Common use of Segue Clause in Contracts

Segue. La concreta estensione del principio di libertà contrattuale Nulla viene poi stabilito dalla riforma sui limiti al- la libertà negoziale dei conviventi in sede di deter- minazione del concreto assetto dei reciproci rap- porti. Qui, l’unico labilissimo accenno al riguardo risiede nel tenore del già citato comma 54, secon- do cui “Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le moda- lità di cui al comma 51”. Da quanto sopra può desumersi, innanzi tutto, che ai conviventi che avessero optato per la comunio- ne è consentito tornare a quella situazione di “as- senza di regime” che caratterizza i partners i quali, anche eventualmente in presenza di un contratto di convivenza, non avessero però previsto la comu- nione (oppure, naturalmente, non avessero stipula- to alcun contratto di convivenza). Xxxxxxxx situazio- ne, si badi, non è perfettamente coincidente con quella dei coniugi in regime di separazione dei be- ni, per i quali vige comunque un “regime”, che comporta l’applicazione di regole speciali (si pensi ad es. a quanto stabilito dagli artt. 217, 218 e 219 c.c.), non riferibili (per lo meno, in assenza di ap- posita convenzione, come si dirà tra un attimo) al- lo status di chi non è coniugato (54). A questo punto diviene però indispensabile tentare di comprendere se l’espressione “può essere modifi- cato” si limiti a quanto testé esposto, ovvero sot- tenda la possibilità di introdurre modifiche con- venzionali ai due regimi testé individuati, sì da im- maginare, da un lato, la creazione di una comunio- ne convenzionale del genere di quella descritta da- gli artt. 210 e 211 c.c., o, tutto all’opposto, di un regime di separazione in cui le regole di cui agli artt. 217, 218 e 219 c.c. vengano introdotte per via pattizia. Non vi è dubbio che, in omaggio al generale prin- cipio di libertà contrattuale, cui il legislatore non sembra certo aver inteso qui derogare (55), le “mo- difiche” possono estendersi a ricomprendere tutte quelle previsioni che norme imperative, ordine pubblico, o buon costume non vietino. Al di là di quanto così grossolanamente disposto dai citati commi 53 e 54, le parti potranno così continuare a dar vita a situazioni di contitolarità del genere di quelle preconizzate già diversi anni or sono dallo scrivente, quali ad es. comunioni (ordinarie) deri- vanti da impegni di carattere obbligatorio, se non addirittura da negozi traslativi ad effetti eventuali e differiti, assunti in sede di contratto di conviven- za (56): il tutto, naturalmente, con il limite di op- ponibilità ai terzi solo nel pieno rispetto delle rego-

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Segue. La concreta estensione Per quanto concerne i derivati con finalità meramente speculativa, si è già detto a quali condizioni tali contratti abbiano una struttura non dissimile a quella del principio gioco e della scommessa 141. Ora va ulteriormente osservato, anche alla luce delle considerazioni più sopra svolte circa i weather derivatives, che i derivati di libertà contrattuale Nulla viene poi stabilito dalla riforma sui limiti al- la libertà mera sorte, al di là di un dispositivo in qualche modo assi- milabile alla scommessa, si avvalgono del medesimo schema negoziale dei conviventi derivati di copertura il quale però, come anche è stato rilevato, pur senza apprezzabili modifiche formali, sembra ri- volto a produrre scambi fittizi, artificiosamente pensati e costruiti per approntare un’offerta fi- nanziaria che diversamente non si darebbe e, soprattutto, che non trova alcun limite – per così dire – né in sede rerum natura (ad esempio, la quantità comunque limitata dei soggetti che, essendo esposti ad un rischio, domandano di deter- minazione acquistare quella merce particolare che è la protezione ver- so di esso), né per legge (ad esempio, la quantità limitata di protezione che le compagnie assicu- rative possono offrire in conseguenza del concreto assetto regime vincolistico cui è sottoposta la loro attività) 142. In tempi recenti, autorevole dottrina ha messo in discussione