Common use of Aspetti fiscali Clause in Contracts

Aspetti fiscali. Alle imprese appartenenti alle reti riconosciute competono vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari, ma va chiarito preliminarmente che solo le imprese aderenti a contratti di rete che prevedano l’istituzione del fondo patrimoniale comune possono accedere all’agevolazione fiscale. Con riferimento ai profili soggettivi, possono beneficiare dell’agevolazione le imprese fiscalmente residenti e le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di imprese non residenti che abbiano originariamente sottoscritto o successivamente aderito ad un contratto di rete, indipendentemente dalla loro forma giuridica, dimensione, localizzazione e tipologia di attività svolta. Inoltre, come chiarito dall’Amministrazione Finanziaria (si veda in proposito la Circolare 15/E del 14 aprile 2011), non sono escluse dall’agevolazione le imprese che hanno sottoscritto contratti di rete in data anteriore all’entrata in vigore della norma (ovvero anteriormente al 31 luglio 2010), purché siano rispettati tutti i requisiti previsti dalla norma stessa. La rete di imprese è priva di soggettività tributaria, ferma restando la possibilità di attribuzione del codice fiscale qualora i soggetti che ne fanno parte presentino, per finalità operative, specifica istanza; pertanto, l’adesione ad un contratto di rete non comporta l’estinzione, né la modificazione della soggettività tributaria delle imprese che aderiscono all’accordo in esame, non facendo, quindi, venir meno gli obblighi di dichiarazione dei redditi derivanti dalla comune attività in capo ai singoli soggetti aderenti alla rete (si veda in proposito la Circolare 4/E del 15 febbraio 2011 e la Risoluzione n. 70/E del 30 giugno 2011). Il contratto di rete e' soggetto ad iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui e' iscritto ciascun partecipante e l'efficacia decorrere da quando e' stata eseguita l'ultima iscrizione a carico di coloro che ne sono stati i sottoscrittori originari.

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Aspetti fiscali. Alle imprese appartenenti Le spese di sponsorizzazione rientrano nella definizione di contratti pubblicitari, il cui trattamento fiscale è contenuto nell’articolo 108, comma 2, del Tuir, laddove è previsto che “le spese di pubblicità e propaganda siano deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute ovvero in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi”. Con la risoluzione del 5/11/74 n. 2/1016 l’Amministrazione Finanziaria aveva enunciato il principio di carattere generale secondo cui potevano essere considerate di natura pubblicitaria le somme corrisposte a società sportive a condizione che “abbiano come unico scopo quello di reclamizzare il prodotto commerciale per incrementare i ricavi e sempre che ai contributi faccia riscontro in tal senso una somma di obblighi contrattuali, anche in fatto osservati, a carico delle società percipienti”, in mancanza di tali requisiti le somme devono essere considerate delle mere elargizioni a titolo di liberalità e, pertanto non deducibili. Due sono i punti fondamentali, secondo la risoluzione n. 2/1016, per distinguere le sponsorizzazione dalle liberalità e dalle spese di rappresentanza: - Contratto bilaterale a prestazioni corrispettive: a fronte del corrispettivo versato dallo sponsor in denaro o in natura, la parte che percepisce il corrispettivo si obbliga ad effettuare determinate prestazioni pubblicitarie, attraverso la reclam durante la manifestazione sportiva o culturale o attraverso l’intermittenza di messaggi promozionali durante le riprese televisive ecc. Qualora manchi un contratto e vi sia quindi assoluta mancanza reciproca di impegni, la spesa deve ricadere tra le spese di rappresentanza. - La sponsorizzazione ha lo scopo di reclamizzare i prodotti commerciali dello sponsor al fine di incrementarne i ricavi. Normalmente nella sponsorizzazione ciò che viene reclamizzata è la ditta nella sua globalità e non i singoli prodotti commercializzati. L’orientamento della risoluzione n. 2/1016 è stato superato dalla risoluzione ministeriale n. 9/2014 del 17 giugno 1992, con la quale il Ministero delle Finanze ha espressamente accomunato le spese di sponsorizzazione alle reti spese di pubblicità, rilevando che le prime “sono connesse ad un contratto la cui caratterizzazione è costituita, di regola, da un rapporto sinallagmatico tra lo sponsor e il soggetto sponsorizzato, in base al quale le parti interessate fissano le clausole contrattuali in relazione agli scopi che esse intendono raggiungere. Generalmente mediante tale contratto lo sponsor si obbliga ad una prestazione in denaro o in natura nei confronti del soggetto sponsorizzato che, a sua volta, si impegna a pubblicizzare e/o propagandare il prodotto, il marchio, i servizi, o comunque, l’attività produttiva dello sponsor e, pertanto, le relative spese, cui non può disconoscersi una stretta correlazione con l’intento di