IL XXXX.xx. È qui soltanto il caso di osservare che - nel pur differente quadro normativo in cui si inseriva il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme della legge concorsuale - l’art. 160, primo comma, l.fall. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non anche, come oggi, in stato di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo di fallimento. Merita, peraltro, di essere evidenziato che l’art. 168, comma 1, l.fall., stabilisce che, dalla data della presentazione del ricorso per concordato preventivo e fino al momento in cui il decreto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fall., secondo la quale, dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt. 6 e 15 l.fall. IL XXXX.xx Perciò, il Tribunale adito ex art. 15 l.fall., pur non potendo - in assenza, nell’attuale testo novellato della legge fallimentare, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riforme, nell’art. 160, comma 1, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto della domanda di ammissione al concordato preventivo. È da opinarsi, inoltre, che, in siffatte ipotesi, in occasione dell’udienza ex art. 15 l.fall., non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (o di non ammissione) della domanda di concordato preventivo ex art. 163 l. fall: e ciò, evidentemente, nel senso o di dichiarare, nel caso di ammissione alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese delle parti. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fall., dopo l’ammissione al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimento.
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Samples: Concordato Preventivo
IL XXXX.xx. È qui soltanto In primo luogo perché il caso trust è stato istituito in data 31 mar- zo 2014, quando la situazione di osservare perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte dall’odierno proponente ed il suo patrimo- nio prontamente liquidabile era già palese. In secondo luogo, perché le finalità del trust apparivano, al momento della costituzione, ed appaiono ancora oggi, totalmente fantasiose ed irrealizzabili: infatti, salvo per la parte con- cernente il mantenimento del disponente in modo da fargli con- servare lo stesso attuale tenore di vita, i beni in trust do- vrebbero essere amministrati e gestiti nell’interesse della (i- nesistente) prole dell’Avanzini, che - al presente non è nemmeno coniugato e, almeno da quello che consta dagli atti, non è nep- pure stabilmente convivente con qualcuno. In terzo luogo, perché è stato designato trustee il fratello del disponente, legato al disponente da vincoli di parentela e sprovvisto (almeno stando a quello che risulta dagli atti) di profili professionali coerenti con la complessità dell’attività gestoria. In quarto luogo, ha assunto il ruolo di guardiano l’avvocato Xxxxx, presumibilmente legato da mandato professionale nei con- fronti dello stesso disponente o del trustee. In quinto luogo, l’atto istitutivo del trust, pur essendo stato redatto nella stessa data del rogito di dotazione ha preso la forma della scrittura privata autenticata dal notaio Pulvirenti: precauzione notoriamente utilizzata dai notai in presenza di at- ti giuridici di dubbia validità o efficacia. Infine, i poteri di gestione dei beni in trust sono conformati in maniera tale da consentire al disponente un ampio controllo sulle scelte del trustee. Come è dato desumere da tali elementi, il trust Xxxx appare di- retto ad ottenere la segregazione dei cespiti descritti nel pur differente quadro normativo ro- gito di conferimento, in cui modo da mantenere la stessa destinazio- ne che essi avevano prima dell’istituzione del trust. In conclusione, o si inseriva è in presenza di un c.d. trust sham (che ricorre quando il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme della legge concorsuale - l’arttrust istituto è meramente apparente), ovvero di un trust diretto a sottrarre alla garanzia generica dei cre- ditori i beni oggetto dell’atto di conferimento. 160Ricorrendo tale secondo caso, è tuttavia evidente che l’articolo 15, primo comma, l.falllettera e) della legge n° 364/1989 e l’inderogabilità dell’articolo 2740 codice civile impediscano il riconoscimento del trust costituito dall’Avanzini (sul punto oc- corre solo aggiungere che non appare possibile realizzare gli obiettivi del trust con altri mezzi giuridici). prevedeva che l’imprenditore Pertanto, sussistendo un atto di frode compiuto dall’Avanzini in stato d’insolvenza (non anche, come oggi, in stato di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo di fallimento. Merita, peraltro, di essere evidenziato che l’art. 168, comma 1, l.fall., stabilisce che, dalla data della antecedente alla presentazione del ricorso per concordato preventivo e fino al momento in cui sovraindebi- tamento, l’accordo proposto ai creditori non può essere omologa- to. A nulla rileva che l’accordo sia più conveniente rispetto ad una esecuzione ordinaria contro il decreto di omologazione dello stesso diventa definitivodebitore, né che i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitoreab- biano dato consenso alla proposta stessa. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fall., secondo la quale, dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt. 6 e 15 l.fall. IL XXXX.xx Perciò, il Tribunale adito ex art. 15 l.fall., pur non potendo - in assenza, nell’attuale testo novellato della legge fallimentare, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riforme, nell’art. 160, comma 1, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto Al rigetto della domanda di ammissione al concordato preventivo. È da opinarsisegue la liquidazione del compenso in favore del professionista Gestore della crisi, inoltre, che, in siffatte ipotesi, in occasione dell’udienza ex art. tenendo conto dei criteri e dei parametri previsti dagli articoli 15 l.fall., non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 16 del de- creto ministeriale n° 202 del 2014 e della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (o di non ammissione) interruzione della procedura per effetto del rigetto della domanda di concordato preventivo ex art. 163 l. fall: e ciò, evidentemente, nel senso o di dichiarare, nel caso di ammissione alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese delle parti. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fall., dopo l’ammissione al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta si segnala che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivocompenso massimo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediticomprese le spese generali, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frodepuò essere pari al massimo al 10% del passivo, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimentopari ad euro 1.627.942).
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Samples: Accordo Di Composizione Della Crisi Da Sovraindebitamento
IL XXXX.xx. È qui soltanto il caso di osservare In proposito, giova subito evidenziare che - nel pur differente quadro normativo in cui si inseriva il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme della legge concorsuale - l’artla recente Cass. 16008.02.2011, primo comma, l.fall. prevedeva n. 3059 ha specificamente statuito che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non anche, come oggi, in stato di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) la sospensione necessaria del processo di fallimentopuò essere disposta, ai sensi dell’art. Merita, peraltro, di essere evidenziato che l’art295 cod. 168, comma 1, l.fallproc. civ., stabilisce che, dalla data quando il processo pregiudicante abbia ad oggetto una situazione sostanziale che rappresenti il fatto costitutivo od un elemento fondante della presentazione del ricorso per situazione esaminata nel processo pregiudicato. Una pregiudizialità siffatta non si verifica nei rapporti fra concordato preventivo e fino al momento in cui il decreto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fall., secondo la quale, dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt. 6 e 15 l.fall. IL XXXX.xx Perciò, il Tribunale adito ex art. 15 l.fall., pur non potendo - in assenza, nell’attuale testo novellato della legge fallimentare, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riforme, nell’art. 160, comma 1, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto della domanda di ammissione al concordato preventivo. È da opinarsi, inoltre, che, in siffatte ipotesi, in occasione dell’udienza ex art. 15 l.fall., non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare essendo sovrapponibili le situazioni rispettivamente esaminate ed essendo la decisione sulla domanda di concordato insuscettibile di sfociare, di regola, in una decisione irrevocabile e, come tale, impugnabile dovendo, infatti, le questioni attinenti al decreto di inammissibilità essere dedotte con la stessa impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, purché in quanto il predetto rapporto si abbia cura atteggia come un fenomeno di sciogliere conseguenzialità (eventuale del fallimento all’esito negativo della prima procedura) e di assorbimento (dei vizi del predetto diniego in motivi di impugnazione della seconda), che determina una mera esigenza di coordinamento tra i due procedimenti. Pertanto, allorché il L’esame delle riportata pronuncia (anche nella sua motivazione) fa emergere, quindi, la riserva immediatamente dopo insussistenza di un qualsivoglia rapporto di pregiudizialità necessaria tra processo di fallimento e procedure alternative (che, come tale, imporrebbe la sospensione del primo nell’attesa della definizione delle seconde), ancorché temperata dall’affermazione circa l’esigenza di un coordinamento tra le due procedure (maggiore e minore). IL XXXX.xx Nello stesso senso si è più recentemente espressa Cass. 24.10.2012, n. 18190, secondo cui “il decreto giudice fallimentare….è tenuto a bilanciare le opposte iniziative, coordinando quella del debitore con gli interessi sottostanti la procedura fallimentare”. Un coordinamento che - pur indubbiamente ispirato da esigenze di ammissione efficienza della macchina giudiziaria (o e, dunque, di ragionevole durata del processo) - non ammissione) sarebbe, tuttavia, assistito da alcuna previsione di legge, restando, a quanto pare di capire, affidato alla discrezionale sensibilità del Tribunale (cfr. l’affermazione, contenuta nella motivazione di Cass. 3059/2011, secondo cui si tratterebbe di “…una mera esigenza di coordinamento tra i due procedimenti, un coordinamento solo parzialmente realizzato dalle norme [e sostanzialmente affidato alle tecniche organizzative del singolo ufficio]….”), non scrutinabile, come tale, in sede di gravame. Muovendosi, in altri termini, dal rilievo che è vero che gli esiti dell’un giudizio possono sicuramente influenzare quelli dell’altro, non potendosi far luogo a dichiarazione di fallimento in caso di intervenuto accordo, sotto l’egida del Tribunale, tra debitore e creditori, e rendendo, per contro, la dichiarazione di fallimento frustraneo ogni patto di pagamento tra fallito e creditori della domanda massa al di fuori delle regole del concorso collettivo, ovvero del concordato preventivo ex art. 163 l. fallfallimentare, la Suprema Corte afferma la necessità di un coordinamento interno all’ufficio giudiziario: e ciòstatuizione che, evidentementenel mentre assume un chiaro significato organizzatorio, non sembra rivestire valenza tecnico processuale, nel senso che l’eventuale mancato (o non corretto) esercizio del potere di dichiararecoordinamento non pare, nel caso come si è già detto, censurabile in sede di ammissione alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese delle parti. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fallgravame., dopo l’ammissione al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimento.
