Common use of Discussione Clause in Contracts

Discussione. Tale cifra rappresenta però soltanto il 2‰ dei fumatori piemontesi (ISTAT, 2002) e, anche ipotizzando un’efficacia del 10% degli interventi di cessazione cui tali pazienti si sono sottoposti, risulterebbe che solamente 2 fumatori su 10.000 avrebbero smesso di fumare nel corso del 2003. Inoltre, ad un aumento del numero, non sempre è corrisposta, da parte dei servizi pubblici e in particolare dei Centri Antifumo, una capacità di risposta adegua- ta: nel triennio 2001-2003 circa il 30% dei fumatori che ha fatto richiesta di tratta- mento non ha infatti ricevuto un intervento nelle realtà censite. Una ragione di questa difficoltà a risponde- re a tutte le richieste di intervento proba- bilmente è da imputare ad una carenza di risorse disponibili per il sostegno e l’imple- mentazione di servizi di disassuefazione. La ricerca ha posto anche in evidenza come, non sempre, tutte le professionalità (medici di medicina generale e personale sanitario in genere) che avrebbero sia i titoli che i canali privilegiati per individuare i pazienti con i quali affrontare il problema della dipendenza tabagica, siano state coinvolte, o lo siano state in maniera omogenea e costante nel tempo, ad esempio meno di un terzo delle ASL ha offerto il counselling attraverso medici di medicina generale e personale sanitario. Questo si verifica non- ostante il WHO (WHO, 2003) indichi tale coinvolgimento come strategico per amplia- re gli interventi di cessazione sulla popola- zione, la Regione Piemonte abbia investito sulla formazione dei medici al counselling breve per la prevenzione degli stili di vita dannosi alla salute e la FIMMG abbia recen- temente attivato corsi di sensibilizzazione al trattamento del paziente tabagista. Sembrerebbe pertanto che tali interventi non siano ancora stati tradotti in progetti attivi sul territorio, anche se occorre tener presente la difficoltà di valutare attraverso la presente ricerca l’impatto sul campo della formazione offerta a livello regionale e di federazione. D’altra parte l’aumento, in questi ultimi anni, dei corsi attivati fa pre- vedere per il prossimo futuro una maggior diffusione degli interventi di counselling, che potranno essere oggetto di una indagine di aggiornamento dei dati sin qui raccolti. Altro fattore responsabile dello scarso impatto dei servizi di disassuefazione sulla popolazione è certamente la selezione dei fumatori da sottoporre ad uno specifico intervento di disassuefazione. Il counselling condotto attraverso il persona- le sanitario delle ASL è soprattutto rivolto a pazienti fumatori affetti da patologie fumo- correlate: si tratta infatti per lo più di pazien- ti cardiopatici o portatori di altre patologie che il fumo può aggravare. In letteratura è dimostrato come, in particolare per i pazienti cardiopatici, l’intervento antitabagico abbia un forte impatto sul tasso di astensione, che tende ad aumentare se il counselling è forni- to al paziente ospedalizzato (Xxxxxx, 1997). Questo tipo di selezione del paziente, sebbene abbia una dimostrata efficacia sui tassi di astinenza raggiunti e mantenuti nel lungo periodo dei pazienti con patologie fumo-corre- late (Linee Guida ISS, 2002), non dovrebbe essere utilizzata come unica strategia di sele- zione, in quanto per un intervento di preven- zione primaria è necessario raggiungere la popolazione sana, ovvero i fumatori non affet- ti da patologie. In Piemonte risulta poco dif- fuso il counselling rivolto a soggetti sani, nel- l’ambito delle attività svolte dalle ASL. E in effetti, nel corso dell’indagine solo un proget- to prevede di fornire un intervento di coun- selling a fumatori sani che accedono al Servizio Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro per richiedere l’idoneità lavorativa. Inoltre non sono stati rintracciati progetti che prevedono di fornire il counselling a donne fumatrici in gravidanza, come sugge- rito dalle linee guida cliniche. Il counselling rivolto alle donne che fumano in gravidan- za, può raggiungere una percentuale di suc- cesso del 10-20%, rispetto ad un 5% nel caso del counselling rivolto alla popolazione generale (Castellanos, 2000). Vale inoltre la pena considerare alcuni aspetti che sottolineano l’importanza del counselling antitabagico condotto durante la gravidanza: la percentuale di donne in età

