Commento. La sentenza si inserisce all’interno del dibattito concernente la natura giuridica e, più precisamente, l’essenza della funzione economico-sociale che l’operazione di factoring persegue. Come noto, il contratto di factoring presenta, accanto a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione da parte di un imprenditore della titolarità dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa (con la possibilità di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamento), la compresenza di plurime operazioni aventi a oggetto la gestione dei crediti ceduti1. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx è stato un acceso dibattito circa la sussistenza o meno di effetti traslativi derivanti dal perfezionamento di un contratto di factoring. Secondo parte della dottrina2, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico del contratto di mandato di gestione dei crediti (causa mandati), eventualmente collegato ad un contratto di finanziamento o di garanzia. Si tratterebbe, più precisamente, di un contratto mediante il quale il cedente conferisce al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzione, i crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti in cui tale cessione sia necessaria per consentire al factor di svolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, gestione, recupero crediti, ecc.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. Conseguentemente, la cessione dei crediti sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di quanto disposto dall’art. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr., x. Xxxx. civ., sez. III, 24 giugno 2003, n. 10004, in Nuova giur. comm. 2004, 158; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2001, n. 684, in Contratti 2001, 564 (con nota di XXXXXX); Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2000, n. 4654, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI).
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Samples: Factoring Agreement
Commento. La pronuncia in esame, confermando la più recente giurisprudenza di merito1, confuta la tesi della cumulatività tra interessi moratori e corrispettivi ai fini della verifica del rispetto del tasso soglia oltre il quale gli interessi sono da considerarsi usurari ai sensi della L. 108/1996. A fare da sfondo al dibattito dottrinale e giurisprudenziale sotteso alla sentenza si inserisce all’interno del dibattito de qua è la più ampia e controversa quaestio concernente la natura giuridica l’assoggettabilità degli interessi moratori alla disciplina antiusura e, più precisamenteconseguentemente, l’essenza della funzione economico-sociale l’individuazione dei meccanismi di calcolo degli stessi. Le incertezze in materia discendono direttamente dall’intervento operato dal Legislatore del 1996 all’art. 644 c.p. che, nella sua attuale formulazione, al primo comma sembra riferirsi ai soli interessi corrispettivi, laddove invece al quarto comma, attraverso l’inclusione delle “spese” nel computo degli interessi dovuti, pare prescrivere una valutazione omnicomprensiva che l’operazione tenga conto anche degli interessi moratori2. Neppure il successivo intervento chiarificatore operato con la Legge di factoring persegueinterpretazione autentica n. 24 del 28 febbraio 2001, che ha definito usurari gli interessi richiesti in misura superiore al limite di legge “a qualunque titolo” (art. Come noto1, comma 3, L. 108/1996), ha permesso di superare i dubbi interpretativi. Da tali interventi normativi è disceso il contratto di factoring presenta, accanto a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione da parte consolidarsi di un imprenditore orientamento giurisprudenziale che, sebbene dimostrando incertezze con riferimento all’applicabilità agli interessi moratori del medesimo indice di usurarietà previsto per gli interessi corrispettivi, afferma la sostanziale equiparazione delle due categorie ai fini della titolarità dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa (L. 108/19963. Questo indirizzo si è consolidato con la possibilità sentenza della Corte di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamento)Cassazione del 9 gennaio 2013, la compresenza di plurime operazioni aventi a oggetto la gestione dei crediti ceduti1. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx è stato un acceso dibattito circa la sussistenza o meno di effetti traslativi derivanti dal perfezionamento di un contratto di factoring. Secondo parte n. 3504, che ha sancito che anche gli interessi moratori rilevano ai fini della dottrina2, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico del contratto di mandato di gestione dei crediti (causa mandati), eventualmente collegato valutazione dell’usurarietà degli interessi applicati ad un contratto di finanziamento o mutuo, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1815 c.c. e dell’art. 644 c.p.5 Dall’applicabilità della L. 108/1996 agli interessi di garanziamora deriverebbe altresì il dovere di valutare il loro eventuale carattere usurario alla luce del tasso soglia6, anche attraverso il ricorso alla sommatoria con gli interessi corrispettivi7. Si tratterebbe, più precisamente, Il fondamento giuridico di un contratto mediante il quale il cedente conferisce al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzione, i crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti in cui tale cessione sia necessaria per consentire al factor di svolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, gestione, recupero crediti, ecc.