Posizione del problema. La volontà delle parti sociali di regolare, mediante i sistemi di relazioni industriali, non solo lo scambio tra prestazione lavorativa e corrispettivo economico, ma anche le liti che sorgono nel rapporto di lavoro emerge dalla sovente predisposizione di strumenti attraverso cui le parti possano ricorrervi applicando lo stesso contratto collettivo. Si tratta, in sostanza, di metodi alternativi e paralleli rispetto a quelli proposti dalla disciplina dell’ordinamento statuale; tra questi, maggiore rilevanza, per ricorrente utilizzo, la hanno le modalità stragiudiziali di risoluzione delle controversie individuali di lavoro. La dottrina, da tempo, ha evidenziato come questa tendenza sia sicuramente incoraggiata dalla crisi della giustizia del lavoro e più in generale della giustizia civile, la quale ha implementato la diffusione di disposizioni introducenti strumenti deflattivi del contenzioso, nel tentativo di ridurre, per quanto possibile, il sovraccarico giudiziario, perseguendo invece la composizione stragiudiziale delle liti (1). È dalla necessità di garantire una giustizia più veloce ed efficiente che sorgono gli istituti alternativi al processo per la composizione delle controversie, presentati appunto come uno strumento deflattivo, ritenendo più opportuno seguire la via dell’incentivazione della giustizia privata, invece di investire risorse nel potenziamento della giustizia statale (2). (1) X. Xxxx, Le conciliazioni valide, in X. Xxxx, Le rinunce e le transazioni del lavoratore, Xxxxxxx, 1990, pp. 77 – 79 e p. 85. Ma anche X. Xxxxxxx, Giustizia dello Stato, arbitrato e controversie di serie, in DRI, 1992, p. 7. (2) In questo senso si esprime X. Xxxxxxxxxx, Conciliazione e arbitrato: le nuove regole e il regime di inderogabilità dei contratti collettivi, in LD, 2000, 2, pp. 129 – 130. Tuttavia, non è opportuno considerare le tecniche della conciliazione e dell’arbitrato solo come misure di deflazione del carico giudiziario, in quanto non sarebbe possibile cogliere fino in fondo il perché i sistemi di relazioni industriali intervengono su questo profilo. Gli strumenti di risoluzione delle controversie, infatti, vanno inquadrati come istituti di completamento dell’ordinamento intersindacale, al fine di rafforzare l’autonomia collettiva come vero e proprio ordinamento giuridico autonomo, che non detta solo norme per la stipula, ma anche per l’amministrazione e la gestione dei contratti e accordi collettivi e individuali (3). In tale prospettiva, la contrattazione collettiva non rappresenta solo una fonte del diritto per la regolamentazione dei rapporti individuali di lavoro, ma anche una istituzione finalizzata alla costruzione sociale dei mercati del lavoro, tanti quanti sono i contratti collettivi a livello nazionale e i relativi campi di applicazione, organizzati per settori economici e attività o categorie merceologiche e produttive (infra, Cap. IV, § 1). Il potere di configurare e governare sistemi di risoluzione delle controversie viene riconosciuto all’autonomia collettiva anche dal legislatore, laddove all’art. 412 ter cod. proc. civ. prevede che «la conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui all’articolo 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative». È in questa norma che si realizza l’intersecazione tra ordinamento intersindacale e ordinamento statuale, in quanto quest’ultimo qualifica come legittimi gli strumenti dell’ordinamento intersindacale e ne riconosce gli effetti. Tuttavia, la norma sopracitata offre una definizione di conciliazione in sede sindacale molto generica e di conseguenza non univoca (4): in questo senso, vi è chi ritiene che si tratti di una delega in bianco disposta dal (3) X. Xxxxxxx, A proposito della riforma dell’arbitrato per le liti di lavoro, in DRI, 1992, 2, p. 3.
