Common use of Xxxxxxxxxxxx Clause in Contracts

Xxxxxxxxxxxx. L’usura sopravvenuta al vaglio delle Sezioni Unite, in Giurisprudenza Italiana, 1/2018, p. 46, secondo il quale proprio il superamento del tasso soglia di usura (con la conseguente eccessiva onerosità della prestazione) rappresenta un caso emblematico che pone in evidenza l’inadeguatezza della disciplina normativa. In queste ipotesi, da un punto di vista pratico l’accoglimento pedissequo di una soluzione di questo tipo si tradurrebbe, nei casi come quello sopra esposto, nella sostanziale frustrazione della posizione del soggetto che subisce le conseguenze negative dell’evento perturbatore. E difatti, al debitore la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa, non resterebbe altro che confidare nella possibilità che sia la sua controparte, interessata alla prosecuzione del rapporto, ad offrirgli un equo ricomponimento dello squilibrio, sufficiente a far rientrare il paradigma contrattuale all’interno dell’alea normale. Il soggetto che subisce l’aggravio della propria prestazione sarebbe evidentemente in una posizione di debolezza, posto che la facoltà di formulare un’offerta volta al ricomponimento dello squilibrio resterebbe in capo alla parte avvantaggiata dalla stessa, che potrebbe avere meno interesse a riequilibrare il rapporto o, comunque, potrebbe esercitare detta facoltà in virtù di una posizione rafforzata proprio dagli effetti pregiudizievoli che l’altro contraente subisce in conseguenza del sopravvenuto mutamento delle circostanze9. E d’altro canto, ove la sopravvenienza non avesse le caratteristiche atte ad invocare il modello risolutorio, il contraente svantaggiato non avrebbe, almeno apparentemente, altro mezzo per tutelarsi (il riferimento corre alle sopravvenienze atipiche). La rigidità dell’impostazione codicistica ha reso necessaria la ricerca e la calibrazione degli ulteriori strumenti ricavabili dal sistema, al fine di adeguare il regolamento contrattuale alla nuova realtà di fatto10. A questo proposito si segnala che l’assenza di una previsione normativa, specificatamente sancente la possibilità per le parti di rinegoziare le condizioni all’origine pattuite, non ha ostacolato il formarsi di correnti dottrinali che, sul solco di alcuni indici normativi di settore e della lettura assiologicamente orientata della clausola generale di buona fede, hanno intercettato anche nel nostro ordinamento, alla ricorrenza di condizioni oggettivamente idonee ad alterare significativamente il rapporto, un principio di adeguamento del contratto ed un contestuale obbligo di rinegoziazione. In sintesi, sulla premessa che nei contratti a lungo termine il rischio di eventi sopravvenuti e perturbanti sia tanto più alto quanto più sia esteso nel tempo il rapporto contrattuale, e che possa esistere nel caso concreto, al sopravvenire di detti mutamenti, un apprezzabile interesse alla prosecuzione del rapporto, si è ritenuto che gravi sulle parti un dovere di collaborazione che le conduca alla riconduzione a normalità dello stesso11. In questa fase la valutazione degli interessi non potrà più svolgersi sul piano del contenuto del contratto come insieme delle pattuizioni sulle 9 C. D’XXXXXX, Il controllo delle sopravvenienze nei contratti a lungo termini tra eccessiva onerosità e adeguamento del rapporto, in Sopravvenienze e dinamiche di riequilibrio tra controllo e gestione del rapporto contrattuale, a cura di XXXXXXXXX, Torino, 2003, p. 503 ss.