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Discussione. Tale cifra rappresenta però soltanto il 2‰ dei fumatori piemontesi (ISTAT, 2002) e, anche ipotizzando un’efficacia del 10% degli interventi di cessazione cui tali pazienti si sono sottoposti, risulterebbe che solamente 2 fumatori su 10.000 avrebbero smesso di fumare nel corso del 2003. Inoltre, ad un aumento del numero, non sempre è corrisposta, da parte dei servizi pubblici e in particolare dei Centri Antifumo, una capacità di risposta adegua- ta: nel triennio 2001hanno adottato i criteri proposti dal Codice dell’European Network of Smoke-2003 circa il 30% dei fumatori che ha fatto richiesta di tratta- mento non ha infatti ricevuto un intervento nelle realtà censite. Una ragione di questa difficoltà a risponde- re a tutte le richieste di intervento proba- bilmente è da imputare ad una carenza di risorse disponibili per il sostegno e l’imple- mentazione di servizi di disassuefazionefree Hospitals. La ricerca ha posto anche messo in evidenza comeuna carenza di diffusione di policies antifumo nei Comuni e nelle Province. Quando presenti, non sempre, tutte le professionalità (medici di medicina generale e personale sanitario tali iniziative si limitano a segnalare i divieti tramite la cartellonistica senza sviluppare azioni che coinvolgano i dipendenti in genere) che avrebbero sia i titoli che i canali privilegiati per individuare i pazienti con i quali affrontare il problema della dipendenza tabagica, siano state coinvolte, o lo siano state in maniera omogenea e costante nel tempo, ad esempio meno di un terzo delle ASL ha offerto il counselling attraverso medici di medicina generale e personale sanitario. Questo si verifica non- ostante il WHO (WHO, 2003) indichi tale coinvolgimento come strategico per amplia- re gli interventi di cessazione sulla popola- zione, la Regione Piemonte abbia investito sulla formazione dei medici al counselling breve per la prevenzione degli stili di vita dannosi alla salute e la FIMMG abbia recen- temente attivato corsi azioni di sensibilizzazione al trattamento del paziente tabagista. Sembrerebbe pertanto che tali interventi non siano ancora stati tradotti in progetti attivi sul territorio, anche se occorre tener presente la difficoltà di valutare attraverso la presente ricerca l’impatto sul campo della formazione offerta a livello regionale e di federazione. D’altra parte l’aumento, in questi ultimi anni, dei corsi attivati fa pre- vedere per il prossimo futuro una maggior diffusione degli interventi di counselling, che potranno essere oggetto di una indagine di aggiornamento dei dati sin qui raccolti. Altro fattore responsabile dello scarso impatto dei servizi di disassuefazione sulla popolazione è certamente la selezione dei fumatori da sottoporre ad uno specifico intervento di disassuefazione. Il counselling condotto attraverso il persona- Se le sanitario delle ASL è soprattutto rivolto a pazienti policies antifumo venissero applicate in tutti i locali della Pubblica Amministrazione piemontese, coinvolgerebbero i circa 11200 fumatori affetti da patologie fumo- correlate: si tratta infatti per lo più occupati nel settore5. Calcolando l’impatto dei luoghi di pazien- ti cardiopatici o portatori di altre patologie che il lavoro senza fumo può aggravare. In letteratura è dimostrato come, in particolare per i pazienti cardiopatici, l’intervento antitabagico abbia un forte impatto sul tasso di astensione, che tende ad aumentare se il counselling è forni- to al paziente ospedalizzato comportamento dei fumatori secondo le revi- xxxxx Xxxxxxxx (Xxxxxx, 1997). Questo tipo di selezione del paziente, sebbene abbia una dimostrata efficacia sui tassi di astinenza raggiunti e mantenuti nel lungo periodo dei pazienti con patologie fumo-corre- late (Linee Guida ISSXxxxxxxxxxx, 2002), che pre- vedono una riduzione del 3,8% della preva- lenza dei fumatori e una riduzione di circa 3 sigarette al giorno per le persone che conti- nuano a fumare in seguito all’applicazione delle restrizioni, il rispetto del divieto potreb- be spingere circa 420 persone a smettere di fumare; inoltre il divieto inciderebbe molto anche sui consumi: ogni giorno verrebbero consumate 33000 sigarette in meno. Nonostante una carenza della diffusione delle policies antifumo, le Amministrazioni Pubbliche locali giocano un ruolo importante nella diffusione e nella promozione della lotta al fumo. Le Province e i Comuni sono coin- volti nella lotta al tabagismo, attraverso la sponsorizzazione di eventi e il finanziamento di soggetti che svolgono attività di promozio- ne della salute a livello locale. Con l’eccezione di un solo comune e di due province, le Amministrazioni Pubbliche locali rac- colgono le proposte degli enti pubblici e del terzo settore e intervengono attra- verso finanziamenti e soprattutto patrocini. Queste funzioni sono necessarie per implementare gli interventi e valorizza- re le risorse presenti sul territorio. Il qua- dro complessivo mostrato dalla mappatura delle amministrazioni pubbliche piemontesi fa tuttavia emergere la difficoltà a garantire sinergia tra i diversi tipi di intervento, a crea- re iniziative che abbiano continuità nel tempo e a valutare ciò che è stato fatto. In questo modo le azioni, anche se prevedono un dis- pendio economico e di energie, non dovrebbe sono inte- grate in un’azione onnicomprensiva di inter- vento che prevede la copertura degli obiettivi strategici di lotta al