Common use of XXXX, Clause in Contracts

XXXX,. Le novità nella disciplina dei licenziamenti, Padova, 1993, p. 68 L’articolo 1 della L. n. 604/1966 prevede che “nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato… il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile o per giustificato motivo”. La giusta causa di licenziamento, secondo quanto stabilito dall’ articolo 2119 c.c. , rappresenta una “causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto”. L’articolo 3 della L. n. 604/1966 definisce il concetto di giustificato motivo, sia soggettivo (“notevole inadempimento degli obblighi contrattuali “ ) che oggettivo (“ragioni inerenti l’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”). Merita di essere segnalato, in proposito, il fatto che il legislatore del 1990 non ha modificato il quadro normativo appena menzionato. Da ciò ha conseguito che, come acutamente osservato dal Garofalo67, “ l’interpretazione di queste clausole generali rimane consegnata alla giurisprudenza” elaborata in data anteriore alla L. n. 108/1990. Prima dell’ emanazione della L. n. 604/1966, in relazione al concetto di “giusta causa“ si sono formati in dottrina due orientamenti diversi ai fini della configurabilità della stessa. Un primo orientamento ha sostenuto la c.d. “teoria oggettiva68”, ritenendo che la giusta causa possa consistere anche in fatti e comportamenti che, pur essendo estranei al rapporto lavorativo in senso stretto, siano tali da far venir meno il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore. Un secondo orientamento, invece, è 67 M. G. Xxxxxxxx, Le sanzioni contro il licenziamento illegittimo, in La nuova disciplina dei licenziamenti individuali, Bari, 1991, p. 56 68 X. Xxxxxxxxxx, La nuova disciplina dei licenziamenti individuali, Napoli, 1990, p.114 ; quello che professa la c.d. “teoria contrattuale69” (o soggettiva) della giusta causa, secondo la quale, ai fini della configurabilità della stessa, devono essere prese in considerazione soltanto quelle violazioni, inerenti gli obblighi contrattuali, posti in essere dal prestatore di lavoro. A sostegno di questo secondo orientamento la dottrina ha richiamato la disposizione di cui all’articolo 8 della L. n. 300/1970, la quale vieta al datore di lavoro “di effettuare indagini… su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’ attitudine professionale del lavoratore”. A seguito dell’entrata in vigore della L. n. 604/1966 la dottrina prevalente sostenne, con ancor più vigore, la teoria “contrattuale” dell’ inadempimento del lavoratore, ritenendo che la giustificazione del licenziamento non può fondarsi su comportamenti del lavoratore che attengono alla sua vita privata, “ma può aver riguardo esclusivamente agli obblighi direttamente ed immediatamente funzionalizzati alla posizione assunta dal prestatore di lavoro70 “. Altresì è stata unanime la dottrina nel ritenere che tra la giusta causa ed il giustificato motivo soggettivo non sussistono differenze qualitative del comportamento posto in essere dal lavoratore ma solamente differenze quantitative71, dal momento che la giusta causa è costituita da fatti ancora più gravi di quelli che sono suscettibili di rientrare nel concetto di giustificato motivo soggettivo. Al contrario, la giurisprudenza72 ha dato particolare rilevanza 69 X. Xxxxxxxxx, Il licenziamento illegittimo, Napoli, 1982, p. 123 70 X. Xxxxxxxx, La tutela dell’ interesse del lavoratore alla conservazione del posto, in Nuovo Trattato di diritto del lavoro, a cura di X. Xxxxxxxxxxx e X. Xxxxxxx, Padova, 1971, 685 71 Merita di essere segnalata la definizione che X. Xxxx, La cessazione del rapporto di lavoro, Padova, 1980, p. 70, fornisce sulla giusta causa identificandola come un “ giustificato motivo particolarmente caratterizzato dal fatto che, per la sua entità e gravità, rende improseguibile il rapporto; è un plus rispetto alla situazione base determinante e giustificante”. 72 Cass. , 14 ottobre 1988, n. 5583, in Rep. Foro. It. , 1988, Voce Lavoro-rapporto, n. 2017ha ritenuto che per stabilire in concreto l’ esistenza di una giusta causa di licenziamento, che “ deve all’elemento fiduciario del rapporto, sulla base della considerazione che la violazione, posta in essere dal lavoratore, deve essere tale da comportare il venir meno della fiducia, quale “presupposto essenziale della collaborazione73. Tuttavia merita di essere segnalato un certo indirizzo giurisprudenziale74 che ha rinvenuto la sussistenza di una giusta causa di licenziamento anche in relazione a fatti o comportamenti riguardanti la sfera privata del lavoratore ma contraddistinti da una gravità tale da riflettersi anche su quel particolare rapporto di lavoro che, per le sue caratteristiche, richiede al lavoratore un’ampia fiducia estesa anche alla sua sfera privata. Per quanto concerne il concetto di giustificato motivo (soggettivo), la L. n. 604/1966 lo qualifica espressamente come un “notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro”. Merita di essere segnalato il fatto che, inizialmente, la dottrina ha posto attenzione al rapporto tra il concetto di inadempimento di non scarsa importanza75 ( ex art. 1455 c.c.) ed inadempimento notevole (ex art. 3, L. n. 604/1966). E’ stato così osservato come “l’articolo 1455 rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un canto, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore subordinato, in relazione alla portata soggettiva ed oggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e l’ intensità dell’ elemento intenzionale, dall’ altro la proporzionalità tra tali fatti e l sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la più grave delle sanzioni disciplinari”. 74 Con la sentenza del 22 novembre 1996, n. 10299, in Rep. Foro it. , 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 1432, la Cassazione ritenne giustificato il licenziamento di un dipendente di una banca, inquadrato come commesso, motivato con il fatto che era stato elevato un protesto ad effetti cambiari nei suoi confronti per una cifra di circa 30.000.000 di lire. Il fatto è stato considerato di una gravità tale da far ritenere il lavoratore in questione “ professionalmente inidoneo alla prosecuzione del rapporto in relazione all’ ampio margine di fiducia richiesto”.

