GLI EFFETTI DEL CONTRATTO E LA CIRCOLAZIONE DEI BENI
Gli effetti del contratto e la circolazione dei beni.
Corso di Diritto Civile A.A. 2015-2016
Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxx
GLI EFFETTI DEL CONTRATTO E LA CIRCOLAZIONE DEI BENI
INDICE | ||
1. | La forza di legge del contratto » | p. 1 |
1.1. | La vincolatività » | p. 2 |
1.2. | Forza di legge e “contratto giusto” » | p. 4 |
1.3. | I contratti dei consumatori » | p. 6 |
1.4. | I contratti fra imprese » | p. 7 |
1.5. | Il contratto usurario » | p. 8 |
1.6. | Un nuovo ordine in formazione » | p. 9 |
2. | Rilevanza, efficacia ed opponibilità » | p. 12 |
2.1. | Il comma 2° dell’art. 1372 x.x. » | x. 00 |
0.0. | Rilevanza ed opponibilità » | p. 13 |
2.3. | L’opponibilità » | p. 17 |
2.4. | Opponibilità del titolo esecutivo e non del diritto | |
2.5. | …………………………………………………» La responsabilità del terzo per violazione del contratto » | p. 20 p. 22 |
3. | Gli effetti del contratto » | p. 28 |
3.1. | Effetti fra le parti » | p. 28 |
3.2. | Effetti nei confronti dei terzi » | p. 30 |
4. | I contratti ad effetti reali » | p. 32 |
4.1. | Premessa » | p. 32 |
4.2. | La circolazione dei beni: le soluzioni adottate negli | |
4.3. | ordinamenti europei. La tensione verso soluzioni uniformi » L’acquisto di cose mobili e la Convenzione di | p. 34 |
Vienna » | p. 40 | |
4.4. | L’acquisto dei titoli di credito » | p. 45 |
4.5. | Gli acquisti di cose immobili e la trascrizione …..» | p. 53 |
5. | Principio consensualistico e autonomia privata: la | |
derogabilità » | p. 56 | |
6. | Il contratto preliminare » | p. 63 |
6.1. | Distinzione dalle figure affini » | p. 63 |
6.2. | Il patto di prelazione » | p. 65 |
6.3. | La puntuazione e le lettere di intenti » | p. 66 |
6.4 | Accordi normativi » | p. 69 |
6.5. | Il preliminare di preliminare e la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 6 marzo 2015 n. 4628 » | p. 71 |
6.6. | Preliminare e definitivo » | p. 73 |
6.7. | La causa del contratto definitivo » | p. 76 |
6.8. | Ambito disciplinare » | p. 78 |
6.9. | Effetti » | p. 79 |
6.10 | Rimedi » | p. 87 |
6.11. | Cedibilità del preliminare » | p. 89 |
6.12. | La sentenza costitutiva di cui all’art. 2932 x.x » | x. 00 |
0. | Xx xxxxxxxx xxxxxx e la caparra » | p. 92 |
7.1. | La clausola penale » | p. 92 |
7.2. | La caparra confirmatoria » | p. 96 |
7.2.1. | La caparra confirmatoria e l’ord. della Xxxxx xxxxxxxxxxxxxx x. 00 del 2014 » | p. 98 |
7.3. | Correzione giudiziale e principi costituzionali …..» | p. 101 |
8. | Negozio indiretto e negozio fiduciario » | p. 104 |
9. | Il ruolo del contratto nell’assetto dei beni. Obbligazioni e vincoli di destinazione » | p. 108 |
10. | Il trust » | p. 121 |
10.1. | Trust e diversità dei sistemi » | p. 121 |
10.2. | Un inventario delle incertezze » | p. 123 |
10.3. | La giurisprudenza di merito sui trust interni …….» | p. 125 |
10.4. | Trust e separazione patrimoniale: il compito del giurista » | p. 129 |
10.4. | Il trust nelle sentenze della Corte di Cassazione ...» | p. 133 |
11. | L’atto di destinazione trascrivibile ex art. 2645-ter x.x. » | x. 000 |
00.0. | La norma e la sua ratio » | p. 136 |
11.2. | I presupposti e il contenuto dell’effetto » | p. 142 |
11.3. | L’opponibilità: le obbligazioni reali e i limiti al | |
11.4. | potere di disposizione » Un esempio concreto. L’atto di destinazione nella crisi familiare: Xxxxxxx xxx Xxxxxxxxx xx Xxxxxx Xxxxxx, 00 marzo 2007 » | x. 000 x. 000 |
00.0. | Destinazione e atto traslativo » | p. 155 |
12. | La simulazione » | p. 157 |
12.1. | Gli effetti della simulazione fra le parti » | p. 159 |
12.2. | Efficacia della simulazione nei confronti dei terzi …………………………………………………» | p. 160 |
12.3. La prova della simulazione ……………………..» p. 162 13. L’integrazione ………………………………….» p. 167
13.1. L’integrazione cogente: la legge ………………...» p. 167
13.2. L’integrazione suppletiva: gli usi e l’equità ……...» x. 000
00.0. Il ruolo della clausola di buona fede nella formazione e nell’esecuzione del contratto ……..» p. 171
13.3.1. La buona fede nel sistema italiano ……………...» p. 171
13.3.2. L’evoluzione della giurisprudenza italiana ………» p. 172
13.3.3. Sulla discrezionalità del giudice ………………....» p. 173
13.3.4. Sui contenuti della discrezionalità ………………» p. 176
13.4. La buona fede nel diritto comunitario ………….» p. 176
13.5. Le conseguenze della violazione ………………..» p. 183
13.6. La buona fede nella fase di trattative e della conclusione …………………………………….» p. 188
13.7. Responsabilità e contratto valido: la svolta giurisprudenziale ……………………………….» p. 192
13.7.1. Regole di responsabilità e di validità ……………» p. 192
13.7.2. La coesistenza fra contratto valido e la responsabilità per la violazione della buona fede
nelle trattative …………………………………..» p. 196
13.7.3. Le asimmetrie informative e la regola di buona
fede …………………………………………….» p. 198
13.7.4. L’obbligo di informazione fra fattispecie e comportamento ………………………………...» p. 200
13.8. Tipologia della condotta ………………………..» p. 202
13.9. Natura della responsabilità precontrattuale ……..» p. 203
13.10. La buona fede nella esecuzione del contratto …...» p. 207 14. L’abuso di diritto ……………………………….» p. 210
14.1. Clausole generali e giudizio di legittimità ……….» x. 000
00.0. Il segno dei tempi ………………………………» p. 211
14.3. Le sentenze di legittimità ……………………….» p. 213
14.4. L’abuso del diritto in Italia e in Europa ………...» p. 214
14.5. Abuso e elusione tributaria ……………………..» p. 218
14.6. L’abuso della libertà contrattuale ……………….» p. 220
14.7. Abuso e buona fede ……………………………» p. 223 15. La rappresentanza ……………………………...» p. 225
15.1. Le figure simili …………………………………» p. 225
15.2. Le caratteristiche ……………………………….» p. 227
15.3. Fonti della rappresentanza ……………………...» p. 234 15.4. La procura ……………………………………...» p. 236
15.5. Capacità e vizi della volontà ……………………» p. 239
15.6. Falsus procurator …………………………………» p. 241
16. Cessione del contratto » | p. 246 |
16.1. Nozione e natura giuridica » | p. 246 |
16.2. Causa, forma, oggetto » | p. 249 |
16.3. Le parti del contratto » 16.4. Cessione modificativa e cessione parziale del | p. 252 |
contratto » | p. 253 |
16.5. Contratti con la clausola “all’ordine” » | p. 254 |
16.6. Analogie e differenze con altri istituti » | p. 255 |
17. Contratto per persona da nominare » | p. 258 |
17.1. Nozione e natura giuridica » 17.2. Contratti ai quali può essere apposta la riserva di | p. 258 |
nomina » | p. 261 |
17.3. Trasmissibilità del contratto per persona da | |
nominare e del potere di nomina » | p. 261 |
17.4. La dichiarazione di nomina » | p. 262 |
17.5. Analogie e differenze con altri istituti » | p. 266 |
18. Contratto a favore di terzo » | p. 268 |
18.1. Nozione » | p. 268 |
18.2. L’interesse dello stipulante » | p. 270 |
18.3. La dichiarazione del terzo di voler beneficiare della stipulazione » | p. 271 |
18.4. Vicende del contratto » | p. 272 |
18.5. Applicabilità dello schema del contratto a favore di terzo ai contratti ad effetti reali » | p. 273 |
18.6. Rapporto tra stipulante, promittente e terzo ……» | p. 274 |
18.7. Contratto con prestazione da effettuare al terzo dopo la morte dello stipulante (art. 1412 c.c.) …..» | p. 275 |
18.8. Analogie e differenze con altri istituti » | p. 275 |
GLI EFFETTI DEL CONTRATTO E LA CIRCOLAZIONE DEI BENI
Impostazione del problema
1. La forza di legge del contratto
La prima sezione del Capo quinto contiene le disposizioni generali sugli effetti del contratto e l’art. 1372 c.c. prevede due regole contrapposte e del tutto diverse. Nella prima si afferma che il contratto ha forza di legge usando un’espressione discussa già nella fase della sua originaria formulazione, ed oggetto, oggi, di un attento ripensamento1. Nel secondo comma si trova espresso il principio della relatività degli effetti dell’atto di autonomia anch’esso bisognoso di un’attenta analisi critica rispetto al passato2.
Di entrambe si dovrà esaminare il significato attuale muovendo dal- l’equiparazione fra legge e contratto che è stata definita enfatica o impropria, felice ed errata 3 a seconda dell’epoca storica e delle convinzioni personali dei commentatori che non possono non riconoscere, comunque, la fondamentale importanza della norma, la quale a ben vedere esprime l’essenza stessa del contratto.
Il tono solenne è giustificato dall’intenzione, risalente a Domat4, di attribuire all’accordo il valore e la capacità di creare un vincolo irretrattabile «tra due persone che si fanno legge delle parole scambiate», ed è questa la prima conseguenza che si produce in presenza del negozio che viene riconosciuto dalla legge idoneo a realizzare gli effetti rispondenti alla sua funzione. La sua stessa esistenza «come atto di autonomia (rilevante per il diritto) costituisce di già una situazione giuridica nuova»5 e consente di formulare una
1 G. DE NOVA, Il contratto ha forza di legge, Milano, 1993, p. 7 ss., e X. XXXXXXX, Il contratto, in Trattato di diritto civile, a cura di X. Xxxx-X. Xxxxxxxx-X. Xxxxxxx, 1987, p. 244 ss.; X. XXXXX, Xx Xxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 531 ss.
2 V. da ultimo X. XXXXXXXX, Degli effetti del contratto, in Commentario del cod. civ., a cura di
X. Xxxxxxxxxxx, Milano, 1998, p. 110 ss.; ID., in I contratti in generale, Trattato dei contratti, a cura di X. Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 1109 ss. e X. XXXXXXX, Consenso traslativo e circolazione dei beni, Milano, 1995, p. 35 ss.
3 v. X. XXXXXXXX, voce Contratto, in Enc. giur., 1988, p. 28 ss.; X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, Napoli, 1990, p. 865; X. XX XXXX, xx. xxx., x. 0, xx. 2.
4 Les lois civiles dans leur ordre naturel, Xxxxx, 0000, I, 1, p. 23 ss.
5 X. XXXXXXXXXXXX, Contributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli, 1969, p. 100 ss.; ID., Fatto giuridico e fattispecie complessa (Considerazioni critiche intorno alla dinamica del diritto), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1954, p. 357.
distinzione importante fra rilevanza ed efficacia negoziale da cui muove la successiva esposizione con una precisa opzione di metodo che va subito esplicitata.
L’idea che il contratto e la sua disciplina possano essere definiti solo in base agli effetti da cui andrebbero desunti tutti gli estremi del fatto non è appagante perché tende a risolvere sul piano della struttura un problema conoscitivo che può essere affrontato solo riflettendo sulla pluralità di valutazioni che la norma sollecita nei confronti di uno stesso contratto. La cui unità si distingue in una serie di prospettive diverse a seconda che si consideri la formazione dell’accordo, la sua giustificazione causale, gli effetti od il suo rilievo esterno6.
La sequenza di atti che disciplinano la conclusione del contratto acquista contorni definiti solo depurandola dal piano della fattispecie, secondo criteri formali dettati dal codice per quella fase essenzialmente dinamica. D’altra parte l’accordo non è di per sé idoneo a costituire, modificare o estinguere rapporti patrimoniali ma lo è solo se meritevole di tutela ed emerge, quindi, su di un piano diverso il profilo della causa e del tipo. Al fatto così integrato l’ordinamento, secondo una propria valutazione, riconnette effetti impegnativi fra le parti (art. 1372 c.c.) e per i terzi direttamente interessati (artt. 1372, 1411 c.c.) e, in prospettiva diversa dall’efficacia, si profila la rilevanza del negozio nei confronti dei terzi che è conseguenza, vedremo, autonoma rispetto agli effetti7.
Sicché per chiarire la dinamica degli effetti occorre analizzare una pluralità di valutazioni da cui emergono, come conseguenza, la vincolatività, l’efficacia, la rilevanza e l’opponibilità come giudizi in ordine a problemi diversi che esigono risposte diverse.
La forza di legge del contratto.
Erosione del principio
1.1. La vincolatività
Si è detto di recente che la forza di legge del contratto trova smentite
«via via più numerose e rilevanti» 8 e da qui occorre muovere per chiarire il primo aspetto che può essere ricostruito in base ad elementi spesso contraddittori.
Da un lato, l’equiparazione viene presa sul serio dalla Cassazione che riconosce il carattere vincolante delle norme sull’interpretazione del contratto e ammette il controllo di legittimità sulla ricostruzione della volontà comune delle parti e sulla qualificazione, quando si lamenti
6 v. X. XXXXXXXXX, Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969, p. 62 ss.
7 v. così testualmente X. XXXXXXX, op. cit., pp. 69-70 ed ivi una più ampia motivazione.
8 G. DE NOVA, op. cit., p. 11 ss.
l’applicazione della disciplina di un «tipo legale ad un contratto che è
invece di altro tipo»9.
Dall’altro, sono moltissimi i segni di erosione del principio.
Il fenomeno della «sostituzione di clausole pattizie con disposizioni di legge è al massimo della diffusione» e si accentuano le ipotesi in cui il contenuto del contratto deve ispirarsi all’informazione e alla fedeltà con quanto previsto, pena la sostituzione con clausole e modalità prefissate. Non solo la legge, ma sempre più spesso fonti secondarie e regolamentari, predeterminano aspetti rilevanti della negoziazione. Ad alcune parti viene attribuito il potere, in determinati casi, di modificare unilateralmente il rapporto contrattuale, consentendo all’altra di recedere quando sia esercitato lo ius variandi, ma l’aspetto più significativo ai nostri fini è la precisazione delle modalità di scioglimento del vincolo oggi consentite10.
Dalle cause ammesse dalla legge per l’eliminazione del vincolo può trarsi un segno preciso sul valore attuale della forza di legge del contratto11.
Alcuno vi comprende la revoca ed il recesso12, altri la risoluzione13, altri ancora la rescissione14 assieme a tutte le altre impugnative del contratto15. Un’interpretazione letterale della norma, ove si indicano casi di scioglimento, potrebbe far escludere le cause di invalidità16, ma tale lettura è riduttiva e non consente di individuare il significato attuale della vincolatività, intaccata da una serie di norme «di protezione» che incidono in modo significativo sulla stabilità della regola negoziale.
È opportuno, dunque, rinviare all’ approfondimento di tali istituti e fermare la nostra attenzione proprio sulle nuove figure di nullità e di inefficacia del vincolo, a tutela di assetti negoziali caratterizzati dal rilievo di uno squilibrio fra diritti ed obblighi e da contegni in mala fede. Non foss’altro perché il confronto con le ragioni e il fondamento dell’originaria formulazione del principio della forza di legge apparirà utile ed illuminante.
9 ID., op. cit., p. 20 ss.
10 ID., op. cit., p. 25 ss.
11 v. sul punto X. XXXXXXXX, Il mutuo dissenso, Milano, 1980, p. 32 ss. e da ultimo, X. XXXXXXXX, Degli effetti del contratto, cit., p. 42 ss.
12 X. XXXXXXXX, voce Contratto, cit., p. 21.
13 X. XXXXXXXXX, Dei contratti in generale, in Commentario del codice civile, Torino, 1987, sub
art. 1372, p. 292.
14 X. XXXXXXX, Diritto privato, Padova, 2000, p. 304.
15 X. XXXXX, voce Contratto, in Dig. disc. priv. sez. civ., Torino, 1989, p. 130; ID., Il Contratto, op. cit., p. 537.
16 G. DE NOVA, op. cit., p. 32.
1.2. Forza di legge e “contratto giusto”
I Commentatori francesi17 nell’ottocento avevano ben chiaro il valore della sicurezza e della libertà del commercio «qui exige qu’on ne puisse facilement revenir contre les conventions»18.
Questo limite, di interesse generale, contro la possibilità di «intentare facilmente azioni contro i contratti» 19 giustifica la delimitazione rigorosa delle impugnative contrattuali 20 ed ha una precisa giustificazione. Il valore dell’autonomia e della libertà contrattuale si identifica con l’utilità sociale, così come la legge della domanda e dell’offerta esprime l’interesse generale. Per favorire gli scambi è necessario svincolare le parti di un contratto da lacci e lacciuoli e il principio del laisser faire si completa implicitamente con quello del laisser contracter 21.
La stabilità del contratto, come principio connaturale al potenziamento del libero scambio, penetra nel Code Civil ove esiste già un germe della sua dissoluzione. L’art. 6 subordina all’ordine pubblico e al buon costume la libertà contrattuale ed introduce un controllo di validità delimitato, non dalla morale o dalla coscienza, ma da principi giuridici che inducono a ripensare, dalla seconda metà dell’ottocento in particolare, la natura ed il fondamento dell’atto di autonomia. La cui forza obbligatoria per oggetto di quella disposizione, trova radici non solo nell’autonomia della volontà, ma nella ricerca da parte del diritto positivo “dell’utile e del giusto”, dei fini e delle condizioni che delimitano il suo regime giuridico22.
Scarse sono tuttavia le modifiche in Italia sino all’ultimo decennio.
Autonomia ed equilibrio contrattuale
Lo spirito del Code Civil e l’evoluzione italiana
00 X. X. XXXXXXX, Xxxxxx des obligations, Tome premier, Bruxelles, 1835, p. 26.
18 R. J. XXXXXXX, op. cit., p. 27.
19 L’espressione è ripetuta nel Trattato della vendita, seconda edizione italiana, Livorno, 1841, p. 501 ove si esamina (articolo IV) «se il venditore... possa vendere per un prezzo al di là del giusto». La conclusione è chiara. «Ordinariamente il compratore non è ammesso a dolersi di aver comprato più caro del giusto prezzo, esigendo l’interesse del commercio che le parti non siano ammesse facilmente ad intentare azioni contro i loro contratti» (p. 501).
20 X. X.XXXXXXX, Trattato del contratto di vendita, II ed. trad. it., Napoli, 1820, I, p. 170 par. 208.
21 X. XXXXXXX, in Traité de droit civil, Le Contrat: formation, Parigi, 1988, p. 178 ss.
22 v. X. XXXXXXX, op. ult. cit., ma in una prospettiva storica e comparativa, V. i saggi di X. XXXX, Le rôle de la volonté dans l’acte juridique xx xxxxx xxxxx xxxxxxxx xx xxxxxxxx, Xxxxxxxxxx, 0000; J. P. XXXXXX, Unconscionable coercion: the German version, in Harvard Law Review, 1975; X. XXXXXXX, Equality in exchange, in California Law Review, 1981.
Gli interventi normativi più
recenti
Negli anni ’60 e ’7023 domina «un’ideologia forte che pone al centro della Costituzione economica l’intervento pubblico nell’economia, attribuendo alla volontà politica il compito della stessa definizione dello sviluppo economico» 24 , e solo negli anni ‘80 mutano radicalmente la modalità di intervento e lo stesso sistema delle fonti, in virtù, in particolare, dell’Atto unico Europeo del 1986, che ha reso impossibile la prosecuzione di una modalità così oppressiva dell’intervento dello Stato nell’economia25.
Nessuna norma sino agli anni ’90 innova la contrattazione di massa e la concorrenza fra imprese. L’equilibrio negoziale è ancora in gran parte affidato alla normativa contenuta nel codice e in particolare alla rescissione, istituto di natura oscura e controversa, assai poco applicato nella prassi. Negli anni successivi gli interventi sono frequenti e tali da capovolgere il quadro normativo esistente. I contratti dei consumatori ricevono una attenzione specifica prima nel codice civile, ove si inserisce un nuovo Capo (XIV bis), e poi nel Codice di consumo. D’altra parte la disciplina dei contratti usurari e dei rapporti fra imprese è profondamente innovata nel metodo e nei contenuti.
23 Si veda, in particolare, per tale dibattito il saggio di X. XXXXXX, Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 1969; P. BARCELLONA, Intervento statale ed autonomia privata nella disciplina dei rapporti economici, Milano, 1969; G.B. XXXXX, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1968; X. XXXXXXX, Adempimento e rischio contrattuale, Milano, 1969; X. XXXXX, Il contratto, in Trattato di diritto civile italiano, a cura di X. Xxxxxxxx, Torino, 1975, VI,
2. V. altresì X. XXXXXX, Ingiustizia dello scambio e lesione contrattuale, in Riv. critica dir. privato, 1986, p. 257 ss.; ID., voce Rescissione (dir. vig.), in Enc. dir., Milano, 1988, XXXIX, p. 970 ss.
24 La distinzione tradizionale fra ordine pubblico di protezione e di direzione è utilizzata in Francia dallo stesso legislatore: x. xxx x. 00 du 10 janvier 1978, relativa «à l’information et à la protection des consommateurs dans certains opérations de crédit»; la loi n. 79-596 du 13 juillet 1979 sulla «protection des empreneuteurs dans le domaine du crédit immobilier») e dalla giurisprudenza che sottolinea la differenza nei due xxxx xxx xxxxxx xxxxxxxxx xxxxx xxxxxxx xxxxx xxxx (x. Xxxx., 15 mai 1996, in RJDA, 1996, n. 1077; Cass., 10 jànvier 1995, in Bull. civ., I, n.18; Cass., 17 mars 1998, in JCP, 1998, p. 778). In dottrina si sottolinea una sensibile riduzione dell’area dei principi di ordine pubblico di direzione che conservano un decisivo ruolo nel diritto monetario e della concorrenza (v. M.E. TIAN-PANCRAZI, La protection Judiciaire du lien contractuel, Aix-Marseille, 1995) e un consistente aumento di disposizioni di ordine pubblico volte al riequilibrio di una «relation contractuelle inégale» e ciò non solo nei rapporti di consumo ma anche – in particolare – nel contratto di «bail commerciale, bail rural, la soustraitance, agence commerciale, d’intégration agricole». V. da ultimo la decisione du Conseil constitutionnel del 3 août 1994, in JCP, 1995, II, 22, 404; e del 20 mars 1997, in RTD civ.,1998, 99, con nota di X. Xxxxxx. Di questo autore si veda anche il rapporto al Convegno dell’Association Capitant sull’ordine pubblico, svolta a Beyrout, nel maggio 1998.
25 v. X. XXXXXXX, Persona e iniziativa economica privata nella Costituzione, in Persona e Xxxxxxx, Lezioni, a cura di X. XXXXXXX, Padova, 1996, p. 36.
La «forza di legge» del contratto non può non risentire di queste novità radicali: mutano le modalità di intervento sul contenuto e muta la disciplina del contratto in settori specifici, ove si prevedono statuti differenziati26. Tratto comune è la descrizione dell’impugnativa con ricorso a clausole generali (buona fede, abuso di dipendenza economica) e criteri di valutazione che attribuiscono all’interprete un ampio margine non solo nella identificazione della regola, ma nella selezione degli interessi e nella scelta della prevalenza di una o un’altra opzione di valore. Un breve elenco richiamerà questo aspetto.
1.3. I contratti dei consumatori
La legge dispone, come si è visto, che sono vessatorie le clausole di un contratto stipulato fra un professionista e un consumatore, che, malgrado la buona fede, comportino un significativo squilibrio fra i diritti e gli obblighi. L’art. 34 cod. cons. precisa che tale giudizio non attiene alla determinazione dell’oggetto e all’adeguatezza del corrispettivo 27 . Con ciò si vuol dire che non si attribuisce rilievo giuridico in sé alla sproporzione patrimoniale. Solo se l’oggetto o il corrispettivo non è chiaro o comprensibile l’interprete può considerare l’oscurità come sintomo di uno squilibrio determinato dalle modalità di redazione delle clausole. C’è dunque nella legge la preoccupazione di non sostituire il giudice alle parti nel giudizio di convenienza dell’affare, con il limite della trasparenza. Ma il sistema va oltre. Il codice italiano, la giurisprudenza europea, la Direttiva comunitaria, affiancano alla valutazione dello squilibrio la contrarietà alla buona fede. La cui attuazione esige che si abbia piena consapevolezza dei mutamenti radicali del diritto dei contratti28.
Al di là dei vari significati che essa ha assunto, la regola esprime un
criterio di valutazione dell’attività esplicata dalle parti al fine della
Squilibrio e canone di buona fede
26 Per una sintesi v. X. XXXXX, Le «clausole abusive» nell’esperienza tedesca, francese, italiana e nella prospettiva comunitaria, Napoli, 1994, p. 308 ss.
27 Fondamentali sul punto i saggi di X. XXXXXX, raccolti ora nel volume Il compito del diritto privato, Milano, 1990, v. in particolare La libertà contrattuale oggi (già pubblicato in Juristenzeitung, 1958, p. 1 ss.), ivi, p. 59. Importanti sul punto gli scritti di X. XXXX, v. in particolare, I cinquant’anni del codice civile, in Riv. dir. civ., 1992, p. 228; ora in Codice civile e società politica, 1995, p. 53; Persona e Xxxxxxx, cit., p. 91 ss.
28 È sufficiente sul punto un richiamo ai più recenti commentari v. in particolare Condizioni generali e clausole vessatorie, in Dir. priv., 1996; Clausole vessatorie e contratto del consumatore, a cura di X. Xxxxxx, Xxxxxx, 0000; Commentario al Capo XIV bis del codice civile: dei contratti del consumatore, a cura di C.M. BIANCA - F.D. XXXXXXXX, Padova, 1998; Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, a cura di X. XXXXXXX, Xxxxxx, 0000; e, da ultimo, X. XXXXXX, in Codice del Consumo. Commentario, a cura di X. XXXXXXX, Padova, 2007.
concreta realizzazione del contenuto delle rispettive posizioni di diritto 29 e ad essa la legge affianca (art. 2 cod. cons.) nuovi diritti fondamentali dei consumatori e degli utenti alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi30.
1.4. I contratti fra imprese
Come si è precisato, l’ordinamento italiano ha attuato con grande ritardo rispetto ad altri ordinamenti occidentali una normativa antitrust. Solo nel 1990 è stata approvata una disciplina a tutela della concorrenza e del mercato e la fattispecie più significativa, ai nostri fini, è l’abuso di posizione dominante, con la quale si disciplina il contegno di un’impresa che «si trovi a godere di una situazione di potenza economica grazie alla quale è in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva sul mercato ed ha la possibilità di tenere comportamenti indipendenti nei confronti dei concorrenti, dei clienti e, in ultima analisi, dei consumatori». La nozione di abuso è, dunque, «nozione obbiettiva che riguarda il comportamento di un’impresa atto ad influire sulla struttura del mercato in cui essa opera» 31 . La legge in tema di subfornitura
29 Sul punto F.D. BUSNELLI, Una possibile traccia per un’analisi sistematica della disciplina delle clausole abusive, in Commentario al capo XXX xxx xxx xxxxxx xxxxxx, xxx., x. 00 xx.; ed ivi, X. XXXXXXXXX XXXX, Clausole vessatorie nel contratto fra professionista e consumatore, p. 81 ss.; X. XXXXX, Accertamento della vessatorietà delle clausole, p. 719 ss.; e X. XXXXXXX, Introduzione, in Materiali e commento sul nuovo diritto dei contratti, cit., p. XVII ss. V. in particolare X. XXXX, Il diritto dei consumatori, Bari, 1999, X. XXXXXXX, Consumo e difesa dei consumatori. Un’analisi economica, 1994; X. XXXXXXX, Intorno al problema della individuazione delle posizioni giuridiche soggettive del cittadino comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1994, p. 981; X. XXXX, Attività amministrative e rilevanza dell’interesse del consumatore nella disciplina antitrust, 1998, p. 21 ss.; X. XXXXXXX, Le situazioni giuridiche soggettive nel diritto comunitario in Trattato di diritto amministrativo, a cura di X. Xxxxxxxxxxx, Padova, 1999, p. 30 e da ultimo v. X. XXXXX, Il Contratto, op. cit., p. 903 ss.; ID., Il Contratto del duemila, Torino, 2002, p. 23 ss.
30 Al riguardo v. X. XXXXXXX, Commento sub. art. 2, in Codice del consumo. Commentario, (cur.)
X. XXXXXXX, cit., p. 23 ss.; ID., La disciplina dei consumatori e degli utenti, in Squilibrio e usura nei contratti, (cur.) X. XXXXXXX, Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXXXXX, Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, in Le nuove leggi civili commentate, 1998, 4, p. 700 ss. Così X. XXXX, Le persone fra cittadinanza e mercato, Milano, 1992, p. 97 ss.; M. LA TORRE, Disavventure del diritto soggettivo. Una vicenda teorica, Milano, 1996, p. 400 ss.; ma v. ancora le pagine di X. XXXXXXXX XXXXXX, voce Diritto soggettivo, in Enc. dir., Milano, 1964, XII, p. 659 ss. V. per tutti v. X. XXXXXXX, voce Equità (nozione), in Enc. dir., Milano, 1966, XV, p. 70 ss.; ed ivi,
X. XXXXXX, voce Equità (dir. priv.), p. 97 ss.
31 V., da ultimo, P. SIRENA, La categoria dei contratti d’impresa e il principio della buona fede, Riv. dir. civ., 2006, 4, p. 415; X. XXXXXX, Intese restrittive della concorrenza e abuso di posizione dominante, in Materiali e commenti, cit., p. 377; X. XXXX, La legge sui diritti dei consumatori, in
introduce la fattispecie dell’abuso di dipendenza economica riferibile ad ogni rapporto fra imprese, clienti e fornitrici32, quando una parte non ha la «reale possibilità di reperire sul mercato alternative soddisfacenti» o si trova comunque in uno stato di dipendenza, mentre l’altra ha la capacità di determinare un eccessivo squilibrio di diritti ed obblighi. L’abuso è descritto con il ricorso ad un elenco esemplificativo di ipotesi attinenti ad ogni fase contrattuale: dal rifiuto di contrarre, all’imposizione di condizioni ingiustamente gravose, all’interruzione arbitraria dei rapporti33.
Il Decreto legislativo n. 192 del 2012, in attuazione della Direttiva comunitaria 2011/7 UE, ora modificato dalla Legge n.161 del 2014 hanno introdotto una nuova disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali fra imprese. Si dettano particolari regole sul punto e si prevede un controllo giudiziale sull’accordo delle parti sul punto che sia gravemente iniquo34.
1.5. Il contratto usurario
La legge sull’usura (l. 7 marzo 1996, n. 108) pone problemi di coordinamento, per ogni rapporto, con la disciplina della rescissione e della nullità per contrarietà a norme penali imperative. Con essa si elimina il requisito dell’approfittamento dello stato di bisogno (che diviene circostanza aggravante) e si configurano due ipotesi di reato:
Corr. giur., 1998, p. 998; X. XXXXXXX, Un secolo di filosofia antitrust, Bologna, 1991; V. DONATIVI, Introduzione della disciplina antitrust nel sistema legislativo italiano. Le premesse, Milano, 1990; X. XXXXXXXX - X. XXXXXXXXXX, Disciplina della concorrenza nella Cee, Milano, 1983; L. DE LUCIA, Le elaborazioni della dottrina tedesca e italiana sulla natura giuridica della concorrenza. Spunti per una riflessione sulla L. 10 ottobre 1990, n. 287, in Riv. dir. comm., 1994, p. 66 ss.; N. IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, 1998; X. XXXXX, Il gusto della Libertà: l’Italia e l’Antitrust, Roma-Bari, 1998; ID., Il potere e l’antitrust, Bologna, 1998. 32 V. l’art. 9 della L. 18 giugno 1998, n. 192 e l’art. 11 L. 5 marzo 2001, n. 57 su cui X. XXXXXXX, Xxxxxxxxxx e usura nei contratti, in Persona e Xxxxxxx, 4, 2002, p. 1 ss.
00 X. xx xxxxxx, X. XX XXXXXX, Xxxxx di dipendenza economica e clausole abusive. Appunti sul nuovo diritto dei contratti asimmetrici d’impresa, in Riv. dir. comm., 2006, 10-12, p. 789 ss.; X. XXXX - X. XXXXX, Xx xxxxxxxxxxxx xx Xxxxxx: sette anni di applicazione della l. 18 giugno 1998, n. 192, in Riv. dir. priv., 2006, 1, p. 99 ss.; La subfornitura nelle attività produttive, a cura di X. XXXXXXX, Xxxxxx, 0000, ed ivi un’ampia bibliografia sul tema, su cui si veda almeno R. CASO - X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina del contratto di subfornitura (industriale): scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori?, in Riv. dir. priv., 1998, 4, p. 712 ss.; X. XXXXXX, I contratti di subfornitura in Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, cit., p. 673. v. Parere dell’Autorità Garante per la concorrenza ed il Mercato del 20 giugno 1995. X. XX XXXX, La subfornitura: una legge grave, in Riv. dir. priv., 1998, 3, p. 449.
34 V. da ultimo X.XXXXXXXXXXX, Spigolature sull’art.7,commi 1 e 2 del D.Lgs.231/02, in
Persona e mercato, 2015, 2.
una a carico di chi si fa dare o promettere interessi o vantaggi usurari, entro un limite fissato per legge, l’altra nei confronti di chi, al di sotto della soglia legale, si fa dare o promettere vantaggi, o compensi che
«risultano sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria».