conseguire maggiori ricavi, rientrando nella previsione normativa di cui alla prima parte del comma 2 dell’art. 74 del TUIR, con i conseguenti riflessi in termini fiscali”. Il comma 8 dell’art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ha previsto che i corrispettivi in denaro o in natura erogati in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche, fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciute competono vantaggi fiscalidalla Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva, amministrativi non superiori all’importo annuo di 200.000 euro, costituiscono per il soggetto erogante “spese di pubblicità”. La disposizione in esame introduce, in sostanza, ai fini delle imposte sui redditi, una presunzione assoluta circa la natura di tali spese, che vengono considerate, sempre nel limite di predetto importo, comunque di pubblicità, pertanto integralmente deducibili per il soggetto erogante. La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 21/E del 22 aprile 2003 ha tuttavia chiarito che la fruizione dell’agevolazione in esame è subordinata alla sussistenza delle seguenti condizioni: - I corrispettivi erogati devono essere necessariamente destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante; - Deve essere riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima. Il differenziale tributario tra quanto dedotto da un’impresa e finanziariquanto imponibile in capo a un’associazione sportiva dilettantistica ispira tuttavia, molto spesso, la costruzione di operazioni pubblicitarie e/o di sponsorizzazioni effettive, ma va chiarito preliminarmente sovrafatturate e parzialmente inesistenti, ovvero generatrici di vantaggi fraudolenti. L’Agenzia delle Entrate ha pertanto più volte cercato di porre riparo, incrociando gli elenchi clienti di una serie di associazioni con le dichiarazioni delle società che le sponsorizzavano, e ha inoltre contestato l’antieconomicità delle spese ritenendole di sovente “inutili” ai fini del conseguimento degli obiettivi aziendali. Questo è accaduto soprattutto in relazione ad associazioni e società sportive dilettantistiche per le quali sono concesse sponsorizzazioni fino a 200.000 euro. Giacchè, come si è detto, si presume che le spese di questo tipo siano sponsorizzazioni fino a 200.000 euro, l’Amministrazione Finanziaria non potendo “riqualificare” le spese di sponsorizzazione ne ha contestato l’economicità, dunque il carattere fittizio. Laddove l’azienda stia affrontando delle spese di sponsorizzazione, soprattutto se di importo ingente, risulta preferibile: - Redigere in forma scritta l’accordo di sponsorizzazione fornendo ogni dettaglio in merito all’oggetto della sponsorizzazione, alle modalità di espletamento, alle prestazioni a carico delle parti, ecc.; - Conservare tutta la documentazione ritenuta utile a prova del fatto che gli obblighi contrattuali siano stati effettivamente adempiuti (conservando, per esempio, manifesti, striscioni, magliette riportanti il logo dello sponsor, riprese televisive, ecc.), al fine di disporre di quanto necessario a provare, in sede di eventuale contestazione, l’effettività della sponsorizzazione; - Fornire prova della ratio della sponsorizzazione effettuata e del suo legame con il programma economico imprenditoriale, specificando l’obiettivo perseguito con la spesa in questione ed evidenziando il ritorno commerciale che si spera di ottenere, In tal modo viene facilitata l’Amministrazione Finanziaria, prima, e i giudici, poi, nell’individuazione di ogni elemento utile a qualificare la sponsorizzazione quale spesa di pubblicità. A sostegno di tali elementi è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14252 del 23/06/2014 secondo cui le spese di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, deducibili nei limiti previsti dalla legge, in quanto accrescono il prestigio dell’impresa, sempre che non se ne trovi un ritorno commerciale diretto. Questo è quanto emerge dall’ordinanza n. 14252 del 23 giugno 2014, nella quale la Corte, allineandosi all’indirizzo prevalente, evidenzia che le spese di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, poiché in grado di accrescere il pregio dell’impresa, laddove il contribuente non documenti che all’attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta speranza di ritorno commerciale. La giurisprudenza ha infatti individuato nell’aspettativa di ritorno commerciale il criterio determinante al fine di distinguere le spese di rappresentanza da quelle di pubblicità: mentre le prime sono contraddistinte da un’aspettativa di un ritorno commerciale indiretto, considerato come rafforzamento delle possibilità di sviluppo dell’impresa con la crescita del merito e dell’immagine, quelle di pubblicità, invece, sono volte a un ritorno commerciale diretto con l’aumento, più o meno immediato, delle vendite. Quanto sopra enunciato è stato stravolto dalla recente Sentenza n. 3421/67/2015 della Ctr Lombardia (sede staccata di Brescia), con cui il giudice di secondo