questa assimilazione. Si è infat- ti sostenuto da parte di qualcuno che, anche nelle ipotesi in cui il contratto derivato preveda la liquidazione per differenze e lo scopo comune dei reciproci rap- porti. Quicontraenti sia quello di lucrare sulla sorte, l’unico labilissimo accenno al riguardo risiede nel tenore del già citato comma 54, secon- do cui “Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza pur condividendo come tale la natura aleatoria con le moda- lità i negozi di cui all’art. 1933 c.c., non potrebbe comunque pretendersi un suo accostamento tout court con la scommessa, e ciò in quanto per- marrebbe pur sempre una insuperabile differenza legata al comma 51”rapporto fra la prognosi del rischio e la “contropartita” messa in palio, ed inoltre, diversamente dalla scommessa, il derivato benché 140 Cfr. Da quanto sopra può desumersiX. XXXXXXX, innanzi tuttoL’evoluzione, che ai conviventi che avessero optato per la comunio- ne cit., p. 135 ss. ed anche X. XXXXX, Causa concreta, cit., p. 957 ss., secondo il quale, un simile uso della causa in concreto non è consentito tornare a quella situazione di “as- senza di regime” che caratterizza i partners i quali, anche eventualmente in presenza affatto dissimile dall’utilizzo di un «grimaldello per superare il principio della tendenziale insindacabilità dell’equilibrio economico del contratto e per affermare in linea generale che un contratto, con divario di convivenzavalore fra prestazione e controprestazione, non avessero però previsto la comu- nione può ritenersi nullo per mancanza di causa». 141 Cfr. X. XXXXXXXX, I titoli, cit., p. 87 ss.; X. XXXXXXX, I contratti, cit., p. 86; X. XXXXXXX, in tema di interest rate swap, cit., 155; X. XXXXXXXXX, Operazioni su derivati, cit., p. 1133; X. XXXXXXX, Contratti derivati (oppure, naturalmente, non avessero stipula- to alcun contratto di convivenza)sez. Xxxxxxxx situazio- ne, si badi, non è perfettamente coincidente con quella dei coniugi in regime di separazione dei be- ni, per i quali vige comunque un “regime”, che comporta l’applicazione di regole speciali (si pensi ad es. a quanto stabilito dagli artt. 217, 218 e 219 c.cciv.), in Dig. disc. priv., V, Xxxx, 2010, p. 357; X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 69 ss. 142 Cfr. X. XXXXXXXXXX, I derivati, cit., p. 581. avente scopo speculativo, svolgerebbe una funzione meritevole di tutela 143. Circa il primo aspetto, si è affermato che mentre nella scommessa la prognosi del rischio è assolutamente irrazionale, come altrettanto irrazionale è di conseguenza lo spostamento di ric- chezza, diversamente, nei derivati, la prognosi del rischio avverrebbe su basi razionali, di guisa che anche le parti non riferibili (per lo menosarebbero neutre rispetto alla posta messa in palio 144. Quest’argomentazione non sembra tuttavia decisiva e presta il fianco ad alcuni rilievi critici. Si deve, invero, convenire sul fatto che, sotto il profilo strutturale e finalistico, al pari della scommessa, con il derivato speculativo le parti pattuiscono un’attribuzione patrimoniale in favo- re di quella di loro che abbia fatto una previsione o un’affermazione esatta in ordine ad un even- to incerto, in assenza tal modo accordando rilevanza causale ad un rischio creato artificiosamente ed as- sunto dalle stesse parti come giustificativo dell’intera operazione negoziale. Semmai, sotto que- sto aspetto, se proprio si vuole ravvisare un elemento di ap- posita convenzionedifferenziazione rispetto alla scommes- sa, questo andrebbe individuato nel fatto che il derivato, diversamente dalla scommessa, non persegue un intento ludico, ma solo lucrativo 145. In sostanza, si è detto efficacemente, se è vero che il rischio – inteso come possibilità di per- dita o di guadagno – cui si espongono entrambi i contraenti, tanto nella scommessa quanto nel contratto derivato, si manifesta con modalità differenti nell’una e nell’altro (rispettivamente, ir- razionale e razionale), ugualmente tale aspetto sarebbe insufficiente ad escludere il connotato di aleatorietà pura che permea il derivato e che l’assimila