Appears in 1 contract

Samples: core.ac.uk

XXXX,. (X. Xxxx, Le novità nella disciplina dei licenziamenticonciliazioni valide, Padova, 1993cit., p. 68 L’articolo 1 90) rileva inoltre che se è vero che al centro del sistema conciliativo è posta la tutela del lavoratore e la presenza del sindacato è richiesta per integrare la volontà del lavoratore medesimo, è altrettanto vero che il datore di lavoro, soggetto forte, non ha bisogno di essere assistito; tale equazione viene però meno nel caso in cui la procedura conciliativa sia stata disciplinata dalla contrattazione collettiva e vi sia quindi anche la necessità della L. n. 604/1966 prevede presenza del rappresentante della parte datoriale. Ulteriore aspetto meritevole di menzione, sollevato da X. XXXX (X. Xxxx, op. cit., pp. 636 – 637), risulta essere che la valutazione da parte del giudice sull’effettiva assistenza prescinde, di per sé, dal contenuto dell’accordo, nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato… il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile o per giustificato motivo”. La giusta causa di licenziamento, secondo quanto stabilito dall’ articolo 2119 c.c. , rappresenta una “causa senso che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto”. L’articolo 3 della L. n. 604/1966 definisce il concetto di giustificato motivo, sia soggettivo (“notevole inadempimento degli obblighi contrattuali “ ) che oggettivo (“ragioni inerenti l’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”). Merita di essere segnalato, in proposito, il fatto è richiesto che il legislatore del 1990 non ha modificato conciliatore sia riuscito a imporre una soluzione il quadro normativo appena menzionato. Da ciò ha conseguito chepiù possibile vantaggiosa per il lavoratore, come acutamente osservato dal Garofalo67requisito della validità della conciliazione. Tuttavia, “ l’interpretazione possono incidere: l’esiguità dell’importo che può far venire meno l’elemento di queste clausole generali rimane consegnata alla giurisprudenza” elaborata in data anteriore alla L. reciprocità delle concessioni (Trib. Milano 2 marzo 2015, n. 108/1990. Prima dell’ emanazione 577) e la composizione della L. n. 604/1966, in relazione al concetto di “giusta causa“ si sono formati in dottrina due orientamenti diversi ai fini della configurabilità della stessa. Un primo orientamento ha sostenuto la c.d. “teoria oggettiva68”, ritenendo che la giusta causa possa consistere anche in fatti lite a condizioni rovinose e comportamenti che, pur essendo estranei al rapporto lavorativo in senso stretto, siano tali da far venir meno il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e gravemente inique a danno del lavoratore. Un secondo orientamentoDiversamente, inveceoccorre che il lavoratore dimostri la carenza di una effettiva assistenza da parte del rappresentante sindacale presente alla conciliazione (Cass. 18 agosto 2017, è 67 M. G. Xxxxxxxxn. 20201; Cass. 3 settembre 2003, Le sanzioni contro il licenziamento illegittimon. 12858) o la presenza di un motivo comune di invalidità negoziale, in La nuova disciplina dei licenziamenti individualifatto ad ogni modo salvo, Bari, 1991, p. 56 68 X. Xxxxxxxxxx, La nuova disciplina dei licenziamenti individuali, Napoli, 1990, p.114 ; quello che professa la c.d. “teoria contrattuale69” (o soggettiva) della giusta causa, secondo la quale, ai fini della configurabilità della stessa, devono essere prese in considerazione soltanto quelle violazioni, inerenti gli obblighi contrattuali, posti in essere dal prestatore di lavoro. A sostegno di questo secondo orientamento la dottrina ha richiamato la disposizione di cui all’articolo 8 della L. n. 300/1970, la quale vieta al datore di lavoro “di effettuare indagini… su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’ attitudine professionale del lavoratore”. A seguito dell’entrata in vigore della L. n. 604/1966 la dottrina prevalente sostenne, con ancor più vigore, la