Common use of XXXXXXXXXXX, Clause in Contracts

XXXXXXXXXXX,. Il contratto a tempo determinato, cit., 461. Infatti, «la specifica ragione che ha motivato l’assunzione, una volta esternata, diventa parte essenziale del programma contrattuale, con la conseguenza di esporre la legittimità del termine alla verifica dell’esistenza di un nesso causale tra le ragioni dichiarate Questa interpretazione, che è stata espressa prima della riforma del 2007, si prestava già a varie obiezioni41 e, a mio giudizio, può essere ulteriormente confutata dopo le recenti innovazioni. Una prima critica è quella che, in base a questa ricostruzione, la motivazione non sarebbe finalizzata a spiegare il «perché» del contratto a termine, ma servirebbe solo ad impedire che il lavoratore venga utilizzato per diverse esigenze economiche od organizzative (con esclusione o notevole compressione dello ius variandi). Una simile interpretazione determina una «svalutazione» della funzione della motivazione che, già difficilmente comprensibile in passato, sarebbe ancora meno plausibile dopo la legge 247/2007. Quest’ultima, infatti, ha la finalità di ridurre l’utilizzazione del contratto a termine e di favorire il t. indeterminato (che è la forma di lavoro «normale»). Sembra difficile poter affermare che, in un contesto normativo così restrittivo, la differenza tra le due tipologie contrattuali non debba basarsi sulla diversa natura delle causali economiche bensì nel fatto che – pur potendo entrambi i rapporti essere giustificati dalla necessità di lavoro stabile – nel termine vi sarebbe solo una maggiore rigidità nell’utilizzazione del lavoratore. Si tratterebbe di una soluzione interpretativa assai «riduttiva» rispetto agli scopi perseguiti dalla riforma. Ma vi sono obiezioni ulteriori. La spiegazione del ruolo della motivazione qui criticata è in primo luogo contraddetta dal rigore della legge per quanto riguarda la proroga e le sanzioni in caso di prolungamento del rapporto oltre certi limiti temporali o per la successione dei contratti senza rispettare gli intervalli previsti dalla legge. Tali disposizioni sarebbero del tutto incomprensibili se la motivazione non riguardasse una causale differente rispetto al t. indeterminato. Infatti, perché convertire il contratto se, a mansioni invariate, si lavora ventuno o trentuno giorni o, sempre in relazione alla

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XXXXXXXXXXX,. Il contratto La lottizzazione abusiva, Xxxxxxx, Milano, 2012, pag. 141 e ss. prevenzione57. Si è affermato in particolare, in una fattispecie di confisca di beni ritenuta legittimamente operante nonostante l'intervenuta assoluzione dal reato di cui all'art. 648 bis c.p., che: “il proscioglimento da uno dei delitti per i quali il combinato disposto degli artt. 14 L. n. 55 del 1990 e 1, comma primo, n. 2 L. n. 1423 del 1956, prevede, per i soggetti che siano ritenuti vivere con il provento degli stessi, l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale, non esclude che il giudice della prevenzione possa comunque, a tempo determinatofronte del sistema probatorio attenuato del processo di prevenzione, pervenire a ritenere attribuibile detto delitto al proposto”58. Altro aspetto che merita di essere evidenziato è quello se le diverse ipotesi di confisca presentino sia connotati sanzionatori sia di misura di sicurezza. Ciò perché occorre indagare se vi sia prevalenza degli uni o degli altri connotati che possa condurre ad esiti diversi a seconda degli aspetti che possono venire in rilievo, quali l'ambito temporale di applicazione, la confiscabilità in assenza di condanna ovvero a carico di eredi o di terzi. Ad esempio, sono sorte perplessità sulla circostanza che anche la confisca- sanzione sia prescrivibile o “patteggiabile” come qualsiasi altra sanzione59. Si è evidenziato in ordine alla prescrivibilità, che il diritto dello Stato ad infliggere afflizioni aggiuntive, come restrizioni della libertà personali o anche sanzioni pecuniarie, non trova più adeguata giustificazione una volta trascorso un congruo periodo di tempo. Diversamente, dopo un corrispondente intervallo temporale, non sembra accettabile il consolidamento dei vantaggi ricavati a seguito della commissione del reato, come avverrebbe se anche la confisca del profitto del reato – avente natura di sanzione – si ritenesse anch'essa prescrivibile. Inoltre, concordare la misura della somme da assoggettare a confisca-sanzione in sede di patteggiamento, potrebbe avere da un lato riflessi sulla posizione di terzi danneggiati, peraltro assenti con riferimento alle pene tradizionali; dall'altro, 57 Cass. Pen., sez. V, n. 40490/2009. 