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Samples: Dottorato in Apprendimento E Innovazione Nei Contesti Sociali E Di Lavoro
Posizione del problema. La volontà delle parti sociali di regolare, mediante i sistemi di relazioni industriali, non solo lo scambio tra prestazione lavorativa e corrispettivo economico, ma anche le liti che sorgono nel rapporto di lavoro emerge dalla sovente predisposizione di strumenti attraverso cui le parti possano ricorrervi applicando lo stesso contratto collettivo. Si tratta, in sostanzaricerca, di metodi alternativi cui queste pagine costituiscono il resoconto, mira ad indagare il nesso tra riduzione dell’irregolarità nell’uso della forza lavoro e paralleli rispetto a quelli proposti dalla disciplina dell’ordinamento statuale; tra questi, maggiore rilevanza, per ricorrente la promozione del corretto utilizzo, la hanno le modalità stragiudiziali di risoluzione delle controversie individuali di lavoronel mercato, degli strumenti contrattuali. La dottrinaricerca è svolta avendo riguardo in particolare alla dimensione lavoristica del contratto di appalto. L’obiettivo, da tempoa partire dal richiamo dei principali strumenti concettuali di analisi giuridica individuati anche per il tramite dell’indagine sulla evoluzione storica della regolazione della materia, è ricostruire il quadro regolatorio vigente tenendo conto di tre direttive di analisi fondamentali con riferimento al tema in esame: la tutela effettiva del lavoratore coinvolto nelle forme di frammentazione di impresa, la protezione dell’iniziativa economica privata nella scelta degli strumenti di organizzazione delle attività produttive, le opportunità di contrasto al lavoro nero. Un recente studio Europeo sul profilo della responsabilità degli operatori coinvolti nelle catene degli appalti, seppur limitato al settore edile, ha evidenziato come questa tendenza sia sicuramente incoraggiata dalla crisi il forte legame esistente tra frammentazione della giustizia filiera produttiva, utilizzo di lavoro irregolare e inadempimenti in materia di sicurezza sul lavoro1. Interrompere questo circolo vizioso attraverso politiche del lavoro volte a promuovere la regolarità nel mercato, non può che rafforzare le garanzie sostanziali poste a presidio dei diritti dei lavoratori, con un impatto positivo in termini di certezza del diritto, di leale competizione nel mercato e più di contrasto indiretto all’irregolarità. Il tema è di grande attualità, rilevato che non esiste impresa nello scenario economico odierno che non abbia fatto ricorso a contratti di appalto nella gestione della propria attività. L’evoluzione della disciplina lavoristica del contratto di appalto, con la crescente valorizzazione del vincolo solidale, costituisce il filo conduttore di questo ragionamento.
1 Si tratta dello studio condotto da XXXXXXXXXX X., XXXXXX XXXXXX, Liability in generale subcontracting processes in the European construction sector, pubblicato da European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, consultabile sul Bollettino Adapt, 2008, n. 38. Il rapporto completo sul caso italiano è di X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, Liability in subcontracting processes in the European construction sector: Italy, pubblicato da European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xxxxxx.xx; Il tasso di irregolarità nel lavoro è così elevato in quei settori, quali ad esempio l’edilizia e i servizi, in cui l’appalto è radicato nella prassi dei rapporti economici tra le imprese. L’esternalizzazione di fasi del processo produttivo - appaltate a piccole imprese e a loro volta subappaltate a micro-imprese - ritenuta necessaria per la sopravvivenza in mercati fortemente competitivi, ha favorito l’uso scorretto di contratti di appalto e subappalto. Xxxxx analizzare ancora una volta il settore delle costruzioni e il progressivo processo di destrutturazione e frammentazione che lo ha interessato per rendersene conto. I dati statistici lo confermano. Le filiere produttive del settore delle costruzioni sono caratterizzate da una concentrazione del tasso di irregolarità pari a circa l’11%. La stessa valutazione può essere estesa al settore dei servizi, in cui il tasso di irregolarità registrato è pari a circa 13,7%2. Le imprese che occupano una bassa posizione nella catena di valore della giustizia civilefiliera degli appalti, la quale ha implementato la diffusione di disposizioni introducenti strumenti deflattivi del contenziosocosì come rilevato nel citato rapporto comunitario, nel tentativo di ridurre, per quanto possibilehanno un minore potere contrattuale che potrebbe spingerle a stipulare appalti discutibili, il sovraccarico giudiziario, perseguendo invece la composizione stragiudiziale delle liti (1). È dalla necessità cui basso costo è spesso giocato sulla riduzione degli standard di garantire una giustizia più veloce ed efficiente che sorgono gli istituti alternativi al processo per la composizione delle controversie, presentati appunto come uno strumento deflattivo, ritenendo più opportuno seguire la via dell’incentivazione della giustizia privata, invece di investire risorse nel potenziamento della giustizia statale (2)trattamento riconosciuti ai lavoratori.
