IL XXXX.xx. Il costo in esame può essere variamente concepito dalla banca, andando a costituire, a seconda dei casi, remunerazione di un affidamento in quanto tale, eventualmente al netto dell’utilizzo (c.d. commissione di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345).
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Samples: Contratti Bancari
IL XXXX.xx. Il costo Pertanto, la decisione del curatore di non avvalersi della facoltà di sciogliersi dai contratti preesistenti alla dichiarazione di fallimento e di proseguire il rapporto, proprio perché rappresenta una scelta sostanzialmente necessitata e perché è ulteriormente condizionata dall’inderogabile funzione propria della gestione concorsuale di assicurare quella finalità conservativa dei valori di funzionamento dell’azienda in esame grado di consentire una migliore liquidazione nell’interesse dei creditori concorrenti pregressi, non può essere variamente concepito dalla bancaprodurre nella massa fallimentare effetti, andando a costituireper la massa stessa e per l’affittuario, a seconda dei casi, remunerazione di un affidamento in quanto tale, eventualmente al netto dell’utilizzo (c.d. commissione di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel differenziati nel caso in esame le condizioni economiche cui il curatore sia subentrato nel contratto rispetto a quando l’abbia concluso ex novo. Si consideri, del contratto resto, che la ragione che giustifica, in caso di conto corrente prevedevano genericamente retrocessione dell’azienda, l’applicazione del regime previsto dall'art. 2112 cod. civ. risiede nel fatto che l'organizzazione dei beni, costituente l'oggetto dell'attività imprenditoriale, rimanga immutata e che venga svolta la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”medesima attività, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto ipotesi che non essendovi prova si realizza primariamente quando al curatore venga retrocessa un’azienda ormai diversa nella sua struttura ed unicità organica e, talvolta, addirittura privata di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003ogni potenzialità a causa dell’inefficace gestione da parte dell’affittuario. In ogni caso, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo nell’ipotesi di qualsivoglia fondamento causalerestituzione dell’azienda nella quale siano rimasti immutati l’organizzazione dei beni aziendali e lo svolgimento dell’originaria attività, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione va considerato che l’art. 2560 cod. civ., nello stabilire che, in caso di fondi in assenza trasferimento di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazioneun’azienda commerciale, quanto anche l’acquirente dell’azienda risponde dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegaledebiti, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto sempre-chè essi risultano dai libri contabili obbligatori, pone una disciplina che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte vale con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed ipotesi di definitiva cessione dell’azienda, cioè di fuoriuscita dell’azienda dal patrimonio del titolare. Ebbene, nel caso di retrocessione dell’azienda affittata, la regola della responsabilità tra cedente (l’originario affittuario) e cessionario (il concedente iniziale) circa i prelevamenticrediti dei lavoratori non sarebbe comunque applicabile, essendo anch’esse specificamente previsteanche in assenza della specifica deroga di cui all’art. Il c.t.u104 bis, 6° comma, L.F., in quanto, in caso di cessazione di affitto (o di usufrutto), il soggetto a cui viene restituita l’azienda non è tecnicamente acquirente, poiché non vi è alcun riacquisto della proprietà dell’azienda, che è sempre rimasta in capo alla procedura, mentre l’originario affittuario ne ha avuto soltanto il godimento. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame Infatti, l’affitto costituisce una condizione transitoria che determina una sostituzione soggettiva nella titolarità del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zerocomplesso aziendale, atteso che tanto che, a seguito della retrocessione dell’azienda, potrebbe anche realizzarsi la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa conclusione di una simile operazionesuccessiva vicenda circolatoria, dovendo tenersi conto invece temporanea o definitiva, attraverso la quale la gestione venga affidata ad un altro soggetto, senza che l’eventuale spazio temporale possa implicare alcuna variazione organizzativa nell’utilizzo del valore negativo complesso dei beni organizzati, in funzione dell’esercizio dell’attività cui essi erano, originariamente, destinati. Si deve, dunque, ritenere che il richiamo previsto dall’art. 104 citato alle disposizioni di quel saldo cui alla sezione IV del Capo III del titolo II della legge fallimentare, e cioè gli artt. 72 e seguenti, comporti l’applicazione della disciplina degli effetti della retrocessione (lire – 48.448.345).per quanto riguarda il rapporto di lavoro relativamente ai rapporti economici) sia con riferimento ai rapporti contrattuali preesistenti all’affitto, nei quali l’affittuario sia subentrato, sia con riferimento a quelli stipulati ex novo, perché tutti questi negozi sono connotati dall’impronta loro attribuita, indipendentemente dall’epoca della loro costituzione, dalla peculiare gestione dell’impresa operata dall’affittuario, che li ha accomunati non solo sotto il profilo organizzativo, ma anche nell’aspetto del loro trattamento in quanto facenti parte di un unico insieme di rapporti riconducibili alla nuova identità aziendale. La particolarità della questione trattata giustifica la compensazione delle spese di lite. IL XXXX.xx 1* rigetta l’opposizione;
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Samples: Affitto Di Azienda
IL XXXX.xx. Il costo socio accomandatario, xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxx, con le note consegnate ai commissari giudiziali l’11.10.2012 (v. all. 17, della relazione ex art. 172 l.fall.) ha precisato che tale appostamento rappresenterebbe una “mera posta di compensazione per fare emergere ed evidenziare il disavanzo patrimoniale dell’azienda; infatti dal punto di vista strettamente legato ai prelievi di denaro effettivamente eseguiti dall’amministratore durante la gestione ‘post ereditaria’deve essere presa in considerazione unicamente la differenza tra la voce ‘prelievi personali’ e costi indicati al 29/2/2012 e la stessa voce riscontrabile al 2006 con le seguenti considerazioni sulla giustificazione di tali prelievi”. Il xxxx. Xxxxxxx ha anche precisato che, secondo la relazione asseverata, il disavanzo patrimoniale in capo alla farmacia Xxxxx Xxxxxx di Xxxxxxx Xxxxxxx s.a.s. risalirebbe alla gestione della ditta individuale materna poi conferita nella società ricorrente con il richiamato atto per notaio Altiero del 09.06.2005. Sempre nelle note dell’11.10.2012 è anche precisato che la gestione della società ricorrente (“Farmacia Xxxxx Xxxxxx di Xxxxxxx Xxxxxxx s.a.s.”) sarebbe iniziata il 27.07.2005 a seguito di rilascio delle autorizzazioni e “dal libro inventari il primo bilancio al 31/12/2006 viene riportato nell’attivo dello stato patrimoniale un credito per prelievo in c/utili pari ad € 2.093.335,84”. Le note depositate dalla società ricorrente l’11.10.2012 proseguono sostenendo che la posta in questione rappresenterebbe, “assieme alla voce immobilizzazioni immateriali, il reale disavanzo patrimoniale di cui innanzi, che potrebbe, tra l’altro, essere parzialmente giustificato dalla liquidazione della quota del terzo coerede”. Le note indicano la consistenza della posta in esame può essere variamente concepito dalla banca, andando a costituire, a seconda dei casi, remunerazione di un affidamento in quanto tale, eventualmente per gli anni dal 2007 al netto dell’utilizzo (c.d. commissione di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 2009 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722)precisamente: “2007 € 2.131.261,22; Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345).IL XXXX.xx
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Samples: Concordato Preventivo
IL XXXX.xx. Quanto al comma 1 dell’art. 173 l.fall., il tribunale ha osservato che commissari hanno rilevato: (i) che “per quanto concerne la posta prelievi titolare evidenziati nel bilancio al 29/02/2012 per complessivi € 2.218.178,18….. tali circostanze possono portare all’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 173 primo comma L.F. così come già segnalato nella relazione ex art. 172 L.F. alla pag. 00, xxxxx xxxxxxxxx” (x. relazione del 25.10.2012); (ii) che l’esistenza di beni non dichiarati nella titolarità di Xxxxxxx Xxxxxxx (un’autovettura e un motociclo nonché la partecipazione nella società Integrated Health of Italy s.r.l. in scioglimento) “può rilevare ai sensi dell’art. 173 primo comma L.F. (come esposto a pagina 53 della relazione del 20/10/12)” (v. relazione del 25.10.2012). Il costo in esame può essere variamente concepito dalla bancatribunale ha rilevato, andando a costituireinfine, a seconda che i commissari non hanno potuto verificare l’attendibilità della stima dell’azienda farmacia “poiché non sono state consegnate ai Commissari le dichiarazioni dei casiredditi della società relative agli anni 2008, remunerazione 2009 e 2010 e le scritture contabili relative agli anni precedenti, seppur richieste come da verbale redatto il 11/10/2012” (v. relazione del 25.10.2012). In data 21.11.2012, il debitore ammesso alla procedura di un affidamento in quanto taleconcordato preventivo ha depositato delle “note autorizzate nonché istanza di integrazione ex art. 161 e 175 l.fall.”. Con la cd. istanza di integrazione il debitore, eventualmente al netto dell’utilizzo dichiarato fine di superare i profili di inammissibilità (c.d. commissione di mancato utilizzoposizione Credifarma), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte ha ritenuto opportuno uniformarsi e, quindi, aderire alla soluzione prospettata dai commissari con la relazione ex art. 172 l.fall. depositata il 20.10.2012 modificando la proposta di concordato nel senso di inserire Credifarma a tutti gli effetti tra i creditori chirografari con prevista soddisfazione del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 50,77%”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345).
