Common use of Xxxxxxxxx Clause in Contracts

Xxxxxxxxx. La risoluzione giudiziale, cit., 81. Quando la parte chiede l’adempimento, il suo interesse è quello di ricevere la prestazione, rimanendo, d’altro canto, vincolata alla controprestazione; nel secondo caso, invece, l’interesse primario dell’attore è l’uscita dal contratto, per liberarsi dal proprio obbligo e poter tornare sul mercato. Per queste ragioni può almeno dubitarsi che la modifica della domanda di risoluzione in domanda di adempimento rientri nel perimetro della mutatio ammissibile secondo i criteri enunciati dalle Sezioni Unite e, specularmente, vi sono ragioni per ritenere la disposizione di cui al secondo comma dell’art. 1453 cod. civ. coerente con le regole processuali generali di cui all’art. 183 cod. proc. civ. anche come reinterpretate. Peraltro — già vi si faceva cenno — la specialità della norma di cui all’art. 1453, comma 2, cod. civ. e il suo tenore letterale 65, pur nella loro semplicità, paiono argomenti decisivi per affermare la tendenziale assolutezza del divieto di cambiamento della domanda nel corso del processo. Gli argomenti di carattere sostanziale a sostegno di questa conclusione sono molteplici. In primo luogo, ritorna, ovviamente, la ratio della norma: la tutela dell’affidamento dell’inadempiente 66. Si aggiunge inoltre che, poiché è pacifico che il contraente deluso possa proporre, con l’atto introduttivo, la domanda di adempimento in via subordinata per il caso di rigetto della domanda di risoluzione 67, non merita tutela colui il quale, pur potendo sin da subito proporre entrambe le domande, l’una subordinata all’altra, non l’abbia fatto 68. In sintesi, il mutamento sarebbe vietato in forza, da un lato, nel principio di affidamento, che impone di tutelare la ragionevole aspettativa del debitore, e, dall’altro, del principio di autoresponsabilità processuale, secondo il quale l’omissione colpevole del creditore deluso non deve ricadere sulla controparte.

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Xxxxxxxxx. La risoluzione giudizialeIl rapporto di gestione sottostante alla rappresentanza, citora in Studi sulla rap- presentanza, Milano, 1965, p. 208; sul mandato quale schema generale della gestione, cioè di ogni forma di gestione, v. espressamente X. Xxxxx xx., 81Patrimonio e gestione. Quando Spunti per una rico- struzione sistematica dei fondi comuni d’investimento, in Riv. dir. comm., 1992, I, p. 51, nota 60. importante precisare, al fine di meglio delineare la parte chiede l’adempimento, il suo interesse è quello funzione (e anche l’og- getto) di ricevere la prestazione, rimanendo, d’altro canto, vincolata alla controprestazione; nel secondo caso, invece, l’interesse primario dell’attore è l’uscita dal tale contratto, che quest’ultimo si distingue, quale strumento ne- goziale comportante l’esplicazione di un’attività di cooperazione, per liberarsi dal proprio l’es- sere diretto a fondare (in capo al mandatario) un obbligo di facere generico (sotto il profilo della non necessarietà della specificazione contenutistica, come nel caso del mandato generale) ma al contempo specifico (sotto il profilo della tipologia dell’attività da svolgere), in quanto avente ad oggetto il compimento di « uno o più atti giuridici patrimoniali (di regola, ma non necessariamente, negozi giuridici), che implicano attività dichiarativa per conto di un’altra (mandante) (1703); cioè, si obbliga a prestare al mandante, un servizio, di contenuto giuridico (il cd. negozio gestorio)» (37). Tale ulteriore puntualizzazione consente, per un verso, di ribadire che «l’obbligazione di compiere l’attività gestoria costituisce quindi la nota elementare e poter tornare sul mercato. Per queste ragioni può almeno dubitarsi che costante della figura; ne identifica la modifica della domanda di risoluzione in domanda di adempimento rientri nel perimetro della mutatio ammissibile secondo i criteri enunciati dalle Sezioni Unite efunzione specifica » (38); permette, specularmenteper altro ver- so, vi sono ragioni per ritenere la conformemente alla disposizione di cui al secondo comma dell’art. 1453 cod1703 c.c., di mettere l’accento sul fatto che oggetto del mandato è il compimento di atti giuridici, categoria quest’ultima ricomprendente gli atti giuridici in senso stretto ed i negozi giuridici (39), precisamente un’attività giuridica etero regolata (40). civLa peculiarità rappresentata dalla esclusiva rilevanza dell’area della coo- perazione giuridica, ossia l’imprescindibilità di quest’ultima nel mandato, ne consente la differenziazione rispetto a talune altre figure negoziali gene- ricamente collaborative. coerente Anzitutto rispetto al contratto di agenzia con le regole processuali generali il quale « una parte assume stabilmente l’incarico di cui all’art. 183 cod. proc. civ. anche come reinterpretate. Peraltro — già vi si faceva cenno — la specialità della norma di cui all’art. 1453promuovere, comma 2per conto dell’altra, cod. civ. e il suo tenore letterale 65, pur nella loro semplicità, paiono argomenti decisivi per affermare la tendenziale assolutezza del divieto di cambiamento della domanda nel corso del processo. Gli argomenti di carattere sostanziale a sostegno di questa conclusione sono molteplici. In primo luogo, ritorna, ovviamenteverso retribuzione, la ratio della norma: conclusione di contratti in una zona deter- minata » (art. 1742 c.c.), ove invece appare elemento essenziale e caratteriz- zante la tutela dell’affidamento dell’inadempiente 66. Si aggiunge inoltre checooperazione materiale (41), poiché è pacifico che il contraente deluso possa proporrea cui si aggiungono, con l’atto introduttivo, la domanda di adempimento in via subordinata per il caso di rigetto della domanda di risoluzione 67, non merita tutela colui il quale, pur potendo sin da subito proporre entrambe le domande, l’una subordinata all’altra, non l’abbia fatto 68. In sintesi, il mutamento sarebbe vietato in forza, da un lato, nel principio di affidamento, che impone di tutelare la ragionevole aspettativa del debitore, e, dall’altro, del principio di autoresponsabilità processuale, secondo il quale l’omissione colpevole del creditore deluso non deve ricadere sulla controparte.quali ulteriori tratti