Il testo dell’art. 1815 c.c. è a sua volta modificato aggravando la nullità della clausola che determini, nel mutuo, interessi usurari35.
Controllo sulla congruità dello
scambio:
Importanza dei principi e delle fonti persuasive
1.6. Un nuovo ordine in formazione
Dunque, la legge ha creato rimedi nuovi contro l’abuso di posizioni di forza acquisite in virtù del libero mercato. Il quale come «istituzione di utilità sociale» esige anche restrizioni all’autonomia privata a garanzia della correttezza e trasparenza delle operazioni commerciali. Clausole abusive, posizioni dominanti, eccessivi squilibri, sono di ostacolo al formarsi di un mercato unico e incidono negativamente sulla domanda di beni e servizi che deve essere agevolata e stimolata anche depurando le contrattazioni da contenuti e contegni illeciti36.
È del tutto evidente come tale legislazione incida sulla irretrattabilità del contratto ponendo in luce un problema ulteriore.
Le Direttive possono essere attuate in modo diverso nei vari Stati e reagire al loro interno in modo differenziato a seconda dei diversi contesti normativi su cui incidono. D’altra parte «i sistemi normativi di diritto privato vanno perdendo la loro efficienza e utilizzabilità a mano a mano che leggi speciali emanante in attuazione delle Direttive vanno distruggendo la coerenza dei principi generali»37.
35 v. X. XXXX, Lo “squilibrio” contrattuale tra diritto civile e diritto penale, in Riv. dir. civ., 1999, I, p. 533; X. XXXXXXX, Autonomia privata e contratto giusto, in Riv. dir. priv., 2000, p. 32 ss.; e per una analitica lettura della L. 28 febbraio 2001, n. 24, X. XXXXXXXXXX, Il contratto usurario tra interpretazione giurisprudenziale ed interpretazione autentica, in Persona e Xxxxxxx, 4, 2002, p. 27 ss.; ID, Contratto usurario e sopravvenienza normativa, Xxxxxx, 0000.
36 v. X. XXXXXXXX, op. cit., p. 223; X. XXXXXXX, Autonomia privata e contratto giusto, op. cit., p. 37 ss.
37 v. X. XXXXXX, Osservazioni a Conseil Constitutionnel, 3 août 1994, in Rev. trim. dr. civil, 1996, p. 151; ID., Rapport au Congrès de l’Association Capitant su l’Ordre public economique, del maggio 1998, ove si osserva che «toutes les interventions produisent une sorte d’effet de masse qui impressionne sans doute le juge dans son approche générale du contrat». Mestre osserva altresì che la Cassazione francese tende a «faire apparaître une sorte de noyan dur d’obligations fondamentales, et d’obligations d’ordre public directement ou encore à travers des clauses de non responsabilité». Si veda Cass. 22 ottobre 0000, xx Xxxx. xxx., XX, x. 000; Cass. 2 dicembre 1997, Défrénois, 1998, 342.v. sul punto anche C. XXXXXXXXX-XXXXXXXXX, Libres propos sur la transformation du droit des contracts, in Revue trimestrielle de droit civil, 1997, 2, p. 357 ove si
Di qui la crescente importanza di «principi» che non hanno un valore cogente, ma svolgono una funzione importantissima nell’ordinare le linee di sviluppo del diritto comunitario, nell’indicare al legislatore e al giudice nazionale le modalità con cui è possibile recepire le novità normative di provenienza comunitaria, nel determinare o comunque creare una tappa verso una possibile codificazione europea del diritto dei contratti38.
I testi, sin ora elaborati, contengono disposizioni importanti con riguardo all’equilibrio contrattuale. I principi di diritto europeo dei contratti, formulati dalla Commissione Lando, prevedono un controllo per tutte le clausole non negoziate individualmente, di tal ché una normativa pensata nei singoli ordinamenti nazionali per i consumatori o gli aderenti a contratti standard, tramite la generalizzazione aperta dei principi può aspirare a divenire regola nuova per ogni rapporto39.
L’art. 3.10 dei principi Unidroit disciplina espressamente l’eccessivo squilibrio, prevedendo la possibilità di annullare il contratto o una clausola che attribuisca «ingiustificatamente all’altra parte un vantaggio eccessivo» in considerazione anche «dello stato di dipendenza, difficoltà economiche, necessità immediate oppure della imperizia, ignoranza, inesperienza o mancanza di abilità di trattare della parte svantaggiata»40.
esamina «la remise en cause du dogma de l’autonomie de la volonté» da parte «de droits jeunes pleins de vitalité et mus par une puissance naturelle d’expansion, comme le droits de la consommation ou de la concurrence».
Si veda altresì il dibattito recente sulla loi n. 96-588 del 1 luglio 1996 sulla «lealtà e l’equilibrio delle relazioni commerciali». X., in particolare, X. XX. et J. L. FOURGOUX, La réforme xx x’xxxxxxxxxx xx 0xx xxxxxxxx 0000 xxx xx xxxxxxxxxxx. La loi N° 96-588 du 1er juillet 1996: addition ou soustraction?, Semaine juridique, Edition entreprise, 1996, N° 44/45, p. 459; R. CASO - X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina del contratto di subfornitura, cit., p. 721, nt. 19, ove si osserva che le nuove norme «costituiscono una sorta di nuovo apparato di concorrenza sleale ispirato ad una filosofia diversa da quella tradizionale, quella del dan- neggiamento diretto del partner in aggiunta al concreto danneggiamento del concorrente collocato all’interno della normativa antitrust».
38 V DA ULTIMO X. XXXXXXXX, The General Principles of EU Law, Oxford, 2006; X. XXXXX, General Principles of EU Civil Law, Intersentia,2015; X.XXXXXXX AND X.XXXXXX, Rules and Principles in European Contract Law, Intersentia, 2015, X.XXXXXXX, Il contratto europeo fra regole e principi, Torino, 2015; X. XXXXXXXXXX, I principi di diritto europeo dei contratti e l’idea del codice, in Materiali e Commenti sul nuovo diritto dei contratti, cit., p.855 ed ivi il richiamo a X. XXXXXXX, A Common Contract Law far the Common Market, in 33 Common Market L. Rev. (1966), p. 1178; v. anche Principi di diritto europeo dei contratti, a cura di X. XXXXXXXXXX, Xxxxxx, 0000; e Il codice civile europeo, a cura di X. Xxxx x X. Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000.
39 v. M. J. BONELL, I principi Unidroit. Un approccio moderno, in Xxx. xxx. xxx., 0000, X, x. 000; per un’ampia bibliografia v. F. ADDIS, Nota introduttiva ai Principi Unidroit, in Materiali e Commenti, cit., p. 926.
40 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 857 ss.
È facile intuire, dopo questa frammentaria elencazione, come il pro- blema dell’intangibilità del contratto sia oggetto di attenzione assai diversa dal passato, in ogni ordinamento, in ogni fonte di diritto.
Dall’impossibilità di sindacare la congruità dello scambio al di là di ipotesi tipiche ad un nuovo assetto ove non è rilevante lo squilibrio in sé ma in quanto frutto di un abuso o di un contegno in mala fede41.
41 V. sul punto da ultimo, X. XXXXX, La rilevanza dello squilibrio contrattuale nel diritto dei contratti, in Riv. dir. priv., 2002, 2, p. 303 ss.; ID., I principi Unidroit e l’eccessivo squilibrio del contenuto contrattuale (Gross disparity), in Riv. dir. civ., 1999, I, p. 40 ss., ma già X. XXXX, La protezione della parte debole di origine internazionale (con particolare riguardo al diritto uniforme), in
M.J. BONELL - X. XXXXXXX, Contratti commerciali internazionali e Principi Unidroit, Milano, 1997, p. 225; X. XXXXXXX, Nuove regole in materia di squilibrio contrattuale: l’art. 3.10 dei Principi Unidroit, in Contratto e impresa/Europa, 1997, p. 141; X. XXXXXXX, Squilibrio contrattuale e mala fede del contraente forte, in Contratto e impresa, 1997, p. 417 ss. e così, X. XXXXXXX, Ermeneutica e dogmatica giuridica, Milano, 1996, p. 80 ss., p. 120 ss.; X. XXXXXX, Diritti sociali, in Giuristi e legislatori, Pensiero giuridico e innovazione legislativa nel processo di produzione del diritto, Atti del Convegno di Firenze del 26-28 settembre 1996, Milano, 1997, p. 70; v. X. XXXXX, Contratto di diritto comune, contratto del consumatore, contratto con asimmetria di potere contrattuale: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, in Il contratto del Duemila, op. cit., p. 23 ss.
2. Rilevanza, efficacia ed opponibilità
2.1. Il comma 2° dell’art. 1372 c.c.
Con la formulazione dell’art. 1372 il legislatore mostra di aver piena consapevolezza del dibattito teorico in ordine alle conseguenze del contratto rispetto ai terzi.
In Francia, nei primi decenni del secolo, si verifica criticamente il principio di relatività degli effetti e si giunge a formulare una nozione indeterminata di terzo e un concetto assai lato di opponibilità, che racchiude ogni conseguenza indirettamente riferibile al contratto42. In Germania si elabora nelle opere di Xxxxxxx, il problema degli effetti riflessi valutati in funzione delle categorie logiche e giuridiche su cui è costruita la stessa nozione di negozio43.
Il legislatore italiano del ’42, sotto il titolo «Degli effetti giuridici» riunisce nel Capo V tutte le norme che, pur in diverso modo e sotto diversi profili, disciplinano i vari aspetti effettuali del contratto44.
42 G.B. XXXXX, voce Parte del negozio giuridico, in Enc, dir., Milano, 1981, XXXI p. 901 n. 9; da ultimo, per una sintesi efficace v. X. XXXXX, Il Contratto, cit., p. 509 ss.
43 X. XXXXXXX - XXXXXXXXXX, Inefficacacia e inopponibilità, Napoli, 1939; X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, Milano, 1955; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1976; X. XXXXXXXXXXXX, Fatto giuridico e fattispecie complessa (Considerazioni critiche intorno alla dinamica del diritto), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1954, p. 337 ss.; X. XXXXXXXXX, Il significato e la funzione del «fatto» nell’esperienza giuridica, in Annali della Fac. di Macerata, Macerata, 1929; ora in Formalismo e sapere giuridico, Milano, 1963, p. 247 ss.; X. XXXXXX, Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939, p. 26; ID., voce Fatto giuridico, in Enc. dir., Milano, 1967, XVI, p. 941 ss.; X. XXXXXXXXXX voce Fattispecie, in Enc. dir., Milano, 1967, XVI, p. 926 ss.; X. XXXXXXXXX, Atto giuridico e negozio giuridico, Milano, 1940, p. 3; X. XXXX, Rilevanza giuridica, in Jus, 1967, p. 58; e in Noviss. Dig. it., Torino, 1968, p. 1095 ss.; ora in Norme e fatti, Milano, 1984, p. 3 ss.; X. XXXXXXX, voce Inefficacia (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1971, XXI, p. 350; v. X. XXXXXXX, Dalla proprietà all’impresa, Milano, 1983, p. 63 ss.; X. XXXXX, Il trasferimento della proprietà mobiliare, in Introduzione al diritto comparato, Torino, 1989, p. 131 ss. e in Riv. dir. civ., 1979, I, p. 442; X. XXXXXXX, Il diritto di proprietà, in Trattato di diritto civile e commerciale, a cura di X. XXXXXXX, Milano; X. XXXXXXX, Efficacia ed opponibilità del patto di preferenza, Milano, 1983; ID., Consenso traslativo e circolazione dei beni. Analisi di un principio, Milano, 1995; X. XXXXXXXX, Degli effetti del contratto, in Commentario del codice civile, a cura di X. Xxxxxxxxxxx, Milano, 1998 e ID., in I contratti in generale, Trattato dei contratti, a cura di X. XXXXXXXX, Xxxxxx, 0000, p. 1209 ss.
44 Per la dottrina francese x. X. XXXXXXX - X. XXXXXX, La vente, in Traité des Contrats, a cura di X. Xxxxxxx, Paris, 1991, p. 589 e le opere classiche di X. XXXXX, Le principe de la relativité des conventions en droit privé français, Strasbourg, 1938 e CALASTRENG, La relativité des conventions, Toulouse, 1939; x. X. XXXXX-X. XXXXXXX, Xxxxxxxxxxx, Xxxxx, 0000, p. 270 ss.; X. XXXXXX - X. XXXXX, Droit Civil; Obligations, Xxxxx, 0000-00, t. 2, p. 1207 ss.; X. XXXXX - J.L. XXXXXX, Les obligations, Paris, 1988, vol. I, n. 431 ss.; C. LARROUMET, Droit
L’art. 1372 al secondo comma prevede il principio di relatività e al tempo stesso dà rilievo ad alcuni aspetti della tematica discussa nell’ambiente tedesco. Con l’uso del termine efficacia, più ampio di quello di effetti, la legge vuol alludere alla capacità espansiva e «a quel particolare (e per certi versi eccezionale) tipo di proiezione effettuale che, al di là delle parti, il regolamento negoziale può avere» 45.
Il riferimento all’«efficacia», come si è esattamente osservato, finisce per confinare con l’idea stessa di rilevanza del contratto nei confronti dei terzi, mentre gli «effetti» che lo stesso produce ai sensi dell’art. 1372 sono una conseguenza logica dell’essere il negozio un regolamento di interessi e si producono quindi solo fra le parti.
Insomma, dal significato letterale dei termini impiegati dal legislatore e dalla sistematica adottata, emerge una diversa valutazione del contratto a seconda che si intenda regolare l’assetto di interessi che le parti hanno programmato o le conseguenze che da esso possono derivare per i terzi.
Rilevanza, efficacia ed opponibilità sono risposte diverse ai problemi che sorgono per la presenza dell’atto di autonomia; e su tali qualificazioni occorre soffermarsi, in breve.
2.2. Rilevanza ed opponibilità
Ciò che assume interesse per il diritto non è la situazione storica, che necessariamente ha un rilievo diverso in base ai giudizi ed alle scelte che su di essa possono operarsi46, ma è il fatto che risponde al criterio
Art. 1372 c.c. e impostazione del problema.
Rilevanza, efficacia ed opponibilità
civil: Les obligations, Paris, 1986, p. 743; J. M. XXXXXX, Essai sur la notion xx xxxxx xx xxxxx xxxxxx xxxxxxxx, Xxxxxxxxxx, 0000, p. 70 ss.; X. XXXXXX, L’opposabilitè, essai d’une théorie générale, Paris, 1984, nn. 27-28; F. XXXXXXXX, Essai sur l’xxxxxxxxxx xxx xxxxxxxx xxx xxxxx, Xxxxx, 0000,
p. 5; J.L. XXXXXX, Essai sur le principe de l’effet relatif du contrat, Paris, 1981, p. 32; I. MARCHESSAUX, l’opposabilité du contrat aux tiers, in Les effets du contrat à l’xxxxx xxx xxxxx, xxxxxxxxxxxx xxxxxx-xxxxxx, XXXX, 0000, p. 68 ss.; X. XXXXXX SAINT XXXXXXX, Le tiers à l’art juridique, Thèse, Xxxxxxxxxxx-Xxxxxxxx, 0000.
45 Per la dottrina tedesca X. XXXXXXX, Die Reflexwirkungen oder die Ruchwirkung rechtlicher Thatsachen auf dritte Personen, in ]ahrbucher fur die Dogmatik des heut.rom.und deutsch. Privatrechts, X, 1871, p. 245 ss.; X. XXX XXXX, Der Allgemeine Teil des deutschen burgerlichen Rechts, Monaco-Lipsia, 1914, p. 167. L’idea che la struttura del rapporto obbligatorio non consenta un rilievo esterno del negozio si deve in particolare a X. XXXXX, Lehrbuch der Pandektenrechts, vol. I, IIª ed. modificata, Xxxxxxxx, 0000, recentemente ripubblicata presso Xxxxxxx, 1997, ma è stata ben presto criticata nella stessa dottrina tedesca v. X. XXXXXXXXX, Drittwirkungen im Schuldverhältnis kraft Leistungsnähe. Zur Lehre von den Verträgen mit Schutzwirkung für Dritte, in: Festschrift für Xxxxxx Xxxxxxx, Tübingen 1958, p. 249.
46 Sulla soluzione adottata dal codice italiano del 1942 v. X. XXXXXXXXX, Dal contratto al
di individuazione definito e pensato secondo l’ordine di valutazioni proprie del formalismo giuridico, che ha un carattere del tutto peculiare.
Questa qualifica, che non è il fatto materiale né la conseguenza giuridica che da esso promana, è l’essenza giuridica del fatto, ossia la sua rilevanza per il diritto, che va tenuta distinta dall’efficacia anche se diverse sono le ricostruzioni concettuali proposte.
Il contratto, in quanto esiste come «fatto» sociale, ha un suo rilievo nei confronti dei terzi, assume un valore che impone, in ogni caso, ad essi di non interferire illegittimamente nelle posizioni create tra le parti47. In alcuni casi quel fatto, in virtù di un giudizio disposto dalla norma, può prevalere su altri incompatibili. In. entrambe le ipotesi non è in
negozio unilaterale, cit.; ed in particolare G.B. XXXXX, Il negozio giuridico fra libertà e norma, Rimini, 1990, ID., voce Parte del negozio giuridico, op. cit., p. 901 ss. Sul codice precedente X. XXXXXXX, Il negozio giuridico rispetto ai terzi, Torino, 1917, p. 49 ss.
Per un utilissimo confronto comparatistico v. Vendita e trasferimento della proprietà nella prospettiva della storico-comparatistica (a cura di X. XXXXX), Milano, 1991. Fondamentale l’analisi storica di P. GROSSI, Il dominio e le cose, Milano, 1992; per un’attenta analisi della common law si veda M.P. PANFORTI, La vendita immobiliare nel sistema inglese, Milano, 1992.
47 Per una prospettiva di sintesi v. da ultimo X. XXXXXXX, Efficacia ed opponibilità del patto di preferenza, cit., p. 138 ss., ID., Consenso traslativo e circolazione dei beni, cit., p. 41 ss.; X. XXXXXXXX, Xxxxx effetti del contratto, cit., p. 216 e già X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, voce Diritti assoluti e relativi, in Enc. dir., Milano, 1964, XII, p. 738; X. XXXXXXXXX, La simulazione del negozio giuridico, Napoli, 1957; X. XXXXXXX, Contratto di alienazione e titolo dell’acquisto, Milano, 1974, p. 120; X. XXXXXXXX - X. XXXXXXX, La trascrizione del contratto preliminare, Regole e dogmi, Padova, 1998; X. XXXXXXXXXX, I contratti. Parte generale, Torino, 1990, p. 132;
C.M. BIANCA, La vendita e la permuta, in Trattato di diritto civile, a cura di X. Xxxxxxxx, Torino, 1993; X. XXXXXXXX, voce Diritti reali, in Enc. dir., Milano, 1977, XIII, p. 755; M. COMPORTI, Diritti reali, in Trattato di diritto civile e commerciale, a cura di X. Xxxx-X. Xxxxxxxx, Milano, 1980, p. 233; X. XXXXX, voce Circolazione giuridica, in Enc. dir., VII, Milano, 1960; X. XXXXXXX, Per una storia della pubblicità immobiliare e mobiliare, Milano, 1968.
Chi nega autonomia alla rilevanza, muove da una visione delle vicende genetiche del rapporto costruita sull’idea di fatto giuridico come fatto produttivo di effetti, che la norma fa seguire attraverso una relazione posta dal diritto obbiettivo, e della giuridicità come nota del fatto che deriva dal nesso con gli effetti. Un modo di essere della fattispecie, quindi, determinato dall’efficacia che la norma le attribuisce. V. in tal senso
X. XXXXXXXXXX, Teoria generale del reato, Padova, 1939, p. 43; ID., Sistema del diritto processuale civile, I, Padova 1955, pp. 58-59; ID., Teoria generale del diritto, Roma, 1955, p. 195; X. XXXXXXX FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Xxxxxx, x.x., x. 0 xx.;
X. XXXXXXXX, Manuale di diritto civile italiano, Milano, 1929, p. 308; x. xxxxxxx, X. X. XXXXXX, Xxxxxxxxx, Xxxxxxx, 0000, pp. 71-74; F.L. Xxx XXXXXX, Pandekten, Leipzig, 1866, p. 720; X. XXXXXX, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, X, Xxxxxxx-Xxxxxxx, 0000, p. 280; X. XXXXXXXXX, Xxxxxx xxx Xxxxxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, 0000, pp. 200-225; V. THUR, Der Allgemeine Teil des deutschen burgerlichen Rechts, II, cit., p. 142; XXXXX, Fatto e conseguenza giuridica, in Riv. int. fil. dir., 1928, pp. 44-45.
Si capisce come, in tal modo, si disconosca la stessa configurazione di una rilevanza giuridica, giacché un fatto rilevante è sempre un fatto efficace, e per converso, un fatto inefficace non è mai un fatto rilevante. V. sul punto X. XXXX, Rilevanza, giuridica, cit., pp.
106-107; X. XXXXXX, voce Fatto giuridico, cit., p. 941; ID., voce Rilevanza giuridica, in Enc. dir., Milano, 1989, XL, p. 90; S. MAJORCA, voce Fatto giuridico, fattispecie, in Noviss. Dig. it., Torino, 1961, VII, p. 112; X. XXXXXXXXX, Atto giuridico e negozio giuridico, cit., p. 3; ed in modo particolarmente incisivo X. XXXXXXXXXXXX, Fatto giuridico e fattispecie complessa, cit.,
p. 337 ss., secondo cui «la teoria dibattuta potrebbe ritenersi xxxxxx solo se la fattispecie producesse di per sé gli effetti giuridici, nel qual caso, gli ostacoli da superare, per delineare il rapporto fatto-effetti, sarebbero d’ordine puramente costruttivo. Ma le cose stanno in modo del tutto diverso, essendo pacifico che la norma soltanto può essere la fonte di quegli effetti». X. XXXXXXXXX, Il significato e la funzione del «fatto» nell’esperienza giuridica, cit., p. 247 ss. osserva che «l’inapplicabilità del criterio causale è dimostrata dall’osservazione che se la fattispecie fosse veramente la causa delle conseguenze giuridiche, ad identità di fattispecie dovrebbe corrispondere identità di conseguenze giuridiche; laddove ognuno sa che alla medesima fattispecie un sistema di norme giuridiche ricollega conseguenze giuridiche diverse e talvolta perfettamente opposte a quelle che ne ricollega un altro».
Per una sintesi del dibattito svolto nella dottrina tedesca sul nesso causale fra fatto ed effetto e sui tentativi di rivedere le basi teoriche di quella relazione v. X. XXXXXXX, Efficacia ed opponibilità del patto di preferenza, cit., p. 35, nt. 106 ed ivi le citazioni di X. XXXXXXXXXXX, Xxx Xxxxxxx, Xxxxxxx, 0000, pp. 17-18; H.C. ENNECCERUS X.
XXXXXXXXX, Lehrbuch des burgerlichen Rechts, I, 2, Tübingen, 1960, p. 859; X. XXXXXXX, Xxxxxxxxxxx Xxxx xxx XXX, Xxxxxx, 0000, p. 118; X. XXXXXXXX, Xxxxxxx xxx Xxxxxxxxxxxxxxxxxx, Xxxxx, 0000, pp. 179, 197 ss. Per un’analisi attenta v. anche la ricerca di X. XXXXXXXXXX, Sistema iuris, II, Dal sistema alla teoria generale, Milano, 1985, p. 319 ss. ed altresì X. XXXXXXXXX, Il significato e la funzione del fatto, cit., p. 419; X. XXXXXXX, voce Fatto giuridico, cit., p. 280, che considera il fatto giuridico non «un fatto che sta per essere nel diritto, bensì, per definizione, un fatto che già è del, nel diritto e che quindi è così come il diritto richiede che sia»; L. DE XXXXXXXX, Xxxxx e valutazione nella teoria del negozio giuridico, Napoli, 1958, p. 25, il quale osserva che «il fatto come presupposto, non gode di un’esistenza autonoma che lo sottragga, sia pure in parte ai caratteri che ad esso attribuisce l’ordine giuridico. In realtà qui esistenza vale individuazione».
X. XXXXXXXXX (L’atto di disposizione e il trasferimento dei diritti, in Diritto civile, Metodo teoria-pratica, cit., p. 3 ss.; ID., La trascrizione, in Trattato di diritto civile e commerciale, a cura di
X. Xxxx-X. Xxxxxxxx, Milano, 1957, p. 454, nt. 22) osserva che non si può «ritenere che la rilevanza giuridica del fatto sia qualcosa di essenzialmente diverso dall’idoneità a produrre l’effetto giuridico previsto, cioè la funzione del fatto come antecedente dell’effetto». Nello stesso senso X. XXXXXX, (voce Efficacia giuridica, in Enc. dir., Milano, XIV, p. 483, nt. 92). Il quale precisa che «a base di queste proposte sta l’idea che causa dell’effetto giuridico non sia il fatto, bensì le norme e che al fatto è riservato il compito più modesto di provocare l’efficacia della norma. Negato il nesso causale tra fatto ed effetto giuridico ed esclusa di conseguenza l’efficacia giuridica del fatto, non resterebbe che il rifugio teorico della rilevanza». Si reputa, insomma, errata l’idea che il fatto non abbia un’efficacia causale e che essa spetti unicamente alla norma, giacché essa non è in grado di produrre da sola l’effetto ed è perciò ridotta ad essere perenne schiava del fatto (op. cit., p. 484).
Secondo X. XXXXXXXXX (op. ult. cit., p. 390 ss.) il concetto di rilevanza riposa su alcuni riferimenti essenziali: un fatto e un’attività di sussunzione che prescinde dalla produzione di effetti. Che i due momenti debbano essere pensati in un ordine potenzialmente successivo è senz’altro esatto a condizione, però, che non si appiattiscano, l’una sull’altra, le due qualifiche, che restano, non solo logicamente, ma sostanzialmente distinte, giacché se una valutazione è sempre necessaria per il prodursi degli effetti non sempre alla valutazione conseguono effetti.
Rilevanza ed opponibilità
Differenze
gioco un certo modo di atteggiarsi degli effetti, ma un grado di rilevanza del fatto contrattuale e di eventuali comportamenti attuativi. Rilevanza ed opponibilità sono dunque qualifiche formali che esprimono la diversa attenzione dell’ordinamento: in un caso, alla semplice presenza del fatto negoziale, indipendentemente dagli effetti reali o obbligatori che da essi promanano; nell’altro, ad alcuni di quei fatti che, per la loro particolare importanza sociale e conseguente conformazione strutturale, sono destinati, in presenza di uno schema formale, a prevalere su altri in eventuali conflitti, qualora siano rispettate determinate condizioni.
Tale conclusione non è smentita dall’idea che la rilevanza sia funzionalmente collegata all’efficacia. È necessaria solo una precisazione.
Xxxxxx, autorevolmente, osserva che solo con la previsione dell’azione in termini di potere o di dovere, il diritto assicura il soddisfacimento dell’interesse posto dal fatto. Sicché, se si nega l’efficacia, sarebbe segno che il problema non è divenuto più risolvibile «ed ha cessato di essere un problema». Il fatto, oramai incapace di diventare giuridicamente efficace, perdendo la propria rilevanza, perderebbe con ciò stesso la qualifica di fatto giuridico48.
In tal modo, la dinamica giuridica è esaminata nella sola prospettiva dell’attribuzione di un potere atto a soddisfare un interesse che sorge da un autoregolamento di autonomia privata; quando, invece, la valutazione può avere l’ulteriore fine di risolvere un potenziale conflitto determinato dallo spostamento di un bene da un soggetto ad un altro.
In quel momento non sorge un effetto ricollegabile ad un interesse espresso nell’atto. La legge attua una valutazione che è sovente in contrasto con la volontà delle parti, sicché non vi è più neppure un nesso di causalità giuridica fra quanto esse hanno disposto e gli effetti che la legge fa seguire da quel fatto, come risposta ad un problema
L’analisi potrebbe continuare, ma se, in base a quanto si è detto, si rifletta sulla forma logica generale della rilevanza non può sfuggire che essa esprime l’adeguatezza del fatto rispetto ai presupposti di applicabilità della regola o meglio la «verità giuridica del fatto» che può atteggiarsi diversamente nel sistema. Così X. XX XXXXXXXX, La nullità nella logica del diritto, Napoli, 1964, p. 86 ss. V. da ultimo X. XXXX, Società civile, 1992, p. 82 ss. e X. XXXXXXXX, Degli effetti del contratto, cit.; ID., Il contratto in generale, cit., p. 1120;
C.M. XXXXXX, Diritto Civile, Il contratto, Milano, 1984, p. 54 ss.; X. XXXXXX, Diritto e obbligo nella teoria del diritto reale, Napoli, 1967, p. 216; X. XXXXXXXX, Dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione, Napoli-Torino, 1936, p. 149 ss.; X. XXXXXXXX, Interpretazione e dogmatica nella teoria dei diritti reali, Milano, 1979, p. 575 ss.
48 X. XXXXXX, voce Rilevanza giuridica, cit., XL, p. 901.
diverso da quello posto dalle parti e attinente alla circolazione del bene.
Il fatto contrattuale ha in quel momento una rilevanza come fatto sociale presupposto e non causa di effetti. A quella qualifica seguirà generalmente un effetto che non è riconducibile all’autoregolamento, ma alla sola presenza del fatto, che diventa in tal caso presupposto di conseguenze che la legge, e non il contratto, produce.
È chiara, pertanto, la diversa funzione che la norma svolge in presenza di un contratto. Da un lato, deve riconoscere effetti all’autoregolamento delle parti, dall’altro, assicurare certezza alla circolazione dei beni e risolvere conflitti fra titoli contrapposti49.
Tali diverse valutazioni che la legge opera su un medesimo fatto storico sono ipotizzabili non come «richiamo alla rilevanza giuridica del negozio valutato alla stregua di un’originaria realtà sociale»50, né come «espressione di un confronto fra diversi ordinamenti» 51 , ma come necessario giudizio di valore diverso in ordine a problemi che esigono risposte diverse.
2.3. L’opponibilità52
Se la rilevanza è la risposta dell’ordinamento alla semplice presenza del fatto che può essere presupposto di altre conseguenze o di un giudizio di responsabilità, l’opponibilità esprime la necessità di soluzione di conflitti fra più titoli attraverso una valutazione di prevalenza di alcuni su altri incompatibili53.
Si tratta di un giudizio di prevalenza che trae fondamento non dalla sola presenza ma dalla diversa forza di ciascun titolo che dipenderà dalla corrispondenza ad un certo schema normativo. La sostanza di tale nozione sta nello svolgersi attraverso due piani diversi: il fatto negoziale e il criterio formale che attribuisce ad esso un peculiare grado di rilevanza che consentirà di distinguere fra fatti opponibili e non opponibili.
Opponibilità quale giudizio di prevalenza fondato sulla conformità del titolo allo schema legale
49 X. XXXXXXX, Efficacia ed opponibilità del patto di preferenza, cit.
50 XXXXX XXXXXX, Autonomia, in Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, 1953.
51 SALV. ROMANO, Ordinamenti giuridici privati, in Riv. trim. dir. pubb., 1956, p. 801.
52 I paragrafi 2.3. - 2.5. riprendono la voce di X. XXXXXXX, Opponibilità, in Enc. giur., cit.
53 C.M. BIANCA, Diritto civile. III, Il contratto, Milano, 1984, p.54 ss.; X. XXXXXXX, Efficacia ed opponibilità del patto di preferenza, cit., p. 136.
Opponibilità, effetti (reali e obbligatori) del
contratto
Occorre precisare che l’opponibilità non dipende dalla natura del diritto o dagli effetti dell’atto, ma dalla rilevanza del titolo ed è agendo su questo che l’ordinamento isola e potenzia alcune situazioni che pur non reali hanno un accentuato rilievo sociale.
L’art. 2914 c.c. contiene una significativa innovazione e risolve un problema interpretativo assai grave sulla sorte delle alienazioni anteriori al pignoramento. Sotto il codice del 1865 si pensava di non poter applicare ad esse i principi stabiliti per la soluzione di conflitti tra più aventi causa, perché il creditore, in quanto tale, non poteva essere posto sullo stesso piano del terzo acquirente. L’equiparazione avrebbe fatto prevalere una situazione relativa su di una assoluta, in contrasto con la comune opinione che negava in tal caso l’esistenza di un conflitto.
Il legislatore del 1942 valuta i titoli di vari soggetti, formula dei requisiti di opponibilità e determina il rilievo di un atto nei confronti di altri incompatibili al fine di stabilire una prevalenza. La quale è disposta a favore di un diritto di credito storicamente destinato a soccombere di fronte ad una situazione reale. È evidente l’importanza sistematica dell’art. 2914. L’aver equiparato, nell’acquisto mobiliare e dei crediti, il terzo creditore al terzo acquirente ai fini dell’opponibilità del loro titolo sta a significare che questa qualifica attiene al piano del fatto e non della natura delle situazioni soggettive, la cui diversità è trascurata affatto.
Xxxxxx si può affermare che l’opponibilità prescinde dagli effetti reali e obbligatori del contratto ed esprime il grado di rilevanza che l’ordinamento attribuisce al titolo costitutivo a seconda del conflitto che l’ordinamento deve, volta a volta, risolvere per realizzare un complesso ordinato di soggetti, beni e diritti. Una conferma è fornita dalla recente legge sulla trascrizione del preliminare che gradua diversamente la prevalenza di un titolo costitutivo di una situazione obbligatoria (l’obbligo di contrattare) e di una reale (l’acquisto del diritto di proprietà; v. l. 28 febbraio 1997, n. 30).
Sarebbe del tutto errato in base a presunte oscurità e astrattezze del concetto abbandonare ogni approfondimento in proposito e seguire una via pericolosa e ben più oscura54, secondo la quale lo studio della circolazione dei beni dovrebbe essere incentrato sul riconoscimento di dissociazioni della proprietà (funzionali a ciascun bene), non potendosi procedere ad un’analisi unitaria, ma ad una serie di «analisi di settore».
