Common use of DIRITTO Clause in Contracts

DIRITTO. Viene in rilievo a fondamento della pretesa dell’odierno ricorrente la necessità di avere accesso ai documenti richiesti per poter procedere alla tutela dei propri diritti. Si consideri infatti che oltre questa Commissione, il Consiglio di Stato e il giudice amministrativo di prime cure (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 152/2007) hanno affermato il principio di diritto secondo cui: “allorquando venga presentata una richiesta di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri interessi nelle competenti sedi giudiziarie, anche nel caso in cui non sia certo che, successivamente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini della proposizione di eventuali domande giudiziali, l’accesso non può essere denegato. Infatti, l’apprezzamento sull’utilità o meno della documentazione richiesta in ostensione non spetta né all’Amministrazione destinataria dell’istanza ostensiva né, addirittura, allo stesso giudice amministrativo adìto con l’actio ad exibendum, bensì al giudice (sia esso amministrativo che ordinario) eventualmente adito dall’interessato al fine di tutelare l’interesse giuridicamente rilevante, sotteso alla pregressa domanda di accesso”. Ed ancora, in occasione di una fattispecie simile all’odierna, il T.A.R. ha ribadito che, in merito alla oggettiva utilità o meno della documentazione richiesta nel corso di un giudizio pendente ovvero alla proponibilità del giudizio ovvero ancora alla semplice valutazione da parte dell’interessato circa la opportunità o meno di agire in sede giurisdizionale (che è poi questo lo scopo dell’esistenza dell’istituto qui esaminato), nessun apprezzamento deve essere effettuato né dall’Amministrazione destinataria dell’istanza né da parte del giudice amministrativo, “sempre che l’interessato abbia dichiarato e motivato il suo interesse a tutelare la posizione soggettiva vantata tramite la conoscenza del contenuto degli atti richiesti”.