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. Conseguentemente, la cessione dei crediti ricostruzione sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di quanto disposto dall’artricercarsi nella sostanziale e funzionale 1 Trib. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr., x. Xxxx. civ.Bari, sez. IIIIV, 24 giugno 20031 luglio 2016, n. 100043674; Trib. Napoli Nord, in Nuova giur20 giugno 2016, n. 939; Trib. comm. 2004, 158; Cass. civ.Milano, sez. IVI, 8 marzo 2016, n. 3021; Trib. Trento, 18 gennaio 2001febbraio 2016, n. 684, in Contratti 2001, 564 (con nota di XXXXXX)161; CassTrib. civ.Milano, sez. IVI, 12 aprile 200027 ottobre 2015, n. 465411997; Trib. Reggio Xxxxxx, sez. II, 6 ottobre 2015, n. 1297; Trib. Roma, sez. IX, 7 maggio 2015, tutte in xxxxxxxxxxx.xx; Trib. Roma, sez. IV, 16 settembre 2014, n. 41860, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI)xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
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Samples: Factoring Agreement
Commento. La sentenza si inserisce all’interno Con l’ordinanza qui in commento, la Suprema Corte torna ad affrontare una tematica sia di indubbio interesse teorico sia di notevole rilevo empirico, ossia la soggezione degli interessi moratori, previsti dai contratti bancari, alla normativa anti- usura (e dunque le conseguenze civilistiche ove un contratto bancario preveda ab origine interessi moratori eccedenti rispetto al c.d. tasso-soglia). Con encomiabile completezza argomentativa e con accurata ricostruzione esegetica, la Corte di Cassazione – sul solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato1(sia pur non pacifico, non mancando orientamenti contrari)2 – ribadisce che, nella prospettiva della normativa anti-usura, non vi è differenza tra interessi corrispettivi ed interessi moratori: il divieto di pattuire interessi superiori al saggio massimo legale (il c.d. tasso-soglia) vale infatti per entrambi. In via del dibattito concernente la natura giuridica tutto incidentale (e, più precisamenteinvero, l’essenza con minore sforzo argomentativo), la Corte di Cassazione ha altresì modo di specificare che: (a) in caso di interessi corrispettivi ab origine superiori al tasso-soglia, sarà applicabile l’art. 1815, secondo comma, cod. civ., con la conseguenza che non saranno dovuti interessi; mentre (b) in caso di interessi moratori convenuti in misura superiore al tasso-soglia, non troverà applicazione il citato art. 1815, secondo comma, cod. civ. e, di fronte alla nullità della funzione economico-sociale che l’operazione di factoring persegueclausola, bisognerà attribuire al danneggiato gli interessi al tasso legale. Come noto, il contratto l’art. 2 della Legge n. 108 del 7 marzo 1996 (di factoring presenta, accanto a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione da parte seguito anche “Legge Anti Usura”)3 vieta di un imprenditore della titolarità dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa (con la possibilità di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamento), la compresenza di plurime operazioni aventi a oggetto la gestione dei crediti ceduti1. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx è stato un acceso dibattito circa la sussistenza o meno di effetti traslativi derivanti dal perfezionamento di un contratto di factoring. Secondo parte della dottrina2, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico del contratto di mandato di gestione dei crediti (causa mandati), eventualmente collegato ad un contratto di finanziamento o di garanzia. Si tratterebbe, più precisamente, di un contratto mediante il quale il cedente conferisce al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzione, i crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti in cui tale cessione sia necessaria per consentire al factor di svolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, gestione, recupero crediti, ecc.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. Conseguentemente, la cessione dei crediti sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di quanto disposto dall’art. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr., x. Xxxx. civ., sez. III, 24 giugno 2003, n. 10004, in Nuova giur. comm. 2004, 158; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2001, n. 684, in Contratti 2001, 564 (con nota di XXXXXX); Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2000, n. 4654, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI).pattuire
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Samples: Contratto Di Factoring