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Samples: Concordato Preventivo
IL XXXX.xx. Afferma la società che non risulta nell’interesse dei creditori addivenire alla conclusione del contratto definitivo di compravendita, posto che lo scioglimento consentirà alla procedura di concordato di procedere liberamente alla vendita degli immobili già promessi in vendita, con la conseguente possibilità di realizzare l’intero valore di stima di euro 120.000 quanto all’appartamento e di euro 15.000 quanto all’autorimessa, e così per complessivi euro 135.000,00. Al contrario l’esecuzione del contratto preliminare, considerati gli acconti per complessivi euro 140.000,00 versati dal promittente acquirente, darebbe invece alla procedura di concordato la sola possibilità di incassare il prezzo residuo di complessivi euro 15.000 (pari a 130.000 per appartamento + 25.000 per autorimessa – 140.000 per acconti). Costituendosi il C. deduce: 1) che non è vero che le parti hanno concluso un contratto preliminare, emergendo chiara la volontà di stipulare un contratto definitivo di compravendita, tanto che l’immobile è stato consegnato ed è nella disponibilità dell’acquirente da anni; 2) che è pendente tra le parti un giudizio di cognizione in cui il C. ha chiesto di accertare la natura di contratto definitivo della stipula del 19.3.2009 e subordinatamente l’esecuzione in forma specifica ex art.2932 c.c., per cui la decisione di questa causa si pone come pregiudiziale; 3) che l’indennizzo previsto non è congruo dovendo questo essere parametrato non già agli importi versati ma al pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale che patirà il C. se dovrà rilasciare l’immobile. Il costo commissario giudiziale con nota del 9.1.2017 ha espresso parere favorevole allo scioglimento. Va innanzi tutto osservato che sussiste il presupposto principe di cui all’art.169 bis l.f. , controvertendo le parti relativamente ad un contratto ancora non eseguito da entrambe. Il dettato testuale della scrittura privata, sottoscritta in esame può essere variamente concepito dalla bancadata 19/03/2009 ed integrata con postilla in calce del 06/04/2011, andando presenta natura di contratto preliminare di compravendita immobiliare, come tale produttivo di meri effetti obbligatori. Le stesse parti qualificano la scrittura come “Contratto preliminare di compravendita” e le clausole utilizzate, quali: - “C. IMMOBILIARE S.r.l…… denominata “promittente venditrice”…..”;- “G. C. …… denominato “promittente l’acquisto”….”; - “la promittente venditrice…. promette di vendere al promittente l’acquisto C. G. che si impegna ad acquistare….”; - “le unità immobiliari verranno cedute a costituire, a seconda dei casi, remunerazione corpo…”; - “la promittente venditrice garantisce la piena proprietà del complesso immobiliare di cui sono parte le porzioni promesse in vendita…”; - “le spese e le tasse per gli atti notarili di trasferimento….”; non lasciano dubbi circa la volontà delle parti non concludere un contratto definitivo ma di obbligarsi alla stipula di un affidamento in quanto tale, eventualmente al netto dell’utilizzo (c.dsuccessivo atto di trasferimento immobiliare. commissione di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte Afferma il C. che l’avvenuto pagamento del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 prezzo e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto consegna anticipata dell’immobile sono elementi idonei e sufficienti ad affermare la natura immediatamente traslativa del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivicontratto, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi tesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345)pare condivisibile.
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IL XXXX.xx. Ed ancora “L'art. 180 l.f. prevede che il Tribunale debba controllare definitivamente i requisiti di ammissibilità già delibati a norma dell'art. 162 l.f. in fase di ammissione, ivi compreso il profilo della «fattibilità del piano» di cui all'art. 161 l.f. e non vi è dubbio che a tale espressione non possa non essere attribuito quantomeno il significato di controllo circa l'effettiva realizzabilità della proposta concordataria, tale non essendo necessariamente ogni proposta che venga approvata dalla maggioranza dei creditori. Il costo Tribunale, investito del giudizio di omologa ex art. 180 l.f., in esame può essere variamente concepito dalla banca, andando a costituire, a seconda dei casi, remunerazione presenza di espressa opposizione all'omologazione da parte di un affidamento creditore dissenziente, è legittimato a rivedere ha rivisto in senso negativo i requisiti di ammissibilità del piano concordatario, tra cui è prevista dall'art. 161 l.f. la sua concreta fattibilità, in quanto talenella fattispecie concreta non si poneva tanto la questione di poter pagare i creditori chirografari solo nella misura del 3,10% del loro credito anziché nella misura del 15% promessa nel piano, eventualmente al netto dell’utilizzo ma appunto di non poterli pagare affatto: ciò innegabilmente confligge in modo insuperabile con la causa concreta dell'istituto giuridico del concordato preventivo prevista dalla legge” (Appello Firenze 11 luglio 2016). Calato nella fattispecie in esame, nella quale la pressoché assenza e comunque insufficienza dei beni pretesamente destinati a fornire la c.d. commissione “nuova finanza” rende del tutto privi di mancato utilizzo)soddisfacimento i creditori chirografari, ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o il principio che precede appare pienamente applicabile e comporta, anche per questa via, il rigetto dell’omologazione del concordato. Sulla esiziale incidenza delle menzionate sopravvenienze passive da revoca e/o restituzione di finanziamenti agevolati in sede privilegiata (o comunque, il che è lo stesso in questa sede, sulla impossibilità di ritenere precauzionalmente le risorse corrispondenti destinabili ai creditori chirografari) si veda la seguente prima pronuncia edita dopo la legge di conversione n. 33 del 2015: “Il credito da restituzione delle somme liquidate a titolo di perdite dal Fondo di garanzia gestito da Banca del Mezzogiorno / MCC - quale Gestore del Fondo di garanzia ex L. 662/96- è assistito dal privilegio generale di cui agli artt. 1 e 9, comma 5, del d.lgs. 123/98 e dell'art. 8 bis D.L. 3/2015. La disciplina dettata dall’art. 9 del D.Lgs. 123/98 è applicabile anche alle prestazioni di garanzia ex L. 662/96. L’art. 8 bis D.L. 3/2015, convertito con modificazioni nella Legge 33/2015 ha natura interpretativa dell’art. 2 Comma 100 lett. a) della L. 662/96. La ratio della novella legislativa di cui all'art. 8 bis interpretazione autentica). La domanda di fallimento viene decisa con separato e coevo provvedimento, non essendo a tale fine necessario alcuna ulteriore fissazione d’udienza. Mutatis mutandis, infatti, il S.C. ha da tempo ritenuto che “il debitore che abbia presentato istanza di ammissione al concordato preventivo in pendenza della procedura fallimentare a suo carico, non deve essere sentito in camera di consiglio per l'esercizio del suo diritto di difesa qualora ne sia stata già disposta l'audizione prima della dichiarazione di fallimento, ed abbia avuto la possibilità di svolgere tutte le difese nel corso della procedura” (Cassazione civile, sez. I, 07 Maggio 2010, n. 11113; più recentemente Cass. 22 giugno 2016 con riferimento all’art. 162 l.f.) laddove nel caso di specie la sussistenza della richiesta di apertura della procedura concorsuale maggiore contenuta nell’opposizione era conosciuta già, quantomeno, dalla udienza dello scorso 5 ottobre e nel rinvio concesso, di oltre un solo giorno (c.dmese e quindi persino superiore al termine a comparire previsto dall’art. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti 15 l.f. la società debitrice non affidati (cfr. ha inteso sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non ulteriormente replicare pur potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso ragionevolmente ritenere che la mancanza declaratoria di estratti conto relativi alla prima fase fallimento potesse rappresentare un prevedibile sviluppo della successiva udienza del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345)9 novembre 2016.
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Samples: Concordato Preventivo
IL XXXX.xx. Il costo Nel riunito giudizio R.G. n. 11136/2010, instaurato tra le medesime parti, l’attore Lo premesso che a seguito dell’instaurato giudizio di accertamento della nullità delle clausole contrattuali aventi ad oggetto capitalizzazione trimestrale, commissione massimo scoperto, interessi ultralegali, il Banco di Napoli ha ridotto l’affidamento bancario, ha chiesto al Tribunale di Xxxxx con ricorso ex art. 700 c.p.c. promosso avverso il Banco di Napoli, il ripristino dell’apertura di credito sul conto corrente n. 27/2318, con aggiunta alla segnalazione rischi effettuata dal Banco di Napoli alla banca d’Italia della dicitura “che il credito è in esame contestazione giudiziaria” e l’inibitoria della segnalazione presso la Centrale rischi della Banca d’Italia di qualsiasi importo inferiore ad € 123.950,00 ovvero di ordinare di non segnalare tali somme quali crediti a sofferenza al Banco di Napoli s.p.a. (giudizio ex art. 700 c.p.c. conclusosi con ordinanza di parziale accoglimento del ricorso ordinando soltanto al Banco di Napoli di aggiungere alla segnalazione a sofferenza dell’importo effettuata alla Centrale Rischi la dicitura “credito in contestazione”, ha convenuto in giudizio il Banco di Napoli al fine di accertare l’illegittima segnalazione a sofferenza e per l’effetto condannare il Banco di Napoli al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dalla illegittima revoca dell’affidamento nonché dall’illegittimità della segnalazione a sofferenza, entrambe effettuate in violazione dei principi di correttezza e buona fede. Come già evidenziato nell’ordinanza conclusiva del giudizio ex art. 700 c.p.c. la revoca dell’affidamento da parte della Banca non può essere variamente concepito dalla bancaqualificata come arbitraria e improvvisa. Xx xxxxxx, andando l’istituto di credito ha proceduto alla riduzione (peraltro modesta dell’apertura di credito concessa) da € 123.950,00 ad € 100.000,00 il 22.10.2209. Con successiva missiva del 23.11.2009 il Banco di Napoli ha invitato il Sig. Lo a costituire, a seconda dei casi, remunerazione di un affidamento in quanto tale, eventualmente al netto dell’utilizzo (c.d. commissione di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte rientrare nei limiti del fido utilizzata accordato, precisando che tale riduzione si è resa necessaria a causa dell’utilizzo irregolare della linea di credito, perdurante da moltissimo tempo, con frequenti sconfinamenti e ritardi nel pagamento delle rate del finanziamento in essere. Nessun legame ha detta riduzione con la vertenza per un certo arco temporale anatocismo intervenuta. Soltanto con missiva del 18.06.2010 la Banca ha proceduto alla revoca dell’affidamento di € 100.000,00. Orbene, l’apertura di credito concessa al sig. Lo sul conto corrente n. 27/2318 è contratto a tempo indeterminato al quale dunque trova applicazione l’art. 1845 c. 3 c.c. a norma del quale se l’apertura di credito è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi, o anche per un solo giorno (c.d. commissione in mancanza in quello di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002)quindici giorni. Nel caso in esame le condizioni economiche di specie, all’art. 4 del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di creditocredito è previsto che il banco ha la facoltà di recedere in qualsiasi momento, anche con comunicazione verbale, dall’apertura di credito ancorché concessa a tempo determinato, nonché di ridurla o di sospenderla: per il pagamento di quanto dovuto verrà dato al cliente con lettera raccomandata, un preavviso non inferiore ad un giorno. Il conto corrente in esame Analoga facoltà di recesso ha il cliente con effetto di chiusura dell’operazione mediante il pagamento di quanto dovuto. L’art. 1845 c.c. è, quindi, norma dispositiva derogabile convenzionalmente dalle parti che possono fissare un termine di preavviso inferiore rispetto a quello legale o, addirittura, di escluderlo, con conseguente immediatezza degli effetti del recesso. Unico limite al potere di recesso ad nutum, è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto rappresentato dall'esercizio con modalità contrastanti i principi di correttezza e buona fede (Cfr. Trib. Roma 1.03.2017, n. 4104, Cass. 22.11.2000, n. 15066; Cass. 14.07.2000, n. 9321). Alla luce dell'art. 1186 c.c., inoltre, il creditore può esigere immediatamente la prestazione se il debitore è divenuto insolvente o ha diminuito, per fatto proprio, le garanzie che aveva date [ artt. 2743, 2813] o non ha dato le garanzie che aveva promesse. Neppure può essere accolta la tesi sostenuta dal correntista di invalidità della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di detta clausola per nullità del saggio contratto in quanto carente della sottoscrizione della Banca, in considerazione di interesse ultralegalequanto detto in precedenza e cioè della validità del contratto monofirma a seguito dell’intervento risolutore delle Sezioni Unite n. 898/2018. Nel caso di specie, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti per quanto in astratto non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso sembra che la mancanza Banca abbia esercitato la facoltà di estratti conto relativi recesso in maniera arbitraria o illegittima, posto che la stessa è avvenuta solo a seguito degli inviti rivolti al correntista quanto al ripristino dei versamenti e a seguito di rilevati ritardi e irregolarità nel pagamento delle rate di mutuo concesso, va rilevato come la stessa si sia rivelata illegittima alla prima fase luce della rideterminazione del saldo nel rapporto è stata dal c.t.udare/avere tra le parti pari non ad € 103.449,67 ma ad un saldo a favore del correntista di € 1.454,13. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento Certamente, dunque, deve essere disposto il ripristino del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa affidamento bancario nei limiti di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345)€ 100.000,00.