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Xxxxxxxxx. La risoluzione giudiziale(a cura di), cit.L‟affitto d‟azienda tra norme di legge e clausole di autonomia privata, 81in Notariato n. 5/2010, pag. Quando la parte chiede l’adempimento531 e segg. In base alla suddetta disposizione, per effetto della stipulazione del contratto di affitto d’azienda, il suo interesse è quello di ricevere la prestazione, rimanendo, d’altro canto, vincolata alla controprestazione; nel secondo caso, invece, l’interesse primario dell’attore è l’uscita dal contratto, per liberarsi dal proprio obbligo e poter tornare sul mercato. Per queste ragioni può almeno dubitarsi che la modifica della domanda di risoluzione in domanda di adempimento rientri nel perimetro della mutatio ammissibile secondo i criteri enunciati dalle Sezioni Unite e, specularmente, vi sono ragioni per ritenere la disposizione conce- dente - proprietario del bene - attribuisce l'intera gestione dell'azienda di cui al secondo comma dell’art. 1453 cod. civ. coerente con le regole processuali generali di cui all’art. 183 cod. proc. civ. anche come reinterpretate. Peraltro — già vi si faceva cenno — la specialità della norma di cui all’art. 1453, comma 2, cod. civ. e il suo tenore letterale 65, pur nella loro semplicità, paiono argomenti decisivi per affermare la tendenziale assolutezza del divieto di cambiamento della domanda nel corso del processo. Gli argomenti di carattere sostanziale a sostegno di questa conclusione sono molteplici. In primo luogo, ritorna, ovviamente, la ratio della norma: la tutela dell’affidamento dell’inadempiente 66. Si aggiunge inoltre che, poiché è pacifico che il contraente deluso possa proporre, con l’atto introduttivo, la domanda di adempimento in via subordinata per il caso di rigetto della domanda di risoluzione 67, non merita tutela colui proprietario ad un soggetto terzo - affittuario - il quale, pur in conseguenza di ciò, si obbliga a "gestire l'azienda senza modificarne la de- stinazione e in modo da conservare l'efficienza dell'organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte". Ai sensi di tale norma, quindi, l'affittuario - al fine di garantire la conservazione dell'efficienza del 'sistema' aziendale - subentra nella pienezza dei rapporti facenti capo al concedente ed acquisisce prerogative di godimento e di disposizione sostanzialmente equivalenti a quelle del proprietario giacché estese non solo sulle dotazioni di scorte (c.d. capitale circolante) ma anche sugli impianti aziendali (c.d. capitale fisso)4. Oggetto del contratto di affitto è una azienda, considerata come il complesso unitario di tutti i beni mobili e immobili, materiali e immateriali concessi in godimento, in quanto organizzati unitariamente per la pro- duzione di beni e servizi5. Tra l’altro, perché si abbia affitto d’azienda non necessariamente occorrono tut- ti gli elementi che normalmente la costituiscono, ben potendo sin da subito proporre entrambe le domandealcuni di essi – specie quelli immateriali, l’una subordinata all’altra, quale l’avviamento – mancare oppure non l’abbia fatto 68. In sintesi, essere funzionanti al momento del sorgere del contratto6 pur- chè il mutamento sarebbe vietato in forza, da un lato, nel principio di affidamento, che impone di tutelare loro difetto non comprometta l’unità economica del complesso affittato e la ragionevole aspettativa del debitore, e, dall’altro, del principio di autoresponsabilità processuale, secondo il quale l’omissione colpevole del creditore deluso non deve ricadere sulla contropartesua potenzialità produt- tiva7.