grado, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato l’avviso di accertamento ricevuto da una società cui era contestata l’antieconomicità delle spese di sponsorizzazione sostenute per un’associazione sportiva locale e partecipante a un campionato dilettantistico. In particolare la sentenza è fondata sui seguenti motivi: - Che la normativa vigente parla di “aspettativa di ritorni economici” e non di “obbligo” di maggiori ricavi che devono scaturire dall’investimento effettuato in sponsorizzazione; - Che, nonostante non vi siano stati maggiori ricavi conseguiti, la spesa sostenuta potrebbe essere stata utili quanto meno a evitare una riduzione di fatturato, tenendo conto anche dello stato di crisi economica in cui oggi versa il Paese; - Che la spese sostenuta, nonostante non abbia portato maggiori ricavi, comunque potrebbe essere stata utile per portare a conoscenza, di un pubblico più ampio, del marchio e del prodotto aziendale; - Che a priori, quando si è eseguita la scelta di investire in sponsorizzazione, definendo costi, tempi e modalità dell’investimento stesso, questa è stata fatta con l’obiettivo della massimizzazione del profitto senza avere “certezza” di quale ne sarebbe il ritorno economico; - Che si tenga conto anche della realtà economica in cui opera l’impresa. La Ctr ha quindi osservato che è solo le imprese aderenti l’imprenditore a contratti poter decidere se e come intervenire in qualità di rete sponsor, valutando i costi, i tempi e i luoghi cui effettuare la pubblicità, per conseguire la massimizzazione del profitto, pur non avendo alcuna certezza dei risultati che prevedano l’istituzione del fondo patrimoniale comune possono accedere all’agevolazione fiscalesi realizzeranno, evidenziando che, sebbene si trattasse di un’associazione dilettantistica locale, la sponsorizzazione attraverso la stampa e altri mezzi di trasmissione aveva certamente coinvolto un maggior numero di soggetti. Con riferimento all’asserita antieconomicità il giudice ha evidenziato che l’Ufficio si è limitato a compiere dei meri raffronti tra spese e redditi/volumi d’affari della società senza rapportarli alla realtà economica. L’imprenditore, attraverso la pubblicità, ha fornito alla propria impresa un’utilità indiretta, promuovendo il proprio marchio di fabbrica attraverso il nome, l’attività e anche l’immagine durante tutti gli eventi cui l’associazione sportiva ha partecipato. In ogni caso, poi, i costi dedotti erano regolarmente documentati non solo dalle fatture emesse dall’associazione, ma anche dai relativi pagamenti registrati in contabilità. Infine, conclude il giudice sottolineando che, l’art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ha introdotto una presunzione assoluta circa la natura delle spese pubblicitarie ai profili soggettivifini delle imposte sui redditi, possono beneficiare dell’agevolazione le imprese fiscalmente residenti e le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato ponendo il limite di imprese 200.000 euro per la promozione dell’immagine o dei prodotti dell’operatore economico erogante, con conseguente integrale deducibilità dei relativi costi. Il giudice ha dato importanza alla circostanza che non residenti si può avere alcuna certezza sui maggiori ricavi conseguibili, tanto più che abbiano originariamente sottoscritto o successivamente aderito ad un contratto di reteil riscontro sui risultati raggiunti è possibile solo a posteriori, indipendentemente dalla loro per cui errata valutazione dell’imprenditore sulla forma giuridica, dimensione, localizzazione e tipologia di attività svolta. Inoltre, come chiarito dall’Amministrazione Finanziaria (si veda in proposito la Circolare 15/E del 14 aprile 2011)pubblicitaria scelta, non sono escluse dall’agevolazione le imprese che hanno sottoscritto contratti di rete può essere certamente sanzionata con l’indeducibilità fiscale. Dottore Commercialista in data anteriore all’entrata in vigore della norma Bitonto (ovvero anteriormente al 31 luglio 2010BA), purché siano rispettati tutti i requisiti previsti dalla norma stessa. La rete di imprese è priva di soggettività tributaria, ferma restando la possibilità di attribuzione del codice fiscale qualora i soggetti che ne fanno parte presentino, per finalità operative, specifica istanza; pertanto, l’adesione ad un contratto di rete non comporta l’estinzione, né la modificazione della soggettività tributaria delle imprese che aderiscono all’accordo in esame, non facendo, quindi, venir meno gli obblighi di dichiarazione dei redditi derivanti dalla comune attività in capo ai singoli soggetti aderenti alla rete (si veda in proposito la Circolare 4/E del 15 febbraio 2011 e la Risoluzione n. 70/E del 30 giugno 2011). Il contratto di rete e' soggetto ad iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui e' iscritto ciascun partecipante e l'efficacia decorrere da quando e' stata eseguita l'ultima iscrizione a carico di coloro che ne sono stati i sottoscrittori originari.