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Xxxxxxxxxxxx. L’usura sopravvenuta al vaglio delle Sezioni UniteLa permuta, in Giurisprudenza Italiana, 1/2018cit., p. 46281. dovrebbe derivarne che un patto, ove manchi un qualsiasi termine, sia invalido. 276 Rispetto alla possibile rinnovabilità del patto in scadenza, non sembrano esservi ragioni sufficienti per ritenere improrogabili gli effetti della preferenza per i successivi cinque anni.277 La dottrina prevalente ritiene, infatti, che non vi siano impedimenti, derivanti dai principi generali sui vincoli negoziali o dagli interessi delle parti coinvolte, tali da negare la possibilità che i soggetti coinvolti rinnovino ogni cinque anni il patto di preferenza nel libero esercizio dell’autonomia privata.278 La prima fase del rapporto di preferenza risulta rappresentata dal concreto conferimento, al somministrante, della posizione soggettiva attiva di preferenza.279 276 M. F. CAMPAGNA, Patto di preferenza, cit., p.632, secondo cui patti infraquinquennali e ultraquinquennali rimangono comunque validi come fissato dal legislatore, mentre l’unica ipotesi di invalidità dovrebbe essere quella in cui un termine al patto non vi sia. L’autore rileva che in altre circostanze il quale proprio legislatore ha espressamente preso in considerazione le ipotesi di patto senza durata, come è avvenuto, per modo d’esempio, nell’art. 2596 cod. civ., che ponendo un limite quinquennale di validità per i patti limitativi della concorrenza, precisa nel secondo comma che «se la durata del patto non è determinata o è stabilita per un periodo superiore a cinque anni, il superamento del tasso soglia patto è valido per la durata di usura (con un quinquennio»; allo stesso modo l’art. 2557, comma 3, cod. civ.: «se nel patto è indicata una durata maggiore o la conseguente eccessiva onerosità della prestazione) rappresenta un caso emblematico che pone in evidenza l’inadeguatezza della disciplina normativadurata non è stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di cinque anni dal trasferimento». In queste ipotesi277 X. XXXXXXXX, da un punto La somministrazione di vista pratico l’accoglimento pedissequo di una soluzione di questo tipo si tradurrebbeservizi, nei casi come quello sopra espostocit., nella sostanziale frustrazione della posizione del soggetto che subisce le conseguenze negative dell’evento perturbatorep. 399. E difatti, al debitore la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa, non resterebbe altro che confidare nella possibilità che sia la sua controparte, interessata alla prosecuzione del rapporto, ad offrirgli un equo ricomponimento dello squilibrio, sufficiente a far rientrare il paradigma contrattuale all’interno dell’alea normale. Il soggetto che subisce l’aggravio della propria prestazione sarebbe evidentemente in una posizione di debolezza, posto Importa precisare che la facoltà rinnovazione del patto non deve essere stabilita sin dall’inizio della validità del primo accordo, altrimenti si violerebbe la ratio della disposizione in tema dei limiti di formulare un’offerta volta al ricomponimento dello squilibrio resterebbe in capo alla parte avvantaggiata dalla stessa, che potrebbe avere meno interesse a riequilibrare il rapporto o, comunque, potrebbe esercitare detta facoltà in virtù durata. Rispetto all’illiceità del meccanismo di una posizione rafforzata proprio dagli effetti pregiudizievoli che l’altro contraente subisce in conseguenza del sopravvenuto mutamento delle circostanze9. E d’altro canto, ove la sopravvenienza non avesse le caratteristiche atte ad invocare il modello risolutorio, il contraente svantaggiato non avrebbe, almeno apparentemente, altro mezzo per tutelarsi (il riferimento corre alle sopravvenienze atipiche). La rigidità dell’impostazione codicistica ha reso necessaria la ricerca e la calibrazione degli ulteriori strumenti ricavabili dal sistema, al fine di adeguare il regolamento contrattuale alla nuova realtà di fatto10. A questo proposito si segnala che l’assenza di una previsione normativa, specificatamente sancente la possibilità per le parti di rinegoziare le condizioni all’origine pattuite, non ha ostacolato il formarsi di correnti dottrinali che, sul solco di alcuni indici normativi di settore e della lettura assiologicamente orientata della clausola generale di buona fede, hanno intercettato anche nel nostro ordinamento, alla ricorrenza di condizioni oggettivamente idonee ad alterare significativamente il rapporto, un principio di adeguamento del contratto ed un contestuale obbligo di rinegoziazione. In sintesi, sulla premessa che nei contratti a lungo termine il rischio di eventi sopravvenuti e perturbanti sia tanto più alto quanto più sia esteso nel tempo il rapporto contrattuale, e che possa esistere nel caso concreto, al sopravvenire di detti mutamenti, un apprezzabile interesse alla prosecuzione del rapportorinnovazione, si è ritenuto che gravi sulle parti un dovere di collaborazione che le conduca alla riconduzione a normalità dello stesso11veda X. XXXXXXX, Del contratto estimatorio. In questa fase la valutazione degli interessi non potrà più svolgersi sul piano del contenuto del contratto come insieme delle pattuizioni sulle 9 C. D’XXXXXXDella somministrazione, Il controllo delle sopravvenienze nei contratti a lungo termini tra eccessiva onerosità e adeguamento del rapporto, in Sopravvenienze e dinamiche di riequilibrio tra controllo e gestione del rapporto contrattuale, a cura di XXXXXXXXX, Torino, 2003cit., p. 503 ss176. 278 X. XXXXX, La somministrazione, cit., p. 294.