Commento. La sentenza questione attiene alla problematica che discende dalla vendita di un immobile privo della licenza di abitabilità, con particolare riferimento alla possibilità di azione che compete al compratore in conseguenza del non corretto adempimento degli obblighi facenti capo al venditore. Dal tenore della traccia si inserisce all’interno evince chiaramente, infatti, che il venditore Xxxxx non ha ottemperato, nemmeno a seguito di messa in mora da parte dei compratori Xxxxx Xxxx e Xxxxxxxxx, all’obbligo di ottenere e consegnare le licenze di abitabilità degli appartamenti venduti. La traccia, inoltre, chiede espressamente al candidato di chiarire se i compratori possano svolgere nei confronti del dibattito concernente venditore una domanda giudiziale che abbia ad oggetto “sia il risarcimento in forma specifica dell’adempimento delle prestazioni contrattuali, sia il riconoscimento di una somma di denaro corrispondente alle spese necessarie per perfezionare le pratiche amministrative per ottenere le relative licenze di abitabilità”. In proposito, va innanzitutto rilevato che l’ottenimento e la natura giuridica econsegna della licenza di abitabilità da parte del venditore costituisce un obbligo per quest’ultimo, il cui mancato rispetto comporta inadempimento contrattuale. La giurisprudenza ha infatti più precisamente, l’essenza della volte affermato che la licenza di abitabilità costituisce un requisito giuridico necessario affinchè il bene immobile svolga la sua funzione economico-sociale identificabile con il legittimo godimento e la commerciabilità del bene (tra le altre, x. Xxxx 5/2/01 n. 1602). Conseguentemente, è stato ritenuto che l’operazione la mancanza di factoring perseguedetto requisito integri addirittura la prestazione di aliud pro alio che abilita l’acquirente ai rimedi di cui agli articoli 1453, 1476 e 1477 del codice civile (tra le altre x. Xxxx. Come noto11 /2/98 n. 1391 e Cass. 5/11/90 n. 10616). La stessa traccia, tuttavia, dà conto dell’inadempimento di Xxxxx e si preoccupa maggiormente di indagare quali siano i rimedi spettanti ai compratori. In particolare, il contratto problema attiene alla cumulabilità della domanda di factoring presentarisarcimento in forma specifica con quella volta ad ottenere il risarcimento per equivalente pecuniario. Al riguardo, accanto va segnalato innanzitutto come il rimedio di cui all’articolo 2058 del codice civile venga ritenuto applicabile anche alle obbligazioni contrattuali, ma costituisca una forma di risarcimento alternativo a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione quello per equivalente pecuniario. Se il risarcimento del danno pecuniario mira, infatti, a reintegrare il patrimonio del danneggiato della diminuzione economica derivatagli dall’inadempimento della prestazione dovuta (che costituisce il danno), va considerato però che l’ottenimento dell’adempimento diretto della prestazione da parte di un imprenditore dell’obbligato comporterebbe il venir meno dell’inadempimento e quindi la rimozione della titolarità dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa lesione del patrimonio del danneggiato (con e quindi dello stesso danno). In questa prospettiva, quindi, è stata negata dalla recente giurisprudenza la possibilità di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamentocumulare le due domande che, viceversa, potrebbero esser formulate in via alternativa (Cass. 15/5/03 n. 7529), la compresenza di plurime operazioni aventi a oggetto la gestione dei crediti ceduti1. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx è stato un acceso dibattito circa la sussistenza o meno di effetti traslativi derivanti dal perfezionamento di un contratto di factoring. Secondo parte della dottrina2, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico del contratto di mandato di gestione dei crediti (causa mandati), eventualmente collegato ad un contratto di finanziamento o di garanzia. Si tratterebbe, più precisamente, di un contratto mediante segnala tuttavia altro precedente orientamento (Cass. 20/8/81 n. 4958) secondo il quale la condanna al risarcimento dei danni in forma specifica non esclude il cedente conferisce diritto al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzionerisarcimento del danno per equivalente pecuniario, i crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti seppur limitatamente al periodo in cui tale cessione il bene danneggiato sia necessaria per consentire al factor di svolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, gestione, recupero crediti, eccrimasto pregiudicato nella sua efficienza e godimento.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. Conseguentemente, la cessione dei crediti sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di quanto disposto dall’art. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr., x. Xxxx. civ., sez. III, 24 giugno 2003, n. 10004, in Nuova giur. comm. 2004, 158; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2001, n. 684, in Contratti 2001, 564 (con nota di XXXXXX); Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2000, n. 4654, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI).