58 Ibidem. 59 LASCO-XXXXX- XXXXX-XXXXXXXX, Enti e responsabilità da reato. Commento al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, Xxxxxxxxxxxx, Torino 2017, 647. l'ammissione di simili negoziati sulla confisca, implica la necessità di individuare i parametri discrezionali per evitare arbitri e consentire un adeguato controllo sull'xxxxxxx00. La suggerita inadeguatezza della tradizionale divisione in termini di natura sanzionatoria o di misura di sicurezza della confisca sarebbe altresì rinvenibile in relazione alla confiscabilità dei beni agli eredi in relazione alla c.d. confisca estesa. Anche prima del riconoscimento legislativo di tale possibilità, in relazione alla confisca di cui all'art. 12 – sexies cit., 461si affermava la confiscabilità dei beni in capo agli eredi del condannato. InfattiA sostegno di tale conclusione, «veniva richiamata non la specifica ragione pericolosità intrinseca del bene, connessa alla natura di misura di sicurezza attribuita all'istituto, bensì l'osservazione secondo cui l'estinzione del reato per morte del reo paralizza solo gli effetti personali e non anche quelli reali del reato61. Si è infatti argomentato che ha motivato l’assunzionela confisca applicata nel procedimento di prevenzione per gli indiziati di appartenenza ad associazione di tipo mafioso non è destinata a perdere effetto a seguito della morte della persona soggetta alla misura personale, una volta esternata, diventa parte essenziale qualora sia intervenuta prima della definitività del programma contrattuale, con relativo provvedimento. Ciò in quanto la conseguenza misura è di esporre la legittimità del termine alla verifica dell’esistenza contenuto analogo a quella di un nesso causale tra le ragioni dichiarate Questa interpretazionesicurezza prevista dall'art. 240 c.p., che è stata espressa prima si propone di eliminare dal circuito economico, collegato ad attività e soggetti criminosi, beni di cui non sia fornita dimostrazione della riforma del 2007, si prestava già a varie obiezioni41 e, a mio giudizio, può essere ulteriormente confutata dopo le recenti innovazionilecita provenienza. Una prima critica è quella Ne deriverebbe che, in base accertati i presupposti di pericolosità qualificata del soggetto appartenente ad una associazione di tipo mafioso, e indimostrata la legittima provenienza dei beni confiscati, non viene meno a questa ricostruzione, seguito della morte del proposto la motivazione non sarebbe finalizzata a spiegare il «perché» valutazione di pericolosità del contratto a termine, ma servirebbe solo ad impedire che il lavoratore venga utilizzato per diverse esigenze economiche od organizzative (con esclusione o notevole compressione dello ius variandi)patrimonio62. Una simile interpretazione determina una «svalutazione» della funzione della motivazione che, già difficilmente comprensibile in passato, sarebbe ancora meno plausibile dopo la legge 247/2007. Quest’ultima, infatti, ha la finalità di ridurre l’utilizzazione del contratto a termine e di favorire il t. indeterminato (che è la forma di lavoro «normale»). Sembra difficile poter affermare che, in un contesto normativo così restrittivo, la differenza tra le due tipologie contrattuali non debba basarsi sulla diversa natura delle causali economiche bensì nel fatto che – pur potendo entrambi i rapporti essere giustificati dalla necessità di lavoro stabile – nel termine vi sarebbe solo una maggiore rigidità nell’utilizzazione del lavoratore. Si tratterebbe di una soluzione interpretativa assai «riduttiva» rispetto agli scopi perseguiti dalla riforma. Ma vi sono obiezioni ulteriori. La spiegazione del ruolo della motivazione qui criticata è in primo luogo contraddetta dal rigore della legge per quanto riguarda la proroga e le sanzioni in caso di prolungamento del rapporto oltre certi limiti temporali o per la successione dei contratti senza rispettare gli intervalli previsti dalla legge. Tali disposizioni sarebbero del tutto incomprensibili se la motivazione non riguardasse una causale differente rispetto al t. indeterminato. Infatti, perché convertire il contratto se, a mansioni invariate, si lavora ventuno o trentuno giorni o, sempre in relazione alla60 Ibidem.