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Xxxxxxxxxxxx. L’usura sopravvenuta al vaglio delle Sezioni UniteLe azioni sindacali in vigenza del contratto collettivo, in Giurisprudenza ItalianaAA.VV., 1/201891 Cfr. Cass., 13 aprile 1993, n. 4507, cit., dove si legge espressamente che «il contratto collettivo si pone come mezzo di composizione di conflitti sorti in uno specifico contesto produttivo, suscettibile sovente di improvvise e talora impreviste variazioni di mercato ed è quindi connaturata ad esso una durata limitata nel tempo». Vedi anche Cass., 14 settembre 2000, n. 12150, in Riv. giur. lav., 2001, p. 46428 con nota di I. DI CROCE, secondo La legittimità della modifica unilaterale delle prestazioni indispensabili nell’accordo sindacale stipulato ai sensi dell’art. 2 legge 146/90. 92 Cfr. X. XXXXXXXX, La realtà sociopolitica della contrattazione collettiva, in AA.VV., La contrattazione collettiva: crisi e prospettive, cit., p. 158, e spec. p. 160, il quale proprio afferma che «forse può addirittura configurarsi sul piano giuridico un’incompatibilità di un qualsiasi ter- Diversamente opinando, il superamento contratto collettivo diverrebbe una sorta di «gabbia» nella quale le parti sono volontariamente entrate e dalla quale non possono altrettanto volontariamente uscire, se non per il tramite di un contratto successivo che si sostituisca al precedente, neppure quando, con l’evolversi della situazione di fatto, tale gabbia è divenuta troppo stretta e del tasso soglia tutto inadeguata rispetto al suo contenuto, che intanto si è evoluto e modificato 93. Il che, in altre parole, equivarrebbe ad introdurre nel nostro sistema sindacale due istituti che gli sono invece estranei: da una parte un potere di usura veto del contraente receduto, il quale rifiutando di sedersi al tavolo delle trattative per stipulare un nuovo accordo da sostituire al precedente, ver- rebbe di fatto a cristallizzare a tempo indeterminato l’assetto realizzato dal contratto originario, nonostante esso non rispecchi più il punto di equili- brio tra i contrapposti interessi 94. mine fisso, potendosi piuttosto ipotizzare un termine implicito, cosicché la durata di queste intese è rimessa alla loro modificazione o alla loro sostituzione mediante altre realizzabili con una contrattazione pronta sempre al continuo e flessibile adattamento alle esigenze organiz- zative». Vedi, in giurisprudenza, Cass., 25 febbraio 1997, n. 1694, in Dir. lav., 1997, II, p. 526 nonché, conforme, Trib. Torino, dott. Aprile, 6 novembre 2009, Trib. Xxxxxx, xxxx.xxx Xx- xxxxxxx, 00 dicembre 2007, Trib. Milano, 3 luglio 1991, in Orient. giur. lav., 1991, p. 514. 93 Cfr. X. XXXXXXXX, Obbligazioni (con nozioni), in Enc. dir., vol. XXXIX, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 133, il quale ritiene che la conseguente eccessiva onerosità perpetuità del vincolo possa giustificarsi soltanto ove non vi sia un problema di soggetti vincolati, o di cose sottoposte a pesi, perché ivi il vinco- lo perpetuo significa una restrizione alla libertà delle persone e delle cose; X. XXXXXXXX, La realtà sociopolitica della prestazione) rappresenta un caso emblematico contrattazione collettiva, in AA.VV., La contrattazione collettiva: crisi e prospettive, cit., p. 158 e spec. p. 160 ove si legge che pone in evidenza l’inadeguatezza della disciplina normativa. In «queste ipotesi, considerazioni indu- cono a ritenere da un punto lato che sussista un vincolo al rispetto delle intese raggiunte sull’or- ganizzazione, rispetto alle quali però non è solo illusorio sul piano dei fatti contare su una durata minima, ma forse può addirittura configurarsi sul piano giuridico un’incom- patibilità di vista pratico l’accoglimento pedissequo un qualsiasi termine fisso»; cfr. anche X. XXXXXXXXXX, L’efficacia temporale del contratto collettivo di lavoro, cit., p. 113 «l’esigenza di fondo è dunque quella di evitare che una durata troppo lunga o l’impossibilità di procedere ad una modifica o revisione del contratto prima della scadenza del termine, se a tempo determinato, e dietro un adeguato preavviso, se a tempo indeterminato, xxxxxxxxxxx la stessa ragion d’essere del contratto col- lettivo – id est – l’equilibrio di interessi raggiunto dalle parti contrapposte»; X. XXXXXXXX, Disdettabilità di accordi collettivi e prestazioni pensionistiche complementari, cit., il quale prospetta l’eventualità che «il tempo trascorso ... assuma valore di indice dell’esaurimento della funzione assolta dal contratto collettivo, con conseguente configurazione di una soluzione sua implicita cessazione di questo tipo si tradurrebbeefficacia», nei casi come quello sopra espostop. 