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Samples: Concordato Preventivo
IL XXXX.xx. È qui soltanto il caso di osservare che - nel pur differente quadro normativo in cui Per meglio valutare tale questione si inseriva il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme della legge concorsuale - l’art. 160, primo comma, l.fall. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non anche, come oggi, in stato di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo di fallimento. Merita, peraltro, di essere evidenziato che l’art. 168, comma 1, l.fall., stabilisce che, dalla data della presentazione del ricorso per concordato preventivo e fino al momento in cui il decreto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fall., secondo la quale, dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt. 6 e 15 l.fall. IL XXXX.xx Perciò, il Tribunale adito ex art. 15 l.fall., pur non potendo - in assenza, nell’attuale testo novellato della legge fallimentare, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riforme, nell’art. 160, comma 1, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) riporta integralmente il contenuto della domanda missiva: “riscontriamo Vostra 3 giugno 2014 per ribadire, come già comunicatoVi, che intendiamo avvalerci del diritto di ammissione recesso stabilito dall’art. 3, comma quarto, d.l. n. 95 del 6 luglio 2012 e pertanto Vi intimiamo a liberare l’immobile da persone e cose entro e non oltre il 30 giugno 2014” (doc. 5). Firmato Da: XXXXX XXXXX Xxxxxx Da: Postecom CA2 Serial#: f0510 Non corrisponde assolutamente al concordato preventivovero che “la controparte abbia atteso ben due anni prima di recedere dal contratto” perché fin dall’entrata in vigore della normativa la proprietà aveva manifestato la sua contrarietà all’accettazione della decurtazione del canone, tanto che in data 5 settembre 2012 aveva espressamente dichiarato che “non intende accettare quanto sopra indicato (ossia la riduzione del canone) e che qualora il conduttore non accetti questa condizione, si avvarrà della facoltà di recedere dal contratto di locazione entro i termini previsti dallo stesso” (doc. È da opinarsi3). Il tenore delle missiva è chiaro nel senso di non voler continuare a locare il bene al prezzo “imposto” dalla legge e la circostanza che il locatore non abbia ribadito la sua intenzione prima di ricevere la comunicazione del conduttore (giugno 2014) non può essere interpretata quale rinuncia alla facoltà di recesso anche perché la data del 1 gennaio 2015, inoltreinizialmente fissata dal legislatore, cheè stata anticipata al 1 luglio 2014 soltanto con il d.l. n. 66 del 2014, entrato in siffatte ipotesivigore il 24 aprile 2014 e convertito il successivo 23 giugno 2014. Del resto, dopo la prima comunicazione effettuata in occasione dell’udienza ex artprossimità della novella legislativa (doc. 15 l.fall.3), non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione risulta esserci stata (o comunque non è stata prodotta) corrispondenza tra le parti di non ammissione) della domanda di concordato preventivo ex art. 163 l. fall: contenuto difforme rispetto alla prima e ciò, evidentemente, tale da poter ingenerare nel senso o di dichiarare, nel caso di ammissione alla procedura di concordato, conduttore la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese delle parti. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fall., dopo l’ammissione al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta convinzione che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimentolocatore avesse mutato idea. Non solo.
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Samples: Contract
IL XXXX.xx. È qui soltanto A fronte di tale difformità di decisioni, le Sezioni Unite hanno dato continuità all’ultimo degli orientamenti espressi rilevando che quella prevista dalla normativa di settore, ossia dalla normativa in tema di contratti di intermediazione finanziaria integra una nullità cd. di protezione, in quanto posta nell’interesse dell’investitore e che da questi può essere fatta valere. se questa è la ratio della nullità per assenza di forma scritta, appare difficile ritenere che tale sanzione possa essere comminata allorché il documento inviato dall’istituto bancario al correntista risulti sottoscritto solo da quest’ultimo. Ed infatti, come evidenziato dalle Sezioni Unite il requisito della forma di cui all’art. 1325 n. 4 c.c. va inteso nella specie non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità propria della normativa, ne consegue che il contratto quadro deve essere redatto per iscritto, che per il suo perfezionamento deve essere sottoscritto dall’investitore, e che a questi deve essere consegnato un esemplare del contratto, potendo risultare il consenso della banca a mezzo di comportamenti concludenti. Tale principio ben si attaglia al caso di osservare specie, ove entrambe le parti del giudizio hanno prodotto il documento con cui l’attore ha sottoscritto la lettera di apertura del conto corrente di corrispondenza, che - così dispone “Ho ricevuto la Vostra lettera del 1.08.1990 con la quale mi avete comunicato di aver aperto un conto corrente di corrispondenza a mio nome che sarà regolato, fino a nuovo avviso da parte Vostra, alle seguenti condizioni”. Tale documento, recante la sottoscrizione del correntista, è sufficiente a ritenere che il contratto stipulato tra le parti abbia rispettato il requisito della forma scritta e sia stato, perciò stesso, validamente formato. Del resto, come già evidenziato da questo giudicante in altra decisione precedente, l'art. 117 T.U.B. non richiede che la sottoscrizione sia contestualmente apposta sul medesimo supporto documentale, richiede invece che la manifestazione di volontà che concorre a formare il contratto sia formulata per iscritto a conferma della importanza dell'atto posto in essere. Peraltro, nella fattispecie in esame, il consenso espresso dal correntista è stato apposto su modulo predisposto dalla stessa banca convenuta, sicché affermare che la mancata apposizione contestuale sul medesimo foglio della sottoscrizione di entrambe le parti (in particolare di quella della banca) di una firma che è invece il frutto del formarsi della volontà, già documentalmente evidente, porterebbe alla nullità di un rapporto di durata, appare connaturarsi anche per una violazione della buona fede contrattuale posta in essere dal correntista che lamenta, solo nel pur differente quadro normativo in cui 2009 una nullità che non sussiste (cfr. Trib. Catania 7.04.2017, n. 1026; Trib. Ferrara, 8.06.2017, n. 608). Alla luce, dunque, dei principi affermati, la domanda di nullità del contratto di conto corrente deve essere rigettata, con osservazioni analoghe che si inseriva il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme estendono al contratto di apertura di credito correlato a quello di conto corrente. L’attore ha allegato la nullità della legge concorsuale - clausola di capitalizzazione trimestrale applicata dalla banca, concludendo per l’accertamento della nullità della relativa clausola. Punto di partenza non può che essere l’art. 160, primo comma, l.fall. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non anche, come oggi, in stato di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo di fallimento. Merita, peraltro, di essere evidenziato che l’art. 168, comma 1, l.fall., stabilisce che, dalla data della presentazione del ricorso per concordato preventivo e fino al momento in cui il decreto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fall1283 c.c., secondo la qualeil quale “in mancanza di usi contrari, dalla data gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della pubblicazione dell’accordo domanda giudiziale o per effetto di ristrutturazione dei debiti nel registro delle impreseconvenzione posteriore alla loro scadenza, i creditori e sempre che si tratti di interessi dovuti per titolo e causa anteriore almeno sei mesi”. Dal dettato codicistico, dunque, si desume un generale divieto posto dal nostro ordinamento per le operazioni anatocistiche ad eccezione di tre casi (ed a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio condizione che gli interessi scaduti siano dovuti per almeno 6 mesi): il cd. “anatocismo usuario”, quando usi aventi valore normativo con rango di fonte del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento diritto ex artt. 6 1 e 15 l.fall8 disp. IL XXXX.xx Perciòprel. c. c. preesistano all’entrata del vigore del codice civile del 1942; un “anatocismo convenzionale”, allorché le parti del rapporto obbligatorio espressamente pattuiscano l’adozione degli interessi; il Tribunale adito ex artcd. 15 l.fall., pur non potendo - in assenza, nell’attuale testo novellato della legge fallimentare, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riforme, nell’art. 160, comma 1, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto della domanda di ammissione al concordato preventivo. È da opinarsi, inoltre, che, in siffatte ipotesi, in occasione dell’udienza ex art. 15 l.fall., non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (“anatocismo giudiziale o di non ammissione) della domanda di concordato preventivo ex art. 163 l. fall: e ciò, evidentemente, nel senso o di dichiararelegale”, nel caso di ammissione in cui la pretesa degli interessi capitalizzati si fondi su un’apposita domanda giudiziale proposta successivamente alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese delle parti. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fallscadenza degli interessi già previsti sul capitale., dopo l’ammissione al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimento.