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DIRITTO. Viene La questione sottoposta all’Arbitro concerne l’asserita illegittimità di addebiti operati dalla banca a titolo di commissioni e interessi su un conto corrente affidato, in rilievo violazione della disciplina di trasparenza, nonché in tema di usura e di anatocismo. Preliminarmente, pare opportuno rilevare che la resistente produce agli atti il contratto di conto corrente, debitamente sottoscritto dalla cliente, e il relativo documento di sintesi, non l’accordo sulla base del quale è stata concessa l’apertura di credito. Ne deriva che, come pure contestato dalla parte ricorrente, non risulta la pattuizione per il tasso applicato al fido, né risultano contrattualizzati l’importo massimo del fido e le altre condizioni economiche applicate, in specie la commissione per la disponibilità fondi; il documento di sintesi relativo al conto corrente, invece, specifica solo il tasso di interesse e le commissioni applicate in caso di sconfinamento, in misura, peraltro, ovviamente superiore a fondamento quella effettivamente praticata per il rapporto di credito, oggetto di contestazione. Occorre pertanto valutare l’eventuale nullità delle pattuizioni relative ai tassi debitori ed alle commissioni praticate per violazione della pretesa dell’odierno ricorrente forma scritta richiesta dall’art. 117 d.lgs. 385/1993 (TUB). Al riguardo, è da osservare che il vincolo della forma scritta costituisce il cardine della disciplina della trasparenza dei contratti bancari a cui è collegata la necessità speciale nullità “relativa” delle rispettive clausole prevista dall’art. 127, 2° comma, TUB («Le nullità previste dal presente titolo operano solo a vantaggio del cliente e possono essere rilevate d’ufficio dal giudice) a tutela del diritto del cliente di avere accesso ai documenti richiesti conoscere le condizioni praticate e per poter procedere alla tutela impedire che la determinazione degli oneri sia rimessa a completa discrezione della banca. È bensì vero che la disciplina la normativa di attuazione della Banca d’Italia, a tanto autorizzata dal C.I.C.R., ha sempre previsto, pur nel variare dei propri dirittitesti normativi, che non fosse richiesta la forma scritta per i contratti relativi ad operazioni e servizi già previsti in contratti redatti per iscritto, tra cui il contratto di conto corrente (così, per la versione vigente all’epoca dei fatti: Banca d’Italia, Disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari provv. Si consideri infatti 29-7-2009, sez. III, § 2 : «La forma scritta non è obbligatoria per: a) le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di contratti redatti per iscritto». Le norma è rimasta immutata nelle nuove disposizioni emanate con provv. del 30/9/2016). Sulla base di ciò è stato ritenuto che oltre questa Commissioneil vincolo della forma scritta non è richiesto a pena di nullità per un contratto di apertura di credito previsto e regolato da un contratto di conto corrente: contratto che può quindi essere concluso anche per fatti concludenti (Collegio Napoli, decisione n. 3668/13) in quanto «costituisce sufficiente garanzia per il cliente che il contenuto normativo del contratto sia redatto per iscritto, mentre poi la sua concreta stipulazione, alle condizioni riportate nel contratto scritto, potrà avvenire in altra forma nel rispetto delle esigenze di celerità ed operatività che taluni tipi di contratti esigono» (Cass., 15 settembre 2006, n. 19941). Tali considerazioni non valgono tuttavia nel presente caso, per la semplice ragione che il contratto di conto corrente esibito dalla resistente non prevede né regola la concessione di apertura di credito. Infatti non contiene alcuna previsione in merito alle condizioni economiche da praticare nell’ipotesi di concessione di affidamenti sul conto. Il Collegio ritiene pertanto che nel presente caso debba trovare applicazione l’art. 117, 7° comma, d.lgs. 395/1993, secondo cui, in mancanza di indicazione dei tassi e degli altri oneri contrattuali, si applicano: «a) il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell'operazione. b) gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi al momento della conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, al momento in cui l'operazione è effettuata o il servizio viene reso; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto». Nel contempo, il Consiglio Collegio rileva che l’intermediario, nel rideterminare gli interessi passivi entro il limite fissato dal sopra esposto art. 117, 7° comma, non dovrà applicare a partire dal 1/1/2014 la clausola di Stato capitalizzazione trimestrale degli stessi, essendo fondata l’eccezione di invalidità sopravvenuta della convenzione di anatocismo contenuta nel contratto di conto corrente a seguito dell’entrata in vigore delle modifiche apportate all’art. 120, 2° comma, T.u.b. dall’art. 1, comma 629, legge 147/2013. A tal proposito è necessario preliminarmente precisare che il Collegio non può valutare l’originaria validità delle clausole contrattuali relative alla capitalizzazioni degli interessi, trattandosi nel caso di specie di un conto corrente acceso anteriormente al 1/1/2009, limite temporale fissato alla giurisdizione dell’ABF dalla disciplina vigente (par. 4, sez. I, delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazione e servizi bancari e finanziari). Il Collegio può invece accertare se le pattuizioni intervenute tra le parti siano affette da illiceità sopravvenuta per effetto della mutazione delle norme di riferimento, come peraltro chiede il giudice amministrativo ricorrente. In particolare, il citato art. 1 comma 629 L. 27.12.2013 n.147 ha modificato l’art. 120, 2° comma, T.u.b., con efficacia dal 1.1.2014, introducendo un radicale divieto per le banche di prime cure praticare interessi anatocistici (T.A.R. Toscana«Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, Sezprevedendo in ogni caso che: […] b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale»). IIL’intermediario contesta che tale modifica fosse operativa prima dell’emanazione della relativa disciplina secondaria di attuazione e sostiene che nelle more restassero transitoriamente valide le clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi redatte in conformità della delibera C.i.c.r. del 9.2.2000. La questione è stata oggetto di esame da parte del Collegio di coordinamento nella decisione n. 7854/2015, il quale invece è pervenuto ad affermare la natura immediatamente precettiva del nuovo art. 000 X.x.x. Xx consegue l’immediata invalidità sopravvenuta delle clausole contrattuali che, in linea con la precedente formulazione della norma e con la delibera C.i.c.r. del 9.2.2000, prevedevano la produzione di interessi anatocistici a condizione che fosse rispettata la stessa periodicità di capitalizzazione per gli interessi attivi e passivi. Nello stabilire questo principio di diritto, il Collegio di coordinamento ha negato l’ultrattività della normativa secondaria emanata in attuazione della previgente disciplina; nel contempo, però, ha riconosciuto che non spetta all’Arbitro Bancario (ma all’Autorità amministrativa competente) il potere-dovere di rivolgere agli operatori bancari indicazioni generali di tecnica contabile e contrattuale. Il Collegio ha pertanto concluso che, fino all’emanazione della nuova delibera Cicr gli intermediari avrebbero dovuto adottare le opportune prassi contabili per renderle coerenti con il divieto di addebito di interessi anatocistici. Questo Collegio intende dare continuità all’orientamento manifestato dalla richiamata decisione del Collegio di coordinamento e ritiene che i principi ivi affermati restino validi nel caso di specie, nonostante l’ulteriore modifica subita nel frattempo dall’art. 120, 2° comma, T.u.b. ad opera della legge 8.4.2016, n. 152/2007) hanno affermato 49 in sede di conversione del d.l. 14/2/2016, n. 18. Il nuovo art. 120 T.u.b. dispone che: «Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell’attività bancaria»; nel definire i principi della normativa di attuazione (in seguito emanata con D.M., 3/8/2016, n. 343), l’attuale formulazione dell’articolo conferma il principio di diritto secondo cuiuguale periodicità nel conteggio degli interessi, ma precisa che il periodo deve essere « comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti». Per quanto riguarda specificamente gli interessi debitori, la nuova norma conferma che in via di principio gli stessi « non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale». Tuttavia, si precisa che «per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido: “allorquando venga presentata una richiesta 1) gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1º marzo dell'anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri chiusura definitiva del rapporto, gli interessi nelle competenti sedi giudiziariesono immediatamente esigibili; 2) il cliente può autorizzare, anche nel caso preventivamente, l'addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l'autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l'addebito abbia avuto luogo». Il Collegio è consapevole che l’attuale disciplina concede nuovo spazio alla produzione di interessi anatocistici limitatamente alle aperture di credito e agli sconfinamenti non sia certo che, successivamente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini della proposizione autorizzati in c/c. Osserva tuttavia che tale reintroduzione di eventuali domande giudiziali, l’accesso non pratiche anatocistiche può essere denegatoconvenuta fra banca e cliente solo per il periodo successivo all’entrata in vigore della legge 49/2016, e cioè dal 15/04/2016, ed a condizione che sussistano le ulteriori condizioni previste dall’art. Infatti120, l’apprezzamento sull’utilità o meno della documentazione richiesta 2° comma, T.u.b.: 1) che la capitalizzazione avvenga con cadenza annuale; 2) che sia espressamente autorizzato dal cliente l’addebito degli interessi passivi sul conto corrente. In mancanza di tali condizioni, e comunque per il periodo in ostensione cui è stata in vigore la versione dell’art. 120, 2° comma, T.u.b. introdotta dalla legge 147/2013 l’addebito di interessi anatocistici è illecito. Ne consegue, pertanto, che a partire dal 1/1/2014 e fino all’eventuale adeguamento degli accordi con il cliente in conformità alle previsioni del nuovo art. 120, 2° comma, T.u.b. (come da ultimo modificato dalla legge 49/2016) e relativa normativa di attuazione, l’intermediario non spetta né all’Amministrazione destinataria dell’istanza ostensiva né, addirittura, allo stesso giudice amministrativo adìto con l’actio potrà procedere ad exibendum, bensì al giudice (sia esso amministrativo che ordinario) eventualmente adito dall’interessato al fine di tutelare l’interesse giuridicamente rilevante, sotteso alla pregressa domanda di accesso”. Ed ancora, in occasione di una fattispecie simile all’odierna, il T.A.R. ha ribadito che, in merito alla oggettiva utilità o meno della documentazione richiesta nel corso di un giudizio pendente ovvero alla proponibilità del giudizio ovvero ancora alla semplice valutazione da parte dell’interessato circa la opportunità o meno di agire in sede giurisdizionale (che è poi questo lo scopo dell’esistenza dell’istituto qui esaminato), nessun apprezzamento deve essere effettuato né dall’Amministrazione destinataria dell’istanza né da parte del giudice amministrativo, “sempre che l’interessato abbia dichiarato e motivato il suo interesse a tutelare la posizione soggettiva vantata tramite la conoscenza del contenuto capitalizzazione periodica degli atti richiesti”interessi passivi.