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Aspetti fiscali. Alle imprese appartenenti Le spese di sponsorizzazione rientrano nella definizione di contratti pubblicitari, il cui trattamento fiscale è contenuto nell’articolo 108, comma 2, del Tuir, laddove è previsto che “le spese di pubblicità e propaganda siano deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute ovvero in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi”. Con la risoluzione del 5/11/74 n. 2/1016 l’Amministrazione Finanziaria aveva enunciato il principio di carattere generale secondo cui potevano essere considerate di natura pubblicitaria le somme corrisposte a società sportive a condizione che “abbiano come unico scopo quello di reclamizzare il prodotto commerciale per incrementare i ricavi e sempre che ai contributi faccia riscontro in tal senso una somma di obblighi contrattuali, anche in fatto osservati, a carico delle società percipienti”, in mancanza di tali requisiti le somme devono essere considerate delle mere elargizioni a titolo di liberalità e, pertanto non deducibili. Due sono i punti fondamentali, secondo la risoluzione n. 2/1016, per distinguere le sponsorizzazione dalle liberalità e dalle spese di rappresentanza: - Contratto bilaterale a prestazioni corrispettive: a fronte del corrispettivo versato dallo sponsor in denaro o in natura, la parte che percepisce il corrispettivo si obbliga ad effettuare determinate prestazioni pubblicitarie, attraverso la reclam durante la manifestazione sportiva o culturale o attraverso l’intermittenza di messaggi promozionali durante le riprese televisive ecc. Qualora manchi un contratto e vi sia quindi assoluta mancanza reciproca di impegni, la spesa deve ricadere tra le spese di rappresentanza. - La sponsorizzazione ha lo scopo di reclamizzare i prodotti commerciali dello sponsor al fine di incrementarne i ricavi. Normalmente nella sponsorizzazione ciò che viene reclamizzata è la ditta nella sua globalità e non i singoli prodotti commercializzati. L’orientamento della risoluzione n. 2/1016 è stato superato dalla risoluzione ministeriale n. 9/2014 del 17 giugno 1992, con la quale il Ministero delle Finanze ha espressamente accomunato le spese di sponsorizzazione alle reti spese di pubblicità, rilevando che le prime “sono connesse ad un contratto la cui caratterizzazione è costituita, di regola, da un rapporto sinallagmatico tra lo sponsor e il soggetto Il comma 8 dell’art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ha previsto che i corrispettivi in denaro o in natura erogati in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche, fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciute competono vantaggi fiscalidalla Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva, amministrativi non superiori all’importo annuo di 200.000 euro, costituiscono per il soggetto erogante “spese di pubblicità”. La disposizione in esame introduce, in sostanza, ai fini delle imposte sui redditi, una presunzione assoluta circa la natura di tali spese, che vengono considerate, sempre nel limite di predetto importo, comunque di pubblicità, pertanto integralmente deducibili per il soggetto erogante. La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 21/E del 22 aprile 2003 ha tuttavia chiarito che la fruizione dell’agevolazione in esame è subordinata alla sussistenza delle seguenti condizioni: - I corrispettivi erogati devono essere necessariamente destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante; - Deve essere riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima. Il differenziale tributario tra quanto dedotto da un’impresa e finanziariquanto imponibile in capo a un’associazione sportiva dilettantistica ispira tuttavia, molto spesso, la costruzione di operazioni pubblicitarie e/o di sponsorizzazioni effettive, ma va chiarito preliminarmente sovrafatturate e parzialmente inesistenti, ovvero generatrici di vantaggi fraudolenti. L’Agenzia delle Entrate ha pertanto più volte cercato di porre riparo, incrociando gli elenchi clienti di una serie di associazioni