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Samples: Contratti Bancari
IL XXXX.xx. È qui soltanto noto, altresì, il caso generale principio normativo per cui "il contratto nullo non può essere convalidato se la legge non dispone diversamente" (art. 1423 c.c.), onde giammai una variazione unilaterale di osservare una originaria clausola nulla (quella in ipotesi priva di forma scritta ovvero di rinvio all'uso piazza per la determinazione degli interessi ultralegali passivi) avrebbe potuto sanare quella invalidità originaria, così come è parimenti noto che - nel pur differente quadro normativo in cui si inseriva il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme della legge concorsuale - l’artl'esecuzione spontanea del contratto da parte dei contraenti non ne sana la nullità (Cass. 160, primo comma, l.fallSez. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non anche, come oggi, in stato di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo di fallimento. Merita, peraltro, di essere evidenziato che l’art. 168, comma 1, l.fall.Sentenza n. 8993 del 05/06/2003; Cass. N. 11156 del 1994). Inoltre è opportuno ricordare come in tutti i suesposti casi di nullità del tasso di interesse, stabilisce chela conoscenza successiva del saggio applicato (nella specie, dalla data attraverso l'invio degli estratti conto) non varrebbe a sanare l'originario vizio di nullità della presentazione pattuizione, per carenza del ricorso per concordato preventivo requisito della determinabilità, la cui esistenza l'art. 1346 cod. civ. esige "a priori", al punto che non può essere individuato successivamente, tanto più quando il saggio non sia determinato da entrambe le parti ma da una di esse, che l'abbia portato a conoscenza dell'altra, attraverso documenti che abbiano il fine esclusivo di fornire l'informazione delle operazioni periodicamente contabilizzate e fino al momento non anche di contenere proposte contrattuali, capaci dì assumere dignità di patto in cui il decreto difetto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitoreespresso dissenso (cfr. La norma (alla quale fa eco quella dell’artCass. 182 bis, comma Sez. 3, l.fall., secondo la quale, dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio Sentenza n. 14684 del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt02/10/2003; Cass. 6 e 15 l.fall1 febbraio 2002 n. 1287). IL XXXX.xx Perciò, il Tribunale adito ex art. 15 l.fall., pur non potendo - in assenza, nell’attuale testo novellato della legge fallimentare, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riforme, nell’art. 160, comma 1, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto della domanda di ammissione al concordato preventivo. È da opinarsi, inoltre, Da ciò deriva che, in siffatte ipotesiassenza di prove circa una rinegoziazione delle condizioni contrattuali avvenute per iscritto, all'intero rapporto di conto corrente andranno applicati gli interessi al tasso legale ovvero a quello previsto ex art 117 TUB a seconda dell'epoca delle annotazioni e, in occasione dell’udienza ex particolare, con il tasso di interesse legale di cui all' art. 15 l.fall1284 c.c. fino all'entrata in vigore della L. n. 154/92 e, a far data dal 9 luglio 1992, con il tasso sostitutivo di cui all'art 117 TUB. Nel procedere al detto calcolo si prende a riferimento la conclusione alla quale è giunto il CTU nella relazione iniziale (pag. 22) ove la somma vantata dall’attore è calcolata in € 53.911,59., non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (o di non ammissione) della domanda di concordato preventivo ex art. 163 l. fall: e ciò, evidentemente, nel senso o di dichiarare, nel caso di ammissione alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese delle parti. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fall., dopo l’ammissione al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimento.
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Samples: Contratti Bancari
IL XXXX.xx. È qui soltanto il caso di osservare che - nel pur differente quadro normativo in cui si inseriva il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme Se la veridicità dei dati da valutare al fine della legge concorsuale - l’art. 160, primo comma, l.fall. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non anchemanifestazione del consenso deve essere garantita soprattutto dal commissario giudiziale, come oggisi ricava dalle disposizioni che lo riguardano, l’assolvimento del suo compito richiede - com’anche la necessità che la proposta di concordato sia seria e non abbia finalità meramente dilatorie - che la documentazione, prodotta dal debitore, che costituisce la base di partenza delle sue indagini e valutazioni, sia completa e soprattutto che possa essere inquadrata effettivamente nel tipo richiesto dal legislatore (cfr. Cass. 25.10.2010, n. 21860). Tale fondamentale esigenza richiede di verificare che la relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa sia aggiornata e che contenga effettivamente una dettagliata esposizione dello situazione sia patrimoniale, sia economica, sia finanziaria dell’impresa; che lo stato analitico ed estimativo delle attività possa considerarsi tale e che la relazione del professionista attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, sia adeguatamente motivata indicando le verifiche effettuate, nonchè la metodologia ed i criteri seguiti per pervenire alla attestazione di veridicità dei dati aziendali ed alla conclusione di fattibilità del piano. Solo in tal modo il commissario xxxxxxxxxx può essere messo in condizione di valutare criticamente detta documentazione e conseguentemente elaborare una relazione idonea a rendere possibile, da parte dei creditori chiamati a votare la proposta, la percezione quanto più esatta possibile della realtà imprenditoriale, della natura e delle dimensioni della crisi e di come la si intenda affrontare (così Cass. 25.10.2010, n. 21860, in stato di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo di fallimento. Merita, peraltro, di essere evidenziato che l’art. 168, comma 1, l.fallmotiv., stabilisce che, dalla data della presentazione del ricorso per concordato preventivo e fino al momento in cui il decreto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fall., secondo la quale, dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt. 6 e 15 l.fall). IL XXXX.xx PerciòTutto ciò premesso, ritiene il tribunale che la relazione a firma del xxxx. Xxxxxx Xxxxxx depositata con il ricorso del 10.07.2012 non sia inquadrabile nel tipo richiesto dal legislatore, con il conseguente difetto di una delle condizioni di ammissibilità del concordato preventivo proposto dalla “Farmacia Xxxxx Xxxxxx di Xxxxxxx Xxxxxxx s.a.s.”. Come, infatti, rilevato dai commissari con la nota depositata il 24.10.2012 quella relazione ha una assai limitata attendibilità, in quanto da essa non si evince che l’asseveratore abbia preso visione delle scritture contabili (in particolare il libro giornale ed il libro IVA) della Farmacia Xxxxxx s.a.s. al fine di verificare i dati riferiti al 29.02.2012. Ma come già esposto in precedenza, il Tribunale adito ex art. 15 l.fall., pur non potendo - in assenza, nell’attuale testo novellato della legge fallimentare, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riforme, nell’art. 160, comma 1, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare professionista che redige la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto della domanda di ammissione al concordato preventivo. È da opinarsi, inoltre, che, in siffatte ipotesi, in occasione dell’udienza ex art. 15 l.fall., non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) che accompagna la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (o di non ammissione) della domanda di concordato preventivo ex arted al quale viene demandata l’attestazione della veridicità dei dati aziendali è tenuto ad una verifica puntuale ed analitica di tali dati e delle scritture contabili (sulla scia della già citata Cass. 163 l. fall: 25.10.2010, n. 21860, in motiv., v. anche Trib. Novara 29.06.2012, in Fallimento, 2012, 1257). Risulta, invece, che il dott. Xxxxxx si sia principalmente attenuto a quanto riscontrato dalla circolarizzazione dei debiti e ciòcrediti rifacendosi unicamente a dati assunti dal debitore e dai suoi professionisti senza averne apparentemente riscontrato la reale concreta esattezza. L’unica verifica analitica che l’asseveratore ha dichiarato di aver compiuto è quella legata alla analisi dei registri dei beni ammortizzabili. Inoltre, evidentementei commissari non hanno potuto procedere al riscontro - nella relazione asseverata - della veridicità dei dati aziendali come maturati nel corso del tempo, nel senso o di dichiarare, nel essendo stata omessa la consegna delle scritture contabili e fiscali nella loro interezza con riferimento agli anni anteriori al 2010. IL XXXX.xx Ed è appena il caso di ammissione alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovveroprecisare che tali documenti sono essenziali per eseguire un reale controllo dei dati aziendali, in ipotesi quanto la contabilità è il sistema di non ammissionerilevazione degli eventi economici, di fissare una nuova udienza prefallimentarepatrimoniali e finanziari, quale riporto dei saldi nel tempo in continua evoluzione (per le eventuali ulteriori difese delle partitutti questi rilievi, cfr. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto la nota depositata dai commissari il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fall24.10.2012)., dopo l’ammissione al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimento.