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DIRITTO. Viene Il ricorso è fondato e merita di essere accolto. Quanto alla sussistenza di un qualificato interesse all’accesso in rilievo capo all’odierno ricorrente, questa Commissione non nutre alcun dubbio, essendo il ricorrente figlio ed erede della sig.ra S.S., titolare della pensione ai cui dati il Gio.N. ha chiesto di poter accedere. D’altronde parte resistente ha fondato il proprio diniego non sulla carenza di legittimazione attiva del ricorrente, quanto sull’opposizione all’accesso manifestata dal fratello del ricorrente, a fondamento sua volta erede della pretesa dell’odierno ricorrente la necessità di avere accesso ai documenti richiesti titolare della pensione. Tale profilo, in verità, non può costituire valido argomento per poter procedere alla tutela dei propri dirittinegare il chiesto accesso. Si consideri infatti Inoltre, è quantomeno dubbio che oltre questa Commissioneil fratello del ricorrente, il Consiglio di Stato e il giudice amministrativo di prime cure (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 152/2007) hanno affermato il principio di diritto secondo cui: “allorquando venga presentata una richiesta di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri interessi nelle competenti sedi giudiziarie, anche nel caso in cui non sia certo che, successivamente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini del presente procedimento, possa ritenersi controinteressato in senso tecnico. I dati contenuti nei documenti oggetto della proposizione di eventuali domande giudiziali, l’accesso non può essere denegato. Infatti, l’apprezzamento sull’utilità o meno della documentazione richiesta in ostensione non spetta né all’Amministrazione destinataria dell’istanza ostensiva né, addirittura, allo stesso giudice amministrativo adìto con l’actio ad exibendum, bensì al giudice (sia esso amministrativo che ordinario) eventualmente adito dall’interessato al fine di tutelare l’interesse giuridicamente rilevante, sotteso alla pregressa domanda di accesso, invero, sono relativi a persona diversa dal fratello del ricorrente. Ed ancoraIn particolare, trattandosi della madre del ricorrente, questi, così come il fratello, ha pieno diritto di conoscere la situazione contabile della pensione erogata a beneficio della madre e, in occasione questo senso, non si ravvisa la presenza di una fattispecie simile all’odiernaalcun controinteressato. D’altronde, anche a ritenere che il T.A.R. ha ribadito fratello del ricorrente lo sia, la circostanza dell’opposizione pura e semplice da questi manifestata non esime l’amministrazione dal ponderare le ragioni dell’opponente con quelle dell’accedente; ragioni che, in merito alla oggettiva utilità o meno della documentazione richiesta nel corso virtù del carattere comune dei dati contenuti nei documenti oggetto dell’istanza di un giudizio pendente ovvero alla proponibilità del giudizio ovvero ancora alla semplice valutazione da parte dell’interessato circa la opportunità o meno accesso non giustificano l’opposizione per come manifestata. Per questi motivi il gravame è fondato e merita di agire in sede giurisdizionale (che è poi questo lo scopo dell’esistenza dell’istituto qui esaminato), nessun apprezzamento deve essere effettuato né dall’Amministrazione destinataria dell’istanza né da parte del giudice amministrativo, “sempre che l’interessato abbia dichiarato e motivato il suo interesse a tutelare la posizione soggettiva vantata tramite la conoscenza del contenuto degli atti richiesti”accolto.

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DIRITTO. Viene La Commissione ritiene che il ricorso sia meritevole di essere accolto, limitatamente agli atti che sono presenti nel fascicoli del procedimento riguardante l’istante, ove esistenti, venendo a tale riguardo in rilievo il diniego di accesso ad atti endoprocedimentali, ai quali la ricorrente, in quanto parte dei procedimento in questione, ha diritto di accedere, in forza del combinato disposto dell’art. 7 e dell’art. 10 della legge n. 241/1990. Il ricorso appare, invece, inammissibile nella parte in cui è finalizzato a fondamento della pretesa dell’odierno ricorrente conoscere lo “stato” del procedimento attivato per ottenere la necessità cittadinanza ed il nominativo del relativo responsabile in quanto, sotto tale profilo, l’istanza di avere accesso ai documenti richiesti per poter procedere alla tutela dei propri diritti. Si consideri infatti che oltre questa Commissione, il Consiglio di Stato e il giudice amministrativo di prime cure (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 152/2007) hanno affermato il principio di diritto secondo cui: “allorquando venga presentata risulta finalizzata ad una generica richiesta di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri interessi nelle competenti sedi giudiziarieinformazioni, anche nel caso in cui non sia certo come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. La Commissione rileva, per completezza che, successivamente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini della proposizione sulla base di eventuali domande giudiziali, l’accesso non può essere denegato. Infatti, l’apprezzamento sull’utilità o meno della documentazione richiesta in ostensione non spetta né all’Amministrazione destinataria dell’istanza ostensiva né, addirittura, allo stesso giudice amministrativo adìto con l’actio ad exibendum, bensì al giudice (sia esso amministrativo che ordinario) eventualmente adito dall’interessato al fine di tutelare l’interesse giuridicamente rilevante, sotteso alla pregressa domanda di accesso”. Ed ancoraquanto comunicato dall’Amministrazione, in occasione relazione a fattispecie analoghe, le informazioni riguardanti lo stato di una fattispecie simile all’odiernatrattazione della pratica per il conferimento della cittadinanza sono consultabili sul portale xxx.xxxxxxx.xx nella sezione "Cittadinanza - consulta la tua pratica", il T.A.R. ha ribadito chedirettamente e in tempo reale dall'interessato in possesso del proprio codice identificativo (codice che parte ricorrente menziona nel proprio ricorso e del quale, in merito alla oggettiva utilità o meno della documentazione richiesta nel corso di un giudizio pendente ovvero alla proponibilità del giudizio ovvero ancora alla semplice valutazione da parte dell’interessato circa la opportunità o meno di agire in sede giurisdizionale (che è poi questo lo scopo dell’esistenza dell’istituto qui esaminatopertanto, possiede gli estremi), nessun apprezzamento deve essere effettuato né dall’Amministrazione destinataria dell’istanza né da parte del giudice amministrativo, “sempre che l’interessato abbia dichiarato e motivato il suo interesse a tutelare la posizione soggettiva vantata tramite la conoscenza del contenuto degli atti richiesti”.