con le dichiarazioni delle società che le sponsorizzavano, e ha inoltre contestato l’antieconomicità delle spese ritenendole di sovente “inutili” ai fini del conseguimento degli obiettivi aziendali. Questo è accaduto soprattutto in relazione ad associazioni e società sportive dilettantistiche per le quali sono concesse sponsorizzazioni fino a 200.000 euro. Giacchè, come si è detto, si presume che le spese di questo tipo siano sponsorizzazioni fino a 200.000 euro, l’Amministrazione Finanziaria non potendo “riqualificare” le spese di sponsorizzazione ne ha contestato l’economicità, dunque il carattere fittizio. Laddove l’azienda stia affrontando delle spese di sponsorizzazione, soprattutto se di importo ingente, risulta preferibile: - Redigere in forma scritta l’accordo di sponsorizzazione fornendo ogni dettaglio in merito all’oggetto della sponsorizzazione, alle modalità di espletamento, alle prestazioni a carico delle parti, ecc.; - Conservare tutta la documentazione ritenuta utile a prova del fatto che gli obblighi contrattuali siano stati effettivamente adempiuti (conservando, per esempio, manifesti, striscioni, magliette riportanti il logo dello sponsor, riprese televisive, ecc.), al fine di disporre di quanto necessario a provare, in sede di eventuale contestazione, l’effettività della sponsorizzazione; - Fornire prova della ratio della sponsorizzazione effettuata e del suo legame con il programma economico imprenditoriale, specificando l’obiettivo perseguito con la spesa in questione ed evidenziando il ritorno commerciale che si spera di ottenere, In tal modo viene facilitata l’Amministrazione Finanziaria, prima, e i giudici, poi, nell’individuazione di ogni elemento utile a qualificare la sponsorizzazione quale spesa di pubblicità. A sostegno di tali elementi è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14252 del 23/06/2014 secondo cui le spese di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, deducibili nei limiti previsti dalla legge, in quanto accrescono il prestigio dell’impresa, sempre che non se ne trovi un ritorno commerciale diretto. Questo è quanto emerge dall’ordinanza n. 14252 del 23 giugno 2014, nella quale la Corte, allineandosi all’indirizzo prevalente, evidenzia che le spese di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, poiché in grado di accrescere il pregio dell’impresa, laddove il contribuente non documenti che all’attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta speranza di ritorno commerciale. La giurisprudenza ha infatti individuato nell’aspettativa di ritorno commerciale il criterio determinante al fine di distinguere le spese di rappresentanza da quelle di pubblicità: mentre le prime sono contraddistinte da un’aspettativa di un ritorno commerciale indiretto, considerato come rafforzamento delle possibilità di sviluppo dell’impresa con la crescita del merito e dell’immagine, quelle di pubblicità, invece, sono volte a un ritorno commerciale diretto con l’aumento, più o meno immediato, delle vendite. Quanto sopra enunciato è stato stravolto dalla recente Sentenza n. 3421/67/2015 della Ctr Lombardia (sede staccata di Brescia), con cui il giudice di secondo grado, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato l’avviso di accertamento ricevuto da una società cui era contestata l’antieconomicità delle spese di sponsorizzazione sostenute per un’associazione sportiva locale e partecipante a un campionato dilettantistico. In particolare la sentenza è fondata sui seguenti motivi: - Che la normativa vigente parla di “aspettativa di ritorni economici” e non di “obbligo” di maggiori ricavi che devono scaturire dall’investimento effettuato in sponsorizzazione; - Che, nonostante non vi siano stati maggiori ricavi conseguiti, la spesa sostenuta potrebbe essere stata utili quanto meno a evitare una riduzione di fatturato, tenendo conto anche dello stato di crisi economica in cui oggi versa il Paese; - Che la spese sostenuta, nonostante non abbia portato maggiori ricavi, comunque potrebbe essere stata utile per portare a conoscenza, di un pubblico più