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Samples: Contratti Di Compravendita
Commento. La Nella sentenza in commento il Tribunale di Milano si inserisce all’interno interroga su uno degli aspetti fondamentali – nonché una delle obbligazioni principali – del dibattito concernente contratto di factoring, vale a dire la natura giuridica egaranzia della solvenza del debitore o dei debitori ceduti. Più specificamente, più precisamente, l’essenza la pronuncia in oggetto analizza la questione della funzione economico-sociale che l’operazione di factoring persegue. Come noto, il sua operabilità nei confronti del factor successivamente allo scioglimento del contratto di factoring presentae alla retrocessione dei crediti al creditore cedente nonché della natura giuridica della stessa garanzia. La garanzia pro soluto oggetto della controversia era disciplinata da clausola contrattuale pattuita tra le parti, accanto a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione la quale prevedeva l’assunzione da parte del factor del rischio di insolvenza dei debitori ceduti in relazione ad alcuni crediti concordati tra le parti. Orbene, quanto alla fonte normativa regolante tale garanzia, in un imprenditore primo momento – data l’atipicità del contratto di factoring22 – si era fatto ricorso per analogia all’istituto della titolarità cessione dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa (disciplinato dagli artt. 1260 – 1267 c.c., e in particolare all’art. 1267 c.c., norma che regola la garanzia della solvenza del debitore. Tuttavia, l’applicazione di tali articoli alla fattispecie contrattuale del factoring si è rivelata fin da subito del tutto inidonea alle esigenze degli operatori economici e alle prassi contrattuali23. A fronte della tanto auspicata regolamentazione della materia, il legislatore è infine intervenuto – come noto – con la possibilità legge 21 febbario 1991, n. 52 (Disciplina della cessione dei crediti di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamentoimpresa), la compresenza quale, all’art. 4 stabilisce che: “Il cedente garantisce, nei limiti del corrispettivo pattuito, la solvenza del debitore, salvo che il cessionario rinunci, in tutto o in parte, alla garanzia”. Si capovolge radicalmente il principio di plurime operazioni aventi a oggetto cui all’art. 1267 c.c.: la gestione garanzia della solvenza del debitore grava ex lege sul cedente dei crediti ceduti1. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx è stato un acceso dibattito circa la sussistenza o meno di effetti traslativi derivanti dal perfezionamento di un contratto di factoring. Secondo parte della dottrina2, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico d’impresa costituendo naturale negotii del contratto di mandato cessione, prevedendo al contempo la possibilità per il cessionario di gestione dei crediti (causa mandati)rinunziarvi - in tutto o in parte - per iscritto24. Al contrario, eventualmente collegato ad un contratto di finanziamento o di garanzia. Si tratterebbe, più precisamente, di un contratto mediante il quale il cedente conferisce al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzione, i crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti in cui tale cessione sia necessaria per consentire al factor di svolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, gestione, recupero crediti, ecc.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. Conseguentemente, la cessione dei crediti sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di quanto disposto dall’art. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr., x. Xxxx. civ., sez. III, 24 giugno 2003, n. 10004, in Nuova giur. comm. 2004, 158; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2001, n. 684, in Contratti 2001, 564 (con nota di XXXXXX); Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2000, n. 4654, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI).principio espresso
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Samples: Contratto Di Factoring
Commento. La sentenza 1. Sullo squilibrio tra i valori delle prestazioni.