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Samples: Accesso Agli Atti

DIRITTO. Viene in rilievo a fondamento della pretesa dell’odierno ricorrente la necessità di avere accesso ai documenti richiesti per poter procedere alla tutela dei propri diritti. Si consideri infatti che oltre questa La Commissione, il Consiglio di Stato e il giudice amministrativo di prime cure (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 152/2007) hanno affermato il principio di diritto secondo cui: “allorquando venga presentata una richiesta 30/09/2016 contiene anche un’istanza di accesso documentale motivata con riferimento agli atti ai sensi della legge 241/90, ritiene di poter decidere nel merito il ricorso. Sotto un primo profilo la Commissione evidenzia che l’Ispettorato Territoriale ha dichiarato che, in relazione all’istanza di accesso del 30/09/2016 non è in possesso di nessun documento, di xxxxxx, nei confronti del citato Ufficio il ricorso risulta inammissibile a causa della dichiarata inesistenza dei documenti richiesti, rilevando, sul punto che non spetta alla necessità di tutelare i propri Commissione nessuna valutazione in ordine alla veridicità degli elementi addotti dall’Amministrazione, per il cui sindacato il ricorrente deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente in ragione dei diritti o interessi nelle competenti sedi giudiziarieasseritamente lesi. Resta inteso che, anche nel caso in cui relazione al predetto Ufficio, il ricorso è meritevole di accoglimento in relazione a tutti quegli atti che l’Amministrazione dichiara di aver già osteso all’istante, in quanto, sotto tale profilo, in presenza di un’ulteriore istanza di accesso, la precedente consegna non sia certo cheappare ostativa alla reiterazione della domanda, successivamenteanche laddove, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini in ipotesi, i documenti fossero stati smarriti. Ciò posto, in mancanza di chiarimenti da parte dell’Ispettorato della proposizione di eventuali domande giudiziali, l’accesso non può essere denegato. Infatti, l’apprezzamento sull’utilità in merito all’esistenza o meno della documentazione richiesta questa Commissione rileva che, in ostensione via di principio, sussiste il diritto di accesso della società istante che ha lamentato una situazione di interferenza della propria frequenza radio con quella di titolarità della RAI (fx ….. Mhz) ed ha, pertanto, sufficientemente delineato una situazione di interesse differenziato rispetto all’ostensione della documentazione richiesta, come descritta nella parte in fatto della presente decisione. Si precisa a riguardo che, in relazione a tali atti, il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti dalla pubblica amministrazione, che, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.P.R. 184/2006 non spetta né all’Amministrazione destinataria dell’istanza ostensiva néè, addiritturacomunque, allo stesso giudice amministrativo adìto con l’actio tenuta ad exibendum, bensì al giudice (sia esso amministrativo che ordinario) eventualmente adito dall’interessato elaborare dati in suo possesso al fine di tutelare l’interesse giuridicamente rilevante, sotteso alla pregressa domanda soddisfare le richieste di accesso. Ed ancoraParimenti il ricorso appare inammissibile nella parte in cui l’istanza di accesso risulta finalizzata ad una generica richiesta di informazioni, in occasione come tale inammissibile ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge 241/90 e dall’art. 2, comma 2 del D.P.R. 184/2006. Fatte tali precisazioni il ricorso merita accoglimento e, pertanto, l’Amministrazione è invitata a riesaminare l’istanza di una fattispecie simile all’odierna, il T.A.R. ha ribadito che, in merito alla oggettiva utilità o meno della documentazione richiesta nel corso di un giudizio pendente ovvero alla proponibilità del giudizio ovvero ancora alla semplice valutazione da parte dell’interessato circa la opportunità o meno di agire in sede giurisdizionale (che è poi questo lo scopo dell’esistenza dell’istituto qui esaminato), nessun apprezzamento deve essere effettuato né dall’Amministrazione destinataria dell’istanza né da parte del giudice amministrativo, “sempre che l’interessato abbia dichiarato e motivato il suo interesse a tutelare la posizione soggettiva vantata tramite la conoscenza del contenuto degli atti richiesti”accesso presentata dalla ricorrente.