54 X. XXXXXXX, Il diritto di proprietà, Tratt. dir. civ. e comm., Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 1995, p. 692.
In tal modo si vuol risolvere un problema evitando di precisare gli elementi per la sua conoscenza, con una semplificazione inaccettabile. Le richieste contenute in un numero sempre maggiore di accordi, la cui efficacia le parti vogliono estesa erga omnes, può ottenere una rigorosa risposta solo riflettendo sulle modalità in base alle quali un fatto può prevalere su altri incompatibili.
Le nuove esigenze della società civile debbono essere registrate dal giurista attraverso i suoi abituali strumenti che non debbono certo esaurirsi nel costruire congegni logici ma possono e debbono fornire all’interprete e all’operatore criteri di semplificazione, aiuti alla comprensione, principi non assoluti, ma di orientamento.
L’aver precisato che l’opponibilità è qualifica non del diritto ma del fatto ha un’importanza notevole; basta pensare che per decidere quali situazioni obbligatorie possono assumere rilievo erga omnes non sarà decisivo alcun ossequio al «dogma» della tipicità dei diritti reali ma sarà decisiva la ricerca della rilevanza normativa del titolo55.
Con questo criterio si risolvono molti problemi concreti. Emblematico è il tema delle obbligazioni reali. L’ambiguità di queste figure deriva in gran parte dalla confusione operata fra la loro natura e la loro opponibilità e anche qui l’analisi acquista in chiarezza se si esamina il fatto costitutivo, perché è solo in base alla rilevanza ad esso accordata dalla legge che si può giudicare del valore che la pattuizione assume per i terzi. La dottrina si è divisa: per alcuni tali situazioni seguono la disciplina comune ai rapporti personali, per altri attraverso la trascrizione essi diverrebbero opponibili, ma entrambe le soluzioni non sono convincenti sino in fondo56.
Da verificare è proprio l’idea, sempre presupposta, che ogni obbligazione, per sua natura, non sia opponibile. Dopo un lungo e tormentato dibattito, la giurisprudenza teorica e pratica ammette oggi, senza ambiguità, che il contratto può imprimere alla res una destinazione opponibile se esiste un criterio formale che la giustifichi 57 . Ciò è reso possibile dalla distinzione operata fra la situazione doverosa (che può essere anche obbligatoria) e il titolo
Opponibilità è qualifica del fatto e non
del diritto …
… ciò consente di risolvere l’annoso problema delle obbligazioni reali
55 Per ulteriori approfondimenti, v. il successivo paragrafo 2.5.
56 Per le diverse ricostruzioni v. X. XXXXXXXXX-GERI, Xxxxx reali e obbligazioni propter rem, Tratt. Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 1984, p. 60 ss.; A. DI MAJO - X. XXXXXXXXX, Pro- prietà e autonomia contrattuale, Milano, 1990, p. 70 ss.
57 X. Xxxx., 00 luglio 1989, n. 3322, in Giust. civ., 1990, I, p. 1031. Cfr. altresì il successivo
paragrafo 14.3.
dell’acquisto dal cui grado di rilevanza normativa dipende l’opponibilità.
Il concetto di opponibilità riassume dunque il complesso delle regole destinate a risolvere i conflitti determinati dalla circolazione dei beni e di questa costituisce la disciplina più significativa, condizionata, più di altre, dalle esigenze e dalle idee del tempo.
Non foss’altro perché il modo con cui si detta legge in questo settore è un aspetto rilevante del dialogo tra formalismo e naturalismo giuridico, tra il bisogno di una rigida serie di figure e l’esigenza di concedere spazio alla volontà dei privati nel creare situazioni rilevanti erga omnes.
Sicché per comprendere l’essenza e la funzione attuale della figura occorre tenere in massimo conto la scansione dell’esperienza sociale e confrontare i vari fattori di produzione delle regole giuridiche, non solo in Italia.
Storia, dogma, comparazione sono strumenti essenziali e lo sforzo è fra i più ardui perché l’evoluzione della common law, da un lato, e delle codificazioni dell’Ottocento, dall’altro, seguono vie molto diverse. Basta pensare, per quanto concerne l’assetto dei beni nei paesi anglosassoni, alla prassi millenaria di consentire l’uso frazionato del dominium sulle cose e, in Francia, alla formulazione del principio di tipicità delle situazioni reali e opponibili.
Si vedrà nel proseguo quanto i diversi sistemi tendano oggi ad avvicinarsi e in che modo si agevolino soluzioni convergenti; preme, per adesso, porre in luce l’esigenza di percepire rigorosi criteri di rilevanza per cogliere l’essenza di questa disciplina che dovrà essere esaminata ponendo in luce l’evoluzione della legislazione, della giurisprudenza e della dottrina.
2.4. Opponibilità del titolo costitutivo e non del diritto
Da quanto osservato si trae che la tematica delle conseguenze indirette del contratto nei confronti dei terzi è suscettibile di utili svolgimenti sul piano del fatto giuridico (titolo costitutivo) e non del rapporto (situazioni soggettive e oggettive).
Del resto l’idea che l’opponibilità sia connaturata alla natura del diritto
è contraddetta dalla storia e dal diritto positivo.
L’antitesi reale-obbligatorio appare sempre più spesso insufficiente per disciplinare la richiesta di tutela dei privati e basta solo un cenno
Opponibilità è
concetto distinto dalla
realità
esemplificativo alla vicenda medioevale dello ius ad rem e alla tendenza giustinianea a munire di vendicatio utilis i diritti derivanti da certi rapporti obbligatori, che apparivano meritevoli di una tutela più forte di quella fornita dall’actio in personam, per testimoniare la difficoltà di un riferimento esclusivo alla realità, in presenza di una richiesta di protezione forte avanzata dai privati58.
D’altra parte il novero delle situazioni obbligatorie che il diritto
positivo reputa opponibili è sempre più esteso.
Si deve aggiungere che le affermazioni comuni sull’efficacia erga omnes e l’assolutezza delle situazioni reali vanno depurate da antichi equivoci. La nota
dell’assolutezza caratterizza ogni situazione soggettiva se si fa riferimento alla sua inviolabilità 59 e si diversifica nettamente dall’opponibilità.
Un diritto è assoluto per l’insieme delle facoltà riservate al titolare e dei doveri imposti agli altri soggetti60, mentre l’opponibilità è espressa dal titolo e da indici formali senza i quali il diritto cede rispetto ad altri. Sicché il riferimento all’efficacia (erga omnes) della situazione soggettiva confonde due piani distinti: la successione nel rapporto che è oggetto dell’accordo, quale che sia la natura del diritto (art. 1376 c.c.), e la modalità della sua rilevanza esterna che dipende esclusivamente da una valutazione autonoma della norma sul fatto costitutivo che solo può essere opponibile o meno ai terzi61.
Si consideri, poi, che se fosse la natura del diritto a determinare la sua prevalenza su altri, si farebbe coincidere la causa con l’effetto quando invece i requisiti per la soluzione dei conflitti fra titoli contrapposti vanno ricercati all’esterno del diritto.
Il problema della circolazione dei beni si afferma nella storia come continuità di fatti e non di diritti che restano affidati alla libera determinazione della volontà dei privati62. Nel diritto romano classico lo spostamento di ricchezza si effettua a mezzo di atti traslativi distinti e la pubblicità, da oltre duemila anni, «mira ad ottenere una certezza almeno relativa, se non assoluta, circa la situazione giuridica essenziale di talune cose»63. Nessun rilievo assumono atti di disposizione di beni immobili e diritti reali non resi pubblici in contrasto con titoli che
58 X. XXXXXXXX, Xxxxxxx reali, in Enc. Dir., XIII, Milano, 1977, p. 755 ss.
59 M. COMPORTI, Xxxxxxx reali, in Tratt. Cicu-Massineo, Milano, 1980, p. 233 ss.
60 X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Diritti assoluti e relativi, in Enc. Dir., XII, Milano, 1964, p. 738.
61 X. XXXXXXX, op cit., p. 148 ss.
62 X. XXXXXXXXX, La simulazione del negozio giuridico - Premesse generali, Napoli, 1957, p. 126. 63 Cfr. X. XXXXXXX, Per la storia della pubblicità immobiliare e mobiliare, Milano, 1968, p. 230 ss.
riguardano gli stessi beni, rispettosi di quelle formalità. Le quali, appunto, per loro natura, derogano al «principio fondamentale della derivazione delle vicende … dal consenso del titolare della sfera giuridica, che ne risulterà gravato»64.
D’altra parte non è la natura degli effetti che determina l’opponibilità, giacché quale che sia il suo contenuto (diritto reale o di credito) il contratto non è di per sè idoneo a prevalere su altri, sicché tale qualità dovrà essere ricercata altrove.
Vero è che nè il rapporto (reale ed obbligatorio) né gli effetti (reali ed obbligatori) sono significativi ai nostri fini, ma il titolo costitutivo.
In presenza di tale fatto l’ordinamento formula due risposte ai problemi di vita che si intendono regolare: la rilevanza e l’opponibilità.
2.5. La responsabilità del terzo per violazione del contratto65
La possibile affermazione di una responsabilità del terzo66 per la viola- zione di un contratto si delinea nell’Europa continentale e nel mondo anglosassone come strumento usato dalle Corti più che dalla dottrina per mitigare l’astrattezza delle categorie ottocentesche sull’illecito e sul contratto67.
In Germania, in particolare, si utilizza la clausola generale (§ 826 del BGB) sin dai primi anni del 1900 in funzione di protezione «contro ingerenze di terzi nei rapporti obbligatori di cui essi hanno
64 ID., op. loc. cit.; X. XXXXX, Circolazione giuridica, in Enc. Dir., VII; Milano, 1960, p. 8.
65 Il paragrafo riproduce lo scritto di X. XXXXXXX La violazione del contratto, Appendice di aggiornamento, in La responsabilità civile, in Giur. sist. di dir. civ. e comm., fondata da X. Xxxxxxx, a cura di X. XXXX - X. XXXXXXX, Torino, 1997, p. 563 ss.
66 La fattispecie si riferisce, in particolare, alla doppia vendita immobiliare ed è noto che alcune pronunce degli anni ’60 e ’70 escludevano a carico del secondo acquirente in malafede una responsabilità per carenza di ingiustizia del danno. X. xx riguardo, Cass., 22 ottobre 1955, n. 3428, in Giust. civ., 1956, I, p. 438; Cass., 19 maggio 1976, n. 1787, in Giust. civ. mass., 1976; Cass., 7 gennaio 1978, n. 46, ivi. Il secondo acquirente, si osserva, esercita un diritto e il danno non deriva dalla ulteriore vendita ma dalla trascrizione che poteva essere richiesta anche dal primo acquirente.
67 A partire dal 1982 la giurisprudenza rivede la prevalente impostazione per non lasciare
senza sanzione “la innegabile violazione delle norme di correttezza da parte del terzo”.
X. Xxxx., 0 gennaio 1982, n. 76, in Foro it., 1982, I, c. 393, la quale afferma che: a) non esiste un servirsi incondizionatamente della trascrizione la quale mira alla protezione dell’interesse generale alla sicurezza della circolazione b) non si può separare nella condotta del secondo acquirente il fatto della trascrizione dalla stipulazione del suo atto di acquisto c) con il compimento dell’atto il secondo acquirente comincia a porre in essere una condotta dannosa d) il primo acquisto produce effetti reali sicché il terzo non può violare una situazione costituita in capo al contraente per effetto del contratto.
conoscenza»68 e ciò è possibile sia per l’attenuarsi della convinzione dottrinaria sulla relatività del contratto, esaminato sempre più come fenomeno sociale, sia per l’evoluzione della disciplina dell’illecito in funzione di controllo e di moralizzazione dell’attività dei privati.
In Italia la giurisprudenza si è espressa più volte ampliando la sfera di applicazione della responsabilità alla violazione del preliminare69 e, da ultimo, del patto di preferenza 70 . Nel valutare la responsabilità dell’alienante (di natura contrattuale) e del terzo (di natura extracontrattuale) si dà rilievo alla mala fede del primo che dispone più volte del medesimo bene, e del secondo che contrae conoscendo l’esistenza di un precedente diritto di altri incompatibile con il suo acquisto71.
Il richiamo alla correttezza come criterio selettivo è chiaramente enun- ciato. Ad essa si fa ricorso «sia per mantenersi nel solco di una emergenza di questo valore come criterio cardine di soluzione dei conflitti giuridici nel campo delle obbligazioni, sia per tener conto del peso rilevante che esso ha in altri ordinamenti europei»72.
Pur in presenza di opinioni critiche73, l’indirizzo giurisprudenziale va accolto con favore non foss’altro perché si è già dimostrata in modo convincente in dottrina la plausibilità di una «figura speciale di fatto
Violazione di contratto preliminare e di patto di preferenza.
68 V. F. WIEAKER, Storia del diritto privato moderno, II (trad. it.), Milano, 1980, p. 253.
69 X. Xxxx. Xxxxxxx, 00 ottobre 1990, in Foro it., 1991, I, 1, c. 1249, con nota di Xxxx; Trib. Potenza, 20 giugno 1991, in Giur. merito, 1993, p. 364; e altresì sulla doppia vendita nel sistema tavolare, Cass., 22 novembre 1984, n. 6006, in Giust. civ. mass., 1984; Cass., 15 giugno 1988, n. 4090, ivi, 1988; Cass., 18 agosto 1990, n. 8403, ivi, 1990 nonché la giurisprudenza citata alla successiva nota 94; e in dottrina, fra i molti scritti in argomento, X. XXXXXXX, Le mobili frontiere del danno ingiusto, in Contratto e impresa, 1985, p. 18 ss.; X. XXXXXXXXX, La tutela aquiliana delle posizioni contrattuali, ivi, 1991, p. 651 ss.; X. XXXXXXXX, Doppia alienazione e «responsabilità extracontrattuale da contratto», in Contr. impr.,1991, p. 736 ss.; X. XXXXXXXX, La tutela aquiliana del contratto nella casistica giurisprudenziale, in Rass. dir. civ., 1989, p. 20 ss.; ID., Dei fatti illeciti, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993, p. 236.
70 X. Xxxx. 0 gennaio 1997, n. 99, in Danno e resp., 1997, p. 392 e in Vita not., 1997, p.
306; v. altresì Cass., 8 gennaio 1999, n. 108, in Danno e resp., 1999, p. 899 ss.
71 V. G. VETTORI, La violazione del contratto, cit., p. 563 ss.
72 Cass., 15 giugno 1988, in Foro it., 1989, I, c. 1568.
00 X. XXXXXXXXXX, (Xx frontiere mobili della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1988, p. 577), osserva che l’unico modo di dare alla fattispecie forma giuridica è di «iscriverla nel cerchio del rapporto obbligatorio», giacché il comportamento del terzo complice diviene rilevante unicamente in concorso con quello del debitore e comunque mai senza che il debitore non adempia. La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava di nuocere del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per un soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. X. Xxxx., 00 agosto 1990, n. 8403, cit., e Cass., 9 gennaio 1997, n. 99, cit., p. 392.
Il terzo che coopera
all’inadem- pimento
illecito, dove la misura della responsabilità non è data dalla culpa in diligentia sancita dall’art. 2043, bensì dalla mala fede» 74 . Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso.
La sola presenza del «fatto contrattuale» non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso.
Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano per la presenza di un contratto, quest’ultimo non è altro che una situazione-presupposto per il sorgere di nuove ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare che la rilevanza del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementi: il titolo, i comportamenti, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili alla sua fase di formazione e di esecuzione, e la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze in ordine ai criteri di regolarità dell’azione. Dal confronto fra questi elementi di fatto ed il criterio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi per la presenza di un atto di autonomia privata.
È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nelle posizioni costituitesi in testa ai contraenti per effetto del contratto 75 . Ciò significa che il terzo, a conoscenza di un contratto, si comporta non iure se coopera all’inadempimento e viola così la situazione da esso sorta. Il ricorso alla mala fede è in grado di selezionare un illecito che si caratterizza proprio per l’esistenza di un fatto, il contratto concluso fra altri, e dei contegni che intorno ad esso si svolgono, tutti soggetti alla
74 V. L. XXXXXXX, Sulla natura della responsabilità contrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 360.
75 X. Xxxx. 0 gennaio 1982, n. 76, in Rep. Foro it., 1984, Trascrizione, n. 24. La tendenza è stata successivamente confermata anche da Cass., 15 giugno 1988, n. 4090, in Foro it., 1989, I, p. 307; Cass., 18 agosto 1990, n. 8403, in Foro it., 1991, I, c. 2473; Cass., 17
dicembre 1991, n. 13573, in Rep. Foro it., Trascrizione, n.. 27; Cass., 13 gennaio 1995, n.
383, in Corr. giur., 1995, p. 601; Cass., 9 gennaio 0000, x. 00, xx XXXX, 0000, I, p. 343;
Cass., 25 ottobre 2004, n. 20721, in NGCC, 2005, I, p. 631. Per approfondimenti sulla fattispecie v. X. XXXXXXXXXX, La responsabilità del secondo acquirente nella doppia alienazione immobiliare, in Resp. civ., 2006, 11, p. 870. V. anche X. XXXXXXX, La violazione del contratto, cit., p. 565.
regola di correttezza. La quale vieta al venditore di disporre ancora dello stesso, e obbliga il terzo a non interferire nella posizione altrui di cui abbia conoscenza76.
Da alcuni77 si esclude la possibilità di un utilizzo dell’art. 2043 (altro e più delicato è il problema dell’art. 2058, su cui si vedano più avanti le diverse opinioni) per valutare la condotta di chi, consapevole dell’esistenza di una precedente vendita o di un diritto di prelazione, conclude egualmente il contratto cooperando all’inadempimento dell’obbligato. Sarebbe rilevante solo una preordinazione dolosa e ciò per due motivi. Si osserva che la responsabilità civile non può essere richiamata in contrasto con un interesse generale, e che ogni limite al diritto di proprietà deve essere confrontato con l’utilità sociale. Sicché ipotizzare un tale illecito comporterebbe «un’eclissi della coscienza dei valori che si connettono alla libera circolazione dei beni», la quale dovrebbe essere «favorita come suggerisce la ragione». La libera circolazione dunque è assunta come valore (meglio come dogma) che non tollera giudizi di buona o mala fede degli operatori.
76 Tra i contributi dottrinari più recenti si ricordano: F.D. BUSNELLI, La tutela aquiliana del credito: evoluzione giurisprudenziale e significato attuale del principio, in Riv. crit. dir. priv., 1987, p. 27; X. XXXXXXXX, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: una distinzione attuale, in Riv. crit. dir. priv., 1987, p. 8; X. XXXXXXX, Xxxxx lesione del credito alla responsabilità extracontrattuale da contratto, in Contratto e impresa, 1987, p. 124 ss.; X. XXXXXXXXX, Pubblicità legale e circolazione dei diritti: giurisprudenza e legislazione in tema di trascrizione, in Riv. notar., 1989, p. 118; X. XXXXXXX, in commento a Xxxx. 15 giugno 1988, n. 409, in Nuova giur. civ., 1989, p. 315; X. XXXXXXXXX, nota a Xxxx. 15 giugno 1988, n. 4090, in Foro it., 1989,
c. 1568; X. XXXXXXXXXX, Le frontiere mobili della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1989, p. 554; X. XXXXXXXX, Obbligazione di dare e atti traslativi solvendi causa, in Xxx. xxx. xxx., 0000, XX, x. 000; X. XXXXXXXX, La tutela aquiliana del contratto nella casistica giurisprudenziale, in Rass. dir. civ., 1989, p. 20 ss.; X. XXXXXXXX, Obbligazione di dare e trasferimento della proprietà, Milano, 1990; X. XXXXXXXXX, L’inadempimento efficiente nuovamente al vaglio della Cassazione, in Foro it., 1990, I, c. 222, commentando Xxxx. 21 marzo 1989, n. 1403; AA.VV., Tre pareri sui limiti soggettivi di efficacia del sindacato di blocco, in Contratto e impresa, 1990, p. 541 (X. XXXXXXX - X. XXXXXXXXXXX); X. XXXX, La parabola del buon notaio e del primo trascrivente men che malizioso, in Foro it., 1991, I, 1, c. 1249, in commento a Trib. Catania, 31 ottobre 1990; X. XXXX, nota a Cass. 18 agosto 1990, n. 8403, in Foro it., 1991, I, c. 2473; X. XXXXXXX, Doppia alienazione immobiliare e responsabilità extracontrattuale da contratto, in Contratto e impresa, 1991, p. 793 ss.; X. XXXXXXX, La trascrizione immobiliare, I, in Commentario del codice civile, a cura di X. Xxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXXX, La tutela aquiliana del contratto, in I contratti in generale, a cura di X. XXXX-X. XXXXXXX, Torino, 1991, IV, II; ID., Dei fatti illeciti, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Bologna- Roma, 1993, p. 236 ss.; X. XXXXXXXXX, Doppia alienazione e trascrizione nella teoria dei fatti illeciti (problemi e prospettive), in Quadrimestre, 1, 1993, p. 22; G. CASELLA, La doppia alienazione immobiliare: un dibattito sempre aperto, in Xxx. xxx. xxx., 0000, XX, x. 000; X. XXXXX, Doppia alienazione immobiliare e teoria dell’effetto reale, Milano, 1994; X. XXXXXX, in commento a Cass.13 gennaio 1995, n. 383, in Corriere Giuridico, 5, 1995, p. 602.
77 V. A. XXXXXXX, Il diritto di proprietà, cit., p. 744.
Il vero è che un’analisi attenta del rapporto fra l’art. 2644 e l’art. 2043 può essere condotta solo dopo un’attenta riflessione sul valore della libertà di circolazione dei beni a confronto con altri principi. L’opinione di chi privilegia in modo aprioristico e immotivato la libertà e la sicurezza non è convincente affatto. E non per il modo di argomentare. Un’interpretazione orientata alle conseguenze è del tutto legittima purché sia svolta correttamente. È certo che la valutazione di illiceità non può svolgersi al di fuori di un interesse generale nel quale rientra la libera circolazione dei beni. Xxxxxx è che questo sia l’unico parametro a cui attenersi.
In una società che non riconosce più un sistema di valori stabili e coerenti non è facile giustificare oggettivamente la prevalenza di una o di un’altra valutazione, l’unico criterio interpretativo serio e rigoroso deve sottostare al bilanciamento fra valori e principi ricavabili nel sistema 78 dal quale non si trae affatto un indirizzo univoco. Basta pensare fra l’altro che nel Trattato di Roma (all’art. 30) si legittimano restrizioni alla libera circolazione dei beni per ragioni di moralità pubblica.
Se così è, libertà e sicurezza da un lato, e moralità dall’altro, sono principi che l’interprete deve assieme considerare e presupporre alla sua analisi. Il metodo e il tono di chi afferma una sua verità indiscutibile è difficilmente accettabile e da entrambi occorre prendere le distanze per svolgere un ulteriore appunto.
Non si può confondere il giudizio di opponibilità dell’atto e di respon- sabilità del terzo79.
In un caso la valutazione serve a statuire l’efficacia immediata e preva- lente di un acquisto compiuto nel rispetto della legge di circolazione,
Bilanciamento degli interessi tutelati
78 X. XXXXXXX, L’argomentazione orientata alle conseguenze, in Ermeneutica e dogmatica giuridica, Milano, 1996, p. 91 ss. V. invece X. XXXXXXX, op. cit., p. 744.
79 Sull’autonomia delle due valutazioni (l’efficacia dell’atto compiuto nel rispetto della legge di circolazione e la responsabilità di chi acquisti il bene in mala fede) v. X. XXXXXXXXX, Limiti fra formalismo e dommatica nelle figure di qualificazione giuridica, in Formalismo e sapere giuridico, Milano, 1963, p. 389 ss.; e X. XXXXXXX, Valore attuale della massima «fraus omnia corrumpit», in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1949, p. 801, ove la distinzione concettuale e operativa fra atto e comportamento è chiaramente enunciata; v. altresì: Cass. 1 ottobre 2004, n. 20271, in Nuova giur. Comm., 2005, 4, nota di X. XXXXXXXXX;
Cass. 13 gennaio 1995, n. 383 cit.; Cass. 15 giugno 1988, n. 4090, in Foro it., 1988, I, c.
1573; Cass. 18 agosto 1990, n. 8403, in Foro it., 1991, c. 247; di recente, Trib. Ivrea 16 maggio 2003, in Giur. It., 2004, 778, con nota di XXXXXXXX; e l’equilibrato saggio di X. XXXXXXXXX, La doppia vendita immobiliare, in Dir. priv., 1995, p. 307, con un’ampia e chiara sintesi delle diverse opinioni. V. altresì, X. XXXXXXX, Efficacia ed opponibilità del patto di preferenza, cit., p. 174 ss. e, da ultimo, X. XXXXXX, La doppia alienazione immobiliare, Nuova giur. Civ. comm., 2002, II, p. 73 ss.; X. XXXXXXXXXX, La responsabilità del secondo acquirente nella doppia alienazione immobiliare, in Resp. Civ., 2006, 11, 870 ss.
nell’altro, ai soli fini risarcitori, si valuta, ai sensi dell’art. 2043, un comportamento in mala fede dell’acquirente 80 . Tale giudizio non incide affatto sulla conformazione della proprietà e può essere considerato «un’eclissi nella coscienza dei valori»81 solo da chi afferma e presuppone alla sua analisi “verità” e “dogmi” indiscutibili82.
00 X. X. XXXXXXX, Efficacia ed opponibilità del patto di preferenza, cit., pp.154 ss., 185 ss. e 188 ss.
81 V. ancora X. XXXXXXX, op. cit., p. 744.
82 Quanto all’art. 2058 c.c., il problema dell’eventuale obbligo di restituzione del bene come conseguenza dell’accertata responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c. è molto controverso. Tale possibilità è esclusa da alcuni (X. XXXXXXX, op. cit., p. 744; X. XXXXXXX, Tre pareri sui limiti soggettivi di efficacia del sindacato di blocco, in Contratto e impresa, 1990, p. 555; X. XXXXXXX, La trascrizione immobiliare, I, in Commentario del codice civile, a cura di X. Xxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 561; X. XXXXXXXXX, Pubblicità legale e circolazione dei diritti: evoluzione e stato attuale del sistema, in Riv. dir. civ., 1988, I, p. 458) e ammessa, pur con alcune cautele, da altri (X. XXXXXXXXXXX, Tre pareri, cit., p. 546; X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 458, analizzando la fattispecie, in un’ottica diversa, ammette che se si reputa responsabile il secondo acquirente ai sensi dell’art. 2043 c.c. «diventa assai difficile negare la reintegrazione in forma specifica»). X. XXXXXXXX, Obbligazione di dare e trasferimento della proprietà, Milano, 1990, p. 179, auspica il riconoscimento dello stesso risultato ottenuto dalla giurisprudenza francese; ID., Obbligazione di dare e atti traslativi solvendi causa, in Xxx. xxx. xxx., 0000, XX, x. 000; v. anche F. D. BUSNELLI, La tutela aquiliana del credito: evoluzione giurisprudenziale e significato attuale del principio, in Riv. dir. priv., 1987, p. 292; X. XXXXXXXXX, La pubblicità immobiliare: un sistema in evoluzione, in Riv. dir. ipot., 1982,
p. 118; X. XXXXXXXX, Doppia vendita immobiliare e responsabilità del secondo acquirente di malafede, in Riv. dir. civ., 1983, I, p. 536; X. XXXXXXXX, L’induzione all’inadempimento, Milano, 1979, p. 260 e ss.; G. A. XXXXXXXXX, Alienazione successiva di uno stesso immobile e responsabilità del secondo acquirente, in Resp. civ. prev., 1982, p. 174, in nota a Cass. 8 gennaio 1982, n. 76.
Una risposta meditata sull’applicazione dell’art. 2058 e, più in generale, sugli artt. 2644 e 2043, comporta un’attenta riflessione critica sui rapporti esistenti, oggi, fra sicurezza e moralità della circolazione giuridica. L’opinione di chi (X. XXXXXXX, op. cit.,
p. 671 ss.) privilegia in modo aprioristico e senza alcun correttivo il primo valore, non è convincente. Si impone, invece, un’analisi (ancora da compiere) volta a ripensare, assieme, la teoria dell’illecito e la rilevanza e opponibilità del contratto.
3. Gli effetti del contratto
2. reali.
3.1. Effetti fra le parti
L’art. 1372 al 1° comma dispone che il contratto ha forza di legge fra le parti. Come si è osservato già nel primo paragrafo tale affermazione esprime un carattere fondamentale dell’atto di autonomia privata: la vincolatività. Il contratto, al pari di una norma, pone una regola che può essere eliminata solo per consenso delle parti o per cause ammesse dalla legge.
L’effetto giuridico d’altra parte non è che una modificazione nell’am- bito della realtà giuridica determinata dai fatti o dalle fattispecie che l’hanno prodotta, e l’art. 1321 c.c. precisa che il contratto tende a costituire, regolare o estinguere, tra le parti, un rapporto giuridico patrimoniale.
L’art. 1374 c.c., come si è già osservato, prevede espressamente che il contratto obbliga non solo a quanto è nel medesimo espresso ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità.
La legge, gli usi e l’equità, quindi, concorrono a dar regola ad un rap- porto che trova nell’accordo la sua fonte primaria.
Gli effetti contrattuali si distinguono anzitutto in obbligatori e reali an- che se tale partizione non esaurisce le conseguenze che il contratto può produrre.
1) Si ha un effetto obbligatorio quando dal contratto sorge una pretesa di un soggetto nei confronti di un altro che è tenuto ad un comportamento volto a soddisfare l’interesse del creditore. E tale relazione è lo strumento che la norma reputa necessario e sufficiente per la realizzazione del risultato che le parti si ripromettono di conseguire con il contratto.
Si tratta di un effetto presente in un’area assai vasta di contratti poiché è molto spesso necessaria un’attività dei soggetti (e quindi un contegno doveroso) per attuare il programma negoziale.
2) Si ha un effetto reale quando il contratto ha per oggetto il trasfe- rimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto.
Effetti del contratto:
1. obbligatori
L’art. 1376 c.c. afferma per tali contratti una regola di fondamentale importanza. La proprietà e il diritto si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato. Se si tratta di cose appartenenti ad un genere, di cose future o altrui la proprietà si trasmette in un momento successivo (v. rispettivamente artt. 1378, 1472, 1478 c.c.).
Nel nostro ordinamento, quindi, a differenza di altri (la Germania ad esempio), non è necessaria la consegna del bene o il rispetto di altra formalità per il passaggio della proprietà che si trasferisce al momento dell’accordo.
La trascrizione, infatti, è richiesta per determinati acquisti di diritti im- mobiliari (v. artt. 2643 e 2645) al fine di conseguire effetti ulteriori rispetto al trasferimento.
Se A, ad esempio, proprietario di un bene, lo vende a B e poi, suc- cessivamente, a C, sorge un conflitto che la legge deve risolvere. A dopo la prima alienazione non è più legittimato a compiere il successivo trasferimento a C. Il conflitto dovrebbe allora risolversi negando idoneità al secondo contratto, ma ciò cagionerebbe danno alla sicurezza dei traffici e della circolazione giuridica dei beni perché C può non conoscere il precedente acquisto di B. La legge fa prevalere, allora, fra B e C quello che per primo ha trascritto il proprio atto di acquisto (v. art. 2644 c.c.).
Una funzione analoga alla trascrizione svolge, per i beni mobili non registrati la disciplina del possesso (v. artt. 1153 e 1155).
L’art. 1376 va allora coordinato con le norme in tema di trascrizione, per il trasferimento di beni immobili e mobili registrati e con quella del possesso per il trasferimento di beni mobili non registrati. Ma essa non perde perciò il suo significato.
a) Il rischio per il perimento della cosa si trasferisce dal venditore al compratore al momento dell’accordo. Sicché il compratore dovrà egualmente pagare il prezzo pattuito se la res è distrutta da una circostanza non imputabile all’alienante dopo l’accordo, e prima della consegna (v. art. 1465).
b) L’acquirente, dopo la conclusione dell’accordo ed anche se la cosa non è stata consegnata o l’atto non è stato trascritto, potrà difendere il suo diritto con le azioni riconosciute dalla legge al proprietario. Ad esempio potrà esperire l’azione di rivendica (v. art. 948).
3) Il contratto non produce solo effetti reali ed obbligatori ma può, inoltre, (art. 1321) estinguere o modificare una situazione giuridica patrimoniale e in certi casi produrre un effetto immediatamente dispositivo.
Con la transazione (art. 1965) le parti realizzano il proprio interesse tramite un contratto che evita o risolve una lite operando sulla situazione preesistente e sostituendola in tutto o in parte.
Anche con le convenzioni matrimoniali (art. 159) i contraenti non intendono realizzare effetti reali od obbligatori ma solo scegliere un regime patrimoniale della famiglia diverso da quello legale.
Il contratto quindi in certi casi può conseguire un risultato come effetto della volontà delle parti senza la cooperazione di un obbligato. Si parla in tal caso di efficacia dispositiva.
4) Una serie di norme speciali e ora l’art. 2645 ter, e successivi, attestano l’autonomia di un effetto di destinazione di un bene per la realizzazione di un interesse lecito e meritevole di tutela.
3.2. Effetti nei confronti dei terzi
La precisazione delle conseguenze che il contratto può produrre nei confronti dei terzi è uno dei problemi più delicati della dinamica giuridica.
L’art. 1372 al 2° comma dispone che il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge e tale affermazione non vuol esprimere la sua inidoneità a produrre effetti per i terzi ma solo una scelta di politica legislativa che è diversa nella storia delle codificazioni e nei vari ordinamenti.
Il principio di relatività del contratto espresso dall’art. 1372 sta solo a significare che la regola che ha forza di legge vale solo fra le parti dell’accordo sicché è impossibile per il negozio influire, se non nei casi previsti dalla legge, nella sfera giuridica di un soggetto che ad esso sia rimasto estraneo.
In determinati casi quindi il contratto può produrre effetti diretti nella sfera dei terzi.
L’art. 1411 c.c. prevede la stipulazione a favore di un terzo, il quale acquista il diritto contro lo stipulante anche senza un’espressa accettazione. Questa avrà, casomai, l’effetto di impedire la revoca o la modifica della stipulazione.
