innovativo strumento di risoluzione stragiudiziale delle controversie sul licenziamento che può svolgersi in tutte le sedi di conciliazione previste dalla legge e, quindi, anche in sede sindacale. Il decreto predetermina l’ammontare dell’offerta di conciliazione - che si concretizza nella consegna al lavoratore di un assegno circolare - nella misura di una mensilità per ogni anno di anzianità di servizio del lavoratore con una misura minima di 2 mensilità e una massima di 18 mensilità. Tali importi non costituiscono reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e della contribuzione previdenziale. Il predetto trattamento fiscale di favore non è invece esteso anche alle altre somme che il datore di lavoro potrebbe offrire al lavoratore per conciliare tutte le eventuali altre questioni relative allo svolgimento del rapporto di lavoro cessato (ad es. richiesta di differenze retributive, ferie non godute etc.) e che dunque restano assoggettate agli ordinari regimi fiscale e previdenziale (anche se la norma - art. 6, c.1, ultimo periodo – inspiegabilmente parla espressamente solo di regime fiscale). L’accettazione dell’offerta comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia ad ogni questione attinente al licenziamento, compresa l'eventuale impugnazione già proposta. Per verificare l’utilità di questo nuovo strumento, il comma 3 dell'art. 6 del d.lgs. n.23/2015. impone al datore di lavoro l’obbligo di comunicare l’avvenuta (o non avvenuta) conciliazione ai sensi delle predette norme, integrando (entro 65 giorni) la comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro (che deve essere effettuata entro i consueti 5 giorni). Tale obbligo - stando al tenore letterale della norma - è sanzionato con le ordinarie penalità previste per l'omessa comunicazione di cessazione (art. 4bis, d.lgs. n.181/2000). Insomma, nonostante il dichiarato intento semplificatorio del cosiddetto Jobs Act, il legislatore continua ad introdurre ulteriori adempimenti a carico dei datori di lavoro per la gestione dei rapporti di lavoro dipendente.

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Samples: Contratto Di Lavoro a Tempo Indeterminato a Tutele Crescenti. Nuova Assicurazione Sociale Per l'Impiego, Contratto Di Lavoro a Tempo Indeterminato a Tutele Crescenti. Nuova Assicurazione Sociale Per l'Impiego, Lettera Di Assunzione a Tempo Determinato Per Sostituzione

Offerta di conciliazione. Un’altra importante innovazione contenuta nel decreto delegato n.23/2015 è la previsione di un meccanismo volto a risolvere le controversie relative al A prescindere dalla legittimità del licenziamento attraverso l’offerta di un importo già definito ed entro 60 giorni dalla legge, a titolo conciliativo, che sua intimazione il datore di lavoro potrà effettuare entro i termini di impugnazione del licenziamento stesso (60 giorni). Si tratta di un innovativo strumento di risoluzione stragiudiziale delle controversie sul licenziamento che può svolgersi in tutte le sedi di conciliazione previste dalla legge e, quindi, anche in sede sindacale. Il decreto predetermina l’ammontare dell’offerta di conciliazione - che si concretizza nella consegna offrire al lavoratore un importo a fini transattivi L’offerta deve avvenire a mezzo di un assegno circolare - nella misura di L’offerta deve essere formalizzata presso una sede protetta (sindacato, Direzione Territoriale del Lavoro, Enti Bilaterali, etc.) L’importo non costituisce reddito imponibile a fini IRPEF e non è soggetta a contribuzione L’importo deve essere pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del T.F.R. per ogni anno di anzianità di servizio del lavoratore con una misura minima di servizio, e comunque compreso tra 2 e 18 mensilità e una massima di 18 mensilità. Tali importi non costituiscono reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e della contribuzione previdenziale. Il predetto trattamento fiscale di favore non è invece esteso anche alle altre somme che il datore di lavoro potrebbe offrire al lavoratore per conciliare tutte le eventuali altre questioni relative allo svolgimento del rapporto di lavoro cessato (ad es. richiesta di differenze retributive, ferie non godute etc.) e che dunque restano assoggettate agli ordinari regimi fiscale e previdenziale (anche se la norma - art. 6, c.1, ultimo periodo – inspiegabilmente parla espressamente solo di regime fiscale). L’accettazione dell’offerta comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia ad ogni questione attinente al licenziamento, compresa l'eventuale impugnazione già proposta. Per verificare l’utilità di questo nuovo strumento, il comma 3 dell'art. 6 del d.lgs. n.23/2015. impone al datore di lavoro l’obbligo di comunicare l’avvenuta (o non avvenuta) conciliazione ai sensi delle predette norme, integrando (entro 