390; cfr. infine X. XXXXXXXX, nella sostanziale frustrazione In tema di condotta an- tisindacale, in Mass. giur. lav., 1990, p. 144 e spec. p. 146 94 Per l’inesistenza di un potere di veto del sindacato e contro la «cristallizzazione della posizione del soggetto che subisce le conseguenze negative dell’evento perturbatoredi una delle parti antagoniste» si veda Cass., sez. E difattilav., al debitore la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa19 luglio 1995, n. 7833, cit. Dall’altra, esso introdurrebbe un obbligo implicito a contrarre a carico di chi voglia recedere dall’accordo, non resterebbe altro per un motivo qualunque, ma per un giustificato motivo legato al verificarsi di un mutamento sensibile nel- l’assetto degli interessi rispetto a quello che confidare nella possibilità che sia la sua controparte, interessata alla prosecuzione del rapporto, ad offrirgli un equo ricomponimento dello squilibrio, sufficiente lo aveva indotto a far rientrare il paradigma contrattuale all’interno dell’alea normalecontrarre al- le precedenti condizioni. Il soggetto che subisce l’aggravio della propria prestazione sarebbe evidentemente in una posizione di debolezza, posto che Negando la facoltà di formulare un’offerta volta recesso, infatti, soltanto un contratto sopravvenu- to potrebbe modificare le pattuizioni collettive vigenti, e dunque soltanto contrattando obbligatoriamente, la parte che, a seguito del mutato assetto di fatto, ha visto compromesso il proprio interesse al ricomponimento dello squilibrio resterebbe contratto potrebbe sperare di arginarne le conseguenze negative. Ma un obbligo a contrarre non esiste nel nostro sistema sindacale 95 e non pare logico introdurlo nella fattispecie in capo alla parte avvantaggiata dalla stessaoggetto, ove, come premesso in apertura, l’esigenza di poter recedere dal contratto se esso non realizza più l’equilibrio di interessi che presupponeva, è implicita al contratto stesso. Dalla presa d’atto che il contratto collettivo realizza il punto di equilibrio raggiunto dalle parti nel continuo conflitto, o nell’incessante dialettica, che potrebbe avere meno interesse a riequilibrare caratterizza le relazioni industriali, deriva un ulteriore corollario: l’esistenza implicita nel contratto collettivo della clausola rebus sic stantibus 96. Ma, come si è già detto trattando del recesso in generale, l’esistenza del- la clausola richiamata costituisce ad un tempo il rapporto ofondamento ed il limite (interno) del potere di recesso dal contratto in generale. Se, comunquedunque, potrebbe esercitare detta facoltà in virtù di una posizione rafforzata proprio dagli effetti pregiudizievoli può affermarsi che l’altro contraente subisce in conseguenza del sopravvenuto mutamento delle circostanze9. E d’altro cantoè implicita al contratto collettivo la clau- sola rebus sic stantibus, ove la sopravvenienza non avesse le caratteristiche atte ad invocare il modello risolutorio, il contraente svantaggiato non avrebbe, almeno apparentemente, altro mezzo per tutelarsi (il riferimento corre alle sopravvenienze atipiche). La rigidità dell’impostazione codicistica ha reso necessaria la ricerca e la calibrazione degli ulteriori strumenti ricavabili dal sistema, al fine di adeguare il regolamento contrattuale alla nuova realtà di fatto10. A questo proposito si segnala che l’assenza di una previsione normativa, specificatamente sancente la possibilità per le parti di rinegoziare le condizioni all’origine pattuite, non ha ostacolato il formarsi di correnti dottrinali deve necessariamente ammettersi altresì che, sul solco di alcuni indici normativi di settore e della lettura assiologicamente orientata della clausola generale di buona fedemodi- ficatosi lo stato delle cose, hanno intercettato anche nel nostro ordinamentosia lecito