ampio, del marchio e del prodotto aziendale; - Che a priori, quando si è eseguita la scelta di investire in sponsorizzazione, definendo costi, tempi e modalità dell’investimento stesso, questa è stata fatta con l’obiettivo della massimizzazione del profitto senza avere “certezza” di quale ne sarebbe il ritorno economico; - Che si tenga conto anche della realtà economica in cui opera l’impresa. La Ctr ha quindi osservato che è solo le imprese aderenti l’imprenditore a contratti poter decidere se e come intervenire in qualità di rete sponsor, valutando i costi, i tempi e i luoghi cui effettuare la pubblicità, per conseguire la massimizzazione del profitto, pur non avendo alcuna certezza dei risultati che prevedano l’istituzione del fondo patrimoniale comune possono accedere all’agevolazione fiscalesi realizzeranno, evidenziando che, sebbene si trattasse di un’associazione dilettantistica locale, la sponsorizzazione attraverso la stampa e altri mezzi di trasmissione aveva certamente coinvolto un maggior numero di soggetti. Con riferimento all’asserita antieconomicità il giudice ha evidenziato che l’Ufficio si è limitato a compiere dei meri raffronti tra spese e redditi/volumi d’affari della società senza rapportarli alla realtà economica. L’imprenditore, attraverso la pubblicità, ha fornito alla propria impresa un’utilità indiretta, promuovendo il proprio marchio di fabbrica attraverso il nome, l’attività e anche l’immagine durante tutti gli eventi cui l’associazione sportiva ha partecipato. In ogni caso, poi, i costi dedotti erano regolarmente documentati non solo dalle fatture emesse dall’associazione, ma anche dai relativi pagamenti registrati in contabilità. Infine, conclude il giudice sottolineando che, l’art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ha introdotto una presunzione assoluta circa la natura delle spese pubblicitarie ai profili soggettivifini delle imposte sui redditi, possono beneficiare dell’agevolazione le imprese fiscalmente residenti e le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato ponendo il limite di imprese 200.000 euro per la promozione dell’immagine o dei prodotti dell’operatore economico erogante, con conseguente integrale deducibilità dei relativi costi. Il giudice ha dato importanza alla circostanza che non residenti si può avere alcuna certezza sui maggiori ricavi conseguibili, tanto più che abbiano originariamente sottoscritto o successivamente aderito ad un contratto di reteil riscontro sui risultati raggiunti è possibile solo a posteriori, indipendentemente dalla loro per cui errata valutazione dell’imprenditore sulla forma giuridica, dimensione, localizzazione e tipologia di attività svolta. Inoltre, come chiarito dall’Amministrazione Finanziaria (si veda in proposito la Circolare 15/E del 14 aprile 2011)pubblicitaria scelta, non sono escluse dall’agevolazione le imprese che hanno sottoscritto contratti di rete può essere certamente sanzionata con l’indeducibilità fiscale. Dottore Commercialista in data anteriore all’entrata in vigore della norma Bitonto (ovvero anteriormente al 31 luglio 2010BA), purché siano rispettati tutti i requisiti previsti dalla norma stessa. La rete di imprese è priva di soggettività tributaria, ferma restando la possibilità di attribuzione del codice fiscale qualora i soggetti che ne fanno parte presentino, per finalità operative, specifica istanza; pertanto, l’adesione ad un contratto di rete non comporta l’estinzione, né la modificazione della soggettività tributaria delle imprese che aderiscono all’accordo in esame, non facendo, quindi, venir meno gli obblighi di dichiarazione dei redditi derivanti dalla comune attività in capo ai singoli soggetti aderenti alla rete (si veda in proposito la Circolare 4/E del 15 febbraio 2011 e la Risoluzione n. 70/E del 30 giugno 2011). Il contratto di rete e' soggetto ad iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui e' iscritto ciascun partecipante e l'efficacia decorrere da quando e' stata eseguita l'ultima iscrizione a carico di coloro che ne sono stati i sottoscrittori originari.