3. dispositivi
Contratto a favore di terzo e principio di relatività
Con un contratto, quindi, due parti (stipulante e promittente) possono determinare una modifica nella sfera giuridica di un terzo in presenza di due condizioni:
a)l’effetto della stipulazione deve essere favorevole al terzo;
b)questi può sempre rifiutare l’attribuzione.
La norma predispone, quindi, uno schema generale che può assumere contenuti e funzioni diversi ed idoneo a produrre un effetto favorevole nella sfera giuridica di un soggetto rimasto estraneo al negozio.
Dal coordinamento fra l’art. 1372 e l’art. 1411 si ricava così una regola unitaria: il contratto ha efficacia tra le parti e per il terzo a cui favore è stato stipulato, salvo il rifiuto.
Oltre ad effetti diretti nei confronti dei terzi, il contratto genera conse- guenze che indirettamente, o di riflesso, investono i terzi. Tali conseguenze possono essere di mero fatto senza cioè avere alcuna rilevanza giuridica oppure possono assumere un preciso valore.
Il contratto, si è detto, già come fatto sociale assume un rilievo nei confronti dei terzi, i quali, non potranno interferire illegittimamente nelle posizioni create fra le parti.
In altri casi il contratto può determinare un conflitto fra le posizioni di determinati terzi.
Si pensi sempre all’ipotesi in cui il proprietario alieni lo stesso bene a più persone; sarà necessario in tal caso attribuire prevalenza ad un titolo su tutti gli altri. Si parla, in tal caso, di opponibilità ai terzi del contratto, qualifica che, come già illustrato, non dipende dalla natura degli effetti che dal contratto si producono ma dalla rilevanza che la norma attribuisce ad un titolo rispetto ad altri. Nel conflitto fra più acquirenti di un immobile è opponibile, ad esempio, il contratto di chi per primo ha trascritto (v. anche artt. 1380, 1155, 1265 c.c.).
Queste nozioni essenziali necessitano di un approfondimento che sarà affidato alle pagine seguenti.
4. I contratti ad effetti reali
4.1. Premessa
Dopo un lungo periodo di silenzio il tema della circolazione giuridica dei beni è tornato al centro dell’attenzione per l’emanazione di importanti provvedimenti legislativi 83 , la pubblicazione di rilevanti decisioni giudiziali 84 , la elaborazione di analisi condotte con una diversità profonda di metodo e di risultati85.
Se il legislatore e la giurisprudenza continuano un’opera di aggiorna- mento e di arricchimento del sistema, la dottrina si divide su aspetti teorici e pratici della circolazione. Da un lato si ripropone il valore assoluto del principio consensualistico86, dall’altro se ne registra la fine esaltando il valore delle dissociazioni dominicali che dovrebbero essere valutate e regolate solo in base ad analisi di settore87.
Entrambe le posizioni, per gli esiti opposti cui pervengono, suscitano interesse e sono di stimolo ad un ulteriore approfondimento di cui occorre porre in luce, immediatamente, le linee di svolgimento.
Studi importanti ci hanno insegnato che la regola dell’art. 1376 c.c.
non può essere oggetto di una lettura fideistica ma deve essere
Analisi critica dell’art. 1376 c.c.
83 V. in particolare il d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito nella l. 28 febbraio 1997,
n. 30 sulla trascrizione del contratto preliminare, la l. 16 ottobre 1989, n. 364, di attuazione della Convenzione dell’Aia del 1 luglio 1985 sul trust e, da ultimo, la trascrivibilità dell’atto di destinazione ai sensi dell’art. 2645-ter c.c. Per quanto concerne tali ultime due problematiche (trust
ed atto di destinazione) si rinvia per ogni approfondimento ai successivi par.
Con riferimento alla trascrizione del preliminare, si veda in particolare, X. XXXXXXXX-X. XXXXXXX, La trascrizione del contratto preliminare, Padova, 1998; X. XXXXXXX, Trascrizione del preliminare di vendita e obbligo di dare, in Riv. notar., 1997, p. 20 ss;
X. XXXXXXXXX, L’efficacia prenotativa della trascrizione del contratto preliminare, in Studium juris, 1997, p. 456; ID., Considerazioni sulla funzione e sul conseguente carattere facoltativo della pubblicità del contratto preliminare, Vita not., 1998, 741; X. XXXXXXXX, Trascrizione del contratto preliminare e trasferimento della proprietà, Torino, 1998.
84 X. Xxxx. 00 gennaio 1996, n. 611, in Foro it., 1997, c. 1247, ove si qualifica il principio consensualistico come «vera e propria via maestra nella produzione di effetti giuridici» (c. 1253).la conferma di tale indirizzo si ha in Cass. 18 novembre 2011,n.24252 in tema di patto di riscatto; Cass. 12 luglio 2013,n.17255 sulla cessione di partecipazione sociale, Cass.4 giugno 2008 n. 14794 sulla cessioni di azioni.
85 Si segnalano in particolare X. XXXXX, L’efficacia del consenso traslativo nella circolazione di titoli azionari: proposta per ripensare un problema, in Il contratto, silloge in onore di X. Xxxx, I, Padova, 1992, p. 465 ss.; C.M. XXXXXX, Il principio del consenso traslativo, in Dir. privato, I, 1995, p. 5 ss.; X. XXXXXXX, Il diritto di proprietà, cit., p. 671 ss.
86 C.M. XXXXXX, op. cit., p, 20 ss. ma v. anche P.M. XXXXXX, Il principio consensualistico. Radici storiche e realtà applicative, Torino, 1999.
87 X. XXXXXXX, op. cit., p. 692.
analizzata in modo critico; da un lato scrutando, nell’effettività dell’ordinamento, il reale valore operativo del consenso e la presenza di soluzioni alternative, dall’altro riflettendo sul ruolo che può assumere l’autonomia dei privati nel differire e graduare l’effetto reale 88 . D’altra parte l’idea di abbandonare ogni regola ed ogni principio che disciplini89, seppure in modo flessibile, la circolazione dei beni non può essere né condivisa, perché contraria al diritto positivo e alla sua effettività, né auspicabile da chi crede che il diritto abbia una prioritaria funzione ordinante.
A ciò si deve aggiungere che è doveroso per l’interprete muoversi in una prospettiva non delimitata dai confini nazionali come gli organi comunitari e l’evoluzione normativa in atto sollecitano; e ciò comporta una riflessione attenta sul ruolo che la giurisprudenza, la dottrina e il legislatore debbono svolgere al riguardo. Il modo migliore è partire dalle cose e dai beni, dalla loro dimensione fattuale e giuridica e
88 V.da ultimo X.Xxxxx, Xxxxxxxx e indici di circolazione, in Riv.dir.civ., 2014,2,10393 ma v. anche X. XXXXX, Il trasferimento della proprietà mobiliare, in Introduzione al diritto comparato, Torino, 1989, p. 131 ss.; e in Xxx. xxx. xxx., 0000, X, x. 000; X. XXXXX-X. XX XXXX, Xx xxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 53 ss; P.G. MONATERI, La sineddoche, Milano, 1985, p. 306; A. CHIANALE, Obbligazione di dare e trasferimento della proprietà, Milano, 1990, p. 169 ss.
89 X. XXXXXXX, op. cit., p. 692, reputa che non si possa «procedere ad un’analisi unitaria ma ad una serie di analisi di settore che prendano in considerazione i maggiori problemi emergenti». La «ricompattazione delle situazioni di appartenenza» sarebbe «una delle principali funzioni delle regole di circolazione» (p. 692), la quale assume un valore assoluto per l’autore. Non sarebbe possibile «ipotizzare una valutazione di illiceità di chi acquista un bene sul libero mercato» (p. 745), neppure in presenza di una mala fede dell’acquirente perché la responsabilità civile «non può essere mobilitata al di fuori di» un interesse generale che escluderebbe «l’opponibilità a terzi di vincoli pattizi» perché in contrasto con la normativa costituzionale della proprietà e dell’iniziativa economica» (p. 745).
Naturalmente, secondo X. Xxxxxxx, è vero che come si è assistito ad un’eclissi della coscienza dei valori che si connettono alla proprietà privata, così si è assistito ad un’eclissi della coscienza dei valori che si connettono alla libera circolazione dei beni, ed è in tale oscura luce che si spiegano le prese di posizione della dottrina volta ad intralciarla anziché favorirla come suggerisce la ragione (p. 745). La precomprensione dell’A. è dunque chiarissima come è chiara l’intolleranza per ogni «trappola nominalistica» e per ogni metodo diverso da quello usato (v. in partic. p. 745, nt. 13 e p. 691, nt. 51). Vorrei esprimere il mio dissenso cominciando proprio da qui. X. Xxxxxxx si scaglia contro il «dogmatismo» ma propone come indiscutibili «valori» le
«dissociazioni degli attributi domicali», «l’abbandono di un’analisi unitaria a favore di una serie di analisi di settore», l’esaltazione indiscussa della libera circolazione dei beni che non ammetterebbe giudizi di responsabilità per chi opera in mala fede. Tutto ciò senza approfondire affatto il giudizio di opponibilità (v. p. 679) (tanto da confonderlo con un giudizio di responsabilità ex art. 2043, v. p. 744) e annunciando in modo categorico una
«sua verità». Ce n’è abbastanza per prendere le distanze dal tono, dal metodo e dai
risultati per le ragioni che in queste pagine tenteremo di esporre.
procedere di «sotto in su» al fine di verificare l’attualità dei principi e delle regole generali e la stessa prospettiva di un avvicinamento o uniformazione del diritto europeo dei contratti.
Così procederà questa analisi, premettendo solo quei dati storici essenziali per una valutazione attenta e consapevole.
4.2. La circolazione dei beni: le soluzioni adottate negli ordinamenti europei. La tensione verso soluzioni uniformi.
L’evoluzione moderna delle soluzioni adottate per la disciplina del trasferimento delle cose mobili e immobili è tra le più interessanti e controverse.
Fra il 6 e l’11 agosto 1789 l’Assemblea nazionale francese abroga per intero il regime feudale. Si aboliscono la qualità di servo, i diritti gravanti sulle persone e si introduce la possibilità di riscattare i diritti signorili. Nel marzo del 1790 cade la distinzione fra terre nobili e terre roturiéres (appartenenti a non nobili) su cui gravavano molti diritti signorili. Tutti i terreni divengono, in principio, accessibili a tutti. Con legge del 17 luglio 1793 è abolita definitivamente la proprietà feudale e
«tutti i depositari di titoli costitutivi di diritti soppressi sono tenuti a consegnarli entro tre mesi per venire bruciati». D’altra parte nell’art. 6 della parte preliminare del codice si afferma che «le convenzioni dei privati non possono derogare alle leggi che interessano l’ordine pubblico e i buoni costumi»90.
È chiara la strategia del nuovo ordine economico: da un lato si sancisce l’abolizione della miriade di diritti signorili e di prelievo a carattere reale e, dall’altro, si pone un limite di ordine pubblico all’autonomia negoziale dei privati per evitare il ripristino di rapporti di tipo feudale. La liberazione del suolo dai tradizionali pesi procede parallelamente alla liberazione degli individui dai vincoli personali del- l’ancien régime e un tale obiettivo non può non toccare nell’essenza le
Circolazione dei beni e principio consen- sualistico
in Francia
90 X. XXXXXXX, Dalla proprietà all’impresa, Milano, 1983, p. 63 ss.; X. XXXXX (a cura di), Vendita e trasferimento della proprietà nella prospettiva storico-comparatistica, Milano, 1991, II, p. 867 ss. ed ivi in particolare X. XXXXXXXX, Vendita, Trasferimento della proprietà e vendita di cosa altrui nella formazione del Code Civil e dell’Allgemeines Burgerliches Gesetzbuch, pp. 169-179;
X. XXXXX, Il trasferimento della proprietà mobiliare, cit., p. 131 ss.; X. XXXXXXX, Consenso traslativo e circolazione dei beni. Analisi di un principio, Xxxxxx, 0000, x. 00 xx. Xx veda in particolare X. XXXXXXXXX, Xxxxx xx Xxxx Xxxxxxxx, Xxxxx, 0000, XXIV, p. 391 ss.; P.A. FENET, Recueil complet des travaux préparatoires du Code civil, Osnabrück, X. Xxxxxx, 1968 (1827), pp. 386-387; C.B.M. XXXXXXXX, Le droit civil français suivant l’ordre du Code, II, Bruxelles, 1845, p. 192.
regole di circolazione dei beni che debbono essere depurate da ogni forma e solennità, per soddisfare l’interesse della nuova classe (borghese) dei potenziali acquirenti uscita vittoriosa dalla Rivoluzione91.
Emergono assai nette, da tali fatti, le ragioni del consensualismo che Xxxxxxxx 92 enuncia chiaramente: contro la tradizione del diritto romano, la volontà non può essere dominata dalle solennità esterne; non è più necessario che essa si manifesti per mezzo di fatti visibili ma trae la sua forza da se medesima. Ne segue che la circolazione dei beni si libera di forme e restrizioni pesanti e che la volontà liberamente espressa non ha bisogno di alcun fatto esterno.
Le proclamazioni ideologiche e le affermazioni solenni di valore operano una svolta storica ma stentano a costruire un coerente sistema di circolazione. La Francia era divisa, all’inizio della Rivoluzione, in due zone a seconda della diversa ricezione del diritto romano giustinianeo: nel sud la penetrazione fu completa, mentre nel nord si era mantenuto, in alcune zone, il diritto consuetudinario a base germanica. Il diritto romano richiedeva, per il passaggio di proprietà, la consegna del bene in esecuzione di una convenzione, anche se in molte zone la regola era elusa in fatto da una tradition feint che si poteva attuare attraverso clausole contrattuali. Nei paesi del Nord, invece, l’acquisto degli immobili era subordinato ad una speciale iscrizione. L’Assemblea nazionale sostituì tale forma di pubblicità con la trascrizione e una legge del 1 novembre 1798 estese a tutta la Francia tale disciplina, la quale prevedeva (art. 28) che la «transcription transmet à l’acquéreur les droits». Il sistema era però lacunoso e solo incidentalmente disciplinava il contratto traslativo nei confronti dei terzi, d’altra parte l’imminenza dell’approvazione del codice non consentì modifiche e si arrivò alla formulazione di regole (artt. 1583, 711, 1138 Code civil ) da cui risultava con chiarezza che la proprietà di una cosa immobile era trasmessa per effetto del consenso senza consegna o trascrizione.
91 Si veda in particolare su tali vicende: X. XXXXXXX, Per una storia della pubblicità immobiliare e mobiliare, Milano, 1968; A. ASTUTI, I contratti obbligatori nella storia del diritto italiano; Parte generale, Milano, 1952, p. 22 ss., 350 ss.; F. WIEACHER, Storia del diritto privato moderno, I, Milano, 1980, p. 371; X. XXXXXXXX, Vendita e trasferimento della proprietà nel diritto comune, in Vendita e trasferimento della proprietà, cit., p. 166; C.M. BIANCA, La vendita e la permuta, in Trattato di diritto civile, a cura di X. Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 82 ss.; X. XXXXX-G. DE NOVA, Il contratto, in Trattato di diritto civile, a cura di X. XXXXX, cit., p. 13. Per una sintesi di tale vicenda storica mi permetto di richiamare il mio Consenso traslativo e circolazione dei beni, cit., pp. 19 ss., 148 ss. e X. XXXXXXX, op. cit., p. 13 ss.
92 R. T. TROPLONG, Le droit civil expliqué suivant l’ordre du Code. De la vente, (trad. it.), Bruxelles, 1984, p. 35 ss.
Restò in dubbio, per la mancata riproposizione della legge precedente, il regime degli effetti nei confronti dei terzi, almeno sino all’approvazione della l. 23 marzo 1855 sulla trascrizione93.
Ben presto si affermò il principio di piena rottura con la tradizione romanistica e il trasferimento della proprietà si considerò produttivo di effetti fra le parti e nei confronti dei terzi in virtù del solo consenso per le cose mobili e immobili, anche se restava da giustificare e spiegare la coesistenza delle regole del consenso traslativo con un regime di pubblicità e con il possesso cui erano condizionati alcuni effetti per i terzi. Dubbi che sussistono tuttora nella dottrina italiana e francese94.
Dunque, ragioni culturali, economiche, sociali premono in Francia agli inizi dell’800 per una rottura con il passato, ma sul piano tecnico le regole di circolazione stentano a trovare coerenza e uniformità. La stessa teoria della proprietà difetta di un rigoroso modello giuridico.
L’elaborazione dei Pandettisti in Germania pone mano all’uno e all’altro problema. Da un lato si elabora una figura proprietaria basata
«sull’unità, la semplicità e l’astrattezza funzionale alle necessità dell’operatore economico» 95 , dall’altro si valorizzano al massimo le esigenze della circolazione che prevalgono, come in Austria, sull’affermazione teorica di un trasferimento già perfetto con l’accordo e, nel disciplinare l’atto traslativo, si richiedono altre formalità.
Le esigenze del commercio e delle industrie in rapida espansione, gli interessi di una classe che vuol consolidare le proprie conquiste, esigono categorie e tecniche raffinate che la dottrina elabora e il codice recepisce. Compravendita e trasferimento della proprietà non dipendono l’uno dall’altra ma sono autonome in base ad un tratto caratteristico del diritto tedesco: l’astrattezza del contratto a effetti reali che ha due aspetti. La vendita e il trasferimento sono separati e la validità del negozio di trasferimento non dipende dalla validità del contratto di vendita e viceversa. Nel procedimento, dunque, vanno tenuti distinti tre negozi giuridici: il contratto di vendita con effetti obbligatori, il trasferimento della cosa dal venditore all’acquirente,
... in Germania
93 X. XXXXXXX, Consenso traslativo e circolazione dei beni, cit., p. 20 ss.; X. XXXXXXX, xx. xxx., x. 000.
00 X. XXXXXXX, op. cit., p. 21 ss.
95 v. P. GROSSI, Il dominio e le cose, Milano, 1992, ed ivi in particolare, Tradizione e modelli nella sistemazione post-unitaria della proprietà, p. 439 ss.; La proprietà e le proprietà nell’officina dello storico, p. 603.
come negozio di adempimento, il versamento del prezzo di acquisto come secondo negozio di esecuzione96.
In base a tale sistema l’acquirente non è tenuto ad occuparsi del titolo in base al quale il suo venditore ha ottenuto la cosa e i rischi dell’invalidità di tale negozio non si ripercuotono, in linea di massima, sul suo acquisto. L’astrattezza è funzionale alle esigenze di una circolazione che torna ad essere fondata su precise formalità. Per i beni mobili determinante è la consegna (il modus): prima di essa non c’è obbligo di trasferire, dopo di essa la proprietà è già trasferita. Per i beni immobili occorre l’accordo delle parti, l’atto pubblico di vendita e la trasmissione del documento97.
Nei sistemi anglosassoni le regole sono ancora diverse. La Common law tiene distinta la compravendita di cose mobili e immobili; la prima appartiene al settore del contratto, la seconda rientra nel corpo della real property o proprietà immobiliare. Per i beni mobili il solo consenso trasferisce la proprietà «fra le parti», mentre per i terzi è necessaria la consegna; per gli immobili al centro dell’attenzione si pone il bene alienato più che il processo traslativo, sicché le caratteristiche della vendita non si possono comprendere senza tener conto dell’assetto reale della proprietà sostanziale. A differenza di altri diritti continentali l’esperienza giuridica inglese in tale materia «non può prescindere e porta ancora l’impronta dello stampo feudale», all’interno del quale interessi di soggetti diversi coesistono sullo stesso bene e non confliggono perché diversi98.
Tutte le terre appartengono alla Corona; al Lord spetta una serie di pretese nei confronti del vassallo legato da svariate relazioni personali (tenure) con obbligo di service. Il frazionamento del dominium si accentua nel tempo sino a porre un’esigenza di limite che induce a privare di significato la relazione personale attribuendo ad essa un contenuto economico. Si attribuisce maggiore libertà al vassallo che non può alienare la proprietà ma la sua parte di utilità tratta dalla res. Oggetto di diritti divengono, sempre più spesso, non le cose ma le prerogative sull’immobile (estates)99.
Il sistema comporta che il venditore ha il potere di stabilire nello stesso fondo interessi molteplici di natura diversa e attuazione differita, disponendo del destino del bene per intere generazioni
… in Inghilterra
96 v. X. XXXXXX, Vendita e trasferimento di proprietà nel diritto tedesco, in Vendita e trasferimento della proprietà, cit., p. 287.
97 v. X. XXXXXX, op. ult. cit., p. 290 ss.
98 v. M.P. PANFORTI, La vendita immobiliare nel Sistema inglese, Milano, 1992, p. 211 ss.
99 v. M.P. PANFORTI, op. loc. cit.
Le diversità dei
sistemi
successive. Il numero enorme di estates necessita di tener conto di tutte al momento dell’acquisto e senza una disciplina della pubblicità è assai difficile risalire alla natura e alla stessa esistenza di tali limiti. Di qui la necessità di realizzare un corpus di regole volte a semplificare e dare certezza ai trasferimenti e a ciò provvede la Land law del 1925 con la quale si riduce il numero delle estates possibili e si introduce la trascrizione di titoli ed oneri gravanti sulla res.
Ne risulta un procedimento caratterizzato, oggi, da un contratto di natura obbligatoria, un atto formale che recepisce i formalismi medievali, la trascrizione dell’atto100.
Se confrontiamo in base a queste schematiche osservazioni le regole di trasferimento vigenti nei sistemi europei, una prima lettura pone in luce scelte molto diverse. il Code civil si ispira all’idea del consenso (titulus), il BGB tedesco al modus, il codice austriaco rimane fedele alla soluzione di diritto comune che richiede titulus e modus (v. inoltre il codice olandese e quello russo)101.
Queste diversità sono state oggetto di un’attenta analisi che ha, in modo talvolta illuminante, individuato le idee che ispirano i vari sistemi e le regole operazionali preposte in concreto alle singole soluzioni. Si evidenzia la pluralità di attribuzioni del proprietario ponendo in dubbio che esse si trasferiscano contemporaneamente dall’alienante all’acquirente. Emerge una critica verso proposizioni sintetiche e concettualizzanti in ordine al momento traslativo e una sollecitazione a ricercare punti di contatto fra le regole operazionali e a misurare su questa base le «differenze che esistono tra i vari modelli giuridici». Un’analisi recente pone in luce le vicinanze, a volte sorprendenti, delle norme nazionali che sovente, al di là di declamazioni teoriche, adottano, nella sostanza, soluzioni comuni o simili su aspetti significativi del trasferimento102. Assai simile risulta la disciplina del potere di esigere la cosa dal venditore e le posizioni dei creditori delle parti.
La sollecitazione, insomma, ad abbandonare il concetto e l’astrazione per analizzare e riscrivere le regole operazionali con soluzioni capaci di porsi a cavalcioni delle frontiere ha ottenuto risultati utilissimi, ma, muovendo da essa, si sono sostenute anche idee non condivisibili.
100 v. M.P. XXXXXXXX, op. cit., p. 211 e sulla registration del sistema inglese, v. X. XXXXX, R.
B. XXXXX, The Law and Practice of Registered Conveyancing, London, 1986.
101 X. XXXXX, Il trasferimento della proprietà mobiliare, cit., p. 409 ss.
102 X. XXXXXXXX, Obbligazione di dare e trasferimento della proprietà, cit., p. 54 ss.
Alcuno di recente sollecita uno studio della circolazione incentrato sulla premessa dell’esistenza di dissociazioni delle proprietà funzionali a ciascun bene che richiederebbero esclusivamente analisi di settore, con la convinzione implicita che il principio consensualistico sia una pura declamazione di cui ci si possa liberare103. Tale conclusione è tutt’altro che scontata.
Le analisi di settore sono doverose ma l’esegesi ha bisogno di riferimenti che non si possono trarre solo dalla comparazione o dalla analisi economica. Il diritto positivo, le diverse fonti che lo producono e lo innovano, le esigenze della società debbono essere registrate dal giurista attraverso i suoi abituali strumenti che non si esauriscono nel costruire congegni logici chiusi e ontologici ma possono e debbono fornire all’interprete e all’operatore criteri di semplificazione, aiuti alla comprensione, principi non assoluti, ma di riferimento.
Tale compito non si esaurisce nella osservazione attenta delle regole operazionali; occorre integrare questa lettura con altri dati e non rifiutare, con arrogante presunzione intellettuale, ogni astrazione, ogni tentativo di analizzare l’esistente.
Nello studio del trasferimento dei titoli di credito non si sarebbe giunti ai risultati dell’attuale elaborazione senza una riflessione, critica ma positiva, del valore e del significato del consenso nel momento traslativo104. Il problema di un numero sempre maggiore di accordi che le parti vogliono munire di rilevanza esterna non si risolve senza riflettere sulle modalità in base alle quali un fatto può prevalere su altri incompatibili nel presente momento storico105.
Lo stesso principio di libera circolazione non può essere ricostruito come valore assoluto, non foss’altro perché il fondamento delle norme e del sistema nel suo complesso non è ispirato al solo criterio di efficienza economica, ma ad un equilibrio diverso e più complesso come dimostra l’art. 36 del Trattato di Roma che consente limitazioni alla circolazione per ragioni di moralità pubblica106.
103 X. XXXXXXX, op. cit., p. 692.
104 V. P. SPADA, L’efficacia del consenso traslativo, cit., p. 465.
105 X. XXXXXXX, Il diritto di proprietà, cit., p. 692 esclude del tutto tale problema limitandosi ad osservare come «la ratio del sistema sia velata da una spessa coltre di ricostruzioni teoriche contrastanti», e ribadendo che la ragione delle «difficoltà incontrate dal pensiero giuridico a dar conto dello stato delle cose è rintracciabile nella sua inesprimibile tendenza a costruire costellature sistematiche sulla base di forme aristoteliche».
106 La norma è ora sostituita dall’art. 30, Parte Xxxxx, Titolo primo, del Trattato. Per ogni approfondimento, v. G. VETTORI, Circolazione dei beni ed ordinamento comunitario, in Riv. dir. priv., 2008, 2, p. 285 ss.
Certo l’idea, espressa anche di recente, che con il consenso si trasferisca la proprietà nei confronti di tutti con pienezza di effetti è smentita dal diritto positivo in molte ipotesi e il ricorso a costruzioni volte ad attribuire valore assoluto al principio non sono riuscite. Basta pensare che il solo consenso non sottrae il bene all’esecuzione dei creditori dell’alienante senza la consegna o la trascrizione (v. art. 2914 c.c.) e che in caso di fallimento del venditore il compratore non prevale sui creditori del venditore con il solo contratto (art. 45 l. fall.). Questa netta divaricazione della dottrina recente è un sintomo ancora della necessità di chiarire e comprendere a fondo la logica del sistema, muovendo dai fatti per tornare ad ordinarli senza preconcetti.
Art. 1153 c.c. Il possesso di beni mobili
4.3. L’acquisto di cose mobili e la Convenzione di Vienna
Nel trasferimento di cose mobili l’art. 1376 c.c. deve confrontarsi con l’art. 1153 la cui l’interpretazione non è affatto pacifica107.
Già la sua ratio non è ricostruita univocamente108. Alcuno osserva che la tutela concessa al terzo di buona fede si fonda, nella dottrina
107 V. in particolare X. XXXXXXX, Gli acquisti “a non domino”, III ed., Milano, 1975, p. 54 ss.; X. XXXXXXX,Circolazione dei beni mobili ed allocazione del rischio proprietario, in Vendita e trasferimento della proprietà, cit., p. 555.
108 Il diritto romano tutela in modo forte le ragioni dell’alienante: presupposto dell’acquisto è la titolarità del bene e l’unica possibilità di far salva un’alienazione mobiliare a non domino è l’usucapione, non invocabile per le res furtive qualificate in senso ampio sino a ricomprendere nella nozione cose oggetto di appropriazione indebita o trasferite con abuso di fiducia del detentore. Debole è la tutela dell’acquirente ed evidente l’intento di tutelare il proprietario in un’economia priva di una rilevante organizzazione commerciale e imperniata invece sul valore del dominium della terra (v. X. XXXXX, Introduzione al diritto dei titoli di credito: Lezioni, Torino, 1994, p. 5 ss.).
I popoli barbari adottano un sistema di circolazione del tutto diverso. La proprietà, come ogni altra situazione soggettiva, non fa parte del loro patrimonio culturale; si tutela l’appartenenza (Gewere) che non sia iniziata illegittimamente ed è accordata tutela al possessore solo quando «la relazione materiale persona-cosa venga interrotta da un comportamento che presenti tutte le caratteristiche del furto». Quando le due esperienze si confrontano nel XII secolo e per la «grandiosa opera dei commentatori» e perché «i popoli germanici decidono di farsi governare dal diritto romano rivisitato», si determinano conseguenze rilevantissime per la circolazione dei beni. Il diritto germanico perfeziona il suo concetto di appartenenza affinandolo; ma la proprietà, foggiata sulla nozione romana, non può essere rivendicata contro chiunque: chi acquista a non domino fa salvo il suo acquisto purché sia in buona fede e vanti un titolo socialmente apprezzabile. Appare già allora, nella sua complessità, il conflitto tra la tutela della proprietà e la sicurezza della circolazione che si ripropone in epoca moderna sino ai nostri giorni. V. su tale vicenda X. XXXXX, Xxxx civiles, t. II, Droit public, liv. 5, tit. 8, n. 10, Paris, 1771, p. 173; X. XXXXXXX, Traité de la prescription qui resulte de la possession, in Ouvres,
francese del XVIII secolo, sul solo favore da accordare al commercio e, quindi, all’acquirente più che al venditore; la massima “possesso vale titolo” sarebbe il risultato di una elaborazione dogmatica che individua il possesso mobiliare come fonte di una presunzione di proprietà superabile solo con l’eccezione di furto109. Altri sottolinea l’affermarsi della regola come principio consuetudinario che si impone senza analitiche motivazioni110.
Anche il testo della norma è oggetto di interpretazioni diverse: nella prima applicazione del Code si reputa che essa non preveda un’attribuzione istantanea di proprietà ma solo una presunzione aggiornata nei modi e nei tempi rispetto alla tradizione111.
Altri leggono nella norma che il possesso di un mobile, in ogni caso, attribuisce la proprietà del bene (salvo l’ipotesi di furto). Il possesso di per sè, senz’altra giustificazione, diviene, secondo questa tesi, titolo della proprietà e il soggetto, che si presume sia di buona fede, non dovrebbe provare altro che la sua relazione con la cosa112.
Le due teorie mostrano ben presto i loro limiti, giacché l’una vuol trarre dalla legge il perpetuarsi di una presunzione che il legislatore ha voluto evitare con il nuovo testo, l’altra appare in contrasto con i principi che il codice accoglie. «Se il possesso da solo, senza bisogno di alcun titolo giustificativo, si trasforma in proprietà, se ne deduce che il trasferimento della proprietà non può realizzarsi senza il possesso», ma ciò urta contro quanto si è codificato in tema di vendita (v. art. 1583 Code civil)113.
I, Bruxelles, 1829, p. 407; X. XXXXXXX, Per la storia della pubblicità immobiliare e mobiliare, cit., p. 21 ss.; X. XXXXXXXXX, Ripetizione di una cosa determinata e acquisto a domino della proprietà, Milano, 1980, p. 61 ss.; ID., Del possesso di buona fede di beni mobili(artt. 1153-1157), in Commentario del codice civile, a cura di X. XXXXXXXXXXX, Milano, 1988, p. 4 ss.
109 X. XXXXXXX, op. cit., p. 70.
110 v. X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 9 ss. ed ivi un’analisi dell’opera di Xxxxxxx, il quale per primo, riportando la giurisprudenza dello Chatèlet di Parigi, afferma che “il possesso di mobile, non fosse che di un giorno, produce l’effetto del titolo di proprietà salva l’eccezione di furto”. Tale opinione supera l’idea precedente che fosse necessaria la buona fede e tre anni o comunque trent’anni per la prescrizione della proprietà. La regola non è confortata da un’analitica motivazione ma essa esercita un’influenza indiscussa sul legislatore francese che se ne appropria codificandola nell’art. 2279 (v. sul punto X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 11 ss.).
111 V. C.B.M. XXXXXXXXX, Corso di diritto civile francese, VII, trad. it., Napoli, 1825, p. 235 ss.
112 v. X. XXXXXXXX, Corso di diritto civile secondo il codice francese, XII, trad. it., Napoli, 1849,
p. 285 ss.
113 Così X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 47 e il richiamo di R. T. TROPLONG, Il diritto civile spiegato secondo l’ordine del codice. Della prescrizione, Palermo, 1857, p. 58 ss.; v. inoltre P. PONT, in X. XXXXXXX - P. PONT, Spiegazione teorico-pratica del codice Xxxxxxxxx, Xxxxxxx, 0000, vol. IV, t. III, p. 171.
Troplong avverte chiaramente che il «bandolo per intendere il signi- ficato dell’art. 2279 del Code civil è la presenza di un terzo» 114 . Presupposto per la sua applicazione sono tre circostanze: «che il mobile sia passato in più mani, che un terzo acquirente sia interessato alla pretesa del proprietario non più possessore e che, infine, il vecchio proprietario eserciti un’azione reale». Soltanto in questo caso il legislatore fa prevalere il possesso sulla proprietà e suscita un ostacolo contro la rivendica, il che significa che la regola non è mai invocabile
«dall’acquirente contro lo stesso alienante: e, per usare un’espressione moderna, non svolge alcun ruolo nell’acquisto a domino del bene»115.
Beni mobili e
regole di circolazione
Questo antecedente storico aiuta a comprendere il significato e la ratio dell’art. 1153 che non «muta il contenuto del consenso traslativo» ma lo completa in relazione ad una particolare categoria di beni che richiede una peculiare regola di circolazione116.