teoria “contrattuale” dell’ inadempimento nel potere dispositivo del lavoratore, ritenendo che la giustificazione di poter aderire ad un accordo nonostante il rifiuto del licenziamento non può fondarsi su comportamenti del lavoratore che attengono conciliatore di prestare assenso alla sua vita privata, “ma può aver riguardo esclusivamente agli obblighi direttamente ed immediatamente funzionalizzati alla posizione assunta dal prestatore di lavoro70 “. Altresì è stata unanime la dottrina nel ritenere che tra la giusta causa ed il giustificato motivo soggettivo non sussistono differenze qualitative del comportamento posto in essere dal lavoratore ma solamente differenze quantitative71, dal momento che la giusta causa è costituita da fatti ancora più gravi di quelli che sono suscettibili di rientrare nel concetto di giustificato motivo soggettivo. Al contrario, la giurisprudenza72 ha dato particolare rilevanza 69 X. Xxxxxxxxx, Il licenziamento illegittimo, Napoli, 1982, p. 123 70 X. Xxxxxxxx, La tutela dell’ interesse del lavoratore alla conservazione del posto, in Nuovo Trattato di diritto del lavoro, a cura di X. Xxxxxxxxxxx e X. Xxxxxxx, Padova, 1971, 685 71 Merita di essere segnalata la definizione che X. Xxxx, La cessazione del rapporto di lavoro, Padova, 1980, p. 70, fornisce sulla giusta causa identificandola come un “ giustificato motivo particolarmente caratterizzato dal fatto che, per la sua entità e gravità, rende improseguibile il rapporto; è un plus rispetto alla situazione base determinante e giustificante”. 72 Cass. , 14 ottobre 1988, n. 5583, in Rep. Foro. It. , 1988, Voce Lavoro-rapporto, n. 2017ha ritenuto che per stabilire in concreto l’ esistenza di una giusta causa di licenziamento, che “ deve all’elemento fiduciario del rapporto, sulla base della considerazione che la violazione, posta in essere dal lavoratore, deve essere tale da comportare il venir meno della fiducia, quale “presupposto essenziale della collaborazione73. Tuttavia merita di essere segnalato un certo indirizzo giurisprudenziale74 che ha rinvenuto la sussistenza di una giusta causa di licenziamento anche in relazione a fatti composizione ipotizzata o comportamenti riguardanti la sfera privata del lavoratore ma contraddistinti da una gravità tale da riflettersi anche su quel particolare rapporto di lavoro che, per le sue caratteristiche, richiede al lavoratore un’ampia fiducia estesa anche alla sua sfera privata. Per quanto concerne il concetto di giustificato motivo (soggettivo), la L. n. 604/1966 lo qualifica espressamente come un “notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro”. Merita di essere segnalato il fatto che, inizialmente, la dottrina ha posto attenzione al rapporto tra il concetto di inadempimento di non scarsa importanza75 ( ex art. 1455 c.cuniformarsi al parere espresso dal conciliatore.) ed inadempimento notevole (ex art. 3, L. n. 604/1966). E’ stato così osservato come “l’articolo 1455 rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un canto, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore subordinato, in relazione alla portata soggettiva ed oggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e l’ intensità dell’ elemento intenzionale, dall’ altro la proporzionalità tra tali fatti e l sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la più grave delle sanzioni disciplinari”. 74 Con la sentenza del 22 novembre 1996, n. 10299, in Rep. Foro it. , 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 1432, la Cassazione ritenne giustificato il licenziamento di un dipendente di una banca, inquadrato come commesso, motivato con il fatto che era stato elevato un protesto ad effetti cambiari nei suoi confronti per una cifra di circa 30.000.000 di lire. Il fatto è stato considerato di una gravità tale da far ritenere il lavoratore in questione “ professionalmente inidoneo alla prosecuzione del rapporto in relazione all’ ampio margine di fiducia richiesto”.