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XXXXXXXXXXX,. Il contratto a tempo determinatoLa rinegoziazione nei contratti ad evidenza pubblica, citin Giust. amm., 4612006, pag. Infatti846; X. XXXXXXXX, «la specifica ragione che ha motivato l’assunzioneLe clausole di rinegoziazione nei contratti ad evidenza pubblica, in Foro amm. TAR, 2006, pag. 1911; X. XXXXXXXXX, La rinegoziazione, in Contratto e imprese, 2002, pag. 775. anche una volta esternatasorto il vinculum iuris31. Nell’attività contrattuale delle pubbliche amministrazioni, diventa parte essenziale del programma contrattualeinvece, il principio della immutabilità delle condizioni contrattuali è stato ulteriormente accentuato dalla rigorosa applicazione data dalla giurisprudenza al divieto di c.d. ―rinegoziazione‖, con risultati non sempre positivi in termini di efficienza dell’attività amministrativa e di tutela degli interessi della collettività. Applicando formalmente il principio sopra enunciato si è esclusa l’esperibilità di trattative successive all’aggiudicazione considerate distorsive dei principi di evidenza pubblica, anche se implicanti un vantaggio per l’amministrazione riconoscendosene l’ammissibilità, peraltro neppure univocamente, solo laddove la conseguenza scelta del contraente si sia svolta ab origine al di esporre fuori di procedure formali. Il divieto della rinegoziazione è stato recentemente ribadito anche rispetto a fattispecie in cui la legittimità del termine alla verifica dell’esistenza modifica dell’offerta dell’aggiudicatario rappresentava l’unica via per porre riparo ad errori in cui era incorsa la stazione appaltante in fase di un nesso causale tra le ragioni dichiarate Questa interpretazione, che è stata espressa prima definizione dell’oggetto dell’affidamento o nell’elaborazione della riforma del 2007, si prestava già a varie obiezioni41 e, a mio giudizio, può essere ulteriormente confutata dopo le recenti innovazioniprogettazione della opera. Una prima critica è quella che, Il Consiglio di Stato32 ha in base a questa ricostruzione, la motivazione non sarebbe finalizzata a spiegare il «perché» proposito elaborato una differenziazione nel trattamento giuridico del contratto a termineseconda che lo stesso sia stato stipulato sulla scorta di un’inammissibile rinegoziazione oppure risulti concluso a valle di procedure di gara annullate per la presenza di uno dei consueti vizi che colpiscono gli atti dell’evidenza pubblica, affermando che, nel primo caso, diversamente dal secondo, il relativo regime di invalidità debba necessariamente essere quello della nullità. Almeno con riguardo agli appalti di lavori pubblici si tende ad affermare che le sole ipotesi in cui si potrebbe ammettere un mutamento del contenuto delle prestazioni dedotte in contratto sarebbero, da un lato, quelle tassativamente elencate dall’art. 132 del 31 C.M. BIANCA, Diritto civile, L’obbligazione, IV, Milano, Xxxxxxx, 1993, pag. 443. 32 Si veda: Cons. Stato, sez. V, 13 novembre 2002, n. 6281, in Giorn. dir. amm., 2003, 503/02. d.lgs. 163/06 (che riprende il testo della previgente disciplina sulle varianti in corso d'opera di cui all’art. 25, legge n. 109/94) e, dall’altro, sul piano del corrispettivo pattuito, quelle indicate dall’art. 133 del d.lgs. n. 163/06, legittimanti, entro stringenti limiti e sempre in xxx xxxxxxxxxxx (xx xxxxxx xx xxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx del prezzo ribadito nello stesso comma 3 dell’art. 133 del d.lgs. n. 163/06), la revisione dei prezzi previsti per i materiali da costruzione33. Al di fuori delle specifiche fattispecie sopra menzionate sembrerebbe dover trovare applicazione il principio d’immutabilità delle condizioni contrattuali cristallizzatesi all’esito della gara; e ciò anche quando la sopravvenienza in corso di esecuzione del rapporto di nuove circostanze di fatto, non predeterminate nella disciplina di settore, alteri il precedente equilibrio tra prestazione e controprestazione. Qualche apertura a forme di rinegoziazione si rinviene in due recenti pronunce del Consiglio di Stato in cui (in rapporto ad appalti di servizi e forniture) si avalla la scelta di alcune stazioni appaltanti di prevedere nella lex specialis clausole di rinegoziazione34 che fissino cioè preventivamente le circostanze al ricorrere