(1) X. Xxxx, Le conciliazioni valide, in X. Xxxx, Le rinunce e le transazioni del lavoratore, Xxxxxxx, 1990, pp. 77 – 79 e p. 85. Ma anche X. Xxxxxxx, Giustizia dello Stato, arbitrato e controversie di serie, in DRI, 1992, p. 7.
(2) In questo senso si esprime X. Xxxxxxxxxx, Conciliazione e arbitrato: le nuove regole e il regime di inderogabilità dei contratti collettivi, in LD, 2000, 2, pp. 129 – 130. Tuttavia, non è opportuno considerare le tecniche della conciliazione e dell’arbitrato solo come misure di deflazione del carico giudiziario, in quanto non sarebbe possibile cogliere fino in fondo il perché i sistemi di relazioni industriali intervengono su questo profilo. Gli strumenti di risoluzione delle controversie, infatti, vanno inquadrati come istituti di completamento dell’ordinamento intersindacale, al fine di rafforzare l’autonomia collettiva come vero e proprio ordinamento giuridico autonomo, che non detta solo norme per la stipula, ma anche per l’amministrazione e la gestione dei contratti e accordi collettivi e individuali (3). In tale prospettiva, la contrattazione collettiva non rappresenta solo una fonte del diritto per la regolamentazione dei rapporti individuali di lavoro, ma anche una istituzione finalizzata alla costruzione sociale dei mercati del lavoro, tanti quanti sono i contratti collettivi a livello nazionale e i relativi campi di applicazione, organizzati per settori economici e attività o categorie merceologiche e produttive (infra, Cap. IV, § 1). Il potere di configurare e governare sistemi di risoluzione delle controversie viene riconosciuto all’autonomia collettiva anche dal legislatore, laddove all’art. 412 ter cod. proc. civ. prevede che «la conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui all’articolo 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative». È in questa norma che si realizza l’intersecazione tra ordinamento intersindacale e ordinamento statuale, in quanto quest’ultimo qualifica come legittimi gli strumenti dell’ordinamento intersindacale e ne riconosce gli effetti. Tuttavia, la norma sopracitata offre una definizione di conciliazione in sede sindacale molto generica e di conseguenza non univoca (4): in questo senso, vi è chi ritiene che si tratti di una delega in bianco disposta dal (3) X. Xxxxxxx, A proposito della riforma dell’arbitrato per le liti di lavoro, in DRI, 1992, 2, p. 3.