Appears in 1 contract

Samples: usiena-air.unisi.it

XXXX,. Le novità nella disciplina dei licenziamenti, Padova, 1993, p. 68 L’articolo 1 della L. n. 604/1966 prevede che “nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato… il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile o per giustificato motivo”. La giusta causa di licenziamento, secondo quanto stabilito dall’ articolo 2119 c.c. , rappresenta una “causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto”. L’articolo 3 della L. n. 604/1966 definisce il concetto di giustificato motivo, sia soggettivo (“notevole inadempimento degli obblighi contrattuali “ ) che oggettivo (“ragioni inerenti l’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”). Merita di essere segnalato, in proposito, il fatto che il legislatore del 1990 non ha modificato il quadro normativo appena menzionato. Da ciò ha conseguito che, come acutamente osservato dal Garofalo67, “ l’interpretazione di queste clausole generali rimane consegnata alla giurisprudenza” elaborata in data anteriore alla L. n. 108/1990. Prima dell’ emanazione della L. n. 604/1966, in relazione al concetto di “giusta causa“ si sono formati in dottrina due orientamenti diversi ai fini della configurabilità della stessa. Un primo orientamento ha sostenuto la c.d. “teoria oggettiva68”, ritenendo che la giusta causa possa consistere anche in fatti e comportamenti che, pur essendo estranei al rapporto lavorativo in senso stretto, siano tali da far venir meno il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore. Un secondo orientamento, invece, è 67 M. G. Xxxxxxxx, Le sanzioni contro il licenziamento illegittimo, in La nuova disciplina dei licenziamenti individualidel trasferimento d’azienda. Le opinioni, Bariin Giorn. dir. rel. ind., 1991, p. 56 68 X. Xxxxxxxxxx792; P. XXXXXXXXXXX, La Profili ricostruttivi della nuova disciplina in materia di trasferimento d’azienda, in Riv. it. dir. lav., 1992, I, p. 191. 80 Cass., 8 settembre 1999, n. 9545, in Mass. giur. lav., 1999, p. 1147 con nota di F. LU- NARDON, Avvicendamento delle discipline collettive e continuità dei licenziamenti individualirapporti di lavoro nel trasferimento d’azienda, Napolicit. re efficacia per volontà di uno solo dei due contraenti, 1990è altresì interessante ai nostri fini per un obiter dictum ivi contenuto. La Corte, p.114 ; quello infatti, si dichiara contraria ad interpretazioni dell’art. 2112 c.c. che, se accolte, finirebbero per «introdurre una sorta di cristallizzazio- ne della regolamentazione collettiva». In questo modo il giudice di legittimità dimostra come la propria deci- sione sul punto si collochi, consapevolmente, in linea con la propria ten- denza interpretativa contraria ai vincoli contrattuali perpetui e favorevole ad ammettere l’esistenza implicita in ogni contratto della clausola rebus sic stantibus, linea che professa la c.d. “teoria contrattuale69” (o soggettiva) emerge anche nella giurisprudenza della giusta causa, secondo la quale, ai fini della configurabilità della stessa, devono essere prese S.C. in considerazione soltanto quelle violazioni, inerenti gli obblighi contrattuali, posti in essere tema di recesso dal prestatore di lavoro. A sostegno di questo secondo orientamento la dottrina ha richiamato la disposizione contratto collettivo di cui all’articolo 8 della L. n. 300/1970si è già detto. perda efficacia per volontà di uno solo dei contraenti. In mancanza di una disciplina legale dell’efficacia temporale del contratto collettivo, la quale vieta al datore di lavoro “di effettuare indagini… su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’ attitudine professionale del lavoratore”. A seguito dell’entrata esiste, invece, un indizio normativo che depone a favore del- l’opinione per cui nel nostro ordinamento, ed in vigore della L. n. 604/1966 la dottrina prevalente sostenne, con ancor più vigore, la teoria “contrattuale” dell’ inadempimento del lavoratore, ritenendo che la giustificazione del licenziamento non può fondarsi su comportamenti del lavoratore che attengono alla sua vita privata, “ma può aver riguardo esclusivamente agli obblighi direttamente ed immediatamente funzionalizzati alla posizione assunta dal prestatore di lavoro70 “. Altresì è stata unanime la dottrina particolare nel ritenere che tra la giusta causa ed il giustificato motivo soggettivo non sussistono differenze qualitative del comportamento posto in essere dal lavoratore ma solamente differenze quantitative71, dal momento che la giusta causa è costituita da fatti ancora più gravi di quelli che sono suscettibili di rientrare nel concetto di giustificato motivo soggettivo. Al contrario, la giurisprudenza72 ha dato particolare rilevanza 69 X. Xxxxxxxxx, Il licenziamento illegittimo, Napoli, 1982, p. 123 70 X. Xxxxxxxx, La tutela dell’ interesse del lavoratore alla conservazione del posto, in Nuovo Trattato di diritto del lavoro, a cura non è rintracciabile un principio che imponga il rispetto all’infinito degli impegni assunti in sede di X. Xxxxxxxxxxx e X. Xxxxxxx, Padova, 1971, 685 71 Merita di essere segnalata la definizione che X. Xxxx, La cessazione del rapporto di lavoro, Padova, 1980, p. 70, fornisce sulla giusta causa identificandola come un “ giustificato motivo particolarmente caratterizzato dal fatto che, per la sua entità e gravità, rende improseguibile il rapporto; è un plus rispetto alla situazione base determinante e giustificante”. 72 Cass. , 14 ottobre 1988, n. 5583, in Rep. Foro. It. , 1988, Voce Lavoro-rapporto, n. 2017ha ritenuto che per stabilire in concreto l’ esistenza di una giusta causa di licenziamento, che “ deve all’elemento fiduciario del rapporto, sulla base della considerazione che la violazione, posta in essere dal lavoratore, deve essere tale da comportare il venir meno della fiducia, quale “presupposto essenziale della collaborazione73. Tuttavia merita di essere segnalato un certo indirizzo giurisprudenziale74 che ha rinvenuto la sussistenza di una giusta causa di licenziamento anche in relazione a fatti o comportamenti riguardanti la sfera privata del lavoratore ma contraddistinti da una gravità tale da riflettersi anche su quel particolare rapporto di lavoro che, per le sue caratteristiche, richiede al lavoratore un’ampia fiducia estesa anche alla sua sfera privata. Per quanto concerne il concetto di giustificato motivo (soggettivo), la L. n. 604/1966 lo qualifica espressamente come un “notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro”. Merita di essere segnalato il fatto che, inizialmente, la dottrina ha posto attenzione al rapporto tra il concetto di inadempimento di non scarsa importanza75 ( ex art. 1455 c.ccontratto collettivo.) ed inadempimento notevole (ex art. 3, L. n. 604/1966). E’ stato così osservato come “l’articolo 1455 rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un canto, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore subordinato, in relazione alla portata soggettiva ed oggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e l’ intensità dell’ elemento intenzionale, dall’ altro la proporzionalità tra tali fatti e l sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la più grave delle sanzioni disciplinari”. 74 Con la sentenza del 22 novembre 1996, n. 10299, in Rep. Foro it. , 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 1432, la Cassazione ritenne giustificato il licenziamento di un dipendente di una banca, inquadrato come commesso, motivato con il fatto che era stato elevato un protesto ad effetti cambiari nei suoi confronti per una cifra di circa 30.000.000 di lire. Il fatto è stato considerato di una gravità tale da far ritenere il lavoratore in questione “ professionalmente inidoneo alla prosecuzione del rapporto in relazione all’ ampio margine di fiducia richiesto”.