tabagismo. La diffusione degli interventi sul territorio piemontese sembra essere utilizzata come unica strategia appannaggio soprattutto della Regione Piemonte e delle Aziende Sanitarie, mentre le Amministrazioni Pubbliche locali sono interessate solo a livello marginale con la funzione di sele- zionefinanziatori di progetti. È interessante confrontare questo modello con quello realizzato dalla Regione Xxxxxx Xxxxxxx dal 2000 (“Progetto Tabagismo”, delibera 785/99) in quanto cui in ogni provincia, per iniziativa delle Aziende Sanitarie, sono stati costituiti “Gruppi di progetto ‘Provincia senza fumo’, i quali fanno riferimento a un intervento “Coordinamento regionale”. Il progetto della Regione Xxxxxx Xxxxxxx ha permesso di preven- zione primaria accrescere il partenariato locale nello svilup- po dei progetti e di aumentare il numero dei soggetti che collaborano alle iniziative. La logica delle alleanze ha reso realizzabile l’incremento dell’intersettorialità e della multidisciplinarità, il coordinamento cen- trale si è necessario raggiungere la popolazione sanaconiugato con l’esigenza di auto- nomia e diversificazione delle soluzioni applicative a livello locale (Ferrari, ovvero i fumatori non affet- ti da patologie2003). In Piemonte risulta poco dif- fuso un tentativo di organizzazione di questo tipo che ha lavorato in un’ottica di rete e di valorizzazione delle sollecitazioni provenienti dal territorio è costituito dal caso di Cuneo, con il counselling rivolto a soggetti sani, nel- l’ambito delle attività svolte dalle ASL. E in effetti, nel corso dell’indagine solo un proget- to prevede di fornire un intervento di coun- selling a fumatori sani che accedono al Servizio Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro per richiedere l’idoneità lavorativa. Inoltre non sono stati rintracciati progetti che prevedono di fornire il counselling a donne fumatrici in gravidanza, come sugge- rito dalle linee guida clinicheprogetto “Cuneo libera dal fumo”. Il counselling rivolto alle donne progetto, che fumano non a caso è presente in gravidan- zaun Comune che ha aderito alla rete “Città sane”, può raggiungere una percentuale non ha d’altra parte prodotto che un solo intervento nelle scuole, il quale ha cata- lizzato diversi attori operanti sul territorio. La mappatura ha infine riscontrato che le associazioni partecipano alla lotta al tabagismo attraverso azioni di suc- cesso del 10-20%, rispetto ad un 5% nel caso del counselling rivolto alla popolazione generale (Castellanos, 2000). Vale inoltre la pena considerare alcuni aspetti che sottolineano l’importanza del counselling antitabagico condotto durante la gravidanza: la percentuale di donne in etàcoordina-

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Discussione. Tale cifra In particolare, sembra che l’avvicinamento alla sigaretta avvenga prima della fine della scuola media inferiore, mentre la stabilizza- zione dell’abitudine al fumo corrisponda al biennio della scuola media superiore. È quindi più frequente che siano gli istituti di istruzione superiore a richiedere inter- venti di contrasto al tabagismo, poiché il problema del fumo è avvertito come partico- larmente grave e diffuso tra gli studenti. Il passaggio tra cicli di scuola (dalla scuola media inferiore a quella superiore o dal biennio al triennio della scuola media supe- riore) rappresenta, nel nostro paese, un momento di maggiore rischio, in quanto tale transizione è vissuta e percepita dagli ado- lescenti come un indicatore del loro diven- tare grandi (Bonino, 2003). Non è un caso infatti che proprio in questa fase della vita, gli adolescenti adottino più frequentemente e per la prima volta comportamenti social- mente accettati e ritenuti normali tra gli adulti, quali il fumo di sigarette, il consumo di alcolici e i rapporti sessuali. Fare ciò che gli adulti fanno permette all’adolescente, in mancanza di altre forme meno esteriori e superficiali di vivere l’adultità, di segnalare in modo visibile e non particolarmente rischioso sul piano sociale il proprio essere adulto. A ciò vanno aggiunte le potenti spin- te sociali, attuate attraverso la pubblicità e l’offerta di beni di consumo, che sollecitano continuamente gli adolescenti, fin dai primi anni della pubertà, ad anticipare comporta- menti ed atteggiamenti adulti. Si ricordano a tal proposito le campagne pubblicitarie mirate a catturare una sempre maggiore quantità di giovanissimi da parte delle indu- strie del tabacco, sia negli Stati Uniti che in Europa. Il fumo di sigarette, così come altri comportamenti a rischio, rappresenta però soltanto quin- di per l’adolescente un modo per far fronte ad alcuni bisogni tipici del periodo adole- scenziale, quali il 2‰ dei fumatori piemontesi sentirsi grandi e la speri- mentazione di sé e delle proprie capacità (ISTATXxxxxxxxxxx, 2002) e1994; Xxxxx, anche ipotizzando un’efficacia del 10% degli interventi 