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Samples: Tesi Di Laurea
Posizione del problema. La volontà delle parti sociali Nonostante i correttivi apportati in sede di regolareconversione del decreto-legge, mediante i sistemi la riforma del contratto a termine continua a porre una serie di relazioni industrialidubbi interpretativi di non agevole e immediata soluzione nel raccordo tra fonte legale e fonte contrattuale. Alla liberalizzazione di matrice legale può infatti corrispondere un persistente (o successivo) vincolo giuridico di matrice contrattuale liberamente assunto nell’ambito del sistema contrattuale riconosciuto dalla nostra Costituzione all’articolo 39, non solo lo scambio tra prestazione lavorativa e corrispettivo economico, ma anche le liti che sorgono nel rapporto di lavoro emerge dalla sovente predisposizione di strumenti attraverso cui le parti possano ricorrervi applicando lo stesso contratto collettivocomma 1. Si trattaDifficile, in sostanzaquesti casi, capire quale fonte prevalga e, soprattutto, le relative sanzioni. Il problema si pone, in particolare, con riferimento a due aspetti: 1) la clausola di contingentamento legale che fissa al 20% il tetto massimo di contratti a termine e che va a sovrapporsi alle percentuali fissate dalla contrattazione; 2) l’abrogazione dell’obbligo di motivazione della apposizione del termine al contratto, ancora previsto da alcuni contratti collettivi. In questo quadro, è quanto mai opportuno chiarire se le previsioni della contrattazione collettiva, ancorché difformi rispetto al rinnovato impianto legislativo, continuino a trovare applicazione, ovvero se sia o meno possibile che una azienda scelga, unilateralmente, di metodi alternativi applicare la nuova disciplina del contratto a termine introdotta dal d.l. n. 34/2014, convertito in Legge 16 maggio 2014, n. 78, disapplicando al contempo le previsioni (e paralleli rispetto a quelli proposti dalla disciplina dell’ordinamento statuale; tra questii vincoli) del contratto collettivo di riferimento. Da una mappatura effettuata sulla contrattazione collettiva di rilevanza nazionale e aziendale emerge che il problema è tutt’altro che teorico1. Solamente 3 contratti collettivi (Bancari, maggiore rilevanzaAgenzie per il lavoro, per ricorrente utilizzo, la hanno le modalità stragiudiziali Metalmeccanici) sui 15 considerati non prevedono clausole di risoluzione delle controversie individuali di lavoro. La dottrina, da tempo, ha evidenziato come questa tendenza sia sicuramente incoraggiata dalla crisi della giustizia contingentamento del lavoro e più in generale della giustizia civile, la quale ha implementato la diffusione di disposizioni introducenti strumenti deflattivi del contenzioso, nel tentativo di ridurre, per quanto possibilea termine. Negli altri settori, il sovraccarico giudiziario, perseguendo invece la composizione stragiudiziale delle liti limite percentuale oscilla da un minimo del 7% (1Elettrici) a un massimo del 35% (Autotrasporti). È dalla necessità Inoltre, ben 9 contratti collettivi sui 15 analizzati prevedono una disciplina specifica delle causali, integrativa a quella precedentemente regolata dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368. Analogamente, sono 13 i contratti aziendali ad aver introdotto una clausola di garantire una giustizia più veloce ed efficiente contingentamento alla stipula di contratti a termine, con percentuali che sorgono gli istituti alternativi al processo per la composizione delle controversie, presentati appunto come uno strumento deflattivo, ritenendo più opportuno seguire la via dell’incentivazione della giustizia privata, invece di investire risorse nel potenziamento della giustizia statale (2).
(1) X. Xxxx, Le conciliazioni valide, in X. Xxxx, Le rinunce e le transazioni oscillano da un minimo dell’8% ad un massimo del lavoratore, Xxxxxxx, 1990, pp25%. 77 – 79 e p. 85. Ma anche X. Xxxxxxx, Giustizia dello Stato, arbitrato e controversie di serie, in DRI, 1992, p. 7.
