Common use of Discussione Clause in Contracts

Discussione. In particolare, sembra che l’avvicinamento alla sigaretta avvenga prima della fine della scuola media inferiore, mentre la stabilizza- zione dell’abitudine al fumo corrisponda al biennio della scuola media superiore. È quindi più frequente che siano gli istituti di istruzione superiore a richiedere inter- venti di contrasto al tabagismo, poiché il problema del fumo è avvertito come partico- larmente grave e diffuso tra gli studenti. Il passaggio tra cicli di scuola (dalla scuola media inferiore a quella superiore o dal biennio al triennio della scuola media supe- riore) rappresenta, nel nostro paese, un momento di maggiore rischio, in quanto tale transizione è vissuta e percepita dagli ado- lescenti come un indicatore del loro diven- tare grandi (Bonino, 2003). Non è un caso infatti che proprio in questa fase della vita, gli adolescenti adottino più frequentemente e per la prima volta comportamenti social- mente accettati e ritenuti normali tra gli adulti, quali il fumo di sigarette, il consumo di alcolici e i rapporti sessuali. Fare ciò che gli adulti fanno permette all’adolescente, in mancanza di altre forme meno esteriori e superficiali di vivere l’adultità, di segnalare in modo visibile e non particolarmente rischioso sul piano sociale il proprio essere adulto. A ciò vanno aggiunte le potenti spin- te sociali, attuate attraverso la pubblicità e l’offerta di beni di consumo, che sollecitano continuamente gli adolescenti, fin dai primi anni della pubertà, ad anticipare comporta- menti ed atteggiamenti adulti. Si ricordano a tal proposito le campagne pubblicitarie mirate a catturare una sempre maggiore quantità di giovanissimi da parte delle indu- strie del tabacco, sia negli Stati Uniti che in Europa. Il fumo di sigarette, così come altri comportamenti a rischio, rappresenta quin- di per l’adolescente un modo per far fronte ad alcuni bisogni tipici del periodo adole- scenziale, quali il sentirsi grandi e la speri- mentazione di sé e delle proprie capacità (Xxxxxxxxxxx, 1994; Xxxxx, 1998). Ne deriva che la prevenzione di uno specifico compor- tamento a rischio va affrontata nel momen- to in cui tali bisogni incominciano a porsi all’attenzione dell’adolescente. Ad esempio, alcuni studi relativi all’uso di tabacco hanno dimostrato che non esiste alcuna relazione tra l’atteggiamento contrario al fumo di sigarette alla fine della scuola elementare e il coinvolgimento in tale comportamento in adolescenza (Xxxxxx, 1998). D’altronde, pro- prio per il fatto che il fumo di sigarette costituisce una risposta, seppur pericolosa nel breve e nel lungo termine per la salute fisica, ai compiti di sviluppo che l’adolescen- te deve affrontare, la prevenzione di tale comportamento va fatta quando le abitudi- ni, gli atteggiamenti e i comportamenti stanno cambiando e gli individui diventano sensibili nei loro confronti (Xxxxxxx-Xxxx, 1999). Concentrare la maggior parte degli inter- venti nella scuola superiore presenta quin- di il vantaggio di raggiungere la maggior parte degli adolescenti già coinvolti nel fumo di sigarette o che comunque hanno già sperimentato il fumo di sigarette. Va però tenuto in considerazione la tendenza all’ab- bassamento dell’età di inizio (Xxxxxx, 2004) e la correlazione tra fumo di sigarette e altri comportamenti problematici (Bonino, 2003) che fanno sì che i maggiori rischi siano corsi dai giovanissimi che iniziano a fumare quando sono ancora nella scuola elementare o nella scuola media. Pertanto esistono delle precise indicazioni per l’attuazione di interventi preventivi in ambito scolastico che raccomandano di col- locare la prevenzione del tabagismo tra la fine della scuola elementare e l’inizio della scuola media inferiore (Xxxxxxx-Traquet, 1996; CDC, 1994). Ciò significa l’esigenza di attuare i primi interventi già nella scuola media inferiore (11-13 anni), considerata una fase critica per l’accostamento e la spe- rimentazione del fumo di sigarette, per evi- tare l’iniziazione, per poi riprenderli in una fase successiva (14-16 anni) onde evitare il consolidamento dell’abitudine al fumo di sigarette. Per quanto riguarda i punti di forza emersi dai risultati della ricerca, è stata notata la preponderanza delle ASL tra i sogget- ti promotori. I dati raccolti dimostrano la