1998). Ne deriva che la prevenzione di cessazione uno specifico compor- tamento a rischio va affrontata nel momen- to in cui tali pazienti si sono sottopostibisogni incominciano a porsi all’attenzione dell’adolescente. Ad esempio, risulterebbe alcuni studi relativi all’uso di tabacco hanno dimostrato che solamente 2 fumatori su 10.000 avrebbero smesso non esiste alcuna relazione tra l’atteggiamento contrario al fumo di fumare nel corso del 2003sigarette alla fine della scuola elementare e il coinvolgimento in tale comportamento in adolescenza (Xxxxxx, 1998). InoltreD’altronde, ad un aumento del numero, non sempre è corrisposta, da parte dei servizi pubblici e in particolare dei Centri Antifumo, una capacità di risposta adegua- ta: nel triennio 2001-2003 circa il 30% dei fumatori che ha fatto richiesta di tratta- mento non ha infatti ricevuto un intervento nelle realtà censite. Una ragione di questa difficoltà a risponde- re a tutte le richieste di intervento proba- bilmente è da imputare ad una carenza di risorse disponibili pro- prio per il sostegno fatto che il fumo di sigarette costituisce una risposta, seppur pericolosa nel breve e l’imple- mentazione nel lungo termine per la salute fisica, ai compiti di servizi sviluppo che l’adolescen- te deve affrontare, la prevenzione di disassuefazionetale comportamento va fatta quando le abitudi- ni, gli atteggiamenti e i comportamenti stanno cambiando e gli individui diventano sensibili nei loro confronti (Xxxxxxx-Xxxx, 1999). La ricerca ha posto anche Concentrare la maggior parte degli inter- venti nella scuola superiore presenta quin- di il vantaggio di raggiungere la maggior parte degli adolescenti già coinvolti nel fumo di sigarette o che comunque hanno già sperimentato il fumo di sigarette. Va però tenuto in evidenza comeconsiderazione la tendenza all’ab- bassamento dell’età di inizio (Xxxxxx, non sempre, tutte le professionalità 2004) e la correlazione tra fumo di sigarette e altri comportamenti problematici (medici di medicina generale e personale sanitario in genere) che avrebbero sia i titoli che i canali privilegiati per individuare i pazienti con i quali affrontare il problema della dipendenza tabagica, siano state coinvolte, o lo siano state in maniera omogenea e costante nel tempo, ad esempio meno di un terzo delle ASL ha offerto il counselling attraverso medici di medicina generale e personale sanitario. Questo si verifica non- ostante il WHO (WHOBonino, 2003) indichi tale coinvolgimento come strategico che fanno sì che i maggiori rischi siano corsi dai giovanissimi che iniziano a fumare quando sono ancora nella scuola elementare o nella scuola media. Pertanto esistono delle precise indicazioni per amplia- re gli l’attuazione di interventi preventivi in ambito scolastico che raccomandano di cessazione sulla popola- zione, la Regione Piemonte abbia investito sulla formazione dei medici al counselling breve per col- locare la prevenzione degli stili del tabagismo tra la fine della scuola elementare e l’inizio della scuola media inferiore (Xxxxxxx-Traquet, 1996; CDC, 1994). Ciò significa l’esigenza di vita dannosi alla salute attuare i primi interventi già nella scuola media inferiore (11-13 anni), considerata una fase critica per l’accostamento e la FIMMG abbia recen- temente attivato corsi spe- rimentazione del fumo di sensibilizzazione sigarette, per evi- tare l’iniziazione, per poi riprenderli in una fase successiva (14-16 anni) onde evitare il consolidamento dell’abitudine al trattamento del paziente tabagistafumo di sigarette. Sembrerebbe pertanto che tali interventi non siano ancora stati tradotti in progetti attivi sul territorioPer quanto riguarda i punti di forza emersi dai risultati della ricerca, anche se occorre tener presente è stata notata la difficoltà di valutare attraverso la presente ricerca l’impatto sul campo della formazione offerta a livello regionale e di federazione. D’altra parte l’aumento, in questi ultimi anni, dei corsi attivati fa pre- vedere per il prossimo futuro una maggior diffusione degli interventi di counselling, che potranno essere oggetto di una indagine di aggiornamento dei dati sin qui raccolti. Altro fattore responsabile dello scarso impatto dei servizi di disassuefazione sulla popolazione è certamente la selezione dei fumatori da sottoporre ad uno specifico intervento di disassuefazione. Il counselling condotto attraverso il persona- le sanitario preponderanza delle ASL è soprattutto rivolto a pazienti fumatori affetti da patologie fumo- correlate: si tratta infatti per lo più di pazien- tra i sogget- ti cardiopatici o portatori di altre patologie che il fumo può aggravarepromotori. In letteratura è dimostrato come, in particolare per i pazienti cardiopatici, l’intervento antitabagico abbia un forte impatto sul tasso di astensione, che tende ad aumentare se il counselling è forni- to al paziente ospedalizzato (Xxxxxx, 1997). Questo