(4) A detta della Suprema Corte, infatti, ciò che rileva ai fini della individuazione del giudice munito di giurisdizione è il c.d. petitum sostanziale, ossia, nel nostro caso, il diritto al pagamento di som- me quale compenso per l’attività svolta dal concessionario, non es- sendo invece contestato l’esercizio o il mancato esercizio di poteri amministrativi.
(5) Pare inoltre opportuno chiarire che la impugnazione ogget- to del presente giudizio si inserisce all’interno basa su di una convenzione di arbitrato stipulata anteriormente alla data di entrata in vigore della novella dell’art. 829 c.p.c., avvenuta il 2 marzo 2006 per effetto dell’art. 24 d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. Da ciò consegue la possibilità per le parti di impugnare il lodo per violazione delle regole di diritto atti- nenti al merito della controversia anche a prescindere da una pre- visione legislativa o da una loro espressa volontà in tal senso. L’art. 829, comma 3, c.p.c. attualmente in vigore prevede infatti testual- mente che «[l]’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. È ammessa in ogni caso l’impu- gnazione delle decisioni per contrarietà all’ordine pubblico».
(6) Com’è noto, con l’introduzione della disciplina della risolu- zione del dibattito concernente contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta il legisla- tore ha attribuito rilevanza, nel nostro ordinamento giuridico, alla x.x. xxxxxxxx rebus sic stantibus, secondo la natura giuridica quale il regolamento contrattuale in tanto rimarrebbe vincolante, in quanto il contesto lamento contrattuale di cui all’art. 1372 c.c. Si esprime in questi termini BARCELLONA, Appunti a proposito dell’obbligo di rinego- ziazione e gestione delle sopravvenienze, in Eur. dir. priv., 2003, 467, secondo cui uno dei «principi xxxxxxxx, che definiscono il sen- so stesso dell’autonomia privata […], è quello che il contratto, e dunque l’accordo raggiunto dalle parti, costituisce per esse la “leg- ge dei loro rapporti”». Per il vero, non è mancato in dottrina chi, già prima dell’introduzione ad opera del legislatore dell’art. 1467 c.c. e, più precisamentedunque, l’essenza nonostante la mancanza di una espressa previsio- ne normativa in tal senso, aveva proposto di attribuire rilevanza giuridica all’incremento dei costi nell’esecuzione della funzione prestazione che si fosse verificato tra il momento della conclusione del contrat- to e quello della sua esecuzione. A sostegno di tale tesi si affermava che nei contratti a lungo termine si sarebbe dovuta ritenere impli- citamente contenuta una clausola rebus sic stantibus, in base alla quale il contratto avrebbe continuato ad avere efficacia vincolante per le parti soltanto a condizione che, durante la sua esecuzione, si fosse preservato l’originario equilibrio economico-sociale . In tal senso XXXXXXXX, La clausola risolutiva rebus sic stantibus, Firenze, 1898, 26.
(7) Per la prima tesi, cfr. XXXXX e DE NOVA, op. cit., 697; per la seconda si v., invece, XXXXXXXXX, op. cit., 652.