65 giorni) la comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro (che deve essere effettuata entro i consueti 5 giorni). Tale obbligo - stando al tenore letterale della norma - è sanzionato con le ordinarie penalità previste per l'omessa comunicazione di cessazione (art. 4bis, d.lgs. n.181/2000). Insomma, nonostante il dichiarato intento semplificatorio del cosiddetto Jobs Act, il legislatore continua ad introdurre ulteriori adempimenti a carico dei datori di lavoro per la gestione dei rapporti > 15) o tra 1 e 6 mensilità (datori di lavoro dipendente< 15). Le somme eventualmente riconosciute ma eccedenti tali limiti, soggiacciono al regime fiscale ordinario L’accettazione dell’assegno comporta l’estinzione del rapporto e la rinunzia all’impugnazione. Xxxxx ferma la possibilità di raggiungere comunque la conciliazione nelle forme ordinarie (anche dopo i 60 giorni) Il licenziamento è stato intimato in violazione dei criteri di scelta o in violazione delle disposizioni afferenti alle comunicazioni Il Giudice dichiara comunque risolto il rapporto dalla data del recesso Indennità risarcitoria pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del T.F.R. per ciascun anno di servizio. L’indennità è comunque compresa tra un minimo di 4 e un massimo di 24 mensilità. NASpI: nuova assicurazione sociale per l’impiego (NASpI), erogata per gli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1 maggio 2015 e per tutti i lavoratori dipendenti che abbiano perso l’impiego e che abbiano cumulato almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro e almeno 30 giornate di lavoro effettivo negli ultimi 12 mesi. L’ammontare dell’indennità è commisurato alla retribuzione e non può eccedere i 1.300 euro. La prestazione ha una durata pari alla metà delle settimane contributive degli ultimi 4 anni di lavoro e dopo i primi 4 mesi, essa viene ridotta del 3% al mese. L’erogazione della NASpI è condizionata alla partecipazione del disoccupato ad iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale.

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Samples: www.roland-italia.it

Offerta di conciliazione. Un’altra importante innovazione contenuta nel L'articolo 6 del decreto delegato n.23/2015 è legislativo introduce una nuova ipotesi di conciliazione volontaria per la previsione risoluzione stragiudiziale delle controversie sui licenziamenti illegittimi. In particolare, si prevede che in caso di un meccanismo volto licenziamento dei lavoratori, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a risolvere le controversie relative al licenziamento attraverso l’offerta ogni altra modalità di un importo già definito conciliazione prevista dalla legge, a titolo conciliativo, che il datore di lavoro potrà effettuare entro i termini può offrire al lavoratore un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettata a contribuzione previdenziale, di impugnazione del licenziamento stesso (60 giorni). Si tratta ammontare pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di un innovativo strumento fatto per ogni anno di risoluzione stragiudiziale delle controversie sul licenziamento che può svolgersi servizio, in tutte le sedi di conciliazione previste dalla legge emisura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità, quindi, anche in sede sindacale. Il decreto predetermina l’ammontare dell’offerta di conciliazione - che si concretizza nella mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare - nella misura (fino a un massimo di una sei mensilità per ogni anno le imprese fino a 15 dipendenti). Questa caratteristica rende molto attraente questo strumento, ma - come fatto notare da alcuni osservatori - si è persa un'occasione per semplificare il quadro normativo che oggi vede la coesistenza di anzianità diverse tipologie di servizio conciliazioni, alcune delle quali scarsamente efficaci perché troppo complicate. L’accettazione dell’assegno da parte del lavoratore con una misura minima di 2 mensilità e una massima di 18 mensilità. Tali importi non costituiscono reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e della contribuzione previdenziale. Il predetto trattamento fiscale di favore non è invece esteso anche alle altre somme che il datore di lavoro potrebbe offrire al lavoratore per conciliare tutte le eventuali altre questioni relative allo svolgimento del rapporto di lavoro cessato (ad es. richiesta di differenze retributive, ferie non godute etc.) e che dunque restano assoggettate agli ordinari regimi fiscale e previdenziale (anche se la norma - art. 6, c.1, ultimo periodo – inspiegabilmente parla espressamente solo di regime fiscale). L’accettazione dell’offerta comporta l'estinzione l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia ad ogni questione attinente al licenziamento, compresa l'eventuale alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta. Per verificare l’utilità di questo nuovo strumento, il comma 3 dell'artLa nuova procedura è stata introdotta solo per i nuovi assunti ai quali non si applicherà più la procedura prevista dalla c.d. 6 legge Fornero (conciliazione obbligatoria alla direzione territoriale del d.lgs. n.23/2015. impone al datore di lavoro l’obbligo di comunicare l’avvenuta (o non avvenuta) conciliazione ai sensi delle predette norme, integrando (entro 65 giorni) la comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro (che deve essere effettuata entro i consueti 5 giornilavoro). Tale obbligo - stando al tenore letterale della norma - è sanzionato con le ordinarie penalità previste per l'omessa comunicazione Ai lavoratori già assunti alla data di cessazione (artentrata in vigore del decreto legislativo si continuerà ad applicare la "vecchia" procedura di conciliazione. 4bis, d.lgs. n.181/2000). Insomma, nonostante il dichiarato intento semplificatorio Lavoratori assunti prima dell'entrata in vigore del cosiddetto Jobs Act, il legislatore continua ad introdurre ulteriori adempimenti a carico dei datori Act Lavoratori assunti dopo l'entrata in vigore del Jobs Act Punti di lavoro per la gestione dei rapporti di lavoro dipendente.forza e nodi critici

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Offerta di conciliazione. Un’altra importante innovazione contenuta nel 1. In caso di licenziamento (qualsiasi licenziamento) dei lavoratori di cui all’articolo 1 (operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto delegato n.23/2015 è 07/03/15), al fine di evitare il giudizio (no contenzioso) e ferma restando la previsione possibilità per le parti di un meccanismo volto addivenire a risolvere le controversie relative al licenziamento attraverso l’offerta ogni altra modalità di un importo già definito conciliazione prevista dalla legge, a titolo conciliativo, che il datore di lavoro potrà effettuare può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento stesso (60 giorni). Si tratta di un innovativo strumento di risoluzione stragiudiziale licenziamento, in una delle controversie sul licenziamento che può svolgersi in tutte le sedi di conciliazione previste dalla legge ecui all’articolo 2113, quindicomma 4, cod. civ., e all’articolo 76 (CORRETTO PRIMA ERA ART 82), comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (anche cdl), un importo che NON costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e NON è assoggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione (MANCA ULTIMA!!!!)di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in sede sindacale. Il decreto predetermina l’ammontare dell’offerta di conciliazione - che si concretizza nella misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare - nella misura di una mensilità per ogni anno di anzianità di servizio circolare. L’accettazione dell’assegno in tale sede da parte del lavoratore con una misura minima di 2 mensilità e una massima di 18 mensilità. Tali importi non costituiscono reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e della contribuzione previdenziale. Il predetto trattamento fiscale di favore non è invece esteso anche alle altre somme che il datore di lavoro potrebbe offrire al lavoratore per conciliare tutte le eventuali altre questioni relative allo svolgimento del rapporto di lavoro cessato (ad es. richiesta di differenze retributive, ferie non godute etc.) e che dunque restano assoggettate agli ordinari regimi fiscale e previdenziale (anche se la norma - art. 6, c.1, ultimo periodo – inspiegabilmente parla espressamente solo di regime fiscale). L’accettazione dell’offerta comporta l'estinzione l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia ad ogni questione attinente al licenziamento, compresa l'eventuale alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta. Per verificare l’utilità Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di questo nuovo strumento, il comma 3 dell'art. 6 del d.lgs. n.23/2015. impone al datore di lavoro l’obbligo di comunicare l’avvenuta (o non avvenuta) conciliazione ai sensi delle predette norme, integrando (entro 65 giorni) la comunicazione obbligatoria di cessazione del ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario (che deve essere effettuata entro i consueti 5 giorniAGGIUNTO PER CONCILIAZIONE ALTRE PENDENZE e TASSAZIONE FISCALE). Tale obbligo - stando al tenore letterale della norma - è sanzionato con le ordinarie penalità previste per l'omessa comunicazione di cessazione (art. 4bis, d.lgs. n.181/2000). Insomma, nonostante il dichiarato intento semplificatorio del cosiddetto Jobs Act, il legislatore continua ad introdurre ulteriori adempimenti a carico dei datori di lavoro per la gestione dei rapporti di lavoro dipendente.