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Discussione. In particolarehanno adottato i criteri proposti dal Codice dell’European Network of Smoke-free Hospitals. La ricerca ha messo in evidenza una carenza di diffusione di policies antifumo nei Comuni e nelle Province. Quando presenti, sembra tali iniziative si limitano a segnalare i divieti tramite la cartellonistica senza sviluppare azioni che l’avvicinamento alla sigaretta avvenga prima coinvolgano i dipendenti in azioni di sensibilizzazione e di disassuefazione. Se le policies antifumo venissero applicate in tutti i locali della fine Pubblica Amministrazione piemontese, coinvolgerebbero i circa 11200 fumatori occupati nel settore5. Calcolando l’impatto dei luoghi di lavoro senza fumo sul comportamento dei fumatori secondo le revi- xxxxx Xxxxxxxx (Xxxxxxxxxxx, 2002), che pre- vedono una riduzione del 3,8% della scuola media inferiorepreva- lenza dei fumatori e una riduzione di circa 3 sigarette al giorno per le persone che conti- nuano a fumare in seguito all’applicazione delle restrizioni, mentre la stabilizza- zione dell’abitudine il rispetto del divieto potreb- be spingere circa 420 persone a smettere di fumare; inoltre il divieto inciderebbe molto anche sui consumi: ogni giorno verrebbero consumate 33000 sigarette in meno. Nonostante una carenza della diffusione delle policies antifumo, le Amministrazioni Pubbliche locali giocano un ruolo importante nella diffusione e nella promozione della lotta al fumo corrisponda al biennio della scuola media superiorefumo. È quindi più frequente che siano gli istituti di istruzione superiore a richiedere inter- venti di contrasto Le Province e i Comuni sono coin- volti nella lotta al tabagismo, poiché attraverso la sponsorizzazione di eventi e il problema finanziamento di soggetti che svolgono attività di promozio- ne della salute a livello locale. Con l’eccezione di un solo comune e di due province, le Amministrazioni Pubbliche locali rac- colgono le proposte degli enti pubblici e del fumo è avvertito come partico- larmente grave terzo settore e diffuso tra intervengono attra- verso finanziamenti e soprattutto patrocini. Queste funzioni sono necessarie per implementare gli studentiinterventi e valorizza- re le risorse presenti sul territorio. Il passaggio qua- dro complessivo mostrato dalla mappatura delle amministrazioni pubbliche piemontesi fa tuttavia emergere la difficoltà a garantire sinergia tra cicli i diversi tipi di scuola intervento, a crea- re iniziative che abbiano continuità nel tempo e a valutare ciò che è stato fatto. In questo modo le azioni, anche se prevedono un dis- pendio economico e di energie, non sono inte- grate in un’azione onnicomprensiva di inter- vento che prevede la copertura degli obiettivi strategici di lotta al tabagismo. La diffusione degli interventi sul territorio piemontese sembra essere appannaggio soprattutto della Regione Piemonte e delle Aziende Sanitarie, mentre le Amministrazioni Pubbliche locali sono interessate solo a livello marginale con la funzione di finanziatori di progetti. È interessante confrontare questo modello con quello realizzato dalla Regione Xxxxxx Xxxxxxx dal 2000 (dalla scuola media inferiore “Progetto Tabagismo”, delibera 785/99) in cui in ogni provincia, per iniziativa delle Aziende Sanitarie, sono stati costituiti “Gruppi di progetto ‘Provincia senza fumo’, i quali fanno riferimento a quella superiore o dal biennio al triennio un “Coordinamento regionale”. Il progetto della scuola media supe- riore) rappresentaRegione Xxxxxx Xxxxxxx ha permesso di accrescere il partenariato locale nello svilup- po dei progetti e di aumentare il numero dei soggetti che collaborano alle iniziative. La logica delle alleanze ha reso realizzabile l’incremento dell’intersettorialità e della multidisciplinarità, nel nostro paese, un momento il coordinamento cen- trale si è coniugato con l’esigenza di maggiore rischio, in quanto tale transizione è vissuta auto- nomia e percepita dagli ado- lescenti come un indicatore del loro diven- tare