delle quali si può provvedere ad una modifica di elementi anche essenziali del rapporto, ivi incluso il prezzo; oltretutto per quest’ultimo si considera legittimo prevedere non solo la possibilità di riduzione, ma servirebbe solo ad impedire anche di incremento. Nella richiamata giurisprudenza il potere di fissare clausole di rinegoziazione viene correttamente legato alla predefinizione di queste in sede di gara, circostanza che il lavoratore venga utilizzato sarebbe di per diverse esigenze economiche od organizzative (con esclusione o notevole compressione dello ius variandi). Una simile interpretazione determina una «svalutazione» sé idonea a scongiurare qualsivoglia pericolo di alterazione della funzione della motivazione par condicio dei contendenti, finendo, quindi, per attribuire un ampio potere all’amministrazione che, già difficilmente comprensibile per come ricostruito, sembra poter trovare applicazione non solo nell’ambito del tipo di affidamenti in passatocui la giurisprudenza lo ha elaborato (forniture e servizi), sarebbe ancora meno plausibile dopo la legge 247/2007. Quest’ultima, infatti, ha la finalità di ridurre l’utilizzazione del contratto a termine e di favorire il t. indeterminato (che è la forma di lavoro «normale»). Sembra difficile poter affermare che, in un contesto normativo così restrittivo, la differenza tra le due tipologie contrattuali non debba basarsi sulla diversa natura delle causali economiche bensì nel fatto che – pur potendo entrambi i rapporti essere giustificati dalla necessità di lavoro stabile – nel termine vi sarebbe solo una maggiore rigidità nell’utilizzazione del lavoratore. Si tratterebbe di una soluzione interpretativa assai «riduttiva» ma anche rispetto agli scopi perseguiti dalla riforma. Ma vi sono obiezioni ulteriori. La spiegazione del ruolo della motivazione qui criticata è in primo luogo contraddetta dal rigore della legge per quanto riguarda la proroga e le sanzioni in caso di prolungamento del rapporto oltre certi limiti temporali o per la successione dei contratti senza rispettare gli intervalli previsti dalla legge. Tali disposizioni sarebbero del tutto incomprensibili se la motivazione non riguardasse una causale differente rispetto al t. indeterminato. Infatti, perché convertire il contratto se, a mansioni invariate, si lavora ventuno o trentuno giorni o, sempre in relazione allaai lavori pubblici.

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XXXXXXXXXXX,. Il contratto a tempo determinatodiritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, citII, op.cit., 461p. 935. 21 Sul punto si v. X. XXXXXXX, La famiglia di fatto e le unioni civili. Appunti sulla nuova legge, in Persona e Xxxxx, 24.06.2016, l’A. ritiene che si tratti di “una limitazione in contrasto non solo con la realtà sociale, ma anche con quella giuridica, frutto di lunghi anni di elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale, anche ad opera della Corte costituzionale. Non si dubita più, infatti, che la condizione di separato legalmente non osti alla stabile convivenza con altra persona, posto che quella con il coniuge è cessata. Semmai l’ostacolo potrebbe essere ravvisato nella separazione meramente di fatto. Di conseguenza la legge ha dato luogo ad una dicotomia, perché le convivenze di fatto prive di risultanza anagrafica o con partner separato continueranno ad essere disciplinate dal diritto vivente giurisprudenziale”, disponibile al link xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxx/xx-xxxxxxxx-xx-xxxxx-x-xx-xxxxxx-xxxxxx-xxxxxx-xxxxx-xxxxxxx-xxxxx- Infatti, «la specifica ragione questione non è di poco conto se si considera che ha motivato l’assunzionelo stato libero è elemento fondamentale per la costituzione della convivenza di cui ai commi 36 ss. della legge in commento e per la relativa disciplina (compresa quella del contratto di convivenza). Ci si deve chiedere, una volta esternataallora, diventa parte essenziale del programma contrattuale, con la conseguenza di esporre la legittimità del termine alla verifica dell’esistenza di un nesso causale tra le ragioni dichiarate Questa interpretazione, che è stata espressa prima della riforma del 2007, si prestava già a varie obiezioni41 e, a mio giudizio, può essere ulteriormente confutata dopo le recenti innovazioni. Una