tipo di selezione del paziente, sebbene abbia una dimostrata efficacia sui tassi di astinenza raggiunti e mantenuti nel lungo periodo dei pazienti con patologie fumo-corre- late (Linee Guida ISS, 2002), non dovrebbe essere utilizzata come unica strategia di sele- zione, in quanto per un intervento di preven- zione primaria è necessario raggiungere la popolazione sana, ovvero i fumatori non affet- ti da patologie. In Piemonte risulta poco dif- fuso il counselling rivolto a soggetti sani, nel- l’ambito delle attività svolte dalle ASL. E in effetti, nel corso dell’indagine solo un proget- to prevede di fornire un intervento di coun- selling a fumatori sani che accedono al Servizio Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro per richiedere l’idoneità lavorativa. Inoltre non sono stati rintracciati progetti che prevedono di fornire il counselling a donne fumatrici in gravidanza, come sugge- rito dalle linee guida cliniche. Il counselling rivolto alle donne che fumano in gravidan- za, può raggiungere una percentuale di suc- cesso del 10-20%, rispetto ad un 5% nel caso del counselling rivolto alla popolazione generale (Castellanos, 2000). Vale inoltre la pena considerare alcuni aspetti che sottolineano l’importanza del counselling antitabagico condotto durante la gravidanza: la percentuale di donne in etàI dati raccolti dimostrano la

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Discussione. Tale cifra rappresenta però soltanto Ancora, si ritiene utile, dal momento che pochi progetti rilevati comprendono specifiche attività destinate ai genito- ri, sottolineare l’importanza di coinvolgere non solo la scuola, ma anche la famiglia. Le linee-guida per programmi di prevenzio- ne del fumo di sigarette in ambito scolastico redatte dai CDC (Centers for Disease Control and Prevention, 1994) contengono infatti l’indicazione di inserire i genitori all’interno degli interventi: ciò aumenta la probabilità che il 2‰ fumo diventi oggetto di discussione all’interno della famiglia e che gli adulti fumatori inizino a considerare la possibilità di smettere di fumare (Xxxxx, 1990). A sua volta il National Institute on Drug Abuse (NIDA, 2003) raccomanda di fornire ai genitori informazioni sulle varie sostanze (alcol, tabacco, marijuana, ecc.), sui loro effetti negativi e sulla condotta da tenere relativamente al consumo, al fine anche di stimolare un confronto all’interno della famiglia sull’uso di sostanze legali ed illegali. A tal proposito, la ricerca condotta da Xxxxxx e Xxxxxxxx (1998) illustra come i genitori svolgano un’azione preventiva indi- retta proprio fornendo apertura al dialogo, sostegno e supervisione, ossia regole e con- trollo sul loro rispetto. Inoltre, sempre le medesime ricerche, hanno messo in luce che i genitori possono assolvere un ruolo di protezione o, al con- trario, di rischio nei confronti dei loro figli a seconda del loro modello comportamentale e dell’atteggiamento nei confronti del fumo: gli adolescenti fumatori piemontesi hanno infatti più frequentemente genitori entrambi fumato- ri, i quali, a loro volta, disapprovano esplici- tamente in maniera minore il fumo in ado- lescenza. Va anche detto che l’avere uno od entrambi i genitori fumatori costituisce un ulteriore fattore di rischio per la salute dei figli, in quanto alcuni studi hanno rilevato l’associazione tra asma bronchiale e ridotta funzionalità respiratoria nei bambini e fumo dei genitori (IARC, 2004). Inoltre, l’in- dagine “Aspetti della vita quotidiana - Anno 1999” (ISTAT, 20022000) e, anche ipotizzando un’efficacia del 10% degli interventi ha rilevato che un fumatore passivo su quattro (27,6%) ha meno di cessazione cui tali pazienti si sono sottoposti, risulterebbe 14 anni. I dati mostrano infatti che solamente 2 fumatori su 10.000 avrebbero smesso per i bambini piccoli la situazione è peggio- re di fumare nel corso del 2003. Inoltre, ad un aumento del numero, non sempre è corrisposta, da parte dei servizi pubblici e in particolare dei Centri Antifumo, una capacità di risposta adegua- ta: nel triennio 2001-2003 circa il 30% quella dei fumatori che ha fatto richiesta passivi di tratta- mento non ha infatti ricevuto un intervento nelle realtà censite. Una ragione di questa difficoltà a risponde- re a tutte le richieste di intervento proba- bilmente è da imputare ad una carenza di risorse disponibili per il sostegno 15 anni e l’imple- mentazione di servizi di disassuefazione. La ricerca ha posto anche in evidenza comepiù, non sempre, tutte le professionalità (medici di medicina generale e personale sanitario in genere) che avrebbero sia i titoli che i canali privilegiati per individuare i pazienti con tra i quali affrontare è più frequente (78,2%) avere un solo fumatore in famiglia e meno averne due o più (21,8%). Nonostante la letteratu- ra scientifica abbia quindi ampiamente documentato i danni provocati dall’esposi- zione al fumo passivo