recedere da quel contratto che, alla ricorrenza di condizioni oggettivamente idonee ad alterare significativamente il rapporto, un principio di adeguamento del contratto ed un contestuale obbligo di rinegoziazione. In sintesi, sulla premessa che nei contratti a lungo termine il rischio di eventi sopravvenuti e perturbanti sia tanto più alto quanto più sia esteso nel tempo il rapporto contrattuale, e che possa esistere nel caso concreto, se- Contraria al sopravvenire di detti mutamenti, un apprezzabile interesse alla prosecuzione del rapporto, cristallizzarsi delle situazioni derivanti da norme collettive si è ritenuto che gravi sulle parti un dovere di collaborazione che le conduca alla riconduzione a normalità dello stesso11. In questa fase la valutazione degli interessi non potrà più svolgersi sul piano del contenuto del contratto come insieme delle pattuizioni sulle 9 C. D’XXXXXXdetta, Il controllo delle sopravvenienze nei contratti a lungo termini tra eccessiva onerosità e adeguamento del rapportosebbene in altro argomento, anche Xxxx., 8 settembre 1999, n. 9545, in Sopravvenienze e dinamiche di riequilibrio tra controllo e gestione del rapporto contrattualeMass. giur. lav., a cura di XXXXXXXXX, Torino, 20031999, p. 503 ss1147 nonché recentemente Cass., sez. lav., 18 settembre 2007, n. 19351.

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Xxxxxxxxxxxx. L’usura sopravvenuta al vaglio delle Sezioni Unite, in Giurisprudenza Italiana, 1/2018cit., p. 46146. alla stipula, secondo colloca il quale proprio il superamento rapporto pattizio in costante tensione rispetto alle dinamiche del mercato, con la precipua finalità selezionatrice di squilibri in grado di generare un disallineamento sanzionabile16. Il tasso soglia, in questa accezione, costituirebbe un valido strumento volto a garantire che l’autonomia privata non superi i limiti ad essa insiti e si esplichi nell’equilibrio delle prestazioni che deve essere immanente, tanto al momento della conclusione dell’accordo quanto nella fase esecutiva dello stesso17. In estrema sintesi: anche le variazioni del tasso di interesse nei contratti di finanziamento18, in quanto contratti di durata, sono suscettibili di subire alterazioni atte a mutare l’originario stato della contrattazione e idonee a squilibrare l’assetto di interessi, così da rendere non più attuale il programma pattizio pur se valido ed efficace. Si è detto che, ogni volta che le variazioni fattuali scompensano l’assetto negoziale si pone un problema di allocazione dei rischi, cioè il punto imprescindibile diviene comprendere se il fatto sopravvenuto abbia, prima di tutto, un’incidenza oggettivamente apprezzabile sulla proporzionalità dello scambio, ed in secondo luogo se le parti abbiano convenuto l’eventuale sopportazione del mutamento dello stato delle cose in capo ad una delle stesse. Sul punto, e con riferimento ai finanziamenti a tasso fisso, è stato obiettato, a confutazione della tesi volta a disconoscere l’esistenza giuridica della c.d. usura sopravvenuta, che l’oscillazione del tasso anche sopra la soglia trimestralmente rilevata rientra nell’alea normale del rischio sotteso alla scelta negoziale effettuata all’origine. Per converso, i sostenitori della rilevanza del fenomeno sottolineano – a ragione – che la soglia entro la quale le parti del rapporto si impegnano a sopportare i relativi rischi connessi allo stesso di usura (con la conseguente eccessiva onerosità della prestazione) rappresenta un caso emblematico che pone in evidenza l’inadeguatezza della disciplina normativa. In queste ipotesi, da un punto di vista pratico l’accoglimento pedissequo di una soluzione di questo tipo si tradurrebbe, nei casi come quello sopra esposto, nella sostanziale frustrazione della posizione diminuzione o aumento del soggetto che subisce le conseguenze negative dell’evento perturbatore. E difatti, al debitore la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosatasso, non resterebbe altro che confidare nella possibilità che sia la sua controparte, interessata alla prosecuzione del rapporto, ad offrirgli un equo ricomponimento dello squilibrio, sufficiente a far rientrare può mai esorbitare il paradigma contrattuale all’interno dell’alea normalelimite