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Samples: Accesso Agli Atti

DIRITTO. Viene La Commissione rileva preliminarmente la propria incompetenza rispetto alla richiesta formulata dalla ricorrente avverso il Comune di Catania. A tale specifico riguardo si rileva che dal combinato disposto dell’articolo 25, comma 4, legge n. 241/90 e dell’articolo 12 d.P.R. n. 184/2006, si evince come questa Commissione sia competente a decidere sui ricorsi presentati dal destinatario di un provvedimento di diniego espresso o tacito di accesso ovvero, in rilievo caso di determinazione che consente l’accesso, presentati dal soggetto controinteressato, a fondamento della pretesa dell’odierno ricorrente la necessità condizione, però, che l’amministrazione decidente partecipi delle caratteristiche proprie di avere accesso ai documenti richiesti per poter procedere alla tutela dei propri dirittiquelle centrali e periferiche dello Stato. Si consideri infatti che oltre questa CommissioneQualora, viceversa, si tratti di impugnare un provvedimento emanato da un’amministrazione locale, come nel caso di specie, il Consiglio di Stato e il giudice amministrativo di prime cure (T.A.R. Toscanaricorso, Sezai sensi del citato articolo 25, dovrà essere indirizzato al Difensore Civico competente per ambito territoriale. II, n. 152/2007) hanno affermato il principio di diritto secondo cui: “allorquando venga presentata una richiesta di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri interessi nelle competenti sedi giudiziarieInoltre, anche nel tralasciando, per ipotesi, tale profilo di inammissibilità, l’articolo 12, comma 2, d.P.R. n. 184/2006, dispone che il gravame avverso provvedimenti di xxxxxxx e/o differimento dell’accesso debba essere presentato nei trenta giorni successivi alla piena conoscenza del provvedimento impugnato o alla formazione del silenzio. Nel caso in cui non sia certo chedi specie, successivamentenonostante la prospettazione della parte ricorrente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini della proposizione che ha inteso impugnare il silenzio dell’amministrazione avverso la richiesta del 25 gennaio 2010, la scrivente ritiene che il provvedimento da impugnare fosse il diniego del 13 gennaio 2010, e che la presentazione di eventuali domande giudiziali, l’accesso non può essere denegato. Infatti, l’apprezzamento sull’utilità o meno della documentazione richiesta in ostensione non spetta né all’Amministrazione destinataria dell’istanza ostensiva né, addirittura, allo stesso giudice amministrativo adìto con l’actio ad exibendum, bensì al giudice (sia esso amministrativo che ordinario) eventualmente adito dall’interessato al fine di tutelare l’interesse giuridicamente rilevante, sotteso alla pregressa domanda analoga e successiva istanza di accesso, senza che sia fornito alcun elemento nuovo in fatto o in diritto, non valga a far rivivere i termini per la presentazione del presente gravame (C.d.S., Xx.Xx., 20.4.2006 n. 7). Ed ancoraPertanto, in occasione considerato che il provvedimento di una fattispecie simile all’odiernaxxxxxxx reca la data del 13 gennaio 2010 e che il gravame è del 9 marzo 2010, il T.A.R. ha ribadito che, in merito alla oggettiva utilità o meno della documentazione richiesta nel corso di un giudizio pendente ovvero alla proponibilità del giudizio ovvero ancora alla semplice valutazione da parte dell’interessato circa la opportunità o meno di agire in sede giurisdizionale (che tale termine è poi questo lo scopo dell’esistenza dell’istituto qui esaminato), nessun apprezzamento deve essere effettuato né dall’Amministrazione destinataria dell’istanza né da parte del giudice amministrativo, “sempre che l’interessato abbia dichiarato e motivato il suo interesse a tutelare la posizione soggettiva vantata tramite la conoscenza del contenuto degli atti richiesti”decorso.