strutturalmente alla figura negoziale dell’art. 1933 c.c. 146. Anche la pretesa di estendere ai derivati speculativi le funzioni positive che spesso si ricono- scono alla speculazione in generale, con ciò accreditando loro una qualche intrinseca meritevo- lezza degli interessi che perseguono, non sembra poter essere condivisa appieno. Al riguardo, sembra ragionevole affermare, la speculazione legittima e meritevole di tutela è quella che concerne scambi reali, quand’anche differiti nel tempo. Così, ad esempio, l’acquisto di merci in fasi di eccesso di offerta ne tiene su i prezzi e la loro vendita in fasi di eccesso di domanda li calmiera, sì da svolgere una funzione, senz’altro socialmente apprezzabile, di stabi- lizzazione dei mercati. Ma nulla di tutto ciò è riscontrabile nei derivati di mera sorte, rivolti a produrre, come si dirà tra un attimo) al- lo status è detto in apertura di chi non è coniugato (54)questo paragrafo, scambi appositamente costruiti, e dunque fittizi: essi concernono 143 Cfr. A questo punto diviene però indispensabile tentare E. BARCELLONA, Note sui derivati creditizi: market failure o regulation failure, in Banca borsa, 2009, p. 653 ss. 000 X. XXXXXXXXXX, Xx contratto derivato finanziario e la meritevolezza di comprendere se l’espressione “può essere modifi- cato” si limiti tutela degli interessi: tramonto della causa dei contratti o tramonto del mercato?, relazione al convegno Il contratto derivato finanziario concluso fra banca e cliente, tenuto a quanto testé espostoMilano il 12 aprile 2013. 145 Cfr. X. XXXXXXX, ovvero sot- tenda la possibilità in tema di introdurre modifiche con- venzionali ai due regimi testé individuatiinterest rate swap, sì da im- maginare, da un lato, la creazione di una comunio- ne convenzionale del genere di quella descritta da- gli artt. 210 e 211 c.ccit., op. 154; X. XXXXXXXXXXX, tutto all’oppostoLe operazioni di swap, di un regime di separazione in cui le regole di cui agli artt. 217cit., 218 e 219 c.c. vengano introdotte per via pattizia. Non vi è dubbio che, in omaggio al generale prin- cipio di libertà contrattuale, cui il legislatore non sembra certo aver inteso qui derogare (55), le “mo- difiche” possono estendersi a ricomprendere tutte quelle previsioni che norme imperative, ordine pubblico, o buon costume non vietino. Al di là di quanto così grossolanamente disposto dai citati commi 53 e 54, le parti potranno così continuare a dar vita a situazioni di contitolarità del genere di quelle preconizzate già diversi anni or sono dallo scrivente, quali ad es. comunioni (ordinarie) deri- vanti da impegni di carattere obbligatorio, se non addirittura da negozi traslativi ad effetti eventuali e differiti, assunti in sede di contratto di conviven- za (56): il tutto, naturalmente, con il limite di op- ponibilità ai terzi solo nel pieno rispetto delle rego-p. 128;

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Segue. L’incerta collocazione funzionale delle altre ipotesi di certificazione (artt. 82, 83 ed 84 del d. lgs. 276/2003) Ancora aperto invece è il dibattito sulla natura e sulla funzione delle “altre ipotesi” di certificazione individuate dagli artt. 82, 83 ed 84 del d. lgs. 276. Per quanto riguarda l’art. 82, per il quale gli enti bilaterali possono certificare “le rinunzie e transazioni di cui all’articolo 2113 c.c. a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle parti stesse”, in dottrina sono rinvenibili sostanzialmente due posizioni. Per alcuni, se è in funzione della “conferma” della volontà abdicativa o transattiva delle parti, la certificazione servirebbe ad accertare che il lavoratore effettua non una dichiarazione di scienza ma una dismissione di diritti. Il legislatore cioè, avendo in mente le note difficoltà di distinguere talvolta gli 103 X. XXXXX, La concreta estensione del principio certificazione dei contratti di libertà contrattuale Nulla viene poi stabilito dalla riforma sui limiti al- lavoro, cit., secondo cui la libertà negoziale dei conviventi possibilità per le parti di determinare in sede di deter- minazione certificazione il regolamento contrattuale troverebbe conferma dall’art. 78, 5° co. sui moduli e formulari per la certificazione del concreto assetto contratto da adottarsi con decreto ministeriale, da cui ad avviso dell’Autore si ricaverebbe in modo chiaro che “oggetto dell’attività di certificazione è il programma negoziale e cioè il contenuto del contratto” (p. 286) 104 Cfr. in tal senso, M. NOVELLA, op. cit., 130. 