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Samples: Contratti Bancari
IL XXXX.xx. Il costo Dalla complessa attività che il commissario giudiziale è tenuto a svolgere e dai poteri che la legge gli attribuisce si ricava che questo, nelle intenzioni del legislatore, è l’organo cui è affidato il compito di garantire che i dati sottoposti alla valutazione dei creditori siano completi, attendibili e veritieri, mettendo gli stessi in esame condizione di decidere con cognizione di causa sulla base di elementi che corrispondono alla realtà; tanto ciò è vero che se riscontra la non veridicità dei dati aziendali esaminati, ne informa immediatamente il tribunale, che d’ufficio procede alla revoca del concordato (così Cass. 25.10.2010, n. 21860, in motiv.). Come già esposto nel precedente § 6, infatti, il tribunale chiamato a valutare l’ammissibilità di una proposta di concordato preventivo “può essere variamente concepito dalla bancae deve sindacare l’idoneità dell’apparato documentale presentato dal proponente, andando a costituirein esso compresa la relazione attestativa della veridicità dei dati aziendali (…), a seconda dei casifornire informazioni attendibili e complete sulla situazione patrimoniale, remunerazione economico e finanziaria di un affidamento quest’ultimo…” (v. Corte di Appello di Napoli 8.10.2012, in quanto tale, eventualmente al netto dell’utilizzo (c.d. commissione di mancato utilizzoxxx.xxxxxx.xx), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte nota scia di Cass. 23.06.2011, n. 13817, secondo cui “quanto all’attestazione del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione professionista circa la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, il giudice si deve limitare al riscontro di massimo scoperto intrafido)quegli elementi necessari a far sì che detta relazione - inquadrabile nel tipo effettivo richiesto dal legislatore, nonché essere praticata dunque aggiornata e con la motivazione delle verifiche effettuate, della metodologia e dei criteri seguiti - possa corrispondere alla funzione, che le è propria, di fornire elementi di valutazione per i soli scoperti in senso tecnicocreditori” (nello stesso senso, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 200614.02.2011, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.3453586).
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Samples: Concordato Preventivo
IL XXXX.xx. Il costo Escludere che si sia in esame può essere variamente concepito dalla bancapresenza di una nullità (anche solo parziale) del contratto di locazione e comunque respingere la pretesa di parte ricorrente di equiparare – già solo negli effetti – la propria dichiarazione di recesso unilaterale dal contratto di locazione ad una disdetta dello stesso, andando a costituirein grado di impedirne la rinnovazione tacita alla prima scadenza. Firmato Da: XXXXX XXXXX Xxxxxx Da: Xxxxxxxx XX0 Serial#: f0510 In ogni caso, a seconda dei casiin via subordinata, remunerazione escludere la possibilità che il locatore possa esercitare, nel caso di specie, un affidamento in quanto talerecesso ad nutum senza adeguato periodo di preavviso e comunque tale da interrompere il rapporto di conduzione immobiliare prima della scadenza del termine originariamente pattuito dalle parti. In ogni caso, eventualmente al netto dell’utilizzo (c.d. commissione nella denegata ipotesi di mancato utilizzo)accoglimento anche solo parziale delle domande della ricorrente, ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte subordinare il rilascio dell’immobile all’effettivo reperimento di idonea ed almeno analoga soluzione allocativa degli Uffici del fido utilizzata Tribunale Amministrativo Regionale per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido)il Piemonte, nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione stante il prevalente interesse pubblicistico alla continuità ed effettività delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabilefunzioni da essa svolte, a fronte della pluralità non dimostrata sussistenza di fattispecie rientranti un vulnus patrimoniale in questa definizione nella prassi bancariacapo al locatore nel caso di prosecuzione nell’uso dei locali da parte dell’attuale conduttore. Con vittoria di spese di lite”. I fatti di causa possono essere riassunti come segue. Le parti stipulavano in data 11 marzo 2003 un contratto di locazione ad uso uffici ed archivi di parte dell’immobile sito in Torino al Corso Stati Uniti n. 45, per la superficie complessiva coperta di mq 2490 circa, unitamente ai fini della determinatezza dell’oggetto mobili e agli arredi, per la durata di anni sei, con decorrenza dal decreto di approvazione del rispetto delle regole contratto ai sensi dell’art. 29 del r.d. n. 2440 del 1923, per l’importo di trasparenza sancite dall’art€ 212.031,21 quale canone annuo (doc. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 20022 parte ricorrente). Nel caso in esame In data 27 maggio 2009 le condizioni economiche parti davano atto della decorrenza del contratto dal 1 giugno 2003 e manifestavano la volontà di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione procedere al rinnovo del medesimo per un ulteriore periodo di massimo scoperto 0,250 %”sei anni, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicataossia con scadenza al 31 maggio 2015, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebitoalle medesime condizioni (doc. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.3453 parte ricorrente).
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Samples: Contract
IL XXXX.xx. Il costo In data 21.11.2012 la “Farmacia Xxxxx Xxxxxx di Xxxxxxx Xxxxxxx s.a.s.” ha depositato un’integrazione dell’asseverazione a firma del xxxx. Xxxxxx Xxxxxx, il quale “conferma di aver preso visione delle intere scritture contabili, che deposita unitamente alla presente relazione e le stesse confermano i dati della precedente relazione asseverata salvo le integrazioni di cui alla presente” (v. pag. 2 dell’integrazione datata 19.11.2012). Tale integrazione ritiene il tribunale sia inammissibile per tutti i motivi già esposti nel precedente § 5. In particolare perché l’integrazione è stata depositata dopo l’apertura del procedimento di revoca ex art. 173 c.p.c. pur essendo stata l’inattendibilità dell’attestazione della veridicità dei dati aziendali già evidenziata con la nota dei commissari depositata il 24.10.2012. Detto altrimenti il debitore ben avrebbe potuto e dovuto depositare l’integrazione della relazione tra il 24.10.2012 ed il 30.10.2012, data in esame può essere variamente concepito dalla bancacui il tribunale ha aperto il procedimento ex art. 173 l.fall. Se, andando dunque, la “Farmacia Xxxxx Xxxxxx di Xxxxxxx Xxxxxxx s.a.s.” non ha integrato in tempo utile la relazione dell’asseveratore imputet sibi. E ciò a costituireprescindere dall’opinione dottrinale e giurisprudenziale (a dire il vero minoritaria) secondo cui nel novero dei “nuovi documenti” di cui all’art. 161, comma 1, l.fall. non potrebbero rientrare le modifiche ed integrazioni alla relazione asseverativa in ordine alla veridicità dei dati aziendali. In aggiunta ai rilievi esposti nel precedente § 5, rileva infine il tribunale che ad opinare diversamente (e, dunque, a seconda dei casi, remunerazione ritenere superabili i motivi di un affidamento in quanto tale, eventualmente inammissibilità del concordato preventivo successivamente al netto dell’utilizzo (c.dprocedimento di revoca ex art. commissione 173 l.fall.) si giungerebbe di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte fatto ad un’interpretatio abrogans del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.dcomma 3 dell’art. commissione 173 l.fall. IL XXXX.xx Sennonché nella lettera dell’art. 173 l.fall. non vi è traccia di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative questa sorta di “sanatoria della commissione in questioneinammissibilità della domanda”, essendo piuttosto la revoca del concordato la reazione che l’ordinamento predispone alla incompletezza (sotto il profilo – nella fattispecie sub iudice - della inidoneità della relazione attestante la veridicità dei dati aziendali) della domanda di concordato. Ed è appena il caso di precisare che ciò indispensabilenon significa privare il debitore di difesa nel subprocedimento ex art. 173 l.fall., tanto è vero che questo ben può concludersi con un provvedimento di non luogo a fronte della pluralità di fattispecie rientranti provvedere alla revoca dell’ammissione del concordato preventivo ove il tribunale accerti la insussistenza o ritenga l’irrilevanza dei fatti o dei comportamenti in questa definizione nella prassi bancariabase ai quali il subprocedimento è stato aperto, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB ad esempio perché (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel per rimanere fedeli al caso in esame le condizioni economiche esame) la relazione asseverativa della veridicità dei dati aziendali, ritenuta in un primo momento inidonea allo scopo, melius re perpensa (anche alla luce dei chiarimenti del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebitodebitore) viene giudicata inquadrabile nel tipo richiesto dal legislatore. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra Ma quest’ultima ipotesi non giustificativa si è verificata nel caso di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345)specie per le ragioni espresse nel successivo paragrafo.
