Common use of XXXX, Clause in Contracts

XXXX,. (X. Xxxx, Le conciliazioni valide, cit., p. 90) rileva inoltre che se è vero che al centro del sistema conciliativo è posta la tutela del lavoratore e la presenza del sindacato è richiesta per integrare la volontà del lavoratore medesimo, è altrettanto vero che il datore di lavoro, soggetto forte, non ha bisogno di essere assistito; tale equazione viene però meno nel caso in cui la procedura conciliativa sia stata disciplinata dalla contrattazione collettiva e vi sia quindi anche la necessità della presenza del rappresentante della parte datoriale. Ulteriore aspetto meritevole di menzione, sollevato da X. XXXX (X. Xxxx, op. cit., pp. 636 – 637), risulta essere che la valutazione da parte del giudice sull’effettiva assistenza prescinde, di per sé, dal contenuto dell’accordo, nel senso che non è richiesto che il conciliatore sia riuscito a imporre una soluzione il più possibile vantaggiosa per il lavoratore, come requisito della validità della conciliazione. Tuttavia, possono incidere: l’esiguità dell’importo che può far venire meno l’elemento di reciprocità delle concessioni (Trib. Milano 2 marzo 2015, n. 577) e la composizione della lite a condizioni rovinose e gravemente inique a danno del lavoratore. Diversamente, occorre che il lavoratore dimostri la carenza di una effettiva assistenza da parte del rappresentante sindacale presente alla conciliazione (Cass. 18 agosto 2017, n. 20201; Cass. 3 settembre 2003, n. 12858) o la presenza di un motivo comune di invalidità negoziale, fatto ad ogni modo salvo, nel potere dispositivo del lavoratore, di poter aderire ad un accordo nonostante il rifiuto del conciliatore di prestare assenso alla composizione ipotizzata o di non uniformarsi al parere espresso dal conciliatore.

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Samples: Dottorato in Apprendimento E Innovazione Nei Contesti Sociali E Di Lavoro, Dottorato in Apprendimento E Innovazione Nei Contesti Sociali E Di Lavoro

XXXX,. (X. XxxxLa nuova disciplina del trasferimento d’azienda. Le opinioni, Le conciliazioni validein Giorn. dir. rel. ind., 1991, p. 792; P. LAMBXXXXXXX, Xxofili ricostruttivi della nuova disciplina in materia di trasferimento d’azienda, in Riv. it. dir. lav., 1992, I, p. 191. 80 Cass., 8 settembre 1999, n. 9545, in Mass. giur. lav., 1999, p. 1147 con nota di F. LU- NARDON, Avvicendamento delle discipline collettive e continuità dei rapporti di lavoro nel trasferimento d’azienda, cit., p. 90) rileva inoltre che se è vero che al centro del sistema conciliativo è posta la tutela del lavoratore e la presenza del sindacato è richiesta . re efficacia per integrare la volontà del lavoratore medesimodi uno solo dei due contraenti, è altrettanto vero altresì interessante ai nostri fini per un obiter dictum ivi contenuto. La Corte, infatti, si dichiara contraria ad interpretazioni dell’art. 2112 c.c. che, se accolte, finirebbero per «introdurre una sorta di cristallizzazio- ne della regolamentazione collettiva». In questo modo il giudice di legittimità dimostra come la propria deci- sione sul punto si collochi, consapevolmente, in linea con la propria ten- denza interpretativa contraria ai vincoli contrattuali perpetui e favorevole ad ammettere l’esistenza implicita in ogni contratto della clausola rebus sic stantibus, linea che il datore emerge anche nella giurisprudenza della S.C. in tema di recesso dal contratto collettivo di cui si è già detto. perda efficacia per volontà di uno solo dei contraenti. In mancanza di una disciplina legale dell’efficacia temporale del contratto collettivo, esiste, invece, un indizio normativo che depone a favore del- l’opinione per cui nel nostro ordinamento, ed in particolare nel diritto del lavoro, soggetto forte, non ha bisogno di essere assistito; tale equazione viene però meno nel caso in cui la procedura conciliativa sia stata disciplinata dalla contrattazione collettiva e vi sia quindi anche la necessità della presenza del rappresentante della parte datoriale. Ulteriore aspetto meritevole di menzione, sollevato da X. XXXX (X. Xxxx, op. cit., pp. 636 – 637), risulta essere che la valutazione da parte del giudice sull’effettiva assistenza prescinde, di per sé, dal contenuto dell’accordo, nel senso che non è richiesto rintracciabile un principio che imponga il conciliatore sia riuscito a imporre una soluzione il più possibile vantaggiosa per il lavoratore, come requisito della validità della conciliazione. Tuttavia, possono incidere: l’esiguità dell’importo che può far venire meno l’elemento rispetto all’infinito degli impegni assunti in sede di reciprocità delle concessioni (Trib. Milano 2 marzo 2015, n. 577) e la composizione della lite a condizioni rovinose e gravemente inique a danno del lavoratore. Diversamente, occorre che il lavoratore dimostri la carenza di una effettiva assistenza da parte del rappresentante sindacale presente alla conciliazione (Cass. 18 agosto 2017, n. 20201; Cass. 3 settembre 2003, n. 12858) o la presenza di un motivo comune di invalidità negoziale, fatto ad ogni modo salvo, nel potere dispositivo del lavoratore, di poter aderire ad un accordo nonostante il rifiuto del conciliatore di prestare assenso alla composizione ipotizzata o di non uniformarsi al parere espresso dal conciliatorecontratto collettivo.

