Common use of Gli effetti della certificazione Clause in Contracts

Gli effetti della certificazione. L’art. 79 del decreto (“Efficacia giuridica della certificazione”) stabilisce che “Gli effetti dell’accertamento dell’organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi dell’art. 80, fatti salvi i provvedimenti cautelari”. L’effetto della certificazione consiste nella temporanea inefficacia di qualsiasi atto che presupponga una qualificazione del contratto diversa da quella certificata. Tale effetto può essere superato esclusivamente attraverso una successiva differente valutazione del giudice al quale il legislatore non può sottrarre la qualificazione dei rapporti finalizzata al riconoscimento dei diritti che ne conseguono (art. 24, comma 1, Cost.). Tale valutazione soggiace, però, ai limiti premessi per i quali il sindacato del giudice deve ritenersi circoscritto ai casi di erronea qualificazione del contratto, vizi del consenso, o difformità tra il programma negoziale certificato e la concreta attuazione verificata. Ove ne ricorrano i presupposti è ammesso il ricorso ai provvedimenti cautelari, attraverso i quali si può anticipare l’eliminazione degli effetti dell’atto di certificazione. Le parti devono fare espressa richiesta, nell’istanza di certificazione, degli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali in relazione ai quali richiedono la certificazione medesima (art. 78, comma 2, lett. d). In mancanza di tale espressa indicazione l’atto di certificazione produce effetti soltanto tra le parti. Ad ogni modo, in funzione della tipologia di richiesta espressa dalle parti nell’istanza, la Commissione deve dare esplicita menzione degli effetti che produce l’atto di certificazione. L’art. 80, comma 1, del decreto stabilisce che “Nei confronti dell’atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera giuridica l’atto stesso è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso, presso l’autorità giudiziaria di cui all’articolo 413 del codice di procedura civile, per erronea qualificazione del contratto oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso la medesima autorità giudiziaria, le parti del contratto certificato potranno impugnare l’atto di certificazione anche per vizi del consenso”. L’atto di certificazione può dunque essere impugnato dalle parti e dai terzi interessati davanti al giudice del lavoro per erronea qualificazione del contratto da parte della Commissione di Certificazione. In tal caso l’effetto dell’accertamento giudiziale decorrerà fin dal momento della conclusione dell’accordo contrattuale (art. 80, comma 2). Inoltre, l’atto di certificazione può essere impugnato, sempre davanti al giudice del lavoro, per difformità tra il programma negoziale e la sua successiva attuazione. In questa seconda ipotesi, l’effetto dell’accertamento giudiziale decorrerà dal momento in cui i l giudizio consente di acce r tare che ha avuto inizio la difformità stessa (art. 80, comma 2). Tuttavia, solo le parti del contratto (e non anche i terzi interessati) possono impugnare la certificazione innanzi alla medesima autorità giudiziaria per vizi del consenso. Nell’adottare la propria decisione, il giudice del lavoro valuterà “il comportamento complessivo tenuto dalle parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro e di definizione della controversia davanti alla Commissione di Certificazione” (art. 80, comma 3, del decreto). La legge attribuisce, quindi, rilevanza alla condotta tenuta dalle parti stesse in sede di certificazione e di conciliazione ai fini della condanna alle spese e al risarcimento per lite temeraria nel successivo giudizio avverso la certificazione, con l’intento di scoraggiare eventuali ripensamenti delle parti rispetto alla qualificazione certificata del rapporto di lavoro. Inoltre, l’art. 80, comma 5, del decreto prevede che “Dinnanzi al tribunale amministrativo regionale nella cui giurisdizione ha sede la Commissione che ha certificato il contratto, può essere presentato ricorso contro l’atto certificatorio per violazione del procedimento o per eccesso di potere”. Tale azione è diretta ad ottenere l’annullamento dell’atto di certificazione, senza incidere sul contratto di lavoro al quale accede. I vizi procedimentali in questione possono essere fatti valere sia dalle parti che dai terzi interessati. In ogni caso, il giudice ordinario conserva il potere di disapplicare l’atto di certificazione viziato.