(8) In ogni caso l’eccessiva onerosità sopravvenuta va riferita alla prestazione oggettivamente considerata e non alla situazione sog- gettiva in cui si viene a trovare il debitore. Così, tra gli altri, SACCO e DE NOVA, op. cit., 707. Sul punto, cfr. anche la Relazione del Mi- nistro Guardasigilli al Codice Civile del 1942, n. 665. In effetti, sostenere che l’operazione per il puro e semplice fatto, di factoring persegueper sé considerato, dell’esaurimento dei fondi ac- cantonati dal Comune – che, secondo la logica che pare essere stata seguita dagli arbitri, avrebbero in qualche misura funto da corrispettivo per l’attività di gestione post mortem dei rifiuti – la prestazione della società Beton sarebbe divenuta eccessivamente one- rosa, equivale ad accedere ad una visione del rapporto contrattuale che potremmo qui definire come “atomi- stica” o “partita”. In altri termini, sia il collegio arbitrale che la Corte di Appello, invece di accedere ad una visione che tenga conto del complessivo assetto di interessi scaturen- te dalla convenzione stipulata tra le parti, sembrano piuttosto aderire ad una analisi solo partita delle varie fasi del rapporto contrattuale, finendo così, per l’ap- punto, per concludere che, esauriti i fondi accanto- nati, l’equilibrio fino ad allora realizzato «era venuto radicalmente a mutare, non solo riducendo il valore della prestazione percepita dalla Concessionaria, ma anzi azzerandolo» (così si legge nel lodo, a p. 25). La valutazione in ordine ad una eventuale sopravve- nuta alterazione del sinallagma tra le prestazioni delle parti – che, se eccessiva, legittima il contraente one- rato a chiedere lo scioglimento del vincolo ex art. 1467 c.c. – non può invece che conseguire ad una analisi dell’economia complessiva scaturente dal rapporto contrattuale (9). Come notoriconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità – peraltro richiamata sia dagli arbitri che dalla Corte di Appello –, infatti, l’eccessiva onerosità sopravve- nuta, ai sensi dell’art. 1467 c.c., «va valutata compa- rando il valore di entrambe le prestazioni al momen- to in cui sono sorte e a quello in cui devono eseguirsi» (10), traducendosi in un aggravio patrimoniale che alteri l’originario rapporto di equivalenza, incidendo sul valore di una prestazione rispetto all’altra. Limitando il proprio scrutinio alla sola fase succes- siva alla chiusura della discarica ai conferimenti di rifiuti, il contratto Collegio sembra invece aver finito per pren- dere in considerazione la prestazione dovuta dalla so- cietà in sé e per sé, tanto ciò vero che espressamente si riconosce che a fronte della attività di factoring presenta, accanto a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione smaltimento dei sottoprodotti nessun corrispettivo era dovuto alla società stessa da parte del Comune.
(9) Si v., in dottrina, C. M. BIANCA, Diritto Civile. 5. La respon- sabilità, cit., 385, secondo cui l’aggravio, nei contratti a titolo one- roso, «consiste nella sopravvenuta sproporzione tra i valori delle prestazioni, per cui una prestazione non è più sufficientemente remunerata dall’altra».
(10) Cass., 29 maggio 1998, n. 5302, in Giur. it., 1999, 709. Si corre così però il rischio di un imprenditore snaturare il rimedio della titolarità dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa risoluzione del contratto per eccessiva onero- sità sopravvenuta, che, da strumento accordato dal legislatore a tutela dell’equilibrio contrattuale origi- nariamente convenuto (con la possibilità di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamento11), diverrebbe istituto volto a tutelare la compresenza posizione debitoria in sé e per sé consi- derata, ogni qualvolta la prestazione dovesse divenire maggiormente onerosa rispetto a quanto inizialmente previsto (12). In definitiva, per stabilire se il fatto nuovo sopravve- nuto alteri a tal punto l’equilibrio economico origina- riamente convenuto da legittimare la parte onerata a chiedere lo scioglimento del vincolo, le prestazioni dedotte in contratto non possono essere prese in con- siderazione in maniera atomistica. Occorre, al con- trario, avere riguardo all’intera economia scaturente dall’accordo delle parti. Più corretto sarebbe dunque stato – almeno secondo l’impostazione che qui si intende suggerire – ricostru- ire il complessivo assetto di plurime operazioni aventi interessi divisato dalle parti con il contratto, e, successivamente, valutare se il protrarsi dell’attività di smaltimento dei sottopro- dotti oltre i quindici anni inizialmente previsti fosse in grado di incidere sui costi che la società avrebbe dovuto sostenere a oggetto la gestione dei crediti ceduti1tal punto da alterare radicalmente l’originario equilibrio tra le prestazioni dovute dalle parti (13).
(11) XXXXXXX, op. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx cit., 334; XXXXXXXXX, op. cit., 652.