Appears in 1 contract

Samples: iris.unito.it

XXXX,. Le novità nella disciplina dei licenziamentiIl contratto a tempo determinato, Padova, 1993cit., p. 68 L’articolo 1 966. Nello stesso senso X. XXXXXXXX, op. ult. cit., p. 31. 47 In uno dei primi contributi apparsi all’indomani del disegno di legge, tradottosi poi nella legge n. 92/2012, questo approccio di duplice valenza nei confronti della L. n. 604/1966 prevede che flessibilità in entrata è stata etichettato con efficace capacità di sintesi, con il termine buona“ e “ cattiva” da F. CA- RINCI, Complimenti dottor Xxxxxxxxxxx: il disegno di legge governativo in materia di riforma del mercato del lavoro, in Lav. giur., 2012, p. 529. successione di più contratti tra le stesse parti e per lo svolgimento di mansioni equivalenti. La novella del 2012 inserisce nel rapporto computo dei 36 mesi anche la durata dei contratti di lavoro somministrazione a tempo indeterminato… determinato intervenuti per lo svolgi- mento di mansioni equivalenti tra le stesse parti del contratto a termine che, in questo caso, rivestendo il licenziamento «datore di lavoro» la formale qualifica di soggetto utilizzatore, vengono correttamente indicate dalla legge con il termine di «me- desimi soggetti». Si precisa, infine, che nel computo rientrano sia i contratti di somministrazione per i quali necessita una causale giustificativa che quelli pri- vi di giustificazione. Sul fronte degli intervalli temporali si registra un ripensamento del prestatore legisla- tore, all’esito di lavoro una verifica sul campo in ordine agli effetti delle modifiche all’originario testo del comma 3 dell’art. 5 del d.lgs. n. 368/2001. Con la legge n. 92/2012 era stato allungato l’intervallo temporale tra un contratto ed un altro in caso di riassunzione a termine, che passava dagli ori- ginari dieci a sessanta giorni, se la durata del contratto originario non può avvenire superava i sei mesi, e dagli originari venti a novanta giorni, nel caso in cui il contratto avesse avuto una durata superiore al semestre. Già in sede di inasprimento di questa misura rivolta a combattere un uso distorto del contratto a termine il legislatore aveva avvertito il pericolo che termini così lunghi avrebbero potuto determinare delle oggettive disfunzioni organizzative, impedendo il rinnovo necessario (e legittimo) di un contratto a termine con danni per giusta causa ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile entrambe le parti. A tal fine, si era attenuato il rigore della modifica lasciando la possibilità alla contrattazione collettiva nazionale (interconfederale o per giustificato motivo”. La giusta causa di licenziamentocategoria) e, secondo quanto stabilito dall’ articolo 2119 c.c. , rappresenta una “causa che non consenta la prosecuzionesu delega di quest’ultima, anche provvisoria alla con- trattazione decentrata, di ridurre, «stabilendone le condizioni», la durata del- l’intervallo temporale, che comunque non poteva essere riportato nei termini originari (10 e 20 giorni) ma fissato in 20 e 30 giorni in ragione della durata del rapporto”. L’articolo 3 della L. n. 604/1966 definisce il concetto di giustificato motivo, sia soggettivo (“notevole inadempimento degli obblighi contrattuali “ ) che oggettivo (“ragioni inerenti l’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”). Merita di essere segnalatoprimo contratto, in proposito, il fatto che presenza di tipizzati processi organizzativi 48. Le possibili ricadute negative sull’organizzazione aziendale delle lunghe pause tra un contratto e l’altro avevano indotto sempre il legislatore del 1990 non ha modificato il quadro normativo appena menzionato. Da ciò ha conseguito chead adot- tare un sorta di clausola di salvaguardia: in mancanza di un intervento in ma- teria da parte della contrattazione collettiva, come acutamente osservato dal Garofalo67, “ l’interpretazione di queste clausole generali rimane consegnata alla giurisprudenza” elaborata in data anteriore alla L. n. 108/1990. Prima dell’ emanazione della L. n. 604/1966, in relazione al concetto di “giusta causa“ si sono formati in dottrina due orientamenti diversi ai fini della configurabilità della stessa. Un primo orientamento ha sostenuto la c.d. “teoria oggettiva68”, ritenendo che la giusta causa possa consistere anche in fatti e comportamenti che, pur essendo estranei al rapporto lavorativo in senso stretto, siano tali da far venir meno il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore. Un secondo orientamento, invece, è 67 M. G. Xxxxxxxx, Le sanzioni contro il licenziamento illegittimo, in La nuova disciplina dei licenziamenti individuali, Bari, 1991, p. 56 68 X. Xxxxxxxxxx, La nuova disciplina dei licenziamenti individuali, Napoli, 1990, p.114 ; quello che professa la c.d. “teoria