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Samples: Recesso Dal Contratto Collettivo

XXXX,. Il lavoro intermittente, in X. Xxxxxxx (a cura di), Diritto del lavoro. Commentario, Torino, Utet, 2007, pp. 1400 ss.; X. Xxxxxx, Il contratto di lavoro intermittente, in X. Xxxxxx (a cura di), Il mercato del lavoro, in X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxx (direno da), Trattato di diritto del lavoro, VI, Padova, Cedam, 2012, pp. 1252 ss. 49 X. Xxxx, Le conciliazioni valideContratti flessibili: lavoro a tempo parziale e lavoro intermittente, citin Lav. dir., 2006, p. 90) rileva inoltre 307, osserva come il lavoro intermittente mette «in predicato aspetti di sistema del nostro diritto del lavoro». chiamata. Alcuni, infatti, lo hanno definito contratto preliminare50, altri, invece, come una specie di contratto normativo51. Altri studiosi hanno evidenziato che se la caratteristica principale di questa figura contrattuale è vero che al centro «il mettersi a disposizione», con una situazione di attesa del sistema conciliativo è posta lavoratore52. Essi hanno negato, quindi, la tutela del lavoratore e la presenza del sindacato è richiesta per integrare la volontà del lavoratore medesimo, è altrettanto vero natura subordinata di questo tipo di rapporto53. E’ evidente che il datore lavoratore a chiamata svolge le proprie attività sotto la direzione e alle dipendenze dell’imprenditore, ai sensi dell’art. 2094 c.c.. La particolarità del rapporto è che il prestatore svolge i propri compiti se e quando viene chiamato dall’utilizzatore, sulla base delle esigenze imprenditoriali di carattere intermittente o discontinuo. Il prestatore di lavoro, soggetto forteinoltre, può obbligarsi a rispondere alla chiamata dell’utilizzatore oppure può decidere di non vincolarsi a essa. Ne deriva che solo nel primo caso matura il diritto all’indennità di disponibilità. Ci si chiede, quindi, se nell’oggetto del contratto di lavoro deve essere ricondotta anche la fase di attesa54 e se «l’esclusione del periodo di non lavoro dall’ambito di applicazione delle norme protettive tipiche del lavoro subordinato non sia in contrasto con la Costituzione»55. La riforma del 2012 non ha bisogno introdotto nessuna modifica dell’art. 33 del D. Lgs. n. 276 del 2003. Quest’ultimo, come si è già ricordato, definisce «il contratto di lavoro intermittente» come il contratto «mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione nei limiti di cui all’art. 34». La Dottrina, cercando di qualificare il contratto, ha effettuato un inquadramento per “somiglianza” ad altri istituti più “collaudati”. Il primo accostamento è avvenuto con il contratto di lavoro a orario ridotto, caratterizzato dalle cosiddette clausole elastiche e flessibili56. L’elemento comune dei due rapporti è quello di essere assistito; tale equazione viene però meno nel caso in cui la procedura conciliativa sia stata disciplinata dalla contrattazione collettiva e vi sia quindi anche la necessità della presenza del rappresentante della parte datoriale. Ulteriore aspetto meritevole espressione di menzione, sollevato da X. XXXX (X. Xxxx, op. cit., pp. 636 – 637), risulta essere che la valutazione da parte del giudice sull’effettiva assistenza prescinde, di per sé, dal contenuto dell’accordo, nel senso che non è richiesto che il conciliatore sia riuscito a imporre una soluzione il più possibile vantaggiosa per il lavoratore, come requisito della validità della conciliazione. Tuttavia, possono incidere: l’esiguità dell’importo che può far venire meno l’elemento di reciprocità delle concessioni (Trib. Milano 2 marzo 2015, n. 577) e la composizione della lite a condizioni rovinose e gravemente inique a danno del lavoratore. Diversamente, occorre che il lavoratore dimostri la carenza di una effettiva assistenza da parte del rappresentante sindacale presente alla conciliazione (Cass. 18 agosto 2017, n. 20201; Cass. 3 settembre 2003, n. 12858) o la presenza di un motivo comune di invalidità negoziale, fatto ad ogni modo salvo, nel potere dispositivo del lavoratore, di poter aderire ad un accordo nonostante il rifiuto del conciliatore di prestare assenso alla composizione ipotizzata o di non uniformarsi al parere espresso dal conciliatore.una

