LE ORIGINI Clausole campione

LE ORIGINI. La garanzia per i vizi trova le sue origini nel diritto romano, dove era prospettata in maniera leggermente diversa: il venditore era responsabile dei vizi della cosa venduta qualora li avesse espressamente esclusi o conoscendoli li avesse taciuti o avesse in generale dolosamente indotto in errore il compratore. Già allora si usava affiancare al contratto di compravendita una stipulazione con cui si prometteva che la cosa non avesse vizi. Vennero poi emanati due editti ad opera degli edili curuli, uno in tema di vendita di schiavi ed uno in tema di animali dove si attribuivano al compratore due azioni in caso di scoperta di vizi: l’actio redhibitoria, perchè il venditore riprendesse la cosa e restituisse il prezzo, oppure un actio aestimatoria o quanti minoris per la riduzione del prezzo. Tali azioni furono poi estese da Giustiniano alla vendita di ogni cosa mobile o immobile. Ma già allora cominciarono i primi dubbi, che tuttora permangono, circa il coordinamento di tale garanzia con le azioni generali previste nel nostro ordinamento, in particolare con la risoluzione per inadempimento e con l’annullamento del contratto per errore, posto che la prospettazione della cosa come esente da vizi (sussistenti invece nella cosa concreta) avrebbero indotto il compratore in errore circa il contenuto del contratto. La distinzione tra vendita di cosa viziata e vendita annullabile tuttavia non trovò grande fortuna; ed è per questo che poi la giurisprudenza ha elaborato il concetto di aliud pro alio, al fine di distinguere tra ipotesi in cui trova applicazione la risoluzione generale per inadempimento (aliud pro alio) ed ipotesi dove trova applicazione la garanzia per i vizi. Oggi dunque in caso di scoperta di vizi al compratore spetta una scelta; egli può: Come distinguere allora l’azione redibitoria dalla generale azione per inadempimento? Secondo alcuni risiede nel fatto che mentre per aversi inadempimento è necessario che sia imputabile al venditore a titolo di dolo o di colpa, nella garanzia per vizi si prescinde da qualsiasi valutazione in ordine alla buona o mala fede del venditore. Discusso è il fondamento della garanzia per vizi. La dottrina prevalente lo riconduce allo stesso fondamento della garanzia per evizione: entrambi i rimedi trarrebbero origine da una patologia dell’effetto traslativo, che nella garanzia per evizione non si sarebbe prodotto o non del tutto, mentre nella garanzia per vizi si sarebbe prodotto rispetto ad un bene non corrispondente alla ...
LE ORIGINI. Nelle codificazioni ottocentesche, influenzate dalla visione liberale dell’epoca, l’autonomia privata1 espressa nel negozio giuridico veniva considerata come lo strumento per la regolamentazione del mercato. Le parti contrattuali erano libere di autodeterminarsi, così che, limitando gli interventi dello stato, il mercato avrebbe potuto raggiungere il massimo livello di efficienza2. Presupposto necessario per la corretta attuazione di questo principio era considerare le parti in una posizione di piena parità. 1 Cfr., in particolare sulla concezione ottocentesca dell’autonomia privata, G. STOLFI, Teoria del negozio giuridico, Padova, 1947, p. 120 e ss. 2 Cfr., A. TROMBETTA, Freedom of contracts: ascesa e caduta di un principio, in Riv. dir. civ., Milano, 1984, p. 172. Anche il codice civile del 1942, se si esclude la disciplina sui “contratti per adesione” o per i “contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari”3, è costruito sull’idea che le parti operino nel mercato in condizioni equivalenti. Il codice civile per “parte contrattuale” non intende la posizione soggettiva di un singolo individuo, ma il centro oggettivo di imputazione degli interessi, tralasciando ogni apprezzamento sulla reale condizione del contraente. Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, anche in considerazione della evoluzione delle imprese e dell’incremento della “contrattazione di massa”, si è avvertita l’esigenza di rivalutare la concezione di parte intesa come “centro di interessi” per fare spazio a valutazioni sul reale status del soggetto. Il secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione richiede al legislatore di adoperarsi per “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”. Ne discende che il legislatore può intervenire qualora l’autoregolamentazione dei rapporti privati possa portare ad un abuso di un soggetto forte a svantaggio del suo interlocutore4.
LE ORIGINI. La parola leasing deriva dall’inglese to lease che vuol dire dare in affitto. Le prime forme di leasing risalgono al terzo millennio a.c. in Egitto dove si ritiene sia stato stipulato un atto il quale affermava che un proprietario terrierio fosse tenuto a cedere in locazione ad un muskerne un terreno comprensivo di attrezzature, schiavi e armamenti a fronte di un pagamento di canoni periodici, per un periodo di tempo corrispondente a sette inondazioni del Nilo. Alcuni archeologi hanno scoperto un’attività di leasing anche in Mesopotamia. Esso nacque negli Stati Uniti intorno agli anni 50 come moderna forma di finanziamento, alcuni settori industriali lo utilizzarono al fine di supportare economicamente gli elevati ritmi di produzione. L’incremento del leasing negli Stati Uniti è stato sicuramente agevolato dalle caratteristiche degli ordinamenti del common law che hanno favorito la creazione e l’utilizzo di nuove forme contrattuali. Negli anni 60, il leasing conobbe un maggiore sviluppo quando alle banche ordinarie fu concesso di erogare questa nuova forma di finanziamento. In seguito, dopo circa 10 anni, si presentò anche in altri paesi, dapprima in Canada, Svezia, Regno Unito, Svizzera , Francia, Germania federale ed in seguito in Giappone, Spagna, Belgio, Finlandia, Italia. Infine si estese anche in America Latina (Venezuela, Brasile), in Asia (Corea, Filippine, Indonesia), in Australia e in parte dell’Africa (Costa D’Avorio, Marocco).