contrattuale69” (o soggettiva) della giusta causa, secondo la quale, ai fini della configurabilità della stessa, devono essere prese in considerazione soltanto quelle violazioni, inerenti gli obblighi contrattuali, posti in essere dal prestatore di lavoro. A sostegno di questo secondo orientamento la dottrina ha richiamato la disposizione di cui all’articolo 8 della L. n. 300/1970, la quale vieta al datore di lavoro “di effettuare indagini… su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’ attitudine professionale del lavoratore”. A seguito dell’entrata entro dodici mesi dall’entrata in vigore della L. n. 604/1966 la dottrina prevalente sostennelegge, con ancor più vigoreil Ministero del Lavoro era abilitato ad “individuare le spe- cifiche condizioni” affinché potessero operare, la teoria “contrattuale” dell’ inadempimento del lavoratorenell’ambito dei processi orga- nizzati già indicati, ritenendo che la giustificazione del licenziamento le riduzioni degli intervalli di non può fondarsi su comportamenti del lavoratore che attengono alla sua vita privata, “ma può aver riguardo esclusivamente agli obblighi direttamente ed immediatamente funzionalizzati alla posizione assunta dal prestatore di lavoro70 “. Altresì è stata unanime la dottrina nel ritenere che tra la giusta causa ed il giustificato motivo soggettivo non sussistono differenze qualitative del comportamento posto in essere dal lavoratore ma solamente differenze quantitative71, dal momento che la giusta causa è costituita da fatti ancora più gravi di quelli che sono suscettibili di rientrare nel concetto di giustificato motivo soggettivo. Al contrario, la giurisprudenza72 ha dato particolare rilevanza 69 X. Xxxxxxxxx, Il licenziamento illegittimo, Napoli, 1982, p. 123 70 X. Xxxxxxxx, La tutela dell’ interesse del lavoratore alla conservazione del posto, in Nuovo Trattato di diritto del lavoro, a cura di X. Xxxxxxxxxxx dopo aver sentito le organizzazioni dei lavoratori e X. Xxxxxxx, Padova, 1971, 685 71 Merita di essere segnalata la definizione che X. Xxxx, La cessazione del rapporto di lavoro, Padova, 1980, p. 70, fornisce sulla giusta causa identificandola come un “ giustificato motivo particolarmente caratterizzato dal fatto che, per la sua entità e gravità, rende improseguibile il rapporto; è un plus rispetto alla situazione base determinante e giustificante”. 72 Cass. , 14 ottobre 1988, n. 5583, in Rep. Foro. It. , 1988, Voce Lavoro-rapporto, n. 2017ha ritenuto che per stabilire in concreto l’ esistenza di una giusta causa di licenziamento, che “ deve all’elemento fiduciario del rapporto, sulla base della considerazione che la violazione, posta in essere dal lavoratore, deve essere tale da comportare il venir meno della fiducia, quale “presupposto essenziale della collaborazione73. Tuttavia merita di essere segnalato un certo indirizzo giurisprudenziale74 che ha rinvenuto la sussistenza di una giusta causa di licenziamento anche in relazione a fatti o comportamenti riguardanti la sfera privata del lavoratore ma contraddistinti da una gravità tale da riflettersi anche su quel particolare rapporto dei datori di lavoro che, per le sue caratteristiche, richiede al lavoratore un’ampia fiducia estesa anche alla sua sfera privata. Per quanto concerne il concetto di giustificato motivo (soggettivo), la L. n. 604/1966 lo qualifica espressamente come un “notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro”. Merita di essere segnalato il fatto che, inizialmente, la dottrina ha posto attenzione al rapporto tra il concetto di inadempimento di non scarsa importanza75 ( ex art. 1455 c.ccomparativamente più rappresentative sul piano nazionale.) ed inadempimento notevole (ex art. 3, L. n. 604/1966). E’ stato così osservato come “l’articolo 1455 rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un canto, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore subordinato, in relazione alla portata soggettiva ed oggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e l’ intensità dell’ elemento intenzionale, dall’ altro la proporzionalità tra tali fatti e l sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la più grave delle sanzioni disciplinari”. 74 Con la sentenza del 22 novembre 1996, n. 10299, in Rep. Foro it. , 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 1432, la Cassazione ritenne giustificato il licenziamento di un dipendente di una banca, inquadrato come commesso, motivato con il fatto che era stato elevato un protesto ad effetti cambiari nei suoi confronti per una cifra di circa 30.000.000 di lire. Il fatto è stato considerato di una gravità tale da far ritenere il lavoratore in questione “ professionalmente inidoneo alla prosecuzione del rapporto in relazione all’ ampio margine di fiducia richiesto”.