(2) In questo senso si esprime X. Xxxxxxxxxx, Conciliazione e arbitrato: le nuove regole e Ciò nonostante il regime di inderogabilità dei contratti collettivi, in LD, 2000, 2, pp. 129 – 130. Tuttavia, non è opportuno considerare le tecniche della conciliazione e dell’arbitrato solo come misure di deflazione del carico giudiziario, in quanto non sarebbe possibile cogliere fino in fondo il perché i sistemi di relazioni industriali intervengono su questo profilo. Gli strumenti di risoluzione delle controversie, infatti, vanno inquadrati come istituti di completamento dell’ordinamento intersindacale, al fine di rafforzare l’autonomia collettiva come vero e proprio ordinamento giuridico autonomo, che non detta solo norme per la stipula, ma anche per l’amministrazione e la gestione dei contratti e accordi collettivi e individuali (3). In tale prospettiva, la rinvio alla contrattazione collettiva non rappresenta solo una fonte del diritto per la regolamentazione dei rapporti individuali di lavoro, ma anche una istituzione finalizzata alla costruzione sociale dei mercati del lavoro, tanti quanti sono i contratti collettivi a livello nazionale e i relativi campi di applicazione, organizzati per settori economici e attività o categorie merceologiche e produttive (infra, Cap. IV, § 1). Il potere di configurare e governare sistemi di risoluzione delle controversie viene riconosciuto all’autonomia collettiva anche dal legislatore, laddove all’art. 412 ter cod. proc. civ. prevede che «la conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui all’articolo 40910, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai comma 7, decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 faccia esplicitamente riferimento a contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative»nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi. È in questa norma Vero è, peraltro, che si realizza l’intersecazione tra ordinamento intersindacale e ordinamento statualepossibilità di modifica al quadro legale del lavoro a termine sono ammesse dall’articolo 8 del decreto legge 13 agosto 2011, in quanto quest’ultimo qualifica come legittimi gli strumenti dell’ordinamento intersindacale e ne riconosce gli effettin. 138 convertito, con modifiche, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. TuttaviaDel resto, la norma sopracitata offre una definizione stessa contrattazione aziendale, non di conciliazione rado, interviene vincolando l’utilizzo del lavoro a termine a impegni manageriali di indubbia portata. Dei 22 contratti aziendali analizzati, 11 disciplinano il diritto di precedenza nelle assunzioni per i lavoratori che abbiano prestato servizio con contratti a tempo determinato, 4 prevedono clausole di stabilizzazione decorso un certo periodo di tempo e soltanto 1 contratto interviene sull’istituto della proroga. La domanda con cui gli operatori sono chiamati a confrontarsi e a cui il Legislatore in sede sindacale molto generica di conversione del decreto non ha dato risposta è dunque: le aziende possono applicare il nuovo impianto legislativo sfruttando tutti gli spazi di liberalizzazione aperti, oppure sono tenute ad osservare le previsioni e di conseguenza non univoca (4): in questo senso, vi è chi ritiene i limiti che si tratti di una delega in bianco disposta dal (3) X. Xxxxxxx, A proposito della riforma dell’arbitrato per le liti di lavoro, in DRI, 1992, 2, p. 3.permangono nella contrattazione collettiva?
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Samples: Contratti a Termine
Posizione del problema. La volontà Alla luce delle parti sociali di regolare, mediante i sistemi di relazioni industriali, non solo lo scambio tra prestazione lavorativa e corrispettivo economico, ma anche le liti che sorgono valutazioni teorico/ricostruttive svolte nel rapporto di lavoro emerge dalla sovente predisposizione di strumenti attraverso cui le parti possano ricorrervi applicando lo stesso contratto collettivo. Si tratta, in sostanza, di metodi alternativi e paralleli rispetto a quelli proposti dalla disciplina dell’ordinamento statuale; tra questi, maggiore rilevanza, per ricorrente utilizzo, la hanno le modalità stragiudiziali di risoluzione delle controversie individuali di lavoro. La dottrina, da tempo, ha evidenziato come questa tendenza sia sicuramente incoraggiata dalla crisi della giustizia del lavoro e più in generale della giustizia civile, la quale ha implementato la diffusione di disposizioni introducenti strumenti deflattivi del contenzioso, nel tentativo di ridurre, per quanto possibilecapitolo precedente, il sovraccarico giudiziario, perseguendo invece la composizione stragiudiziale gruppo di ricerca ha dato corso nei mesi di settembre-novembre a un monitoraggio su scala provinciale delle liti (1). È dalla necessità varie figure lavorative emergenti di garantire una giustizia più veloce ed efficiente che sorgono gli istituti alternativi al processo per la composizione delle controversie, presentati appunto come uno strumento deflattivo, ritenendo più opportuno seguire la via dell’incentivazione della giustizia privata, invece di investire risorse nel potenziamento della giustizia statale (2).