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DIRITTO. Viene L’eccezione (in rilievo senso lato) d’incompetenza, sollevata dal resistente, non può essere accolta. Per contratto «collegato», ai sensi dell’art. 2, comma 5, delibera CICR n. 275/2008, deve intendersi anche la transazione che modifica (nell’oggetto o anche nella disciplina) un’obbligazione derivata da un contratto bancario ovvero dall’inosservanza di doveri precontrattuali. Infatti, scopo dell’istituto dell’ABF è quello di assicurare effettività al rispetto della normativa nelle relazioni tra banca e cliente. Tant’è che, come noto, l’Arbitro include nella figura del cliente anche il potenziale cliente, quando si controverta dell’inosservanza di doveri precontrattuali. Nel merito, è da negarsi che l’intermediario sia stato inadempiente all’obbligo di provvedere alla cancellazione dell’ipoteca «senza indugio». Infatti, ricevuto il pagamento il 21 Febbraio, la cancellazione è comunque avvenuta il 7 Marzo. In tempi brevi, dunque, se si considera, da un lato, che, nel caso di specie, secondo il Giudice Tavolare di Rovereto, era necessaria, per ottenere la cancellazione dell’ipoteca, una richiesta dell’intermediario stesso, di cui fosse almeno autenticata la sottoscrizione; dall’altro, che l’art. 13, commi 8- sexies ss., l. n. 40/2007 (c.d. decreto Bersani-bis), pur prevedendo una procedura semplificata di cancellazione (al fine di renderla meno costosa e più rapida), assegna alla banca un tempo per attivarla di trenta giorni. Né la circostanza che il resistente non fosse a fondamento conoscenza – come invece avrebbe dovuto (ex art. 1176, comma 2°, c.c.) – dell’orientamento del Giudice Tavolare di Rovereto (dove operava) ha significativamente allungato i tempi della pretesa dell’odierno ricorrente cancellazione: dopo due giorni dal pagamento, comunque, l’intermediario si è reso disponibile presso il notaio per il perfezionamento dell’atto necessario alla cancellazione [in questo procedimento non è emersa la necessità di avere accesso ai documenti richiesti ragione specifica per poter procedere alla tutela dei propri diritti. Si consideri infatti che oltre questa Commissionecui il Conservatore del Libro Fondiario o il Giudice Tavolare hanno considerato necessaria, il Consiglio di Stato e il giudice amministrativo di prime cure (T.A.R. Toscananella specie, Sez. II, n. 152/2007) hanno affermato il principio di diritto secondo cui: “allorquando venga presentata una richiesta di accesso documentale motivata cancellazione almeno in forma di scrittura autenticata: se perché si è ritenuto del tutto incompatibile la procedura semplificata di cancellazione dell’ipoteca con riferimento alla necessità il sistema tavolare di tutelare i propri interessi nelle competenti sedi giudiziariepubblicità dei diritti immobiliari in vigore nel Trentino-Alto Adige (R.D. 28 Marzo 1929, n. 499) o se perché, ad esempio, l’ipoteca non accedeva ad un «mutuo»]. Solo incidentalmente, dunque, si nota che la ricorrente non ha fornito prova del pregiudizio che asserisce derivato dal fatto che la cancellazione è avvenuta il 7 Marzo: non dimostra, precisamente, che, a causa di ciò, ha perduto il credito di cui era titolare, quale promissario venditore, a concludere la vendita dell’immobile ipotecato. Quanto alle spese notarili, invece, l’intermediario, implicitamente, riconosce che, anche per le trattative intercorse (art. 1362, comma 2, c.c.), la clausola n. 6 della transazione (già sopra riportata per quanto d’interesse) poneva a suo carico le spese per la cancellazione dell’ipoteca. Nega infatti che le spese notarili poi effettivamente dovute fossero ancora a suo carico perché la «clausola deve ritenersi risolta, essendo venuto meno il presupposto» su cui si fondava: quello, cioè, «di ottenere la cancellazione dell’ipoteca con il deposito senza indugio .. di un’istanza tavolare, e con una spesa preventivata di € 15,00 per diritti di deposito e di € 168,00 per la registrazione del contratto»; sul presupposto, quindi, che fosse applicabile (almeno in parte) la procedura semplificata di cancellazione, prevista dal decreto Bersani-bis. E la ricorrente riconosce, dal canto proprio, sia pure nel caso in cui non sia certo chereclamo (allegato e richiamato nel ricorso), successivamente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini che «la trattativa … ha portato da parte Vostra [del resistente] alla quantificazione della proposizione somma di eventuali domande giudiziali, l’accesso non può essere denegato€ 168 … per la cancellazione». Infatti, l’apprezzamento sull’utilità o meno della documentazione richiesta in ostensione non spetta né all’Amministrazione destinataria dell’istanza ostensiva né, addiritturaE’ però da escludere, allo stesso giudice amministrativo adìto con l’actio ad exibendumstato degli atti almeno, bensì al giudice che abbia operato la regola della presupposizione. L’applicazione di tale regola, infatti, richiede – secondo quanto comunemente si ritiene – che il fatto presupposto, che ha determinato una parte o le parti a concludere il contratto, sia stato considerato come incerto (sia esso amministrativo che ordinarioper quanto altamente probabile), nel suo essersi verificato (se presente) eventualmente adito dall’interessato al fine di tutelare l’interesse giuridicamente rilevanteovvero nel suo verificarsi (se futuro). Altrimenti, sotteso alla pregressa domanda di accesso”. Ed ancorase la parte per cui il fatto è stato determinante lo ha ritenuto certo, essa, in occasione realtà, deve ritenersi caduta in errore, con conseguente applicazione degli artt. 1427 ss. c.c. (nella specie, si tratterebbe di errore di diritto che si riflette sul valore della prestazione). E l’intermediario non ha fornito elementi (e prove) da cui risulti che il fatto – la sufficienza di una fattispecie simile all’odiernarichiesta di cancellazione in forma di semplice scrittura privata – era stato dato per incerto durante le trattative (anzi, pare il T.A.R. contrario: l’intermediario avendo senz’altro presentato, a mezzo del proprio «procuratore», una richiesta non autenticata). Né ha ribadito chedimostrato che l’istante abbia compreso che la possibilità che si applicasse il decreto Bersani-bis era determinante per l’intermediario; né che davvero lo fosse: anche tenuto conto che era comunque possibile una richiesta di cancellazione semplicemente con sottoscrizione autenticata; l’assunto del resistente, secondo cui il notaio avrebbe rifiutato tale ufficio «per questioni legate alla Legge notarile», in merito effetti, è rimasto tale: sprovvisto anch’esso di qualsivoglia dimostrazione (d’altro canto, lo si nota incidentalmente, fuoriuscendosi dal petitum, l’intermediario neppure ha provato che il proprio errore fosse riconoscibile alla oggettiva utilità o meno della documentazione richiesta nel corso di un giudizio pendente ovvero alla proponibilità del giudizio ovvero ancora alla semplice valutazione da parte dell’interessato circa la opportunità o meno di agire in sede giurisdizionale (che è poi questo lo scopo dell’esistenza dell’istituto qui esaminatocontroparte), nessun apprezzamento deve essere effettuato né dall’Amministrazione destinataria dell’istanza né da parte del giudice amministrativo, “sempre che l’interessato abbia dichiarato e motivato il suo interesse a tutelare la posizione soggettiva vantata tramite la conoscenza del contenuto degli atti richiesti”.

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Samples: Contratto Di Apertura Di Credito

DIRITTO. Viene Con il provvedimento impugnato in rilievo a fondamento della pretesa dell’odierno ricorrente la necessità di avere accesso ai documenti richiesti per poter procedere alla tutela dei propri diritti. Si consideri infatti che oltre questa Commissioneprimo grado, il Consiglio competente dirigente responsabile del comune di Stato Clu- sone ha disposto la decadenza dell’impresa Lo Presti Vi- to dall’aggiudicazione dell’appalto per la realizzazione di lavori. Secondo tale atto, l’aggiudicatario non aveva prodotto, nei termini prescritti dal bando, la fideiussione bancaria per la garanzia dell’esecuzione delle opere, prevista dal- l’articolo 30 della legge n. 109/1994 e il giudice amministrativo dal punto E) del bando. Secondo l’amministrazione, tanto la legge stata- le, quanto la clausola di prime cure (T.A.R. Toscanagara imponevano di presentare una garanzia fideiussoria rilasciata da un istituto banca- rio o assicurativo: ne consegue, Sez. IIquindi, l’inidoneita` della polizza fideiussoria rilasciata dall’Istituto Finanziario Me- diterraneo, che assume la fisionomia della «societa` di servizi finanziari» e non rientra tra le imprese autorizzate dalla Banca d’Italia all’esercizio dell’attivita` bancaria se- condo le disposizioni di cui al decreto legislativo 18 set- tembre 1993, n. 152/2007) hanno affermato 385. A dire del tribunale la decadenza e` illegittima, in quan- to l’espressione «fideiussione bancaria» deve riferirsi a tutti i soggetti autorizzati dalla legge bancaria alla con- cessione di crediti nei confronti del pubblico. Una di- versa interpretazione si porrebbe in contrasto con la normativa comunitaria e con il principio costituzionale di diritto secondo cui: “allorquando venga presentata una richiesta liberta` di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri interessi nelle competenti sedi giudiziarie, anche nel caso in cui non sia certo che, successivamente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini della proposizione di eventuali domande giudiziali, l’accesso non può essere denegato. Infatti, l’apprezzamento sull’utilità o meno della documentazione richiesta in ostensione non spetta né all’Amministrazione destinataria dell’istanza ostensiva né, addirittura, allo stesso giudice amministrativo adìto con l’actio ad exibendum, bensì al giudice (sia esso amministrativo che ordinario) eventualmente adito dall’interessato al fine di tutelare l’interesse giuridicamente rilevante, sotteso alla pregressa domanda di accesso”. Ed ancora, in occasione di una fattispecie simile all’odierna, il T.A.R. ha ribadito che, in merito alla oggettiva utilità o meno della documentazione richiesta nel corso di un giudizio pendente ovvero alla proponibilità del giudizio ovvero ancora alla semplice valutazione da parte dell’interessato circa la opportunità o meno di agire in sede giurisdizionale (che è poi questo lo scopo dell’esistenza dell’istituto qui esaminato), nessun apprezzamento deve essere effettuato né dall’Amministrazione destinataria dell’istanza né da parte del giudice amministrativo, “sempre che l’interessato abbia dichiarato e motivato il suo interesse a tutelare la posizione soggettiva vantata tramite la conoscenza del contenuto degli atti richiesti”iniziativa economica privata.