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Gli effetti della certificazione. L’artSi ritiene che l’atto di certificazione, abbia natura di atto amministrativo. 79 del decreto (“Efficacia giuridica della certificazione”) stabilisce che “Gli effetti dell’accertamento dell’organo preposto alla di tale atto non influiscono sul contenuto del contratto, quanto sulle conseguenze giuridiche di quanto accertato. Infatti, al giudice non è preclusa la possibilità di accertare che lo svolgimento concreto del rapporto di lavoro sia diverso da quanto certificato. Facendo un esempio, se le parti hanno stipulato un contratto qualificato a progetto ma che in realtà è un contratto di lavoro subordinato, il lavoratore – per far valere i relativi diritti - dovrà allegare e provare i fatti a sostegno di una qualificazione diversa da quella originale; la certificazione non modifica in alcun modo questa dinamica. Al limite, può costituire solo uno degli elementi sui quali si forma il libero convincimento del giudice. L’efficacia della certificazione potrebbe così diventare una variabile dipendente dal grado di autorevolezza che il certificatore avrà saputo conquistarsi sul campo sotto il profilo politico-sindacale ovvero sotto quello tecnico- giuridico. Gli effetti dell’atto di certificazione del contratto di lavoro si esplicano e permangono, anche verso i invece, sia tra le parti che nei confronti dei terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con a sentenza di meritomerito contraria. Infatti, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi l’atto finale del procedimento possiede la forza della certezza pubblica e deve, quindi, essere assunto da tutti come conforme all’ordinamento. In tal modo, preclude la possibilità - per chiunque vi abbia interesse e, in special modo, per gli enti previdenziali – di rimettere giuridicamente in discussione, salvo che con «ricorso in giudizio», la qualificazione dell’accordo contrattuale. A ciò si aggiunge la particolarità che neppure i fatti nuovi che emergono dallo svolgimento del rapporto sono in grado di intaccare la forza giuridica della certificazione a meno che essi non siano fatti valere in via giurisdizionale. Il comma 1° dell’art. 80, fatti salvi i provvedimenti cautelari”. L’effetto della certificazione consiste nella temporanea inefficacia di qualsiasi atto 80 del decreto 276/2003 dispone che presupponga una qualificazione è possibile attivare il ricorso al giudice del contratto diversa da quella certificata. Tale effetto può essere superato esclusivamente attraverso una successiva differente valutazione del giudice al quale il legislatore non può sottrarre la qualificazione dei rapporti finalizzata al riconoscimento dei diritti che ne conseguono (lavoro ex art. 24, comma 1, Cost.)413 c.p.c. Tale valutazione soggiace, però, ai limiti premessi per i quali il sindacato del giudice deve ritenersi circoscritto ai casi di erronea qualificazione del contratto, vizi del consenso, o per difformità tra il programma negoziale certificato e la concreta attuazione verificataquello successivamente attuato dalle parti, nonché per vizi di consenso. Ove ne ricorrano i presupposti è ammesso il ricorso ai provvedimenti cautelariLa prima ipotesi, attraverso i quali si può anticipare l’eliminazione degli effetti dell’atto di certificazione. Le parti devono fare espressa richiesta, nell’istanza di certificazione, degli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali in relazione ai quali richiedono la certificazione medesima (art. 78, comma 2, lett. d). In mancanza di tale espressa indicazione l’atto di certificazione produce effetti soltanto tra le parti. Ad ogni modo, in funzione della tipologia di richiesta espressa dalle parti nell’istanza, la Commissione deve dare esplicita menzione degli effetti che produce l’atto di certificazione. L’art. 80, comma 1, del decreto stabilisce che “Nei confronti dell’atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera giuridica l’atto stesso è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso, presso l’autorità giudiziaria di cui all’articolo 413 del codice di procedura