(1) X. Xxxx, Le conciliazioni valide, in X. Xxxx, Le rinunce e le transazioni del lavoratore, Xxxxxxx, 1990, pp. 77 – 79 e p. 85. Ma anche X. Xxxxxxx, Giustizia dello Stato, arbitrato e controversie di serie, in DRI, 1992, p. 7.
(2) In questo senso si esprime X. Xxxxxxxxxx, Conciliazione e arbitrato: le nuove regole e il regime di inderogabilità dei contratti collettivi, in LD, 2000, 2, pp. 129 – 130. Tuttavia, non è opportuno considerare le tecniche della conciliazione e dell’arbitrato solo come misure di deflazione del carico giudiziario, in quanto non sarebbe possibile cogliere fino in fondo il perché i sistemi di relazioni industriali intervengono su questo profilo. Gli strumenti di risoluzione delle controversie, infatti, vanno inquadrati come istituti di completamento dell’ordinamento intersindacaledifficile qualificazione, al fine di rafforzare l’autonomia collettiva come vero fornire i giusti strumenti e proprio ordinamento giuridico la consulenza giuridica per consentirne la distinzione e la valutazione del carattere lecito o illecito. In questa fase della ricerca si è cercato di verificare, in ragione delle marcate peculiarità del tessuto economico modenese che rendono difficile parlare di fenomeno di lavoro nero tout court, la validità di una prospettiva teorico/ricostruttiva volta a riconnettere il tema dell’emersione a quello della modernizzazione dell’organizzazione del lavoro e delle tipologie contrattuali in particolare. Come efficacemente evidenziato dal Libro Bianco sul mercato del lavoro: Mercato e organizzazione del lavoro si stanno evolvendo con crescente velocità. Non altrettanto avviene per i rapporti di lavoro: il sistema regolativo ancor oggi utilizzato in Italia non è più in grado di cogliere e governare la trasformazione in atto. Assai più che semplice titolare di un “rapporto di lavoro”, il prestatore di oggi e, soprattutto, di domani, è un collaboratore che opera all’interno di un “ciclo”. Si tratti di un progetto, di una missione, di un incarico, di una fase dell’attività produttiva o della sua vita. Il percorso lavorativo è segnato da cicli in cui si possono alternare fasi di lavoro dipendente ed autonomo, che non detta solo norme per la stipulain ipotesi intervallati da forme intermedie e/o da periodi di formazione e riqualificazione professionale. Il quadro giuridico-istituzionale ed i rapporti costruiti dalle parti sociali, ma anche per l’amministrazione quindi il diritto del lavoro e la gestione dei contratti le relazioni industriali, devono cogliere queste trasformazioni in divenire, agevolandone il governo. Il mercato del lavoro italiano necessita, quindi, di importanti modifiche al suo apparato regolatorio, procedendo organicamente ad una modernizzazione dell’organizzazione e accordi collettivi e individuali (3). In tale prospettiva, la contrattazione collettiva non rappresenta solo una fonte del diritto per la regolamentazione dei rapporti individuali di lavoro, ma anche auspicabilmente d’intesa con le parti sociali. L’introduzione della nuova normativa sul contratto a termine rappresenta un primo esempio di queste azioni. Il miglioramento qualitativo del rapporto di lavoro deve avvenire mediante un uso corretto del contratto di lavoro a tempo indeterminato, evitando che si diffondano flessibilità in entrata per aggirare i vincoli o le tutele predisposte per la flessibilità in uscita. Pertanto, appare importante incentivarne l’utilizzo, con particolare riguardo alla trasformazione del contratto a termine, nonché superare gli eventuali ostacoli normativi che frenano il ricorso a questa tipologia contrattuale, senz’altro fondamentale per garantire una istituzione finalizzata alla costruzione sociale dei mercati società attiva basata sulla qualità del lavoro, tanti quanti sono i contratti collettivi a livello nazionale e i relativi campi di applicazione, organizzati per settori economici e attività o categorie merceologiche e produttive (infra, Cap. IV, § 1). Il potere di configurare e governare sistemi di risoluzione delle controversie viene riconosciuto all’autonomia collettiva anche dal legislatore, laddove all’art. 412 ter cod. proc. civ. prevede che «la conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui all’articolo 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative». È in questa norma che si realizza l’intersecazione tra ordinamento intersindacale e ordinamento statuale, in quanto quest’ultimo qualifica come legittimi gli strumenti dell’ordinamento intersindacale e ne riconosce gli effetti. Tuttavia, la norma sopracitata offre una definizione di conciliazione in sede sindacale molto generica e di conseguenza non univoca (4): in questo senso, vi è chi ritiene che si tratti di una delega in bianco disposta dal (3) X. Xxxxxxx, A proposito della riforma dell’arbitrato per le liti di lavoro, in DRI, 1992, 2, p. 3.