grandi diversificazione delle soluzioni applicative a livello locale (BoninoFerrari, 2003). Non In Piemonte un tentativo di organizzazione di questo tipo che ha lavorato in un’ottica di rete e di valorizzazione delle sollecitazioni provenienti dal territorio è costituito dal caso di Cuneo, con il progetto “Cuneo libera dal fumo”. Il progetto, che non a caso è presente in un caso infatti Comune che proprio in questa fase della vitaha aderito alla rete “Città sane”, gli adolescenti adottino più frequentemente e per la prima volta comportamenti social- mente accettati e ritenuti normali tra gli adulti, quali il fumo di sigarettenon ha d’altra parte prodotto che un solo intervento nelle scuole, il consumo quale ha cata- lizzato diversi attori operanti sul territorio. La mappatura ha infine riscontrato che le associazioni partecipano alla lotta al tabagismo attraverso azioni di alcolici e i rapporti sessuali. Fare ciò che gli adulti fanno permette all’adolescente, in mancanza di altre forme meno esteriori e superficiali di vivere l’adultità, di segnalare in modo visibile e non particolarmente rischioso sul piano sociale il proprio essere adulto. A ciò vanno aggiunte le potenti spin- te sociali, attuate attraverso la pubblicità e l’offerta di beni di consumo, che sollecitano continuamente gli adolescenti, fin dai primi anni della pubertà, ad anticipare comporta- menti ed atteggiamenti adulti. Si ricordano a tal proposito le campagne pubblicitarie mirate a catturare una sempre maggiore quantità di giovanissimi da parte delle indu- strie del tabacco, sia negli Stati Uniti che in Europa. Il fumo di sigarette, così come altri comportamenti a rischio, rappresenta quin- di per l’adolescente un modo per far fronte ad alcuni bisogni tipici del periodo adole- scenziale, quali il sentirsi grandi e la speri- mentazione di sé e delle proprie capacità (Xxxxxxxxxxx, 1994; Xxxxx, 1998). Ne deriva che la prevenzione di uno specifico compor- tamento a rischio va affrontata nel momen- to in cui tali bisogni incominciano a porsi all’attenzione dell’adolescente. Ad esempio, alcuni studi relativi all’uso di tabacco hanno dimostrato che non esiste alcuna relazione tra l’atteggiamento contrario al fumo di sigarette alla fine della scuola elementare e il coinvolgimento in tale comportamento in adolescenza (Xxxxxx, 1998). D’altronde, pro- prio per il fatto che il fumo di sigarette costituisce una risposta, seppur pericolosa nel breve e nel lungo termine per la salute fisica, ai compiti di sviluppo che l’adolescen- te deve affrontare, la prevenzione di tale comportamento va fatta quando le abitudi- ni, gli atteggiamenti e i comportamenti stanno cambiando e gli individui diventano sensibili nei loro confronti (Xxxxxxx-Xxxx, 1999). Concentrare la maggior parte degli inter- venti nella scuola superiore presenta quin- di il vantaggio di raggiungere la maggior parte degli adolescenti già coinvolti nel fumo di sigarette o che comunque hanno già sperimentato il fumo di sigarette. Va però tenuto in considerazione la tendenza all’ab- bassamento dell’età di inizio (Xxxxxx, 2004) e la correlazione tra fumo di sigarette e altri comportamenti problematici (Bonino, 2003) che fanno sì che i maggiori rischi siano corsi dai giovanissimi che iniziano a fumare quando sono ancora nella scuola elementare o nella scuola media. Pertanto esistono delle precise indicazioni per l’attuazione di interventi preventivi in ambito scolastico che raccomandano di col- locare la prevenzione del tabagismo tra la fine della scuola elementare e l’inizio della scuola media inferiore (Xxxxxxx-Traquet, 1996; CDC, 1994). Ciò significa l’esigenza di attuare i primi interventi già nella scuola media inferiore (11-13 anni), considerata una fase critica per l’accostamento e la spe- rimentazione del fumo di sigarette, per evi- tare l’iniziazione, per poi riprenderli in una fase successiva (14-16 anni) onde evitare il consolidamento dell’abitudine al fumo di sigarette. Per quanto riguarda i punti di forza emersi dai risultati della ricerca, è stata notata la preponderanza delle ASL tra i sogget- ti promotori. I dati raccolti dimostrano lacoordina-