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DIRITTO. Viene in rilievo a fondamento della pretesa dell’odierno ricorrente la necessità di avere accesso ai documenti richiesti per poter procedere alla tutela dei propri diritti9.- Come già sopra si è richiamato (cfr. Si consideri infatti che oltre questa Commissionenel n. 1), il Consiglio ricorrente non ha contestato la legittimità del comportamento dell’intermediario in ordine alla causazione dell’estinzione anticipata del rapporto a seguito di Stato una sopravvenuta ipotesi di decadenza dal beneficio del termine. Ha contestato, in effetti, solo il successivo comportamento di questi, in punto di «liquidazione» del dare e dell’avere inerente al rapporto così venuto a cessare. Sembra comunque opportuno qui ricordare, sebbene solo in via incidentale, ovvero liminare, che – secondo i principi del sistema vigente e secondo pure il giudice amministrativo tenore della clausola dell’art. 16 - la decadenza del debitore dal benefico del termine non si verifica sulla base del mero ricorrere del presupposto oggettivo (nella specie, la cessazione del rapporto di prime cure (T.A.R. Toscanalavoro del mutuatario cedente) e dunque in via automatica. Suppone, Sez. II, n. 152/2007) hanno affermato il principio di diritto secondo cui: “allorquando venga presentata una richiesta di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri interessi nelle competenti sedi giudiziarieper contro, anche il rilascio di un’apposita dichiarazione del creditore - di volersi effettivamente attivare lo strumento della decadenza -, che sia pure comunicata ex artt. 1334 e 1335 c.c. al debitore. Al riguardo, è bene anche precisare in via ulteriore che - trattandosi nella specie di un mutuo con annessa cessione del quinto stipendiale in funzione solutoria – la detta comunicazione costitutiva della decadenza va (a pena di inefficacia) rivolta in modo diretto e immediato nei confronti della persona del cedente: quale mutuatario nel caso rapporto di prestito e dunque portatore finale del debito in cui non sia certo che, successivamente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini della proposizione di eventuali domande giudiziali, l’accesso non può essere denegato. Infatti, l’apprezzamento sull’utilità o meno della documentazione richiesta in ostensione non spetta né all’Amministrazione destinataria dell’istanza ostensiva né, addirittura, allo stesso giudice amministrativo adìto con l’actio ad exibendum, bensì al giudice (sia esso amministrativo che ordinario) eventualmente adito dall’interessato al fine di tutelare l’interesse giuridicamente rilevante, sotteso alla pregressa domanda di accesso”. Ed ancoraquestione, in occasione effetti, quest’ultimo è il destinatario primo della dichiarazione del creditore; e va pure trasmessa, naturalmente, anche alla persona del ceduto, quale soggetto tenuto in via primaria al pagamento del mutuo (dubbi, non meno liminari peraltro, non possono non sorgere, poi, sulla rappresentazione meramente convenzionale di una fattispecie simile all’odiernacause di decadenza dal beneficio del termine ulteriori rispetto a quelle ex art. 1186 c.c., secondo quanto propriamente procede il T.A.R. ha ribadito chetesto del citato art. 16, in merito alla oggettiva utilità o meno della documentazione richiesta nel corso di un giudizio pendente ovvero alla proponibilità fronte sia al disposto dell’art. 33, comma 2, lett. t. cod. consumo, sia pure rispetto a quello del giudizio ovvero ancora alla semplice valutazione da parte dell’interessato circa la opportunità o meno di agire in sede giurisdizionale (che è poi questo lo scopo dell’esistenza dell’istituto qui esaminatocomma 2 dell’art. 1341 c.c.), nessun apprezzamento deve essere effettuato né dall’Amministrazione destinataria dell’istanza né da parte del giudice amministrativo, “sempre che l’interessato abbia dichiarato e motivato il suo interesse a tutelare la posizione soggettiva vantata tramite la conoscenza del contenuto degli atti richiesti”.