Appears in 1 contract

Samples: core.ac.uk

XXXX,. Le novità nella disciplina dei licenziamenti, Padova, 1993, p. 68 L’articolo 1 della L. n. 604/1966 prevede che “nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato… il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile o per giustificato motivo”. La giusta causa di licenziamento, secondo quanto stabilito dall’ articolo 2119 c.c. , rappresenta una “causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto”. L’articolo 3 della L. n. 604/1966 definisce il concetto di giustificato motivo, sia soggettivo (“notevole inadempimento degli obblighi contrattuali “ ) che oggettivo (“ragioni inerenti l’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”). Merita di essere segnalato, in proposito, il fatto che il legislatore del 1990 non ha modificato il quadro normativo appena menzionato. Da ciò ha conseguito che, come acutamente osservato dal Garofalo67, “ l’interpretazione di queste clausole generali rimane consegnata alla giurisprudenza” elaborata in data anteriore alla L. n. 108/1990. Prima dell’ emanazione della L. n. 604/1966, in relazione al concetto di “giusta causa“ si sono formati in dottrina due orientamenti diversi ai fini della configurabilità della stessa. Un primo orientamento ha sostenuto la c.d. “teoria oggettiva68”, ritenendo che la giusta causa possa consistere anche in fatti e comportamenti che, pur essendo estranei al rapporto lavorativo in senso stretto, siano tali da far venir meno il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore. Un secondo orientamento, invece, è 67 M. G. Xxxxxxxx, Le sanzioni contro il licenziamento illegittimo, in La nuova disciplina dei licenziamenti individualidel trasferimento d’azienda. Le opinioni, Bariin Giorn. dir. rel. ind., 1991, p. 56 68 X. Xxxxxxxxxx792; P. LAMBXXXXXXX, La Xxofili ricostruttivi della nuova disciplina in materia di trasferimento d’azienda, in Riv. it. dir. lav., 1992, I, p. 191. 80 Cass., 8 settembre 1999, n. 9545, in Mass. giur. lav., 1999, p. 1147 con nota di F. LU- NARDON, Avvicendamento delle discipline collettive e continuità dei licenziamenti individualirapporti di lavoro nel trasferimento d’azienda, Napolicit. re efficacia per volontà di uno solo dei due contraenti, 1990è altresì interessante ai nostri fini per un obiter dictum ivi contenuto. La Corte, p.114 ; quello infatti, si dichiara contraria ad interpretazioni dell’art. 2112 c.c. che, se accolte, finirebbero per «introdurre una sorta di cristallizzazio- ne della regolamentazione collettiva». In questo modo il giudice di legittimità dimostra come la propria deci- sione sul punto si collochi, consapevolmente, in linea con la propria ten- denza interpretativa contraria ai vincoli contrattuali perpetui e favorevole ad ammettere l’esistenza implicita in ogni contratto della clausola rebus sic stantibus, linea che professa la c.d. “teoria contrattuale69” (o soggettiva) emerge anche nella giurisprudenza della giusta causa, secondo la quale, ai fini della configurabilità della stessa, devono essere prese S.C. in considerazione soltanto quelle violazioni, inerenti gli obblighi contrattuali, posti in essere tema di recesso dal prestatore di lavoro. A sostegno di questo secondo orientamento la dottrina ha richiamato la disposizione contratto collettivo di cui all’articolo 8 della L. n. 300/1970si è già detto. perda efficacia per volontà di uno solo dei contraenti. In mancanza di una disciplina legale dell’efficacia temporale del contratto collettivo, la quale vieta al datore di lavoro “di effettuare indagini… su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’ attitudine professionale del lavoratore”. A seguito dell’entrata esiste, invece, un indizio normativo che depone a favore del- l’opinione per cui nel nostro ordinamento, ed in vigore della L. n. 604/1966 la dottrina prevalente sostenne, con ancor più vigore, la teoria “contrattuale” dell’ inadempimento