(12) Si può qui aggiungere che non a caso l’istituto in esame è stato un acceso dibattito circa collocato nell’ambito del Titolo II del Libro IV del c.c., recan- te la sussistenza o meno disciplina sul contratto in generale, e non, invece, nel Capo IV, Titolo I, Libro IV, relativo ai modi di effetti traslativi derivanti estinzione dell’obbliga- zione diversi dall’adempimento, tra cui figura solo l’impossibili- tà sopravvenuta della prestazione. Si noti inoltre che una simile impostazione precluderebbe di richiedere la risoluzione ex art. 1467 c.c. a fronte dello svilimento della prestazione dovuta dalla controparte. Sul punto vale la pena richiamare le parole di MA- CARIO, Le sopravvenienze, in Tratt. Contr. Roppo, V, Rimedi – 2, Xxxxxxx, 2006, 631: «“in maniera decisamente pragmatica, ma senza violare alcun canone ermeneutico” dottrina e giurispru- denza ritengono, ormai da tempo, di dover accedere ad una diversa interpretazione della formula, più corretta dal perfezionamento punto di vista teleologico e sistematico dell’art. 1467, nel senso che, perché si abbia eccessiva onerosità è necessario (e sufficiente) che si de- termini una notevole alterazione nel rapporto tra le prestazioni – […] indipendentemente dalla circostanza che l’incidenza della sopravvenienza sia «diretta» […] ovvero «indiretta» […], produ- cendosi in entrambi i casi la suddetta alterazione del rapporto di equivalenza o, più correttamente, di corrispettività fissato in origine dai contraenti» dovendosi procedere ad una «valutazione comparativa (prima e dopo la sopravvenienza) del rapporto di valore tra le prestazioni».
(13) Così anche Trib. Milano, Sez. spec. Impresa, 3 luglio 2014, n. 8878, in Contratti: «La domanda di risoluzione di un contratto con prestazioni corrispettive per eccessiva onerosità sopravve- Di talché, l’incidenza di factoring. Secondo parte tali ulteriori costi a carico del- la Società Beton non si sarebbe dovuta valutare con esclusivo riferimento alla fase post mortem, bensì avuto riguardo all’equilibrio economico globalmente fissato nell’assetto concessorio, da determinarsi met- tendo a confronto da un lato il valore complessivo delle utilità ricavate e/o ricavabili dalla società dalla gestione della dottrina2discarica – utilità di cui la società, con la concessione, aveva ottenuto il diritto allo sfrutta- mento –, e, dall’altro, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico del contratto peso economico delle obbli- gazioni complessivamente a carico di mandato essa. Con la conseguenza che l’esaurimento dei fondi accan- tonati dal Comune cui la società aveva sino ad allora potuto attingere per far fronte ai costi di gestione smaltimento dei crediti (causa mandati)sottoprodotti non avrebbe ipso facto comportato, eventualmente collegato ad un contratto di finanziamento o di garanziacome invece ritenuto dagli arbitri, l’eccessiva onero- sità sopravvenuta della prestazione gravante sulla so- cietà concessionaria. Si tratterebbeAl contrario, più precisamente, di un contratto mediante il quale il cedente conferisce al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzione, i crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti soltanto nella misura in cui il protrar- si dell’attività di trattamento post mortem dei rifiuti oltre le iniziali previsioni fosse stato tale cessione sia necessaria da alterare radicalmente l’equilibrio contrattuale originariamen- te convenuto – avuto riguardo, per consentire l’appunto, al factor di svolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, gestione, recupero crediti, ecc.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. Conseguentementecom- plesso delle utilità ricavate e/o ricavabili dalla Società dalla sfruttamento della discarica –, la cessione dei crediti sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di quanto disposto dall’artstessa avrebbe potuto richiedere, ai sensi dell’art. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr1467 c.c., x. Xxxx. civlo scio- glimento del vincolo contrattuale per l’eccessiva one- xxxxxx sopravvenuta della prestazione da lei dovuta., sez. III, 24 giugno 2003, n. 10004, in Nuova giur. comm. 2004, 158; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2001, n. 684, in Contratti 2001, 564 (con nota di XXXXXX); Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2000, n. 4654, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI).