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Samples: Convenzione
Posizione del problema. La volontà Ricorre spesso, nella prassi, il problema di sapere se il Giudice Delegato ha il potere di ordinare la cancellazione delle parti sociali ipoteche gravanti sull’immobile oggetto di regolareun con- tratto preliminare di compravendita nel quale il curato- re fallimentare, mediante i sistemi debitamente autorizzato dagli organi del- la procedura, abbia deciso di relazioni industrialisubentrare. L’ipotesi che un bene immobile promesso in vendita dalla società in bo- nis risulti gravato da ipoteca è molto più frequente rispet- to a quella in cui il bene immobile sia libero da vincoli pregiudizievoli; ed il riconoscimento di un siffatto potere in capo al Giudice Delegato appare spesso determinante per dare piena attuazione ai principi che sovrintendono le norme sui «fallimenti immobiliari» e gli art. 72 ss. l. f. In altre parole, l’esclusione del potere del Giudice Delegato di ordinare la cancellazione delle ipoteche, nell’ipotesi di subentro del curatore nel preliminare di compravendita, non solo lo scambio tra prestazione lavorativa consentirebbe una tutela effettiva e corrispettivo economicoreale del promis- sario acquirente - riconosciuta anche dalle Cass., ma anche le liti SS.UU. 16 settembre 2015, n. 18131[1] - e sarebbe di ostacolo al- la applicazione delle norme sui rapporti pendenti, atteso che sorgono il curatore non potrebbe vendere il bene come libero. Le tesi gravitano intorno a due poli, così sintetizzabili. Da un lato, si afferma che il subentro del curatore nel rapporto contrat- to preliminare di lavoro emerge compravendita costituisce una modali- tà di liquidazione del bene che si attua indipendentemen- te dalla sovente predisposizione volontà del debitore: tale modalità di strumenti attraverso cui liquidazio- ne è un tipo di vendita forzata, con la conseguenza che il Giudice delegato ha il potere di ordinare la cancellazio- ne delle ipoteche[2]. Dall’altro, si sostiene che il trasferi- mento di proprietà in esecuzione delle obbligazioni con- tenute in un contratto preliminare non avrebbe finalità li- quidatoria, bensì quella di dare attuazione al programma negoziale vincolante per le parti possano ricorrervi applicando lo stesso contraenti ed al quale la curatela è sottomessa (o per scelta, o perché costretta, al- lorquando si dice che la volontà di sciogliere il contratto collettivo. Si trattapreliminare non è opponibile al promissario acquirente: il subentro nel contratto preliminare, in sostanzaquesta prospettiva, non può mai essere qualificato come un atto di metodi alternativi liquida- zione di un cespite compreso nella massa fallimentare[3]. [1] La sentenza, pubblicata in Foro it., 2015, I, 3488 con nota di XXXXXXX ed in Fallimento, 2015, 1284 con nota di BALESTRA Trascrizione della domanda e paralleli rispetto a quelli proposti dalla disciplina dell’ordinamento statuale; tra questi, maggiore rilevanza, per ricorrente utilizzo, la hanno le modalità stragiudiziali di risoluzione potere del Curatore fallimentare: luci (e qualche ombra) nella decisione delle controversie individuali di lavoro. La dottrina, da tempoSezioni Unite, ha evidenziato come questa tendenza sia sicuramente incoraggiata dalla crisi della giustizia fissato il principio secondo cui la scelta del lavoro e più in generale della giustizia civilecuratore di sciogliersi dal con- tratto preliminare di compravendita non è opponibile al promissario acquirente che ha trascritto la domanda giudiziale ante sentenza dichiarativa di fallimento ed ha ottenuto la sentenza ex art. 2932 c.c. dopo la dichiaraizone di fallimento. [2] Cass. 8.2.2017, la quale ha implementato la diffusione di disposizioni introducenti strumenti deflattivi del contenzioso, nel tentativo di ridurre, per quanto possibile, il sovraccarico giudiziario, perseguendo invece la composizione stragiudiziale delle liti (1). È dalla necessità di garantire una giustizia più veloce ed efficiente che sorgono gli istituti alternativi al processo per la composizione delle controversie, presentati appunto come uno strumento deflattivo, ritenendo più opportuno seguire la via dell’incentivazione della giustizia privata, invece di investire risorse nel potenziamento della giustizia statale (2).