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Samples: Contratto Di Lavoro Subordinato

XXXX,. Il lavoro intermittente, in X. Xxxxxxx (a cura di), Diritto del lavoro. Commentario, Torino, Utet, 2007, pp. 1400 ss.; A. Xxxxxx, Il contratto di lavoro intermittente, in M. Brollo (a cura di), Il mercato del lavoro, in X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxx (direno da), Trattato di diritto del lavoro, VI, Padova, Cedam, 2012, pp. 1252 ss. 49 X. Xxxx, Le conciliazioni valideContratti flessibili: lavoro a tempo parziale e lavoro intermittente, citin Lav. dir., 2006, p. 90) rileva inoltre 307, osserva come il lavoro intermittente mette «in predicato aspetti di sistema del nostro diritto del lavoro». chiamata. Alcuni, infatti, lo hanno definito contratto preliminare50, altri, invece, come una specie di contratto normativo51. Altri studiosi hanno evidenziato che se la caratteristica principale di questa figura contrattuale è vero che al centro «il mettersi a disposizione», con una situazione di attesa del sistema conciliativo è posta lavoratore52. Essi hanno negato, quindi, la tutela del lavoratore e la presenza del sindacato è richiesta per integrare la volontà del lavoratore medesimo, è altrettanto vero natura subordinata di questo tipo di rapporto53. E’ evidente che il datore lavoratore a chiamata svolge le proprie attività sotto la direzione e alle dipendenze dell’imprenditore, ai sensi dell’art. 2094 c.c.. La particolarità del rapporto è che il prestatore svolge i propri compiti se e quando viene chiamato dall’utilizzatore, sulla base delle esigenze imprenditoriali di carattere intermittente o discontinuo. Il prestatore di lavoro, soggetto forteinoltre, può obbligarsi a rispondere alla chiamata dell’utilizzatore oppure può decidere di non vincolarsi a essa. Ne deriva che solo nel primo caso matura il diritto all’indennità di disponibilità. Ci si chiede, quindi, se nell’oggetto del contratto di lavoro deve essere ricondotta anche la fase di attesa54 e se «l’esclusione del periodo di non lavoro dall’ambito di applicazione delle norme protettive tipiche del lavoro subordinato non sia in contrasto con la Costituzione»55. La riforma del 2012 non ha bisogno introdotto nessuna modifica dell’art. 33 del D. Lgs. n. 276 del 2003. Quest’ultimo, come si è già ricordato, definisce «il contratto di lavoro intermittente» come il contratto «mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione nei limiti di cui all’art. 34». La Dottrina, cercando di qualificare il contratto, ha effettuato un inquadramento per “somiglianza” ad altri istituti più “collaudati”. Il primo accostamento è avvenuto con il contratto di lavoro a orario ridotto, caratterizzato dalle cosiddette clausole elastiche e flessibili56. L’elemento comune dei due rapporti è quello di essere assistito; tale equazione viene però meno nel caso in cui la procedura conciliativa sia stata disciplinata dalla contrattazione collettiva e vi sia quindi anche la necessità della presenza del rappresentante della parte datoriale. Ulteriore aspetto meritevole espressione di menzione, sollevato da X. XXXX (X. Xxxx, op. cit., pp. 636 – 637), risulta essere che la valutazione da parte del giudice sull’effettiva assistenza prescinde, di per sé, dal contenuto dell’accordo, nel senso che non è richiesto che il conciliatore sia riuscito a imporre una soluzione il più possibile vantaggiosa per il lavoratore, come requisito della validità della conciliazione. Tuttavia, possono incidere: l’esiguità dell’importo che può far venire meno l’elemento di reciprocità delle concessioni (Trib. Milano 2 marzo 2015, n. 577) e la composizione della lite a condizioni rovinose e gravemente inique a danno del lavoratore. Diversamente, occorre che il lavoratore dimostri la carenza di una effettiva assistenza da parte del rappresentante sindacale presente alla conciliazione (Cass. 18 agosto 2017, n. 20201; Cass. 3 settembre 2003, n. 12858) o la presenza di un motivo comune di invalidità negoziale, fatto ad ogni modo salvo, nel potere dispositivo del lavoratore, di poter aderire ad un accordo nonostante il rifiuto del conciliatore di prestare assenso alla composizione ipotizzata o di non uniformarsi al parere espresso dal conciliatore.una

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Samples: Tesi Di Laurea