e l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC, 1986) abbia dichiarato che “il problema della dipendenza tabagicafumo passivo fa aumentare il rischio di cancro”, siano state coinvolte, o lo siano state in maniera omogenea e costante nel tempo, ad esempio meno di un terzo delle ASL ha offerto il counselling attraverso medici di medicina generale e personale sanitario. Questo si verifica non- ostante il WHO (WHO, 2003) indichi tale coinvolgimento come strategico per amplia- re risultano assai scarsi gli interventi di cessazione sulla popola- zioneridu- zione del fumo passivo in ambito famigliare e scolastico, come ben evidenziato anche dai risultati precedentemente presentati, in cui compare solo un caso di attività di informa- zione sui danni ai bambini esposti rivolto ai genitori fumatori. Ciò conferma l’esigenza di favorire la Regione Piemonte abbia investito sulla formazione dei medici al counselling breve per la prevenzione degli stili disassuefazione dal fumo di vita dannosi alla salute tabacco non solo nei genitori, ma anche negli insegnanti e la FIMMG abbia recen- temente attivato corsi negli altri adulti di sensibilizzazione al trattamento del paziente tabagista. Sembrerebbe pertanto che tali interventi non siano ancora stati tradotti in progetti attivi sul territorioriferi- mento, anche se occorre tener presente la difficoltà che, ponendosi come modelli di valutare attraverso la presente ricerca l’impatto sul campo della formazione offerta a livello regionale com- portamento e di federazioneatteggiamenti, possono incidere sulla scelta dell’adolescente di coin- volgersi o meno nel fumo di sigarette. D’altra Finché la popolazione adulta sarà larga- mente implicata nel fumo, finché vi sarà un atteggiamento tollerante e una diffusa accettazione verso tale comportamento da parte l’aumentodegli adulti significativi e finché sarà facile reperire le sigarette anche da parte degli adolescenti, risulterà assai difficile realizzare con loro interventi efficaci di pre- venzione e cessazione del fumo di sigarette. Infine, un ulteriore elemento è la maggior diffusione dei progetti di prevenzione tra gli studenti delle scuole secondarie superiori. Le scuole superiori risultano essere coinvolte in questi ultimi anninumero maggiore in pro- getti di prevenzione del tabagismo, dei corsi attivati fa pre- vedere seguite dalle scuole medie inferiori e per ultime dalle scuole elementari. La ragione che spinge a concentrare il maggior numero di progetti nelle classi medie inferiori e supe- riori è che proprio la fascia di età fra gli 11 e i 18 anni è quella considerata più a rischio non solo per il prossimo futuro una maggior diffusione degli interventi consumo di counsellingtabacco, che potranno essere oggetto di una indagine di aggiornamento dei dati sin qui raccolti. Altro fattore responsabile dello scarso impatto dei servizi di disassuefazione sulla popolazione è certamente la selezione dei fumatori da sottoporre ad uno specifico intervento di disassuefazione. Il counselling condotto attraverso il persona- le sanitario delle ASL è soprattutto rivolto a pazienti fumatori affetti da patologie fumo- correlate: si tratta infatti per lo più di pazien- ti cardiopatici o portatori ma anche di altre patologie che il fumo può aggravare. In letteratura è dimostrato comesostanze psicoattive (E.M.C.D.D.A., in particolare per i pazienti cardiopatici, l’intervento antitabagico abbia un forte impatto sul tasso di astensione, che tende ad aumentare se il counselling è forni- to al paziente ospedalizzato (Xxxxxx, 19972003). Questo tipo di selezione del paziente, sebbene abbia una dimostrata efficacia sui tassi di astinenza raggiunti e mantenuti nel lungo periodo dei pazienti con patologie fumo-corre- late (Linee Guida ISS, 2002), non dovrebbe essere utilizzata come unica strategia di sele- zione, in quanto per un intervento di preven- zione primaria è necessario raggiungere la popolazione sana, ovvero i fumatori non affet- ti da patologie. In Piemonte risulta poco dif- fuso il counselling rivolto a soggetti sani, nel- l’ambito delle attività svolte dalle ASL. E in effetti, nel corso dell’indagine solo un proget- to prevede di fornire un intervento di coun- selling a fumatori sani che accedono al Servizio Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro per richiedere l’idoneità lavorativa. Inoltre non sono stati rintracciati progetti che prevedono di fornire il counselling a donne fumatrici in gravidanza, come sugge- rito dalle linee guida cliniche. Il counselling rivolto alle donne che fumano in gravidan- za, può raggiungere una percentuale di suc- cesso del 10-20%, rispetto ad un 5% nel caso del counselling rivolto alla popolazione generale (Castellanos, 2000). Vale inoltre la pena considerare alcuni aspetti che sottolineano l’importanza del counselling antitabagico condotto durante la gravidanza: la percentuale di donne in età.