Il consenso è idoneo a trasferire un diritto che instaurerà fra le parti una relazione capace di attribuire all’acquirente alcuni poteri e corrispondenti doveri. Nell’atto traslativo emergono due aspetti, oggetto di una diversa valutazione della legge: fra le parti è sufficiente il consenso per l’acquisto, nei confronti dei terzi la norma antepone il possesso in buona fede alla proprietà. Nell’esame della situazione di chi ha acquistato in virtù del solo accordo, la ricerca è viziata sovente da un equivoco sul significato dell’assolutezza del diritto trasferito, che attribuirebbe, si osserva, una situazione per sua natura opponibile ai terzi. Di qui, da un lato, l’idea che il consenso non possa che trasferire il bene erga omnes, e dall’altro, i dubbi su un diritto, trasmesso, ma tanto relativo o provvisorio da non potersi qualificare come proprietà117.
Come precisato, occorre considerare, invece, che l’opponibilità attiene al piano del fatto e non delle situazioni soggettive; non è attributo dei diritti assoluti, i quali sono tali in virtù della peculiare struttura del
114 R. T. TROPLONG, Il diritto civile spiegato secondo l’ordine del codice, Della Prescrizione, cit., p. 675.
115 X. X. XXXXXXXXX, xx. xxx., x. 00; in senso opposto, P.G. MONATERI La sineddoche, cit., p. 458; X. XXXXXXX, Contratto di alienazione e titolo dell’acquisto, Milano, l974, pp. 2l, 130.
116 La preferenza tra successivi acquirenti di un bene mobile non è sempre e soltanto assicurata dall’art. 1153 c.c.; se così fosse la norma potrebbe costituire una deroga all’art. 1376 c.c., ma non è così. Se il proprietario trasferisce il bene a più acquirenti, il primo fra di essi prevale sugli altri se riceve la consegna del bene ed è irrilevante che nel periodo fra l’alienazione e la traditio egli conosca altre alienazioni fatte dal dominus. La titolarità del diritto reale sul bene e del diritto alla consegna sono sufficienti a costituire una fattispecie traslativa inattaccabile. Così X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 202.
117 X. XXXXXXX, Consenso traslativo e circolazione dei beni, cit., p. 97.
rapporto e non della sua proiezione all’esterno. Questa non dipende dalla natura del diritto, ma dalla corrispondenza del titolo di acquisto ad un determinato schema normativo.
Quando il soggetto difende il bene da altrui ingerenze, del resto, esercita il potere che ha ognuno di tutelare la propria sfera giuridica, correlativo al dovere generale di astenersi dal turbare l’altrui posizione soggettiva (sia essa assoluta o relativa).
L’indagine sulla situazione trasferita va, allora, condotta in relazione ai soggetti, all’oggetto, al contenuto e non alla sua opponibilità. Occorre richiamare, insomma, la distinzione fra l’insieme delle facoltà che costituiscono il contenuto del diritto e l’opponibilità del titolo. Chi acquista un bene in virtù del semplice accordo è titolare di un diritto assoluto sicché, tra le facoltà che può esercitare, vi sarà il godimento, la disposizione e la difesa reale della cosa, mentre graverà su tutti i terzi un dovere di astensione. Ma queste sono connotazioni del diritto trasferito e non del titolo.
Si comprende, quindi, come l’art. 1376, nel disciplinare il trasferimento della proprietà per effetto del consenso, risolva un solo lato del problema posto dall’atto traslativo e cioè la successione nel diritto reale, che riproduce nell’acquirente la posizione soggettiva dell’alienante. Il trasferimento del bene attribuisce certi poteri e doveri, perché il rapporto che si instaura fra alienante e acquirente, per la sua stessa struttura, comprende in sè determinate situazioni. Ma non si può affermare che il diritto sia opponibile a tutti coloro che non hanno trascritto l’atto di acquisto in un momento antecedente. Ragio- nando in tal modo si sovrappone al contenuto della relazione una qua- lifica che non gli appartiene e che non è prodotta dall’accordo, ma diretta- mente dalla legge, in presenza di un problema diverso da quello statico poc’ anzi indicato.
Al fine di rendere certe le relazioni intersoggettive, occorre disciplinare la prevalenza dell’atto costitutivo su altri incompatibili e la norma interviene con la pubblicità e il possesso, per assicurarne l’opponibilità, che è attributo non del diritto ma del titolo118.
Questa scelta normativa è tuttora funzionale agli interessi dell’homo economicus che necessita, oggi più di sempre, di un modo traslativo privo di formalità per acquisire alcuni poteri sulla res, salvo poi valutare, in base a indici diversi, l’opponibilità a terzi del titolo di acquisto. Il valore del principio consensualistico, dunque, si accentua con l’espandersi della circolazione mobiliare e degli strumenti
118 Così, ancora testualmente, X. XXXXXXX, op. cit., p. 99.
La scelta della Convenzione di Vienna
telematici di trasmissione della ricchezza, e questa corrispondenza non contrasta affatto con la tensione al confronto con principi e regole operazionali vigenti in altri ordinamenti119.
Come si è accennato sono due le peculiarità indiscusse del nostro sistema: la possibilità per il compratore, in virtù del solo accordo cum causa, di esperire l’azione di rivendica (senza che il venditore possa eccepire il mancato pagamento del prezzo), ed il passaggio del rischio in base alla regola res perit domino, indipendentemente dalla consegna120. Tali differenze non devono essere esasperate ma neppure trascurate. Una prospettiva attenta alla ricerca di categorie capaci di porsi «a cavalcioni delle frontiere» 121 per ricercare soluzioni comuni ai vari ordinamenti, non può liberarsi dal principio e rinviare solo ad analisi di settore122. In tal modo si propone una soluzione in contrasto con il sistema e dannosa perché si priva l’interprete di un orientamento che il codice fornisce e non è in tal modo che si è raggiunta una soluzione uniforme per la vendita internazionale di cose mobili123.
La Convenzione evita di prendere posizione in merito ai diversi regimi e, considerata l’estrema difficoltà di costruire un insieme di regole uniformi per il momento traslativo della proprietà, disciplina il momento della consegna come atto semplificato nella struttura e idoneo nella sua analitica previsione a disciplinare il passaggio dei rischi. Senza individuare il momento traslativo della proprietà la legge scompone, in sequenze diverse, il comportamento delle parti e precisa i fatti cui seguono gli effetti fondamentali della liberazione del venditore dal suo obbligo e del passaggio dei rischi124.
Questo metodo, che ha avuto successo, induce ad una valutazione positiva di ulteriori interventi normativi settoriali capaci di realizzare l’uniformità.
119 V. P. SPADA, L’efficacia del consenso traslativo nella circolazione dei titoli azionari, cit., p. 465 ss.
120 v. X. XXXXXXXX, Obbligazione di dare e trasferimento della proprietà, cit., p. 54 ss.; X. XXXXX, Il trasferimento della proprietà mobiliare, cit., p. 132 ss.; ID., Relazione di sintesi, in Vendita e trasferimento della proprietà, cit., p. 900.
121 X. XXXXX, Il trasferimento della proprietà mobiliare, cit., p. 132 ss.
122 X. XXXXXXX, op. cit., p. 692.
123 V. sul punto X. XXXXXXXXX, Convenzione di Vienna sui contratti di vendita internazionale di beni mobili, in Le nuove leggi civili commentate, 1989, p. 9 ss.; ed ivi sulla funzione della consegna, X. XXXXXXX Commento all’art. 31, p. 124 ss.
124 v. X. XXXXXXXX, Consegna e proprietà nella vendita internazionale, Milano, 1979; M.T. XXXXXX, voce Vendita (disciplina internazionale), in Enc. giur., XXXII, Xxxx, 0000.
Common Frame of Reference
Una scelta analoga sta a fondamento dei principi contenuti nel Draft of Common Frame of Reference ove si disciplinano autonomamente gli effetti del passaggio del rischio (ovvero: “la perdita o il danneggiamento dei beni incorsi dopo il passaggio del rischio in testa al compratore non esonerano quest’ultimo dall’obbligo di pagare il prezzo, a meno che siano dovute ad atto od omissioni del venditore”), svincolato dal momento traslativo (Libro IV, Capitolo 5, art. IV.A. – 5:101 ss.). Più precisamente si stabilisce che il rischio “passa quando il compratore prende possesso dei beni o dei documenti che li rappresentano. Nel caso di contratti aventi ad oggetto beni non identificati, il rischio non si trasferisce al compratore finché i beni non sono chiaramente identificati, sia attraverso la loro individuazione, il trasporto dei documenti, comunicazione resa al compratore o in altro modo” (IV.A.
– 5:102).
4.4. L’acquisto dei titoli di credito
L’acquisto dei titoli di credito è uno dei problemi più controversi; dubbio è il ruolo del consenso125 nella conclusione del contratto, che per alcuni avrebbe natura reale 126 , e assai discusso è il momento traslativo della proprietà127.
125 Sulla operatività anche in tale settore del principio consensualistico, oltre al classico saggio di X. XXXXXXX, (Il trasferimento dei titoli di credito, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1950, p. 30 ss.), v. da ultimo X. XXXXXXXXXX, I titoli all’ordine, in Commentario del codice civile, a cura di X. XXXXXXXXXXX, Milano, 1991, p. 103 ss. e X. XXXXX, Introduzione al diritto dei titoli di credito, cit., p. 43 ss.; ID., L’efficacia del consenso traslativo nella circolazione dei titoli azionari: proposte per ripensare un problema, cit., p. 465 ss.
126 X. XXXXXXX, La regola «possesso vale titolo» nella circolazione dei titoli di credito e i rapporti fra l’art. 1994 e l’art. 1153 c.c., in Banca, borsa, tit. cred., 1949, I, p. 31 ss. e già X. XXXXXXXXX, Titolarità e costituzione del diritto cartolare, in Riv. dir. comm., 1932, I, pp. 3, 31; X. XXXXXXX, Xxxxxx di credito, Padova, 1961, p. 61 ss.
127 Di recente l’analisi è stata sollecitata da una fattispecie giurisprudenziale che è opportuno richiamare come ausilio alla trattazione del problema (Cass., 5 settembre 1995, n. 9314, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, II, p. 130).
A vende dei titoli azionari a B, senza consegnarli, e poi vende e consegna gli stessi titoli a C. B aveva nelle more del secondo trasferimento comunicato a C il proprio anteriore acquisto. B chiede al Tribunale un sequestro giudiziario che viene concesso ritenendo che 1) il contratto di cessione sia consensuale 2) B sia divenuto proprietario in virtù del consenso 3) si controverta, dunque, su di una questione dì proprietà dei titoli (670 c.p.c.).
Diversa doveva essere la decisione se si reputa che il contratto di cessione abbia natura reale. Il contratto fra A e B avrebbe solo natura obbligatoria, B non avrebbe acquistato la proprietà e non potrebbe vantare una pretesa dominicale sicché il sequestro non poteva essere concesso. Ancora diversa nelle due ipotesi sarebbe la posizione delle parti. Se il contratto traslativo ha struttura reale il primo atto non si è perfezionato e C
Le previsioni del codice. Incertezze
È noto che l’essenza della categoria titoli di credito consiste in un documento che incorpora un diritto: gli artt. 1992 ss. c.c. disciplinano il trasferimento del documento cartaceo, rendendo così possibile l’acquisto e la circolazione del diritto rappresentato nel titolo con la sicurezza e la rapidità tipiche della circolazione delle cose mobili, a tutela degli interessi dell’avente causa e della sicurezza di circolazione del titolo stesso. Si ricorda brevemente, infatti, che: il possesso del documento, con le formalità previste per i titoli all’ordine o nominativi, legittima il possessore all’esercizio della pretesa in esso contenuta (art. 1992 c.c.); il possessore in buona fede del titolo di credito non può essere soggetto a rivendicazione (art. 1994 c.c.); il creditore può opporre al debitore le sole eccezioni a questi personali; sono inopponibili le eccezioni relative ai rapporti personali con i precedenti possessori del titolo e quelle a fondamento della pretesa menzionata sul titolo medesimo (c.d. principio di autonomia, ex art. 1993 c.c.).
Essenziale e preliminare è, dunque, il problema della consensualità o realità del contratto traslativo, sul quale anche di recente la dottrina si è divisa in modo netto. Da un lato, la tesi consensualistica è sostenuta sino alle sue estreme conseguenze logiche128, dall’altro, autori che in passato avevano motivato con rigore tale tesi sostengono oggi la teoria opposta129.
Nel codice non esistono dati esegetici certi.
L’art. 2003 riproduce nella sostanza l’art. 169, c. 4°, dell’abrogato codice di commercio ed afferma che il trasferimento del titolo al portatore si opera con la consegna. Se la norma si esamina nel
acquista a domino. Nessun rilievo avrà la buona o mala fede, ai fini dell’acquisto, essendo lo stato soggettivo rilevante solo nel caso di acquisto a non domino. B avrà azione personale contro A (e contro C solo se sia ipotizzabile un concorso nell’adempimento), ma non avrà azione reale contro C. Né è applicabile l’art. 1155 giacché questo si riferisce ad un acquisto a non domino, e in tal caso manca invece una precedente alienazione. Radicalmente diversa è la soluzione se si ammette che il contratto traslativo fra A e B si perfeziona, non con la consegna, ma con il consenso. B avrà acquistato la proprietà, C, a sua volta, acquista da A che non è più proprietario e potrà invocare a proprio favore l’art. 1994 c.c. solo se ignorava il precedente acquisto di B.
Su tale caso e per una ricostruzione diversa v. X. XXXXXXX, Sulla circolazione dei titoli di credito, in Contratto e impresa, 1987, p. 387; ID., Effetti del contratto, in Commentario del codice civile Scialoja e Branca, a cura di X. XXXXXXX, Bologna-Roma, 1993, p. 119 ss.; X. XXXXX, L’efficacia del consenso traslativo, cit., p. 465.
128 v. X. XXXXXXXXXX, Il trasferimento del titolo di credito e l’opponibilità ai creditori, in Banca, borsa, tit. cred., 1982, I, p. 957 ss.
129 v. X. XXXXXXX, Sulla circolazione di titoli di credito, cit., p. 385, e X. XXXXXXXXX, Lo sconto dei crediti o dei titoli di credito, Milano, 1984, pp. 536 ss., in partic. p. 536 ss.
La tesi realista e quella consen- sualista
contesto in cui si inserisce, non appare chiaramente se la legge ha
voluto disporre una deroga all’art. 1376.
Il riferimento alla consegna sembra acquistare un suo preciso significato a confronto con gli artt. 2011 e 2022. Dall’art. 2003 si ricava che per i titoli al portatore non occorre «quella speciale documentazione richiesta invece per i titoli all’ordine e nominativi». Per questi ultimi la cessione si opera rispettivamente con la girata e l’iscrizione, mentre tali documenti non sono necessari ai sensi dell’art. 2003 il quale esige, appunto, solo la consegna del titolo.
La lettera della legge, si presta, insomma, a diverse letture e in assenza
di un’ esplicita normativa si giustificano varie costruzioni130.
Gli autori che propendono per la realità del contratto non traggono per lo più argomenti da tale norma, ma svolgono motivazioni complesse, unificate da un dato comune: la stretta connessione che esisterebbe nella struttura dei titoli di credito fra la titolarità e la legittimazione. Si reputa contrario alla natura dell’istituto un passaggio di proprietà privo del possesso qualificato del documento, giacché solo con esso l’acquirente può giovarsi dell’art. 1994 e ha nelle mani un titolo di credito. Storia e dogma impedirebbero di tener distinte, in questa categoria di beni, le due qualifiche e di qui la necessità del possesso per il trasferimento della proprietà131.
Gli Autori che reputano applicabile, anche al trasferimento dei titoli di credito, l’art. 1376 c.c. (e, quindi, la regola della consensualità) muovono, invece, da un’idea opposta. Il diritto incorporato nel documento si trasferisce secondo la legge di circolazione della cartula quale bene mobile e rispetto ad essa una cosa è l’acquisto della proprietà, ed altro è l’acquisto della legittimazione132.
La teoria realista non risulta convincente per almeno due motivazioni. È da escludere anzitutto che la circolazione del titolo assuma l’unico significato di circolazione della legittimazione, «sicché si possa ipotizzare quella logica corrispondenza fra possesso qualificato e traditio come modo di perfezionamento del contratto traslativo». Titolarità e legittimazione possono separarsi ed è possibile, seppure con i limiti insiti nell’art. 1994, far valere un’ appartenenza del titolo
Valutazioni critiche
130 V. sul punto X. XXXXXXX, Consenso traslativo e circolazione dei beni, cit., p. 117 ss.
131 V. L. XXXXXXX, La regola «possesso vale titolo», cit., p. 28; X. XXXXXXX, Xxxxxx di credito, cit., p. 65 e di recente X. XXXXXXXX, La circolazione della partecipazione azionaria, in Trattato delle società per azioni, a cura di Colombo-Portale, Torino, 1991, p. 101 ss. v. da ultimo A. DONATI, I titoli di credito nella teoria del negozio giuridico, Napoli, 1999.
132 V. in particolare X. XXXXXXX, Il trasferimento del titolo di credito, cit., p. 90 ss.
priva di possesso, provando il fatto costitutivo del proprio diritto133. Se così è, la legittimazione è sufficiente ma non necessaria per l’esercizio del diritto e «vien meno così quel legame su cui si vuol fondare una deroga al principio dell’art. 1376»134.
D’altra parte le teorie realiste sono in difficoltà nel precisare il valore da attribuire all’accordo delle parti di trasferire il titolo non seguito dalla traditio.
Escluso che la sequenza contratto obbligatorio-obbligo di consegna sia conciliabile con la nozione di contratto reale135, si ipotizza da altri
La tesi del tertium genus
Valutazioni
critiche
un tertium genus fra il procedimento consensuale e reale nella conclusione del contratto traslativo dei titoli di credito. In tal caso l’accordo senza la consegna produrrebbe solo effetti obbligatori, attribuendo all’acquirente il diritto al trasferimento della proprietà e al venditore l’obbligo di compiere l’attività necessaria per quel risultato136.
La tesi seppur suggestiva non è coerente, si osserva, con il nostro diritto positivo, per il quale l’effetto reale si produce immediatamente. Può realizzarsi in un momento successivo quando esiste una circostanza che lo rende allo stato impossibile ma tale conseguenza è sempre riconducibile al consenso delle parti, mentre le attività esecutive «poste in essere dal venditore non si pongono come tramite tra il contratto e l’ effetto reale se non in linea di mero fatto» 137 . Almeno nel senso che l’atto di disposizione non ha causa autonoma nel trasferimento, ma è sempre necessaria un’oggettiva giustificazione
133 v. X. XXXXX, L ‘efficacia del consenso traslativo, cit., p. 465 ss., il quale osserva che se la legittimazione è intesa come funzione di titolarità ciò significa che è possibile fornire diversamente la «prova del fatto costitutivo del proprio diritto». Tale prova subisce delle limitazioni perché l’acquisto consensuale senza la traditio non esclude che un terzo si sia impossessato in buona fede della res e ne sia divenuto titolare ex art. 1994.
134 v. ancora X. XXXXX, op. ult. cit., p. 465 e X. XXXXXXX, op. ult. cit., p. 123.
135 V. in particolare, X. XXXXXXXXXX, I contratti reali, Milano, 1952, p. 3 ss.; X. XXXXXX, I contratti reali, Milano, 1975; X. XXXXXXXXX, Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969, p. 75 ss.; X. XXXXXXX, Mutuo e deposito irregolare, I, La costituzione del rapporto, Milano, 1968, p. 201; D. DI GRAVIO, Teoria del contratto reale e promessa di mutuo, Milano, 1989, p.
80. Su tale iter del pensiero mi permetto ancora di rinviare a X. XXXXXXX, op. cit., pp. 124, 130 ss.
136 V. in particolare, X. XXXXXXXXX, Titolarità e costituzione del diritto cartolare, cit., p. 193; X. XXXXXXXXXX, Teoria giuridica della circolazione, Padova, 1939, p. 193; X. XXXXXXX, Titoli di credito, cit., p. 59; X. XXXXXXX, Sulla circolazione del titoli di credito, cit., p. 390.
137 v. X. XXXXXXXXXX, Il trasferimento della cambiale, cit., p. 74; A. DI MAJO, L ‘esecuzione del
contratto, Milano, 1967, p. 324.
presente nel negozio fondamentale 138 . Del resto, si rileva come la difficoltà di individuare soluzioni eclettiche volte a conciliare realità e consensualità nella conclusione del contratto, emerga dallo stesso sistema che considera i due procedimenti alternativi e tipiche le ipotesi di contratti reali139.
A conferma delle tesi consensualistiche si richiama una giurisprudenza 140 e, in particolare, una sentenza sul contratto di sottoscrizione di nuove azioni emesse in sede di aumento di capitale141. La motivazione è lineare; si muove dalla constatazione che la lettera dell’art. 2439, c. 1°, non è univoca e ci si chiede se la garanzia di serietà della sottoscrizione dell’aumento (nei riguardi sia dei soci della società che dei terzi) può essere soddisfatta con il modello del contratto reale o del contratto consensuale e si reputa esistano «fattori di ragionevole orientamento verso l’interpretazione consensualistica dell’art. 2439, sia nell’ipotesi simile dell’art. 2329» (entrambe le norme prevedevano il versamento dei tre decimi del valore nominale delle azioni sottoscritte; dopo la riforma del diritto societario del 2003, il valore è divenuto il 25%) sia nel principio espresso dall’art. 1376 «vera e propria via maestra nella produzione degli effetti giuridici» che le parti non potrebbero derogare creando modelli reali atipici 142 . Un’analisi di settore priva di criteri di interpretazione sistematica è rifiutata nettamente dai giudici. I quali avvertono la necessità di precisi criteri di orientamento, forniti tuttora, si osserva, dal principio consensualistico che non è nè declamazione inutile né, al contrario, dogma assoluto ma riveste un ruolo importante e decisivo tutte le volte che si debba risolvere un problema di produzione degli effetti giuridici. Ad esso dunque è attribuito un valore ordinante sia nella
138 V. L. MENGONI - X. XXXXXXXXX, voce Disposizione (atto di), in Enc. dir., Milano, 1964, XIII, p. 190; diversa la posizione di X. XXXXX, La compravendita e la permuta, in Tratt. dir. civ., (fondato da) X. Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, x. 0 xx.; ID., Il contratto, Milano, 1955, p. 310. 139 L’obbligo di consegna in esecuzione di un accordo obbligatorio indurrebbe a creare un tertium genus fra un elemento essenziale alla conclusione del contratto ed uno necessario invece alla sua esecuzione fino a negare la stessa categoria della realità. x. X. XXXX, Recensione a Rubino (La responsabilità patrimoniale, Il pegno, Torino, 1943) in Riv. dir. comm., 1943, II, p. 106 e di recente D. DI GRAVIO, Teoria del contratto reale e promessa di mutuo, cit., p. 126.
140 Cass. 5 settembre 1995, n. 9314, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, II, p. 130 in base alla quale il «transfert» nella compravendita di azioni sociali è necessario solo per l’acquisto della legittimazione, e l’iscrizione nel libro dei soci ha funzione «certificativa ed esecutiva»; Trib. Torino 1995, in Società, 1995, 1601 (con nota di X. Xxxxxx).
141 X. Xxxx., 00 gennaio 1996, n. 611, in Foro it., 1997, I, c. 1247 la cui massima stabilisce che “il contratto di sottoscrizione di nuove azioni emesse in sede di aumento di capitale ha natura consensuale e non reale”.
142 Cass. 26 gennaio 1996, cit., p. 1248. V. anche Cass., 7 giugno 1999, n. 5550 in Fall.,
2000, p. 498, che reputa applicabile in via di principio l’art. 1376 alle vendite forzate.
conclusione del contratto, ove può essere escluso solo da un’espressa disposizione di legge, sia nella produzione dell’effetto reale.
A ben vedere, la natura consensuale di tale contratto è stata ribadita dalla giurisprudenza più recente: in una fattispecie riguardante la sottoscrizione dell’aumento di capitale a seguito di perdite, la Cassazione ha ritenuto perfettamente compatibile l’obbligo di versamento conseguente alla sottoscrizione medesima con la consen- sualità del contratto, trattandosi di momento esecutivo e non perfezionativo dello stesso143.
Resta da precisare se il principio consensualistico e la regola dell’art. 1376 sia
inderogabile, ma di ciò ci occuperemo più avanti.
Come si è già ricordato il consenso non produce effetti negoziali nei confronti dei terzi e non è sufficiente di per sè a disciplinare la circolazione dei beni. L’accordo relativo al trasferimento senza la traditio determina l’acquisto del diritto in capo al compratore che può rivendicarlo e difenderlo in giudizio con un’azione cautelare. Il suo titolo non è opponibile e cioè non è in grado, di per sé, di prevalere su altri incompatibili. Perché ciò si realizzi occorre che l’atto assuma un grado di rilevanza che deriva direttamente dalla norma e non da un accordo delle parti inidoneo ad incidere sulla circolazione del bene144. La legge dà risposte diverse ai diversi problemi di rilevanza del titolo ed occorre trattare separatamente del contrasto fra più acquirenti dal medesimo autore e della posizione dei creditori dell’alienante e dell’acquirente.
143 Cass., 19 aprile 2000, n. 5190, in Società, 2000, p. 1088, nota di FICO, ha stabilito che “la reintegrazione del capitale di una società in caso di perdite postula nuovi conferimenti, che possono essere effettuati dai vecchi, come dai nuovi soci nel caso in cui i primi abbiano rinunciato all’esercizio del diritto d’opzione o siano stati, per altro verso, privati della possibilità di esercitare tale diritto; l’operazione – che richiede il concorso della volontà della società (manifestata attraverso la delibera di emissione delle nuove azioni) e dei soci (espressa con la sottoscrizione delle azioni emesse) – si configura come «contratto consensuale»; deve quindi ritenersi che essa si perfezioni per effetto del consenso legittimamente manifestato dalle parti, e che – conseguentemente – il versamento del prezzo di emissione rilevi quale adempimento di un impegno contrattuale già assunto, e non già quale elemento integrante della fattispecie costitutiva...”.
144 V. G. XXXXXXX, op. ult. cit., pp. 54 ss., 94 ss. La critica di «dogmatizzare» (v. C.M. XXXXXX, op. cit., p. 10) non mi sembra convincente. La distinzione fra successione nel diritto rimessa all’autonomia delle parti e opponibilità del titolo indica, a mio avviso, una diversa valutazione dell’atto da parte dell’ordinamento per risolvere problemi diversi. I privati non possono incidere sulla legge di circolazione mentre hanno piena libertà di disporre la successione nel diritto reale la cui circolazione appunto risponde ad una logica diversa e ulteriore. x. X. XXXXXXX, xxxx opponibilità, cit.
Quanto al primo aspetto non è utilizzabile la formalità prevista per la cessione dei crediti perché il diritto positivo indica una soluzione diversa per evitare la coesistenza di regole difformi per la soluzione dello stesso conflitto145.
Esclusa tale possibilità occorre distinguere ipotesi diverse: se il secondo acquirente riceve il possesso in conformità con la legge di circolazione del titolo, ai sensi dell’art. 1994, prevarrà sull’altro. In caso contrario la soluzione è più complessa. Xxxxxx è l’utilizzo dell’art. 1155 che applica in concreto l’art. 1153 c.c. ad un conflitto di diritti e non di titoli provenienti da un unico dominus, che è appunto il nostro caso. Poco convincente è il ricorso alla priorità temporale dell’atto giacché nei titoli all’ordine e al portatore esistono indici normativi per una soluzione diversa.
La consegna del documento può in tal caso (come risulta dall’art. 2015 che richiama gli effetti e non la forma ordinaria della cessione) svolgere la funzione di pubblicità del trasferimento eliminando, fra l’altro, la possibilità che la cartula possa essere acquisita da un terzo in buona fede ai sensi dell’art. 1994. In alternativa varrà il criterio della priorità dell’acquisto con data certa ed in entrambi i casi sarà irrilevante la buona fede di chi prevale, salvo un’azione di responsabilità a suo carico.
Regola diversa vige per i titoli nominativi per i quali si ha una diversa funzione del documento. Basta pensare che l’acquirente può legittimarsi richiedendo l’annotazione del suo acquisto nei registri dell’emittente, il quale può essere tenuto anche al «rilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo titolare». Ne segue che il rilievo del documento è nei due casi diverso e diverso è, quindi, il criterio di opponibilità che sarà per i titoli nominativi rimesso alla priorità dell’acquisto in mancanza dei presupposti richiesti dall’art. 1994. Soluzione che in mancanza di indici normativi espressi può estendersi anche ai titoli impropri146.
Più delicato è il conflitto fra acquirente o alienante del titolo ed i rispettivi creditori. Il legislatore prevede regole distinte in base alla natura del credito e si richiede, a volta a volta, la consegna (2914), la data certa (art. 5, l. 22 febbraio 1991, n. 52) ed altra formalità che potrà
145 v. X. XXXXXX LA ROSA, Sul conflitto fra due acquirenti di uno stesso titolo nominativo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1953, p. 658; C.M. XXXXXX, Alienazione dei titoli di credito ed efficacia nei confronti dell’alienante, cit., p. 145.
146 V. per una analisi di tale aspetto X. XXXXXXX, Consenso traslativo e circolazione dei beni, cit., pp. 140-143.
xxxxxxxsi, nel dubbio, da un’analisi attenta dell’art. 2914 che può
riferirsi ancora alla ipotesi della circolazione di titoli di credito147. Molte incertezze peraltro possono essere risolte a seguito del processo di dematerializzazione dei documenti cartacei nelle varie forme di gestione accentrata dei titoli ove l’operazione contabile di annotazione assume la veste di formalità idonea a risolvere i vari conflitti148. Si tratta di un’innovazione introdotta ad opera del D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213 riguardante, appunto, la dematerializzazione degli strumenti finanziari (categoria più ampia dei titoli di credito e che comunque comprende le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali, nonché le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali) con la quale viene sancita l’interruzione del collegamento – qualificante la nozione stessa di titolo di credito – tra il diritto incorporato nel titolo e la consistenza cartacea dello stesso149: gli strumenti finanziari dematerializzati infatti non soggiacciono più alla disciplina codicistica dei titoli di credito. Più precisamente, si introduce un regime diversificato tra: dematerializzazione obbligatoria per gli strumenti finanziari destinati alla negoziazione sui mercati regolamentati e dematerializzazione volontaria in forza della quale
147 V. G. XXXXXXX, op. cit., pp. 145-147.
148 V. in particolare su tale fenomeno, X. XXXXXXXXX, Xxxxxx di credito, Milano, 1997, ID., voce Titoli di credito in genere, in Enc. dir., Milano, XLIV, p. 572; ID., voce Titoli in gestione accentrata (Monte titoli), in Enc. dir., Milano, XLIV, p. 638; X. XXXXX, La gestione centralizzata dei titoli di Stato e il diritto comune dei titoli di credito, in Riv. dir. comm., 1993, I, p.785.
149 Si è discusso in dottrina in ordine alla possibilità di qualificare in termini di “titolo di credito” i titoli dematerializzati a fronte del venire meno dell’incorporazione della pretesa nel documento. Da un lato, vi è chi rileva l’essenzialità di tale elemento e, dunque, l’impossibilità di qualificare gli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni titoli di debito) dematerializzati quali titoli di credito (X. XXXX, Tramonto dei titoli di credito di massa ed esplosione dei titoli di legittimazione, in Riv. dir. civ., 1998, p. 647; X. XXXXXXXX, La legge sulla dematerializzazione degli strumenti finanziari: tecniche giuridiche ed obiettivi, in Foro it., 1998, V, p. 309; G. DI CHIO, voce Titoli atipici, in Dig. comm., XV, Torino, 1998, p. 402). Da altri, si osserva invece che “la reificazione della situazione soggettiva nel documento non è fenomeno naturale; la situazione soggettiva non sta mai "dentro" il veicolo cartaceo. La reificazione o incorporazione si risolve in una espressione metaforica che indica, plasticamente, un particolare collegamento di una situazione soggettiva a un documento in conseguenza dell’applicazione di una particolare disciplina. Con un diverso intervento legislativo un altro ma equivalente tipo di collegamento può essere dunque creato” (X. XXXXXXXX, Titoli di credito e strumenti finanziari, Milano, 1999, p. 105). In altri termini, la dematerializzazione rappresenta semplicemente una tecnica nuova giustificata da esigenze di velocità e sicurezza nella circolazione dei diritti di credito per effetto della quale al documento cartaceo si sostituisce una iscrizione contabile.
«l’emittente strumenti finanziari può assoggettarli alla disciplina» della dematerializzazione (art. 28 c. 3 D.Lgs. 213/1998)150.
Ai fini che qui interessano, va precisato che l’esecuzione del trasferimento e l’esercizio dei diritti patrimoniali degli strumenti finanziari possono effettuarsi soltanto tramite intermediari autorizzati attravero la registrazione contabile su appositi conti tenuti dalla società di gestione accentrata a nome dell’intermediario stesso. Per effetto di tale iscrizione, il titolare del conto ha legittimazione piena ed esclusiva all’esercizio dei diritti relativi agli strumenti finanziari registrati: inoltre colui il quale ha ottenuto la registrazione in suo favore, in base a titolo idoneo ed in buona fede, non è soggetto a pretese o azioni da parte di precedenti titolari.
Contratti traslativi e trascrizione
4.5. Gli acquisti di cose immobili e la trascrizione
Il confronto fra l’art. 1376 e l’art. 2644 c.c. è uno dei temi più discussi della dinamica del trasferimento, tanto da suscitare in alcuno una sbrigativa insofferenza 151 . Pure una posizione sul punto non può essere esclusa per comprendere e valutare il valore del principio consensualistico e con questo limitato intento è opportuno richiamare, con ampi rinvii, i soli termini del problema.
Parte della dottrina reputa che il contratto traslativo privo della trascri- zione non abbia piena efficacia reale 152 , altri spiegano l’apparente contrasto fra le due norme distinguendo il potere di disposizione dell’acquirente dalla sua legittimazione 153 , altri ancora considera la trascrizione una condicio iuris idonea a risolvere ogni acquisto precedente154.
L’idea dell’inefficacia relativa del contratto non spiega del tutto la
coesistenza delle due norme stante la difficoltà di giustificare un
150 Vi è poi la dematerializzazione obbligatoria stabilita tramite Regolamento Consob (già con deliber. n. 11768 del 23 dicembre 1998) che prescrive altresì specifiche condizioni. 151 X. XXXXXXX, op. ult. cit., p. 691.