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Samples: Concordato Preventivo
IL XXXX.xx. È qui soltanto Alla luce di tale necessaria premessa, si coglie il caso problema interpretativo venutosi a creare con riferimento all’anatocismo bancario, ossia alla prassi bancaria di osservare che - nel pur differente quadro normativo capitalizzare con criteri diversi gli interessi maturati sul conto corrente, e cioè con cadenza trimestrale gli interessi a debito, e con cadenza semestrale o annuale quelli a credito. La legittimità della esposta prassi – in cui si inseriva il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme della legge concorsuale - contrasto con l’art. 1601283 c.c. – era inizialmente giustificata da una particolare impostazione interpretativa – avallata da una giurisprudenza sostanzialmente uniforme - secondo la quale la previsione di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi inserita dagli istituti di credito nei contratti di conto corrente era compatibile con il citato disposto normativo, primo comma, l.fallattesa l’operatività della clausola di salvezza ivi contenuta e relativa agli usi contrari. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non anche, come oggi, in stato di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo di fallimento. Merita, peraltro, di essere evidenziato che l’art. 168, comma 1, l.fall., stabilisce che, dalla data della presentazione del ricorso per concordato preventivo e fino al momento in cui il decreto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fall.Invero, secondo la qualericordata lettura ermeneutica, la sistematica riproduzione nei rapporti con la clientela della clausola anatocistica trimestrale degli interessi a debito costituiva una consuetudine avente valore normativo - e pertanto derogatoria del divieto di cui all’art. 1283 c.c. - in quanto, per un verso, prassi significativamente reiterata anteriormente all’entrata in vigore del codice civile, e, dunque, recante il carattere della diuturnitas; nonché, per altro verso, contraddistinta dai crismi dell’ opinio iuris ac necessitatis. Tuttavia, la giurisprudenza con diverse pronunce intervenute alla fine degli anni ’90 (cfr. ex multiis, Cass. 30 marzo 1999, n.3096), ha progressivamente mutato orientamento sul punto, affermando che la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi da parte della banca non costituisce uso normativo bensì negoziale: la relativa clausola è, dunque, illegittima perché in contrasto col divieto di cui all’art. 1283 c.c.. La Corte ha osservato, in primo luogo, che tale diversa periodicità della capitalizzazione è stata adottata per la prima volta in via generale, e su iniziativa dell’A.B.I., solo a partire dagli anni ’50 (e dunque ben dopo l’entrata in vigore del codice civile); nonché, in secondo luogo, che l’apposizione di tale clausola non era di certo connotata dal requisito dell’opinio iuris ac necessitatis, in quanto percepita dai clienti come vera e propria "coercizione" da parte del contraente “forte”. A fronte della dichiarata nullità delle clausole anatocistiche, il legislatore è intervenuto con il d.lgs. 342/1999, introducendo una disciplina pro futuro (con la modifica dell’art. 120 T.U.B.), sancendo che nelle operazioni di conto corrente dovesse essere assicurata la stessa periodicità nel conteggio sia degli interessi debitori, sia di quelli creditori; nonché una disciplina per il passato (dettata dall’art. 25,co. 3, del citato d.lgs.), la quale prevedeva che tutte le clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi pattuite fino alla data di entrata in vigore della delibera del C.I.C.R. si dovessero considerare valide ed efficaci, sancendo l’inefficacia delle pattuizione successive al provvedimento amministrativo e divergenti dalla data relativa disciplina. Tuttavia, subito dopo, è intervenuta la pronuncia di illegittimità costituzionale (Corte Cost. 17 ottobre 2000, n. 425) dell’art. 25, co. 3, d.lgs. 342/1999 per contrasto con l’art. 76 Cost., in quanto la relativa delega legislativa non conteneva una disciplina di sanatoria per il passato e di validazione anticipata (per il periodo compreso tra l’entrata in vigore del decreto delegato e quella della pubblicazione dell’accordo prevista delibera del C.I.C.R.) di ristrutturazione dei debiti nel registro delle impreseclausole anatocistiche bancarie. In seguito al decisum della Corte Costituzionale e del relativo vuoto normativo venutosi a creare, i creditori per titolo la giurisprudenza della Corte di Cassazione si è pronunciata a Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. n. 21095/2004) sancendo che “l’uso di annotare con cadenza trimestrale gli interessi a debito del correntista è un uso meramente negoziale e causa non normativo e, come tale, risulta inidoneo a derogare al disposto dell'art. 1283 c.c., anche con riferimento al periodo anteriore alle decisioni con cui la Corte di cassazione ha accertato, in difformità rispetto all'orientamento sino ad allora seguito, l’inesistenza di tale uso normativo, difettandone anche in relazione a tale data epoca i presupposti”. Se ne desume, pertanto, che nell’ambito dei rapporti bancari regolati in conto corrente, relativamente al periodo antecedente all’entrata in vigore della delibera C.I.C.R. del 9 febbraio del 2000, sono nulle – in quanto contrastanti con il disposto dell’art. 1283 x.x. – xx xxxxxxxx xx xxxxxxxx xxxxxxxxxxx xxxxx xxxxxxxxx xxxxxx dal correntista. Ad oggi, l’illegittimità della capitalizzazione degli interessi bancari per contrarietà alla norma imperativa è ormai un principio acquisito, tanto da poter essere ormai considerato vero e proprio "diritto vivente". Sotto tale profilo non possono iniziare può sottacersi che sull'argomento è intervenuta Cass., 20 agosto 2003, n. 12222, la quale ha confermato detto indirizzo (inaugurato da Cass, 16 marzo 1999, n. 2374), che ha ormai acquisito valore nomofilattico (in virtù della citata Xxxx., Sez. Un., n. 21095/2004), ribadendo in modo granitico una serie di altre pronunce conformi (Cass., 30.3.1999, n. 3096; Cass., 11.11.1999, n.12507; Cass., 13.6.2002, n. 8442; Cass., 28.3.2002, n. 4490; Cass., 6.12.2002, n. IL XXXX.xx 17338; Cass. 20.2.2003, n. 2953). Tale indirizzo, dunque, non può che essere condiviso e trovare ulteriore applicazione in questa sede. Quanto, poi, alla questione relativa agli effetti della illegittimità della capitalizzazione degli interessi, consistente nello stabilire se, al di là della sicura impossibilità di capitalizzare gli interessi con frequenza trimestrale, debba essere esclusa qualsiasi capitalizzazione ovvero possa individuarsi una diversa frequenza di capitalizzazione degli interessi (a favore di entrambe le parti del rapporto), va evidenziato, che, alla luce della pronuncia n. 24418/2010 delle Sezioni Unite della S.C., il problema possa ritenersi definitivamente risolto. In proposito, invero, le Sezioni Unite hanno affermato che “detta giurisprudenza, come è noto, ha escluso di poter ravvisare un uso normativo atto a giustificare, nel settore bancario, una deroga ai limiti posti all'anatocismo dall'art. 1283 c.c.: ma non perché abbia messo in dubbio il reiterarsi nel tempo della consuetudine consistente nel prevedere nei contratti di conto corrente bancari la capitalizzazione trimestrale degli indicati interessi, bensì per difetto del requisito della "normatività" di tale pratica. Sarebbe, di conseguenza, assolutamente arbitrario trarne la conseguenza che, nel negare l'esistenza di usi normativi di capitalizzazione trimestrale degli interessi, quella medesima giurisprudenza avrebbe riconosciuto (implicitamente o proseguire azioni cautelari esplicitamente) la presenza di usi normativi di capitalizzazione annuale. Prima che difettare di normatività, usi siffatti non si rinvengono nella realtà storica, o esecutive sul patrimonio almeno non nella realtà storica dell'ultimo cinquantennio anteriore agli interventi normativi della fine degli anni novanta del debitoresecolo passato: periodo caratterizzato da una diffusa consuetudine (non accompagnata però dalla opinio uris ac necessitatis) di capitalizzazione trimestrale, ancorché soltanto ma che non risulta affatto aver conosciuto anche una consuetudine di capitalizzazione annuale degli interessi debitori, né di necessario bilanciamento con quelli creditori. Ne segue che, dichiarata la nullità della surriferita previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene contrasto con il divieto di introdurre anatocismo stabilito dall'art. 1283 c.c. (il quale osterebbe anche ad un'eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna”. Non vi è, dunque, possibilità di sostituzione legale o proseguire la domanda di inserzione automatica di clausole prevedenti capitalizzazioni di diversa periodicità, in quanto l’anatocismo è consentito dal sistema – con norma eccezionale e derogatoria - soltanto in presenza di determinate condizioni (quelle di cui all’art. 1283 c.c.), in mancanza delle quali esso rimane giuridicamente non pattuito tra le stesse. Inoltre, quanto ai contratti già esistenti prima del 22.4.2000 – data di entrata in vigore della menzionata delibera del C.I.C.R. -, si è ancora dibattuto se gli stessi possano essere adeguati con atto unilaterale della banca, ovvero se sia necessario l'accordo espresso del correntista. Infatti, l’articolo 7 della delibera disciplina i presupposti per dichiarazione l’adeguamento: pubblicazione in G.U. e comunicazione per iscritto al correntista entro il 31.12.2000 (co. 2), ovvero – nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate – l’approvazione del cliente (co.3). Al riguardo, si ritiene di fallimento ex arttaderire all’indirizzo interpretativo – sostenuto dalla giurisprudenza maggioritaria – che ritiene necessaria una specifica pattuizione scritta tra le parti. 6 e 15 l.fall. IL XXXX.xx Perciò, il Tribunale adito ex art. 15 l.fall., pur non potendo - in assenza, nell’attuale testo novellato della legge fallimentare, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riforme, nell’art. 160, comma 1, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle Le ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentaretale necessità sono state giustificate in modo diverse dalle corti territoriali, valutando ma l’esito delle relative argomentazioni conduce in ogni caso – ed anzi rafforza – la convinzione che le parti debbano addivenire ad un nuovo e specifico accordo sul punto. Infatti, secondo un primo orientamento “la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, secondo quanto stabilito dal CICR con delibera del 9 febbraio 2000, può trovare applicazione a condizione che essa sia reciproca (anche sulla base tanto su interessi debitori che su interessi creditori) e prevista in contratto. Con riferimento ai contratti stipulati nel periodo antecedente all’entrata in vigore della relazione dell’esperto) il contenuto delibera CICR, è richiesta, ai fini della domanda legittimità di ammissione al concordato preventivotale capitalizzazione, la specifica pattuzione delle nuove modalità di capitalizzazione, non essendo sufficiente la mera comunicazione da parte dell’intermediario” (Trib. È da opinarsiPiacenza, inoltre, 27.10.2014): si sostiene cioè che, in siffatte ipotesi, in occasione dell’udienza ex art. 15 l.fall., non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (o di non ammissione) della domanda di concordato preventivo ex art. 163 l. fall: e ciò, evidentemente, nel senso o di dichiarare, nel caso di ammissione alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese delle parti. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone essendo venuto meno l’art. 173 l.fall., dopo l’ammissione al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimento.25 co. 3 del IL XXXX.xx