del lavoratore, ritenendo che la giustificazione del licenziamento non può fondarsi su comportamenti del lavoratore che attengono alla sua vita privata, “ma può aver riguardo esclusivamente agli obblighi direttamente ed immediatamente funzionalizzati alla posizione assunta dal prestatore di lavoro70 “. Altresì è stata unanime la dottrina particolare nel ritenere che tra la giusta causa ed il giustificato motivo soggettivo non sussistono differenze qualitative del comportamento posto in essere dal lavoratore ma solamente differenze quantitative71, dal momento che la giusta causa è costituita da fatti ancora più gravi di quelli che sono suscettibili di rientrare nel concetto di giustificato motivo soggettivo. Al contrario, la giurisprudenza72 ha dato particolare rilevanza 69 X. Xxxxxxxxx, Il licenziamento illegittimo, Napoli, 1982, p. 123 70 X. Xxxxxxxx, La tutela dell’ interesse del lavoratore alla conservazione del posto, in Nuovo Trattato di diritto del lavoro, a cura non è rintracciabile un principio che imponga il rispetto all’infinito degli impegni assunti in sede di X. Xxxxxxxxxxx e X. Xxxxxxx, Padova, 1971, 685 71 Merita di essere segnalata la definizione che X. Xxxx, La cessazione del rapporto di lavoro, Padova, 1980, p. 70, fornisce sulla giusta causa identificandola come un “ giustificato motivo particolarmente caratterizzato dal fatto che, per la sua entità e gravità, rende improseguibile il rapporto; è un plus rispetto alla situazione base determinante e giustificante”. 72 Cass. , 14 ottobre 1988, n. 5583, in Rep. Foro. It. , 1988, Voce Lavoro-rapporto, n. 2017ha ritenuto che per stabilire in concreto l’ esistenza di una giusta causa di licenziamento, che “ deve all’elemento fiduciario del rapporto, sulla base della considerazione che la violazione, posta in essere dal lavoratore, deve essere tale da comportare il venir meno della fiducia, quale “presupposto essenziale della collaborazione73. Tuttavia merita di essere segnalato un certo indirizzo giurisprudenziale74 che ha rinvenuto la sussistenza di una giusta causa di licenziamento anche in relazione a fatti o comportamenti riguardanti la sfera privata del lavoratore ma contraddistinti da una gravità tale da riflettersi anche su quel particolare rapporto di lavoro che, per le sue caratteristiche, richiede al lavoratore un’ampia fiducia estesa anche alla sua sfera privata. Per quanto concerne il concetto di giustificato motivo (soggettivo), la L. n. 604/1966 lo qualifica espressamente come un “notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro”. Merita di essere segnalato il fatto che, inizialmente, la dottrina ha posto attenzione al rapporto tra il concetto di inadempimento di non scarsa importanza75 ( ex art. 1455 c.ccontratto collettivo.) ed inadempimento notevole (ex art. 3, L. n. 604/1966). E’ stato così osservato come “l’articolo 1455 rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un canto, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore subordinato, in relazione alla portata soggettiva ed oggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e l’ intensità dell’ elemento intenzionale, dall’ altro la proporzionalità tra tali fatti e l sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la più grave delle sanzioni disciplinari”. 74 Con la sentenza del 22 novembre 1996, n. 10299, in Rep. Foro it. , 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 1432, la Cassazione ritenne giustificato il licenziamento di un dipendente di una banca, inquadrato come commesso, motivato con il fatto che era stato elevato un protesto ad effetti cambiari nei suoi confronti per una cifra di circa 30.000.000 di lire. Il fatto è stato considerato di una gravità tale da far ritenere il lavoratore in questione “ professionalmente inidoneo alla prosecuzione del rapporto in relazione all’ ampio margine di fiducia richiesto”.

Appears in 1 contract

Samples: iris.unito.it