000 X. X. XXXXXXXX, Xxxxx xxxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 413 ss.; M. COMPORTI, Xxxxxxx reali in generale, cit., p. 99; X. XXXXXX, La trascrizione, Milano, 1973, p. 119; X. XXXXXXX, voce Inefficacia (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, p. 353.
153 X. XXXXXXXXX, Considerazioni sul potere di disposizione, in Riv. dir. comm., 1940, I, p. 529; ora in Diritto civile, Metodo, Teoria e Pratica, Milano, 1951, p. 344; ID., La trascrizione. La pubblicità in generale, in Trattato di diritto civile e commerciale, a cura di X. Xxxx-X. Xxxxxxxx, Milano, 1957, pp. 307,434.
154 X. XXXXXXX, Per la storia della pubblicità immobiliare e mobiliare, cit., p. 239; v. altresì, SALV. XXXXXX, Aspetti soggettivi dei diritti sulla cosa, in Scritti minori, I, Milano, 1981, p.423; e da ultimo X. XXXXXXX, La trascrizione immobiliare, I, Milano, 1991, p. 471.
effetto che si produce o non si produce «a seconda dei soggetti rispetto ai quali viene in considerazione»155.
Xxxxx poco convincente è l’idea che l’acquirente, in quanto ancora legittimato «possa costituire a favore di altri un titolo ulteriore» non foss’altro perché la successiva alienazione è un atto illegittimo che è difficile qualificare come idonea manifestazione di volontà 156 . Coerente e assai ben articolata è l’idea che il primo acquirente sia titolare di un «diritto reale valevole erga omnes ai sensi dell’art. 1376 c.c. ma sottoposto, ex lege, alla condizione risolutiva dell’eventuale prioritaria trascrizione di un altro successivo acquisto di un terzo»157. Tale valutazione suscita peraltro perplessità per la qualificazione del contratto di trasferimento come fatto semplice su cui incide l’evento risolutivo della trascrizione.
La dottrina francese più recente158 ha del tutto chiaro che la vicenda traslativa consta di fasi successive di portata distinta e indipendente e una parte della dottrina italiana più autorevole chiarisce che esistono due fattispecie collegate. Il contratto, che è fonte del mutamento giuridico e deve essere reso pubblico, e la pubblicità, che realizza la conoscibilità legale e la prevalenza del titolo su altri incompatibili159.
Ciò è coerente con il fatto che il legislatore deve risolvere non uno ma due problemi sottesi al trasferimento, l’acquisto del diritto e l’opponibilità del titolo, e ricorre dunque ad una doppia valutazione che non può essere ricondotta ad unità, per un ossequio ad un principio logico e ad un’astratta nozione di proprietà e di effetto reale.
È indubbio che una nozione compatta ed unitaria di proprietà non è mai esistita e tanto meno esiste oggi, anche se questa relativizzazione del concetto è intesa in modo diverso160. Al di là dei termini, ciò che conta è chiarire il ruolo che ha il contratto nel determinare la circolazione della res ed il senso della dissociazione della situazione dell’acquirente. Alcuno parla di una frantumazione delle situazioni
155 V. sul punto X. XXXXXXX, voce Inefficacia, cit., p. 350.
156 V. L. MENGONI, L’acquisto a non domino, Milano, 1949, p. 29.
157 V. per una compiuta ricostruzione di questa teoria X. XXXXXXX, op. ult. cit., p. 467.
158 V. in particolare, X. XXXXXX-LA CANTINERIE e X. XXXXX, Trattato teorico-pratico di diritto civile, Delle obbligazioni, I, Xxxxxx, x.x., x. 000 ss.; X. XXXXXXXXXX, Droit civil, 3, Les Biens, Paris, 1992, p. 197; X. XXXXXXXX, voce Publicité foncière, in Dalloz, 1988, p. 2; M. DAGOT, La pubblicité foncière, Xxxxx, 0000; X. XXXXX, Xxxxxxxx et Xxxxxx, Les suretés. La pubblicité foncière, Xxxxx, 0000; X. XXXXX, Les sûretés. La pubblicité foncière, Xxxxx, 0000; DUBERT, Le droit de disposer de l’immeuble, in Ètude Flour, Paris, 1979, p. 1 ss.
159 v. X. XXXXXXXXX, La trascrizione, cit., p. 234 ss.
160 V. soprattutto gli scritti di P. XXXXXX, Il Dominio e le cose, 1992, ed ivi, in particolare, Tradizione e modelli nella sistemazione post-unitaria della proprietà, p. 439 ss.; La proprietà e le proprietà nell’officina dello storico, p. 603.
domenicali di tal ché con il contratto traslativo si trasferirebbero solo alcune delle prerogative proprietarie e la tesi riesce sul piano logico ed operativo a porre in luce aspetti di rilievo 161 , anche se non spiega compiutamente la funzione della pubblicità e la natura dell’opponibilità.
Come si è precisato altrove la distinzione, nel momento traslativo, fra il diritto trasferito ed il fatto costitutivo aiuta a comprendere che la proprietà più che frantumata è oggetto di una duplice valutazione: come diritto trasferito e come oggetto dell’atto traslativo da cui discende l’opponibilità ai terzi dell’acquisto. Solo fra le parti si producono effetti (art. 1372 c.c.) che rispecchiano il contenuto della situazione trasferita e l’acquirente, in base ad un atto non trascritto, può godere, disporre e difendere il bene contro tutti coloro che non hanno trascritto, perché ciò dipende, come si è detto, dalle facoltà insite nella situazione trasferita162.
Nei confronti dei terzi l’atto non produce effetti ma è solo un fatto rilevante, presupposto di conseguenze giuridiche che si verificheranno in presenza di altre circostanze. Se è così, un terzo avente causa che per primo trascrive, completa una fattispecie acquisitiva inattaccabile. D’altra parte il dominus non ha consumato, nei confronti dei terzi, il suo diritto con l’atto dispositivo perché prima della trascrizione non è ancora definita la vicenda connessa all’atto traslativo.
Insomma, come precisato, la distinzione fra la sfera dell’efficacia del trasferimento, come regolamento impegnativo fra le parti, e dell’opponibilità del titolo di acquisto è tale da spiegare il fenomeno in modo coerente anche se resta in dubbio la natura derogabile o meno della regola prevista dall’art. 1376163.
000 X. X. XXXXX, Xx trasferimento della proprietà mobiliare, cit., p. 132 ss. e X. XXXXXXXX,
Obbligazione di dare e trasferimento della proprietà, cit., p. 54 ss.
162 X. XXXXXXX, Consenso traslativo e circolazione dei beni, cit., p. 94 ss. e, da ultimo, ID.,
Opponibilità, op. cit.
163 V. sul punto X. XXXXXXXXXXX, La prestazione dell’obbligazione di dare, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1947, p. 214 ss.; X. XXXXXXX, Principio consensualistico e conferimento di beni in società, in Riv. società, 1970, p. 913 ss.; X. XXXXXXXX, Obbligazione di dare e trasferimento della proprietà, cit., p. 169 ss.; X. XXXXXXX, Principio consensualistico e Abstraktionprinzip: un’indagine comparativa, in Contratto e impresa, 1992, p. 889; X. XXXXXXX, Principio consensualistico, produzione e differimento dell’effetto reale, in Contratto e impresa, 1998, p. 572 ss.; v. ID., Xxxxxxx e contratti traslativi. Il salto di differimento degli effetti reali, in Diritto privato. Casi e questioni, (a cura di) X. Xxxxxxx, Milano, 1998.
Graduazione
dell’effetto
reale.
5. Principio consensualistico e autonomia privata: la deroga- bilità
Per esaminare il ruolo che compete all’autonomia privata nel graduare la produzione dell’effetto reale occorre rivisitare le categorie della vendita obbligatoria e della vendita ad effetti differiti o sospesi alla luce, anche, delle più recenti novità normative.
È noto che la nostra vendita obbligatoria si caratterizza per la necessità che si verifichino, oltre al consenso, «fatti o atti ulteriori che consentano al contratto di produrre l’effetto reale». In ciò si distingue dal modello romanistico di alienazione, in vigore tutt’ora nel diritto tedesco, dalla quale «sorge un’obbligazione di dare (in senso tecnico), ossia di porre in essere un successivo distinto negozio traslativo di natura astratta»164.
Pur tuttavia anche nelle più risalenti opere di commento alla disciplina del codice civile non si è affatto esclusa la possibilità che i privati possano incidere nella configurazione di quell’evento ulteriore e necessario, oltre al consenso, per il verificarsi dell’effetto reale. Si sono distinte due figure. Una vendita necessariamente obbligatoria e una vendita volontariamente obbligatoria in cui le parti determinano «una integrazione o un particolare atteggiamento del sistema dei rapporti obbligatori da essa derivanti» sì da «subordinare all’esecuzione di quelli il subentrare dell’effetto peculiare della vendita (il trasferimento del diritto)»165. È noto, del resto, che l’eliminazione dell’obbligazione di dare, voluta dal legislatore francese e teorizzata dai commentatori dell’ottocento (promesse de vent vaut vent), è stata analizzata e svelata, in certi casi, come una pura declamazione166.
Xxxxx, però, su tali aspetti, nella giurisprudenza teorica e pratica, un contributo di decisiva chiarezza giacché la presenza di modelli legali di obbligazione di dare diversi dal contratto preliminare non consente, in sè, di ritenere ammissibile un potere illimitato dei privati di creare impegni al trasferimento di un bene, da attuare mediante un apposito ed autonomo negozio167. Almeno sinché non sia precisata la possibilità
164 v. X. XXXXXXXX, I contratti tipici e atipici, in Trattato di diritto privato, a cura di Iudica- Zatti, Milano, 1995, p. 78 ss.; v. altresì, C.M. BIANCA, La vendita e la permuta, in Trattato di diritto civile, fondato da X. Xxxxxxxx, II ed., Torino, 1993, p. 71 ss.
165 Così X. XXXXXXX, La vendita obbligatoria, Milano, 1957, p. 128; X. XXXXXXXX, La vendita obbligatoria, Milano, 2000, p. 32 ss.
166 v. per tutti P.G. XXXXXXXX, La sineddoche, cit., p. 458; X. XXXXXXXX, Obbligazione di dare e trasferimento della proprietà, cit., p. 69.
167 v. X. XXXXXXX, Principio consensualistico, produzione e differimento dell’effetto reale. I diversi modelli, cit., p. 391, che considera il negozio di trasferimento come «un contratto a causa
Tre ipotesi:
1. Atto unilaterale traslativo
di graduare volontariamente il prodursi dell’effetto reale e non si dia adeguata risposta al quesito sulla derogabilità o meno di quanto disposto dall’art. 1376 c.c.
Al di là delle ipotesi di vendita (con effetti obbligatori) previste dalla legge (vendita di cosa altrui, generica, futura) in cui l’effetto reale si verifica automaticamente senza necessità di un nuovo atto traslativo, si tratta di esaminare se i privati possano statuire ipotesi atipiche di promesse che necessitano per la produzione dell’effetto reale di un’ulteriore manifestazione di volontà o di un contegno volontario.
Le ipotesi su cui più si discute e che debbono essere oggetto di esame, sono essenzialmente tre: a) la possibilità di attuare l’obbligo di trasferire attraverso un apposito atto anche unilaterale ai sensi dell’art. 1333 c.c.; b) l’utilizzo della condizione per subordinare il trasferimento al pagamento del prezzo; c) la valutazione di negozi di adempimento di disposizioni fiduciarie.
a) Sul primo aspetto il nuovo art. 2645 bis c.c. offre un decisivo elemento di chiarezza quando prevede la possibilità di trascrizione di un atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare. Se la frase può far riferimento a figure contrattuali modificative ed estintive, certo è che il termine atto fa riferimento ad un atto unilaterale ed è un forte indizio per una rivisitazione del principio «in virtù del quale per il trasferimento della proprietà sarebbe sempre necessario l’accordo delle parti»168.
L’espressa menzione di un atto unilaterale di trasferimento è un’evolu- zione del sistema che resta sempre caratterizzato, peraltro, dall’esigenza di giustificazione causale della circolazione perché «la norma fa riferimento all’esecuzione di un preliminare trascritto» ed esige «un collegamento diretto fra obbligo di contrarre e adempimento traslativo». Da ciò può dedursi che la possibilità di una struttura
esterna» e ipotizza diverse sequenze di trasferimento che non costituiscono eccezioni al principio consensualistico «ma semplicemente modalità di una sua necessaria articolazione in ordine all’immediatezza o meno dell’effetto traslativo dovuto alla considerazione...della pluralità di funzioni cui la circolazione dei diritti si accompagna». Il sistema dunque consente, secondo l’A., «la libera disponibilità dell’immediatezza dell’effetto traslativo a condizione che questo risulti giustificato». Il principio consensualistico sarebbe soddisfatto «da quei fatti e da quelle operazioni regolamentate nel negozio che prevede e differisce il trasferimento (il negozio di mandato, quello costitutivo dell’obbligazione poi soddisfatta con una datio in solutum)».
168 X. XXXXXXX, op. ult. cit., p. 42; e con diversa impostazione X. XXXX, La trascrivibilità del preliminare, in Studium juris, 1997, p. 215 ss.; A. DI MAJO, La «normalizzazione» del preliminare, in Corr. giur., 1997, p. 132; X. XXXXXXXXX, La trascrivibilità del contratto preliminare, in Notariato, 1995, p. 337.
2. Il meccanismo condizionale
unilaterale dell’atto traslativo esige sempre un’expressio causae capace di
riferire l’adempimento traslativo al negozio fondamentale169.
b) Xxxxxx è stata a lungo la legittimità di condizionare il trasferimento al pagamento del prezzo. In dottrina si ammette tale possibilità ragionando sulla meritevolezza dell’interesse e sulla valutazione di convenienza (e non di mero arbitrio) del compratore a pagare il prezzo 170 . La condizione sarebbe così potestativa e non meramente potestativa. D’altra parte si manifesta una piena coerenza con il sistema di una vendita con efficacia obbligatoria, ossia di una promessa, anche condizionata, di «procurare allo stipulante» la proprietà di una cosa determinata 171 . Non manca chi esclude la possibilità di dedurre in condizione l’oggetto dell’obbligazione del compratore e reputa incompatibile il fenomeno condizionale con il differimento dell’effetto reale172.
In un primo tempo, la giurisprudenza ha seguito un iter incerto. Da un lato, si è osservato che la legge ha previsto un meccanismo consensuale «vera e propria via maestra nella produzione di effetti giuridici», e si esclude che le parti «possano ad esso derogare, creando un modello atipico»173 . Dall’altro, si è valutata in modo diverso la possibilità di subordinare la produzione degli effetti reali. Si è reputato, in un caso, utilizzabile la sola condizione risolutiva e non quella sospensiva «non potendosi subordinare all’avvenimento di un evento futuro ed incerto la produzione di quegli effetti reali che devono invece attuarsi come conseguenza immediata del consenso» 174 . Si considera in altre pronunzie «pienamente valida» l’apposizione di una
169 V. da ultimo, X. XXXXXXX, Principio consensualistico, produzione e differimento dell’effetto reale. I diversi modelli, cit., p. 591, e soprattutto X. XXXXXXXXXX, voce Causa, in Enc. dir., Milano, 1960, III, p. 547.
000 X. X. XXXXXXX, Xxxxx effetti del contratto, in Commentario del codice civile Scialoja- Branca, sub. art. 1376-1377, Bologna-Roma, 1993, p. 119 ss.; ID., voce Vendita, in Enc. dir., XLVI, Milano, 1993, p. 484 ss
171 Da ultimo X. XXXXXXX, op. cit., p. 573 ss. e X. XXXXX-G. DE NOVA, Il contratto, cit., p. 53 ss.
172 V. A. LUMINOSO, I contratti tipici, cit., p. 77 ss., in particolare p. 80; v. altresì X. XXXXXX, La condizione e gli elementi dell’atto giuridico, Milano, 1941, p. 130 ss.; da ultimo, X. XXXXXX, La condizione di inadempimento. Contribuito alle teorie del negozio condizionato, Padova, 1996; X. XXXXXXXX, La condizione elemento essenziale del contratto, Milano, 2000.
173 X. Xxxx., 00 gennaio 1996, n. 611, cit., p. 1249.
174 Cass., 4 novembre 1994, n. 9062, in Rep. Foro it., 1994, Contratto in genere, n. 318, la cui massima stabilisce che “un contratto di vendita sub condicione può essere ad effetti reali solo nell’ipotesi di condizione risolutiva, poiché se la condizione apposta è sospensiva deve necessariamente qualificarsi obbligatorio, non potendosi subordinare all’avveramento di un evento futuro ed incerto la produzione di quegli effetti traslativi che nei contratti con efficacia reale sono conseguenza immediata del consenso”.
condizione sospensiva175, anche relativa ad «un elemento essenziale quale è il pagamento del prezzo»176. In tutte le ipotesi si precisa che, una volta apposta la condizione, la vendita deve «necessariamente qualificarsi obbligatoria» e sembra, dunque, ammessa la possibilità di creare «figure di questo tipo al di fuori delle ipotesi previste dalla legge» anche ricorrendo al meccanismo condizionale, senza peraltro una piena consapevolezza di tale apertura.
Di recente tale possibilità è riconosciuta espressamente da due sentenze della Cassazione una del 24 novembre 2003 n. 17859 177 ,
l’altra del 25 marzo 2003, n. 4364178.
Nella prima si riconosce che i contraenti possono validamente prevedere come evento condizionante, in senso tanto sospensivo che risolutivo, il concreto adempimento o inadempimento di una delle obbligazioni. In tal caso, si sostiene, “il verificarsi dell’evento non può essere invocato come illecito contrattuale ma come legittimo esercizio di una potestà convenzionalmente attribuita”. Tale condizione, dunque, non incide sulla validità del contratto se non è meramente potestativa.
La seconda sentenza contiene un riferimento esplicito al nostro pro- blema.
Il caso riguarda una cessione di azioni societarie sottoposte alla duplice condizione sospensiva del pagamento del prezzo e del rilascio di una controgaranzia bancaria e assicurativa per le obbligazioni del venditore nei confronti di terzi. Questo ultimo evento non si era verificato.
La Corte d’Xxxxxxx nel giudizio di rinvio aveva accertato che l’intendimento delle parti era di attuare una vendita traslativa subordinata all’attuazione di due obblighi: il versamento del prezzo e la prestazione di una garanzia.
Nei motivi di ricorso si era sostenuto che:
175 Cass., 20 gennaio 1983, n. 573, in Giust. civ. mass., 1983, fasc. 1.
176 Cass., 24 febbraio 1983, n. 1431, in Giust. civ. mass., 1983, fasc. 2.
177 In Riv. not., 2004, p. 528, nota X. XXXXXX XXXXXXXX.
000 In Giust. civ. Mass., 2003, p. 593 la cui massima dispone che “la previsione di una prestazione contrattuale come condizione sospensiva è ammissibile nei contratti ad effetti reali, come la compravendita, potendo questa, come qualunque contratto ad effetti reali, non spiegare gli effetti suoi propri sino a quando non sia realizzata la condizione sospensiva prevista. (Nella fattispecie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza della Corte di appello, che, in un contratto di vendita di azioni di società, aveva interpretato le clausole negoziali nel senso di escludere l’effetto traslativo immediato dei titoli e di attribuire alla prestazione di controgaranzia del cessionario – che si era impegnato a far conseguire ai cedenti la liberazione dalle fideiussioni prestate verso la società – la capacità di condizionare il detto effetto traslativo)”.
• non si può dedurre come condizione la prestazione che è elemento
essenziale del contratto, pena la nullità dell’atto.
• Il principio che l’esecuzione di una prestazione contrattuale possa essere prevista come condizione sospensiva degli effetti non è applicabile ai contratti ad effetti reali. Nella specie sarebbe applicabile l’art. 2022 c.c. che prevede il semplice consenso per l’acquisto della proprietà del titolo.
• Ne segue che, avvenuto il trasferimento della proprietà con il semplice consenso, le altre pattuizioni avevano solo valore esecutivo dell’accordo già raggiunto.
La Corte di cassazione precisa che:
• il pagamento del prezzo e la prestazione della garanzia
condizionavano l’effetto traslativo;
• “senza pregio” è l’eccezione che non possa essere dedotta in condizione una prestazione essenziale nei contratti ad effetti reali stante il principio consensualistico (artt. 1376, 2002 c.c.).
• Tale possibilità non è contraria alla disciplina della compravendita potendo essa non produrre i suoi effetti propri sino a quando non sia realizzata la condizione sospensiva eventualmente prevista.
Combinando le due sentenze si può osservare che:
• il mancato pagamento del prezzo non può essere inteso come illecito inadempimento del contratto ma come legittimo esercizio di una potestà riconosciuta convenzionalmente.
• La sequenza dell’effetto reale è rimessa alla determinazione delle parti attraverso lo strumento condizionale e alla libera scelta di una di esse in ordine al pagamento del prezzo.
c) Più complesso è il problema relativo all’adempimento delle disposizioni fiduciarie, dopo che l’Italia, prima fra i paesi di civil law, ha sottoscritto e ratificato la Convenzione dell’Aja sul riconoscimento degli effetti del trust 179.
La figura, come vedremo, viene ricostruita nel nostro ambiente in modo molto diverso e si tratta di stabilire quali novità apporti la legge interna di recepimento della Convenzione.
3. Atto di destinazione fiducia e trust
179 V. sul punto per tutti X. XXXXX, Trusts, Milano, 2000; e X. XXXXXXX, Il diritto di pro- prietà, cit., p. 635.
Vi è chi ravvisa in essa la finalità di uniformare le norme di diritto internazionale privato in seno ai paesi di common law con valenza sostanziale anche in paesi, come l’Italia, che non conoscono la figura e chi180, invece, assume una posizione prudente condivisa dai più. L’atto dell’Aja ha, secondo questa tesi, un valore «in tema di conflitti di leggi» e non ha inteso affatto porsi come fonte di diritto uniforme: dagli artt. 1, 11 e 13 della Convenzione si ricava con sufficiente chiarezza che si è voluto evitare che il trust possa essere utilizzato, nella pienezza del suo significato, in paesi che non lo conoscono; sicché in Italia esso risulta oggi ammesso nei limiti dell’art. 13, ossia quando si tratti di un
«express fund creato in un paese che conosca e disciplini il tipo di trust in questione». In quei casi esiste con sicurezza, il dovere per il conservatore dei registri immobiliari di trascrivere l’atto e per il giudice di attribuire ai beni la qualità di patrimonio separato. Ammissibile altresì è il negozio di adempimento dell’obbligo di trasferire assunto dal trustee181.
L’evoluzione normativa in tema di contratto preliminare e di trust introduce, dunque, nuovi modi e nuove possibilità di modulare l’effetto traslativo attraverso una sequenza che comporti un impegno obbligatorio e una dichiarazione di volontà futura da cui far dipendere il trasferimento.
Elementi di ulteriore conferma della legittimità di tale evoluzione del sistema si traggono anche da una rilettura attenta dell’art. 1376 c.c. il quale, nel disciplinare il trasferimento della proprietà per effetto del consenso, risolve un solo lato del problema posto dall’atto traslativo e cioè la successione nel diritto reale, che riproduce nell’acquirente la posizione soggettiva dell’alienante. Per tale conseguenza è sufficiente il consenso. Il contenuto della sequenza traslativa non ha aspetti di inderogabilità incompatibili con un pieno dominio della volontà. La quale cede quando occorre disciplinare non l’acquisto del diritto, ma l’opponibilità del titolo e con esso il regime giuridico della circolazione182.
Al fine di rendere certe le relazioni intersoggettive si deve disciplinare la prevalenza dell’atto costitutivo su altri incompatibili e la norma interviene con la pubblicità ed il possesso per assicurare, appunto, l’opponibilità.
180 Così X. XXXXX, Riflessioni comparatistiche sui trust, in Eur. e dir. priv., 1998, p. 435.
181 Così X. XXXXXXX, op. cit., p. 635; ed ivi un’ampia analisi del problema. V. anche X. XXXXXXX, voce Opponibilità, cit. Per approfondimenti al riguardo v. i successivi paragrafi. 182 Si riportano le osservazioni già svolte in X. XXXXXXX, Consenso traslativo e circolazione dei beni, cit., p. 155 ss.
Ne segue che la graduazione dell’effetto reale non trova limiti nel momento in cui le parti programmano il modo di realizzare il loro interesse al bene. Necessario è il riferimento causale, non essendo ammesso un negozio astratto di adempimento, ma la creazione di forme volontarie di vendita obbligatoria sono ammissibili anche senza il ricorso alla condizione.
Diversa è la questione quando si vuol attribuire a tali accordi una rile- vanza erga omnes. Sorge in tal caso un’esigenza di tipicità ed inderogabilità a tutela della circolazione e saranno opponibili quei titoli cui la legge attribuisce prevalenza. Il compito dell’interprete sarà quello di confrontare l’atto dei privati con uno schema normativo che possa consentire o meno la sua opponibilità. La nuova disciplina del contratto preliminare (2645-bis), dell’atto di destinazione (2645-ter) e di riconoscimento del trust lascia margine al maturare di nuovi concetti e di nuovi strumenti: in un caso, sarà possibile ricondurre alla figura del preliminare una serie di figure preparatorie e di atti di adempimento che potranno essere tutte trascritte183. Nell’altro la disciplina esistente e una eventuale, futura, legge che disciplini il trust potrà, a sua volta, costituire la base per un ampliamento di nuovi modelli di destinazione e di trasferimento. D’altra parte la possibilità di trascrivere ipotesi di vendita obbligatoria può agevolare ulteriori sviluppi184.
183 Il tema sarà approfondito nei successivi paragrafi 13 e 14.
184 Xxxxx trascrivibilità delle ipotesi di vendita obbligatoria v. l’ampia analisi di X. XXXXXXX, La trascrizione, cit., p. 113 ss. Per ogni approfondimento X. XXXXXXX, Contratto preliminare, Padova, 1991.
6. Il contratto preliminare
Gli elementi positivi di identificazione sono scarni ed occorre confrontare fra loro norme del codice e leggi speciali coordinando in particolare gli artt. 1351, 2932, 2645-bis c.c., ed il d.lgs. 20 giugno 2005, n.122.
6.1. Distinzione dalle figure affini
La distinzione dalla proposta ferma (art. 1329 c.c.) è netta, più sfumata è quella con l’opzione (art. 1331 c.c.), che per alcuno finisce per identificarsi con la figura del contratto preliminare unilaterale. Le due figure sono in verità molto simili, giacché una sola delle parti è vincolata (nel preliminare unilaterale infatti l’obbligo di concludere il definitivo grava su una soltanto delle parti), ma è diversa la modalità di attuazione dell’impegno assunto. Nel caso di inadempimento del contratto preliminare unilaterale sarà esperibile, oltre al risarcimento del danno, l’art. 2932 c.c. perché il promissario ha assunto l’obbligo di concludere un contratto. Nel caso dell’opzione il soggetto ha dichiarato di mantener ferma la propria proposta e si trova in una situazione di soggezione rispetto all’altro che potrà, nel termine prefissato, inviare la propria accettazione e con ciò concludere il contratto. Pertanto, solo nell’ipotesi di contratto preliminare unilaterale sarà esperibile il rimedio di cui all’art. 2932 c.c. in caso di inadempimento185.
Ma, a ben vedere, la stessa natura giuridica del contratto preliminare unilaterale è dubbia.
Tale figura riserva ad una sola delle parti la libertà di giudizio intorno al regolamento di interessi ed è diversa dal contratto preliminare bilaterale e simile, invece, alla «finalità speculativa» che caratterizza l’opzione. Ma una volta affermata la difficoltà di ricomprendere i due istituti in un unico tipo, la qualificazione del preliminare unilaterale trova discorde la dottrina: per alcuno esso avrebbe struttura identica al patto di opzione186, per altri le due figure seppur adempiono entrambe ad una funzione speculativa, creerebbero dei vincoli di diversa
Preliminare unilaterale e opzione
185 Cass., 26 marzo 1997, n. 2692, in Rep. Foro it., 1997, Contratto in genere, n. 437; Cass., 8
agosto 1987, n. 6792, in Rep. Foro it., 1987, Agricoltura, n. 201.
186 X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXXXXXXXX, voce Contratto preliminare, in Enc. Giur., IX, 1988,
p. 13. Per ogni approfondimento, X. XXXXXXX, Contratto preliminare, Padova, 1991.
intensità a carico del soggetto passivo e nulla potrebbe giustificare la loro assimilazione187.
Non è questa la sede per dar conto analiticamente del dibattito teorico su tali questioni. Si può solo osservare che in entrambi i casi è contrattualmente conferito ad un soggetto (accettante) “il potere di determinare effetti che concernono anche la sfera giuridica dell’altro contraente”, e tutto sta a vedere se questo potere può realizzarsi in entrambi i casi con una semplice manifestazione di volontà del titolare o se sia necessario il concorso, nella sola ipotesi del preliminare unilaterale, di un comportamento della controparte la quale si troverebbe, a differenza dell’opzione, in una situazione non di soggezione ma di obbligo a prestare il consenso per la conclusione di un futuro contratto188.
È del tutto evidente che siamo qui in presenza di un problema di qualificazione giacché è assai difficile che le parti definiscano esattamente le rispettive posizioni e che, comunque, possa aver rilievo decisivo il nomen usato.
Si tratta, pertanto, di valutare l’impegno unilaterale di un soggetto a stipulare in epoca successiva un contratto definitivo per decidere se esso debba ricondursi allo schema formale previsto dall’art. 1331 c.c., o se possa avere rispetto ad esso piena autonomia. Tutto ciò con un metodo che rifugga da ogni eccessivo concettualismo e muova invece dai due elementi della qualificazione: il fatto e la norma.
Se si tiene conto di tali aspetti, opzione e preliminare unilaterale si possono distinguere sia facendo riferimento alla rilevanza dell’autonomia delle parti nel cercare situazioni soggettive diverse nelle varie fasi dell’iter procedimetale, sia analizzando una possibile sequenza fra le due figure che è da escludere nel caso in cui ad un’opzione per la conclusione del contratto definitivo segua un preliminare unilaterale ed è più credibile, invece, se l’opzione attiene ad un preliminare e dopo di essa si assume l’impegno unilaterale alla conclusione del contratto definitivo perché in tal caso si può esaurire una fase del procedimento formativo, avvicinando maggiormente le parti alla stipula di quest’ultimo.
187 V. al riguardo, X. XXXXXXXXX, L’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un
contratto, in Tratt. Xxxxxxxx, Tutela dei diritti, II, 1998, p. 400 ss.
Autorevole dottrina (X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. Dir. civ., (dir.) Xxxxx - Xx Xxxx, XX, 0000, x. 000), xxxxxxxx un’identità di natura tra contratto preliminare unilaterale e contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, estende anche al primo il meccanismo di conclusione sancito all’art. 1333 c.c.
188 Così in particolare, X. XXXXX, Il contratto, cit., p. 658.
6.2. Il patto di prelazione
Il contenuto della prelazione volontaria non è disciplinato dal codice in generale ma è chiaramente delineato nella prassi e nella ricostruzione dottrinale.
Il patto può avere un contenuto autonomo od essere inserito in un altro contratto ed ha una struttura costante.
Dal lato passivo dell’obbligato, la prelazione comporta la libertà di concludere o meno il contratto oggetto di preferenza, l’obbligo di manifestare al preferito la volontà di disporre se e quando il promittente si determinerà in tal senso e il dovere di tale soggetto di xxxxxxxsi dal contrarre con terzi in pendenza della risposta del preferito.
Dal lato attivo del titolare, si ha il diritto di essere avvisato dell’in- tenzione dell’obbligato di contrarre e il diritto di esercitare la prelazione e di concludere il contratto, con preferenza rispetto ad altri, alle condizioni indicate nella proposta (denuntiatio).
La dottrina è da tempo divisa nel qualificare il patto di preferenza come contratto preliminare condizionato, o come convenzione caratterizzata dalla finalità negativa di escludere ogni soggetto diverso dal preferito dall’accesso al bene, ma entrambe le costruzioni, se appaiono spesso coerenti con le premesse, non riescono a spiegare compiutamente l’istituto e dar risposta a tutti i problemi di disciplina.
Chi utilizza come tratto distintivo della fattispecie un obbligo di non contrarre a carico del promittente, trae per lo più argomenti da un confronto con le prelazioni legali ove è assai dubbia la presenza costante di una finalità negativa; è certo che la ratio dell’art. 732 c.c. è quella di impedire l’ingresso di un estraneo nella comunità dei coeredi intesi come gruppo, anche se non necessariamente a carattere familiare, ma il fine di esclusione sfuma nella prelazione agraria ove non è possibile rintracciare un fondamento comune a tutte le ipotesi che spesso testimoniano, anzi, un vero interesse all’acquisto tutelato espressamente dal legislatore. D’altra parte nella prelazione urbana è evidente l’interesse dell’impresa a rafforzare la possibilità di utilizzazione del bene con la sua titolarità formale e, quindi, con la acquisizione definitiva di esso fra gli elementi stabili dell’azienda. Mentre nella preferenza che reciprocamente si riconoscono gli appartenenti ad un gruppo organizzato l’interesse prioritario è indubbiamente di impedire che l’organizzazione collettiva sia alterata per l’ingresso di estranei; ma ciò non è connaturale alla preferenza pattuita isolatamente o anche in occasione di una comunanza occasionale di interessi fra due soggetti. Insomma, l’obbligo di non
Qualifica del patto di preferenza
... come convenzione con finalità negativa
… come contratto preliminare
contrarre con altri in pendenza del patto fa parte del contenuto complesso del dovere del promittente ma non esaurisce il contenuto della prelazione.