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Samples: Contratti Bancari
IL XXXX.xx. È qui soltanto il caso di osservare che - nel pur differente quadro normativo in cui si inseriva il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme della legge concorsuale - l’art. 160Ora, primo commal’utilizzo del tempo indicativo nella citata disposizione normativa implica un obbligo del tribunale: quest’ultimo, l.fall. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non ancheper- tanto, come oggi, in stato di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo di fallimento. Merita, peraltro, di essere evidenziato che l’art. 168, comma 1, l.fall., stabilisce che, dalla data della presentazione del ricorso per concordato preventivo e fino al momento in cui il decreto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fall., secondo la quale, dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt. 6 e 15 l.fall. IL XXXX.xx Perciò, il Tribunale adito ex art. 15 l.fall., pur non potendo - in assenza, nell’attuale testo novellato della legge fallimentare, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riforme, nell’art. 160, comma 1, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto della domanda di ammissione al concordato preventivo. È da opinarsi, inoltre, che, in siffatte ipotesi, in occasione dell’udienza ex art. 15 l.fall., non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (o di non ammissione) della domanda di concordato preventivo ex art. 163 l. fall: e ciò, evidentemente, nel senso o di dichiarare, nel caso di ammissione alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese delle parti. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto ravvisi il decreto compimento di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fall., dopo l’ammissione al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed un atto in frode ai creditori, o anche solo la presenza di una iniziativa in tal senso, è tenuto a revocare il decreto e potendoa rigettare la domanda di omologazione dell’accordo, all’esitoindipendentemente dal raggiungi- mento della maggioranza o dalla convenienza dell’accordo propo- sto. Occorre pertanto verificare se prima della proposizione del ri- corso ai sensi della legge n° 3 del 2012 Xxxxxx Xxxxxxxx abbia compiuto atti in frode ai creditori. Alla domanda deve essere data risposta positiva. Ci si riferisce infatti alla scrittura privata autenticata del 31 marzo 2014 con la quale Xxxxxx Xxxxxxxx ha costituito il trust “Xxxx”, espressamente regolato dalla Trust Jersey law del 1984. Si legge in particolare, in detta scrittura, che Xxxxxx Xxxxxx- ni, celibe e senza prole (presumibilmente in data anteriore e prossima al 31 marzo dello scorso anno) ha «maturato l’esigenza di preservare l’integrità del proprio patrimonio personale av- vertendo l’obbligo, morale e giuridico, di provvedere ai suoi eredi in modo tale che essi non risentano di alcuna vicenda per- sonale o economica che possa in futuro riguardare l’esponente». Per tutelare questa esigenza egli ha designato trustee il pro- prio fratello Xxxxxxx e guardiano l’avvocato Xxxxxx Xxxxx. Ha inoltre indicato come beneficiari i propri figli viventi al termine del trust o, in mancanza, i propri discendenti. In ulte- riore subordine, la propria madre, il proprio fratello, gli ere- di testamentari, gli eredi legittimi. Ha quindi previsto che il potere del trustee o del guardiano siano esercitati nell’esclusivo interesse dei beneficiari. Nell’esercizio dei poteri di gestione dei beni in trust è previ- sto che il trustee debba uniformarsi alle indicazioni del dispo- nente e, in mancanza, del guardiano. È previsto inoltre che il reddito derivante dai beni in trust sia impiegato, sentito il parere del guardiano, a vantaggio del disponente per assicurargli un tenore di vita analogo a quello attualmente goduto. È inoltre previsto che i compensi del trustee e del guardiano siano determinati dal disponente. Con successivo atto di dotazione del trust ricevuto dal notaio Pulvirenti di Parma in pari data all’atto istitutivo, Xxxxxx X- xxxxxxx ha conferito nel trust Xxxx (a) la quota di comproprietà pari ad ¼ sull’immobile sito in Xxxxxxxx (Xx), xxx Xxxxxxx Xxx Xxxxxxx n° 87, costituito da due appartamenti (al primo e al se- condo piano) e da due autorimesse, allibrato al catasto urbano del predetto comune al foglio 24, mappale 271, subalterni da 1 a 6, e (b) la piena proprietà di un motociclo Vespa Piaggio, il tutto per un valore complessivo di euro 51.200,00. Ora, com’è noto, le finalità perseguite attraverso il trust pos- sono essere di vario genere. Finalità legittime: filantropiche, caritatevoli, successorie, liquidatorie, ecc…; ma soltanto su richiesta anche finalità illecite, quali quelle elusive di questi ultiminorme imperative, anche dichiarare di evasione fiscale, di riciclaggio, ecc… Nella presente fattispecie il fallimentotrust Xxxx appare caratterizzato da intenti elusivi del disposto dell’articolo 2740 del codice civile.
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Samples: Accordo Di Composizione Della Crisi Da Sovraindebitamento
IL XXXX.xx. È qui soltanto il caso Il problema che è stato affrontato e risolto dalla Corte di osservare che - nel pur differente quadro normativo in cui si inseriva il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme della legge concorsuale - l’artCassazione è stato quello di dare un contenuto sufficientemente determinato a quegli atti non tipizzati normativamente, e genericamente definiti come “fraudolenti” dal comma 1 dell’art. 160, primo comma, 173 l.fall. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non ancheIn particolare, come oggi, in stato il corno dell’alternativa era il seguente: far rientrare nel concetto di crisi) potesse proporre ai atti di frode qualunque comportamento volontario idoneo a pregiudicare le aspettative di soddisfacimento del ceto creditorio; oppure restringere il concetto di atti di frode alle sole condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo di fallimento. Merita, peraltro, di essere evidenziato che l’art. 168, comma 1, l.fall., stabilisce stessi e quindi tali che, dalla data se conosciute, avrebbero presumibilmente comportato una diversa valutazione della presentazione del ricorso per concordato preventivo e fino al momento in cui il decreto proposta. Nel primo senso, infatti, si era già espressa parte della giurisprudenza di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fall., secondo la quale, dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt. 6 e 15 l.fall. IL XXXX.xx Perciò, il Tribunale adito ex art. 15 l.fall., pur non potendo - in assenza, nell’attuale testo novellato della legge fallimentare, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riforme, nell’art. 160, comma 1, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto della domanda di ammissione al concordato preventivo. È da opinarsi, inoltre, merito che, in siffatte ipotesi, in occasione dell’udienza ex art. 15 l.fall., nello specificare che non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (o di non ammissione) tutte le condotte fraudolente antecedenti alla presentazione della domanda di concordato preventivo ex artsono di per sè stesse ostative alla prosecuzione della procedura e che la individuazione delle condotte a tal fine rilevanti deriva dalla armonizzazione della soppressione del requisito della meritevolezza, nonché di tutte le condizioni di ammissibilità del concordato che il testo previgente dell’art. 163 l. fall: e ciò, evidentemente, nel senso o di dichiarare, nel caso di ammissione alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese delle parti. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 160 l.fall. Secondo quanto dispone l’artancorava a requisiti IL XXXX.xx di natura etica, con la previsione dell’attuale art. 173 l.fall., dopo l’ammissione al concordato preventivoove il legislatore ha comunque mantenuto la rilevanza ostativa di fatti quali l’occultamento di parte dell’attivo e l’esposizione di passività inesistenti, il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso la commissione di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso “altri atti di frode”, deve riferirne immediatamente al Tribunaleha ritenuto che “l’armonizzazione dei principi sopra indicati porta, quindi, necessariamente a circoscrivere la sfera di applicabilità del primo comma del citato art. 173 a quei soli comportamenti che per gravità ed importanza siano tali da rendere illegittimo il ricorso da parte dell’imprenditore ad un istituto che gli assicura, a differenza del fallimento, il quale apre d’ufficio beneficio dell’esdebitazione, oltre che il procedimento dimezzamento delle pene previste per i reati previsti dagli articoli 216 ss l.fall.. In tale prospettiva, il criterio per selezionare la rilevanza degli “altri atti di frode” non può che dipendere dall’impatto che la condotta abbia avuto nella causazione della crisi e, soprattutto, sull’entità della stessa. Appare difficile, infatti, poter sostenere che la condotta risoltasi nella sottrazione fraudolenta di risorse destinate al soddisfacimento dei creditori non osti alla prosecuzione della procedura (e prima ancora, per ragioni di economia, all’apertura) quando risulti che essa abbia causato o concausato la crisi, o dilatato in maniera significativa il passivo, con corrispondente diminuzione delle prospettive di soddisfacimento dei creditori. In una logica di questo tipo assumeranno, quindi, rilievo diversi elementi, quali soprattutto l’entità della diminuzione della garanzia patrimoniale del debitore, da considerarsi in rapporto alle dimensioni del dissesto, ed anche la maggiore o minore prossimità della sottrazione al momento di manifestazione della crisi e il maggiore o minor disvalore sociale della condotta fraudolenta” (così Trib. Milano 28.04.2011, in JurisData; nello stesso senso, Trib. Milano 24.11.2011, in Fallimento, 2012, 236). Ed ancora “nella nozione di atti in frode idonei a determinare la revoca dell’ammissione al concordatoconcordato preventivo rientra qualsiasi atto illecito commesso dal debitore che partecipi della natura degli atti tipizzati nel primo comma di tale norma; fra di essi sono ricompresi gli atti diretti ad aggravare il dissesto in modo consistente che comportino accrescimento del passivo o diminuzione dell’attivo, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed idonei ad arrecare pregiudizio diretto ai creditoricreditori diminuendo la garanzia di cui all’art. 2740 c.c.” (Trib. Monza 25.11.2011, e potendon Fallimento, all’esito2012, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimento236).