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Discussione. In particolareAncora, sembra si ritiene utile, dal momento che l’avvicinamento alla sigaretta avvenga prima della fine della scuola media inferiorepochi progetti rilevati comprendono specifiche attività destinate ai genito- ri, mentre sottolineare l’importanza di coinvolgere non solo la stabilizza- zione dell’abitudine al fumo corrisponda al biennio della scuola media superiorescuola, ma anche la famiglia. È quindi più frequente che siano gli istituti Le linee-guida per programmi di istruzione superiore a richiedere inter- venti di contrasto al tabagismo, poiché il problema prevenzio- ne del fumo è avvertito di sigarette in ambito scolastico redatte dai CDC (Centers for Disease Control and Prevention, 1994) contengono infatti l’indicazione di inserire i genitori all’interno degli interventi: ciò aumenta la probabilità che il fumo diventi oggetto di discussione all’interno della famiglia e che gli adulti fumatori inizino a considerare la possibilità di smettere di fumare (Xxxxx, 1990). A sua volta il National Institute on Drug Abuse (NIDA, 2003) raccomanda di fornire ai genitori informazioni sulle varie sostanze (alcol, tabacco, marijuana, ecc.), sui loro effetti negativi e sulla condotta da tenere relativamente al consumo, al fine anche di stimolare un confronto all’interno della famiglia sull’uso di sostanze legali ed illegali. A tal proposito, la ricerca condotta da Xxxxxx e Xxxxxxxx (1998) illustra come partico- larmente grave i genitori svolgano un’azione preventiva indi- retta proprio fornendo apertura al dialogo, sostegno e diffuso tra supervisione, ossia regole e con- trollo sul loro rispetto. Inoltre, sempre le medesime ricerche, hanno messo in luce che i genitori possono assolvere un ruolo di protezione o, al con- trario, di rischio nei confronti dei loro figli a seconda del loro modello comportamentale e dell’atteggiamento nei confronti del fumo: gli studentiadolescenti fumatori hanno infatti più frequentemente genitori entrambi fumato- ri, i quali, a loro volta, disapprovano esplici- tamente in maniera minore il fumo in ado- lescenza. Il passaggio tra cicli Va anche detto che l’avere uno od entrambi i genitori fumatori costituisce un ulteriore fattore di scuola (dalla scuola media inferiore a quella superiore o dal biennio al triennio della scuola media supe- riore) rappresenta, nel nostro paese, un momento di maggiore rischiorischio per la salute dei figli, in quanto tale transizione è vissuta alcuni studi hanno rilevato l’associazione tra asma bronchiale e percepita dagli ado- lescenti come un indicatore del loro diven- tare grandi ridotta funzionalità respiratoria nei bambini e fumo dei genitori (BoninoIARC, 20032004). Non Inoltre, l’in- dagine “Aspetti della vita quotidiana - Anno 1999” (ISTAT, 2000) ha rilevato che un fumatore passivo su quattro (27,6%) ha meno di 14 anni. I dati mostrano infatti che per i bambini piccoli la situazione è peggio- re di quella dei fumatori passivi di 15 anni e più, tra i quali è più frequente (78,2%) avere un solo fumatore in famiglia e meno averne due o più (21,8%). Nonostante la letteratu- ra scientifica abbia quindi ampiamente documentato i danni provocati dall’esposi- zione al fumo passivo e l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC, 1986) abbia dichiarato che “il fumo passivo fa aumentare il rischio di cancro”, risultano assai scarsi gli interventi di ridu- zione del fumo passivo in ambito famigliare e scolastico, come ben evidenziato anche dai risultati precedentemente presentati, in cui compare solo un caso infatti che proprio in questa fase della vita, gli adolescenti adottino più frequentemente e per di attività di informa- zione sui danni ai bambini esposti rivolto ai genitori fumatori. Ciò conferma l’esigenza di favorire la prima volta comportamenti social- mente accettati e ritenuti normali tra gli adulti, quali il disassuefazione dal fumo di sigarettetabacco non solo nei genitori, il consumo ma anche negli insegnanti e negli altri adulti di alcolici riferi- mento, che, ponendosi come modelli di com- portamento e i rapporti sessuali. Fare ciò che gli adulti fanno permette all’adolescentedi atteggiamenti, in