Altrettanto unilaterale è il procedimento inverso che subordina l’analisi funzionale alla ricostruzione del tipo. In tal modo si definisce la prelazione come contratto preliminare. Ma il contratto preliminare unilaterale, seppur concettualmente ammissibile, ha struttura diversa dal patto di prelazione. La qualifica della prelazione come preliminare condizionato è frutto di una tendenza dottrinaria a ravvisare in ogni interdipendenza di atti un legame retto dalla disciplina della condizione, che non si presta, invece, ad essere applicata fuori da un campo delimitato. Con quel termine si fa riferimento a fatti esterni e non ad ogni atto di esercizio di potere, che è concetto molto diverso dalla subordinazione ad una condizione in senso tecnico. Nel concedere la prelazione il promettente esercita il proprio potere dispositivo limitandolo, nel concedere ad alcuno una preferenza; non c’è nessun fatto esterno che venga dedotto in condizione, bensì egli si riserva una propria determinazione e cioè un particolare atteggiamento nell’esercizio di un suo potere.
In conclusione: la prelazione volontaria non è un preliminare condi- zionato perché oggetto dell’obbligazione è la preferenza e non la conclu- sione del contratto e la condizione relativa alla eventuale volontà di con- cludere il contratto da parte dell’obbligato è essenziale al tipo.
Dubbio è se il preferito in caso di inadempimento dell’obbligato oltre alla tutela risarcitoria disponga anche di una tutela specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c. Se si qualifica l’istituto come un preliminare la soluzione potrebbe essere positiva, altrimenti è più incerto.
Certo è che non si potrà richiedere la sentenza costitutiva finché l’obbligato è libero di contrarre. Si può ammettere il ricorso a tale azione se l’obbligato ha già manifestato irrevocabilmente la volontà di contrarre ed è dunque divenuto attuale il diritto del preferito che, in caso di inadempimento, potrebbe ricorrere al giudice per richiedere il rispetto dell’altra parte dell’obbligo a contrarre.
6.3. La puntuazione e le lettere di intenti
Vi sono numerose altre pattuizioni che agevolano il progredire
dell’impegno fino all’accordo.
Sentenza costitutiva
La figura della puntuazione
La puntuazione si inserisce spesso nella fase di formazione progressiva del contratto.
Si ha tale figura quando le parti concordano di fissare alcuni elementi del contratto in una minuta per fissare le trattative svoltesi sino a quel momento e si riservano di definire successivamente altri punti.
«Rientrano nella nozione di «minuta o puntuazione» del contratto, per la quale è indispensabile l’esistenza di un documento sottoscritto da entrambe le parti, sia i documenti che contengano intese parziali in ordine al futuro regolamento di interessi (c.d. puntuazione di clausole), sia i documenti che predispongano con completezza un accordo negoziale in funzione preparatoria del medesimo (c.d. puntuazione completa di clausole); in relazione a tale secondo caso, la parte che intenda dimostrare che non si tratti di un contratto concluso, ma di una semplice minuta con puntuazione completa di clausole, deve superare la presunzione semplice di avvenuto perfezionamento del contratto, e ciò gli è reso possibile in virtù del principio secondo cui anche un documento dimostrante con completezza un assetto negoziale può essere soltanto preparatorio di un futuro accordo, una volta dimostrata l’insussistenza di una volontà attuale di accordo negoziale»189.
Xxxxxx è la sua diversità rispetto alle altre figure sin qui esaminate.
«Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, e non se ne può ravvisare pertanto la sussistenza là dove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali ed ancorché riportati in apposito documento (c.d. «minuta» o «puntuazione»), risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori».
«Ne segue che anche in presenza della completa regolamentazione di un determinato assetto negoziale può risultare integrato un atto meramente preparatorio di un futuro contratto, come tale non vincolante tra le parti, in difetto dell’attuale effettiva volontà delle medesime di considerare concluso il contratto il cui accertamento, nel rispetto dei canoni ermeneutici di cui agli art. 1362 seg. c.c., è rimesso alla valutazione, del giudice di merito, incensurabile in cassazione ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici.
(Xxxx’affermare tale principio, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza di merito rilevando che, nel ritenere perfezionato un accordo transattivo tra le parti di giudizio per effetto di duplice missiva inviata dal legale di una delle parti e considerata accettata dal difensore di controparte, il giudice di merito aveva nel caso del tutto omesso di valutare il comportamento complessivo delle parti, in particolare quello mantenuto successivamente alla supposta conclusione dell’accordo
189 Cass., 16 luglio 2002, n. 10276, in Foro it. online.
transattivo. Non si era considerato che dopo lo scambio delle suindicate lettere, il difensore di una delle parti aveva dichiarato in udienza avanti al giudice istruttore che erano ancora pendenti trattative tra le parti per la formalizzazione di un accordo, e che nel prosieguo del giudizio le parti avevano in entrambi i gradi di merito formulato opposte conclusioni)»190.
Le lettere di
intenti
Le lettere di intenti sono testi che le parti concordemente si scambiano o sottoscrivono191 per attestare che può iniziare o esiste fra di loro una trattativa. Con queste dichiarazioni le parti non si vincolano alla conclusione di un contratto, ma manifestano una disponibilità, un interesse ad iniziare o a proseguire la trattative.
Tali documenti possono avere diversi contenuti, funzioni ed effetti.
Possono collocarsi all’inizio della trattativa e indicare che le parti intendono trattare su un certo contratto e quali punti dovranno discutere. Ad uno stadio successivo possono contenere un impegno delle parti a proseguire le trattative in corso fissando i punti su cui si è raggiunto l’accordo. Infine possono contenere anche tutti i punti dell’accordo e documentare che, tuttavia, il contratto non è concluso (ad esempio, nell’ipotesi in cui il contratto deve essere sottoposto all’approvazione di un organo)192.
Il contenuto di queste dichiarazioni può creare affidamenti e rilevare sul piano della responsabilità precontrattuale.
Giurisprudenza
“Al fine di accertare se le parti abbiano concluso un contratto ovvero predisposto solamente una minuta, la valutazione del giudice deve incentrarsi sul documento (nella specie, la Suprema Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito, i quali, facendo leva sulla clausola che prevedeva l’obbligo di restituire gli immobili sublocati, avevano escluso il prefezionamento di un nuovo contratto di locazione, ritenendo che le parti si fossero limitate a una mera intesa preparatoria)” (Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2006, n. 16118, in Obb. contr., 2007, 613, nota Cuccovillo).
“L’indagine volta a stabilire se e in che momento tra le parti si sia concluso un contratto, o se le dichiarazioni di volontà intercorse abbiano
190 Cass., 18 gennaio 2005, n. 910, in Giust. civ. Mass., 2005, p. 1.
191 X. XXXXX, Il contratto, cit., p. 140.
192 X. XXXXX, op. loc. cit.
solo il valore di dichiarazione di intenti, costituisce accertamento di fatto, riservato al giudice di merito (in applicazione di tale principio di diritto, la suprema corte ha ritenuto carente sul piano sia logico che giuridico la motivazione della sentenza con la quale si attribuiva valore di semplice dichiarazione di intenti alle scritture sottoscritte dalle parti, trascurando del tutto l’elemento letterale e mancando una analisi completa e compiuta sia delle due missive, sia del comportamento complessivo tenuto dalle parti)”193.
6.4. Gli accordi normativi.
Contratto vincolante?
Contratto normativo viene comunemente definito l’accordo con il quale due o più parti predeterminano il contenuto di futuri contratti, che esse restano libere di concludere o meno.
Esso può essere ricompreso, al pari dell’opzione e del contratto pre- liminare, nel più ampio fenomeno della formazione progressiva del con- tratto, sebbene differisca da queste ultime figure perché non obbliga le parti alla conclusione dei futuri accordi, limitandosi a stabilire le clausole che questi devono contenere nel caso siano poi perfezionati.
Si suole distinguere i contratti normativi c.d. interni da quelli c.d. esterni. Nei primi le parti dei contratti futuri, detti anche particolari, sono le stesse che avevano concluso il contratto quadro, i secondi individuano invece le ipotesi nelle quali le parti si impegnano ad includere determinate clausole contrattando con terzi soggetti. Ad esempio alcune imprese si obbligano a praticare ciascuna nei confronti dei propri clienti determinati prezzi minimi. Si consideri che quest’ultima ipotesi è tenuta presente dal 2° comma dell’art. 2 L. 287/1990 che sanziona le intese restrittive della concorrenza, nonché dall’art. 33 Cod. cons. lett. t) secondo il quale si presumono vessatorie le clausole che implicano “restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi”.
Sebbene il contratto in questione rappresenti una categoria di origine dottrinale e quindi si presti ad essere ricostruito secondo innumerevoli schemi, esempi tipici di contratti normativi vengono individuati, oltre che nei contratti collettivi di lavoro, nell’accordo quadro tra appaltatori e fornitori previsto dall’art. 16 d.lgs. 158\1995, nel conto corrente bancario, nel contratto di intermediazione mobiliare, nella concessione di vendita e nel franchising.
Si discute se il contratto di cui ci occupiamo sia vincolante per le parti, tanto che qualcuno ha sollevato dubbi sul fatto che possa essere
Contratti normativi interni e esterni
193 Cass., 18 novembre 2003, n. 17449, in Giust. civ. Mass., 2003, p. 11.
Automaticità o
volontà manifesta?
qualificato come un contratto, non potendo avere quella forza di legge stabilita dall’art. 1372 c.c.. Quest’ultima opinione, un tempo maggioritaria, veniva motivata con la considerazione che qualora una parte del contratto quadro, al momento della conclusione di un contratto particolare, non condivida più il contenuto delle clausole concordate in precedenza potrebbe rifiutarsi di perfezionare l’accordo, vanificando così gli scopi e gli effetti del contratto programmatico senza, peraltro, incorrere in alcun inadempimento.
In tempi più recenti la dottrina – pur concordando con quanti osservano che la mancata stipula dei contratti particolari non provoca alcun inadempimento – ha affermato che tale rifiuto può essere qualificato come contrario a correttezza, sopratutto nel caso in cui sia del tutto immotivato.
È infine discusso se le clausole prestabilite in un contratto normativo entrino automaticamente nel contenuto dei successivi contratti particolari ovvero se occorra una specifica manifestazione di volontà. La giurisprudenza ha avuto modo, anche recentemente, di occuparsi proprio di quest’ultima questione, in riferimento ad una concessione di vendita, stabilendo che quest’ultima è «un contratto innominato riconducibile, sul piano strutturale, al contratto quadro o normativo, dal quale deriva l’obbligo di promuovere la rivendita dei prodotti che vengono acquistati mediante la stipulazione, alle condizioni fissate dall’accordo iniziale di singoli contratti di acquisto. Da ciò consegue che la previsione, nel contratto normativo intercorso tra le parti, del patto di riservato dominio comporta l’obbligo per le medesime parti di inserire la clausola di riserva della proprietà in ciascuno dei contratti di vendita da stipularsi in epoca successiva, senza tuttavia che detta clausola possa ritenersi implicitamente riprodotta in questi ultimi per il solo fatto di far parte dell’impegno programmatico»194.
Di recente i giudici hanno affrontato aspetti del contratto quadro, in materia di intermediazione nell’acquisto di titoli. Si è affermato che «la mancata stipulazione del contratto-quadro tra l’intermediario finanziario autorizzato e il cliente, che rappresenta un necessario presupposto dei successivi contratti esecutivi di mandato, determina la nullità degli ordini di acquisto conferiti nel corso del rapporto»195. Ancora, si è statuito che il contratto a monte trovi la propria causa nella regolamentazione dei contratti a valle, sicché «la disciplina dei singoli va ricercata nel contratto quadro, la cui causa consiste nel regolare (cfr. art. 1321 c.c.) in via preventiva una indefinita serie di negozi»196.
Intermediazione finanziaria
194 Cass., 22 ottobre 2002, n. 14891, in Contr., 2003, 583, nota TIMPANO. In senso conforme: Cass., 22 febbraio 1999, n. 1469, in Contr., 1999, 782, nota XXXXXXX ed in ultimo Cass., 07 aprile 2005, n. 7275, in Foro pad., 2006, I, p. 35.
195 Trib. Firenze, 18 ottobre 2005, in Giur. Merito, 2007, 1, p. 49, nota BARENGHI.
196 Trib. Torino, 03 febbraio 2005, Dir. e prat. soc., 2005, 23, p. 68, nota COLAVOLPE.
L’analisi di questa particolare applicazione ha suscitato ulteriori riflessioni con riguardo alla possibilità che il contratto normativo sia immediatamente produttivo di obblighi. Si è così affermato che «la violazione dei doveri di comportamento che gravano sull’intermediario finanziario non costituisce causa di nullità del contratto per mezzo del quale l’investitore acquista gli strumenti finanziari, ma inadempimento delle obbligazioni che derivano dal contratto quadro con cui l’intermediario si impegna a prestare il servizio di negoziazione: il cliente, dunque, è legittimato a domandare la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno»197. Altra giurisprudenza198 nega, peraltro, che nei casi in questione si possa parlare di contratto normativo non essendo il contratto – si afferma – «solo finalizzato a disciplinare eventuali e futuri negozi giuridici, ma comportando l’immediato insorgere di diritti ed obblighi».
Dalla casistica emerge quindi come il contratto normativo o quadro sia una figura aperta e capace di contenere varie clausole, le quali benché immediatamente precettive non ne mutano la struttura di base, che resta quella di programmare, predeterminandolo, il contenuto di un numero imprecisato di futuri affari che le parti si riservano di concludere.
6.5. Il preliminare di preliminare e la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 6 marzo 2015 n. 4628.
La Corte di Cassazione a sezioni unite ( n. 4628 del 2015) ha esaminato la questione dopo che una sentenza precedente ( n.8038 del 2009) aveva ritenuto nullo questo contratto per una serie di motivi che si possono riassumere così. a) L’art.2932 c.c. instaura uno stretto collegamento fra contratto preliminare e definitivo. b) non ha senso di promettere ora di promettere in seguito qualcosa, anziché prometterlo subito. Tale funzione non è che una “inconcludente superfetazione” non meritevole di tutela.
A questa posizione si era contrapposto un orientamento possibilista verso un “preliminare aperto” e una possibile tripartizione delle fasi che conducono alla stipula del contratto definitivo. Da qui, dopo molte incertezze anche dottrinarie, la sentenza della Corte che si propone di fare chiarezza in particolare sulla contrattazione immobiliare,“ settore che ha segnato la fortuna del contratto preliminare nel nostro ordinamento”. L’argomentazione giuridica della sentenza si articola così. La complessità dei contatti e delle verifiche da effettuare nella fase preparatoria ha determinato una tripartizione delle fasi contrattuali.
Produzione immediata di obblighi
197 Trib. Milano, 25 luglio 2005, Giur. Xxxxxx, 2005, 11, p. 2281.
198 Trib. Mantova, 30 novembre 2006, in xxx.xxxxxx.xx.
Una prima in cui è versata una parte del prezzo e comunicata una proposta irrevocabile all’acquisto. Una seconda volta alla conclusione di un vero e proprio contratto preliminare. La terza dedicata al rogito notarile. Le parti apportano spesso una serie ampia di varianti, ma si tratta di precisare se sia ammessa la possibilità di due fasi anteriori all’atto notarile, volte a consentire una serie di controlli sul bene, la qualità delle parti, la situazione urbanistica.
La Corte reputa ciò possibile riconoscendo“ la libertà di determinarsi e di fissare un nucleo di interessi da trasfondere nei vari passaggi contrattuali”, ed utilizza, ancora, lo schema della causa in concreto definita da tempo come “ scopo pratico del negozio..sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato” ( Cass. n. 10490 del 2006). Uno strumento concettuale che giova come “criterio di interpretazione del contratto e come criterio di qualificazione dello stesso”. Tramite di esso è facile constatare che con la formula di preliminare di preliminare le parti si propongono una serie di possibilità diverse. Escludere l’applicabilità dell’art.2932 c.c., prevedere una forma di recesso a favore d una parte, subordinare la promessa da una condizione ed altre ancora.
La sentenza osserva esattamente che se non vi sono violazioni di una legge imperativa “ non v’è motivo per giudicare inammissibili procedimenti contrattuali graduali,la cui utilità sia riscontrata dalle parti con pattuizioni che lasciano trasparire l’interesse perseguito, in sé meritevole di tutela, a una negoziazione consapevole e informata”. Con due conseguenze importanti.
a) Le parti possono fissare in un procedimento le fasi precontrattuali. A seconda che si pongano in essere mere puntuazioni senza un obbligo di contrarre, accordi vincolanti sotto alcuni aspetti dell’affare ed altre forme di impegno.
b) Quando la “formazione del vincolo è limitata anche ad una sola parte del regolamento, la violazione di queste intese, da luogo a responsabilità contrattuale da inadempimento di un’obbligazione specifica, sorta nel corso della formazione del contratto, riconducibile alla terza delle categorie considerate nell’art.1173 c.c.”
Giurisprudenza
Cass., sez. un., 6 marzo 2015, n. 4628
“In presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex art. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento. Riterrà produttivo di effetti l'accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell'interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare. La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potrà dar luogo a responsabilità per la mancata conclusione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase precontrattuale.”
6.6 Preliminare e definitivo.
La figura deve essere distinta anzitutto dal negozio con cui le parti vogliono gli effetti definitivi, ma si promettono rispettivamente di riprodurre il consenso in forma solenne.
La distinzione è importante in ordine agli effetti ed alla tutela. Nel contratto preliminare non si producono effetti definitivi, ma c’è solo un obbligo a stipulare il contratto definitivo, realizzabile anche tramite una sentenza che crea il titolo (art. 2932 c.c.).
Mentre nel secondo caso il titolo c’è già. L’effetto traslativo è compiuto ed occorre solo: l’autenticazione delle sottoscrizioni ai fini della eventuale trascrizione o, in mancanza, l’accertamento delle situazioni costituite con il negozio ai sensi art. 2652 c.c.
Al di là di queste precisazioni la distinzione fra preliminare e definitivo non è sempre facile perché occorre ricercare la volontà delle parti oltre la qualificazione usata e sarà decisivo stabilire se i contraenti hanno
voluto un trasferimento immediato o hanno stabilito di rinviare tale momento ad un altro contratto199.
Decisiva sarà l’univocità della dichiarazione sulla definitività degli ef- fetti200 mentre non è rilevante la consegna della cosa o, addirittura, l’integrale pagamento del prezzo perché ciò è compatibile con la struttura del contratto preliminare che assumerà la veste di una pattuizione preliminare con effetti anticipati201.
Si può anticipare tutto, ma non il trasferimento della proprietà (altri- menti si avrebbe il definitivo) 202 . È chiaro dunque che l’eventuale consegna del bene anticipata al momento del preliminare non solo non produce effetto traslativo, nè trasferisce il possesso del bene: al promissario acquirente spetta la semplice detenzione della res, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Se il contratto preliminare ad effetti anticipati non è seguito dal defi- nitivo si dovrà ricorrere a rimedi restitutori per riottenere quanto pagato o la riconsegna della cosa.
199 Per indicazioni sui diversi orientamenti, da ultimo, X. XXXXXXXX, La formazione pro- gressiva del contratto, in I contratti in generale, in Tratt. Contr., (dir.) X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, X, Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXXXX, Il contratto preliminare, in Tratt. del contratto, (dir.) X. Xxxxx, xxx. XXX, Xxxxxx, 0000, p. 373 ss.
200 X. Xxxx., 00 ottobre 2000, n. 13827, in Contr., 2001, p.670.
201 La figura del preliminare con effetti anticipati, nata e sviluppata nella prassi, è oggi pacificamente ammessa in giurisprudenza; si tratta infatti del “portato d’una prassi con- trattuale sviluppatasi essenzialmente nel settore immobiliare, in ragione della sua attitudine a fornire uno strumento idoneo a soddisfare sollecitamente determinate esigenze delle parti, principalmente la disponibilità del bene per l’una e del denaro per l’altra ma ulteriori se ne possono agevolmente ipotizzare (…) Sono usuali, al riguardo, particolarmente nella materia delle compravendite immobiliari – che è quella più interessata dal fenomeno – le ipotesi in cui il promittente venditore debba portare a termine procedimenti amministrativi di regolarizzazione dell’edificio od opere di completamento dell’edificio stesso o delle infrastrutture accessorie od estinguere ipoteche o mutui, in difetto di che non sussiste l’interesse e conseguentemente la volontà di perfezionare l’acquisto da parte del promissario acquirente; o quelle in cui quest’ultimo debba, a sua volta, procurarsi, anche in più riprese, le disponibilità necessarie alla corresponsione integrale del prezzo, il conseguimento del quale condiziona parimenti interesse e volontà del promittente venditore alla realizzazione della vendita” (Cass., Sez. Un., Cass. 27 marzo 2008, n. 7930, citata nel testo). V. altresì in giurisprudenza, ex multis, x. Xxxx., 22 giugno 2000, n. 8488, Rep. Foro it., 2000, Contratto in genere, n. 50; Cass., 12 aprile 1999, n. 3571, cit.
In dottrina, v. X. XX XXXXXXX, La contrattazione preliminare ad effetti anticipati, Padova, 1991; X. XXXXX, Il contratto, cit., p. 270 ss.; D. CENNI, Il contratto preliminare ad effetti anticipati, in Contr. impr., 1994, p. 1108.
202 Nello stesso senso, X. XXXXX, Il contratto, cit., p. 659; X. XXXXX, op. loc. cit.
Giurisprudenza
Di grande rilevanza è la recente pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite (27 marzo 2008, n. 7930, in Guida al dir., 2008, 19, p. 23), ove si precisa che “Dottrina e giurisprudenza, quando – sulla considerazione per cui la terminologia "promette di vendere o di acquistare" non è automaticamente indicativa d’una semplice promessa e la cosiddetta anticipazione degli effetti della vendita può essere indice dell’intento di porre in essere un contratto definitivo se il differimento della manifestazione di volontà non risulti chiaramente dal contratto – affermano che, al fine di attribuire ad una stipulazione il contenuto del contratto di compravendita o piuttosto quello del preliminare di compravendita, è determinante l’identificazione del comune intento delle parti – diretto, nel primo caso, al trasferimento della proprietà della res verso la corresponsione di un certo prezzo, conformemente alla causa negoziale dell’art. 1470 c.c., e, nel secondo caso, all’insorgenza di un particolare rapporto obbligatorio che impegni ad un’ulteriore manifestazione di volontà, alla quale sono rimessi il trasferimento del diritto dominicale sulla res e l’adempimento dell’obbligazione del pagamento del prezzo – onde il giudice del merito deve esaminare la stipulazione nel suo complesso al fine di accertare la comune volontà delle parti nell’un senso piuttosto che nell’altro, compiono, in verità, solo un primo approccio alla questione in esame, che, evidentemente, più non si porrebbe ove l’accertamento demandato al giudice si risolvesse nel senso del contratto ad effetti reali, dacché, in tal caso, non vi sarebbe, evidentemente, luogo a parlare di preliminare, dacché le prestazioni rese avrebbero già realizzato gli effetti del definitivo”.
Se l’accertamento compiuto dal giudice dovesse approdare al preliminare “si rende necessaria un’indagine ulteriore e diversa in ordine alla volontà delle parti, onde identificare quali effetti, differenti da quelli propri del definitivo ma aggiuntivi rispetto a quelli ordinari del preliminare, le parti stesse avessero inteso far derivare dalla convenzione, in attuazione della quale ed in particolare delle pattuizioni aggiuntive hanno, di seguito, operato alcune prestazioni corrispondenti a quelle proprie del definitivo. Al fine della qual ulteriore indagine, devesi preliminarmente considerare come la previsione e l’esecuzione della traditio della res e/o del pagamento, anche totale, del prezzo non siano affatto, di per se stessi, incompatibili con l’intento di stipulare un contratto solo preliminare di compravendita, dacché, in tal guisa operando, le parti manifestano e concretamente realizzano esclusivamente l’intento d’anticipare non gli
effetti del contratto di compravendita – l’impegno alla cui futura stipulazione costituisce l’oggetto delle obbligazioni assunte con la convenzione stipulata nella prescelta forma del preliminare, mentre tali effetti rappresentano, per contro, proprio quel risultato cui le parti stesse non hanno inteso, al momento, pervenire – ma solo quelle prestazioni che delle obbligazioni nascenti dalla compravendita costituiscono l’oggetto, id est la consegna della res ed il pagamento del prezzo, quali, ex artt. 1476 e 1498 c.c., sono poste a carico, rispettivamente, del venditore e del compratore.
Escluso che con la stipulazione del preliminare, sia pure con previsione, ed esecuzione, della consegna della res e/o del pagamento del prezzo, le parti debbano avere necessariamente inteso che si verificassero gli effetti della compravendita – nel qual caso, d’altronde, come si è già evidenziato, si sarebbe in presenza d’un definitivo e non d’un preliminare – devesi anche escludere che, in virtù di tale esecuzione, possa essersi trasmesso dal promittente venditore al promissario acquirente il possesso della res (…).
Per altro verso, devesi considerare che il preliminare di compravendita con il quale siano contestualmente pattuite anche la consegna anticipata della res e la corresponsione del pari anticipata del prezzo in una o più soluzioni non è un contratto atipico, almeno se con tale termine s’intende definire un contratto caratterizzato da una funzione economico-sociale non riconducibile agli schemi normativamente predeterminati e tuttavia suscettibile di riconoscimento e di tutela, sul presupposto dell’autonomia contrattuale che l’ordinamento riconosce ai privati, in ragione dellasua liceità e della sua meritevolezza”.
6.7 La causa del contratto definitivo
La scissione tra preliminare e contratto definitivo adempie a funzioni pratiche di primaria importanza.
La ragione d’essere è la stessa che presiede alla separazione fra vendita ed atto traslativo, variamente presente in molti sistemi (a partire da quello romano, al sistema angloamericano, tedesco, russo e cinese). Il nostro codice attraverso l’art. 1376 c.c. si è ispirato al modello francese, come abbiamo ampiamente osservato.
Quanto alla natura del definitivo – in rapporto al contratto preliminare
– esistono varie teorie.
Per alcuni il definitivo è solo un atto dovuto privo di autonomia, giacché ogni elemento fondamentale dell’operazione è contenuto nel contratto preliminare che obbliga al trasferimento.
Per altri, il contratto definitivo opera una novazione del contratto preliminare che sarebbe estinto da tale figura successiva.
Per altri ancora la causa del contratto definitivo è complessa. Realizza lo scambio ma ha anche una funzione di controllo sulla conformità del bene o della prestazione rispetto al programma contrattuale.
Ad ogni modo giurisprudenza e dottrina sono concordi nell’ammettere la possibilità di modificare o rimuovere in sede di definitivo pattuizioni contenute nel preliminare. Resta ferma la possibilità che il definitivo non esaurisca né disciplini integralmente il contenuto del preliminare: in questa ipotesi, si tratterà di verificare la volontà delle parti in ordine alle pattuizioni pendenti le quali, ove non rinunciate, risulteranno assorbite e disciplinate dal contratto preliminare stesso203.
Certo è che l’unica fonte dei diritti è il contratto definitivo, salvo che le parti abbiano previsto che il preliminare sopravviva.
Giurisprudenza
“Nel caso in cui al contratto preliminare, sia seguita la stipula del definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva” (Cass., 11 luglio 2007, n. 15585, in Giust. civ. Mass., 2007, 7-8).
203 v. X. XXXXX, Il contratto, cit., p. 660; X. XXXXX, Il contratto, II, cit., p. 295.
In giurisprudenza, x. Xxxx., 00 xxxxxx 0000, x. 00000 (xxxxxxxxx nel testo); Cass., 9 luglio 1999, n. 7206, in Giust. civ. Mass., 1999, p. 1605 ai sensi della quale “nel caso in cui le parti dopo aver stipulato un contratto preliminare siano addivenute alla stipulazione del contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto, in quanto il contratto preliminare determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare. Il suddetto principio non può peraltro trovare applicazione nell’ipotesi in cui il contratto definitivo non esaurisca gli obblighi a contrarre previsti nel preliminare, occorrendo in tal caso accertare la volontà negoziale delle parti valutando tra l’altro il contenuto di detto preliminare”.
Preliminare e contratti reali
6.8 Ambito disciplinare
La maggiore diffusione della contrattazione preliminare si ha nei contratti traslativi ove è necessario, specie nella compravendita immobiliare, accordarsi sugli elementi essenziali dell’affare e riservarsi di compiere quegli accertamenti che la legislazione rende sempre più complessi.
Dubbia è la possibilità della sequenza preliminare-definitivo nella donazione. Alcuno – ivi compresa la giurisprudenza che si è espressa sul pun-
to204 – la esclude, perché “il contratto definitivo … come donazione non può svolgersi se manca l’attributo fondamentale della donazione che è la spontaneità”205; per altri, è invece ammissibile a patto che il preliminare si qualifichi come donazione, con la quale una parte arricchisce l’altra assumendo verso la stessa un’obbligazione206.
Da sempre incerta è l’ammissibilità del preliminare nei contratti reali. Chi nega tale possibilità osserva che in tali contratti o c’è la consegna e allora vi è già un contratto definitivo, oppure la consegna non c’è, e allora il preliminare non può svolgere la sua funzione e potrebbe essere addirittura nullo207.
Per altri, ed è la tesi preferibile, il preliminare è compatibile con la struttura del contratto reale: dubbia è solo l’applicabilità dell’articolo 2932 c.c., giacché la sentenza non può produrre gli stessi effetti del contratto non concluso in assenza della consegna, essenziale ai fini della esistenza stessa del contratto reale. Una delle principali argomentazioni a fondamento dell’orientamento in oggetto è rinvenuta nel contratto preliminare di mutuo disciplinato all’art. 1822 c.c.: in questo caso la consegna assurge ad elemento proprio della stipulazione del definitivo208.
Preliminare e donazione
204 Cass., 18 dicembre1996, n. 11311, in Contr., 1997, p. 460, nota di X. XXXXXXXX.
205 In questo senso, X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti in generale, Commentario Cod. Civ. Scialoja Branca, 1970, p. 438. Propende per la nullità del contratto preliminare di donazione anche C.M. BIANCA, Diritto civile. Il contratto, cit., p. 182.
206 X. XXXXX, in X. Xxxxx, X. Xx Nova, Il contratto, II, cit., p. 267 ss.
207 In questo senso X. XXXXX, Il contratto, II, cit., p. 273 ad avviso del quale non si tratterebbe di preliminare in senso proprio. V. inoltre X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXXXXXXXX, Contratto preliminare, cit., p. 4.
208 Al riguardo, X. XXXXX, Il contratto, cit., p. 656; X. XXXXXXX, Contratto preliminare, Tratt. Xxxxxxx, Il contratto in generale, XIII, Torino, 2000, p. 565 ss. V. inoltre X. XXXXXXXXX, Il mutuo di scopo e le nuove forme di finanziamento pubblico alle imprese, in Riv. crit. dir. priv., 1983,
p. 636 ss.; X. XXXXXXXXX, Commento sub. artt. 1813-1822, in Comm. cod. civ., (dir.) X. Xxxxxx, XX, Xxxxxx, 0000, p. 1458. Da ultimo, X. XXXXXXX, La promessa di mutuo nell’ambito della teoria del contratto reale, in Riv. dir. civ., 2000, I, p. 63.
6.9 Effetti
In forza del contratto preliminare, nasce un’obbligazione assistita da un’azione personale, un mero diritto di credito non opponibile ai terzi la cui violazione farà sorgere un’azione risarcitoria e la pretesa volta ad ottenere una sentenza costitutiva (art. 2932 c.c.).
È bene ricordare che in caso di fallimento del promittente l’art. 72 della legge fallimentare esclude che si possa chiedere al curatore la stipulazione definitiva, anche tramite una sentenza del giudice (art. 2932). Spetta a tale soggetto (il curatore) scegliere se dare esecuzione o sciogliere il contratto, inserendo così il promissario che avesse già anticipato parte del prezzo nella massa fallimentare.
In linea generale, proprio le conseguenze negative derivanti nei con- fronti dei terzi, del curatore del fallimento e del promissario acquirente hanno indotto il legislatore ad intervenire con due normative di protezione del promissario stesso. La trascrizione del contratto preliminare e la tutela degli acquirenti di immobili da costruire. Vediamole da vicino.
a) La trascrizione del contratto preliminare.
L’art. 2645-bis prevede la possibilità di trascrivere i contratti preliminari aventi ad oggetto la conclusione di uno dei contratti di cui ai nn. 1, 2, 3 e 4 dell’art. 2643 (anche se sottoposti a condizione o relativi a edifici da costruire o in corso di costruzione) con la conseguenza di prenotare gli effetti della trascrizione del contratto definitivo e di dare vita, in linea di massima, ad un blocco dell’efficacia di atti iscritti o trascritti successivamente contro il promittente alienante209 . Tale effetto prenotativo ha carattere temporaneo: esso cessa e si considera come mai prodotto se entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione del preliminare, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare o della domanda giudiziale.
L’art. 2645-bis e la trascrizione del preliminare
209 L’art. 2645-bis c.c. è stato inserito con d.l. 669/1996, convertito con legge 30/1997. Al riguardo, in particolare, X. XXXXXXXX, X. XXXXXXX, La trascrizione del contratto preliminare, Padova, 1998; X. XXXXXXXXX, La pubblicità immobiliare del contratto preliminare, in Riv. dir. civ., 1997, I, p. 530; A. DI MAJO, La trascrizione del preliminare e regole di conflitto, in Corr. giur., 1997, p. 515.
L’esigenza perseguita attraverso la codificazione dell’art. 2645-bis è dunque quella di tutelare il promissario acquirente dalla possibile alienazione a terzi dell’immobile oggetto del preliminare. La riforma del 1996 ha altresì rafforzato il credito del contraente del preliminare trascritto vittima dell’inadempimento, mediante l’attribuzione – ex art. 2775-bis c.c. – del privilegio speciale sugli immobili oggetto del preliminare210.
Il nuovo art. 2645-bis è assai significativo anche sul piano sistematico, ponendo il problema di quali ulteriori atti preparatori siano trascrivibili (contratto preliminare unilaterale; opzione e prelazione).
Le tutele del promissario acquirente
b) la tutela degli acquirenti di immobili da costruire.
Il d.lgs. 20 giugno 2005 n. 122 si propone di assicurare protezione alle persone fisiche che stipulano contratti aventi ad oggetto edifici da costruire, la cui costruzione – appunto – non sia stata iniziata o comunque completata211.