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Samples: Concordato Preventivo
IL XXXX.xx. Il costo In data 3 giugno 2014 il Segretario generale del T.A.R. per il Piemonte comunicava via pec alla proprietà l’intenzione di procedere al pagamento del canone nella misura ridotta del 15% a far data dal 1 luglio 2014, in esame può essere variamente concepito dalla bancaapplicazione dell’art. 3, andando a costituirecomma quarto, a seconda dei casidel d.l. n. 95 del 2012 (doc. 5 parte ricorrente). In data 5 giugno 2014 la società Palazzo srl comunicava via pec l’intenzione di avvalersi del diritto di recesso di cui all’art. 3, remunerazione di un affidamento in quanto talecomma quarto, eventualmente al netto dell’utilizzo sopra citato (c.ddoc. commissione di mancato utilizzo6 parte ricorrente), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla con invito a liberare l’immobile da persone e cose entro e non oltre il 30 giugno 2014. Firmato Da: XXXXX XXXXX Xxxxxx Da: Postecom CA2 Serial#: f0510 Seguiva la nota del T.A.R. per il Piemonte nella quale si contestava la validità del recesso per assenza del preavviso di mesi dodici (art. 42 della legge n. 392 del 1978) e si proponeva di stabilire quale termine per il rilascio la scadenza naturale del contratto al 31 maggio 2015, proposta non accettata dalla proprietà (doc. 7 e 8 parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.dricorrente). commissione di massimo scoperto intrafido)servizi ai cittadini, nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006convertito con modificazione dalla legge 7 agosto 2012, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria135, ai fini del contenimento della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole spesa pubblica, ha previsto che “con riferimento ai contratti di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali, come individuate dall'Istituto nazionale di Monzastatistica ai sensi dell'articolo 1, 12 comma 3, della legge 31 dicembre 2006; Tribunale di Milano2009, 4 luglio 2002). Nel caso in esame n. 196, nonché dalle Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi società e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti contoborsa (Consob), i canoni di locazione sono ridotti a decorrere dal 1° gennaio 2015 della misura del 15 per cento di quanto attualmente corrisposto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento La riduzione del canone di locazione si inserisce automaticamente nei contratti in corso ai sensi dell'articolo 1339 c.c., anche in deroga alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamentieventuali clausole difformi apposte dalle parti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito salvo il calcolo tenendo correttamente conto diritto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame recesso del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345)locatore…”.
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IL XXXX.xx. Il costo Nel caso di specie l’avvenuta anticipazione del periodo di decorrenza della riduzione del canone ha inciso a danno del conduttore in esame può essere variamente concepito dalla bancamodo particolarmente sfavorevole perché, andando a costituirese il termine fosse rimasto quello del 1° gennaio 2015, a seconda dei casilo svantaggio per il locatore sarebbe stato contenuto in cinque mensilità, remunerazione di un affidamento in quanto tale, eventualmente ossia fino al netto dell’utilizzo 31 maggio 2015 (c.d. commissione di mancato utilizzodata della scadenza naturale del contratto), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido)mentre l’anticipazione al 1° luglio 2014 avrebbe obbligato il locatore, nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura recesso, a percepire il canone ridotto per ben undici mensilità, ossia dal 1° luglio 2014 al 31 maggio 2015. Firmato Da: XXXXX XXXXX Xxxxxx Da: Postecom CA2 Serial#: f0510 Infine, occorre altresì considerare la tempestività con la quale il locatore ha risposto alla nota della Segreteria del T.A.R., ossia entro tre giorni, pari ad un periodo di creditotempo assolutamente ragionevole, e ciò per ribadire quanto già detto in precedenza, ossia di non voler accettare la riduzione ex lege del canone e di esercitare il diritto di recesso dal contratto. Il conto corrente Riassumendo, quindi, si ritiene che la scelta del proprietario di avvalersi della facoltà di legge e di comunicare la decisione di recedere dal contratto in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto risposta alla comunicazione del conduttore nel mese di giugno 2014 non sia censurabile sotto il profilo della capitalizzazionebuona fede e correttezza contrattuale perché legittimamente adottata in prossimità dell’avvenuta anticipazione della decorrenza degli effetti della nuova normativa (d.l. n. 66 del 2014, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegaleentrato in vigore il 24 aprile 2014, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”peraltro convertito soltanto in data 23 giugno 2014). Per contro quanto attiene invece al secondo profilo di contrarietà “ad ogni regola di legge o prassi di buona fede negoziale”, ossia la concessione di un termine brevissimo per il rilascio dei locali, si precisa quanto segue. Non vi è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso dubbio che la mancanza richiesta del locatore di estratti conto relativi alla prima fase “liberare l’immobile da persone e cose entro il 30 giugno 2014”, e quindi la concessione di un periodo di soli 24 giorni (dal 6 giugno al 30 giugno 2014) per liberare un immobile di rilevanti dimensioni adibito ad attività giudiziaria (T.A.R. per il Piemonte) è davvero esigua e potrebbe ritenersi in astratto contraria ai principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345)contratto.
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IL XXXX.xx. Il costo Se, infatti, il xxxx. Xxxxxxx avesse consegnato la documentazione contabile ante 2010 al dott. Regine in occasione del conferimento dell’incarico relativo all’asseverazione della veridicità dei dati aziendali, lo stesso xxxx. Xxxxxxx (che risulta “compos sui”) non avrebbe poco dopo potuto dichiarare di non essere in grado di recuperare in tempi brevi la documentazione richiesta dai commissari. Né risulta che il dott. Xxxxxx abbia avuto precedenti rapporti professionali con il Xxxxxxx che giustificassero la consegna della scritture contabili anteriormente al conferimento dell’incarico relativo all’asseverazione della veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano. Tutto quanto innanzi esposto fa si che a giudizio del tribunale anche l’integrazione della relazione attestativa della veridicità dei dati aziendali (che attraverso il dichiarato esame della contabilità ante 2010 ha confermato le risultanze di una relazione che ha attestato - senza quell’esame - la veridicità dei dati aziendali) non sia idonea a fornire informazioni attendibili sulla situazione patrimoniale, economico e finanziaria del debitore che ha chiesto il concordato. Ed è appena il caso di ricordare che il tribunale “può essere variamente concepito dalla bancae deve dichiarare inammissibile la proposta di concordato preventivo a corredo della quale sia stata presentata una relazione che, andando a costituire, a seconda pur contenendo la formale attestazione della veridicità dei casi, remunerazione di un affidamento in quanto tale, eventualmente al netto dell’utilizzo dati aziendali (c.d. commissione di mancato utilizzo…), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata debba considerarsi sostanzialmente incompleta e per un certo arco temporale o anche per un solo giorno questo inattendibile” (c.d. commissione v. Corte di massimo scoperto intrafido)Appello di Napoli 8.10.2012, nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345xxx.xxxxxx.xx).
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Samples: Concordato Preventivo
IL XXXX.xx. Il costo In sintesi i commissari hanno determinato in esame può essere variamente concepito dalla banca, andando a costituire, a seconda dei casi, remunerazione € 3.179.229,00 il valore dell’azienda farmacia (oggetto di un affidamento in quanto tale, eventualmente al netto dell’utilizzo (c.d. commissione di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002cessione all’assuntore). Nel ricorso del 10.07.2012 alla farmacia è attribuito il minor valore di € 2.134.246,00 (giusta la perizia del dott. Xxxxxxxxx, confermata con l’integrazione datata 16.11.2012). L’assuntore si è impegnato ad acquistarla per € 2.350.000,00. L’abnorme e comunque palesemente eccessiva sottovalutazione dell’azienda farmacia (come emersa dagli accertamenti svolti dai commissari) inficia il presupposto della veridicità dei dati aziendali integrando, da un lato, la violazione di obblighi di informazione veridica del ceto creditorio e, dall’altro, la tipizzazione della fattispecie residuale e generica degli “altri atti di frode” se non quella tipica di fraudolento occultamento di valori patrimoniali attivi (per la configurabilità di quest’ultima fattispecie in caso di sottovalutazione dell’attivo, v. Trib. Milano 28.10.2011, concordato preventivo San Xxxxxxxx, pag. 17). E ciò tanto più quando, nel caso di sottovalutazione dell’unico sostanziale bene offerto in esame le condizioni economiche cessione - senza trasferimento di proprietà - ai creditori (cd. assets core), lo stesso bene è promesso ad un assuntore del contratto concordato il quale si è impegnato ad acquisirlo per un prezzo di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione poco superiore a quello di massimo scoperto 0,250 %”stima ma di molto inferiore a quello di mercato (così come accertato dai commissari), senza specificare né il saldo che l’azienda farmacia (di periodo su cui la percentuale andava applicatasicura appetibilità) sia stata previamente messa in vendita al fine di accertare, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova attraverso l’apertura al mercato, l’impossibilità di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo ottenere offerte migliori di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345)quella assolutamente prudenziale dell’assuntore.