civile, ovvero l’impugnativa per erronea qualificazione del contratto, si riferisce al caso in cui l’organo collegiale abbia provveduto ad una certificazione non correttamente. Il giudice, in questo caso, accerta che la commissione di certificazione ha qualificato in modo errato il contratto oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazionedi lavoro perché non ha considerato o non ha potuto considerare elementi di fatto utili alla esatta qualificazione dello stesso. Sempre presso la medesima autorità giudiziariaPertanto, le parti del contratto certificato potranno impugnare ai sensi dell’art. 80 comma 2, l’effetto della sentenza sarà quello di annullare l’atto di certificazione anche per vizi del consenso”. L’atto di certificazione può dunque essere impugnato dalle parti e dai terzi interessati davanti al giudice del lavoro per erronea qualificazione del contratto da parte della Commissione di Certificazione. In tal caso l’effetto dell’accertamento giudiziale decorrerà fin dal momento della conclusione dell’accordo contrattuale contrattuale. La seconda ipotesi, invece, riguarda l’impugnativa dell’atto di certificazione per difformità tra programma negoziale certificato e sua successiva attuazione: in questo caso c’è stato uno svolgimento difforme rispetto a quello qualificato e, quindi, l’eventuale accertamento giudiziale positivo per il lavoratore è destinato a colpire il comportamento non corretto del datore che ha posto in essere qualcosa di diverso da ciò che, a suo tempo, fu certificato. L’accertamento del giudice sarà, pertanto, xxxx ad individuare il momento nel quale le parti – tacitamente o espressamente – hanno posto in essere un altro negozio giuridico con l’intento di modificare il regolamento negoziale (art. 80p. es., comma 2in un contratto part-time, il lavoratore, un anno dopo l’inizio dello svolgimento del rapporto, comincia ad essere costantemente utilizzato per l’orario normale di lavoro). Inoltre, l’atto di certificazione può essere impugnato, sempre davanti al giudice del lavoro, per L’accertamento giurisdizionale della difformità tra il programma negoziale e la sua successiva attuazione. In questa seconda ipotesi, l’effetto dell’accertamento giudiziale decorrerà quello effettivamente realizzato avrà quindi effetto a partire dal momento in cui i l giudizio consente di acce r tare la sentenza accerta che ha avuto inizio la difformità stessa (artstessa. 80Il terzo motivo di impugnazione dell’atto di certificazione, comma 2)ossia l’ipotesi di vizi del consenso fa riferimento invece al caso in cui la manifestazione di volontà espressa nel contratto e nelle audizioni davanti all’organo di certificazione non era sin dall’inizio pienamente libera. Tuttavia, solo le parti è difficile far carico alla commissione di certificazione accertare tutti i possibili vizi del consenso che potrebbero inficiare un contratto (e p. es. la violenza, se esercitata fuori dagli incontri con la commissione stessa, o l’errore sì essenziale ai sensi dell’art. 1429 cod.civ., ma su fatti non anche i terzi interessati) possono impugnare portati a conoscenza). Và detto che la certificazione innanzi alla medesima autorità giudiziaria per è un giudizio tecnico circa la qualificazione giuridica del contratto, che non può sanare eventuali vizi del consenso; anzi, questi vizi potranno essere fatti valere di fronte al giudice. Nell’adottare la propria decisioneIn caso di impugnativa nei casi sopra descritti, il giudice del lavoro valuterà “comma 4 dell’art. 80 dispone per il necessario espletamento di un tentativo obbligatorio di conciliazione davanti alla stessa commissione che ha certificato l’atto, (che in questo caso sostituisce quello avanti alla commissione di conciliazione di cui all’art. 410 c.p.c.). A sostegno della efficacia persuasiva dell’istituto – ma anche dissuasiva, in relazione a ricorsi ingiustificati o temerari – è altresì previsto che il comportamento complessivo tenuto dalle parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro e di definizione della controversia davanti alla Commissione di Certificazione” (certificazione potrà essere valutato dal