mancanza possono incidere sulla scelta dell’adolescente di altre forme coin- volgersi o meno esteriori e superficiali di vivere l’adultità, di segnalare in modo visibile e non particolarmente rischioso sul piano sociale il proprio essere adulto. A ciò vanno aggiunte le potenti spin- te sociali, attuate attraverso la pubblicità e l’offerta di beni di consumo, che sollecitano continuamente gli adolescenti, fin dai primi anni della pubertà, ad anticipare comporta- menti ed atteggiamenti adulti. Si ricordano a tal proposito le campagne pubblicitarie mirate a catturare una sempre maggiore quantità di giovanissimi da parte delle indu- strie del tabacco, sia negli Stati Uniti che in Europa. Il fumo di sigarette, così come altri comportamenti a rischio, rappresenta quin- di per l’adolescente un modo per far fronte ad alcuni bisogni tipici del periodo adole- scenziale, quali il sentirsi grandi e la speri- mentazione di sé e delle proprie capacità (Xxxxxxxxxxx, 1994; Xxxxx, 1998). Ne deriva che la prevenzione di uno specifico compor- tamento a rischio va affrontata nel momen- to in cui tali bisogni incominciano a porsi all’attenzione dell’adolescente. Ad esempio, alcuni studi relativi all’uso di tabacco hanno dimostrato che non esiste alcuna relazione tra l’atteggiamento contrario al fumo di sigarette alla fine della scuola elementare e il coinvolgimento in tale comportamento in adolescenza (Xxxxxx, 1998). D’altronde, pro- prio per il fatto che il fumo di sigarette costituisce una risposta, seppur pericolosa nel breve e nel lungo termine per la salute fisica, ai compiti di sviluppo che l’adolescen- te deve affrontare, la prevenzione di tale comportamento va fatta quando le abitudi- ni, gli atteggiamenti e i comportamenti stanno cambiando e gli individui diventano sensibili nei loro confronti (Xxxxxxx-Xxxx, 1999). Concentrare la maggior parte degli inter- venti nella scuola superiore presenta quin- di il vantaggio di raggiungere la maggior parte degli adolescenti già coinvolti nel fumo di sigarette o che comunque hanno già sperimentato il fumo di sigarette. Va però tenuto in considerazione Finché la tendenza all’ab- bassamento dell’età popolazione adulta sarà larga- mente implicata nel fumo, finché vi sarà un atteggiamento tollerante e una diffusa accettazione verso tale comportamento da parte degli adulti significativi e finché sarà facile reperire le sigarette anche da parte degli adolescenti, risulterà assai difficile realizzare con loro interventi efficaci di inizio (Xxxxxx, 2004) pre- venzione e la correlazione tra fumo di sigarette e altri comportamenti problematici (Bonino, 2003) che fanno sì che i maggiori rischi siano corsi dai giovanissimi che iniziano a fumare quando sono ancora nella scuola elementare o nella scuola media. Pertanto esistono delle precise indicazioni per l’attuazione di interventi preventivi in ambito scolastico che raccomandano di col- locare la prevenzione del tabagismo tra la fine della scuola elementare e l’inizio della scuola media inferiore (Xxxxxxx-Traquet, 1996; CDC, 1994). Ciò significa l’esigenza di attuare i primi interventi già nella scuola media inferiore (11-13 anni), considerata una fase critica per l’accostamento e la spe- rimentazione cessazione del fumo di sigarette. Infine, un ulteriore elemento è la maggior diffusione dei progetti di prevenzione tra gli studenti delle scuole secondarie superiori. Le scuole superiori risultano essere coinvolte in numero maggiore in pro- getti di prevenzione del tabagismo, seguite dalle scuole medie inferiori e per evi- tare l’iniziazioneultime dalle scuole elementari. La ragione che spinge a concentrare il maggior numero di progetti nelle classi medie inferiori e supe- riori è che proprio la fascia di età fra gli 11 e i 18 anni è quella considerata più a rischio non solo per il consumo di tabacco, per poi riprenderli in una fase successiva ma anche di altre sostanze psicoattive (14-16 anni) onde evitare il consolidamento dell’abitudine al fumo di sigarette. Per quanto riguarda i punti di forza emersi dai risultati della ricercaE.M.C.D.D.A., è stata notata la preponderanza delle ASL tra i sogget- ti promotori. I dati raccolti dimostrano la2003).