105 M. NOVELLA, op. loc. cit. atti dismissivi dalle c.d. quietanze liberatorie106, avrebbe semplicemente inteso assegnare agli enti bilaterali la competenza a certificare la reale natura dispositiva del negozio posto in essere dalle parti. La funzione della commissione di certificazione non sarebbe pertanto quella di convalidare la volontà dispositiva delle parti, rendendo le rinunzie e transazioni inoppugnabili, come quelle effettuate innanzi alle commissioni di conciliazione stragiudiziale ex artt. 2113, comma 4, c.c. e 410 e ss. c.p.c.107, bensì di qualificare come dismissivo il negozio posto in essere. Si tratterebbe, in sostanza, di una certificazione avente una finalità non dissimile da quella regolata dagli art. 75 ss., e cioè “una certificazione con finalità di riduzione del contenzioso in materia di qualificazione dei reciproci rap- portinegozi dismissivi in materia lavoristico”108. QuiPer altra dottrina se la norma venisse interpretata in questo senso sarebbe inutile, l’unico labilissimo accenno poiché non si capisce quale datore di lavoro potrebbe essere realisticamente interessato al riguardo risiede nel tenore mero accertamento dell’atto di dismissione, comunque revocabile, quando avrebbe l’opportunità di ottenerne l’inoppugnabilità rivolgendosi alle commissioni di conciliazione109. Secondo alcuni il confronto con il modello di cui all’art. 75 non reggerebbe peraltro sul piano funzionale e sistematico110: nella stipulazione del già citato comma 54, secon- do cui “Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso lavoro è la questione della convivenza con le moda- lità sua esatta qualificazione ad avere un ruolo di cui al comma 51”. Da quanto sopra può desumersiprimo piano, innanzi tutto, che ai conviventi che avessero optato per la comunio- ne è consentito tornare a quella situazione mentre i problemi di “as- senza legittimità sostanziale sono di regime” che caratterizza i partners i quali, anche eventualmente in presenza regola resi irrilevanti dalla sostituzione automatica di un contratto di convivenza, non avessero però previsto la comu- nione (oppure, naturalmente, non avessero stipula- to alcun contratto di convivenza). Xxxxxxxx situazio- ne, si badi, non è perfettamente coincidente con quella dei coniugi in regime di separazione dei be- ni, per i quali vige comunque un “regime”, che comporta l’applicazione di regole speciali (si pensi ad es. a quanto stabilito dagli clausole nulle ex artt. 2171419, 218 2° co, e 219 2077 c.c.); al contrario, non riferibili (per lo menoi problemi sulla qualificazione dei negozi dispositivi restano assorbiti da quelli inerente la legittimità sostanziale delle rinunzie e transazioni medesime. Tale interpretazione permetterebbe di comprendere tra l’altro il perché dell’attribuzione della competenza ai soli enti bilaterali che, vale la pena di 106 Su cui v., tra gli altri, X. XXXXXX, Le rinunzie e le transazioni del lavoratore: riesame critico, in assenza di ap- posita convenzione, come si dirà tra un attimo) al- lo status di chi non è coniugato (54)Dir. A questo punto diviene però indispensabile tentare di comprendere se l’espressione “può essere modifi- cato” si limiti a quanto testé esposto, ovvero sot- tenda la possibilità di introdurre modifiche con- venzionali ai due regimi testé individuati, sì da im- maginare, da un lato, la creazione di una comunio- ne convenzionale del genere di quella descritta da- gli artt. 210 e 211 c.clav., o1970, tutto all’oppostoI, di un regime di separazione in cui le regole di cui agli artt. 2178 ss.; X. XXXXXXXXXXX, 218 e 219 c.c. vengano introdotte per via pattizia. Non vi è dubbio cheConsiderazioni sulla funzione regolatrice della quietanza