legalmente statuito. Il soggetto che subisce l’aggravio della propria prestazione sarebbe evidentemente in una posizione di debolezza, posto che la facoltà di formulare un’offerta volta al ricomponimento dello squilibrio resterebbe in capo alla parte avvantaggiata dalla stessa, che potrebbe avere meno interesse a riequilibrare il rapporto o, comunque, potrebbe esercitare detta facoltà in virtù di una posizione rafforzata proprio dagli effetti pregiudizievoli che l’altro contraente subisce in conseguenza del sopravvenuto mutamento delle circostanze9. E d’altro canto, ove la sopravvenienza non avesse le caratteristiche atte ad invocare il modello risolutorio, il contraente svantaggiato non avrebbe, almeno apparentemente, altro mezzo per tutelarsi (il riferimento corre alle sopravvenienze atipiche). La rigidità dell’impostazione codicistica ha reso necessaria la ricerca e la calibrazione degli ulteriori strumenti ricavabili dal sistema, al fine di adeguare il regolamento contrattuale alla nuova realtà di fatto10. A questo proposito si segnala che l’assenza di una previsione normativa, specificatamente sancente la possibilità per le parti di rinegoziare le condizioni all’origine pattuiteQuando ciò accade l’eccedenza, non ha ostacolato rientrando nella 16 X. XXXXXXXXXXXX, L’usura sopravvenuta al vaglio delle Sezioni Unite, cit., p. 44, l. A. precisa che se il formarsi di correnti dottrinali che, sul solco di alcuni indici normativi di settore e della lettura assiologicamente orientata della clausola generale di buona fede, hanno intercettato anche nel nostro ordinamento, alla ricorrenza di condizioni oggettivamente idonee ad alterare significativamente il rapporto, un principio di adeguamento del contratto ed un contestuale obbligo di rinegoziazione. In sintesi, sulla premessa che nei contratti a lungo termine il rischio di eventi sopravvenuti e perturbanti sia tanto più alto quanto più sia esteso nel tempo il rapporto contrattuale, e che possa esistere nel caso concreto, meccanismo legale fosse limitato al sopravvenire di detti mutamenti, un apprezzabile interesse alla prosecuzione solo momento costitutivo del rapporto, si perverrebbe ad una disparità di trattamento tra coloro i quali continuerebbero a percepire un tasso di interesse inizialmente legale ma divenuto usuraio e chi, viceversa, sarebbe passibile delle sanzioni tanto civili quanto penali per aver pattuito e percepito, nel medesimo arco temporale, lo stesso interesse. La considerazione è ritenuto ripresa da X. XXXX, Lo «squilibrio» contrattuale tra diritto civile e diritto penale, Riv. Dir. Civ., 5/1999, p. 536 ss., il quale nel ritenere rilevante lo sforamento del limite legale in corso di esecuzione del contratto, sostiene che gravi sulle parti un dovere il tasso nominale debba ridursi alla «soglia» stabilita di collaborazione che le conduca alla riconduzione a normalità dello stesso11volta in volta poiché solo essa la legge tollera. In questa fase L’A. conclude per l’applicazione dell’art. 1419 c.c. in quanto la sostituzione prevista nello stesso è una soluzione riconducibile ad una valutazione degli interessi non potrà più svolgersi sul piano sistematica del contenuto del contratto come insieme delle pattuizioni sulle 9 C. D’XXXXXX, Il controllo delle sopravvenienze nei contratti a lungo termini tra eccessiva onerosità e adeguamento del rapportoproblema; Sulla disparità di trattamento, in Sopravvenienze e dinamiche di riequilibrio tra controllo e gestione del rapporto contrattualeviolazione dell’art. 3 Cost., a cura di XXXXXXXXXdei diversi operatori economici, Torinov. anche X. XXXXXXXXXXX, 2003L’usurarietà sopravvenuta ed il canone delle SS.UU. : ultimo atto?, in Il Corriere Giuridico, 12/2017, p. 503 ss1492, secondo cui se l’usura sopravvenuta non esistesse si creerebbe un doppio paradosso: una disparità di trattamento in quanto lo stesso xxxxx, in quanto divenuto usuraio, nello stesso momento, non potrebbe essere validamente promesso da un altro debitore; un surplus di profitto poiché il tasso sopra soglia frutterebbe al creditore, nello stesso periodo, più di quanto frutta agli altri creditori un tasso legale perché inferiore alla soglia.

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