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Aspetti fiscali. Alle L’ammortamento dei beni concessi in comodato e la deducibilit`a fiscale La deducibilita` delle quote di ammortamento di un bene con- cesso in comodato e` ammessa esclusivamente per il comodan- te, mentre e` sempre esclusa per il comodatario, anche se questi e` titolare di un reddito d’impresa. Infatti, contrariamente a quanto avviene per il contratto di affitto di azienda, nel contratto di co- modato il comodatario non e` te- nuto a risarcire il comodante per il deterioramento dei beni ogget- to del contratto (ai sensi dell’art. 1807 c.c.). Per questo motivo, si ritiene, l’Amministrazione finan- ziaria riconosce la deducibilita` delle quote di ammortamento accantonate nell’apposito fondo da parte del comodante, a condi- zione che trattasi di beni ricono- sciuti quali strumentali ai sensi dell’art. 102 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 1. I beni immobili strumentali La deducibilita` delle quote di ammortamento dei beni immobi- li relativi alle imprese commer- ciali e` sancita in funzione della categoria di immobili strumenta- li: quelli definiti strumentali per natura e quelli che acquistano la qualifica di strumentali per de- stinazione. 1 Cfr. Sentenza della Commissione tri- butaria Centrale Sez. XX n. 1893 del 17 maggio 1993, la quale ha stabilito che «la strumentalita` di un bene non viene meno in presenza di un contrat- to di comodato». Gli immobili «strumentali per na- tura» sono gli immobili che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazio- ne a meno che non siano sotto- posti a radicali trasformazioni (immobili appartenenti alle reti riconosciute competono vantaggi fiscalicate- gorie catastali C, amministrativi D, ed A/10) e finanziarisi considerano tali a prescindere dalla loro destinazione o dal loro uso. Per lo stesso motivo gli im- mobili appartenenti a questa ca- tegoria di beni strumentali non sono produttivi di reddito di fab- bricati, anche qualora siano dati in comodato. Gli immobili «strumentali per destinazione» sono gli immobili non strumentali per natura uti- lizzati esclusivamente per l’eser- cizio dell’impresa. Il processo di ammortamento fi- scale e` deducibile per il como- dante in ogni caso in presenza di strumentalita` per natura, uni- camente, se soddisfatto il requi- sito di inerenza per gli immobili strumentali per destinazione. I beni mobili strumentali Anche se non utilizzati diretta- mente dal proprietario (como- dante), i beni mobili concessi in comodato possono essere consi- derati strumentali alla produzio- ne dei ricavi dell’impresa. Al fine di ammettere la deducibi- lita` delle quote di ammortamen- to di questi beni concessi in co- modato e` indispensabile dimo- strare l’inerenza tra il contratto stesso e l’attivita` d’impresa svol- ta dal comodante. Il requisito di inerenza tra con- tratto di comodato e attivita` del- l’impresa e` riscontrabile ogni qualvolta l’utilizzo del bene stru- mentale da parte del comodata- rio soddisfa un interesse dell’at- tivita` dell’impresa del comodan- te, non solo in termini di collega- mento diretto tra comodato e ri- cavi, ma va chiarito preliminarmente in generale in termini di vantaggi commerciali per l’im- presa comodante. Le quote di ammortamento del costo di tali beni possono, dun- que, risultare deducibili a condi- zione che solo le imprese aderenti a contratti si dimostri l’esistenza di rete un rapporto di inerenza tra il contratto di comodato e l’attivita` svolta dal comodante (ad esem- pio, la concessione in comodato delle macchine distributrici automatiche di bevande che prevedano l’istituzione con- sentono al proprietario/fornitore di ottenere dalla vendita dei pro- dotti distribuiti un maggior gua- dagno). Le spese sostenute dal comodante Le spese di manutenzione soste- nute dal comodante, imputate alla voce B7 (Spese per servizi) del fondo patrimoniale comune possono accedere all’agevolazione fiscale. Con riferimento ai profili soggettiviconto economico, possono beneficiare dell’agevolazione le imprese fiscalmente residenti sono dedu- cibili, nell’esercizio in cui sono sostenute, nella misura massima del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali, inclusi i be- ni concessi in comodato, risul- tanti dal registro dei beni am- mortizzabili all’inizio del periodo d’imposta, considerando gli ac- quisti e le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato vendite effettuate nel- l’esercizio in proporzione ai gior- ni. Le spese eccedenti il 5% pos- sono essere ripartite, in quote costanti, nei cinque esercizi suc- cessivi (con conseguente rileva- zione di imprese imposte anticipate). Le spese di