(1) X. Xxxx, Le conciliazioni validen.3310, in X. XxxxDir. Fall., Le rinunce e le transazioni del lavoratore2017, Xxxxxxx3-4, 1990, pp889; Trib. 77 – 79 e p. 85. Ma anche X. Xxxxxxx, Giustizia dello Stato, arbitrato e controversie di serieVerona 16.4.2014, in DRIFallimento, 19922014, p. 7, 825; Trib.
Varese, decreto, 16.11.2017 (2) In questo senso si esprime X. XxxxxxxxxxRG n. 2732/2017), Conciliazione e arbitrato: le nuove regole e il regime di inderogabilità dei contratti collettiviinedita [3] Trib. Milano 21.9.2017, in LDxxxxx://xxxxxxxx00xxxxxxx.xxxxxx00xxx.xxx. Xxxxxx Xxx., 2000, 2, pp. 129 – 130. Tuttavia, non è opportuno considerare le tecniche della conciliazione e dell’arbitrato solo come misure di deflazione del carico giudiziario, in quanto non sarebbe possibile cogliere fino in fondo il perché i sistemi di relazioni industriali intervengono su questo profilo. Gli strumenti di risoluzione delle controversie, infatti, vanno inquadrati come istituti di completamento dell’ordinamento intersindacale, al fine di rafforzare l’autonomia collettiva come vero e proprio ordinamento giuridico autonomo, che non detta solo norme La sorte dell’ipoteca sull’immobile venduto dal curatore per la stipula, ma anche per l’amministrazione e la gestione dei contratti e accordi collettivi e individuali (3). In tale prospettiva, la contrattazione collettiva non rappresenta solo una fonte del diritto per la regolamentazione dei rapporti individuali di lavoro, ma anche una istituzione finalizzata alla costruzione sociale dei mercati del lavoro, tanti quanti sono i contratti collettivi a livello nazionale e i relativi campi di applicazione, organizzati per settori economici e attività o categorie merceologiche e produttive (infra, Cap. IV, § 1). Il potere di configurare e governare sistemi di risoluzione delle controversie viene riconosciuto all’autonomia collettiva anche dal legislatore, laddove all’art. 412 ter cod. proc. civ. prevede che «la conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui all’articolo 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative». È in questa norma che si realizza l’intersecazione tra ordinamento intersindacale e ordinamento statuale, in quanto quest’ultimo qualifica come legittimi gli strumenti dell’ordinamento intersindacale e ne riconosce gli effetti. Tuttavia, la norma sopracitata offre una definizione di conciliazione in sede sindacale molto generica e di conseguenza non univoca (4): in questo senso, vi è chi ritiene che si tratti di una delega in bianco disposta dal (3) X. Xxxxxxx, A proposito della riforma dell’arbitrato per le liti di lavoro, in DRI, 1992, 2, p. 3.subentro nel preli- L’Aula Civile • n. 4 - 2019 › CONTRATTO PRELIMINARE E IPOTECHE
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