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Discussione. Tale cifra rappresenta però soltanto il 2‰ Oltre alla comunicazione, una tipologia di intervento risultata efficace per la lotta al tabagismo è quella delle restrizioni sul fumo negli ambienti di lavoro, azione for- temente raccomandata secondo i criteri della U.S. Task Force on Community Preventive Services (Xxxxxxx, 2001). Esse agiscono direttamente sulla riduzione del fumo passivo (Xxxxxx, 1989; Xxxxxxxx, 1990) e indirettamen- te sull’abbassamento del numero dei dipen- denti fumatori piemontesi e sulla diminuzione del consu- mo giornaliero di sigarette. È stato stimato che la creazione di un luogo di lavoro libero dal fumo porta ad una riduzione della prevalenza del numero di fumatori occu- pati in quella organizzazione del 3,8% (ISTAT2,8-4,7 IC 95%) e a una significativa riduzione del numero di sigarette consumate (Xxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 2002) e). Le strategie più efficaci sono risultate quelle attuate con approcci diversi (comunicazione delle restrizioni, anche ipotizzando un’efficacia del 10% degli interventi di cessazione cui tali pazienti si sono sottoposticoinvolgi- mento attivo dei dipendenti nel progetto, risulterebbe che solamente 2 fumatori su 10.000 avrebbero smesso di fumare nel corso del 2003. Inoltre, ad un aumento del numero, non sempre è corrisposta, da parte dei servizi pubblici e in particolare dei Centri Antifumo, una capacità di risposta adegua- ta: nel triennio 2001-2003 circa il 30% dei fumatori che ha fatto richiesta di tratta- mento non ha infatti ricevuto un intervento nelle realtà censite. Una ragione di questa difficoltà a risponde- re a tutte le richieste di intervento proba- bilmente è da imputare ad una carenza di risorse disponibili per il sostegno e l’imple- mentazione offerta di servizi per aiutare a smettere di disassuefazionefumare) allo scopo di implementare politi- che di divieto nelle istituzioni. La ricerca Regione ha posto anche in evidenza comeaccolto le ultime normative (art. 51, non sempre, tutte le professionalità (medici di medicina generale e personale sanitario in genere) che avrebbero sia i titoli che i canali privilegiati per individuare i pazienti con i quali affrontare il problema della dipendenza tabagica, siano state coinvolte, o lo siano state in maniera omogenea e costante nel tempo, ad esempio meno di un terzo delle ASL ha offerto il counselling attraverso medici di medicina generale e personale sanitario. Questo si verifica non- ostante il WHO (WHOL. 3, 2003) indichi tale coinvolgimento in materia di divieto di fumo nei locali aperti al pubblico come strategico occa- sione per amplia- re gli interventi realizzare una policy aziendale anti- fumo con il progetto “Uffici regionali libe- ri dal fumo”. Tale iniziativa prevede infatti un’azione di cessazione sulla popola- zionesensibilizzazione dei dipendenti e l’offerta di percorsi agevolati a corsi di dis- assuefazione prima dell’applicazione del divieto. In altri termini l’azione sanzionato- ria è preceduta da una educativa e di condi- visione del problema. Il programma realiz- zato è in linea con alcune raccomandazioni derivanti dalla letteratura come ad esempio la comunicazione del divieto e il suggeri- mento a smettere tramite più canali (non solo poster o brochure) e l’accesso agevolato ai Centri Antifumo (Serra, la Regione Piemonte abbia investito sulla formazione dei medici al counselling breve 2000). Quest’ultimo provvedimento è particolar- mente efficace in quanto collega una richie- sta a smettere di fumare con l’offerta di strategie efficaci per la prevenzione degli stili di vita dannosi alla salute e la FIMMG abbia recen- temente attivato corsi di sensibilizzazione al trattamento del paziente tabagista. Sembrerebbe pertanto che tali interventi non siano ancora stati tradotti in progetti attivi sul territorio, anche se occorre tener presente la difficoltà di valutare attraverso la presente ricerca l’impatto sul campo della formazione offerta a livello regionale e di federazione. D’altra parte l’aumento, in questi ultimi anni, dei corsi attivati fa pre- vedere per il prossimo futuro una maggior diffusione degli