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  • Bonus/Malus Il Contratto è stipulato nella forma tariffaria “Bonus/Malus” che prevede diminuzioni o aumenti dell’importo del Premio rispettivamente in assenza o in presenza di Sinistri con Responsabilità principale o con Responsabilità paritaria cumulata pari o superiore al 51% (cinquantunopercento) nei periodi di osservazione come di seguito definiti: primo periodo: inizia dal giorno della decorrenza dell’Assicurazione e termina 60 (sessanta) giorni prima della scadenza annuale, quindi con un’osservazione di 10 (dieci) mesi; • periodi successivi: hanno durata di 12 (dodici) mesi e decorrono dalla scadenza del Periodo di osservazione precedente. La classe di merito interna della Società viene determinata sulla base della Tabella di Conversione sotto riportata, assumendo come riferimento la classe di merito di Conversione Universale (C.U.) riportata nell’Attestato di Rischio. 1 1 / 1B 7 7 13 13 2 2 8 8 14 14 3 3 9 9 15 15 4 4 10 10 16 16 5 5 11 11 17 17 6 6 12 12 18 18 Nel caso in cui l’Attestato riporti la classe C.U. di assegnazione 1 e la tabella della Sinistrosità pregressa relativa al rischio da assicurare sia totalmente valorizzata senza che risultino NA (non Assicurato) e/o ND (non disponibile) o Sinistri pagati, il Contratto verrà assegnato in C.U. 1 (classe interna 1B); diversamente verrà assegnato in C.U. 1 (classe interna 1). Nel caso in cui l’Attestato di Rischio sia stato rilasciato dalla Società, il Contratto è assegnato alla classe di merito CU e interna di assegnazione indicata sull’Attestato rilasciato dalla Società stessa. L’Attestato di Xxxxxxx ha una validità per un periodo di 5 (cinque) anni a decorrere dalla scadenza del contratto al quale si riferisce. Decorsi 15 (quindici) giorni dalla scadenza del contratto, di cui al comma precedente, l’utilizzo dell’Attestato di Rischio è subordinato alla presentazione di una dichiarazione sottoscritta dal contraente o dal proprietario del veicolo che attesti la mancata circolazione ovvero la stipula di una polizza temporanea di durata temporanea.

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  • Rimborso del sinistro per evitare il malus Al fine di evitare le maggiorazioni di premio derivanti dall’applicazione del malus e dall’indicazione del sinistro sull’attestazione dello stato del rischio, è data la possibilità al Contraente di rimborsare gli importi liquidati. Per rimborsare i sinistri rientranti nel Risarcimento Diretto, il Contraente dovrà inoltrare richiesta alla Stanza di Compensazione, istituita presso Consap, che comunicherà l’importo del rimborso e le istruzioni per effettuare il pagamento. La richiesta deve essere effettuata ai seguenti recapiti: Consap S.p.A. – Stanza di compensazione, Xxx Xxxx, 00, 00000, Xxxx; telefono 06/00000000; Fax 00.00000000/547; sito internet xxx.xxxxxx.xx; indirizzo di posta elettronica xxxxxxxxxxxxxx@xxxxxx.xx. Prima Assicurazioni ha facoltà di assistere il Contraente in tutte le fasi della procedura di richiesta di rimborso. Per rimborsare i sinistri rientranti nel Risarcimento Ordinario, il Contraente potrà contattare Prima Assicurazioni, chiamando lo 02.7262.6464, per conoscere l’importo liquidato e le modalità con cui effettuare il pagamento.