prima critica è quella quali norme debbano applicarsi ai partner che, in base spregio al comma 36, costituiscano una convivenza. Per dottrina significativa, semplicemente, in questi casi la legge speciale non può trovare applicazione, ma deve farsi riferimento al diritto comune, cioè a questa ricostruzionequegli indirizzi giurisprudenziali e dottrinali che, fino all’entrata in vigore della recente riforma, hanno ispirato la materia. Si ritorna, così, ad una convivenza al di fuori degli schemi predisposti dall’ordinamento, la motivazione qual cosa non sarebbe finalizzata può che mostrare come la ratio stessa della legge sia frustrata da una forse eccessiva intromissione del legislatore in un ambito quanto mai labile, delicato e, soprattutto, libero, qual è quello del diritto di famiglia e degli istituti parafamiliari22. Ancora, un’altra problematica collegata a spiegare il «perché» quella che potrebbe definirsi come convivenza “atipica” – proprio perché non conforme allo schema predisposto dalla legge speciale – concerne la dichiarazione anagrafica che i partner devono effettuare per poter godere della disciplina predisposta dalla legge . Il comma 37 prescrive che “ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui al comma 36, per l'accertamento della stabile convivenza si fa riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all'articolo 4 e alla lettera b) del contratto a terminecomma 1 dell'articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, ma servirebbe solo ad impedire n. 223”. Discussa in dottrina è la natura della dichiarazione23: la tesi minoritaria ritiene che il lavoratore venga utilizzato per diverse esigenze economiche od organizzative (con esclusione si tratti di un elemento costitutivo della fattispecie, in assenza del quale la convivenza ex comma 36 non può configurarsi – o notevole compressione dello ius variandi). Una simile interpretazione determina meglio, si costituisce sì una «svalutazione» della funzione della motivazione convivenza, che, già difficilmente comprensibile in passatotuttavia, sarebbe ancora meno plausibile dopo la legge 247/2007non va ricondotta nello schema (tipico) di quello della riforma24. Quest’ultimaL’indirizzo maggioritario, infattixxxxxxxxx-xxxxxxx; X. XXXXXXXXX, ha la finalità di ridurre l’utilizzazione del contratto a termine Unioni civili e di favorire il t. indeterminato (che è la forma di lavoro «normale»). Sembra difficile poter affermare checonvivenze, in un contesto normativo così restrittivoFam. e Dir., la differenza tra le due tipologie contrattuali non debba basarsi sulla diversa natura 10/2016, p. 864 ss.. X. XXXXXX, I regimi patrimoniali della famiglia di fatto, Milano, 1991, p. 209 ss.; ID., I rapporti patrimoniali nelle unioni civili e nelle convivenze di fatto, in X. Xxxxx – X. Xxxxxxxx – X. Xxxxxx – F. Mecenate – X. Xxxxxx, La nuova regolamentazione delle causali economiche bensì nel fatto che – pur potendo entrambi i rapporti essere giustificati dalla necessità unioni civili e delle convivenze - Legge 20 maggio 2016, n. 76, Torino, 2016, p. 61 ss.; X. XXXXX, La nuova disciplina delle convivenze di lavoro stabile – nel termine vi sarebbe solo una maggiore rigidità nell’utilizzazione del lavoratore. Si tratterebbe fatto: osservazioni a prima lettura, in xxx.xxxxxxxxx.xx, 2/2016; X. XXXXXXX, Prospettiva di una soluzione interpretativa assai «riduttiva» rispetto agli scopi perseguiti dalla riforma. Ma vi sono obiezioni ulteriori. La spiegazione del ruolo della motivazione qui criticata è disciplina delle convivenze: tra fatto e diritto, xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, 12.05.2016, p. 10 ss.; X. XXXXX, Unioni civili e convivenze, in primo luogo contraddetta dal rigore della legge per quanto riguarda la proroga e le sanzioni in caso di prolungamento del rapporto oltre certi limiti temporali o per la successione dei contratti senza rispettare gli intervalli previsti dalla legge. Tali disposizioni sarebbero del tutto incomprensibili se la motivazione non riguardasse una causale differente rispetto al t. indeterminato. Infattixxx.xxxxxxxxx.xx, perché convertire il contratto se2016, a mansioni invariate6, si lavora ventuno o trentuno giorni o, sempre in relazione allap. 1 ss.

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