giudice del lavoro, ai sensi degli articoli 9, 92 e 96 c.p.c. Peraltro, ai sensi del successivo art. 8082, è da ricordare che solo le commissioni costituite presso gli enti bilaterali possono certificare le rinunzie e le transazioni che si raggiungono nella fase conciliativa con gli effetti della inimpugnabilità. Qualora infatti tale compito non si limiti ad una presa d’atto della volontà delle parti ma si estenda alla verifica dell’effettiva consapevolezza di queste in ordine alle rinunce e transazioni che si pongono in essere, potrà ritenersi raggiunta quella finalità di tutela che rende inoppugnabili tali atti. L’ultimo comma 3dell’art. 80 conferma, del decreto). La legge attribuiscepoi, quindi, rilevanza alla condotta tenuta dalle parti stesse in sede la natura di «provvedimento amministrativo» dell’atto di certificazione e nel momento in cui dispone l’impugnativa di conciliazione ai fini della condanna alle spese e fronte al risarcimento TAR per lite temeraria nel successivo giudizio avverso la certificazione, con l’intento di scoraggiare eventuali ripensamenti delle parti rispetto alla qualificazione certificata del rapporto di lavoro. Inoltre, l’art. 80, comma 5, del decreto prevede che “Dinnanzi al tribunale amministrativo regionale nella cui giurisdizione ha sede la Commissione che ha certificato il contratto, può essere presentato ricorso contro l’atto certificatorio per tutti gli atti certificativi in «violazione del procedimento procedimento» o per eccesso di potere”. Tale azione è diretta ad ottenere l’annullamento dell’atto di certificazione, senza incidere sul contratto di lavoro al quale accede. I vizi procedimentali in questione possono essere fatti valere sia dalle parti che dai terzi interessati. In ogni caso, il giudice ordinario conserva il potere di disapplicare l’atto di certificazione viziato.per

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Gli effetti della certificazione. L’art. 79 del decreto (“Efficacia giuridica della certificazione”) stabilisce che “Gli effetti dell’accertamento dell’organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi dell’art. 80, fatti salvi i provvedimenti cautelari”. L’effetto della certificazione consiste nella temporanea inefficacia di qualsiasi atto che presupponga una qualificazione del contratto diversa da quella certificata. Tale effetto può essere superato esclusivamente attraverso una successiva differente valutazione del giudice giudice, al quale il legislatore non può sottrarre la qualificazione dei rapporti finalizzata al riconoscimento dei diritti che ne conseguono (art. 24, comma 1, Cost.). Tale valutazione soggiace, però, soggiace però ai limiti premessi premessi, per i quali il sindacato del giudice deve ritenersi circoscritto ai casi di erronea qualificazione del contratto, vizi del consenso, o difformità tra il programma negoziale certificato e la concreta attuazione verificata. Ove ne ricorrano i presupposti presupposti, è ammesso il ricorso ai provvedimenti cautelari, attraverso i quali si può anticipare l’eliminazione degli effetti dell’atto di certificazione. Le parti devono fare espressa richiesta, nell’istanza di certificazione, degli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali fiscali, in relazione ai quali richiedono la certificazione medesima (art. 78, comma 2, lett. d). In mancanza mancanza, di tale espressa indicazione l’atto di certificazione produce effetti soltanto tra le parti. Ad ogni modo, in funzione della tipologia di richiesta espressa effettuata dalle parti nell’istanza, la Commissione deve dare esplicita menzione degli effetti che produce l’atto di certificazione. Una delle novità più significative è rappresentata dall’introduzione della possibilità di certificare non soltanto il contratto di lavoro stipulato ex novo, ma finanche assegnare efficacia retroattiva al provvedimento della commissione reso in relazione a contratti in corso di esecuzione, e sin dalla stipula del contratto, ove la commissione abbia appurato che l’attuazione del medesimo è stata, anche nel periodo precedente alla propria attività istruttoria, coerente con quanto verificato (art. 79, ultimo comma, d.lgs. n. 276/2003, introdotto dall’art. 31, co. 17, l.n. 183/2010). È evidente l’ampiezza del passaggio e la diversità dei compiti assegnati alle commissioni, che non si limiteranno all’accertamento della congruenza tra la fattispecie concreta che le parti intendono realizzare e l’astratto tipo contrattuale, ma, in esito ad una attività istruttoria, dovranno verificare la coerenza del rapporto di lavoro già in corso e, soprattutto, così per come atteggiatosi nel passato, con il programma negoziale all’epoca stabilito e, in caso di esito positivo di tale valutazione, attestare la riconducibilità di tale coincidenza sin dal momento iniziale della stipula del contratto (risalente nel tempo anche di anni). Il compito delle commissioni in questo caso appare davvero gravoso, dovendo operare un vero e proprio giudizio, a valle di un’attività istruttoria, in relazione a fatti e comportamenti già realizzatisi. Sarà pertanto necessario adoperare la massima prudenza nel procedere a tale tipologia di certificazione, per le premesse ricadute che implica. L’art. 80, comma 1, del decreto stabilisce che “Nei confronti dell’atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera giuridica l’atto stesso è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso, presso l’autorità giudiziaria di cui all’articolo 413 del codice di procedura civile, per erronea qualificazione del contratto oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso la medesima autorità giudiziaria, le parti del contratto certificato potranno impugnare l’atto di certificazione anche per vizi del consenso”. L’atto di certificazione può dunque essere impugnato dalle parti e dai terzi interessati davanti al giudice del lavoro per erronea qualificazione del contratto da parte della Commissione di Certificazione. In tal caso caso, l’effetto dell’accertamento giudiziale decorrerà decorre fin dal momento della conclusione dell’accordo contrattuale (art. 80, comma 2). Inoltre, l’atto di certificazione può essere impugnato, sempre davanti al giudice del lavoro, per difformità tra il programma negoziale e la sua successiva attuazione. In questa seconda ipotesital caso, l’effetto dell’accertamento giudiziale decorrerà decorre dal momento in cui i l giudizio consente di acce r tare che ha avuto inizio la difformità stessa (art. 80, comma 2). TuttaviaLa certificazione può poi essere impugnata, solo le parti del contratto (e non anche i terzi interessati) possono impugnare la certificazione innanzi alla medesima autorità giudiziaria giudiziaria, per vizi del consenso. L’oggetto di questa impugnazione non è però l’atto di certificazione ma il contratto certificato, il cui annullamento ai sensi degli articoli 1427 ss. cod. civ. travolge la certificazione stessa. Nell’adottare la propria decisione, il giudice del lavoro valuterà “il comportamento complessivo tenuto dalle parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro e di definizione della controversia davanti alla Commissione di Certificazione” (art. 80, comma 3, del decreto). La legge attribuisce, quindi, rilevanza alla condotta tenuta dalle parti stesse in sede di certificazione e di conciliazione ai fini della condanna alle spese e al risarcimento per lite temeraria nel successivo giudizio avverso la certificazione, con l’intento di scoraggiare eventuali ripensamenti delle parti rispetto alla qualificazione certificata del rapporto di lavoro. Inoltre, l’art. 80, comma 5, del decreto prevede che “Dinnanzi al tribunale amministrativo regionale nella cui giurisdizione ha sede la Commissione che ha certificato il contratto, può essere presentato ricorso contro l’atto certificatorio per violazione del procedimento o per eccesso di potere”. Tale azione è diretta ad ottenere l’annullamento dell’atto di certificazione, senza incidere sul contratto di lavoro al quale accede. I vizi procedimentali in questione possono essere fatti valere sia dalle parti che dai terzi interessati. In ogni caso, il giudice ordinario conserva il potere di disapplicare l’atto di certificazione viziato.

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