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Xxxxxxxxx. Il credito al consumo, in Trattato di diritto privato diretto da X. Xxx- L’art. 125-quinquies, poi, al comma 3, dispone che «in caso di locazione finanziaria (leasing) il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la co- stituzione in mora del fornitore di beni o dei servizi, può chiedere al finan- ziatore di agire per la risoluzione del contratto. La richiesta al fornitore de- termina la sospensione del pagamento dei canoni. La risoluzione giudizialedel contrat- to di fornitura, determina la risoluzione di diritto, senza penalità e oneri, del contratto di locazione finanziaria», risoluzione che comporta l’obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate. La normativa in materia di credito al consumo non incide tuttavia sulla causa del leasing – e pertanto non può condividersi quell’orientamento che ravvisa tra locazione finanziaria e leasing al consumo una notevole differen- za 55, dal momento che il secondo non assolverebbe alla medesima funzione del primo, avendo invece entrambi causa di finanziamento –, limitandosi piuttosto a imporre un certo contenuto negoziale e, soprattutto, a regolamen- tare alcuni aspetti della fase prenegoziale e a dettare una disciplina indero- gabile in tema di collegamento tra leasing e fornitura 56. sone, XXX, La tutela del consumatore, a cura di X. Xxxxxxxxx e X. Xxxxx, Torino, 2009, p. 226, secondo la quale, al di là della “formulazione stravagante” della norma – l’espressione, precisa l’A., è di G. DE NOVA, Il credito al consumo, in La nuova legge bancaria, cit., 81. Quando la parte chiede l’adempimentop. 1862 – che potrebbe sottrarre il leasing finanziario dall’ambito applicativo della disciplina sul credito al consumo, il suo interesse dal momento che l’acquisto della proprietà non è quello di ricevere la prestazione, rimanendo, d’altro canto, vincolata alla controprestazione; nel secondo caso, invece, l’interesse primario dell’attore è l’uscita dal contratto, per liberarsi dal proprio obbligo automatico e poter tornare sul mercato. Per queste ragioni può almeno dubitarsi che la modifica della domanda di risoluzione in domanda di adempimento rientri nel perimetro della mutatio ammissibile secondo i criteri enunciati dalle Sezioni Unite e, specularmente, vi sono ragioni per ritenere la disposizione di cui al secondo comma dell’art. 1453 cod. civ. coerente con le regole processuali generali di cui all’art. 183 cod. proc. civ. anche come reinterpretate. Peraltro — già vi si faceva cenno — la specialità della norma di cui all’art. 1453, comma 2, cod. civ. e il suo tenore letterale 65, pur nella loro semplicità, paiono argomenti decisivi per affermare la tendenziale assolutezza del divieto di cambiamento della domanda nel corso del processo. Gli argomenti di carattere sostanziale a sostegno di questa conclusione sono molteplici. In primo luogo, ritorna, ovviamenteogni caso puramente eventuale –, la ratio della norma: la tutela dell’affidamento dell’inadempiente 66. Si aggiunge inoltre chelocazione finanziaria rappresenta una delle tipiche ipote- si di credito al consumo, poiché è pacifico che il contraente deluso possa proporre, con l’atto introduttivo, la domanda i cui limiti di adempimento in via subordinata per il caso applicazione derivano soltanto dall’accezione restrit- tiva di rigetto della domanda di risoluzione 67, non merita tutela colui il quale, pur potendo sin da subito proporre entrambe le domande, l’una subordinata all’altra, non l’abbia fatto 68. In sintesi, il mutamento sarebbe vietato in forza, da un lato, nel principio di affidamento, che impone di tutelare la ragionevole aspettativa del debitore, e, dall’altro, del principio di autoresponsabilità processuale, secondo il quale l’omissione colpevole del creditore deluso non deve ricadere sulla controparteconsumatore accolta (p. 230).

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