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Discussione. In particolareOltre alla comunicazione, sembra che l’avvicinamento alla sigaretta avvenga prima una tipologia di intervento risultata efficace per la lotta al tabagismo è quella delle restrizioni sul fumo negli ambienti di lavoro, azione for- temente raccomandata secondo i criteri della fine della scuola media inferioreU.S. Task Force on Community Preventive Services (Xxxxxxx, mentre la stabilizza- zione dell’abitudine al 2001). Esse agiscono direttamente sulla riduzione del fumo corrisponda al biennio della scuola media superiorepassivo (Xxxxxx, 1989; Xxxxxxxx, 1990) e indirettamen- te sull’abbassamento del numero dei dipen- denti fumatori e sulla diminuzione del consu- mo giornaliero di sigarette. È quindi stato stimato che la creazione di un luogo di lavoro libero dal fumo porta ad una riduzione della prevalenza del numero di fumatori occu- pati in quella organizzazione del 3,8% (2,8-4,7 IC 95%) e a una significativa riduzione del numero di sigarette consumate (Xxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 2002). Le strategie più frequente efficaci sono risultate quelle attuate con approcci diversi (comunicazione delle restrizioni, coinvolgi- mento attivo dei dipendenti nel progetto, offerta di servizi per aiutare a smettere di fumare) allo scopo di implementare politi- che siano gli istituti di istruzione superiore divieto nelle istituzioni. La Regione ha accolto le ultime normative (art. 51, L. 3, 2003) in materia di divieto di fumo nei locali aperti al pubblico come occa- sione per realizzare una policy aziendale anti- fumo con il progetto “Uffici regionali libe- ri dal fumo”. Tale iniziativa prevede infatti un’azione di sensibilizzazione dei dipendenti e l’offerta di percorsi agevolati a richiedere inter- venti corsi di contrasto al tabagismodis- assuefazione prima dell’applicazione del divieto. In altri termini l’azione sanzionato- ria è preceduta da una educativa e di condi- visione del problema. Il programma realiz- zato è in linea con alcune raccomandazioni derivanti dalla letteratura come ad esempio la comunicazione del divieto e il suggeri- mento a smettere tramite più canali (non solo poster o brochure) e l’accesso agevolato ai Centri Antifumo (Serra, poiché 2000). Quest’ultimo provvedimento è particolar- mente efficace in quanto collega una richie- sta a smettere di fumare con l’offerta di strategie efficaci per la disassuefazione. Un ulteriore proposito del progetto è quello di fare in modo che il problema progetto costituisca un esempio di ambiente di lavoro libero dal fumo per le altre organizzazioni, ma non è esplicitata una strategia per diffondere effettivamente il modello attuato nei xxxxxx xxxxx Xxxxxxx xxxxxx xx xxxxx xxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxx. Anche nelle Aziende Sanitarie stanno aumen- tando i progetti che prevedono di accompa- gnare i divieti con l’offerta di corsi per la dis- assuefazione spesso organizzati in collabora- zione con il Centro Antifumo aziendale e con il Dipartimento delle Dipendenze. La diffu- sione di policies antifumo nelle Aziende Sanitarie, progetti di restrizione e di pre- venzione del fumo negli ambienti sanitari, è avvertito come partico- larmente grave particolarmente importante dato il forte impatto che una comunicazione sulla salute assume all’interno di un luogo di cura sul comportamento dei dipendenti e diffuso tra gli studentidei pazienti (Xxxxx, 2001; Xxxxxxxx, 1994). Il passaggio tra cicli Alcuni proget- ti prevedono di scuola formare figure professionali (dalla scuola media inferiore chiamati “Facilitatori del cambiamento” e “Promotori-Facilitatori”) addette a quella superiore o dal biennio al triennio fornire un counselling breve ai fumatori presenti all’interno della scuola media supe- riore) rappresenta, nel nostro paese, un momento struttura sanitaria; ciò è in linea con le recenti revisioni che propongo- no di maggiore rischio, in quanto tale transizione è vissuta e percepita dagli ado- lescenti come un indicatore del loro diven- tare grandi accompagnare i divieti con interventi che mirino ad agire sul singolo per aiutarlo a smettere di fumare (BoninoMoher, 2003). Non