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Samples: Concordato Preventivo
IL XXXX.xx. Il costo L’accertamento, nel prosieguo, di crediti pretermessi o di cause di prelazione neglette, alterando la prognosi di soddisfazione delle obbligazioni (pur se non enucleata in esame una percentuale numerica), può quindi fondare, se attribuibile a dolo, la revoca del concordato; ed in ogni altro caso impone l’emendamento della proposta iniziale (e, in ipotesi, l’aggiornamento del relativo piano) - previa, occorrendo, una riconvocazione da parte del giudice delegato - in termini di trasparenza: ineludibile premessa del consenso informato dei creditori, non viziato da errore-motivo (suscettibile di assurgere perfino a causa di annullamento del concordato omologato: L.fall., art. 186, u.c., e art. 138, comma 1). La veridicità dei dati contabili, con l’esatta rappresentazione delle attività e passività, e l’attendibilità del valore attribuito ai beni costituiscono, infatti, il presupposto per l’accettazione dei creditori; e tale requisito diventa tanto più rigoroso nell’ottica della connotazione contrattualistica che parte della dottrina attribuisce al nuovo concordato preventivo (art. 1326 cod. civ.). In ogni caso, il rilievo di fondo è che la cessione di beni e le altre operazioni, anche di ingegneria imprenditoriale e societaria, contemplate dalla L.fall., art. 160, costituiscono il mezzo e non il fine: onde, non possono essere variamente concepito disancorate dalla bancapromessa di un risultato utile conseguibile, andando precisato o implicito in una percentuale di soddisfacimento, senza il quale la proposta del debitore diverrebbe aleatoria in senso giuridico, pur a costituirefronte dell’effetto esdebitativo certo della falcidia concordataria. Per il resto, non v’è ragione di derogare ai principi generali in tema di rilevabilita d’ufficio delle nullità (art. 1421 c.c.): patologie certo più gravi delle irregolarità formali di svolgimento della procedura, espressamente menzionate quale oggetto di doverosa verifica del Tribunale (art. 180, comma 4). Sotto questo profilo, la dizione originaria dell’art. 180, prima del decreto correttivo - che, senza fare uso della definizione di opposizione, poneva a carico delle parti dissenzienti, in sede di costituzione nel giudizio omologativo, l’onere di dedurre tempestivamente le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio - lasciava intendere, a seconda contrario, per l’evidente affinità con la disciplina processuale ordinaria (art. 167 cod. proc. civ.), la rilevabilità officiosa di una gamma di eccezioni di merito: quale, appunto, quella di nullità. Quest’ultima evenienza è di particolare delicatezza, non dovendo essere confusa con la normale alea inscindibilmente connessa con la valutazione di fattibilità di qualsiasi iniziativa economica. Sotto questo profilo, se la realizzabilità è intesa come mera prognosi di adempimento di obbligazioni immuni da vizi genetici, assunte sulla base di una situazione patrimoniale veritiera, non v’è dubbio che il suo apprezzamento spetti esclusivamente ai Per contro, va ribadito che, dopo la riforma, non appartiene più al controllo officioso del tribunale il giudizio di convenienza economica, ormai espunto dal novero dei casirequisiti da valutare in sede omologativa (art. 181, remunerazione testo previgente). Correlato, in sede casistica, soprattutto con le azioni revocatorie esperibili, esso era in linea - così come l’ulteriore presupposto, del pari abolito, della meritevolezza dell’imprenditore - con una concezione non più attuale dell’istituto concordatario come beneficio premiale; e con l’eterotutela dei creditori, espressione di un affidamento dirigismo economico ormai residuato, nell’ordinamento, solo in quanto tale, eventualmente al netto dell’utilizzo (c.d. commissione di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati rarissime fattispecie (cfr. sul punto Cass. L. 18 gennaio 2006Xxxxxx 1998, n. 870 e Cass192, art. 6 agosto 2002 n. 117226); Si esige dunque . Entro i confini fin qui tracciati, non v’è ragione, in ultima analisi, di ridurre la specifica pattuizione delle modalità applicative cognizione della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto proposta e del rispetto delle regole piano concordatari ad una mera funzione notarile di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale regolarità formale, svolta da un giudice costretto nel ruolo ancillare di Monzaconvitato di pietra: in tal modo, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente inibendo la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né tutela anche dell’interesse pubblico a che il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva governo della crisi d’impresa - tutt’altro che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causalecosti per la collettività - non sia piegato ad utilizzazioni improprie, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di creditocon abuso del diritto (Cass., sez. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione1^, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale23 Giugno 2011, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazzan. 13817)….”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345).
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IL XXXX.xx. Il costo Ed è questa la ragione per la quale i commissari nella relazione del 20.10.2012 così concludevano “i commissari giudiziali, ritengono che la giustificazione di tali ingenti prelievi è da ricercarsi nella impossibilitata verifica del collegamento contabile esistente tra la ditta individuale Farmacia Xxxxx Xxxxxx, caduta in esame può essere variamente concepito dalla bancasuccessione e conferita nella costituita s.a.s nel valore, andando a costituireconcordato tra le parti, del netto patrimoniale imputato al capitale sociale di euro 58.000,00, sottoscritto in parte uguali dai soli soci Xxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxx. La detta valutazione del netto patrimoniale dell’azienda materna, sicuramente è scaturita da una stima almeno formalmente redatta alla data della costituzione della s.a.s., necessariamente recante la situazione patrimoniale, redatta secondo i criteri di valutazione per l’impresa in funzionamento, con l’elencazione di tutte le attività e passività esistenti alla data del conferimento, quindi, includendo nel passivo il conto “prelievi titolare”, il cui importo complessivo, a seconda dei casidire dell’amministratore, remunerazione di un affidamento in quanto tale, eventualmente al netto dell’utilizzo (c.d. commissione di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il sarebbe già stato dell’attuale saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito2.218.000,00. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi I medesimi saldi attivi e passivi, ma altresì poi, hanno costituito le scritture di apertura dei conti dell’attuale s.a.s. alla data della costituzione. In considerazione di quanto fin qui esposto i commissari giudiziali non sono in grado di verificare la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie veridicità delle affermazioni fatte in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345).data 11/10/2012 dall’amministratore Xxxxxxx Xxxxxxx circa l’addebito dei
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IL XXXX.xx. Le medesime circostanze sono state, altresì, ribadite dai commissari, con il richiamo alle proprie relazioni, nel corso dell’adunanza dei creditori svoltasi il 24.10.2012, per cui il giudice delegato - nel prendere anche atto che sei comunicazioni ai creditori non erano andate a buon fine - ha rinviato l’adunanza dei creditori a data da destinarsi. Il costo tribunale, quindi, con decreto del 30.10.2012, ha fissato l’udienza camerale del 28.11.2011. Il tribunale “letta la relazione con la quale, in esame può essere variamente concepito dalla bancadata 20.10.2012, andando i commissari giudiziali del concordato preventivo pendente nei confronti della Farmacia Xxxxx Xxxxxx di Xxxxxxx Xxxxxxx s.a.s., hanno rappresentato fatti che possono rilevare ai sensi dell’art. 173 l.fall.; letta la nota depositata in data 24.10.2012 in risposta al decreto del g.d. del 23.10.2012; letta la relazione del 25.10.2012 con cui i commissari giudiziali hanno ricapitolato le criticità emerse nel corso della procedura di concordato preventivo” ha ritenuto, infatti, che dalle indicate relazioni si evincevano sia fatti rilevanti ex art. 173, comma 1, l.fall., sia fatti rilevanti ex art. 173, comma 3, l.fall. Quanto a costituirequest’ultimo comma, a seconda dei casi, remunerazione il tribunale ha osservato che i commissari hanno rilevato: (i) che “l’inidoneità della relazione ex art. 161 L.F. e l’impossibilità di un affidamento in quanto tale, eventualmente operare precisi riscontri su di essa rileva ex art. 173 terzo comma L.F. quale mancanza delle condizioni per l’ammissibilità al netto dell’utilizzo concordato” (c.d. commissione di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte v. relazione del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 1172225.10.2012); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative (ii) che “l’integrale soddisfacimento del credito per anticipazioni di Credifarma S.p.A. (indicata come titolare anche di altre ragioni creditorie) oltre a violare l’art. 56 L.F. si traduce in un trattamento differenziato non giustificato e quindi lesivo della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e par condicio creditorum ostativo all’omologa” (v. relazione del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.34525.10.2012).