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DIRITTO. Viene Con il primo mezzo di cassazione la ricorrente deduce la falsa applicazione dell’art. 2265 c.c in rilievo relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., sostenendo, sul ritenuto patto leonino, che l’intera motivazione svolta dalla Corte del merito era basata su assiomi, non essendo stato riguardato il complesso dei patti, né sotto il profilo soggettivo, né sotto quello oggettivo. Sostiene la ricorrente che se la Corte del merito avesse valutato il complesso delle clausole delle pattuizioni in esame, anziché limitarsi ad isolare le sole ipotesi conseguenti all’inadempimento, avrebbe rilevato che la Friulia era entrata nella compagine sociale come “socio d’impulso”; la Friulia, cioè, non era entrata nella s.p.a. Laminatoio di Buttrio per finanziarla con l’acquisto di azioni, ma per assisterla dal di dentro con le proprie capacità (non esclusivamente, ma anche finanziarie) e concorrere a fondamento risollevarne la condizione economica di impresa, unitamente agli altri soci. In questa prospettiva, che è coerente con la finalità della pretesa dell’odierno ricorrente finanziaria regionale secondo la necessità legge regionale di avere accesso ai documenti richiesti previsione, le clausole esaminate dalla Corte non avrebbero costituito patto leonino, ma clausola “penale” a favore di una parte in caso di inadempimento e clausola “premiale” per poter procedere alla tutela dei propri dirittil’altra parte in caso di adempimento. Si consideri infatti che oltre In questa Commissione, il Consiglio prospettiva né l’una né l’altra clausola costituirebbero patto leonino. Non la prima perché non si esclude la sopportazione di Stato e il giudice amministrativo di prime cure (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 152/2007) hanno affermato il principio di diritto secondo cui: “allorquando venga presentata una richiesta di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri interessi nelle competenti sedi giudiziarie, anche nel caso in cui non sia certo che, successivamente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini perdite da parte della proposizione di eventuali domande giudiziali, l’accesso non può essere denegato. Infatti, l’apprezzamento sull’utilità o meno della documentazione richiesta in ostensione non spetta né all’Amministrazione destinataria dell’istanza ostensiva né, addirittura, allo stesso giudice amministrativo adìto con l’actio ad exibendum, bensì al giudice (sia esso amministrativo che ordinario) eventualmente adito dall’interessato al fine di tutelare l’interesse giuridicamente rilevante, sotteso alla pregressa domanda di accesso”. Ed ancoraFriulia, in occasione caso di una fattispecie simile all’odiernagestione negativa per cause diverse dall’inadempimento. Non la seconda che conferma il diritto della Friulia, il T.A.R. ha ribadito chefinché socia, alla percezione degli utili, la cui detrazione opera soltanto in merito alla oggettiva utilità o meno funzione della documentazione richiesta nel corso di un giudizio pendente ovvero alla proponibilità determinazione del giudizio ovvero ancora alla semplice valutazione da parte dell’interessato circa la opportunità o meno di agire in sede giurisdizionale (che è poi questo lo scopo dell’esistenza dell’istituto qui esaminato), nessun apprezzamento deve essere effettuato né dall’Amministrazione destinataria dell’istanza né da parte del giudice amministrativo, “sempre che l’interessato abbia dichiarato e motivato il suo interesse a tutelare la posizione soggettiva vantata tramite la conoscenza del contenuto degli atti richiesti”prezzo della eventuale cessione delle azioni ai soli soci Galotto.

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Samples: Società

DIRITTO. Viene Il ricorso non è meritevole di accoglimento. Come esattamente argomentato dalla società concedente, non sussiste alcun diritto, di origine legale, in rilievo a fondamento della pretesa dell’odierno ricorrente la necessità capo all’utilizzatore di avere accesso ai documenti richiesti un bene oggetto di un contratto di leasing, di riscattarlo anticipatamente (rectius: di esercitare prima del termine l’opzione per poter procedere alla tutela dei propri dirittiil relativo acquisto). Si consideri infatti che oltre questa CommissioneTale diritto ben può essere eventualmente introdotto per via pattizia, nell’ambito del contratto di leasing, ma nel caso di specie siffatta previsione non risulta inserita nella convenzione in essere tra le parti. D’altra parte, il Consiglio costante orientamento di Stato e questo Arbitro è nel senso di negare l’esistenza di un simile diritto a favore dell’utilizzatore (salva l’ipotesi, come detto, di previsione convenzionale dello stesso), dovendosi ritenere che il giudice amministrativo termine per l’esercizio del riscatto sia stabilito a favore di prime cure ambo le parti, sicché, così come la società concedente non può unilateralmente abbreviare la durata del contratto, altrettanto non può fare l’utilizzatore, pretendendo di esercitare in anticipo l’opzione per l’acquisto (T.A.R. Toscanacosì, Sez. IICollegio di Roma, 13 gennaio 2012, n. 152/200769; Collegio di Napoli 29 marzo 2011, n. 626; Collegio di Milano, 28 marzo 2012, n. 917). Ne consegue, dunque, che il riscatto anticipato del bene oggetto del contratto, in assenza di previsione pattizia di un diritto potestativo a favore dell’utilizzatore, è rimesso all’accordo tra le parti e, dunque, è subordinato (anche) hanno affermato il principio al consenso della società concedente. Non potendosi quindi ravvisare alcun profilo di diritto secondo cui: “allorquando venga presentata una richiesta di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri interessi nelle competenti sedi giudiziarieillegittimità nella condotta della parte resistente, anche nel caso in cui non sia certo che, successivamente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini della proposizione di eventuali domande giudiziali, l’accesso la domanda risarcitoria non può essere denegato. Infatti, l’apprezzamento sull’utilità o meno della documentazione richiesta in ostensione non spetta né all’Amministrazione destinataria dell’istanza ostensiva né, addirittura, allo stesso giudice amministrativo adìto con l’actio ad exibendum, bensì al giudice (sia esso amministrativo che ordinario) eventualmente adito dall’interessato al fine di tutelare l’interesse giuridicamente rilevante, sotteso alla pregressa domanda di accesso”. Ed ancora, in occasione di una fattispecie simile all’odierna, il T.A.R. ha ribadito che, in merito alla oggettiva utilità o meno della documentazione richiesta nel corso di un giudizio pendente ovvero alla proponibilità del giudizio ovvero ancora alla semplice valutazione da parte dell’interessato circa la opportunità o meno di agire in sede giurisdizionale (che è poi questo lo scopo dell’esistenza dell’istituto qui esaminato), nessun apprezzamento deve essere effettuato né dall’Amministrazione destinataria dell’istanza né da parte del giudice amministrativo, “sempre che l’interessato abbia dichiarato e motivato il suo interesse a tutelare la posizione soggettiva vantata tramite la conoscenza del contenuto degli atti richiesti”accolta.

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Samples: Leasing Agreement