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Samples: www.cdlcl.it

Offerta di conciliazione. Un’altra importante innovazione contenuta (art. 6) introdotto una nuova e diversa disciplina in materia di licenziamenti illegittimi che si affianca senza sostituirla a quella previgente e che si applica ai soli contratti a tempo indeterminato stipulati dalla data di entrata in vigore del provvedimento. Le stesse disposizioni si applicano anche ai contratti a tempo determinato e ai rapporti di apprendistato s tutti rapporti a tempo indeterminato già in essere, e quello che si applica ai nuovi rapporti a tempo indeterminato instaurati Le due diverse normative coesisteranno per molto tempo: teoricamente fino a quando esisteranno rapporti Contratti a tempo indeterminato. Aziende con più di 15 dipendenti nella singola unità operativa; in più unità collocate nello stesso comune; con più di 60 dipendenti nel territorio nazionale. Aziende fino a 15 dipendenti Lavoratori già in forza prima del nuovo decreto delegato n.23/2015 è la previsione di un meccanismo volto attuativo. Tutela reale (art.18 L. 300/1970). Tutela obbligatoria Art. 8 L. n. 604 come modificata dalla L. n. 108/1990. Nuove assunzioni a risolvere le controversie relative al licenziamento attraverso l’offerta di un importo già definito dalla legge, decorrere decreto attuativo. Tutela offerta dal decreto attuativo del Job Act per i contratti a titolo conciliativo, che tempo indeterminato a tutele crescenti. lavoratori a tempo indeterminato assunti prima dell'entrata in vigore del decreto attuativo nel caso in cui il datore di lavoro potrà effettuare entro superi la soglia dei più 15 dipendenti a seguito di nuove assunzioni avvenute successivamente l'entrata in vigore dello stesso. La nuova norma si applica ai lavoratori assunti a tempo indeterminato con la qualifica di: operai; impiegati; quadri. Per i termini lavoratori con rapporto di impugnazione lavoro a tempo determinato in caso di licenziamento anticipato rispetto alla La nuova disciplina sui licenziamenti illegittimi ha superato la distinzione, ai fini della tutela applicabile ai lavoratori, tra imprese che occupano più di 15 dipendenti e aziende con un organico che non supera i 15 dipendenti. Quello che cambia sono le conseguenze relative al risarcimento economico: per le piccole Restano, senza alcuna distinzione circa la dimensione aziendale le conseguenze del licenziamento stesso discriminatorio, nullo o esercitato in forma verbale. In tal senso si applicano anche alle imprese che occupano fino a 15 dipendenti gli stessi effetti di annullamento del lice lavoro. La disciplina introdotta dal decreto attuativo del Job Act si applica anche agli imprenditori senza scopo di lucro e alle organizzazioni di tendenza di natura politica, sindacale, culturale, d'istruzione o religiose parificando le tutele per i lavoratori occupati in esse alle stesse previste per gli altri dipendenti. La norma è credo politico o fede religiosa; appartenenza a un sindacato e a seguito di attività sindacali; discriminazione sindacale, politica, razziale, religiosa, lingua o sesso, handicap, età, orientamento sessuale; a causa di matrimonio e nel periodo tutelato del matrimonio (60 giornia decorrere dalla richiesta di pubblicazioni a un anno dopo). Si tratta di ; nel periodo tutelato della maternità (da inizio della gravidanza a un innovativo strumento di risoluzione stragiudiziale delle controversie sul licenziamento che può svolgersi in tutte le sedi di conciliazione previste dalla legge e, quindi, anche in sede sindacale. Il decreto predetermina l’ammontare dell’offerta di conciliazione - che si concretizza nella consegna al lavoratore di un assegno circolare - nella misura di una mensilità per ogni anno di anzianità età del bambino e per la richiesta o la fruizione del congedo parentale); in caso di servizio del lavoratore con una misura minima licenziamento comminato oralmente; ritorsione e/o rappresaglia. Restano, conseguentemente, inalterate le tutele già previste in queste ipotesi di 2 mensilità e una