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Commento. La sentenza Con la pronuncia in esame la giurisprudenza tributaria ha nuovamente l’occasione di pronunciarsi su un tema di notevole rilievo pratico, ribadendo gli approdi esegetici cui è giunta la giurisprudenza della Corte di Cassazione. Il tema si inserisce all’interno innesta nello iato tra realtà giuridica e realtà economica riscontrabile nella operazione di cessione pro solvendo del dibattito concernente la natura giuridica ecredito, più precisamenteche comporta l’insorgenza di specifiche problematiche sotto il profilo bilancistico e tributario. Sotto il profilo giuridico, l’essenza della funzione economico-sociale che infatti, l’operazione di factoring persegue. Come noto, il contratto di factoring presenta, accanto a un nucleo essenziale rappresentato dalla cessione da parte di un imprenditore della titolarità dei crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa (con la possibilità di prevedere anticipazioni o smobilizzi per finalità di finanziamento), la compresenza di plurime operazioni aventi a oggetto la gestione dei crediti ceduti1. Nel xxxxx xxxxx xxxx xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx è stato un acceso dibattito circa la sussistenza o meno di effetti traslativi derivanti dal perfezionamento di un contratto di factoring. Secondo parte della dottrina2, il factoring sarebbe essenzialmente riconducibile allo schema tipico del contratto di mandato di gestione dei crediti (causa mandati), eventualmente collegato ad un contratto di finanziamento o di garanzia. Si tratterebbe, più precisamente, di un contratto mediante il quale il cedente conferisce al factor il mandato a compiere in nome proprio e nel proprio interesse atti giuridici di gestione dei crediti. Secondo tale ricostruzione, i crediti verrebbero ceduti solo formalmente, e solo nei limiti in cui tale cessione sia necessaria per consentire al factor di svolgere l’attività gestoria (contabilizzazione, gestione, recupero crediti, ecc.), a sua volta finalizzata al realizzo dei crediti stessi. Conseguentemente, la cessione dei crediti sarebbe da inquadrarsi nell’ambito di quanto disposto dall’art. 1 BAUSILIO, Contratti atipici, Padova, 2002. In giurispr., x. Xxxx. civ., sez. III, 24 giugno 2003impresa regolata dalla Legge 21 febbraio 1991, n. 1000452 comporta certamente – fatta salva la cessione con effetti obbligatori di crediti futuri determinati – l’effetto reale del trasferimento del credito in capo al cessionario3, e ciò anche a voler riconoscere una funzione di garanzia alla xxxxxxxx0. Il credito ceduto, pertanto, ha un unico titolare, che è il Factor, legittimato all’esercizio di tutte le facoltà nei confronti del debitore ceduto ricomprese nel diritto di credito. Sotto il profilo economico, tuttavia, la garanzia pro solvendo concessa dal cedente – garanzia che costituisce la regola dispositiva contenuta all’art. 4, L. n. 52/1992 per le cessioni di crediti d’impresa e l’eccezione alla regola dispositiva di cui all’art. 1267 c.c. per la cessione ordinaria – comporta la circostanza per cui il cedente si trova esposto all’inadempimento e all’insolvenza del debitore ceduto, in Nuova giurmodo e misura del tutto analoghe a quanto accadeva prima della cessione5. commIl credito viene quindi rappresentato in bilancio come se fosse stato trasferito in garanzia a fronte di un prestito ricevuto, con sostanziale mantenimento del rischio di inadempimento in capo al cedente6. 2004Si tratta in sostanza di parte della Commissione Europea), 158; e la stessa era dunque legittimata a dedurre per cassa la maggiore imposta versata a seguito dell’accertamento fiscale. 3 Cfr. Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 200127 giugno 2017, n. 68415943, in Contratti 2001questo Osservatorio, 564 (con nota di XXXXXX); 2017, 3, 2 e Cass. civ. 8 luglio 2015, n. 1420, in Fall., sez. I2016, 12 aprile 2000, n. 4654, in Fallimento 2001, 515 (con nota di INZITARI)164.
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