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Samples: Concordato Preventivo
IL XXXX.xx. È qui Il legislatore ha sostanzialmente introdotto ai contratti di locazione stipulati dalle parti in regime di diritto privato, e quindi all’esito di una libera contrattazione di mercato, una riduzione imperativa del canone, con espresso richiamato alla tecnica del c.d. inserimento automatico del nuovo importo ex art. 1339 c.c., norma che – come noto - attiene invece ai prezzi imposti dalla legge. Firmato Da: XXXXX XXXXX Xxxxxx Da: Postecom CA2 Serial#: f0510 La giustificazione della decurtazione del canone è incentrata sulla “eccezionalità della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica". La Corte Costituzionale ha affrontato diverse volte il problema della legittimità costituzionale di leggi dichiaratamente “emergenziali” con effetti a tempo indeterminato: nelle sentenze 24 ottobre 2007, n. 348 e n. 349 viene per esempio dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 bis del d.l. 333 del 11 luglio 1992, che prevedeva “fino all'emanazione di un'organica disciplina per tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere o interventi da parte o per conto dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti pubblici o di diritto pubblico, anche non territoriali, o comunque preordinate alla realizzazione di opere o interventi dichiarati di pubblica utilità” la “automatica” riduzione del valore venale dell’esproprio. Nella motivazione di tali decisioni i giudici richiamano i concetti di «ragionevole legame» con il valore venale, prescritto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, e di «serio ristoro», richiesto dalla giurisprudenza consolidata della Consulta, evidenziano che la ridotta somma spettante ai proprietari viene ulteriormente falcidiata dall'imposizione fiscale (la quale affermano si attesta su valori di circa il 20 per cento), e spiegano che “il legittimo sacrificio che può essere imposto in nome dell'interesse pubblico non può giungere sino alla pratica vanificazione dell'oggetto del diritto di proprietà”. Firmato Da: XXXXX XXXXX Xxxxxx Da: Xxxxxxxx XX0 Serial#: f0510 IL XXXX.xx Ebbene, se la disposizione di cui all’art. 3, comma quarto, del d.l. n. 95 del 2012 venisse interpretata nel senso di obbligare il privato proprietario di un immobile concesso in locazione alla Pubblica Amministrazione a percepire soltanto il caso l’85% dell’importo liberamente concordato in sede di osservare stipulazione del contratto di locazione, addirittura senza rivalutazione Istat dal 2012 al 2014, fino alla data di scadenza del contratto, ossia per un arco temporale che - nel pur differente quadro normativo in cui si inseriva il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme astratto potrebbe durare sino ai sei anni (durata minima del contratto a norma dell’art. 27, comma primo, della legge concorsuale n. 392 del 1978), allora vi sarebbe il fondato sospetto della sua illegittimità costituzionale per violazione degli articoli 3 e 42 della Costituzione. La concessione della facoltà per il locatore di recedere dal contratto di locazione costituisce invece il dovuto bilanciamento rispetto alla riduzione automatica, e senza possibilità di differente pattuizione tra le parti, della misura del canone di locazione nella misura del 15%. Pur considerando l’intento del legislatore di ottenere un risparmio della spesa pubblica (nel breve periodo in termini di minor costo per le locazioni “passive” e nel medio/lungo periodo con una migliore allocazione delle risorse di proprietà dello Stato), la tesi del differimento dell’efficacia del recesso alla scadenza naturale del contratto comporterebbe un’ingiusta compressione del diritto di proprietà del locatore, il quale sarebbe costretto a percepire un canone di locazione decurtato in misura assolutamente consistente (15%) per un periodo di tempo potenzialmente molto lungo, e questo – si ripete - l’artaddirittura dopo aver già subito l’abolizione della rivalutazione Istat per gli anni 2012- 2013 e 2014 (art. 160, primo comma, l.fall. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non anche, come oggi, in stato di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo di fallimento. Merita, peraltro, di essere evidenziato che l’art. 1683, comma 1primo, l.fall.del d.l. n. 95 del 2012, stabilisce che, dalla data senza possibilità di recesso per il locatore). Non vi è dubbio che se così fosse il sacrificio che dovrebbero tollerare i proprietari degli immobili locati alle pubbliche amministrazioni per agevolare il risanamento della presentazione del ricorso per concordato preventivo finanza pubblica sarebbe eccessivo e fino al momento in cui determinerebbe il decreto fondato sospetto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La norma (alla quale fa eco quella illegittimità costituzionale dell’art. 182 bis3, comma 3quarto, l.fall., secondo la quale, dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt. 6 e 15 l.falld.l. IL XXXX.xx Perciòn. 95 del 2012 per violazione degli articoli 3 e 42 della Costituzione. Al contrario, ad avviso di chi scrive, l’espressa previsione da parte del legislatore della facoltà per il Tribunale adito ex artlocatore di recedere dal contratto, senza dover attendere la scadenza naturale dell’accordo, realizza un equilibrio tra l'interesse individuale dei proprietari e la funzione sociale della proprietà perché il sacrificio imposto al locatore non è più assoluto e comunque quest’ultimo è arbitro di decidere se continuare a percepire un canone di locazione nella misura ridotta del 15% ovvero mantenere inalterato il valore del suo diritto di proprietà collocando l’immobile sul libero mercato. 15 l.fall.Firmato Da: XXXXX XXXXX Xxxxxx Da: Postecom CA2 Serial#: f0510 Ad avvalorare questo ragionamento vi è poi il tenore letterale della disposizione, pur non potendo - in assenzaossia l’assenza di tale previsione, nell’attuale testo novellato della legge fallimentarea differenza di quanto previsto, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riformeper esempio, nell’art. 1603, comma 1quinto, l.falldel d.l. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità n. 95 del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto della domanda di ammissione al concordato preventivo. È da opinarsi, inoltre, che2012, in siffatte ipotesitema di mancato rinnovo del contratto di locazione. Ciò detto, ovviamente la circostanza che nelle more del processo si sia verificata la scadenza naturale del contratto (31 maggio 2015) è irrilevante ai fini della valutazione della questione della legittimità del recesso intimato in occasione dell’udienza ex art. 15 l.falldata 6 giugno 2014 poiché occorre stabilire se a quella data la comunicazione del recesso fosse legittima oppure no., non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (o di non ammissione) della domanda di concordato preventivo ex art. 163 l. fall: e ciò, evidentemente, nel senso o di dichiarare, nel caso di ammissione alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese delle parti. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fall., dopo l’ammissione al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimento.