manutenzione, ripa- razione, ammodernamento e tra- sformazione con natura possono essere imputate ad aumento del costo dei beni cui le stesse si ri- feriscono e ammortizzate unita- mente al costo del bene incre- mentato. Le spese sostenute dal comodatario Poiche´ il Codice Civile non residenti pre- vede alcuna disciplina per il rim- borso delle spese per i migliora- menti e le addizioni apportate dal comodatario, devono ritener- si applicabili per analogia le di- sposizioni applicabili in materia di locazione. Il comodatario non ha diritto alla restituzione delle spese sostenu- te per servirsi della cosa (spese inerenti al godimento o all’utiliz- zo), ma ha diritto alla restituzio- ne delle spese straordinarie so- stenute ed anticipate per la con- servazione del bene a patto che abbiano originariamente sottoscritto o successivamente aderito ad un non sia stato pattuito diversa- mente al momento della stipula del contratto. In ogni caso, fino al termine del contratto di retecomodato, indipendentemente per il di- sposto del comma 2, art. 1282 c.c., il comodatario non ha dirit- to agli interessi sulle somme spettanti a titolo di rimborso per le spese straordinarie neces- sarie ed urgenti sostenute. Le spese ordinarie, sostenute dal comodatario, sono deducibili in- teramente nell’esercito in cui so- no sostenute poiche´, trattandosi di spese relative a beni di terzi e non a beni propri, non si applica la limitazione del 5% di cui al- l’art. 102, D.P.R. n. 917/1986. Le spese di natura incrementati- va sostenute dal comodatario (spese straordinarie), sono de- ducibili nel limite dalla loro forma giuridica, dimensione, localizzazione e tipologia quota im- putabile a ciascun periodo d’im- posta in proporzione alla durata residua del contratto di attività svolta. Inoltrecomoda- to, come chiarito dall’Amministrazione Finanziaria (si veda in proposito la Circolare 15/E disposto dal comma 3, art. 108, D.P.R. n. 917/1986. Al termine del 14 aprile 2011), non sono escluse dall’agevolazione le imprese che hanno sottoscritto contratti di rete in data anteriore all’entrata in vigore della norma (ovvero anteriormente al 31 luglio 2010), purché siano rispettati tutti i requisiti previsti dalla norma stessa. La rete di imprese è priva di soggettività tributaria, ferma restando la possibilità di attribuzione del codice fiscale qualora i soggetti che ne fanno parte presentino, per finalità operative, specifica istanza; pertanto, l’adesione ad un contratto di rete non comporta l’estinzionecomo- dato, né la modificazione della soggettività tributaria delle imprese che aderiscono all’accordo l’eventuale costo residuo di ammortamento e` interamente deducibile nell’esercizio in esame, non facendo, quindi, venir meno gli obblighi di dichiarazione dei redditi derivanti dalla comune attività in capo ai singoli soggetti aderenti alla rete cui il contratto si estingue (si veda in proposito la Circolare 4/E del 15 febbraio 2011 e la Risoluzione n. 70/E del 30 giugno 2011Tavola 2). Il contratto di rete comodato e l’imposta sul valore aggiunto Il rapporto di comodato non e' soggetto ad iscrizione nella sezione ` classificabile ne´ tra le cessioni di beni ne´ tra le prestazioni di servizi, di cui art. 3, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per tali motivi non e` preso in considera- zione dalla normativa Iva. Infatti la disciplina del registro D.P.R. n. 633/ 1972, in relazione alla prestazio- ne di servizi, stabilisce che l’im- posta sul valore aggiunto si ap- plica soltanto sull’ammontare dei corrispettivi regolati fra le parti. Al fine di vincere la presunzione legale di cessione o di acquisto il D.P.R. 10 ottobre 1997, n. 441, precisa che occorre fornire la prova della consegna in comoda- to (o a qualsiasi altro titolo non traslativo della proprieta`) dei be- ni mobili precedentemente ac- quistati, prodotti o importati, qualora il relativo contratto non sia stato stipulato in forma scrit- ta. Al fine di superare la presun- zione fiscale delle imprese presso avvenuta ces- sione dei beni in questione il D.P.R. n. 441/1997 indica alcuni comportamenti cui e' iscritto ciascun partecipante e l'efficacia decorrere da quando e' stata eseguita l'ultima iscrizione attenersi (in alternativa): — annotazione sul libro giornale o su altro libro tenuto a carico norma del codice civile; — annotazione su apposito regi- stro tenuto a norma dell’art. 39 del D.P.R. n. 633/1972; — emissione del documento di coloro che ne sono stati i sottoscrittori originari.trasporto con relativa causale «comodato d’uso»; — annotazione su uno dei regi- stri Iva. Al termine del contratto di co- modato, si possono verificare le seguenti ipotesi:

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