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IL XXXX.xx. Il costo Con il contratto dell’1.09.2005 intercorso tra la Farmacia e Credifarma v’è stato il conferimento di un mandato all’incasso in rem propriam dalla prima alla seconda per i crediti oggetto della Convenzione (art. 10.1) ed è stato, altresì, conferito alla Credifarma il potere di compensare gli importi incassati dall’Ente Erogatore con i debiti della farmacia medesima ancorché le reciproche ragioni creditorie non siano scadute (art. 10.3). Al medesimo articolo 10.3 è stabilito che “Gli importi dei crediti vantati dal Farmacista nei confronti del S.S.N. che la Società incasserà in dipendenza del suddetto mandato vengono, con la sottoscrizione della Convenzione, costituiti in pegno a favore della Società stessa a garanzia di ogni debito per capitale ed accessori comunque dipendente dalle anticipazioni sopra indicate”. Con il decreto del 30.10.2012 di apertura del procedimento ex art. 173 l.fall. il tribunale ha osservato che “l’integrale soddisfacimento del credito per anticipazioni di Credifarma S.p.A. (indicata come titolare anche di altre ragioni creditorie) oltre a violare l’art. 56 L.F. si traduce in un trattamento differenziato non giustificato e quindi lesivo della par condicio creditorum ostativo all’omologa”. Come, infatti, precisato dalla Suprema Corte “In caso di ammissione del IL XXXX.xx Né in senso contrario può la “Farmacia Xxxxx Xxxxxx di Xxxxxxx Xxxxxxx s.a.s.” dedurre che i crediti di Carifarma godono di diritto di prelazione in virtù del pegno così come menzionato nel contratto all’art. 10.3 del contratto dell’1.09.2005. Come, infatti, correttamente osservato dai commissari giudiziali “l’oggetto del pegno – nella ricerca della volontà delle parti- sembra essere indicato nelle somme che la Credifarma incasserà in futuro dall’A.S.L. e non su titoli di credito. Tale previsione sembra escludere che possa ritenersi perfezionato al momento della sottoscrizione della convenzione un pegno, sia esso IL XXXX.xx Ne consegue che, siccome la Credifarma non ha incassato le somme di che trattasi dall’A.S.L., non è ipotizzabile la sussistenza di una garanzia reale pignoratizia come recentissimamente confermato da Xxxx. SU 02.10.2012, n. 16725, secondo cui “il pegno di credito all’acquisto e alla consegna di titoli non ancora emessi ha natura di pegno di credito futuro, che fino a quando non si verifica la consegna ha effetti obbligatori e non attribuisce prelazione, che sorge solo dopo la specificazione della consegna”. In senso contrario la debitrice, a sostegno della possibilità della compensazione, ha inteso richiamare Cass. 01.09.2011, n. 17999. Ma con l’indicata sentenza, la Suprema Corte ha stabilito che la compensazione opera quando alla Banca è conferito il diritto di “incamerare” le somme e di porle a compensazione dei propri crediti (mandatum in rem propriam con pactum de compensando), ma fa riferimento ad ipotesi in cui le somme già erano state riscosse. IL XXXX.xx Come, infatti, rilevato dai commissari “nel caso preso in esame può essere variamente concepito dalla bancaCassazione con la sentenza n. 8752/2011, andando a costituire, a seconda dei casi, remunerazione si trattava di un’azione revocatoria fallimentare ex art. 67 secondo comma L.F.. La curatela di un affidamento fallimento agiva per sentir dichiarare l’inefficacia, tra l’altro, di somme incassate da una Banca quali rimborsi di un credito IVA già versato dall’Amministrazione Finanziaria sul conto corrente del cliente in quanto tale, eventualmente epoca antecedente al netto dell’utilizzo (c.dfallimento di questi. commissione La Banca eccepì di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata aver utilizzato la rimessa pervenuta per un certo arco temporale o anche compensare parzialmente l’anticipazione concessa al cliente per un solo giorno (c.dil medesimo credito IVA. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale In tale ipotesi la Corte si è limitata a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancariasostenere che, ai fini dell’applicazione dell’istituto della determinatezza dell’oggetto compensazione, occorre valutare l’effettiva esistenza di un patto che consentisse alla Banca di incamerare le somme, ma non ha affrontato il diverso problema della coesistenza e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel della reciprocità dei crediti ed anzi nel caso in esame le condizioni economiche la riscossione da parte della Banca era già avvenuta” (v. pag. 48 della relazione depositata il 20.10.2012). In definitiva, la compensazione tra crediti della Credifarma nei confronti della farmacia ed eventuali controcrediti appare preclusa dal fatto che il credito della Farmacia nei confronti della Credifarma, titolare del contratto mandato all’incasso in rem propriam con pactum de compensando, sorgerà – secondo quanto ritenuto dalla Cassazione - soltanto al momento dell’effettiva riscossione e l’art. 56 l.fall. non consente di conto corrente prevedevano genericamente ritenere operante la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”predetta causa estintiva. Mancando, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicataquindi, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione una delle condizioni economiche iniziali in relazione di ammissibilità della proposta concordataria dev’essere revocato, ai sensi dell’art. 173, comma 3, l.fall. il decreto di ammissione al saggio concordato richiesto dalla “Farmacia Xxxxx Xxxxxx di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345)Xxxxxxx Xxxxxxx s.a.s.”
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IL XXXX.xx. Per tutti questi motivi si accerta e dichiara la legittimità del recesso intimato con lettera del 5 giugno 2014 (doc. 6 parte ricorrente). A norma dell’art. 56 della legge n. 392 del 1978 viene fissato quale termine per il rilascio la data del 30 aprile 2016, e ciò tenuto conto delle condizioni del conduttore, ossia lo svolgimento nei locali di attività giudiziaria presso il T.A.R. per il Piemonte e quindi l’esigenza di evitare l’interruzione della medesima, comparate a quelle del locatore, nonché delle ragioni per le quali è stato disposto il rilascio, ossia l’accertamento della legittimità del recesso a far data dal 1 luglio 2014. Firmato Da: XXXXX XXXXX Xxxxxx Da: Postecom CA2 Serial#: f0510 Il costo in esame può essere variamente concepito dalla bancaconduttore sarà tenuto alla corresponsione a favore del locatore della somma prevista nel contratto di locazione, andando a costituirecon la riduzione del 15% di cui all’art. 3, comma quarto, del d.l. n. 95/2012, a seconda dei casipartire dal 1° luglio 2014 e sino alla data dell’effettivo rilascio, remunerazione di un affidamento in quanto tale, eventualmente oltre interessi legali dalle singole scadenze al netto dell’utilizzo (c.dsaldo. commissione di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque Questo giudice ritiene infatti che la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino somma così calcolata corrisponda al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causalecongruo corrispettivo spettante al proprietario, non potendo dirsi raggiunta lo stesso pretendere il pagamento del canone di locazione inizialmente convenuto per contrarietà a legge e non avendo lo stesso provato di aver subito un maggior danno a causa del mancato rilascio dei locali (Cass. civ., Sez. III, 11 luglio 2014, n. 15899). Attesa la prova della messa a disposizione decisione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazionecui sopra, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione non si esamina la domanda di nullità del saggio contratto per violazione dell’art. 1419 primo comma x.x. xxxxxxxx xx xxx xx xxxxxxxxx; il mutamento dell’ordine delle domande effettuato dalla difesa di interesse ultralegaleparte ricorrente in sede di discussione viene ritenuto legittimo sia per l’accettazione del contraddittorio da parte del convenuto sia perché non sono state svolte nuove domande. Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione integrale delle spese di lite attesa l’assoluta novità della questione trattata, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione ossia la modalità dell’esercizio del rinvio agli “usi su piazza”recesso ex art. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo 3, comma quarto, del d.l. n. 95 del 2012, convertito con la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione legge n. 132 del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345)2012.
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IL XXXX.xx. Il costo disposto contrattuale e le modalità in esame può essere variamente concepito cui il rapporto si è in concreto realizzato inducono a ritenere che nella specie le parti abbiano inteso concludere un contratto preliminare ad effetti anticipati, definito dalla bancagiurisprudenza anche preliminare improprio: le parti si sono assunte l’obbligo di addivenire ad un successivo contratto definitivo ma nel contempo hanno concordato l'esecuzione anticipata di alcune delle obbligazioni contrattuali, andando a costituire, a seconda dei casi, remunerazione di un affidamento in quanto tale, eventualmente quali la consegna immediata del bene al netto dell’utilizzo (c.d. commissione di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabilepromissario acquirente, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancariadel pagamento quasi integrale del corrispettivo (così Cass. 12634/2011, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’artma già Xxxx. 117 TUB (Tribunale di Monza8796/2000, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano10469/2001, 4 luglio 200213368/2005, 24290/2006, S.U. 7930/2008, 1296/2010). Nel caso La disponibilità del bene si è dunque realizzata con la piena consapevolezza dei contraenti che l'effetto traslativo non si era ed è ancora verificato, come si evince dagli artt.2, 5 e dal capo dell’art.6 che prevede il pagamento del residuo prezzo al rogito. Quanto al rapporto tra la richiesta di scioglimento dal contratto ex art.169 bis l.f. e l’azione promossa in esame sede civile dal promittente acquirente di accertamento dell’intervenuto trasferimento del bene e in via subordinata di esecuzione in forma specifica del preliminare, deve rilevarsi che anche per concordati preventivi, come per le condizioni economiche procedure fallimentari, opera il disposto dell’art.45 l.f., in virtù del richiamo di cui all’art.169 l.f. Nella specie l’atto di citazione è stato notificato il 21.9.2016 mentre la domanda prenotativa di concordato è stata depositata ancora il 27.6.2016 e tempestivamente pubblicata nel Registro Imprese. Va ricordato che, per quanto attiene alla procedura fallimentare, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la pronuncia n.18131 del 16.9.2015 hanno statuito che solo se la domanda promossa dal promissario acquirente diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto è stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, la sentenza che l'accoglie, anche se trascritta successivamente, è apponibile alla massa dei creditori. In virtù del richiamo all’art.45 l.f. in ambito concordatario, deve ritenersi operante il medesimo principio, per cui la domanda giudiziale di accertamento dell’intervenuta stipula di un contratto di conto corrente prevedevano genericamente compravendita immobiliare ovvero la dicitura “ commissione domanda ex art.2932 c.c. avrebbe potuto essere opponibile ai creditori solo se proposta antecedentemente alla domanda di massimo scoperto 0,250 %”concordato preventivo. In particolare l’anteriorità o meno va verificata tra la trascrizione delle domanda giudiziale (art.2652 c.c.) e la data di deposito della domanda di concordato, senza specificare né il saldo e questo per espressa previsione dell’art.169 l.f.. Quand’anche non risulti nel presente procedimento la data di periodo su cui trascrizione della domanda giudiziale, essendo l’atto di citazione datato 21.9.2016, è evidente e non contestato che essa sia successiva alla proposizione della domanda di concordato del 27.6.2016. In mancanza di anteriorità dell’azione giudiziale, la percentuale andava applicatadomanda di scioglimento ex art.169 bis f.l. è ammissibile, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causaleattesa l’ininfluenza nel presente procedimento del giudizio civile introdotto, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità risultando comunque l’esito del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345)medesimo opponibile ai creditori concordatari.