è un caso infatti che proprio È pos- sibile perciò prospettare la diffusione di tali professionisti anche in questa fase della vita, gli adolescenti adottino più frequentemente e per la prima volta comportamenti social- mente accettati e ritenuti normali tra gli adulti, quali il fumo ambienti di sigarette, il consumo di alcolici e i rapporti sessualilavoro non prettamente sanitari. Fare ciò che gli adulti fanno permette all’adolescente, in mancanza di altre forme meno esteriori e superficiali di vivere l’adultità, di segnalare in modo visibile e non particolarmente rischioso sul piano sociale il proprio essere adulto. A ciò vanno aggiunte le potenti spin- te sociali, attuate attraverso la pubblicità e l’offerta di beni di consumoL’adesione delle Aziende Sanitarie piemonte- si al progetto “Ospedali liberi dal fumo”, che sollecitano continuamente gli adolescentiattualmente riguarda circa la metà di tali strutture, fin dai primi anni della pubertà, ad anticipare comporta- menti ed atteggiamenti adulti. Si ricordano a tal proposito le campagne pubblicitarie mirate a catturare una sempre maggiore quantità di giovanissimi da parte delle indu- strie del tabacco, sia negli Stati Uniti che in Europa. Il fumo di sigarette, così come altri comportamenti a rischio, rappresenta quin- di per l’adolescente un modo per far fronte ad alcuni bisogni tipici del periodo adole- scenziale, quali il sentirsi grandi e la speri- mentazione di sé e delle proprie capacità (Xxxxxxxxxxx, 1994; Xxxxx, 1998). Ne deriva che la prevenzione di uno specifico compor- tamento a rischio va affrontata nel momen- to in cui tali bisogni incominciano a porsi all’attenzione dell’adolescente. Ad esempio, alcuni studi relativi all’uso di tabacco hanno dimostrato che non esiste alcuna relazione tra l’atteggiamento contrario al fumo di sigarette ha contribuito alla fine della scuola elementare e il coinvolgimento in tale comportamento in adolescenza (Xxxxxx, 1998). D’altronde, pro- prio per il fatto che il fumo di sigarette costituisce una risposta, seppur pericolosa nel breve e nel lungo termine per la salute fisica, ai compiti di sviluppo che l’adolescen- te deve affrontare, la prevenzione di tale comportamento va fatta quando le abitudi- ni, gli atteggiamenti e i comportamenti stanno cambiando e gli individui diventano sensibili nei loro confronti (Xxxxxxx-Xxxx, 1999). Concentrare la maggior parte degli inter- venti nella scuola superiore presenta quin- di il vantaggio di raggiungere la maggior parte degli adolescenti già coinvolti nel fumo di sigarette o che comunque hanno già sperimentato il fumo di sigarette. Va però tenuto in considerazione la tendenza all’ab- bassamento dell’età di inizio (Xxxxxx, 2004) e la correlazione tra fumo di sigarette e altri comportamenti problematici (Bonino, 2003) che fanno sì che i maggiori rischi siano corsi dai giovanissimi che iniziano a fumare quando sono ancora nella scuola elementare o nella scuola media. Pertanto esistono delle precise indicazioni per l’attuazione diffusione di interventi preventivi antifumo in ambito scolastico che raccomandano quanto il progetto ha fornito indicazioni e spinto la Sanità a dotar- si di col- locare la prevenzione strumenti efficaci di identificazione e trattamento dei pazienti fumatori e a svolge- re campagne di sensibilizzazione non solo rivolte ai dipendenti e ai pazienti, ma anche alla popolazione del tabagismo tra la fine della scuola elementare e l’inizio della scuola media inferiore (Xxxxxxx-Traquet, 1996; CDC, 1994)territorio con particolare attenzione agli studenti4. Ciò significa l’esigenza di attuare i primi interventi già nella scuola media inferiore (11-13 anni), considerata una fase critica per l’accostamento e la spe- rimentazione del fumo di sigarette, per evi- tare l’iniziazione, per poi riprenderli in una fase successiva (14-16 anni) onde evitare il consolidamento dell’abitudine al fumo di sigarette. Per quanto riguarda i punti di forza emersi dai risultati della ricerca, è stata notata la preponderanza delle ASL tra i sogget- ti promotori. I dati raccolti dimostrano laTuttavia sono anco- ra poche le aziende aderenti alla rete che

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