a saldo, in omaggio al generale prin- cipio Mass. giur. lav., 1976, 377 ss. 107 Cfr. X. XXXXXXXX, Le commissioni di libertà contrattualecertificazione e le rinunzie e transazioni, cui il legislatore non sembra certo aver inteso qui derogare (55), le “mo- difiche” possono estendersi a ricomprendere tutte quelle previsioni che norme imperative, ordine pubblico, o buon costume non vietino. Al di là di quanto così grossolanamente disposto dai citati commi 53 e 54, le parti potranno così continuare a dar vita a situazioni di contitolarità del genere di quelle preconizzate già diversi anni or sono dallo scrivente, quali ad es. comunioni (ordinarie) deri- vanti da impegni di carattere obbligatorio, se non addirittura da negozi traslativi ad effetti eventuali e differiti, assunti in sede di contratto di conviven- za (56): il tutto, naturalmente, con il limite di op- ponibilità ai terzi solo nel pieno rispetto delle rego-X. XXXXXXXX,

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Segue. La concreta estensione del principio prova dell’inefficacia nel processo Il Darlegungslast (onere della prova) riguarda il compito delle parti di libertà contrattuale Nulla viene poi stabilito dalla riforma sui limiti al- la libertà negoziale presentare al giudice i fatti dei conviventi in sede di deter- minazione del concreto assetto dei reciproci rap- porti. Qui, l’unico labilissimo accenno al riguardo risiede nel tenore del già citato comma 54, secon- do cui “Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le moda- lità di cui al comma 51”. Da quanto sopra può desumersi, innanzi tutto, che ai conviventi che avessero optato per la comunio- ne è consentito tornare a quella situazione di “as- senza di regime” che caratterizza i partners i quali, anche eventualmente in presenza di un contratto di convivenza, non avessero però previsto la comu- nione (oppure, naturalmente, non avessero stipula- to alcun contratto di convivenza). Xxxxxxxx situazio- ne, si badi, non è perfettamente coincidente con quella dei coniugi in regime di separazione dei be- ni, per i quali vige comunque un “regime”, che comporta l’applicazione di regole speciali (si pensi ad es. a quanto stabilito dagli artt. 217, 218 e 219 c.c.), non riferibili (per lo meno, in assenza di ap- posita convenzione, come si dirà tra un attimo) al- lo status di chi non è coniugato (54). A questo punto diviene però indispensabile tentare di comprendere se l’espressione “può essere modifi- cato” si limiti a quanto testé esposto, ovvero sot- tenda la possibilità di introdurre modifiche con- venzionali ai due regimi testé individuati, sì da im- maginare, da un lato, si servono per la creazione applicazione delle norme giuridiche fondanti la pretesa, dall’altro, per le determinazioni che ostacolano, inibiscono la pretesa dell’altra parte. Mentre il cd. Beweislast (onere di dimostrazione) è l’obbligo di addurre la prova della rappresentazione di fatti rilevanti regolarmente forniti, ma rimasti controversi, come nel caso del non liquet. Di regola, il Beweislast segue il Darlegungslast, «cosicché i due concetti si trovano maggior parte dei casi come un unitario Doppelbegriff»248 (doppio concetto). In opposizione all’onere di dimostrazione principale si è sviluppato in 247 Cfr. BAG 23.6.2010 NZA 2010, 1248 giurisprudenza anche il cd. Gegenbeweis, che tuttavia non consiste in una vera dimostrazione, bensì soltanto in una contestazione di quella principale. Per quello che concerne la prova dell’accordo sul termine, prima della introduzione della disciplina attuale, non era prevista la esigenza di una comunio- ne convenzionale documentazione dell’apposizione del genere termine al contratto di quella descritta da- gli artt. 210 e 211 c.c.lavoro, o, tutto all’opposto, perciò in mancanza di un regime atto scritto il rapporto si riteneva a tempo indeterminato, secondo la regola, e il datore di separazione lavoro doveva poi eccepire, nei confronti del diritto del lavoratore alla prosecuzione del rapporto a tempo indefinito, i fatti che avessero provato le dichiarazioni delle parti in accordo alla durata