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IL XXXX.xx. Il costo tribunale con il decreto del 30.10.2012 di apertura del procedimento ex art. 173 l.fall. ha osservato che “l’integrale soddisfacimento del credito per anticipazioni di Credifarma S.p.A. (indicata come titolare anche di altre ragioni creditorie) oltre a violare l’art. 56 L.F. si traduce in esame può un trattamento differenziato non giustificato e quindi lesivo della par condicio creditorum ostativo all’omologa”. In data 21.11.2012, e cioè nel termine concesso il citato decreto del 30.10.2012, la “Farmacia Xxxxx Xxxxxx di Xxxxxxx Xxxxxxx s.a.s.”, al dichiarato fine di superare i profili di inammissibilità (posizione Credifarma), ha ritenuto opportuno uniformarsi e, quindi, aderire alla soluzione prospettata dai commissari con la relazione ex art. 172 l.fall. depositata il 20.10.2012 modificando la proposta di concordato nel senso di inserire Credifarma a tutti gli effetti tra i creditori chirografari con prevista soddisfazione del 50,77%. Tale modifica ritiene il tribunale sia inammissibile. Come, infatti, precisato da App. Milano 29 giugno 2011 (in xxx.xxxxxx.xx) la procedura ex art. 173 l.fall. “rende inoperante la procedura di concordato preventivo con la conseguenza che non possono essere variamente concepito introdotte modifiche a proposte che riguardino una procedura che non é in corso” (conf. Trib. IL XXXX.xx Parma 2 ottobre 2012, in xxx.xxxxxx.xx, secondo cui “La modifica della proposta di concordato preventivo presentata successivamente all’attivazione del giudizio di revoca di cui all’articolo 173, legge fallimentare deve considerarsi inammissibile soprattutto nel caso in cui l’attivazione del procedimento ex art. 173 si fondi sulla commissione di atti di frode”. Nello stesso senso cfr. anche Trib. Latina 30 luglio 2012, in xxx.xxxxxx.xx, secondo cui “Una nuova proposta concordataria (rectius: la rinuncia alla precedente) non ha il potere e l’effetto di caducare la fase procedimentale indisponibile di revoca ex art. 173 l.f. né per la proponente né per l’Ufficio decidente stesso” e Trib. Santa Xxxxx Xxxxx Vetere 26 luglio 2005, in Fallimento, 2006, 587, secondo cui “Il giudizio ex art. 180 legge fallimentare ove il debitore abbia rinunciato alla proposta concordataria, deve essere dichiarato improcedibile, in tal caso la rinuncia fa cessare soltanto il giudizio di approvazione e omologazione del concordato preventivo, ma non vale ad impedire l’istruttoria prefallimentare, avendo il tribunale l’obbligo di accertare se il debitore si trovi in stato di insolvenza”). Ed è appena il caso di precisare che l’indisponibilità del procedimento ex art. 173 l.fall. è confermata dalla bancafunzione di carattere pubblicistico svolta dal P.M., andando il cui potere è riferito ad un interesse indisponibile come tale legittimante la comunicazione ex art. 173, comma 1, l.fall. La priorità del procedimento di revoca ex art. 173 l.fall., anche nel nuovo assetto dell’istituto del concordato preventivo quale risultante dalla modifiche intercorse a costituirepartire dal 2005, non può, dunque, essere revocata in dubbio, a seconda dei casi, remunerazione - antecedentemente alla data di un affidamento in quanto tale, eventualmente al netto dell’utilizzo deposito del ricorso ex art. 161 l.fall. sia stata depositato il ricorso di fallimento da parte della Farvima Medicinali S.p.A. (c.dall’uopo tornano utili le notazioni espresse nel precedente § 4.1. commissione di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale ed il richiamo a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 200624.10.2012, n. 870 e Cass18190, nella cui motivazione (pag. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione 12) si legge che è compito del giudice fallimentare “verificare in questioneconcreto, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio alle peculiarità del caso concreto, il rapporto di interessi passivipriorità tra le procedure previo l’indefettibile apprezzamento circa l’intento sottostante la soluzione pattizia che deve essere esclusa laddove, ma altresì la previsione esprimendo un proposito meramente dilatorio, manifesti un abuso del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame diritto del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345debitore”).
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Samples: Concordato Preventivo
IL XXXX.xx. Pertanto, in mancanza di una regolamentazione pattizia circa la sorte dei contratti al momento della costituzione dell’affitto, quelli già facenti parte dell’azienda ed ancora ineseguiti da entrambe le parti al momento della retrocessione si trasferiscono al concedente, al pari di quelli nuovi costituiti dall'affittuario per l'organizzazione ed il funzionamento dell'azienda, dal momento che trova applicazione la regola generale contenuta nell’art. 2558 cod. civ.. Un importante limite, tuttavia, è costituito dall’art. 104 bis, 6° comma, L.F., che regola il contratto di affitto stipulato dal curatore: “La retrocessione al fallimento di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2112 e 2560 del codice civile. Ai rapporti pendenti al momento della retrocessione si applicano le disposizioni di cui alla sezione IV del Capo III del titolo II”. La norma regola il caso della retrocessione dell'azienda al curatore, cioè alla procedura fallimentare, e stabilisce un’eccezione alla regola generale della circolazione delle aziende, prevedendo che i debiti sorti durante il tempo in cui l'azienda è stata locata non la seguono, ma rimangono in capo all'affittuario. Ciò in esplicita deroga agli artt. 2112 e 2560 cod. civ.. Il costo primo dei due articoli, infatti, regola il mantenimento dei diritti dei lavoratori in esame può essere variamente concepito dalla bancacaso di trasferimento dell'azienda. Il fatto che la norma richiami solo i debiti induce a ritenere che i debiti per stipendi e trattamento di fine rapporto maturati durante l'affitto d'azienda rimangono in capo all'affittuario, andando a costituirementre il lavoratore continua il proprio rapporto di lavoro con l'azienda anche in caso di retrocessione al curatore: la regola circa la sorte dei contratti di lavoro è che essi non si sciolgono perché il fallimento non costituisce giusta causa per il licenziamento, a seconda norma dell’art. 2119 cod. civ., cosicchè l’art. 72 L.F. opera solo con riferimento agli effetti economici. Secondo il costante orientamento dei casigiudici di legittimità, remunerazione di un affidamento in quanto tale, eventualmente al netto dell’utilizzo (tutte le ipotesi in cui si realizza il fenomeno della c.d. commissione circolazione regressiva dell’azienda, cioè nel caso di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002). Nel caso in esame le condizioni economiche scioglimento del contratto di conto corrente prevedevano genericamente affitto d’azienda per scadenza del termine, risoluzione del medesimo, recesso dell’affittuario o comunque mancata acquisizione dell’azienda da parte di quest’ultimo, i rapporti di lavoro ancora in corso si ritrasferiscono, per effetto della retrocessione, al concedente-fallimento in quanto inerenti all’azienda (cfr., per tutte, Cass. 21 maggio 2002, n. 7458) Una volta avvenuta la dicitura “ commissione retrocessione dell'azienda, tuttavia, la sorte dei rapporti pendenti è quella specifica dei contratti in essere alla data del fallimento di massimo scoperto 0,250 %”cui alla sezione IV del Capo III del Titolo II: in forza di tale disciplina si instaura un regime di sospensione dei rapporti xxxxxx il curatore non eserciti la facoltà di sciogliersi dagli stessi. Si tratta di una regola generale che deve ritenersi applicabile anche ai rapporti contrattuali preesistenti all’affitto, nei quali l’affittuario sia subentrato, e non solo a quelli stipulati ex novo, non operando la normativa alcuna distinzione e, soprattutto, per il fatto che l’azienda deve essere necessariamente restituita nella sua efficiente organizzazione. In tale ottica, occorre considerare che, mentre la disciplina della sorte dei contratti di lavoro è dettata puntualmente dall’art. 2112 cod. civ., la disciplina generale dell’affitto d’azienda è dettata dall’art. 2562 cod. civ. (che richiama l’art. 2561 cod. civ. sull’usu-frutto); quest’ultima norma rimanda alla disciplina sull’azienda in generale. Principio fondamentale rinvenibile in tali norme è che l’affittuario (o l’usufruttuario) deve gestire l’azienda senza specificare né modificarne la destinazione ed in modo da conservarne l’effi-cienza dell’organizzazione e degli impianti. IL XXXX.xx Infatti, la disciplina della fase di “regresso” dell’azienda affittata in capo alla procedura fallimentare tradisce la preoccupazione del legislatore di non esporre la procedura stessa, o meglio i creditori anteriori a tutela dei quali l’affitto è finalizzato, al rischio derivante dall’intrinseca potenzialità pregiudizievole di una gestione inefficiente dell’azienda da parte dell’affittuario. Coerentemente, pertanto, con tale ratio, la disciplina della retrocessione dell’azienda consente di sterilizzare gli effetti potenzialmente dannosi derivanti dai debiti contratti dall’affittuario rimasti inadempiuti e di rimettere alla ponderata discrezionalità del curatore ogni decisione relativa ai rapporti giuridici pendenti retroceduti con l’azienda, con riferimento ai quali conserva la facoltà di sciogliersi da essi secondo le regole generali di cui agli artt. 72 e seguenti L.F.. D’altra parte, tale soluzione appare l’unica ragionevolmente percorribile anche in relazione ai contratti preesistenti alla dichiarazione di fallimento per i quali gli organi della procedura abbiano manifestato la decisione di continuare il saldo rapporto ex art. 72 L.F. o, forse sarebbe meglio dire, di periodo su cui la percentuale andava applicatanon interromperlo. Si consideri, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto in proposito, che non essendovi prova risulterebbe coerente operare una distinzione di affidamenti almeno fino disciplina, al 20 novembre 2003momento della retrocessione, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo tra il rapporto proseguito alla data del fallimento e quello concluso ex novo perché il rapporto pendente non si consolida nella massa fallimentare con effetti irreversibili quando il mantenimento del contratto è funzionale all’affitto dell’azienda e rappresenta per il curatore una scelta di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta fatto vincolata dalla necessità di gestire in maniera utile la prova della messa a disposizione fase di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità passaggio alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345)gestione esternalizzata dell’impresa.