In sintesi il provvedimento prevede le seguenti tutele:
a) rilascio di una fideiussione di importo corrispondente alla somma e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso o deve ancora riscuotere.
b) Consegna di una polizza assicurativa indennitaria di durata decennale a garanzia del risarcimento dei danni per rovina parziale o totale dell’edificio o per gravi difetti di costruzione.
c) Obbligo di conformare il contratto preliminare ad un contenuto minimo assai minuzioso.
d) Ampliamento dei soggetti legittimati a chiedere la suddivisione del mutuo e il frazionamento in quote.
e) Divieto per il notaio di procedere alla stipula dell’atto se prima non sia stato frazionato il mutuo e l’ipoteca.
f) Il diritto di prelazione a favore dell’acquirente che abbia adibito l’immobile ad abitazione principale per sé o per un parente di primo grado con le modalità previste dall’art. 9 del d.lgs. 122/2005.
g) Esclusione dalla possibile revocatoria fallimentare per gli immobili
che l’acquirente abbia acquisito a giusto prezzo (art.10).
210 v. X. XXXXX, Conflitto tra privilegio del credito del promissario acquirente per mancata esecuzione del contratto preliminare e ipoteche iscritte prima della trascrizione del preliminare medesimo, in Banca, borsa, tit. cred., 2001, II, p. 481 ss.
211 Al riguardo, v. G. PALERMO, La tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, in Giust. civ., 2008, 6, p. 319 ss.; ID., Lo schema legale dei contratti relativi ad immobili da costruire, in Riv. Not., 2006, 4, p. 965.
d.lgs. 122/2005
I soggetti...
h) Possibilità per l’acquirente di escutere la garanzia fideiussoria prima che il curatore comunichi la scelta fra esecuzione o scioglimento del contratto (art. 11).
La disciplina dei soggetti, dell’oggetto e degli atti contenuta nel d.lgs. 122/2005 induce ad arricchire e a rettificare la nostra consapevolezza su: 1) il requisito soggettivo delle norme di protezione; 2) l’individuazione dei beni immobili; 3) l’effetto reale del contratto.
Iniziamo dal primo di questi aspetti: i soggetti.
b.1. Requisito soggettivo delle norme di protezione
L’art. 2 della legge delega (legge 2 agosto 2004, n. 210) e l’art. 1 del d.lgs. 122/2005 fanno riferimento, quanto al soggetto acquirente destinatario delle tutele, alla persona fisica ed escludono le società, le persone giuridiche e gli enti collettivi. Ed è dubbio, in base alla lettera della norma, se essa si riferisca anche alla persona fisica che agisca nell’esercizio di un’impresa o di una professione.
Esistono due letture.
a) Per alcuni, il requisito che il contratto sia stipulato per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale è da ritenersi soluzione coerente e implicita con la ratio della normativa e, forse, imposta per assicurare la legittimità costituzionale della norma. Ciò perché lo statuto dei soggetti che agiscono per scopi non professionali è un tratto consolidato del sistema, ma l’estensione della disciplina anche a imprenditori individuali e professionisti è una “disparità di trattamento con società e enti difficilmente conciliabile con l’art. 3 e 41 della Costituzione”212.
b) D’altra parte, altri ci ricorda che questo non è certo il primo caso di tutela che prescinde dalla qualità di consumatore. Basta pensare al cliente delle banche, alla subfornitura ed ai termini di pagamento nelle transazioni commerciali213.
Nel nostro caso, peraltro, c’è una diversità sistematica precisa:
• la legislazione consumeristica ha di mira asimmetrie informative e squilibri di natura giuridico economica;
• nella nostra legge la tecnica è diversa perché sono diversi gli interessi da tutelare;
212 G. DE CRISTOFARO e X. XXXXXXX, Le misure di protezione degli acquirenti di edifici da costruire introdotte dal X.Xxx. 20 giugno 2005, n. 122, in Studium Juris, 2005, p. 1006 ss.; v. inoltre M. C. D’XXXXXX, La tutela contrattuale degli acquirenti di immobili da costruire, in Riv. not., 2006, 4, p. 911.
213 X. XXXXXXXX, Gli acquisti di immobili da costruire, Milano, 2005, p. 40 ss. alla cui opera si farà costante riferimento.
• non ha rilievo la predisposizione del contenuto o la carenza di informazioni;
• l’acquisto non è un atto di consumo ma la tutela è accordata “in considerazione della intrinseca rischiosità dell’operazione”214;
• la persona che ha acquistato è un contraente “meno avveduto e meno abile per contrattare in condizioni di parità”, ma al contempo è più “evoluto rispetto alla figura del consumatore”. Da qui la specialità di tutela che non è incostituzionale. Ne segue anzi che se la persona fisica è anche consumatore cumulerà le due discipline215.
Una lettura sistematica conferma questa seconda interpretazione.
La perdita di centralità della figura del consumatore è una tendenza precisa del diritto privato europeo. In esso emerge la rilevanza della asimmetria di potere contrattuale e il criterio soggettivo non orienta più in modo univoco. Ne è prova l’evoluzione dei codici. In Francia al Code civil, costruito su eguaglianza e parità si sono affiancati codici settoriali; in Germania nel BGB prevale il modello opposto e le nozioni di consumatore e imprenditore compaiono, ora, nella parte generale. In Italia l’evoluzione ha il segno dell’ambiguità ma in tutte le codificazioni emerge, con chiarezza, una linea di tendenza comune216. La necessità di un trattamento differenziato delle posizioni dei contraenti che presuppone il riconoscimento delle parità delle situazioni soggettive davanti alla legge e al giudice (artt. 24 e 111 della Costituzione) e l’accertamento giudiziale delle diversità tramite l’attuazione di una norma speciale; l’uso rigoroso di clausole generali; la qualificazione giuridica di un fatto che giustifichi il trattamento diversificato.
Ciò avviene chiaramente nel nostro caso ove il fatto individuato è l’acquisto non immediato, per sé o un proprio congiunto, da parte di una persona fisica (che è anche imprenditore o professionista) o di colui che ha assunto obbligazioni con una cooperativa per ottenere l’assegnazione in proprietà nei confronti di un costruttore che rivesta la qualità di imprenditore (edile o non edile) e non di semplice privato217.
214 V. ancora X. XXXXXXXX, op. cit., p. 45.
215 X. XXXXXXXX, op. cit., p. 46.
216 V. sul punto X. XXXXXXX, Libertà di contratto e disparità di potere, in Riv. dir. priv., 2005, 4,
p. 743 ss.
217 v. G. DE CRISTOFARO e X. XXXXXXX, op. cit., p. 1008; X. XXXXX, Decreto legislativo 122/2005: La garanzia fideiussoria ed i presupposti di applicazione della nuova normativa, Studio CNN 5813/C, 23 luglio 2005.
Il dato di riferimento è dunque un fatto, una posizione e non solo una qualità soggettiva riferita ad un atto di consumo.
… I beni
b.2. Individuazione dei beni immobili
Quanto all’oggetto, è noto che ogni bene giuridico è la sintesi fra res e l’interesse tutelato. Sicché la sua individuazione nel nostro caso non può che dipendere da entrambi gli elementi dai quali si trae la relazione delle cose e il grado di tutela. Vediamole entrambe da vicino.
1) Immobile da costruire è quello per il quale è stato richiesto il permesso di costruire e che sia ancora da edificare o la cui costruzione non risulti ultimata, essendo in stato tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità218.
Il bene giuridico in esame (la res) si colloca fra due momenti fissati dalla legge:
• dopo l’avvenuta richiesta del permesso di costruire o della
denuncia di attività;
• prima del completamento della finitura e della richiesta del certificato di agibilità.
Sono esclusi dalla disciplina:
• gli acquirenti, quando non è stato chiesto il permesso;
• gli acquirenti, quando è già richiesto il rilascio dell’agibilità;
• gli acquirenti che hanno richiesto il permesso prima dell’entrata in
vigore della norma219.
Sulla estensione della ratio di tale disciplina normativa si hanno due interpretazioni diverse:
• da un lato, si delimita l’operatività della norma su di un piano solo privatistico e si reputa ancora possibile dopo la legge la commerciabilità di fabbricati da edificare e per i quali non sia stato richiesto il titolo edilizio220;
• dall’altro, si reputa al contrario nullo per illiceità dell’oggetto il contratto preliminare o definitivo concernente un immobile da costruire prima che sia richiesto il permesso221.
Per una corretta interpretazione si tratta di stabilire se la definizione di immobile da costruire di cui all’art. 1 valga ai soli fini della tutela dell’acquirente o travalichi tale interesse.
218 X. XXXXXXXX, op. cit., p. 23.
219 ID., op. loc. cit.
220 Così X. XXXXX, op. cit., p. 16-17.
221 X. XXXXXXXX, op. cit., p. 27.
Questa ultima soluzione sembra preferibile in base ad una serie di indici normativi di particolare significato:
• la stipula di un contratto definitivo di un fabbricato da costruire ai sensi dell’art. 46 D.P.R. n. 380/2001 esige il rilascio del permesso di costruzione;
• l’eseguibilità della sentenza costitutiva ex art. 2932 esige
l’indicazione del permesso;
• nella nuova disciplina la richiesta del permesso è il fattore di ingresso nella normativa di protezione che è subordinata all’esigenza di tutela dell’interesse pubblico al contrasto dell’abusivismo edilizio222;
• l’art. 6 esige gli estremi del permesso di costruire nel preliminare “comunque diretto al successivo acquisto”.
Ciò può essere sufficiente:
a) per ritenere che la richiesta del permesso sia divenuto elemento di liceità dell’oggetto nelle operazioni finalizzate all’acquisto di immobili da costruire;
b) per bilanciare la tutela dell’acquirente e l’interesse pubblico in vari
momenti:
• è sufficiente la richiesta del permesso nel preliminare;
• occorre il rilascio per la stipula del definitivo;
• se vi è difformità totale fra l’edificio in corso di costruzione e il permesso rilasciato cessa la tutela dell’acquirente su cui grava un onere di controllo iniziale, ai sensi dell’art. 6 che esige l’allegazione al contratto degli elaborati del progetto223.
2) Quanto alle ristrutturazioni, è noto che l’ipotesi era esclusa nei lavori preparatori, ma una lettura attenta della norma induce a una conclusione diversa per i seguenti motivi:
• la ristrutturazione individua un nuovo bene costituito dal fabbricato e dall’interesse dell’acquirente che ha assunto obbligazioni;
• vi è sostanziale identità fra nuova costruzione al rustico e fabbricato da ristrutturare.
Sicché la tutela non può essere negata; occorre solo che l’immobile sia diverso da quello originario e lo sarà quando l’intervento richiede un nuovo certificato di agibilità224.
222 ID., op. cit., p. 27 ss.
223 ID., op. loc. cit.
224 X. XXXXX, op. cit., p. 13 ss.
… e l’operazione economica
3) Per quanto concerne la destinazione e il corrispettivo si può osservare che la destinazione è irrilevante tranne che per il diritto di prelazione ed i limiti alla azione revocatoria, i quali esigono la destinazione abitativa e la qualità di abitazione personale.
Quanto al corrispettivo, fino a quando non sono corrisposti acconti, non è dovuta la fideiussione mentre saranno sempre operative: l’assicurazione; il contenuto minimo del contratto; il frazionamento del mutuo; la prelazione e i limiti alla azione revocatoria; il limite della facoltà di scelta del curatore225.
b.3. Atti, operazione economica ed effetto reale del contratto
La legge non identifica tipi contrattuali ma piuttosto una funzione e una finalità: “l’acquisto” o “trasferimento non immediato” a favore dell’acquirente o di un suo parente in primo grado del fabbricato da costruire”.
Oggetto di considerazione non è la causa, la struttura o altri criteri, ma ogni atto che produca (1, 2, 3) abbia o possa avere per effetto o, comunque, come finalità il trasferimento non immediato di un immobile o di un diritto reale.
La norma recepisce ed utilizza l’idea di operazione intesa come “unità formale che trova nel regolamento tipico il suo centro, intorno al quale si coordinano le altre determinazioni pattizie e i diversi comportamenti attuativi, ciascuno caratterizzato dalla rilevanza che gli è propria”226.
Un’intuizione pensata dalla dottrina in relazione alla funzione illecita, al titolo dell’acquisto, al procedimento di conclusione del contratto avversata a lungo dai teorici della fattispecie come alterazione della purezza della dinamica giuridica (fatto-effetto). Una creazione del pensiero giuridico che ha arricchito la nostre conoscenze227 ed è ora uno strumento privilegiato del legislatore nazionale e comunitario come tecnica normativa di regolazione per gruppi di contratti e strumento per evitare elusioni nella normativa di protezione.
Ed è in questa dimensione che la legge la utilizza: la sua funzione
ordinante agevola l’applicazione integrale della norma.
225 X. XXXXXXXX, Sulla predeterminazione legale del contenuto dei contratti di acquisto di immobili da costruire, in Riv. dir. civ., 2005, 6, p. 713.
226 X. XXXXXXX, Funzione illecita e autonomia privata, Milano, 1970, p.111; X. XXXXXXXXX,
Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969, p. 2 ss.
227 X. XXXXXXXXX, Dal contratto al negozio unilaterale, op. cit., p. 2 ss.; e ora X. XXXXXXXXX, Il contratto e le sue qualificazioni, in Trattato dei contratti (a cura di X. XXXXXXXX), Xxxxxx, 0000, p. 49 ss.
Nei contratti preparatori l’ampia formula normativa è idonea a comprendere qualsiasi atto anche unilaterale con cui l’acquirente si vincoli con il costruttore.
La categoria della vendita obbligatoria risulta ampliata, come vedremo, e, con riguardo alla normativa in discorso, è necessario solo qualche accorgimento in ordine al momento in cui il fabbricato deve considerarsi venuto ad esistenza, ai fini della precisa individuazione del prodursi dell’effetto traslativo.
Si dovranno coordinare le nozioni di esistenza e completamento e saranno opportune alcune cautele sulla redazione dell’atto228. Ove si potrà far coincidere convenzionalmente la venuta ad esistenza con il rilascio del certificato agibilità.
La garanzia fideiussoria cesserà nei diversi momenti in cui si realizza
l’effetto traslativo.
Il riferimento al leasing traslativo è opportuno perché sono frequenti i casi in cui l’acquirente nel preliminare si riserva la nomina di una società di leasing che acquisterà e concederà poi il godimento all’utilizzatore. Il quale può essere pregiudicato dall’insolvenza o inadempimento del costruttore. È opportuno allora che la tutela scatti, in tal caso, dal preliminare anche se l’acquisto sarà perfezionato in capo alla società di leasing229.
D’altra parte, dove vi è un trasferimento immediato come nell’ipotesi di vendita del rustico con obbligo di completamento e nel fabbricato da ristrutturare o dove il trasferimento non c’è come nell’appalto, non opera la norma sulla fideiussione e si può solo valutare l’applicazione analitica di alcune disposizioni come quella relativa all’assicurazione.
La capacità ordinante dell’operazione è dunque molto elevata ma c’è di
più.
La disciplina è un ulteriore dato normativo che rafforza il convincimento sulla derogabilità e gradualità dell’effetto reale da parte dei privati.
Sono noti gli altri indici di rilevanza.
Da un lato, l’adempimento del compratore come condizione del prodursi dell’effetto reale, che è stata riconosciuta dalla giurisprudenza recente della Cassazione e nella stessa sentenza costitutiva (ai sensi dell’art. 2932), ove gli effetti del contratto non concluso sono spesso condizionati al pagamento del prezzo.
228 X. XXXXXXXX, op. cit., p. 65 ss.
229 X. XXXXXXXX, op. cit., p. 91 ss.; X. XXXXX, op. cit., p. 1.
Dall’altro, la scissione convenzionale dell’operazione traslativa in un contratto di alienazione obbligatorio, seguito da un atto traslativo causale a struttura unilaterale di adempimento che è stato:
• riconosciuto in alcuni casi in giurisprudenza (atto traslativo di adempimento di un precedente obbligo di mantenimento realizzato con una proposta di donazione non accettata ma perfezionata ex art. 1333);
• ammesso espressamente nella novella sulla trascrizione del preliminare, ove si menziona il contratto definitivo o altro atto che costituisce comunque esecuzione del contratto preliminare. Nella norma, si è detto, il baricentro dell’operazione è il contratto preliminare e l’adempimento del medesimo è demandato ad un atto negoziale solutorio con causa esterna. Sicché la svolta è netta230.
Ma la scelta si consolida appunto nel Decreto Legislativo in esame, quando si parla, da un lato, di contratto preliminare e, dall’altro, di ogni altro contratto che abbia o possa avere come effetto o finalità il trasferimento non immediato della proprietà. La norma riconosce così la derogabilità del principio consensualistico rimarcando il passaggio dall’immediatezza e contrattualità dell’effetto reale alla gradualità, differimento, e unilateralità nella sua produzione.
6.10 Rimedi
Si è a lungo discusso sulla ipotesi di sopravvenienze, difformità o differenze di valore che si verifichino o siano scoperte dopo la conclusione del contratto preliminare ma prima della sottoscrizione del contratto definitivo.
La soluzione adottata in precedenza nella giurisprudenza teorica e pra- tica era del tutto lineare:
• gli effetti che si possono produrre con il definitivo sono quelli dichiarati nel preliminare, e le parti e il giudice non possono innovare il contenuto di tale atto (art. 2932).
• di fronte a difformità o vizi il promissario avrà due possibilità:
– concludere un definitivo fedele alla lettera del preliminare;
Principio di intangibilità del preliminare e suo superamento
230 Su tali profili v. X. XXXXXXX, Vendita e contratti traslativi. Il patto di differimento degli effetti reali, Milano, 1999, p.103 ss.; T. V. XXXXX, I trasferimenti patrimoniali tra coniugi nella separazione e nel divorzio, Napoli, 2001, p.167.
– rimuovere il preliminare.
Dominava dunque l’idea della intangibilità del preliminare. Sicché il definitivo e la sentenza ex art. 2932 c.c. non potevano che essere mere riproduzioni del preliminare.
La revisione di tale convincimento segue i seguenti passaggi:
– il giudice deve tener conto non solo di ciò che le parti dichiararono quando stipularono il contratto, ma di tutte le circostanze connesse;
– il contenuto del contratto non è solo quello voluto, ma quello oggetto di integrazione ai sensi dell’art. 1374 c.c.;
Così dalla fine degli anni ’90 il principio dell’intangibilità è stato abbandonato e si è ritenuto possibile adattare il contratto definitivo o la sentenza costitutiva in presenza di determinate condizioni231.
L’identità del bene è necessaria ma si può esperire l’azione per elimi- nare i vizi e le difformità nonché contestualmente l’azione ex art. 2932
c.c. quando le difformità non riguardano struttura e funzione del bene e non incidono sulla sua identità, ma solo sul suo valore economico. Più delicata è la questione relativa alla presenza di un vizio nel contratto preliminare. È chiaro che in tal caso si può impugnare il preliminare o mantenerlo in vita rettificato. Ma che cosa accade se si conclude il definitivo e poi si chiede l’eliminazione dell’atto? Le soluzioni non possono essere che diversificate232.
– Se la parte conosceva il vizio prima del preliminare e conclude il definitivo si potrebbe pensare ad una rinuncia.
– Se il rimedio contro il preliminare è prescritto al tempo del definitivo l’atto è inattaccabile. Se invece detto rimedio non è prescritto ovvero è imprescrittibile (si pensi all’azione di nullità), la soluzione varia a seconda della ricostruzione adottata in ordine alla natura del definitivo ed alla sua autonomia. A ben vedere, non può essere fornita una soluzione unitaria al problema, occorrendo una verifica della fattispecie concreta e delle circostanze.
– Unica eccezione, per taluno è l’azione di rescissione233. A fronte di un preliminare rescindibile, anche la giurisprudenza ammette il decorso di un nuovo termine di prescrizione annuale a partire dalla stipulazione del definitivo: la ratio va ricercata nella eccessiva brevità del termine prescrizionale234.
231 V. in particolare Cass., 29 ottobre 2003, n. 16236, riportata nel testo.
232 V. al riguardo, X. XXXXX, Il contratto, cit., p. 665 ss.; X. XXXXXXX, Contratto preliminare, cit., p. 702 ss.; X. XXXXXXXXX, Contratto preliminare, cit., p. 199.
233 X. XXXXX, Il contratto, cit., p. 665.
234 X. Xxxx., 00 novembre 2000, n. 15139, in Giur. it., 2001, p. 1611, x. XXXXXXX.
Di contro, in caso di vizi che attengano al solo definitivo, i rimedi troveranno applicazione per quest’ultimo; il venir meno di tale contratto inoltre non incide sulla validità del preliminare e sull’obbligo che ne sorge. Pertanto, resta in vita l’obbligo nascente dal preliminare di stipulare un nuovo contratto definitivo esente da vizi.
Giurisprudenza
“In tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, che postula l’identità fra il bene promesso in vendita e quello da trasferire, il promissario acquirente può esperire cumulativamente e contestualmente l’azione di cui all’art. 2932 c.c. e quella diretta all’eliminazione dei vizi o difformità o alla riduzione del prezzo, allorché le difformità, non riguardando la struttura e la funzione del bene, non sono in grado di incidere sulla sua identità ma soltanto sul valore economico” (Cass., 29 ottobre 2003, n. 16236, in Giust. civ. Mass., 2003, 10).
“L’efficacia retroattiva dell’annullamento del contratto definitivo determina la reviviscenza del contratto preliminare e delle obbligazioni che le parti con quest’ultimo hanno assunto; pertanto quando il contratto definitivo è annullato, è esperibile l’azione di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre assunto con la stipulazione del contratto preliminare” (Cass., 22 febbraio 1999, n. 1395, in Giur. It., 1999, 271).
6.11 Cedibilità del preliminare
Come ogni contratto anche il preliminare può essere ceduto con il consenso delle parti (1406 c.c.), consenso che può essere espresso o indiretto.
In particolare, si è ritenuto che l’apposizione della riserva di nomina del contraente ex art. 1401 c.c. non solo sia compatibile con il contratto preliminare, ma possa anche valere come dichiarazione di accettazione preventiva della cessione nel caso in cui tale volontà risulti nella formulazione di tale riserva.
Giurisprudenza
“In un contratto preliminare di compravendita immobiliare, la clausola che prevede che il promissario acquirente acquisti per sè o per persona da nominare può comportare la configurabilità sia della cessione del contratto ai sensi dell’art. 1406 ss. c.c., con il preventivo consenso della cessione a norma dell’art. 1407 stesso cod., sia di un contratto per persona da nominare di cui all’art. 1401 c.c., e ciò sia in ordine al preliminare che con riferimento al contratto definitivo. Tale pluralità di configurazioni giuridiche va pertanto riferita al contenuto effettivo della volontà delle parti contraenti, che l’interprete deve ricercare in concreto, detto accertamento costituisce una valutazione di fatto rimessa al giudice del merito e, pertanto, è incensurabile in sede di legittimità se condotto correttamente alla stregua dei criteri ermeneutici dettati dagli art. 1362 ss. c.c. e sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logico-giuridici” (Cass., 25 settembre 2002, n. 13923, in Dir. e giust., 2002, 39, 25).
6.12 La sentenza costitutiva di cui all’art. 2932 c.c.
La norma ammette tale azione qualora sia possibile e non sia esclusa dal titolo.
Per esperire l’azione l’attore deve aver eseguito la sua prestazione o avere fatto offerta nei modi di legge (art. 1208 c.c.); la giurisprudenza si accontenta di qualsiasi offerta e ad essa equipara la convocazione davanti al notaio per la conclusione del definitivo. Non solo, ma in materia si è formato un indirizzo giurisprudenziale creativo e di grande utilità per le parti.
Se il prezzo non è stato pagato è impensabile che la parte paghi nel momento in cui il giudice decide. E la soluzione giurisprudenziale prevede che il giudice possa accogliere la domanda di esecuzione in forma specifica e trasferire la proprietà dell’immobile, subordinando il trasferimento alla condizione sospensiva del pagamento. Se la prestazione dell’attore non è liquida, il giudice si riserva anche la possibilità di liquidarla in via preventiva.
Quanto al requisito della possibilità, deve essere, appunto, possibile realizzare gli effetti traslativi, e ciò dovrà escludersi, ad esempio, quando il promittente non è più proprietario perché ha alienato con atto trascritto.
Giurisprudenza
“In materia di contratto preliminare di vendita, la volontà del promittente acquirente, che agisca per ottenere la sentenza costitutiva di cui all’art. 2932 c.c., può essere desunta anche dall’invito fatto al promittente venditore di recarsi davanti al notaio per la stipula del definitivo e, allo stesso modo, può essere manifestata attraverso l’offerta della prestazione fatta in giudizio dalla parte, personalmente o anche a mezzo del suo procuratore, prima della sentenza. L’offerta "nei modi di legge", imposta al promissario acquirente dall’art. 2932 c.c., non deve necessariamente consistere nell’offerta formale di cui agli art. 1208, 1209 e 1210 c.c., essendo sufficiente anche la semplice offerta secondo gli usi. Poiché l’offerta del prezzo integra una condizione dell’azione, che, come tale, deve sussistere al momento della decisione, essa può essere validamente fatta durante tutto il corso del giudizio. Soltanto nel caso in cui la prestazione del contraente che agisce in giudizio sia esigibile al momento della domanda giudiziale, la prestazione stessa deve essere adempiuta, o l’offerta deve essere fatta, al momento di tale domanda, ma se in base all’accordo delle parti, il pagamento del prezzo deve essere eseguito al momento della stipula del rogito definitivo o successivamente, la sentenza costitutiva deve essere pronunciata a prescindere da qualsiasi offerta e il pagamento del prezzo deve essere imposto dal giudice, quale condizione dell’effetto traslativo derivante dalla sentenza” (Cass., 16 marzo 2006, n. 5875, in Guida al diritto, 2006, 22, 47).
7. La clausola penale e la caparra.
La funzione della clausola
penale
7.1. La clausola penale
L’art. 1382 c.c. amplia il potere di autonomia delle parti e prevede che esse possono “predeterminare, in tutto o in parte l’ammontare del risarcimento del danno dovuto dal debitore inadempiente (aspetto risarcitorio) ovvero esonerare il creditore dal fornire la prova del danno subito, o, ancora, porre a carico di quest’ultimo una sanzione per l’inadempimento o il ritardo. E ciò in deroga alla disciplina positiva sull’onere della prova, la determinazione del risarcimento, la possibilità di istituire sanzioni private235”.
L’art. 1384 c.c. dispone che la penale può essere diminuita equamente dal giudice “se l’obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l’ammontare della penale è manifestamente eccessivo avuto sempre riguardo all’interesse che il creditore aveva all’inadempimento”.
Quanto alla funzione della clausola penale, in dottrina si è discusso tra chi vi individua una funzione essenzialmente risarcitoria, in quanto finalizzata alla determinazione preventiva del danno: la posizione giuridica del creditore viene così rinforzata dall’esenzione dell’onere di provare il danno, con conseguente riduzione dei tempi connessi236. E chi vi ravvisa una duplice funzione, risarcitoria e sanzionatoria. Quest’ultima è in particolare giustificata dal potere correttivo ex art. 1384 c.c.: da esso si desume il possibile scollamento dell’ammontare della penale rispetto all’entità del danno verificatosi, e la relativa riconduzione all’interesse patrimoniale del creditore all’adempimento237. Altri poi annovera la penale nell’ambito delle c.d.
235 Cass., Sez. Un., 13 settembre 2005, n. 18128, in Foro it., 2005, I, c. 2985. In dottrina,
X. XXXXX - X. XX XXXX, Xx Xxxxxxxxx, XX, Xxxxxx, 0000, p. 160; v. inoltre X. XXXXXXXXX, Spunti comparatistici in tema di clausola penale, in Studi in onore di Xxxxxxx Xxxxx, Torino, 1994, p. 1059 ss.
236 C.M. BIANCA, Diritto Civile, 5. La responsabilità, Milano, 1994, p. 222.
237 V.M. XXXXXXXXX, La clausola penale, Milano, 1954, p. 89 ss. il quale più precisamente evidenzia il ruolo sanzionatorio della penale di tal ché individua “clausole penali pure”, caratterizzate dall’elemento punitivo, e “clausole penali non pure”, arricchite dall’elemento risarcitorio su volontà delle parti; X. XXXXXXX, La pena contrattuale, Milano, 1991, p. 99 ss.; X. XXXXXXX, Artt. 1382-1384, in Comm. cod. civ., a cura di Xxxxxxxx e Branca, Bologna-Roma, 1993, p. 165 ss.
Ancora diversa è la ricostruzione di chi (X. XXXXXXXXX, Clausola penale (artt. 1382- 1384), in Comm. cod. civ., a cura di X. Xxxxxxxxxxx, Milano, 1999) accoglie la visione dualistica della clausola penale attribuendole una funzione sanzionatoria a seconda dell’intenzione dei contraenti e dell’atteggiamento punitivo o risarcitorio.
“pene private” e, dunque, dotata della finalità di prevenzione (garantita dall’incidenza sul comportameto della parte per spingerla all’adempimento) e di punizione (giustificata alla luce del possibile intervento giudiziale entro i binari dell’equità, a prescindere dalla riconduzione dell’importo ai danni effettivamente subiti)238.
Il problema più delicato concerne la possibilità per il giudice di disporre d’ufficio la riduzione della penale e sul punto si sono pronunziate di recente le Sezioni unite della Corte di Cassazione239. L’ampio dibattito e l’interesse suscitato è motivato dal fatto che il tema implica una presa di posizione sul potere di controllo del giudice sul contenuto contrattuale e più in generale sui limiti alla libertà delle parti di predisporre il contenuto del contratto.
Ciò lo si ricava assai bene dalla prima sentenza che ha ripensato la consolidata opinione contraria alla riducibilità d’ufficio. La Cassazione da conto del precedente indirizzo che si basava sui seguenti argomenti240:
• il divieto per il giudice, ai sensi dell’art. 2907 c.c., di provvedere d’ufficio, salvo i casi previsti dalla legge.
• La ratio dell’art. 1384 c.c. che sarebbe limitata alla tutela della posi- zione del solo debitore.
• Le riserve contro l’intervento del giudice nella “cittadella della autonomia contrattuale”, giustificata dal “mito ottocentesco della onnipotenza della volontà e del dogma della intangibilità delle convenzioni”.
La sentenza reputa che l’intervento del giudice previsto dall’art. 1384 debba ora essere valutato non in “chiave di eccezionalità bensì quale semplice aspetto del normale controllo che l’ordinamento si è riservato sugli atti di autonomia privata” e scandisce i motivi che ispirano e sorreggono tale attività241.
Riducibilità
d’ufficio della
clausola penale
L’orientamento
contrario
238 X. XXXXXXXXXX, voce Pena privata, in Enc. giur. Treccani, XXII, Milano, 1990, 1 ss.; X.XXXXX, Pene private e responsabilità civile, Milano, 1996, 33 ss.; X. XXXXXXX, Pena privata e autonomia privata, in Le pene private, (a cura di) Xxxxxxxx, Scalfi, Milano, 1985, p. 235 ss.
239 Cass., Sez. Un., 13 settembre 2005, n. 18128, cit.
240 V. in particolare Cass., sez. I, 24 settembre 1999, n. 10511, in Contratti, 2000, 11, p. 121, con nota di X. XXXXXXXX, Xxxxx legittimazione attiva alla riduzione della penale. Cfr. inoltre, X. XXXXX, Il controllo della penale eccessiva tra autonomia privata e paternalismo giudiziale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, I, p. 297.
241 Così Cass., Sez. Un., 13 settembre 2005, n. 18128, cit., donde sono tratti i riferimenti di cui al testo.
• In primo luogo la costituzionalizzazione dei rapporti di diritto privato che implica un bilanciamento di valori di pari rilevanza quali, da un lato, l’art 41, 2° comma, sulla tutela dell’iniziativa economica privata (e indirettamente della libertà di contratto) e, dall’altro, il dovere di solidarietà nei rapporti intersoggetivi previsto nell’art. 2. Dovere da cui si è già desunta “l’esistenza di un principio di inesigibilità come limite alle pretese creditorie” e che integra il “canone generale di buona fede e correttezza ( artt. 1175, 1337, 1359, 1366, 1375)”. Il quale comporta “obblighi anche strumentali di protezione della persona e delle cose della controparte” conformando ogni situazione soggettiva242.
• Se si tiene conto di ciò, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 1384 non può che comportare una riduzione anche d’ufficio della penale, stante “il potere-dovere conferito al giudice per la realizzazione di un interesse oggettivo dell’ordinamento”.
• Interesse questo che, in presenza della funzione sanzionatoria espressa con la clausola penale, assume una specifica rilevanza per “garantire l’adeguatezza e proporzione della sanzione all’illecito che essa è destinata a prevenire o reprimere”.
Dopo che alcune sentenze avevano disatteso tale orientamento e riproposto la necessità della domanda di parte 243 è intervenuta la sentenza delle Sezioni Unite (13 settembre 2005 n.18128) che conferma la svolta operata in precedenza con una motivazione ricca e condivisibile. Vediamola.
Si individuano anzitutto tre argomenti fondamentali nella giurispru- denza che nega il potere del giudice di ridurre d’ufficio la penale.
Il primo fa leva sulla assenza di deroga nell’art.1384 c.c. al principio in base al quale il giudice non può pronunziare se non nei limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti. Ma a ciò si replica che l’art. 112 c.p.c. “lascia intendere che vi sono, oltre alle eccezioni proponibili solo dalle parti, anche eccezioni che non lo sono e, in
Sezioni Unite del 2005: potere del giudice di ridurre d’ufficio la penale …
242 Al riguardo viene richiamata la nota sentenza della Cassazione del 20 aprile 1994, n. 3775, in Foro it., 1995, I, c. 1296 la cui massima sancisce che: “Il principio di correttezza (art. 1175, c.c.) costituisce il limite interno di qualunque posizione giuridica di origine contrattuale e contribuisce alla conformazione (in senso ampliativo o restrittivo) delle stesse posizioni, in modo di assicurare l’ossequio alla giustizia sostanziale del rapporto. Il principio suindicato (buona fede oggettiva) concorre a creare la regula iuris del caso concreto”.
243 Cass., 30 maggio 2003, n. 8813, in Giust. civ. Mass., 2003, 5.