limitata del contratto. L’obbligo della Schriftform ha semplificato l’onere della prova della sussistenza di un accordo sul termine di un contratto. Il datore di lavoro infatti sarà chiamato a presentare il documento di cui al paragrafo 14 comma 4, dimostrando in questo modo l’esistenza del termine (a meno che non sia contestata la autenticità dell’atto scritto); in caso contrario, il tribunale del lavoro competente si deciderà sulla base della esistenza di un contratto di durata. Solamente se, nonostante l’eccezione dell’atto scritto, le determinazioni del contratto non sono chiare e necessitano di interpretazione, il tribunale non deve decidere immediatamente: in tal caso viene data possibilità al datore di presentare ulteriori circostanze che fondino la apposizione del termine249. Accertata la sussistenza del termine, segue la verifica della fondatezza dello stesso sulla base delle regole di cui agli arttal paragrafo 14 della Teilzeit – und Befristungsgesetz. 217, 218 e 219 c.c. vengano introdotte per via pattizia. Non vi è dubbio che, in omaggio al generale prin- cipio di libertà contrattuale, cui Per quanto concerne il legislatore non sembra certo aver inteso qui derogare termine giustificato da Sachgründe (55ragioni obiettive), le “mo- difiche” possono estendersi a ricomprendere tutte quelle previsioni inizialmente la giurisprudenza del Bundesarbeitsgericht di principio onerava della prova il lavoratore, che norme imperative, ordine pubblicodoveva dimostrare la assenza di una ragione ragionevole, o buon costume non vietinola pretestuosità della ragione concreta addotta. Al Si trattava perciò di una presunzione di quanto così grossolanamente disposto dai citati commi 53 e 54, le parti potranno così continuare a dar vita a situazioni di contitolarità legittimità del genere di quelle preconizzate già diversi anni or sono dallo scrivente, quali ad estermine. comunioni (ordinarie) deri- vanti da impegni di carattere obbligatorioTuttavia, se il lavoratore avesse addotto dimostrazioni nach dem ertsten Anschein (“in prima apparenza”) convincenti, quindi non addirittura manifestatamente infondati, tali da negozi traslativi ad effetti eventuali presumere effettivamente la mancanza di una ragione concreta, il datore di lavoro avrebbe dovuto confutare la presunzione attraverso una Gegenbeweis. Negli anni successivi peraltro, a questo obbligo di “contro-dimostrazione” era tenuto sempre più spesso il datore di lavoro, a causa del diffuso riconoscimento della non manifestata infondatezza, e differitidel punto di vista della “vicinanza alla dimostrazione”250. Questo spostamento dell’onere della prova sul lato datoriale è continuato fino alla attuazione della Direttiva 1999/70 CE attraverso la Teilzeit – und Befristungsgesetz. La normativa comunitaria ha posto i contratti di lavoro a tempo indeterminato e a tempo determinato in un rapporto di regola ed eccezione; il contratto a termine è in ogni caso una eccezione vantaggiosa per il datore di lavoro, assunti e la ragione obiettiva è «una obiezione allo stato durevole del rapporto di lavoro»251. Di conseguenza il datore dovrà esporre la Sachgrund e dimostrare i fatti controversi, oltre a portare il rischio del non liquet. Infine, come per la dimostrazione dell’esistenza della apposizione del termine al contratto (supra), il datore di lavoro ha anche l’onere di provare l’accordo su di un termine privo di ragione concreta, fondato sul rispetto della Höchstdauer (durata massima) di cui al paragrafo 14 comma 2 della TzBfG. D’altronde, quanto detto non vale per l’Anschlussverbot, ossia la mancanza del presupposto del primo impiego presso la azienda in sede questione, la cui prova spetta al lavoratore. I presupposti di contratto età anagrafica, e di conviven- za inattività o di conseguimento di incentivi per il reingresso nel mercato del lavoro, per quattro mesi (56): il tuttocfr. Cap. 2 par. 2.3), naturalmente, con il limite devono invece essere dimostrati dal datore di op- ponibilità ai terzi solo nel pieno rispetto delle rego-lavoro.

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