massima licenziamento. In particolare il dipendente ha diritto a essere reintegrato nel proprio posto di 18 mensilitàlavoro, qualunque sia la toriale o meno della stessa. Tali importi non costituiscono reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e della contribuzione previdenziale. Il predetto trattamento fiscale di favore non è invece esteso anche alle altre somme che Inoltre, il datore di lavoro potrebbe offrire è tenuto a risarcire il danno patito dal dipendente attraverso il riconoscimento di un'indennità economica pari all'ultima retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto eventualmente percepito dal dipendente se - per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura inque mensilità della retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR. Inoltre, il datore di lavoro è condannato, per il medesimo periodo per il quale è condannato al lavoratore pagamento delle retribuzioni, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. In questi casi il dipendente può chiedere al datore di lavoro, in alternativa alla reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità risarcitoria pari a 15 mensilità dell'ultima retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR, non soggetta a contribuzione previdenziale. Tale richiesta - deve essere fatta entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia, o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione. iplina prevista dal paragrafo 2 e giustificazione del licenziamento motivato per conciliare tutte le eventuali altre questioni relative allo svolgimento inidoneità fisica o psichica del dipendente (art. 4, comma 4, e art. 10 La norma è sostanzialmente identica a quella disciplinata dall'art. 18, settimo comma, L. n. 300/1970 con una significativa differenza. L'art. 18 L. n. 300/1970 stabilisce che analoga di lavoro in caso di malattia, mentre nel quarto comma dell'art. 2 del decreto attuativo del Job Act sulle licenziamento (ad esempio nel caso in cui i limiti temporali stabiliti dal c.c.n.l. non fossero stati superati) con la disciplina sui licenziamenti vigente a In caso di licenziamento motivato da un giustificato motivo oggettivo o soggettivo o per giusta causa e qualora il giudice del lavoro accerti che non esistono gli estremi per il licenziamento, il rapporto di lavoro cessato (ad es. richiesta di differenze retributive, ferie non godute etc.) e che dunque restano assoggettate agli ordinari regimi fiscale e previdenziale (è In altre parole se il fatto materiale contestato viene accertato dal giudice anche se la norma - art. 6, c.1, ultimo periodo – inspiegabilmente parla espressamente solo di regime fiscale). L’accettazione dell’offerta comporta l'estinzione del rapporto alla data sanzione del licenziamento e la rinuncia ad ogni questione attinente al licenziamento, compresa l'eventuale impugnazione già proposta. Per verificare l’utilità di questo nuovo strumento, il comma 3 dell'art. 6 del d.lgs. n.23/2015. impone al datore di lavoro l’obbligo di comunicare l’avvenuta (o non avvenuta) conciliazione ai sensi delle predette norme, integrando (entro 65 giorni) la comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro (che può risultare eccessiva rispetto alla mancanza deve essere effettuata entro i consueti 5 giorni)comunque dichiarato risolto il tà risarcitoria nei limiti economici richiamati in precedenza. Tale obbligo - stando al tenore letterale della norma - indennità che non è sanzionato con le ordinarie penalità previste per l'omessa comunicazione di cessazione assoggettata a contribuzione previdenziale è pari a: e non inferiore, comunque, a quattro mensilità e non superiore a ventiquattro mensilità (artcfr. 4bis, d.lgs. n.181/2000tabella successiva). Insomma, nonostante il dichiarato intento semplificatorio del cosiddetto Jobs Act, il legislatore continua ad introdurre ulteriori adempimenti a carico dei datori di lavoro per la gestione dei rapporti di lavoro dipendente.

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Samples: Contratto a Tempo Indeterminato a Tutele Crescenti