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Samples: Contract
IL XXXX.xx. È qui soltanto il caso di osservare che - nel pur differente quadro normativo in cui Questo principio merita, tuttavia, ulteriori specificazioni; si inseriva il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme della legge concorsuale - l’art. 160è, primo commainfatti, l.fall. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non anche, come oggisostenuto, in modo condivisibile, in giurisprudenza che: “la tutela atipica può essere invocata anche per i diritti a contenuto patrimoniale, a finzione non meramente patrimoniale, in quanto volti a garantire al titolare il soddisfacimento dei bisogni primari di rilevanza costituzionale, ovvero per diritti a contenuto e funzione esclusivamente patrimoniale e, quindi, per diritti di credito e per rapporti meramente obbligatori; in tale ultima ipotesi, al fine di non snaturare i caratteri propri del rimedio cautelare d’urgenza, il requisito del periculum in mora va apprezzato con particolare rigore, avendo riguardo alla qualità ed alla posizione del titolare del diritto minacciato ed alla natura e portata dei beni e degli interessi strumentalmente connessi con quello azionato con ricorso d’urgenza” (Tribunale di Novara 24.08.2014); dai documenti allegati al ricorso e in prima udienza si ricava che la RESISTENTE è soggetto del tutto insolvente ed il suo patrimonio è insufficiente a garantire i crediti della ricorrente; lo stato di crisi) potesse proporre ai creditori incapienza è comprovato dall’esito dei molteplici pignoramenti mobiliari e immobiliari effettuati dal concedente e dei quali si dà di seguito conto; con pignoramento mobiliare eseguito l’8.6.2017 presso l’abitazione della RESISTENTE, l’Ufficiale Giudiziario pignorava beni mobili per l’importo di € 1.560,00; per quanto concerne il patrimonio immobiliare, la RESISTENTE è titolare della sola quota di ½ del diritto di proprietà su un concordato preventivo “fino immobile sito in YYYY, via ZZZZZ, gravato da due ipoteche, l’una volontaria iscritta il 4.10.2007 per l’importo di € 600.000,00, l’altra giudiziale derivante da decreto ingiuntivo iscritta il 15.10.2010 per l’importo di € 157.000; inoltre, la ricorrente ha promosso un pignoramento presso terzi nei confronti di Banca XYZ e XWK spa, i quali hanno reso dichiarazioni negative; sono stati eseguiti IL XXXX.xx pignoramenti mobiliari presso il locale adibito a che il suo fallimento non ristorante: in data 1.7.2017 è dichiarato”stato pignorato denaro contante per complessivi € 3.575,00, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità in data 7 luglio 2017 per complessivi € 380,00 (magari temporanea) del processo in tale circostanza la RESISTENTE ha dichiarato all’Ufficiale Giudiziario di fallimento. Meritaaver poco prima pagato per cassa dei fornitori), di € 760,00 in data 15 luglio 2017 (in tale circostanza la ricorrente ha dichiarato all’Ufficiale Giudiziario di aver poco prima corrisposto € 2.322,00 a XXXXX); peraltro, di essere evidenziato che l’art. 168, comma 1, l.fall., stabilisce che, dalla data della presentazione del ricorso per concordato preventivo e fino al momento in cui il decreto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fall., secondo la quale, dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt. 6 e 15 l.fall. IL XXXX.xx Perciò, il Tribunale adito ex art. 15 l.fall., pur non potendo - in assenza, nell’attuale testo novellato della legge fallimentare, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riforme, nell’art. 160, comma 1, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto della domanda di ammissione al concordato preventivo. È da opinarsi, inoltre, che, in siffatte ipotesirinvenimento, in occasione dell’udienza ex art. 15 l.fall.del primo pignoramento, di un incasso molto più consistente rispetto agli altri due successivi avvalora la tesi del ricorrente in ordine alla pervicace volontà dell’affittuaria di occultare le proprie sostanze onde non possa considerarsi praeter legem (adempiere al proprio debito; la stessa ricorrente ha esposto un cartello nel locale nel quale pubblicizza il malfunzionamento del servizio bancomat e cheinvita gli avventori ad effettuare pagamenti in contanti; a voler accedere ad una valutazione alternativa, anzigli esigui incassi rinvenuti depongono per una scarsa redditività del locale e per una gestione non efficiente dell’azienda; conclusivamente, possa concorrere è pacifico che l’affittuaria non ha più corrisposto alcunché da marzo 2017 e conseguentemente la morosità si incrementa di mese in mese, tenuto conto anche delle penali, ed attualmente è superiore ad attuare € 60.000,00, a fronte di una detenzione da parte dell’affittuaria senza titolo, a seguito della risoluzione a gennaio del contratti di affitto di azienda; ritento che sussista l’irreparabilità del pregiudizio, a fronte del conclamato e notevole scarto tra il coordinamento auspicato beneficio che il ricorrente può conseguire dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (o di non ammissione) della domanda di concordato preventivo ex art. 163 l. fall: tutela immediata assicurata dal presente procedimento e ciò, evidentemente, nel senso o di dichiarare, nel caso di ammissione alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovveroquello derivante dal ricorso ai rimedi ordinari, in ipotesi di non ammissioneragione della particolare situazione economica della resistente, di fissare una nuova udienza prefallimentaretotale incapienza, per le eventuali ulteriori difese dell’ammontare del debito e della sua ingravescenza; considerato opportuno provvedere sulle spese, attesa la mera eventualità del merito, a seguito della novella processuale; non vi è luogo a provvedere alla richiesta cancellazione delle parti. La situazione mutaespressioni offensive e sconveniente, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto in quanto funzionali all’esercizio del diritto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fall., dopo l’ammissione al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimento.difesa
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Samples: Contratto Di Affitto
IL XXXX.xx. È qui soltanto Si ricorda, preliminarmente, quanto al giudizio cui il caso Tribunale è chiamato ad operare in sede di osservare omologazione, che - nel pur differente quadro normativo la nota Cass. S.U. 23 gennaio 2013, n. 1521, ha affermato che “il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre resta riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti; il controllo di legittimità del giudice si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si inseriva articola la procedura di concordato preventivo; il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme controllo di legittimità si attua verificando l’effettiva realizzabilità della legge concorsuale - l’art. 160causa concreta della procedura di concordato; quest’ultima, primo commada intendere come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, l.fall. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non ancheha contenuto fisso e predeterminabile, come oggi, in stato essendo dipendente dal tipo di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo di fallimento. Merita, peraltro, di essere evidenziato che l’art. 168, comma 1, l.fall., stabilisce che, dalla data della presentazione del ricorso per concordato preventivo e fino al momento in cui il decreto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fall., secondo la quale, dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt. 6 e 15 l.fall. IL XXXX.xx Perciò, il Tribunale adito ex art. 15 l.fall.proposta formulata, pur non potendo - in assenzase inserita nel generale quadro di riferimento, nell’attuale testo novellato finalizzato al superamento della legge fallimentaresituazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e all’assicurazione di una disposizione simile a quella contenutaun soddisfacimento, prima delle riformesia pur ipoteticamente modesto e parziale, nell’artdei creditori, da un altro”. 160, comma 1, l.fallIn primo luogo il carattere abusivo del comportamento tenuto dalla debitrice attinge gli stessi profili di legittimità della proposta. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto della domanda di ammissione al concordato preventivo. È da opinarsi, inoltre, che, in siffatte ipotesi, in occasione dell’udienza ex art. 15 l.fall., non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (o di non ammissione) della domanda di concordato preventivo ex art. 163 l. fall: e ciò, evidentemente, nel senso o di dichiarare, Così come nel caso di ammissione frode ai creditori, infatti, il S.C. ha chiarito che il voto non potrebbe validare il comportamento decettivo o abusivo tenuto dal debitore (cfr. Cass. 26 giugno 2014, n. 14552, secondo cui “La rilevanza, ai fini e per gli effetti di cui all’articolo 173 LF, della natura fraudolenta degli atti posti in essere dal debitore e potenzialmente decettivi nei riguardi dei creditori, è ravvisabile anche nell’ipotesi in cui l’inganno effettivamente realizzato sia stato reso noto ai creditori prima del voto. Se, infatti, così non fosse, se cioè l’accertamento degli atti fraudolenti ad opera del commissario potesse essere superato dal voto dei creditori che, informati della frode, siano ugualmente disposti ad approvare la proposta concordataria, non si capirebbe perché il legislatore ricollega, invece, immediatamente alla procedura scoperta degli atti in frode il potere-dovere del giudice di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese delle parti. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fall., dopo revocare l’ammissione al concordato preventivoe ciò senza la necessità di alcuna presa di posizione sul punto da parte dei creditori”). In secondo luogo, il commissario giudizialenon può in questa sede non escludersi la fattibilità della stessa proposta concordataria. Correttamente, se accerta pertanto, la recente decisione resa da Trib. Bergamo, 9 ottobre 2014 ha affermato che: “in linea di principio, non v’è dubbio che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimento.tema dell’effettivo valore dei beni ceduti alla
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Samples: Concordato Preventivo
IL XXXX.xx. È qui soltanto il caso di osservare che - nel pur differente quadro normativo Si costituivano in cui si inseriva il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme della legge concorsuale - l’artgiudizio i convenuti contestando le domande degli attori. 160Espletata C.T.U, primo comma, l.fall. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non anche, come oggi, in stato di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”grafica sulla scheda testamentaria, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo di fallimento. Merita, peraltro, di essere evidenziato che l’art. 168, comma 1, l.fall., stabilisce che, dalla data della presentazione del ricorso per concordato preventivo e fino al momento in cui il decreto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fall., secondo la quale, dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt. 6 e 15 l.fall. IL XXXX.xx Perciòsentenza 12.3.2003, il Tribunale adito ex artpronunciava l'annullamento del testamento olografo a firma F.E. ; per accertata falsità della data apposta sullo stesso; dichiarava simulato e privo di effetti tra le parti l'atto di compravendita 28.9.1989 ed, avendo accertato che il negozio dissimulato consisteva in una donazione priva dei requisiti formali di cui all'art. 15 l.fall782 c.c., pur ne dichiarava la nullità. Avverso tale sentenza i coniugi B. - Bu. proponevano appello assumendo che il contratto dissimulato era un contratto di mantenimento e non potendo - una donazione e che la falsità della data apposta sul testamento olografo era frutto di conclusioni contraddittorie del C.T.U. Si costituivano in assenzagiudizio gli appellati F. chiedendo la conferma della sentenza impugnata. Con sentenza depositata il 28.12.2005 la Corte d'appello di Torino, nell’attuale testo novellato in parziale accoglimento dell'appello,rigettava la domanda di simulazione dell'atto di compravendita 28.9.1989, ritenuta la validità del trasferimento immobiliare in quanto le parti avrebbero concluso un contratto di mantenimento; confermava le conclusioni del C.T.U. sul carattere apocrifo della legge fallimentaredata apposta sul testamento impugnato; dichiarava integralmente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio. Osservava la Corte territoriale che l'atto di compravendita era simulato,per avere gli stessi appellanti dichiarato che il prezzo della vendita non era stato pagato, essendosi impegnati a prestare assistenza in favore della F. a seguito del suo coinvolgimento in un incidente stradale; il trasferimento dell'alloggio era da ritenersi, quindi, il corrispettivo dell'attività di una disposizione simile assistenza e del contratto di mantenimento di cui sussisteva l'aleatorietà, contrariamente a quella contenutaquanto affermato dal primo giudice,posto che la durata e l'entità delle prestazioni a carico dei B. , prima delle riformenon erano prevedibili al momento della conclusione del contratto in quanto dipendenti dalla durata della vita della F. e dalla sua capacità di recuperare la funzionalità corporea; peraltro, nell’artnon vi era prova che tale contratto non fosse stato adempiuto. 160Per la cassazione di tale sentenza, comma 1limitatamente alla statuizione con cui era stata & esclusa la simulazione dell'atto di vendita 28.9.89, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche propongono ricorso F.R. e F.S. sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto della domanda di ammissione al concordato preventivotre motivi e dei relativi quesiti di diritto. È da opinarsi, inoltre, che, in siffatte ipotesi, in occasione dell’udienza ex artResistono con controricorso B.E. e Xx.Xx. 15 l.fall. Le parti hanno depositato memorie., non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (o di non ammissione) della domanda di concordato preventivo ex art. 163 l. fall: e ciò, evidentemente, nel senso o di dichiarare, nel caso di ammissione alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese delle parti. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fall., dopo l’ammissione al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimento.