interventi di counselling, che potranno essere oggetto di una indagine di aggiornamento dei dati sin qui raccolti. Altro fattore responsabile dello scarso impatto dei servizi di disassuefazione sulla popolazione è certamente la selezione dei fumatori da sottoporre ad uno specifico intervento di disassuefazione. Il counselling condotto attraverso il persona- le sanitario delle ASL Un ulteriore proposito del progetto è soprattutto rivolto a pazienti fumatori affetti da patologie fumo- correlate: si tratta infatti per lo più quello di pazien- ti cardiopatici o portatori di altre patologie fare in modo che il progetto costituisca un esempio di ambiente di lavoro libero dal fumo può aggravareper le altre organizzazioni, ma non è esplicitata una strategia per diffondere effettivamente il modello attuato nei xxxxxx xxxxx Xxxxxxx xxxxxx xx xxxxx xxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxx. In letteratura è dimostrato come, in particolare per Anche nelle Aziende Sanitarie stanno aumen- tando i pazienti cardiopatici, l’intervento antitabagico abbia un forte impatto sul tasso di astensione, che tende ad aumentare se il counselling è forni- to al paziente ospedalizzato (Xxxxxx, 1997). Questo tipo di selezione del paziente, sebbene abbia una dimostrata efficacia sui tassi di astinenza raggiunti e mantenuti nel lungo periodo dei pazienti con patologie fumo-corre- late (Linee Guida ISS, 2002), non dovrebbe essere utilizzata come unica strategia di sele- zione, in quanto per un intervento di preven- zione primaria è necessario raggiungere la popolazione sana, ovvero i fumatori non affet- ti da patologie. In Piemonte risulta poco dif- fuso il counselling rivolto a soggetti sani, nel- l’ambito delle attività svolte dalle ASL. E in effetti, nel corso dell’indagine solo un proget- to prevede di fornire un intervento di coun- selling a fumatori sani che accedono al Servizio Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro per richiedere l’idoneità lavorativa. Inoltre non sono stati rintracciati progetti che prevedono di accompa- gnare i divieti con l’offerta di corsi per la dis- assuefazione spesso organizzati in collabora- zione con il Centro Antifumo aziendale e con il Dipartimento delle Dipendenze. La diffu- sione di policies antifumo nelle Aziende Sanitarie, progetti di restrizione e di pre- venzione del fumo negli ambienti sanitari, è particolarmente importante dato il forte impatto che una comunicazione sulla salute assume all’interno di un luogo di cura sul comportamento dei dipendenti e dei pazienti (Xxxxx, 2001; Xxxxxxxx, 1994). Alcuni proget- ti prevedono di formare figure professionali (chiamati “Facilitatori del cambiamento” e “Promotori-Facilitatori”) addette a fornire un counselling breve ai fumatori presenti all’interno della struttura sanitaria; ciò è in linea con le recenti revisioni che propongo- no di accompagnare i divieti con interventi che mirino ad agire sul singolo per aiutarlo a smettere di fumare (Moher, 2003). È pos- sibile perciò prospettare la diffusione di tali professionisti anche in ambienti di lavoro non prettamente sanitari. L’adesione delle Aziende Sanitarie piemonte- si al progetto “Ospedali liberi dal fumo”, che attualmente riguarda circa la metà di tali strutture, ha contribuito alla diffusione di interventi antifumo in quanto il counselling progetto ha fornito indicazioni e spinto la Sanità a donne fumatrici in gravidanzadotar- si di strumenti efficaci di identificazione e trattamento dei pazienti fumatori e a svolge- re campagne di sensibilizzazione non solo rivolte ai dipendenti e ai pazienti, come sugge- rito dalle linee guida cliniche. Il counselling rivolto alle donne che fumano in gravidan- za, può raggiungere una percentuale di suc- cesso del 10-20%, rispetto ad un 5% nel caso del counselling rivolto ma anche alla popolazione generale (Castellanos, 2000)del territorio con particolare attenzione agli studenti4. Vale inoltre la pena considerare alcuni aspetti che sottolineano l’importanza del counselling antitabagico condotto durante la gravidanza: la percentuale di donne in etàTuttavia sono anco- ra poche le aziende aderenti alla rete che

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