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Samples: Affitto Di Azienda
IL XXXX.xx. Il costo in esame può essere variamente concepito dalla bancaLe due modalità di rideterminazione del saldo finale del rapporto di conto corrente generano risultati assai diversi, andando a costituireposto che nel primo caso il credito della società attrice ammonterebbe ad € 49.617,74 (relazione del 4.10.2012) e nel secondo caso ad € 12.490,00 (relazione del 28.04.2014). Deve condividersi quest’ultimo risultato. Ed infatti la domanda volta ad ottenere, a seconda dei casiprevio accertamento della nullità parziale del contratto, remunerazione la restituzione di somme indebitamente versate alla banca è qualificabile come ripetizione di indebito ai sensi e per gli effetti dell’art. 2033 c.c. Pertanto sia il pagamento delle somme, che l’assenza di un affidamento titolo giustificativo idoneo, quali elementi costitutivi della fattispecie de qua, vanno provati dall’attore, e ciò in quanto taleossequio al principio generale di ripartizione dell’onere probatorio sancito dall’art. 2697, eventualmente al netto dell’utilizzo (c.dco. 1, c.c. commissione di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, 13 novembre 2003 n. 870 17146 e Cass. 6 agosto 2002 21 luglio 2000, n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questione, essendo ciò indispensabile, a fronte della pluralità di fattispecie rientranti in questa definizione nella prassi bancaria, ai fini della determinatezza dell’oggetto e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 20029604). Nel caso in esame le condizioni economiche del contratto dei rapporti di conto corrente prevedevano genericamente la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”bancario, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebito. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino spetta dunque al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti correntista non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passiviallegare i fatti costitutivi del suo diritto, ma altresì provare l’esistenza delle clausole contrattuali nulle (mediante produzione del contratto che le contiene) e l’esecuzione dei versamenti non dovuti (mediante versamento degli estratti conto recanti le movimentazioni poste in essere nel corso del rapporto contrattuale). La disposizione dell’art. 119, co. 4, TUB, richiamata da parte attrice, la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio quale impone all’istituto di credito di fornire al cliente degli estratti contoche ne abbia fatto richiesta copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, è norma dalla quale non è dato desumere un’inversione delle regole di distribuzione dell’onere probatorio, limitandosi invece ad integrare il rapporto negoziale esistente fra le parti con l’introduzione di un preciso obbligo ostensivo, peraltro limitato temporalmente, a carico della banca. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamentiNe consegue che essendo nella piena facoltà del correntista invocare la predetta norma per ottenere la documentazione necessaria prima di agire in giudizio, lo stesso non può per converso pretendere di avvalersi in via sostitutiva dell’ordine di esibizione giudiziale sancito dall’art. 210 c.p.c. Secondo una costante giurisprudenza, infatti, tale potere officioso non può essere esercitato al fine di sopperire ad una mancanza probatoria imputabile alla parte (Cass. 2 settembre 1993, n. 12782; Tribunale di Pescara 4 ottobre 2007, n. 1288). Inoltre, essendo anch’esse specificamente previstenella specie mancanti estratti risalenti ad epoca anteriore al decennio dalla data di proposizione della domanda non ricorre neppure l’ulteriore condizione per l’accoglimento della domanda ex art. Il c.t.u210 c.p.c., vale a dire la prova che la parte richiesta sia in possesso di tale documentazione. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto Precipitato di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità tale orientamento è l’inapplicabilità alla fattispecie in esame della teoria nota come del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero. Essa consiste infatti nell’azzeramento del saldo portato dal più risalente estratto conto disponibile agli atti nell’ipotesi in cui la banca non abbia provveduto a depositare l’intera documentazione contabile relativa al rapporto controverso. Ebbene tale criterio è sicuramente condivisibile qualora sia la banca ad agire per il recupero del proprio credito, atteso che la mancanza di estratti essendo, ai sensi dell’art. 1218 c.c., suo onere dimostrare l’esistenza delle singole operazioni regolate in conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.ucorrente (Cass. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione25 novembre 2010, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345n. 23974).
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Samples: Contratti Bancari
IL XXXX.xx. Il costo Con la memoria depositata il 21.11.2012 il difensore della debitrice fa mostra di ritenere superata la causa di revoca del concordato avendo il dott. Regine dato conto, nell’integrazione dell’asseverazione del 19.11.2012, della formazione della posta “prelievi titolare” nel periodo 2005-2009, essendo ivi specificato che “le risultanze sono state estrapolate dalla contabilità (bilanci e schede contabili) dal 2005 (anno di costituzione della s.a.s.) al 2012” (v. pag. 20) In questo modo, la difesa del debitore in esame può concordato omette del tutto di prendere in considerazione i motivi (ampiamente illustrati nel § 6) che hanno indotto il tribunale a ritenere l’integrazione dell’asseverazione inutiliter data ai fini del procedimento di revoca ex art. 173 l.fall. Ma pur a voler in astratto dare ingresso all’integrazione dell’asseverazione nel subprocedimento di revoca ex art. 173 l.fall. la prospettiva non cambia. Non può, infatti, condividersi la tesi, implicitamente propugnata dalla ricorrente, secondo la quale i creditori (alla luce dell’integrazione dell’asseverazione) sarebbero ormai pienamente a conoscenza di tutte le circostanze e gli elementi utili ai fini dell’espressione di un voto consapevole in sede di adunanza. L’adesione ad una tale tesi, infatti, si risolverebbe in una interpretatio abrogans del primo comma dell’art. 173 l.fall.: opinando nel senso che gli eventuali motivi di revoca del concordato preventivo possano essere variamente concepito dalla bancasuperati a valle, andando a costituiredal contraddittorio tra l’organo commissariale, il tribunale ed il debitore, dovrebbero essere considerati non revocabili i concordati nei quali, anche se la domanda introduttiva non abbia fornito la corretta, completa e chiara rappresentazione ai creditori della situazione patrimoniale della società, vi sia comunque stata, a seconda seguito dei casirilievi dei commissari, remunerazione una presa di un affidamento posizione del debitore proponente tale da fugare ex post “le accuse” di scarsa chiarezza e di incompletezza della originaria rappresentazione, contenuta in quanto taledomanda, eventualmente al netto dell’utilizzo (c.dfornita ai creditori. commissione IL XXXX.xx Senonché nella lettera dell’art. 173 l.fall. non vi è traccia di mancato utilizzo), ovvero remunerazione aggiuntiva sulla parte del fido utilizzata questa sorta di “sanatoria della inammissibilità della domanda per un certo arco temporale o anche per un solo giorno (c.d. commissione di massimo scoperto intrafido), nonché essere praticata per i soli scoperti in senso tecnico, vale a dire gli utilizzi superiori all’affidamento o gli sconfinamenti su conti non affidati (cfr. sul punto Cass. 18 gennaio 2006, n. 870 e Cass. 6 agosto 2002 n. 11722); Si esige dunque la specifica pattuizione delle modalità applicative della commissione in questioneraggiungimento dello scopo”, essendo ciò indispensabilepiuttosto la revoca del concordato la reazione che l’ordinamento predispone alla incompletezza, alla scarsa chiarezza e alla reticenza della domanda di concordato. Peraltro il decreto di apertura della procedura di concordato preventivo dev’essere revocato anche a fronte voler utilizzare i rilievi contenuti nell’integrazione dell’asseveratore, il quale a pag. 19 espressamente deduce che “essa posta origina nel bilancio di apertura all’1.06.2005 ossia nel bilancio con il quale viene perfezionata la gestione ereditaria attraverso la costituzione della pluralità società in accomandita semplice denominata “Farmacia Xxxxx Xxxxxx S.a.s.d di fattispecie rientranti Xxxxxxx Xxxxxxx & C.”. Come, infatti, i commissari hanno evidenziato nella relazione depositata il 27.11.2012 “solo l’eventuale documentazione contabile comprovante gli elementi attivi e passivi della ditta materna conferita avrebbe dato certezza dei prelevamenti effettuati nel corso della gestione materna” (pag. 8). Quindi, anche sulla scorta della integrazione documentale del 21.11.2012 il tribunale, i commissari ed i creditori non sono stati posti in questa definizione nella prassi bancariagrado di sapere quando, ai fini della determinatezza dell’oggetto come e del rispetto delle regole di trasparenza sancite dall’art. 117 TUB perché sono stati effettuati prelievi per complessivi € 2.218.178,18 (Tribunale di Monza, 12 dicembre 2006; Tribunale di Milano, 4 luglio 2002recte per € 2.048.965,40 imputati dalla debitrice alla gestione materna). Nel Né si comprende qual è il foliario allegato a cui si riferiscono i difensori della debitrice con le note depositate all’udienza del 28.11.2012. I due fascicoli depositati il 21.11.2012 non risultano, infatti, avere foliario. Ed in ogni caso in esame le condizioni economiche del contratto di conto corrente prevedevano genericamente non risulta depositata la dicitura “ commissione di massimo scoperto 0,250 %”, senza specificare né il saldo di periodo su cui la percentuale andava applicata, né la durata dell’esposizione passiva che avrebbe giustificato un siffatto addebitodocumentazione contabile comprovante gli elementi attivi e passivi della ditta materna. Va soggiunto che non essendovi prova di affidamenti almeno fino al 20 novembre 2003, l’addebito della commissione doveva ritenersi anche privo di qualsivoglia fondamento causale, non potendo dirsi raggiunta la prova della messa a disposizione di fondi in assenza di formale apertura di credito. Il conto corrente in esame è stato dunque correttamente “depurato” tanto dell’effetto della capitalizzazione, quanto dei costi aggiuntivi determinati dall’applicazione della c.m.s.. Non va invece accolta l’eccezione di nullità del saggio di interesse ultralegale, essendo essa fondata sull’indimostrato presupposto che l’istituto ha fatto applicazione del rinvio agli “usi su piazza”. Per contro è emerso dalla documentazione agli atti non solo la specifica pattuizione delle condizioni economiche iniziali in relazione al saggio di interessi passivi, ma altresì la previsione del c.d. jus variandi e la successiva comunicazione dei tassi modificati mediante invio al cliente degli estratti conto. Analoghe conclusioni vanno tratte con riferimento alle condizioni contrattuali relative alle valute sui versamenti ed i prelevamenti, essendo anch’esse specificamente previste. Il c.t.u. ha dunque eseguito il calcolo tenendo correttamente conto di clausole validamente pattuite. E’ stata posta l’ulteriore questione dell’applicabilità alla fattispecie in esame del criterio di ricalcolo basato sul c.d. saldo zero, atteso che la mancanza di estratti conto relativi alla prima fase del rapporto è stata dal c.t.u. in un’ipotesi considerata giustificativa dell’azzeramento del primo saldo disponibile ed in altra ipotesi non giustificativa di una simile operazione, dovendo tenersi conto invece del valore negativo di quel saldo (lire – 48.448.345).IL XXXX.xx
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