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Samples: Contratto Di Mantenimento
IL XXXX.xx. È qui soltanto A parere di questo giudice occorre però soffermarsi su un profilo di fondamentale importanza per valutare il caso comportamento del locatore, ovvero quello di osservare essersi limitato a richiamare la data prevista dalla legge per l’entrata in vigore della nuova normativa, ossia il 1° luglio 2014. Firmato Da: XXXXX XXXXX Xxxxxx Da: Postecom CA2 Serial#: f0510 Come noto, la Corte di Cassazione ha affermato che - nel pur differente quadro normativo in cui si inseriva il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme della legge concorsuale - l’art. 160, primo comma, l.fall. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non anche, come oggi, in stato “i princìpi di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo di fallimento. Merita, peraltrocorrettezza e buona fede nell'esecuzione e nell'interpretazione dei contratti, di essere evidenziato che l’artcui agli artt. 1681175, comma 1, l.fall1366 e 1375 cod. civ., stabilisce cherilevano sia sul piano dell'individuazione degli obblighi contrattuali, dalla data della presentazione sia su quello del ricorso per concordato preventivo e fino al momento in cui il decreto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fall., secondo la quale, dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione bilanciamento dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt. 6 e 15 l.fall. IL XXXX.xx Perciò, il Tribunale adito ex art. 15 l.fall., pur non potendo - in assenza, nell’attuale testo novellato della legge fallimentare, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riforme, nell’art. 160, comma 1, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto della domanda di ammissione al concordato preventivo. È da opinarsi, inoltre, che, in siffatte ipotesi, in occasione dell’udienza ex art. 15 l.fall., non possa considerarsi praeter legem (e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (o di non ammissione) della domanda di concordato preventivo ex art. 163 l. fall: e ciò, evidentemente, nel senso o di dichiarare, nel caso di ammissione alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese contrapposti interessi delle parti. La situazione mutaSotto il primo profilo, peraltroessi impongono alle parti di adempiere obblighi anche non espressamente previsti dal contratto o dalla legge, una volta che ove ciò sia necessario per preservare gli interessi della controparte; sotto il secondo profilo, consentono al giudice di intervenire anche in senso modificativo o integrativo sul contenuto del contratto, qualora ciò sia necessario per garantire l'equo contemperamento degli interessi delle parti e prevenire o reprimere l'abuso del diritto” (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex artCass. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fallciv., dopo l’ammissione Sez. III, 18 settembre 2009, n. 20106, nella quale si è chiarito che “si ha abuso del diritto quando il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta In tale decisione si è chiarito che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, “gli elementi costitutivi dell'abuso del diritto - ricostruiti attraverso l'apporto dottrinario e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimento.giurisprudenziale - sono i seguenti:
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Samples: Contract
IL XXXX.xx. È qui soltanto Nell’azione di ripetizione d’indebito la situazione processuale è inversa, dovendo il caso cliente provare che, sin dalla prima movimentazione del conto, l’istituto di osservare che - credito ha fatto applicazione di clausole contrattuali nulle mediante addebito di somme non dovute. Ove ciò non avvenga, nel pur differente quadro normativo in cui si inseriva rispetto dei principi sanciti dall’art. 2697 c.c., occorrerà fare riferimento al primo estratto conto disponibile pure se recante un saldo sfavorevole al correntista, non potendo ritenersi assolto l’onere sul medesimo gravante di provare, anche per il concordato preventivo in epoca antecedente alle riforme della legge concorsuale - l’art. 160periodo anteriore, primo comma, l.fall. prevedeva che l’imprenditore in stato d’insolvenza (non anche, come oggi, in stato l’assenza di crisi) potesse proporre ai creditori un concordato preventivo “valido titolo giustificativo delle somme fino a quel momento dovute alla banca (così Tribunale di Mantova 2 febbraio 2009). Poiché il primo di una serie continua di estratti conto disponibili è quello relativo al terzo trimestre dell’1996, il ricalcolo delle operazioni dovrà partire dal saldo iniziale ivi indicato (pari a “meno 48.448.345 Lire”). Tutte le considerazioni che il suo fallimento non è dichiarato”precedono portano a ritenere sussistente un credito della parte attrice pari alla somma di € 12.490,00, con ciò implicitamente prevedendo una condizione d’improcedibilità (magari temporanea) del processo debito di fallimento. Meritavaluta su cui vanno calcolati i soli interessi, peraltro, di essere evidenziato che l’art. 168, comma 1, l.fall., stabilisce cheal saggio legale, dalla data di estinzione del conto (4 agosto 2004) fino all’effettivo soddisfo. Tenuto conto della presentazione data a partire dalla quale si è proceduto al ricalcolo, resta assorbita l’eccezione di prescrizione sollevata tempestivamente da Banca della Campania, la quale chiedeva di limitare la verifica degli addebiti illegittimi al solo periodo posteriore al 23 maggio 1995, invocando l’irripetibilità delle somme riscosse dall’istituto oltre un decennio prima della notifica della citazione. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono dunque poste a carico della parte convenuta, tenuto conto, quanto al valore della controversia, delle somme effettivamente riconosciute in favore del ricorso per concordato preventivo correntista nonché, quanto agli ulteriori indici, della rilevante importanza delle questioni trattate e fino al momento in cui il decreto di omologazione dello stesso diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitoredelle complesse attività processuali svolte. La norma (alla quale fa eco quella dell’art. 182 bis, comma 3, l.fallI costi della c.t.u., secondo la qualeliquidati con separato decreto in data odierna, dalla data sono posti a carico di Banca della pubblicazione dell’accordo Campania. Il Tribunale di ristrutturazione dei debiti nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ancorché soltanto per il lasso di tempo di sessanta giorni, ritenuto congruo dal legislatore ai fini dell’esaurimento della procedura) si riferisce alle esecuzioni individuali e non contiene il divieto di introdurre o proseguire la domanda per dichiarazione di fallimento ex artt. 6 e 15 l.fall. IL XXXX.xx Perciò, il Tribunale adito ex art. 15 l.fall., pur non potendo - in assenza, nell’attuale testo novellato della legge fallimentare, di una disposizione simile a quella contenuta, prima delle riforme, nell’art. 160, comma 1, l.fall. - ritenere (anche temporaneamente) l’improcedibilità del giudizio di fallimento, potrà egualmente apprezzare la ricorrenza delle ragioni di opportunità per il differimento dell’udienza prefallimentare, valutando (anche sulla base della relazione dell’esperto) il contenuto della domanda di ammissione al concordato preventivo. È da opinarsi, inoltre, cheAvellino, in siffatte ipotesicomposizione monocratica e in persona del xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, in occasione dell’udienza ex art. 15 l.fall.definitivamente pronunciando, non possa considerarsi praeter legem (ogni diversa domanda disattesa e che, anzi, possa concorrere ad attuare il coordinamento auspicato dalla citata statuizione n. 3059/2011 della Suprema Corte) la prassi di riservare la decisione sulla domanda di fallimento, purché si abbia cura di sciogliere la riserva immediatamente dopo il decreto di ammissione (o di non ammissione) della domanda di concordato preventivo ex art. 163 l. fall: e ciò, evidentemente, nel senso o di dichiarare, nel caso di ammissione alla procedura di concordato, la sostanzialmente temporanea improcedibilità della domanda di fallimento; ovvero, in ipotesi di non ammissione, di fissare una nuova udienza prefallimentare, per le eventuali ulteriori difese delle parti. La situazione muta, peraltro, una volta che (come nella vicenda che ci occupa) sia intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 163 l.fall. Secondo quanto dispone l’art. 173 l.fall., dopo l’ammissione al concordato preventivo, il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al Tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al Pubblico Ministero ed ai creditori, e potendo, all’esito, ma soltanto su richiesta di questi ultimi, anche dichiarare il fallimento.respinta:
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Samples: Contratti Bancari